You must believe in spring, Privata.

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view post Posted on 27/4/2019, 20:15
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«You must believe in spring»KCPrefetto14 anniQuinto PianoAll'ombra di una statua, in un corridoio desolato del quinto piano, KC stava dando sfogo a quelle che sembravano delle represse esigenze di pulizie di primavera. Scostava arazzi, li batteva facendone uscire una marea di polvere, tossiva, li rigirava, poi ne prendeva un altro e lo arrotolava su se stesso per poter analizzare le mura di mattoni e percorrerne i solchi con le dita, che alla fine ritraeva nere di terra e di cenere. In realtà quella dello sporco non rientrava nel gruppo delle mille fobie della garzona di Magie Sinister, sempre alle prese con manufatti oscuri che chissà-dove-erano-stati-messi per passare i controlli alla dogana inglese, con mensole polverose e mani di scimmia mummificate la cui pelle cadeva a pezzi sul parquet tarlato. Quel giorno la giovane, invece, aveva deciso di mettere a frutto uno dei suoi più recenti acquisti dai Tiri Vispi. La mappa "Il Passaggio" si era rivelata pane per i suoi spietatissimi dentini da esploratrice, e lei di conseguenza aveva trovato il modo perfetto di passare quella noiosissima domenica pomeriggio fuori dalla Sala Comune.
La fedele sacca a tracolla, poggiata in un angolo dietro la statua di Gregory il Viscido, era così zeppa di roba da sembrare un gatto castrato d'appartamento raggomitolato su un pouf, e si beccava tutta la polvere che la piccola scuoteva via dagli arazzi. I quadri del corridoio invece la osservavano con noia arrotolandosi i baffi, sfruttandola come intermezzo comico durante la loro eterna giocata a briscola.
«Eccone un altro che tenta di scovare il passaggio».
«Non si stancano mai questi ragazzi».
«E va be', non possono mica studiare tutto il giorno, neh?».
«Ma volete stare un po' zitti?». KC li fulminò con lo sguardo fra uno sbuffo di polvere e un altro, per poi tornare alla sua ricerca. Il palmo poggiato al muro aveva finalmente avvertito una leggera corrente d'aria fresca trapassarlo. Così, nascosta per metà da un arazzo ceruleo, si mise a spingere con tutta la forza che possedeva in corpo contro la parete. Uscì della polvere, delle pietruzze e una serie di ragni terrorizzati che si calarono giù fino al pavimento con un filo di ragnatela, e con un fastidiosissimo stridio di pietre il passaggio segreto si aprì.
«Taaaac! Asso d'oro».
«Eddaje, Mattè! So' secoli che stiamo qui e ancora non hai imparato a giocare!».
«Buzzicozzeri entrambi!».
Ora non doveva far altro che aspettare la sua amica Gwen. Si erano date appuntamento proprio lì, ed era sicura che non sarebbe mancato molto al suo arrivo. Lei era una tipa molto precisa. Si guardò attorno soddisfatta per poi osservare divertita i tre individui del ritratto tirarsi le carte addosso. C'era sempre qualcosa di interessante da vedere o fare ad Hogwarts.



"You must believe in spring" non è solo un album, ma era anche una auto-esortazione di Bill Evans, noto jazzista americano, a non gettar la spunta e continuare a credere nel positivo della vita. Nonostante il titolo, il tema dell'intera raccolta è la morte, intesa come perdita dei cari e della speranza, in accordo con la copertina stessa che raffigura una scena autunnale. Infatti non è la musica in sé che vorrei citare, bensì il concetto, che vorrebbe enfatizzare quanto verrà detto qui.
Per chi fosse interessato al sound: X
 
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view post Posted on 30/4/2019, 17:43
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Finalmente era domenica. Ogni giorno si svegliava con la consapevolezza di aver fatto delle ore verso questa data. La curiosità di scoprire qualcosa le creava sempre una mescolanza di incontinenti emozioni positive, che in quei giorni di attesa stava riversando nell'intransigente Galileo: il povero gatto veniva disturbato continuamente durante i suoi infiniti pisolini, anche se si nascondeva sotto il letto o dentro gli armadi, lo scovava senza dargli tregua. Proprio quella domenica mattina aveva deciso che si sarebbe vendicato.
Subito dopo il pranzo, salendo le scale e facendo attenzione ai loro movimenti, si sistemava la piccola benda che fungeva da cerotto sulla sua mano. Non avrebbe mai pensato che Galileo si sarebbe riversato contro di lei in quel modo, ma forse aveva davvero esagerato. È vero, era solo un minuscolo graffietto, nulla di tanto grave, eppure la faceva stare veramente male il pensiero di aver recato problemi al felino e non riusciva a darsi pace. Possibile che tutto il suo entusiasmo fosse sparito per così poco? Certo però che non aveva fatto neanche un minuto di ritardo: erano le 15:00 in punto quando posò il piede sull'ultimo gradino che l'avrebbe condotta all'ingresso del quinto piano. Il luogo dell'appuntamento non era ben definito nella lettera di Casey, così iniziò a camminare lungo il corridoio sperando di incontrarla. Camminava mettendo i piedi sui grandi mattoni del pavimento, saltellando per evitare di toccarne le fughe come fosse il gioco della campana. Per quell’incontro aveva deciso di portarsi il pacco delle Caramelle Tutti i Gusti +1 che aveva vinto tempo fa durante un'evento Tassorosso, non le aveva ancora assaggiate e a causa di tutte le dicerie a riguardo temeva un po’ di farlo, però sicuramente con Casey sarebbe stato divertente! E poi avrebbero avuto le Api Frizzole per rimediare agli eventuali saporacci.
Fece un’unica campana sul pavimento, avanti e indietro, prima di rendersi conto di sentire parlottare in quel corridoio deserto. Era Casey? Non sembrava la sua voce, forse non era sola? Le venne subito in mente quel giorno della disastrosa caduta sulle scale mentre la compagna parlava con l’altro Grifondoro, Ser Caleb. Che figuraccia aveva fatto! Quel ricordo le provocò un sorriso imbarazzato, ma anche sinceramente felice, che la spinse a dirigersi verso quelle voci, prestando attenzione a dove stava mettendo i piedi.
L’enorme scultura di Gregory il Viscido custodiva una tracolla apparentemente molto pesante, Gwen curiosa si avvicinò alla statua per poter guardare chi ci fosse dall’altra parte, certa di sapere a chi appartenesse quell’oggetto.
«Casey?» Pronunciò interrogativa, sperando di non essersi sbagliata.
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«You must believe in spring»KCPrefetto14 anniQuinto PianoSe nel quadro di fronte a lei regnava un caos fatto di carte e improperi volanti, l'intero corridoio sembrava appartenere ad un castello disabitato. I primi giorni di primavera erano sempre così ad Hogwarts: le domeniche e le ore di libertà subito dopo le lezioni si consumavano all'aperto, a studiare e a fare pic nic sul prato o all'ombra di un salice, da soli o in compagnia; oppure in competitivissime gare a chi faceva fare più salti ai sassolini piatti sul pelo del Lago Nero. Di sicuro Gwen si era domandata perché mai Casey avesse scelto come punto d'incontro proprio il fatiscente quinto piano - ancora in pessime condizioni per quanto era accaduto il giugno precedente - ma probabilmente aveva già capito che doveva esserci qualcosa di molto particolare lì, per aver catturato la sua attenzione. Non sarebbe stato un semplice e pigro pomeriggio domenicale all'insegna della caccia alle farfalle o ai fiori più belli, quello, almeno non subito.
«Oh, sei qui!». Il volto della Grifondoro si illuminò di un sorriso spontaneo alla vista dell'amica. Sarebbe corsa ad abbracciarla se questa non l'avesse colta proprio nel momento in cui aveva appena sollevato la pesante sacca a tracolla. Cosa c'era dentro? Un libro, un quadernetto per gli schizzi, delle matite, un grosso pacco di caramelle - fra cui le immancabili Api Frizzole -, un telo su cui stendersi, un golfino nel caso tirasse più vento e... le mappe.
«Tieni, ti ho preso questa». Con una mano - barcollando come un giunco in una tormenta - le allungò una pergamena ripiegata diverse volte recante il titolo "Il Passaggio". Se Gwen l'avesse aperta e percorso con gli occhi gli intrecci di cunicoli che si estandevano da un lato all'altro della carta, forse avrebbe cominciato a capirci qualcosa. Il sorrisetto di KC d'altronde non poteva essere più eloquente. Oramai la Tassina sarebbe dovuta essere abituata alle sue stranezze, dal modo in cui commentava e reagiva alle partite o agli allenamenti di Quidditch alle pericolose scappatelle notturne in cerca di aggressori fantasma. In fondo non era poi così infrequente la presenza di un elemento caotico in un gruppo, che premeva sugli altri per gettarsi insieme allegramente e sconsideratamente in avventure impensabili, in grado di rendere ogni cosa più difficile poiché altrimenti "che gusto c'era?". Si trattava del suo ambiente di gioco, e fortunato era chi ne veniva introdotto, per lei, poiché accettato e riconosciuto come membro insostituibile. Gwen lo era.
«Ti ha per caso seguita qualcuno?». La domanda la pose con una buona decina di decibel in meno rispetto al suo solito per non farsi sentire, anche se avesse potuto approfittare del baccano prodotto dai tre omini corrucciati del ritratto, i quali sembravano non essersi ancora decisi a far la pace.

