A stable job? In this economy?

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view post Posted on 2/5/2019, 09:23
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Tu con chi farai il colloquio orientativo?

Questa domanda faceva parte di una conversazione che Elhena si era trovata suo malgrado a origliare a colazione. Il cucchiaio di colmo di porridge rimase sospeso a mezz'aria, leggermente in bilico, sgocciolando latte sul tavolo.
Il. Colloquio. Orientativo.


Quel colloquio orientativo? Quello di cui si parlava da Settembre? Il secondo argomento più gettonato dai professori dopo i GUFO?
Sì. Quello. Ed Elhena se ne era completamente, totalmente dimenticata.
Il cucchiaio ricadde nella ciotola, schizzando tutt'attorno. Poco ci mancò che la ragazza non rovesciasse anche il calice di succo di zucca nella foga di sbattersi una mano in fronte.


* D'accordo, stiamo calmi *

Raccolse il cucchiaio umido e si ficcò in bocca un po' di porridge. In fondo, pensò mentre masticava, la situazione non era poi così grave. L'anno scolastico era lontano dal suo termine e lei aveva ancora qualche lezione prima di anche solo pensare di affrontare i GUFO. C'era tempo.

Ma ciò non giustificava non l'essersi nemmeno informata. Bene. Punto primo: con chi fare il colloquio.
La risposta pareva ovvia, con il proprio Capocasa. Peccato che Elhena a malapena ricordasse chi fosse il Capocasa Tassorosso. Era sicura fosse uno dei docenti ... La nuova - cioè non nuova, ma avete capito - insegnante di Astronomia. La professoressa ...


* McLinder *

Già.Atena McLinder. Per tutte le volte che l'aveva vista a lezione o anche solo seduta al tavolo dei docenti a cena, ormai avrebbe dovuto avere la sua faccia ben impressa in testa. Ma dei Capocasa Tassorosso se ne erano susseguiti talmente tanti che ormai aveva perso il conto.
Ok, un colloquio con la professoressa McLinder. Magari già che c'era poteva farsi rispiegare l'ultima lezione di Divinazione.



***



Aveva scritto un breve gufo alla docente, spiegando la situazione. Atena McLinder aveva risposto nella maniera più comprensiva possibile. Aveva persino proposto di svolgere il colloquio fuori dal suo ufficio.
Elhena ci aveva pensato su per qualche giorno, chiedendosi se si sentisse così in confidenza da, mettiamo, fare quattro chiacchiere davanti a una burrobirra a I tre manici di Scopa. La conclusione era stata no. Magari con un altro docente, forse, qualcuno che la ragazza conosceva da più tempo.
Per questa volta, comunque, l'ufficio sarebbe andato benissimo. Certe abitudini erano dure a morire e la soggezione che malgrado tutto Elhena aveva dei professori era tra queste. Forse perché nessuna tra le figure di autorità con cui si era trovata ad avere a che fare le aveva mai fatto capire che si potesse andare oltre il rapporto alunno - insegnante? O magari era stata lei stessa, col suo atteggiamento, a impedirlo.


Comunque, dalla decisione a fissare giorno e ora dell'appuntamento il passo era stato breve.
La ragazza ricontrollò di essere presentabile. Niente tracce di pozione tra i capelli. Calzini entrambi del colore giusto. Abbastanza energie da sostenere una conversazione più approfondita delle solite chiacchiere di circostanza.

A essere onesta, sperava che quel colloquio l'aiutasse a far luce sul suo futuro. Una volta l'avrebbe considerato solo una formalità. Ora non più.


Bussò alla porta.



Edited by Nih . - 2/5/2019, 11:03
 
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ATENA MCLINDER ~ CAPOCASA TASSOROSSO
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Quel giorno il cielo era inaspettatamente movimentato. Non il cielo reale, si intende, fuori splendeva il sole e la cupola turchese era puntellata da solitari sbuffi di nuvole bianche, tanto rade che sembravano essersi perse. Era il cielo che la magia aveva dipinto sul soffitto dello studio della Docente, ad essere movimentato. Tutto era iniziato nelle prime ore del mattino, quando un flebile tic aveva destato l’attenzione della Capocasa, distogliendola dalle pagine fitte d’inchiostro di un antico tomo. Ad esso era seguito un tuc più sordo, inequivocabile, e dopo alcuni minuti un tuc-tic-tic, come di un sassolino che rimbalzava nei dintorni della libreria. Quest’ultimo aveva allarmato anche Hermes, la civetta bianca, che dal suo trespolo aveva arruffato le penne, lanciando un’occhiata carica di sospetto nella direzione verso la quale era provenuto il rumore – ormai sapeva bene, più di chiunque altro, cosa quei ticchettii stavano a significare: l’arrivo, ormai inevitabile, di uno sciame di piccoli meteori e la loro conseguente caduta su tutto quanto incontravano al termine del loro, seppur breve, tragitto. Si, di tanto in tanto quel cielo dava simili problemi; Atena non ne aveva mai compreso il reale motivo, o almeno questo era quanto amava sostenere. Ciò che era certo era che nell'Ufficio della Professoressa McLinder sarebbe stata una giornata turbolenta.
La Docente aveva passato le ore successive immersa nella lettura di vecchie pergamene manoscritte e sprofondando in calcoli complessi e piuttosto criptici, la maggior parte dei quali – non trovando altri supporti a portata di mano – aveva appuntato con un gessetto su un angolo del muro, ormai eletto a tutti gli effetti ad assolvere un simile scopo.
Furono alcuni colpi alla porta, diverse righe di simboli matematici dopo, a riportarla alla realtà. Con la mano ancora sollevata a mezz'aria e le sopracciglia inarcate in un complesso ragionamento, sollevò lo sguardo sul grande orologio a pendolo che troneggiata nella stanza. Tic-tic-tic fu il rumore dei suoi pensieri.
*Il Colloquio.*
Era già ora.