«Quando ti faccio così» disse il tipo coi baffoni da tricheco infilandosi un dito nel naso «vuol dire che mi devi dare un carico!».
«Ah, ma io pensavo che fosse liscio!».
«Che schifo, Gerardo, non le tocco più le tue carte!».

La ragazzina si sporse oltre le spalle della Tassorosso per dare un rapido sguardo corridoio. Assicurarsi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze avrebbe risparmiato loro una bella gatta da pelare. Non vedendo nessuno, fece un cenno all'altra per farsi seguire dietro la statua di Gregory il Viscido. Alla sua ombra la porzione di parete disallineata rispetto ai mattoni a vista era difficile da intravedere, ma da vicino era tutt'altra roba: il perimetro rettangolare di una porticina leggermente schiusa emanava una brezza fredda e un pesante odore di muffa, proprio come se qualcosa respirasse lì dietro; o ci fosse un passaggio segreto.
«Allora aiutami a spingere. Al mio tre. Uno... due... tre!» e, digrignando i denti per lo sforzo, cominciò a spingere contro la parete riempiendosi divisa e capelli di intonaco.



Casey da a Gwen una delle sue due mappe "Il Passaggio". +1 PM :ph34r:
 
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view post Posted on 11/5/2019, 10:48
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Il sorriso di Casey fu contagioso per la giovane Tassorosso, che rispose battendo i piedi a terra. «A rapporto!»
Tutta la voglia di scoprire il motivo che aveva richiesto la sua presenza in quel luogo tornò a farsi vivo in un lampo, la causa del graffietto sulla mano non aveva più rilevanza. Era già pronta a farle mille domande ma si trattenne, aspettando con educazione che la compagna raccogliesse la sua borsa. «Cosa stavi facendo?» Chiese rapida, inclinando leggermente la testa, era nascosta dietro quella statua a macchinare chissà cosa. Non doveva preoccuparsi, vero? In tutta risposta la Grifondoro le diede uno strano foglio ripiegando, barcollando sul posto. Gwen sollevò entrambe le mani istintivamente, come per sorreggerla da una repentina caduta e imbarazzandosi di quell’inutile gesto, lo trasformò nel suo tentativo di ricevere la pergamena: «G-razie!» Sorrise appena, con le gote che non nascondevano il disagio dovuto a quel gesto ed incrementato dal dono appena ricevuto. Non era abituata ai regali, nessun orfano probabilmente lo era.
Il foglio ripiegato mostrava la scritta “il Passaggio”, ma ciò non le portò alla mente nulla e per un breve istante guardò con aria interrogativa Casey, che invece mostrava un’espressione furba racchiusa tutta in un nuovo sorriso che spinse Gwen a piegare la carta in maniera inversa, trovandovi una mappa piuttosto ben dettagliata dell’intero Castello. La sua espressione mutò da dubbiosa a decisamente più interessata e la mostrò alla compagna, rendendola partecipe di quell’evidente mutamento. In base a dove si trovavano e a quello che la mappa mostrava, era ora molto più chiaro il motivo della scelta del quinto piano. Un brivido risultante dall’unione di eccitazione e timore percorse la schiena della giovane Tassorosso, che ignorò totalmente il resto del luogo non sentendo le voci dei due quadri, non rendendosi conto dei residui di devastazione dell’anno precedente, il suo pensiero era uno solo: avventura. Ed era felice che Casey avesse scelto proprio lei per condividerla! Se la meritava, giusto? Aveva fatto tutti i compiti il giorno prima, proprio per restare libera oggi, sistemato le sue cose in camera, pranzato abbondantemente. Non aveva motivo per non sentirsi meritevole di quell’avventura, eppure c’era qualcosa che mancava. Qualcosa o qualcuno la cui presenza l’avrebbe data per scontata, ma i suoi pensieri furono interrotti dalla domanda silenziosa di Casey, che spinse istintivamente la Tassina a voltarsi indietro per accertarsi di non essere stata seguita. Fece un sospiro di sollievo alla vista del resto del corridoio vuoto, pentendosi di non averci pensato prima e non essere stata più attenta.

Seguì la Grifondoro oltre la statua, in un punto dove si percepiva il classico odore dei ripostigli in cui si conservano scatoloni, scope, palette ed altri strumenti, alimentato da un venticello leggero che faceva intendere la presenza di un passaggio celato. Fece un cenno alla compagna per confermare la prossima cooperazione, posò le mani vicino alle sue e contò nella mente insieme a lei. *Uno… due… tre!* Chiuse gli occhi come se ciò potesse aiutare le sue braccia ad essere più forti, non facendole rendere conto della quantità di polvere ed intonaco da cui stavano venendo investite. Per quanta forza stesse usando, fu sorprendente udire solamente un flebile cigolio proveniente dallo spostamento di quello che apparentemente era un semplice muro. Gwen continuò a spingere fin quando le sembrò possibile prima di riaprire gli occhi: l'ingresso non era del tutto spalancato e anche sporgendosi verso di esso l'oscurità non le permise di osservare l'inquietante fine di quel tunnel. Si voltò per guardare Casey e capire cosa volesse fare adesso e si accorse di quanto fosse diventata bianca la divisa della compagna, subito guardò la sua tirandosi con le mani due lembi dal petto e iniziò a ridere immaginandosi i suoi capelli non più scuri come sempre, la risata fu però smorzata da una mano che si portò da sola alle labbra, con la nuova consapevolezza era diventato importante fare silenzio.

«Briscola!»
«Denari è passato Mattè, so' bastoni adesso!»
«E prendo io, tirà mè»
«No'l vale...»

Quel tunnel sicuramente non veniva pulito tutti i giorni, quindi era inutile scrollarsi di dosso tutta quella polvere. Prima di qualsiasi cosa, la giovane Tassorosso si sporse un'ultima volta oltre la statua di Gregory il Viscido per accertarsi che fosse tutto com'era poco prima, poi estrasse la bacchetta e tornò ad osservare Casey: «Un paio di Lumos ed il gioco è fatto?» Parlò sempre con un tono di voce più basso del normale. In caso di risposta affermativa da parte della compagna, le avrebbe fatto un mezzo inchino per cederle il passo e farla entrare con onore per prima. «Dopo di te!»

© Suguni ~ harrypotter.it




EDIT: modifiche comunicate!
Perdonami, ho cambiato il colore di uno dei quadri perché era molto vicino al parlato di Gwen...
:help!:
.....e spero di aver azzeccato i dialetti! :asd: Anche se mi risulta difficile (ho perso più tempo per cercare che per tutto il resto), mi diverte un sacco questa cosa
:bello:


Edited by Suguni - 11/5/2019, 18:59
 
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«You must believe in spring»KCPrefetto14 anniQuinto PianoL'espressione imbarazzata di Gwen, come Casey aveva intuito, poteva solo nascondere una tremenda eccitazione. Ne ebbe la conferma quando la mappa venne spiegata sotto i loro occhi, e in quelli della Tassina vide baluginare la scia della trepidazione. Il suo stesso cuore ne partecipò, e non poté far altro che sorridere nel vederla così contenta, poiché - d'altronde lei lo aveva esperito sulla sua stessa pelle - sapeva quanto fosse insolito ricevere dei regali per delle ragazzine come loro.
«E questo è solo l'inizio!» disse con aria furbetta. Chissà cosa intendeva.