«Avanti.» disse, schiarendosi la voce, mentre con un colpo di bacchetta faceva aderire alcune mappe celesti alla porzione della parete su cui stata scrivendo – certi segreti, del resto, era giusto che rimanessero tali. Depose il gesso in un cassetto e si passò una mano tra i capelli, assicurandosi di averli in ordine; infine si avvicinò alla scrivania, riponendo con cura alcune pergamene ad un lato del tavolo, gesti lenti e precisi, come se stesse ripiegando i suoi stessi pensieri, per creare lo spazio necessario a quanto l'attendeva.
«Signorina Attwater, buongiorno. La stavo aspettando. Prego, si accomodi.» invitò la ragazza, non appena avesse fatto la sua comparsa da dietro la porta.
«Faccia attenzione a dove mette… - la testa? - i piedi.» aggiunse, come ricordandosi di qualcosa di importante. «Oggi è una giornata… - come definirla? - imprevedibile.». A conferma delle sue parole si udì un tic, proveniente da un punto imprecisato della stanza; Hermes, dal canto suo, decise infine di spostarsi, preferendo al familiare trespolo la sicurezza di un antro riparato della libreria.
Atena si sedette alla scrivania, percependo nel momento stesso in cui toccò la sedia tutta la stanchezza accumulata durante la giornata. I pensieri, che fino a poco prima vorticavano frenetici da un testo all’altro, ora si placarono, focalizzandosi esclusivamente sulla figura della ragazza. Posò lo sguardo su di lei, indicandole con l’accenno di un sorriso la sedia di fronte; ne studiò i gesti e il portamento - composto, ordinato. Di Elhena Attwater non avrebbe saputo dire granché: conosceva naturalmente i suoi voti, i corsi che frequentava, i meriti e i successi collezionati durante gli anni. Ma non aveva mai avuto occasione di parlarle al di fuori di un’aula scolastica.

«Posso offrirle qualcosa? Un the?» esordì, incrociando le dita davanti a sé; la voce era pacata, come di consueto, lo sguardo attento, l'atteggiamento posato.



Edited by Atena McLinder - 4/5/2019, 13:24
 
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view post Posted on 4/5/2019, 21:09
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Messo piede nell'ufficio della McLinder lo sguardo di Elhena corse immediatamente al soffitto. E sarebbe stato difficile ignorarlo, quando pareva che in quella stanza qualcuno - la McLinder stessa? - avesse replicato una versione in miniatura della medesima illusione in Sala Grande.

"È in tempo reale?" Giunse spontanea la domanda, accompagnata da un dito puntato verso il soffitto a sottolineare il soggetto. "Lo stesso incantesimo della Sala Grande?"

Accolse quindi con una smorfia di dubbio l'invito a prestare attenzione a dove metteva i piedi. Da fissare il cielo abbassò la testa verso il pavimento, così in fretta che per una frazione di secondo la vista le si annebbiò. Sbattè le palpebre un paio di volte.

* Continua con cinque ore di sonno a notte e questo sarà il minimo *

"O-ok, grazie dell'avvertimento."

Le labbra si incresparono attorno all'idea di una richiesta, la naturale ricerca di una spiegazione più approfondita; attorno a uno di quei "perché" che spesso potevano dare fastidio, pur smussato dalle dovute formule di cortesia. Condizionali. Ipotetiche.

Nessun suono venne pronunciato. Il "perché" rimase sospeso ancora un momento nel limbo delle possibilità prima di cadere definitivamente.
In sottofondo, un lieve tic-tic-tic. Un orologio particolarmente rumoroso?
Nel mentre che si sedeva con la cautela di chi non conosce ancora il livello di formalità richiesto dalla situazione, gli occhi di Elhena fecero una rapida panoramica delle pareti. Non che dubitasse poi che ci fosse un'orologio da qualche parte, tra un calendario e un documentato appuntato alla parete. Tuttavia, una vocina le disse che non era meglio abusare della pazienza di qualcuno, non importava quanto potesse sembrare cortese e disponibile, usando il suo tempo per passarne al setaccio l'ufficio.

Di nuovo ricacciò indietro l'ennesimo perché.

Era strano trovarsi nell'ufficio di un professore che, a parte il superficiale rapporto dato dell'insegnamento, Elhena non poteva certo dire di conoscere. Anzi, a ben vedere, da quando il corpo docenti era stato rinnovato, faticava ancora a collegare i giusti nomi alle rispettive facce. Non era nemmeno sicura di riuscire a rispondere a un quiz a bruciapelo su chi fossero i Capocasa. E benedette erano le spille da Prefetto e Caposcuola per segnalare almeno quei ruoli.

La McLinder era la Capocasa Tassorosso, il principale punto di riferimento della Casata.


* E una sconosciuta *

Una sconosciuta. Una sconosciuta che in teoria avrebbe dovuto aiutarla in un'ora o poco più a trovare la propria via, la sua vocazione, il suo posto nel mondo. Un punto di riferimento.
Ed Elhena, se lo sentiva, aveva disperatamente bisogno di un punto di riferimento. Davvero, oltre cinque anni ad Hogwarts e poteva contare sulle dita di una mano le persone con cui poteva dire di avere un rapporto oltre la semplice conoscenza.


"Come?"

Perché aveva sentito qualcosa, ma di cosa si trattasse proprio non ne aveva idea. Solo un vago brusio che dalle orecchie era giunto al cervello quel tanto da riattivare la sua attenzione. Ecco, si cominciava bene. Giusto un ottimo biglietto da visita, il perdersi in voli pindarici.

Ma non c'era limite al peggio, giusto? Già che si stava scavando la fossa da sola tanto valeva continuare. Così, nel silenzio precedente la ripetizione che senza dubbio sarebbe venuta dalla docente, ecco che il cervello finiva di elaborare quel brusio.
Se gradiva qualcosa.