Il bruto lavoro di spalle fece la sua e fra le ringhia di sforzo e incitamento il suono graffiante della pietra che si schiudeva culminò in un potente riverbero all'interno del passaggio buio. Doloranti e piene, dalla testa sino ai piedi, di polvere d'intonaco, le due rimasero a fissare quanto avevano scoperto. Col fiato sospeso, in cerca di una qualsiasi informazione su quel posto che non fosse cemento, polvere o ragnatele, KC aguzzò lo sguardo e infine considerò l'idea di Gwen.
«Lùmos!».
La debole lucetta sulla punta del suo catalizzatore dapprima illuminò le pareti secolari, poi il pavimento e per finire la sua compagna. «Ahah! Sembra che un gigante si sia scotolato la forfora sulle nostre teste». Sghignazzò. Sarebbe stato un ottimo travestimento per una festa di carnevale. «A proposito: che ti sei fatta alla mano? Non sarà stato mica Marcabrù!». Ai suoi occhi vigili non era per niente sfuggito quel graffio. Proprio durante la spinta contro al muro lo sguardo le era ricaduto involontariamente sulle mani dell'altra. La possibilità che fosse stato il grosso e burbero Gufo Reale a procurarglielo non era poi così lontana dal papabile.

Fece qualche passo avanti nel buio senza allontanarsi troppo dall'entrata. La paura non si fece nemmeno sentire in quel clima primaverile. Per fortuna aveva portato gli occhiali da vista con sé, altrimenti in mezzo a tutta quella oscurità non avrebbe scorto gli indistinti contorni della gradinata discendente su cui stava per ruzzolare. Si aggrappò appena in tempo a una balaustra in ferro arrugginito rimanendo con un piede a mezz'aria.
«Woa. Ok, stiamo calmi». Qualche passo indietro per ristabilire l'equilibrio e si voltò verso la compagna. «Mi sa che qui bisogna scendere».
Il sorrisetto furbo sulla sua bocca, però, ebbe un improvviso cedimento verso il basso. Lentamente la figura di Gwen cominciò a rendersi sempre meno definita, fino diventare un tutt'uno col buio circostante - a parte la punta del naso e l'arco della ciglia, dove la luce della sua bacchetta di nocciolo riusciva ad arrivare. Il tutto fu accompagnato da un suono rauco, lo stesso che avevano sentito aprendo la porta del passaggio. Progressivamente il fascio luminoso proveniente dal corridoio del quinto piano era sparito, e l'entrata, magicamente viva, si era chiusa.
«Mi sa che qui bisogna proprio scendere» disse. L'eccitazione fece un'impennata: sapeva che c'era un'uscita - ci doveva essere, era segnata sulla mappa! - ma quella claustrofobica situazione e l'aria satura di odore di muffa le mise un bel po' di ansia addosso. Non aveva mai riflettuto sul fatto che una volta entrate avrebbero dovuto continuare per forza.





Edited by Keyser Söze. - 27/5/2019, 21:46
 
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Il prosieguo di tutta la faccenda si faceva sempre più interessante e la bacchetta di quercia della giovane Tassorosso già fremeva all'idea di rendersi utile per la causa. La battuta della compagna creò nella testolina di Gwen l'immagine di un gigante che continuava a grattarsi il capo come se avesse le pulci e ciò non le permise di trattenere un ulteriore leggera risata, più rumorosa del previsto.

«Mattè Mattè! Anvedi, l’hanno beccato»
«Toh, vedi che brave»
«Sempre meglio di te con le carte in mano, neh»
«Tutti sor’meglio de lui che gioca a Briscola!» Disse il baffuto ridendo sonoramente e riportando l’attenzione di tutti sulle carte.

«Non sarà stato mica Marcabrù!» dopo tale affermazione Gwen si guardò la mano con la piccola benda, quasi si era dimenticata di quel graffietto. «No no! Non è niente di grave» Cercò subito di giustificarsi e non farla preoccupare. «Non ho trovato nulla di più piccolo, in realtà è solo un graffietto che mi ha fatto Galileo...» La voce un poco accorata lasciava intendere un certo dispiacere per la cosa, «Ma sono stata io a stressare troppo quel poltrone!» Concluse infine, con voce sincera. Non c'era definizione migliore per quel gatto pigrone, che di giorno era sempre spaparanzato da qualche parte a dormire. A lui piaceva muoversi solo di notte, quando la piccola dormiva e che per questo non aveva mai avuto il piacere di osservarlo nel pieno delle sue capacità. Si ricordò poi, della sua esperienza con il Gufo Reale nominato poco prima: «Marcabrù credo che si sia divertito prima di impietosirsi» Aggiunse con tono turbato, «All’inizio mi ha spaventato facendo uno strano verso e ha continuato a farlo ogni volta che tentavo di prendere il tuo messaggio...» Si portò una mano verso la fronte, per cercare di sdrammatizzare la figura assurda che stava raccontando «E io continuavo ad allontanarmi per paura di chissà cosa volesse farmi» Sorrise per l’assurdità di quel ricordo. La Tassina aveva un rapporto strano con i gufi, erano inquietanti per lei e non sapeva mai come approcciarsi ad essi. Per questo aveva deciso di comprare un corvo, decisamente più affascinante e per fortuna poteva anche consegnare le lettere. «Dopo un po’ credo veramente che abbia avuto pietà di me, oppure si era annoiato, non lo so… ma mi ha fatto prendere il messaggio ed è volato subito via!» Concluse. Poi ci pensò su un attimo e chiese a sua volta: «Perché?» Aveva dato subito la colpa al gufo, c’era forse qualche problema con l’animale?
Nel frattempo aveva estratto anche la sua bacchetta e prima che Casey potesse entrare nel tunnel aveva tentato di eseguire l’incantesimo, al secondo tentativo la punta del suo legno di quercia finalmente si accese, giusto in tempo per aiutare la luce del catalizzatore della compagna e rivelare i gradini sui quali stava per cadere, per davvero questa volta! «Attenzione!» Si affrettò a dire pronta a sorreggerla nuovamente.
Fecero insieme qualche passo durante il quale la Tassorosso cercava di puntare in direzione diversa rispetto alla Grifondoro, così da avere un raggio visivo più ampio, ma bastò poco per far richiudere il muro ormai alle loro spalle. Gwen sussultò appena, non sapendo se tutto ciò doveva considerarsi positivo o meno; quello che non conosceva la spaventava sempre, ma in quel caso il coraggio le veniva fornito sia dall’idea di scoprire un passaggio segreto, sia dalla curiosità di una nuova avventura, sia e soprattutto dalla presenza di Casey, che era sempre più un tassello fondamentale della sua vita. «Già» Rispose alla compagna riacquistando fiducia, la seguiva rimanendo poco più indietro, anche se l’ampiezza del tunnel le permetteva di camminare al suo fianco. La sua intenzione era quella di coprirle le spalle rimanendo però vigile sul percorso davanti a sé.

Ragnatele e polvere erano i regnanti indiscussi di quel posto, insieme all’umidità e all’odore di muffa che adesso era decisamente più evidente. «Che odoraccio» Non si trattenne e subito, richiamando la precedente battuta, aggiunse: «Questa è l’ascella del gigante?» Rise, evitando di pensare ad un’altra parte del corpo del povero gigante preso in causa, che potesse avere quell’odore.
Ogni tanto si udiva il suono di qualche goccia cadere nella pozza formata da tutte le altre, rompendo il silenzio che avrebbe potuto crearsi se qualcuno o qualcosa non avesse distolto i pensieri di Gwen, che con le persone con cui si sentiva a suo agio era piuttosto loquace: «Sai, la mia bacchetta ha nel nucleo proprio un gigante!» Disse guardando il legno che aveva tra le mani, «Non un gigante intero, ovviamente!» Rise di nuovo. Questa questione l’aveva sempre fatta riflettere parecchio, conoscendo poco dei giganti non riusciva bene a spiegarsi quanto potessero potenziare la magia attraverso una bacchetta, era certa solo che fossero in grado di porre una resistenza abbastanza consistente verso la magia stessa.
Non riuscì a porsi ulteriori questioni prima che uno strano scricchiolio si udì in lontananza e il cuore della giovane strega cominciò a caricare di adrenalina tutto il suo corpo.
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«You must believe in spring»KCPrefetto14 anniQuinto PianoOra che il gioco si faceva insieme più interessante e arduo i nervi di KC erano tesi come corde di violino. Al buio e in mezzo al fetore che solo anni e anni di incondizionata crescita della muffa, l'attenzione rasentava i limiti dell'inverosimile. Come un savio esploratore, la piccola grifondoro controllava ogni singola porzione di spazio prima di addentrarvisi. La punta della bacchetta illuminata con un Lumos percorreva pareti, pavimento, scalini e i residui delle poche statue corrose dal tempo e ormai del tutto irriconoscibili. Così, ogni volta che stabiliva di aver ispezionato per bene ogni centimetro, si voltava verso Gwen per farle cenno che lì vi era qualche buco a cui fare attenzione o delle nuove scale, e poi si proseguiva.
La brama di avventura era qualcosa che governava Casey dall'interno, e introdurre qualcuno nelle sue bravate era sintomo di profonda fiducia, oltre che di grande aspettativa. Dopo che Caleb l'aveva "tradita" eliminandola totalmente dalla sua vita, riacquisire la forza per metter da parte l'orgoglio e la paura e dare un ruolo a qualcun altro era stato estremamente difficile per lei. Trovare il coraggio di continuare a credere nella possibilità di poter avere anche solo un amico o un'amica le era costato tempo, eppure, finalmente dopo mesi e mesi, Gwen era lì, e lei le sorrideva, l'ascoltava, rideva alle sue battute e la avvertiva dei buchi nel pavimento. C'era qualcosa che andava oltre la paura di rimanere di nuovo - e per sempre - sola, che condivideva la stessa natura di quella sete di avventura: la radicata consapevolezza che c'era qualcosa di più, nella vita, nel cosmo, in tutto. Così come la magia, di cui aveva sentito parlare solo nelle storie, era venuta a salvarla da un'infanzia soffocata, doveva esistere qualcos'altro in grado di stupirla e di darle la dimostrazione che tutto non poteva finire nel vuoto. Essere curiosa, voler rompere le righe per andare a sbirciare sotto il velo della normalità, era il suo non arrendersi alla cruda realtà di essere un'orfana, di essere stata gettata via alla nascita. Non poteva essere questo il vero, o non poteva essere solo questo. Vi era la muta speranza in un futuro migliore, così come in delle radici migliori, e di conseguenza non si sarebbe mai potuta arrendere.
Casey però sentiva di star crescendo. Entro qualche mese avrebbe compiuto quindici anni, ma il fluire di quel pensiero non era dato solo dall'aumentare della sua età anagrafica. La sua mente continuava a rimpinzarsi di preoccupazioni, la sua persona di responsabilità; in più quel che lei stessa ricercava spontaneamente - un ragazzo, la sua vicinanza e la sperimentazione del rapporto con esso - le dimostrava quanto questo passaggio all'età adulta fosse semplice e veloce. Gwen invece ancora non ne risentiva, a suo parere.
Gwen aveva dodici anni e proveniva come lei da un orfanotrofio. Aveva i capelli scuri come i suoi, corti, e si assomigliavano molto, eccetto per il colore degli occhi. Si erano subito lasciate un segno vicendevolmente, ancorando la timida dolcezza di una all'eccentrica esuberanza dell'altra. KC la guardava con affetto e un'inspiegabile desiderio di porla al di sotto della sua ala protettiva la guidava nel rapporto con lei. Amava il fatto che fosse più piccola, che, nonostante la stessa origine dannata in comune, conservasse ancora alcuni di quei tratti ingenui dell'infanzia; amava che fosse delicata, sebbene il nucleo della sua bacchetta risuonasse della eco di un gigante, e amava quella vitalità e quella curiosità affine alla sua. Si rivedeva in lei, e quel rapporto le serviva per rimanere ancorata, almeno per un altro po', al mondo dell'infanzia e quella brama.

«Marcabrù è una carogna di uccello» esordì non appena schivò la caduta dalle scale.
«E' come se ogni consegna necessiti uno scotto da pagare per lui. Credo me lo faccia apposta perché non gli piaccio o che so io. Dovrò farmi aiutare da qualcuno per capire che tipo di problemi abbia. Meno male che non ti ha fatto nulla, altrimenti lo avrei reso cibo in scatola per Julius Marvin».
Il percorso sembrò fluire liscio come l'olio. Si aggiunsero solo alcune novità in quella remotissima porzione del castello governata dal buio: alcuni teli bianchi e ricoperti di polvere adagiati su dei mobili, delle travi di legno ammassate per terra come stecchini in una partita di Shangai e ancora più macchie scure di muffa sulle pareti intonacate. KC provò a tirare via uno di quei lenzuoli, azione che poi rimpianse ingoiando polvere e tossendo mentre rispondeva a Gwen - Non saranno mica i peli delle sue ascelle quelli che hai nel nucleo, vero? Scherzi a parte, hai mai provato a fare una ricerca su cosa potrebbe significare? - e scoprire una vetrinetta bassa, vuota e dai vetri scuriti dal tempo. La lasciò perdere e si concentrò sulla scalinata davanti a lei, decisamente più interessante.
Il Prefetto sapeva per certo che quel passaggio segreto avrebbe dovuto portarle in giardino dal quinto piano. Per tutto quel tempo infatti si era aspettata di dover scendere dalla sommità del castello, magari per vie strane e tortuose, ma non di salire. Di fatto i gradini ascendevano a quella che sembrava essere la sommità estrema di una torre; e come se non bastasse questa sommità coincideva con un minuscolo puntino luminoso in mezzo al buio.
I nervi tesi la fecero scattare sull'attenti. «Cos'è stato?» chiese puntando la bacchetta-lampadina lì dove credeva di aver sentito quel rumore. Poteva essere stato di tutto. Un topo, una trave di legno marcia scricchiolante, un doxy, un mostro pronto a farle fuori...



Ti ringrazio davvero tanto per l'infinita pazienza :fru: Ti lascio via libera per stabilire qual è l'origine del rumore :asd:
 
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Ma figurati, certi scritti valgono di certo l’attesa! loveletter

Anche se è crudele riconsegnare la patata bollente! :shifty:



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Quel lungo passaggio cupo e maleodorante agli occhi della Tassina parve un percorso molto più affascinante, anche se il discrepante disordine non favoriva la camminata: bisognava stare molto attenti a dove si mettevano i piedi. «Non credo che io possa esserti d’aiuto, mi fanno davvero paura i gufi ed il loro girare la testa a trecentosessanta gradi per guardarsi intorno… brrr», imitò un brivido preoccupato al solo pensiero di quei volatili inquietanti, «Per questo ho scelto un corvo come postino!» Aggiunse sorridendo prima di fare una breve pausa dal discorso. «Al massimo, se non lo hai già fatto, ti direi di provare con il cibo, quello funziona sempre!» Concluse immaginandosi le migliori prelibatezze esistenti, soprattutto quelle servite nella Sala Grande. Non aveva mai mangiato nulla di così buono!
Man mano che camminavano e chiacchieravano Gwen si rendeva conto che quel luogo pareva un ripostiglio di cianfrusaglie dimenticate da tutti e quei lenzuoli a coprire chissà cosa accrescevano in lei la curiosità di capire perché fossero proprio lì. Aiutò la compagna a spostare una di quelle coperture, voltando inutilmente la testa per evitare di respirare la polvere sovrastante, un paio di colpi di tosse prima di osservare cosa si era cercato di celare: un bel niente. Era una delusione vedere una teca vuota e la Tassina preferì immaginare qualcosa di invisibile al suo interno, prima di ridere alle parole della compagna riguardo la sua bacchetta. «No no, nessuno strano pelo per fortuna! Sono tre baffi» Disse ricordando la descrizione ricevuta da Olivander. «Sì, ho cercato informazioni sui Giganti, sono un popolo in via di estinzione con delle credenze piuttosto interessanti. Dal punto di vista magico sono resistenti alla maggior parte degli incantesimi e questo mi fa pensare che forse le volte in cui non riesco a lanciarli è colpa di questa forza in opposizione, oltre che probabilmente alla mia inesperienza» Gwen non mancava mai di considerare al minimo le sue capacità, non si stimava proprio per nulla e non tentava neanche di nasconderlo. Sapeva di avere molti punti deboli e sapeva anche che avrebbe continuato a trovarne di nuovi, le bastava pensare che si sarebbe impegnata anche solo per cercare di contrastarli, certa che non sarebbe mai riuscita a rimuoverli del tutto. La compagnia di Casey le dava comunque molta forza, la sua sola presenza bastava per infonderle il coraggio necessario per proseguire, anche lungo quelle salite a cui la Tassina non faceva caso. Secondo la mappa vista poco prima infatti, avrebbero dovuto percorrere una discesa verso il giardino e ciò bastava a convincere Gwen di stare andando nella direzione giusta, senza pensare al fatto che le scale le stavano in qualche modo alzando e quindi allontanando dalla meta; era come se per lei fosse tutto normale e non ci badò. «Essendo molto più grandi e forti degli umani» continuò sul discorso del nucleo della sua bacchetta, «la loro grandezza potrebbe essere considerata fonte di incremento di potenza magica. Ma non ho ancora trovato nulla di specifico» Terminò la spiegazione con un tono parecchio dubbioso. Si sentiva a suo agio a parlare con Casey, solo che non era certa di sapere perché; probabilmente il fatto di condividere un passato sconosciuto comune creava una sorta di legame, oppure più semplicemente la Grifondoro era davvero brava a non far sentire le persone di troppo. Certo era che per Gwen non era facile stringere rapporti, aveva sempre nascosto una parte di sé a tutti quelli che la circondavano e non aveva ancora smesso di farlo: in orfanotrofio non poteva mostrare la sua natura magica dato che era pieno di babbani, mentre ad Hogwarts non voleva che qualcuno provasse compassione per lei e nascondeva il suo passato da orfana. Era quasi diventato un circolo vizioso dal quale non riusciva più a fuggire, quindi con Casey era davvero libera da quella prigione di prevenzione da un qualsiasi tipo di errore. «La tua bacchetta invece? Cos’ha nel nucleo?»