"Oh, del the?" esclamò Elhena, andando con ogni probabilità a parlare sopra la McLinder. Ottimo, davvero ottimo. Distratta, impaziente e ora pure maleducata. Avrebbe voluto sprofondare.

"Mi perdoni. Non so dove ho la testa ultimamente. Davvero, la ringrazio di avermi ricevuta.

Si passò una mano tra i capelli con un gesto imbarazzato. Le sue dita corsero a intrecciarsi con una ciocca ribelle, destinata a essere presto cacciata dietro l'orecchio.

"Comunque, no, non credo di volere nulla." Ma lo disse con la voce poco convinta di chi non ha in fondo ancora deciso. Un rifiuto più nato da un non volersi imporre che da non un avere davvero voglia.

 
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view post Posted on 9/5/2019, 22:09
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ATENA MCLINDER ~ CAPOCASA TASSOROSSO
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Lo sguardo seguì l'indice della Tassorosso, puntato dritto verso il soffitto; le stelle, in quel momento, erano tutte al loro posto, e lo erano anche le due Lune. «Dipende da cosa si intende esattamente per “reale”, e a quale tipo di “realtà” si è soliti fare riferimento.» abbastanza logico, no? Le labbra si inclinarono appena da un lato in quello che sembrava l’accenno di un sorriso. Poi scosse la testa in segno di diniego - le punte dei capelli ondeggiarono lievemente nel movimento. «No, è un incanto molto più semplice e basilare di quello della Sala Grande, a ben pensarci ha poco a che vedere con quel tipo di magia.» non disse altro, ritenendo superfluo aggiungere ogni ulteriore informazione circa la natura e i significati di quel cielo. Tuttavia, non v’era alcun segno di fastidio o rimprovero nei suoi lineamenti, quanto piuttosto una punta di divertimento.

Attese senza fretta che la ragazza si accomodasse; aveva il fisico asciutto, gli occhi grandi, del colore dei laghi d’estate, e i capelli le ricadevano in morbide onde sulle spalle; nelle sue movenze e nel modo in cui si guardava intorno le parve di percepire una lieve esitazione, ma non disse né fece nulla per sottolinearlo o per cercare conferma alla propria supposizione. Lasciò che prendesse confidenza con l’ambiente, approfittando di quel momento per raccogliere i pensieri.
Alle narici le giungeva il profumo della miscela che si spandeva quieto dalla teiera, poco distante da lei. Era una fragranza che le ricordava le sere d’autunno, quando la pioggia batte sui vetri delle finestre e le foglie secche vengono spazzate dal vento. Le sovvenne
quella particolare sera d’autunno in cui tutto aveva avuto inizio, quando Horus – in quello stesso studio – le aveva consegnato la spilla da Caposcuola e una serie di delicate incombenze erano ricadute sulle sue spalle, a poche ore dalla sua nomina.
Erano cambiate molte cose, da allora. Sempre più spesso, ultimamente, aveva l’impressione di sentirsi stiracchiata tra due parti opposte, come sospesa nel limbo di un eterno crepuscolo. Certo, non si poteva lamentare del cammino intrapreso da Tassorosso, anzi ne andava indubbiamente fiera. Ciò nonostante, non poteva nemmeno negare che più di una volta il tentativo di entrare in sintonia con lo spirito della Casata, o anche solo di comprenderne le reali esigenze e necessità, le fosse costato un’enorme fatica. Forse, da qualche parte dentro di lei, albergava ancora la bambina che il giorno dello Smistamento aveva sperato con tutta se stessa di non essere assegnata alla casata giallo-nera, la Casata di suo padre; quella bambina che sin da allora sapeva bene ciò che voleva e che negli anni aveva lottato per dare prova di meritare di essere una Corvonero – un compito che non le era costato poi molta fatica. O forse quegli stessi anni l’avevano segnata più di quanto non avesse immaginato.
Ogni volta che ci ripensava, le veniva da sorridere. Strano, il destino.
E poi, c’erano state le vicissitudini che avevano interessato il corpo Docenti: due di loro avevano lasciato Hogwarts e il numero dei Capocasa si era dimezzato nel giro di poco tempo. Cambiamenti che lasciavano un retrogusto amaro intorno alle fatiche e alle speranze. Ciò nonostante, Atena non si era sorpresa nello scoprirsi per certi versi estranea a tali eventi. Era abituata a contare solo ed esclusivamente su se stessa; negli anni aveva costruito un involucro attorno a sé, unica parete ed unico appiglio al quale si era permessa di appoggiarsi. Eppure… a volte, nelle sere più silenziose aveva la sensazione che qualcosa, in quell’involucro, iniziasse a crepitare. Stava cambiando, e non riusciva a capire in quale direzione. Pensieri che fino ad allora aveva tenuto lontano dalla sua mente, fluttuavano pigri intorno a lei assumendo una forma sempre più densa. Anche il Passato tornava a bussare, ma in un modo diverso, prendendo le sembianza di volti e voci e risate che fino ad allora si era rifiutata di considerare.
Fece un respiro più profondo, abbassando le sguardo e mascherando abilmente quei pensieri, e tutti gli altri che come una catena sarebbero succeduti di lì a poco, se non li avesse prontamente troncati. La voce cristallina della Tassorosso le permise di mantenere quella nube ben lontana da sé.