Fecero ancora qualche passo cauto, puntando sempre quelle torce magiche avanti a loro, fin quando lo scricchiolio non raggiunse le orecchie delle due improvvisate avventuriere; la Grifondoro si chiese cosa lo avesse provocato, puntando la bacchetta nella direzione da cui sembrava giunto, mentre Gwen rimase in silenzio ad ascoltare, ma si poteva notare dal riflesso della luce sulla parete che la sua mano stava tremando. Pochi istanti e quel rumore si fece sentire di nuovo, vagamente più debole, come se qualcosa si stesse allontanando. Gwen deglutì e passò in rassegna gli incantesimi che conosceva per difendersi, ma le compariva in mente soltanto l’immagine di mostri spaventosi dai quali fuggire a gambe levate. Tremando la mano della Tassina si abbassò, facendo luce sul pavimento in modo tale da riflettere il raggio su alcune gocce di quello che pareva un familiare liquido rossastro. «G-guarda Casey» Indicò con la mano libera il punto in cui la compagna avrebbe dovuto posare lo sguardo e piano mosse il catalizzatore, seguendo quelle piccole goccioline che sembravano percorrere una linea retta, come se qualcuno le avesse piazzate in sequenza. Era evidentemente sangue, ma le gocce erano troppo piccole per essere di una persona o di un qualunque altro mostro spaventoso, anzi potevano benissimamente provenire da un piccolo topino ferito.
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«You must believe in spring»KCPrefetto14 anniQuinto PianoNon appena la luce delle bacchette illuminò lì dove avevano sentito il rumore, KC percepì un brivido percorrerle la schiena. Deglutì sonoramente e cercò di salire qualche altro scalino senza scivolare per il tremore alle ginocchia, in modo tale da avvicinarsi un altro po' alla fonte, ma non appena Gwen le indicò le minuscole orme insanguinate di quello che poteva essere un topino si sentì una perfetta vigliacca.
«Accidenti, deve essersi fatto proprio male». Le venne un nodo alla gola al pensiero di un piccolo paio di pelose gambine ferite, anche se si trovavano in un luogo sporco in cui i ratti avrebbero potuto signoreggiare come dei e reclamare le loro anime a suon di rosicchiamenti. Ma dato che le orme disegnavano il loro stesso percorso in ascensione, Casey fece cenno a Gwen di proseguire e si rimise a illuminare la strada. «Forse è riuscito a sfuggire a una trappola. Proviamo a seguirlo, che ne dici? Ma se si tratta di un mostro dai piedi piccoli piccoli lo fai fuori tu» disse voltandosi verso l'altra per ammiccarle, anche se subito dopo centrò in pieno una ragnatela con la testa. Schifata si passò convulsamente le braccia sul capo nel tentativo di eliminarne i residui, finché non trovò il ragnetto disperatamente appeso alla sua manica e lei non la agitò maligna per lasciarlo cadere giù. «Bleah». Guardò quel puntino scuro venir risucchiato dalle ombre del fondo della tromba delle scale, e cominciò a riflettere sul suo rapporto con gli animali.
«Il cibo avevi detto, eh?». L'ultima volta che aveva tentato di rifilare a Marcabrù dei biscottini gufici aveva dovuto passare l'intera serata a pulirne la poltiglia rigurgitata sul pavimento del dormitorio femminile. Nonostante sembrasse che il grande gufo reale aveva seri problemi di stomaco lei sapeva per certo che si trattava solo di un grosso, grossissimo e capricciosissimo rifiuto delle sue attenzioni. Era evidente perché il cibo preferito del volatile era la carne cruda, le zampette di passerotto - che amava tenere nel becco a mo' di stuzzicadenti - e guance di carpa del Lago Nero, e lo sapeva perché, dopo giorni passati a subire una indefinita puzza di cadavere in putrefazione, ne aveva trovato scorte su scorte sulla cima di un grosso armadio in camera. Val del settimo anno usava paragonarlo ad Antistene: eccessivo nella sua concezione di Stato di Natura, stoico nel rifiutare qualsiasi tipo di carineria o contatto da parte della sua padroncina, e tendente a disilludere prontamente ogni mattina il romantico sogno di un perfetto e simbiotico rapporto uomo-animale con un acuto starnazzo. «Sì, mi sa che proverò col cibo... vecchio struzzo nano ingrato, lo ingozzo e ci faccio il paté per le tartine». Forse la soluzione più semplice era andare a mangiare sushi insieme, e lei non ci aveva mai pensato.

Continuando a salire le scale che sarebbero dovute essere discendenti e a curiosare fra i vari pezzi di mobilia messi lì a marcire, i discorsi delle due ragazzine si infittivano. Erano persino arrivate a sfoggiare la loro cultura in quanto a nuclei per bacchette e, tanto per esser sinceri, a Casey non dispiaceva per nulla avere qualcuno con cui parlare di argomenti simili senza passare per secchiona. D'altronde, non solo si ritrovava perfettamente nelle difficoltà comunicate da Gwen nel castare incantesimi, ma tirava un sospiro di sollievo ogni volta che un nuovo discorso veniva introdotto. Questo perché, arrotolato assieme alla lingua sotto il palato, aveva pronto un altro argomento di cui discutere, domande messe insieme in mesi e mesi e che avevano fatto una gran fatica ad affiorare sulla superficie del mare di introversione in cui annaspava il suo cervello, ma che, proprio a causa di questa timidezza e dell'ansia che le metteva il non sapere che tipo di risposta avrebbe ricevuto e che tipo di cose avrebbe fatto saltare fuori una discussione del genere, tardava a uscire dalla sua bocca.
«Mi trovo nella tua stessa situazione» disse, annuendo a malincuore. «Non per il nucleo di gigante ma per il legno. Il nocciolo a quanto pare è iper-sensibile e non risponde bene al volere di un mago che non riesce a controllare le sue emozioni. Ecco perché faccio schifo in classe: crepo dall'ansia e quando do un comando alla mia bacchetta mi risponde con una pernacchia di scintille gialle».
Mentre Casey faceva il suo discorso su quanto fosse stata sfigata da Olivander, Gwen avrebbe potuto vedere chiaramente sotto la luce del suo Lumos la sottile catenina dorata appesa al suo collo - recante il ciondolo di ape che lei stessa le aveva regalato - aprirsi e scivolarle lentamente dietro le spalle. Di sicuro, se si fosse trattato di un difetto della chiusura, l'intero monile avrebbe ceduto alla forza peso cadendole da davanti; dunque, di quale assurda magia si trattava? Era uno scherzo del passaggio segreto?



Ormai è appurato: sono una frana nella gestione del tempo.


Edited by Keyser Söze. - 6/8/2019, 01:05
 
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La dimensione di quelle macchioline permise un lungo respiro di sollievo nei polmoni della Tassorosso, nella quale, dopo le parole della compagna, ritornò vivo e forte il desiderio di avventura: «Ok, seguiamolo!» In fondo la creatura stava andando nella loro stessa direzione. «Farlo fuori? Ma è già ferito!» Rispose poi, iniziando ad essere in pensiero per quella sconosciuta e piccola creatura. «Dovremmo stare attente anche noi piuttosto, tra tutte queste cianfrusaglie potrebbe esserci qualcosa che ci...» Non fece in tempo a finire la frase che Casey cadde nelle grinfie di una ragnatela ben piazzata, sicuramente in quella posizione il ragno che vi abitava aveva dei pasti a dir poco succulenti! Sorrise divertita nel vedere i movimenti e la reazione compiuti dalla Grifondoro per liberarsi della trappola appiccicosa. «Eccolo lì... attenta!» Disse indicando il l’aracnide e preoccupandosi non per la possibilità che il ragnetto saltasse su di lei, ma per la paura che entrambi potessero farsi male: l’insetto nel cadere da quell’altezza e Casey nello sbattere il braccio da qualche parte.
Quel movimento aveva messo in risalto sulla divisa della Grifondoro la spilla tanto conosciuta, ma altrettanto rara da vedere. Gwen aveva saputo da vari passaparola che Casey Bell aveva ottenuto la nomina a Prefetto e non era mai riuscita a congratularsi con lei, a volte per impegni vari che le faceva solo salutare frettolosamente nei corridoi, altre volte per dimenticanza sulla questione, ma adesso non poteva farsi sfuggire quell’occasione: «Comunque, non ti ho mai fatto gli auguri per la nomina che hai ricevuto!» Disse indicando rapida la spilla appuntata sul suo petto, «Quando l’ho saputo ho esultato per la gioia! Sono davvero felice per te e sono certa che te la sia meritata!» Le sorrise sincera, avrebbe volentieri festeggiato con lei, anche se quella spilla significava responsabilità maggiori per chi la portava, era comunque un traguardo importante che andava in qualche maniera onorato. Si ricordò allora di essersi portata dietro il pacchetto di Caramelle Tutti i Gusti+1 e pensò che era il loro modo migliore per farlo! «Ho portato una cosa per celebrare l’ottenimento di quella spilla!» Tirò fuori il pacchetto e lo mostrò divertita al Prefetto, certa che avrebbe apprezzato sia l’ironia della faccenda che la tentazione di assaggiare quelle caramelle.

Ritornando sul discorso del cibo poi, rispose convinta delle sue parole: «Sì sì, se trovi la cosa che gli fa battere forte lo stomaco, dovresti aver risolto tutti i problemi!», prima di ricordarsi del suo gatto, «O quasi..» Galileo aveva impiegato tantissimo tempo per dedicarle, finalmente, qualche attimo di coccole e fusa, senza soffi né attentati alle sue gambe. Si guardò per un attimo la mano bendata, pensando di aver compiuto parecchi passi indietro con il felino, ma magari era proprio perché lui era un gatto. Si sa che i gatti sono più schivi e solitari. Edgar infatti, seppure continuasse a fare sempre di testa sua, aveva accettato più facilmente la sua presenza e si era lasciato conquistare da qualsiasi tipo di cibo gli venisse offerto, un egocentrico ingordo. Magari il gufo di Casey aveva le stesse tendenze del suo corvo.
Rise ancora per gli appellativi che dedicò alla bestiola mentre ripresero a camminare, felice soprattutto che anche la Grifondoro si sentiva tanto a suo agio da poter parlare apertamente di qualsiasi cosa, senza alcun tipo di timore. Ascoltò la sua confessione delle difficoltà con la bacchetta, riempiendosi di conforto: sapere di non essere l’unica ad avere quel tipo di problemi era parecchio rincuorante, si voltò così a guardarla quasi commossa. Fu in quel momento che vide il ciondolo e non era un ciondolo qualsiasi, anzi, lo conosceva bene! La scoperta che Casey aveva deciso di metterlo al collo la lasciò senza parole, travolta totalmente da un mare di emozioni indescrivibili, le cui onde erano l’affetto, la gioia e l’inevitabile piacere nel sapere di averlo apprezzato. Lo vide spostarsi nel verso opposto al quale la gravità avrebbe dovuto spingerlo e accecata da quello che stava provando, non pensò che stesse accadendo qualcosa di anomalo, iniziò a credere ingenuamente che fosse uno stratagemma ideato dalla compagna per fargli vedere dove aveva deciso di metterlo. Quindi, stupidamente felice, glielo fece notare sorridendo: «Però sei riuscita a fare un bell’incantesimo sul ciondolo, sono felice che ti piaccia!»
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«You must believe in spring»KCPrefetto14 anniQuinto PianoCasey non avrebbe mai creduto che inoltrandosi un passaggio segreto dentro il castello di Hogwarts la cosa più interessante che avrebbe trovato sarebbe stato un topo. Nonostante ciò, la presenza della sua giovane amica manteneva alta l'eccitazione della scoperta, e acconsentì ad andare alla ricerca della bestiola ferita.
Continuava a passarsi la mano fra i ciuffi di capelli corti per togliere i residui di ragnatela e quel po' di intonaco caduto sulle loro teste all'ingresso. Per terra, a coppie, le impronte insanguinate sembravano riprodursi momento per momento, andando in tutte le direzioni e quasi girando su loro stesse. Forse si trattava di macchie vecchie sovrapposte, oppure di più creature ferite. La possibilità della presenza di una colonia di topi la fece barcollare un attimo - sporchi, incontrollabili, affamati - ma cercò di non darlo a vedere.
«Grazie Gwen, non ce n'è bisogno» disse in merito alle congratulazioni per la spilla. Era un argomento che non amava toccare, non tanto perché non le piacesse ricoprire quel ruolo, ma perché istantaneamente la sua mente si collegava al ricordo del giugno precedente e a tutte le responsabilità che si era autoimposta sui suoi compagni. Non che in quel momento si stesse comportando in maniera del tutto esemplare gironzolando per le zone più criptiche del castello. Prese una caramelle dallo scatolino di Gwen e se la mise in bocca.
«Di queste invece ce n'è sempre. La mia droga Aggrotto le sopracciglia in cerca di un sapore, per poi trovarne uno talmente disatteso da farle sentire il naso arricciarsi per la novità. «A-ah! Sa di brasato! C'è pure un po' di origano sopra.»

Succhiando la caramella in un misto di disgusto e interesse - e chiedendosi se valesse la pena provare a dare del brasato a Marcabrù - si concentrò sulla scia di orme che sembrava essere più fresca.
Per la verità la Grifondoro in quell'istante non era esattamente mossa dal desiderio di trovare l'animaletto in questione. Certamente ciò che stava a cuore a Gwen stava a cuore anche a lei, e per questo l'avrebbe seguita in ogni dove. Tuttavia c'era altro, quell'altro, di cui voleva parlare. Argomento intoccabile, a tratti malinconico se non macabro per delle ragazzine della loro età. La tensione aumentava di istante in istante quando esso le toccava la punta della lingua nella speranza di essere espresso. Cosa avrebbe detto Gwen? L'avrebbe seguita? Avrebbe capito? Ciò che si sentiva dentro era parimenti un uccellino che voleva uscir dalla gabbia e uno che si mozzava da solo le ali col becco per la paura di cosa lo attendeva al di fuori di essa.
«Sai, io… io volevo parlarti di una cosa.» La buttò lì facendo un'enorme fatica a non soffocarsi con la caramella. «Però capisco se non ti va di parlarne. Non voglio mica forzarti…»
Era giunto il momento? Era proprio lui? D'altronde lei e Gwen erano unite da qualcosa, e lei avrebbe capito quell'interessamento. Forse al massimo le avrebbe detto che non era il momento giusto per parlarne, o l'avrebbe lasciata parlare senza dire niente di suo. Sì aveva bisogno di sfogarsi, aveva bisogno del suo parere, dell'appoggio di qualcuno che la capisse. La mano, come in quei casi accadeva di consueto, risalì fino al ciondolo a forma d'ape. Un'ancora, una sicurezza che le ricordava che non era sola, che però, in quel momento… non c'era.
«Cosa? Che? Dov'è il mio ciondolo? Magia? Quale magia? Cosa intendi?»
Si rigirò freneticamente sul posto illuminando il pavimento con la bacchetta. Non poteva crederci, l'aveva con sé quando erano entrate lì dentro. Ne era sicura! Ahimè, avrebbe dovuto tornare indietro fino all'ingresso e ispezionare ogni pertugio del passaggio per ritrovarlo.
«Che cazzo, no! Non ci credo.»
Che odio. Ecco come si rovinano le giornate minuziosamente organizzate e la serenità dei propri nervi. Sembrava che la Sfiga glielo facesse apposta.
Un rumore improvviso, il caracollare di un piattino che veniva ribaltato e il vibrare di una vetrina, la fece girare d'impulso alle sue spalle. Gli occhi verdi, spalancati in mezzo alla luce fioca, sondarono la parete finché non distinsero i perimetri di un antico mobile, con scaffalature e vasellame dimenticato sotto le croste della polvere. Giurò a se stessa di aver visto oscillare ancora qualcosa sul fondo scuro e vi puntò la bacchetta ancor più vicina. Gli occhi, a questo punto, si strizzarono per mettere a fuoco l'illuminato, e fu allora che le vide: piccole orme scure, sangue fresco rappreso alla polvere.
«È qui.»