«Del the, le farebbe piacere?» riprese, scandendo le parole. L’immagine della ragazza conquistò nuovamente l’intero spazio della sua attenzione. «E’ una miscela molto part…» alzò un sopracciglio, sbattendo un paio di volte le palpebre, sorpresa per la curiosa ed imprevista esclamazione della studentessa. Scosse una mano come per minimizzare l’accaduto, seguendo con lo sguardo le sue dita correre a sistemare una ciocca dorata. Sorrise.
«Mio dovere. Mi fa piacere avere la possibilità di parlare con lei.» disse pacata, accingendosi a versare la bevanda. Con un gorgoglio, l'aroma si diffuse apertamente nella stanza. «Nel caso cambiasse idea.» puntualizzò, abbassando appena il tono della voce, mentre allungava una tazza nella sua direzione. Versò poi mezzo cucchiaino di zucchero nella propria, come di consueto, ma attese a mescolare.
«Dunque, è qui per il Colloquio di Orientamento…» proseguì, avvicinando a sé un foglio di pergamena; il tono assunse una nota più risoluta: terminati i convenevoli, era giunto il momento di affrontare di petto la motivazione del loro incontro - un ticchettio flebile, da qualche parte alle loro spalle, sembrò approvare la scelta, un arruffamento di piume parve convenire. «...Una tappa fondamentale per gli Studenti del quinto anno.» non accennò apertamente ai GUFO, ma quella parola aleggiò per un attimo tra loro, trasparente, come un fantasma o un eco lontano. «Mi dica, ha già un’idea sulla strada che le piacerebbe intraprendere, una volta terminati gli studi? O, al contrario, quale non le piacerebbe e che esclude a priori?» Una domanda fondamentale, che apriva la strada a centinaia di possibilità; un primo passo, cauto, per iniziare a sondare la direzione più consona da seguire.

 
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view post Posted on 9/5/2019, 23:29
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Dipende da cosa è reale. Reale. La frase della McLinder le attraversò la mente come un improvviso fulmine a cielo sereno. Si poteva parlare di reale quando con un colpo di bacchetta i vasi diventavano gatti e i porcospini mutavano in puntaspilli? Il paio di ciabatte che un mago si creava da un paio di coniglietti, senza che alcun sangue venisse sparso, potevano essere meno reali delle ciabatte tagliate e cucite alla vecchia maniera?

Ma se da qualche parte si doveva cominciare, allora la domanda che sorgeva spontanea era il sapere se il cielo dipinto sul soffitto rifletteva movimenti e avvenimenti che si compivano fuori, nel vero cielo, magari a migliaia di anni luce di distanza. Una magia abbastanza potente da ovviare ai problemi dati dalla vastità dello spazio.

Le parole della docente giunsero presto a stroncare le ipotesi prima che potessero germogliare in teorie complete. Pensieri accompagnati da un inconstante tick. Pezzi di cielo che a uno a uno cadevano sulla Terra? Un incanto più semplice di quello della Sala Grande, forse, ma in tutti gli anni che era stata ad Hogwarts non aveva mai sentito - o assistito - a una pioggia rada di sassolini vomitati da un soffitto incantato.

Sempre che i tick che continuava a sentire fossero sassolini. O reali. Nella sua accezione del termine.

Un soffitto che replicava anche in opere e emissioni il clima esterno. Le labbra si tesero in un sorriso fugace all'idea, all'immagine di una Sala Grande in preda all'ira del peggiore degli acquazzoni in quelle giornate quando per ore le nuvole riversano il loro carico sulla brughiera scozzese. I giorni in cui pregava di non trovare un avviso in bacheca e le temute parole "Allenamento di Quidditch". Quelli dove si chiedeva se la lezione di Erbologia alle serre, dall'altro capo di un giardino trasformato in lago tanto erano diventate grandi le pozze d'acqua, fosse davvero necessaria per i G.U.F.O.
Non era nemmeno tra le materie che desiderava portare avanti, Erbologia. Non studiare qualcosa perché non le aggradava le era sempre parso inconcepibile - e del resto, se si fosse azzardata, dubitava che sua madre avrebbe lasciato correre - ma non sarebbe morta per una E in pagella.

Un incantesimo del tutto diverso. Più semplice, si diceva.


"Non mi dispiacerebbe conoscerlo. Almeno la teoria" ragionò ad alta voce. Un incantesimo in grado di tracciare sui muri mappe e costellazioni. Dubitava che chiunque non fosse almeno in parte, almeno un poco, nel profondo, curioso. Conoscerlo. Non apprenderlo. Se la McLinder era arrivata a occupare non una, ma ben tre cattedre, tra cui quella di una delle materie che Elhena non avrebbe esitato a chiamare le "big four", c'erano pochi dubbi sulle capacità magiche della strega. Non si sarebbe sorpresa nello scoprire che l'incanto, pur definito semplice, richiedesse anni di studio e altrettanti di pratica.

"Già."Una sola sillaba, poi, per rispondere a un quesito a cui probabilmente non sarebbe dispiaciuto ricevere una risposta più esaustiva. I G.U.F.O parevano allo stesso tempo troppo e troppo poco reali. Il passaggio da un'ora all'altra, il lieve cambio di luce sul calendario, e la data degli esami dall'essere ancora lontana, di colpo diventava così vicina da stringere il cuore. Anni di studio scomparivano dalla mente, obliviati dal singolo gesto di cancellare una nuova casella dal calendario. Incantesimi che eseguiva da anni ad occhi chiusi di colpo non riuscivano, braccia e mani dimentiche di movimenti fatti talmente tante volte da risultare ormai automatici.

I libri del primo anno che aveva tirato fuori per il ripasso generale avevano uno strano odore. Odoravano di vecchio e d'infanzia. Di macchie di succo di zucca e briciole di biscotto, quando ancora si recava a studiare in Sala Grande, una mano a tenere il segno, l'altra a piluccare un pasticcino per la merenda. Odoravano di decotti e semplici incantesimi di librazione; di miti Antichi e piantine ancora più o meno innocue.
Elhena leggeva gli appunti di un'altra vita, le note a margine in una grafia che cercava di essere adulta senza grandi risultati, e la pila di pergamene di riassunti alla sua destra cresceva. Riassunti. Mappe. Schemi. Date.