 
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E invece ce n'era bisogno eccome. Gwen pensava che certi risultati bisognava riconoscerli, acclamarli, premiarli, non per avere fama o per sentirsi superiori agli altri, anzi tutt’altro: riconoscere certi traguardi era utile per rafforzare i legami, in fondo chi meglio di un amico poteva essere sincero nell’apprezzarli? O almeno così credeva. A tal proposito aveva fin troppa poca esperienza, tutte le amicizie che aveva tentato di costruire erano andate in frantumi senza difficoltà, probabilmente non era mai riuscita a consolidare per bene le fondamenta, oppure commetteva sempre qualche errore, o ancora era proprio lei ad essere sbagliata. Non era mai riuscita a spiegarselo. Fatto sta che non trovò le parole per controbattere quell'affermazione e l’attenzione di Casey si spostò sulle caramelle. Gwen ne aveva provate pochissime e ogni volta le capitava il gusto più orribile del pacchetto: «Che fortunata! A me è capitato due volte di seguito di sputare qualcosa che sapeva di vomito» Disse sorridendo e speranzosa, ne prese una anche lei, prima o poi qualcosa di buono doveva pur capitarle. Cercò con timore un sapore qualsiasi e fu sorpresa nel percepire un buonissimo mandarino. «Ma può esserci la frutta??» Disse in fretta dopo averlo riconosciuto, «Intendo, frutta vera!» La voce era piuttosto preoccupata, stupidamente non si aspettava che tra i vari gusti ci potesse essere la frutta, credeva che ci fossero solo le cose più strane, mica della normalissima frutta! «Questa mi sembra al mandarino, se ci mettono la frutta vera e ne prendo una alla pesca, è la mia fine!» decretò guardando la Grifondoro, lo sguardo preoccupato, ma una specie di determinazione nello stare rischiando la propria vita.

L'avventura sembrava procedere tranquillamente, non c'era fretta, per il coprifuoco era fin troppo presto, quindi avevano tutto il tempo che volevano per fare qualsiasi cosa e potevano permettersi persino di fare una piccola sosta, alla ricerca della creaturina ferita, prima di giungere alla fine di quel passaggio segreto. Poi il volto di Casey cominciò a mutare, fino a mostrare un'improvvisa serietà evidenziata da parole poco certe. Una cosa importante di cui voleva parlarle? Doveva preoccuparsi? Troppo tardi, era già preoccupata ormai.
La Tassorosso guardò seria la compagna, attendendo il resto senza metterle troppa pressione, «Certo che ti ascolto, possiamo parlare di tutto quello che vuoi» aggiunse con premura quando l’imbarazzo bloccò le corde vocali della Grifondoro, ma l'attenzione di entrambe fu totalmente stravolta: il ciondolo che volava via Gwen lo aveva visto e seguito con lo sguardo, e mentre Casey preoccupata lo cercava dove logicamente doveva essere caduto, lei indirizzava la bacchetta verso quella che pareva una credenza messa piuttosto male, una delle mensole era praticamente retta da una sola parte e creava uno scivolo che la collegava con lo scaffale sottostante; vari oggetti barcollavano al passaggio della collanina accuratamente arrotolata vicino ad una strana forma scura. «Intendo che mi sembrava si fosse mossa da sola, come sotto un incantesimo, ma...» La frase rimase in sospeso, c’era qualcosa di strano che non riusciva ad identificare, però sembrava essere proprio quella la causa di tutto il trambusto che si stava creando, a cominciare dalle macchie rossastre che stavano seguendo.
«Dici che è il nostro mostro?» Chiese Gwen, cercando di non distogliere lo sguardo dal vaso che si era mosso poco prima e che ora pareva immobile. Entrambe le luci delle bacchette illuminavano lo scaffale per intero e si poteva notare un ben costruito villaggio per ragni, i cui abitanti attendevano pazientemente la propria cena, oltre che strati su strati di polvere smossa. «Dietro quel vaso» Aggiunse poi Gwen, indicando la ceramica dipinta, «almeno credo». Qualsiasi cosa ci fosse dietro quel coccio senza manici, aveva rubato il ciondolo di Casey, quello che lei le aveva comprato in ricordo del loro primo incontro. Era una cosa imperdonabile! L’avrebbe pagato molto caro.
La luce della bacchetta di quercia si spense, «Vitreo» Pronunciò Gwen con decisione mentre i colori del vaso sparivano per lasciare il posto ad una consistenza vetrosa e trasparente, che mostrava finalmente il colpevole: uno strano e piccolo ornitorinco nero. Aveva un’estremità della collanina che gli spuntava dalla pancia, sul cui pelo erano presenti macchie di sangue ormai rassodate. Una delle zampette anteriori era posata sul vaso ed ora era ben visibile non essendo più in ceramica, mentre l’altra era piegata sotto quella specie di becco, riversando goccioline rosse.
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«You must believe in spring»KCPrefetto14 anniQuinto PianoIn tutta la sua vita KC non aveva mai avuto un'occasione pari a quella per concentrarsi così tanto su un vaso, nemmeno a lezione di Trasfigurazione. La sua bacchetta era pronta per essere infilzata di punta come uno spadino nel ventre di qualsiasi cosa sarebbe sbucata da lì dietro. Gwen però, maggiormente pratica e gentile di lei, aveva pensato bene di castare un semplicissimo incantesimo. Alzò stupita un sopracciglio di fronte alla scelta del Vitreo, adattissimo a quella situazione: dava per pochi istanti la visione di colui che si nascondeva dietro il pezzo di coccio polveroso senza concedergli la possibilità di un attacco frontale, riportando in men che non si dica l'oggetto a uno stato di opacità e tangibilità. *Grande Gwen* rifletté fra sé e sé, e avrebbe voluto dirglielo subito a parole se la creaturina scorta alla velocità di un singolo fotogramma non avesse catturato tutta la sua attenzione.
«Ma che ca… volo è? L'hai visto?» Un becco. Quella cosa aveva un becco.
I due occhietti scintillanti che l'avevano scrutata con terrore erano guizzati saltellando nel buio fino all'altro capo della mensola, posizionandosi dietro alcune brocche di cristallo. Casey guardò la sua amica, incerta se continuare ad avere paura o a rilassarsi in una risatina, e decise di avvicinarsi ancora un po' alla bestiola muovendo passi cauti. La punta della bacchetta illuminata si inoltrò a tal punto nel buio dello scaffale da toccare il vetro panciuto del nascondiglio che sformava la figura bitorzoluta dell'essere rendendola ancora più grottesca.
Sotto il Lumos quegli occhietti così piccini e tristi scintillavano come due gemme, ma assieme a loro e alle impronte di sangue ormai quasi raffermo c'era un altro dettaglio che baluginava alle sue pupille: la collana di Gwen.
«Piccolo furfante! Altro che magia, qui abbiamo un ladro di professione!»
Non aveva senso, e KC lo comprese dalle sue stesse parole. Di quando in quando un ornitorinco era attratto dall'oro? E poi, cosa diamine ci faceva un ornitorinco ad Hogwarts?! Ne aveva visti solo nelle illustrazioni dei libri sulla fauna dell'Oceania, da quel che ricordava, perciò non doveva essere nemmeno tanto semplice trovarne uno nel Regno Unito.
«Come diamine ho fatto a non accorgermene?»
Avrebbe dovuto percepire almeno un lieve tocco, se non un fruscio, nel momento in cui le veniva sfilata via la collanina. La risposta più plausibile a tutti i suoi quesiti probabilmente si trovava nella magia. Di tutte le sorprese che Hogwarts le aveva dedicato fino ad allora, questa non poteva essere un'eccezione. Una creaturina magica sconosciuta, un guazzabuglio di specie animali babbane, con una stravagante tendenza alla cleptomania... Avrebbe voluto dare a quella povera bestiola una bacchettata sulla testa, non solo per insegnarle a tenere le zampette a posto, ma anche per lo spavento e soprattutto perché aveva fatto sfumare via la sua speranza di riuscire finalmente a parlare con l'amica.
Si trattenne. Serrò le labbra e si voltò verso Gwen interdetta. L'ornitorinco taccheggiatore era ferito, aveva il suo regalo ed entrambe sapevano che lei non riusciva in alcuna maniera a stabilire un buon rapporto con gli animali. «E adesso?»




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view post Posted on 14/4/2020, 18:14
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«Ha funzionato!» Gwen era meravigliata di essere riuscita nel suo intento più dell’aver rivelato quello strano esserino dietro al vaso. Non le capitava spesso di eseguire correttamente un incantesimo e ottenere il risultato che aveva in mente, la sua insicurezza in ambito magico era sempre stata una spina nel fianco.
«Non preoccuparti, ora lo recuperiamo!» Disse con determinazione alla compagna, non aveva alcuna intenzione di lasciare il ciondolo nelle zampe di quell'essere. Lo aveva adorato dal primo momento in cui lo aveva visto e lo aveva regalato a Casey con delizia, soprattutto in ricordo di quel giorno al campo di Quidditch. Inoltre, vederglielo al collo le aveva procurato una tale gioia che non avrebbe mai saputo accettarne il furto, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di recuperarlo. Il problema era solo cosa.
Abbassò la bacchetta, che ormai non emetteva più alcuna luce e iniziò a sussurrare verso la compagna: «Conosci qualche incantesimo per bloccare i movimenti?» Sperò di ricevere una risposta positiva, Casey era un anno avanti a lei e magari aveva imparato qualcosa di interessante nelle lezioni di Incantesimi o, anche meglio, in quelle di Difesa. Quest'ultima materia, forse a causa delle alte esigenze del professor Midnight, o forse per la sua costante esitazione in presenza di adulti – o probabilmente per entrambe le cose – risultava tra le materie più complesse per la Tassorosso ed era quindi consapevole di non poterne sfruttare le potenzialità. Non come per la Trasfigurazione almeno, alla quale si sentiva decisamente più portata.
Mentre rimuginava sul da farsi, accartocciò la confezione di caramelle per rimetterla in tasca, fin quando non le balenò in mente un'altra idea: «Altrimenti..», disse come presa da un'illuminazione divina, «Lo trasfiguriamo in qualche oggetto, così possiamo fermarlo e catturarlo!» Aveva continuato sussurrando, per evitare di fare troppo rumore, oltre che per non farsi udire dalla creaturina; chissà, magari poteva conoscere la loro lingua.
L'idea sembrava comunque sensata, anche un semplice Feraverto avrebbe bloccato lo strano ornitorinco, trasfigurandolo in un bellissimo bicchiere di cristallo o in qualsiasi altro oggetto interessante ed utile allo scopo. Dopo di ché avrebbero potuto afferrarlo e riportarlo alla sua forma originale, recuperando così il ciondolo. Sempre nella speranza che le loro voci non avessero fatto scappare la creatura.
Certo era che Gwen non avrebbe mai accusato Casey dell'accaduto, sapeva quanto potessero far male i sensi di colpa e non avrebbe insistito se lei non avesse voluto recuperare l'ape argentata; anzi, le avebbe chiesto di indagare su che tipo di animale fantastico avevano incontrato. Per questo, prima di agire, attese di ricevere una risposta dalla compagna o una qualsiasi altra proposta. Ma nel caso in cui avesse accettato anche una sola delle sue idee, si sarebbe avvicinata alla credenza in punta di piedi, evitando qualsiasi rumore e consentendo alla compagna di eseguire i movimenti necessari per l'incantesimo scelto. Con gli occhi puntati sul vaso, avrebbe mostrato la mano a Casey portando il conto dei secondi con le dita e poi, senza neanche raggiungere il numero tre, avrebbe sollevato il fatidico vaso trattenendo il respiro.
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«You must believe in spring»KCPrefetto14 anniQuinto PianoLa felicità di Gwen era contagiosa. Pochi primini erano in grado di esultare in quel modo per la riuscita di un così semplice incantesimo. Poteva sembrare facile a tutti quei figli di papà che avevano vissuto con la magia sin da quando erano in fasce, ma nessuno, a parte un nato babbano, avrebbe potuto comprendere la gratificazione che si prova nel realizzare qualcosa con le proprie mani senza l'aiuto di un professore, soprattutto dopo le batoste inculcate loro da Difesa. Casey rise per la contentezza accompagnando l'entusiasmo dell'amica con un «sei una grande!» Quegli improvvisi schiamazzi però parvero turbare la bestiola, che si era ritratta ancor di più nell'angolo buio della vetrinetta. Nonostante l'oscurità si riusciva a intravedere il luccichio emanato dalla catenella d'argento. Penzolava da quella che sembrava una tasca cucita sul pancino peloso della creatura, cosa che lo rendeva ancora più strano. Ornitorinco-taccheggiatore-canguro. Di momento in momento appariva sempre più una macchina mortale, mancava solo il raggio laser dagli occhi e la capacità di autoguarirsi istantaneamente, come i supereroi dei fumetti.
Stava delirando, ovviamente. Comunque non voleva lasciar scivolare via in quel fetido passaggio segreto il simbolo della sua amicizia con Gwen, soprattutto se a rubarglielo era stato un ornitorinco geneticamente modificato da una (im)probabile banda di scienzati pazzi criminali. Chissà per cosa l'avevano creato. Di sicuro non per le coccole.
«Ah... Uhm, aspetta. Co-cosa intenderesti fargli?» ,
Rimase sbigottita di fronte all'idea della Tassina. Nella visione che aveva di lei, era una tenera ragazzina, un po' timida ma tanto affettuosa, in grado di andare d'accordo con tutti. Se Gwen fosse stata il personaggio di una storia, per Casey di certo avrebbe avuto il ruolo di una principessa Disney, attorniata dagli uccellini canterini e dagli scoiattoli che la aiutavano a mettere apposto i libri della sua libreria. Non avrebbe mai potuto immaginare che potesse trasfigurare uno di quegli "amici" in una coppa per acciuffarlo. A pensarci bene non era cattiva idea: sarebbe stato più semplice per loro, e di sicuro le avrebbe fatto risparmiare tempo, per tornare prima in superficie e non fare aspettare troppo... ciò che per l'appunto stava in superficie ad attenderle. Ma quella bestiola, nonostante fosse di certo nucleare - no, era impossibile per la sua fantasia che si trattasse di una semplice creatura magica -, perdeva sangue, forse stava soffrendo, e trasfigurarla in qualcosa avrebbe significato metterla in un'ulteriore situazione di sconforto. Doveva inoltre essere spaesata dalla loro intrusione in quel segretissimo habitat. Casey aveva sempre provato un'enorme compassione per tutti quei conigli che aveva trasformato in brocche sotto la costrizione di Channing. Rabbrividiva di fronte all'odea di subire una sorte simile.
«Potremmo provare con del cibo... Sono rimaste delle Gelatine Tuttigusti+1?» chiese, ma la smorfia con cui terminò il quesito lasciò intendere che aveva compreso la pericolosità del piano: se l'ornitorinco tattico nucleare avesse beccato la caramella sbagliata sarebbe potuto fuggire via inorridito in un buco nella parete.
Non avendo cibo con sé, sarebbe stato difficile catturare il suo interesse. Cosa attraeva così tanto gli animali da fargli mettere da parte la naturale sfiducia negli sconosciuti umani, a parte il cibo? Si ritrovò la risposta davanti agli occhi in breve tempo.
Un attimo di distrazione dato da una brezza sulla nuca, in cui si era voltata per scorgere qualche rampa sopra le loro teste un rettangolino luminoso: l'uscita. Un sorriso le si stampò sul volto, impaziente di uscire da lì e di consegnare a Gwen il... Insomma, c'era puzza di chiuso lì dentro. Quando abbassò nuovamente lo sguardo sulla creatura, questa aveva allungato una zampina verso il suo anellino dorato che teneva sull'indice sinistro, trattenendosi più che poteva nel suo nascondiglio.
«Mmh, vuoi anche il mio anello? Prima dovrai uscire allo scoperto, canaglia.»
Si sfilò l'anello dal dito e lo posò sul palmo sinistro. Con un semplice Incantesimo di Levitazione lo fece galleggiare in aria, un po' di sforzo e gli fece attraversare il breve tratto di distanza che la separava dalla Tassorosso. Così la creaturina, vinta dalla brama dell'oro, mise un piedino fuori dal suo nascondiglio, e si avvicinò alla ragazzina. «Ecco qui. È più facile che si fidi di te che di me. Non ho mai avuto un buon ascendente sugli animali.»
Uscita allo scoperto, finalmente Casey e Gwen furono in grado di vedere la sua ferita. Si trattava di un morso, ma la Grifondoro non era in grado di stabilire da che tipo di creatura gli fosse stato inferto. Se si trattava di quello di un serpente velenoso della Foresta avrebbero dovuto curarlo tempestivamente. «Conosci il Curo Venenum? Forse se lo aiutiamo si fiderà di noi.» Ed allora lo avrebbe costretto allo scambio: un'ape argentata per un anellino d'oro.

 
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