Ripetere nella propria testa la ricetta della Pozione Polisucco ed accorgersi di non ricordarsene metà. Svegliarsi nel cuore della notte con un incubo ancora sulle labbra per andare in Sala Comune a ripassare l'uso dei talismani, a piedi nudi, in pigiama e vestaglia.

In tutto quel marasma, il colloquio era quasi una pausa di salute. Elhena inspirò il profumo del tè dalla tazza che la docente aveva appena spinto nella sua direzione. Le venne in mente una delle numerose lezioni di buone maniere che la nonna paterna aveva in qualche modo cercato di trasmetterle. Mai rifiutare un'offerta di cibo o bevanda quando si è ospiti. Almeno il boccone d'assaggio era dovuto.

Il profumo le ricordava di pomeriggi trascorsi accoccolata in una poltrona più grande di lei, odore di camino e di libro nuovo.

Dopotutto, a ripensarci, un po' di tè non avrebbe fatto male. O una camomilla.

Le sue mani trovarono la tazza, la circondarono. La tazza abbandonò il tavolo e trovò le labbra. La lingua accolse il familiare sapore del tè, la gola ne apprezzò il calore. Il rumore delicato della porcellana sul tavolo fece da punto di chiusura. Un sorso d'assaggio.

Un'idea? Era quello il problema.


"Una volta l'avevo. Pensavo che non sarebbe stato male. Cioè, che sarebbe stato interessante lavorare al Ministero. Cooperazione magica."

E da lì lavorare fino a creare un ufficio per una Cooperazione Magico-Babbana. Sogni di ragazza a cui non riusciva ancora del tutto a rinunciare. La folle utopia di una bambina. Una bambina che non aveva smesso di insistere.
"Ora non ne sono più sicura" ammise. Del resto, se avesse avuto già le idee chiare, avrebbe provveduto a chiudere la faccenda con un gufo invece di esporsi tanto. Ammettendo che fosse possibile.

"Non saprei. Credo di voler aiutare gli altri."
Una professione in cui non avrebbe proprio voluto vedersi; qualcosa che andasse contro la sua natura, che la mettesse a disagio. Non era più sicura nemmeno di quello. "Ma anche qualcosa che non mi esponga troppo. Non amo le folle."
E aveva appena indicato come sogno nel cassetto, vecchio ma pur sempre sogno nel cassetto, il diventare di base una diplomatica. Genio.
"Dipende anche dalle materie, comunque, giusto?"

* Ecco, qualcosa che non richieda Erbologia *

"Non penso che vorrò continuare Erbologia. Né Divinazione." Proprio davanti alla supplente della cattedra. Nascose per un momento il viso nella tazza. "Senz'offesa. Mi piace molto Trasfigurazione" concluse.



Coordinare on e off non è sempre facile, ma credo che a diciotto anni, in procinto di quello che si potrebbe definire un diploma, un momento di crisi totale dei valori, di panico da "chi sono io?" ci stia tutto.
 
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view post Posted on 17/5/2019, 10:59
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ATENA MCLINDER ~ CAPOCASA TASSOROSSO
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Una domanda, e le prime idee iniziarono ad affiorare. Timide, forse ancora confuse. Come in un scatola alla quale viene tolto il coperchio facendo uscire un’infinità di creature diverse.
Un lavoro al Ministero, fu la prima possibilità individuata. Uscì dalle labbra della giovane senza esitazione, come se fosse stata sempre lì, in attesa, sulla punta della lingua. Per l’esattezza, era l’Ufficio per la Cooperazione Magica ad attirare l’interesse di Elhena.

«La carriera diplomatica è una scelta interessante. Richiede capacità di mediare, autocontrollo, profondo rispetto. Lo si potrebbe definire un lavoro di cervello, dove la retorica, la conoscenza e un pensiero lucido prevalgono sulla mera abilità di lanciare incantesimi.» Non poteva mancare la curiosità e un interesse costante nel comprendere le leggi, gli usi e i costumi delle diverse comunità magiche, o della stessa comunità babbana.
Un’esitazione si insinuò però nelle parole della ragazza. L’incertezza di chi, con il tempo, pone in discussione le proprie scelte, trovando il coraggio di interrogarsi nel profondo su quale sia la strada migliore da intraprendere. Il futuro talvolta può spaventare, come un gigante fatto di nubi spesse e grigie, tra le quali lo sguardo non può penetrare. E' l’Ignoto che toglie il respiro e fa vacillare le ginocchia.
Atena annuì, conciliante, mentre ulteriori dettagli arricchirono il quadro complessivo.

«Penso che ogni lavoro possa offrire la possibilità di aiutare gli altri, custodendo in sé un’intrinseca utilità per l’intera comunità. Tutto dipende dai valori che si perseguono e dalla modalità in cui lo si porta avanti. La Cooperazione Magica, in questo senso, ha un potenziale enorme.» e ancora altre idee, come pennellate di colore diverso su una tela intonsa. «Se invece è il contatto con la gente che desidera evitare, questo potrebbe già restringere il campo.» sorrise tra sé: come biasimarla, del resto, lei stessa provava una certa repulsione nei confronti delle folle, preferendo di gran lunga la solitudine, il silenzio o la compagnia quieta dei libri. «Trovo anzi che sia un elemento rilevante su cui riflettere: un lavoro dovrebbe farla sentire a suo agio ed essere in grado di metterla nella condizione di esprimere a pieno le sue qualità - sarebbe un peccato se andassero perdute. Forse, ad esempio, una carriera come giornalista o commerciante potrebbe non incontrare il suo interesse; il Ministero, invece, potrebbe essere l’ideale se cerca un lavoro da scrivania, offrendo inoltre ampie possibilità di avanzamento di carriera.» ancora una volta, era nel taglio del tutto personale che si sceglieva di dare alla propria professione, a fare la differenza.
Proseguendo, la giovane anticipò un ulteriore punto centrale. Le materie. Altre idee uscirono dalla scatola, altre pennellate andarono ad aggiungersi alle precedenti.

«Si, la scelta delle materie è di fondamentale importanza. Nei prossimi due anni andrà a costruire la base dalla quale prenderà vita il suo futuro al di fuori di Hogwarts.» prese a mescolare il the, come se quel movimento aiutasse a mettere in moto i pensieri stessi. «Non si spaventi più del dovuto, questo non significa che non avrà mai più la possibilità di cambiare – nella vita si può raggiungere qualunque traguardo – ma è indubbio che l’accesso ad alcune professioni sia possibile solo con lo studio e l’approfondimento di determinate discipline. Abbandonando Erbologia, ad esempio, si escludono a priori le carriere in ambito medico. Divinazione non è una grande perdita…» fece uno svolazzo con la mano, come per cacciare un pensiero futile o poco importante. Nonostante si guardasse bene dal mostrarlo davanti agli studenti, la sua fiducia nell’arte della Divinazione rasentava lo zero. Era una materia che aveva scelto di portato ai Mago, certo, nella profonda convinzione che la sua conoscenza potesse offrirle uno sguardo più ampio circa i misteri del tempo e del destino. Ma rifiutava l’idea che il futuro fosse già scritto e che il libero arbitrio non fosse altro che una mera illusione. Divinazione, del resto, era una manna per l’ingenuità umana e lei preferiva il terreno saldo delle proprie scelte. Un ticchettio, ancora una volta, mostrò di concordare con i suoi pensieri. «...a meno che non desideri diventare insegnante della relativa Cattedra. Mi pare tuttavia di capire che non sia il suo caso.» la interrogò con lo sguardo, cercando una conferma alle sue parole. «Trasfigurazione offre una via preferenziale alla carriera di Auror, ma è una materia piuttosto versatile, utile in diverse circostanze e sicuramente non priva di fascino.» Fece quindi una pausa; le aveva offerto una panoramica generale, assaggi di ogni singola carriera, affinché la ragazza potesse soffermarsi sul sapore che ogni particolare possibilità le procurava sulla pelle: repulsione, interesse, attrazione, sfida?
Avvolse una mano intorno alla tazza, saggiando con i polpastrelli i lievi ghirigori in rilievo. Infine, riportò il discorso su quello che fino a quel momento sembrava essere il binario principale.
«La Cooperazione Magica, così come ogni carriera al Ministero, richiede un discreto impegno scolastico - se questa è la strada che desidera intraprendere, è bene che ne sia consapevole. Finora ha sempre conseguito valutazioni eccellenti, ricoprendo inoltre incarichi di un certo rilievo» era stata Prefetto, giornalista alla Gazzetta, garzone in uno dei negozi più rinomati di Diagon Alley: nonostante avesse espresso il desiderio di non esporsi troppo, nel corso del tempo aveva anche dato prova di una personalità tutt’altro che oziosa. «Se riesce a conseguire almeno 5 Mago, avrà senza dubbio la strada spianata, anche per quanto riguarda le posizioni più interessanti. Pensa che sia un obiettivo alla sua portata?» quanto era disposta a dare? Questa era la domanda. Accanto alla scelta delle materie, l'impegno che intendeva investire negli anni a seguire era un aspetto primario, senza dubbio da valutare.



Non preoccuparti, va benissimo così! ;)
 
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view post Posted on 17/5/2019, 22:04
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Tick. Tick. Tick. Non era facile non farsi distrarre quando di tanto in tanto quel lieve suono ancora giungeva a sottolineare una parola o una frase della Capocasa Tassorosso. La tazza di tè, ancora nelle mani di Elhena, si andava raffreddando e, quasi senza accorgersene, ne aveva già bevuto metà. Il liquido ambrato, appena increspato dall'ultimo sorso, rifletteva la distorta immagine di un viso pensieroso.
Autocontrollo e mediazione. I due aggettivi risuonarono immediatamente nella mente della Tassina, la miccia per l'inevitabile, silente, auto-interrogazione. La questione se lei possedesse davvero le qualità citate, se nel suo passato, nelle sue esperienze, potesse ritrovare il fondamento concreto di un'affermazione magari solo teorica.
Tracciò un cerchio sul bordo della tazza col dito umido di condensa, i ricordi che in parte andavano a sovrapporsi a una discussione che nel presente non si era fermata.
Era stata Prefetto. Qualcosa doveva pur valere. Aveva passato anni a sedare stupide liti tra primini in Sala Comune, a separare studenti che avevano di colpo deciso di trasformare i corridoi della scuola in uno scenario da duello Western. Si era sforzata di ascoltare prima di trascinare i colpevoli per le orecchie dai rispettivi Capocasa.
E per l'autocontrollo? Tamburellò con le dita sul bordo della scrivania. Su quello aveva più dubbi, in una ricerca di vecchie esperienze dove, a dispetto di quanto avrebbe voluto, non mancavano i casi in cui si era lasciata andare alle emozioni. Dopo Nocturn Alley, quando aveva pianto disperata davanti al fu Caposcuola Corvonero, Swan; o in Messico, dove Oliver Brior aveva sperimentato sulla sua pelle i rischi di farla arrabbiare.

"Mediazione e autocontrollo" ripeté, il punto finale della propria riflessione. "Direi di dover lavorare ancora sul secondo punto. Limare un po' di improvvisi scatti di emotività."

Quella frase pesava. Negli anni si era, pur contro la sua volontà, in parte costruita una fama di persona fredda e distaccata. Salvo poi abbandonarsi a slanci improvvisi, fossero essi positivi o negativi, quando le sue corde scoperte venivano toccate. Qualcuno avrebbe potuto chiamarla passione.

"Credo di poter eliminare dalla lista la carriera medica" cambiò discorso dopo un sorso di tè per bagnare le labbra di colpo secche. "Voglio dire, mi sono comunque interessata ma ammetto sia stato più un -" si fermò per cercare le parole giuste. Era stato un pensiero caotico di quelli prodotti nel cuore della notte, la folle opzione frutto di un'intensa sessione di brainstorming con se stessa.
"Frutto di un interesse superficiale direi. Immagino un vago voler aiutare gli altri non sia un motivo sufficiente per diventare Medimago."
Avrebbe comunque avuto a che fare con la malattia, la sofferenza e la morte. La magia poteva aver aiutato a debellare molte patologie, ma i reparti del San Mungo non erano di certo vuoti. Doveva servire una vocazione e Elhena era abbastanza sicura di non averla. Nel contesto l'abbastanza era d'obbligo. Nelle poche - per fortuna - volte in cui era stata al San Mungo l'ammirazione per i Medimaghi non si era poi tradotta in un qualcosa di più, nel desiderio di diventare come loro.
"Anche se magari potrei fare una chiacchierata con una delle mie bisnonne. Credo sia stata direttrice al San Mungo."
Male che andava avrebbe ampliato le proprie conoscenze familiari. Nella migliore delle ipotesi avrebbe avuto delle risposte chiare a domande precise, a volte persino stupide o ingenue, e il quadro sarebbe diventato un po' meno nebuloso. Il che le fece pensare come ci fosse un'altra parente con cui avrebbe fatto meglio a parlare prima della fine dell'anno, seppellendo temporaneamente lascia di guerra da adolescente educata alla tolleranza che si scontra con il frutto di una famiglia Purosangue vecchio stampo. I Fitzwarren potevano non sostenere Voldemort, ma ciò non li rendeva pro-Babbani.

"E no, sul non volere alcuna cattedra sono sicura."
A meno di non esserci condotti dalla necessità. Uno stipendio certo e un tetto sulla testa erano condizioni sufficienti per almeno tentare un colloquio con il Preside. Se però il Preside sarebbe stato ancora Peverell, allora la prospettiva diventava già più complessa. Nessuno avrebbe accettato lo stipendio come motivazione sufficiente per affidare a qualcuno la formazione di decine di ragazzi. Il tentativo si sarebbe presto arenato.
"Non lo sono invece del tutto sul non voler diventare commerciante. Sarebbe un lavoro tranquillo."

E limitante in confronto a quelle che, lei stessa lo riconosceva, erano le sue capacità. Non osava guardare tanto lontano da immaginare già i M.A.G.O e i relativi risultati, ma già le pagelle ottenute finora parlavano di risultati per cui il diventare commerciante era quasi una perdita.
Non che i casi mancassero. Storie di gente che dopo un diploma o una laurea in materie in generale percepite come alte - medicina, giurisprudenza, economia- erano andate a fare il gelataio o l'attore. Nel suo caso, avrebbe potuto darle un supporto nei tre anni di Università che, nonostante tutto, figuravano ancora nel suo programma da post-Hogwarts. Nulla di eccessivamente complesso.


"Cinque M.A.G.O? Immagino siano Incantesimi, Difesa, Trasfigurazione, Pozioni" - contò sulle dita - "E Storia?" Sull'ultimo elemento della lista aveva dei dubbi. Così come di riuscire ad arrivare anche solo ai G.U.F.O di quelle materie.
"Penso di averne le capacità. Anche se ora sono cambiati i docenti e non ho ancora avuto modo di confrontarmi con loro. Non ho idea di come sarei valutata."
La voce andò a velocizzarsi verso la fine della frase, i primi accenni di un'ansia in sordina. C'era in lei la consapevolezza di come la sua pagella, tra lezioni ed esami, non era sempre stata una fila perfetta di O.
"Soprattutto se accettano solo Oltre Ogni Previsione per i G.U.F.O."
Comunque, a ben vedere, rispetto al mondo Babbano, le scelte di carriera erano limitate. Almeno per quanto riguardava le opzioni offerte nell'immediato. Nessun dubbio che poter risolvere buona parte dei propri problemi con un colpo di bacchetta avesse eliminato in toto numerose professioni. Se aveva sperato che la McLinder mettesse nuove opzioni sul tavolo, magari scelte che all'inizio non aveva considerato o di cui non era proprio a conoscenza, le sue attese furono smentite. Forse compito di un docente durante un colloquio era più indirizzare nella creazione di binari, piuttosto che la creazione diretta di quei binari. Ciononostante, non negava una certa delusione. Sarebbe stato fantastico sentire quelle paroline magiche, la professione che avrebbe di colpo fatto quadrare tutto come un'improvvisa illuminazione.
A quanto pareva occorreva prendere la via lunga.

"Prima di usare il resto del suo tempo a cercare di esplorare le opzioni ministeriali" - perché dubbi momentanei non erano sufficienti a eliminare subito una carriera - "Ci sono per caso altre professioni che non abbiamo nominato? Giusto per avere il quadro intero?"



Guarda, peccato che la parte sulle conoscenze necessarie per la carriera diplomatica fosse in narrazione, perché sarebbe stato uno spunto perfetto
 
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view post Posted on 2/6/2019, 10:28
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ATENA MCLINDER ~ CAPOCASA TASSOROSSO
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Se i pensieri avessero avuto un suono, di certo si sarebbe sentito il loro eco nei gesti della ragazza, nei movimenti delle pupille, o nei brevi silenzi, carichi di peso, che si inframezzavano tra una parola e l’altra. Pur invisibili, il loro spessore riempiva l’aria, come funi robuste e impalpabili.
«Avrà tempo per lavorare sulle sue capacità» un sorriso sghembo si disegnò sulle sue labbra; a prima vista la Tassorosso sembrava una persona alquanto posata e controllata, ma era indubbio che dietro le iridi chiare si celava una personalità tutt’altro che piatta.
Mescolò piano il the, mentre la giovane portava la tazza alle labbra. Le lasciò il tempo per riordinare i pensieri e dare loro una forma. Aveva posto molta carne sul fuoco e soppesare ogni alternativa richiedeva tempo; tuttavia Atena era anche fermamente convinta che si trattasse di una questione di istinto, più che di ragionamento. Come un profumo dal quale si è particolarmente attratti, senza un motivo preciso, o una combinazione che improvvisamente combacia. Non era impulsività, la sua, il pensiero e la ragione governavano le sue azioni tanto quanto la ferma decisione di rimanere fedele a se stessa. Si trattata, appunto, di questo: fedeltà a se stessi. Non concepiva l’idea di rinunciare ad una parte di sé, per nessuna ragione al mondo. A volte, nel silenzio della sua stanza, si chiedeva quale fosse il reale motivo di una simile convinzione. Forse, si diceva, non aveva ancora trovato una
valida ragione per rinunciare; e prima ancora che se ne accorgesse, un velo di malinconia le si adagiava sulle spalle, inevitabilmente, come la rugiada del mattino sui sottili steli d'erba, insieme all'arido sospetto di aver perso qualcosa, lungo il cammino del tempo. Un patina fredda le penetrava tra gli interstizi della pelle, finché non si persuadeva a scacciare ogni pensiero e ad aggrapparsi a quanto di solido aveva sotto i suoi piedi, le sue uniche certezze.
«Vedo che ha le idee abbastanza chiare sulla carriera di Medimago. Può certamente fare una chiacchierata con la sua parente, tuttavia, date le premesse, mi sento di sconsigliarle di attribuire un peso eccessivo ad una simile carriera. Da quanto mi ha detto finora ho l’impressione che non sia esattamente nelle sue corde.» interrogarsi su ogni possibilità era doveroso, ma indugiare eccessivamente poteva rivelarsi controproducente.
Annuì all’asserzione della studentessa e mentalmente tracciò una croce anche accanto alla seconda opzione. La carriera di Docente non sarebbe passata alla fase successiva. Si soffermò invece sull’affermazione seguente.

«Un lavoro come commerciante sarebbe sicuramente un impiego più tranquillo di altri, ma non sottovaluti le qualità necessarie per essere un buon commerciante. Rimane senza dubbio una possibilità, se l’occupazione la intriga, di certo non difficile da raggiungere; ma a mio parere lei può avere accesso a professioni più stimolanti.» scelte e possibilità, la questione si riduceva a due perni fondamentali.
Valutate le principali opzioni, la conversazione si inoltrò in un territorio ben più vicino nel tempo all’esperienza della Studentessa, di carattere pratico e senza dubbio da stabilire con la dovuta attenzione.

«I MAGO sono a sua scelta, le consiglio materie inerenti la specifica posizione a cui ambisce. Incantesimi, Trasfigurazione sono corsi molto versatili e basi essenziali per ogni Mago; Storia della Magia è sicuramente un ottimo biglietto da visita per la carriera diplomatica. A queste ci aggiunga quelli per cui si sente più portata. Difesa e Pozioni sono ottime opzioni.»
Alla Docente non era sfuggito come il tono della Tassorosso si fosse fatto via via più concitato, segno di una preoccupazione latente, che aspettava soltanto il momento giusto per sgusciare fuori, come un pesciolino che si muove lesto sotto il filo dell’acqua. Annuì, concordando implicitamente sulle capacità della ragazza.
«Non basi la sua scelta sul giudizio dei professori. - fece uno svolazzo con la mano - Si tratta del suo futuro, rinunciare ad una materia solo per timore di una valutazione negativa sarebbe alquanto squalificante. Decida cosa è importante per lei e lotti per ciò a cui tiene.» La passione era qualcosa che andava ben oltre il timore di un giudizio o la paura di non farcela. Era certa che se la ragazza avesse trovato un obiettivo per il quale valesse la pena di lottare, avrebbe superato ogni difficoltà. In caso contrario, forse, significava che non ci teneva abbastanza o che non era la strada più adatta a lei.
Inclinò infine la testa, come era solita fare quando soppesava tra sé un pensiero; lo sguardo scandagliava il volto della Tassorosso, come alla ricerca di qualcosa tra le pieghe dei suoi lineamenti. Mentre tamburellava il coperchio della penna sul tavolo, cercò di radunare in un unico punto tutto quanto conosceva della giovane: dal curriculum scolastico, alla presenza durante le lezioni, fino a quanto espresso in ciascun elaborato consegnato.
Quando infine sembrò giungere ad una conclusione, schiuse appena le labbra e, ignorando apparentemente la sua domanda, chiese, a bruciapelo.

«Mi dica, cosa ne pensa dei Babbani?»

 
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view post Posted on 2/6/2019, 19:54
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Tempo. La McLinder parlava di tempo, ma Elhena dubitava di averne a volontà. Più passavano i mesi, più il Quinto anno sembrava diventare un limbo senza uscita. Aveva sentito storie di maghi che alla fine avevano mollato tutto a un passo dai G.U.F.O, incapaci di sopportare la pressione scolastica, e c’erano giorni in cui, con le mani nei capelli per una traduzione runica che si ostinava a dire “Merlino amava le torte” in un testo di epica scozzese, si chiedeva se anche lei non fosse destinata a quella via. Il classico caso dell’enfant prodige che si perde per strada.

Alla fine dipendeva tutto dalle sue scelte. Nei consigli della McLinder sentiva una certo invito a fermarsi e seguire il proprio cuore. Peccato per il piccolo dettaglia che la strada che l’istinto le suggeriva non fosse praticabile. L’ultima volta che aveva controllato, gli unici due uffici al Ministero dove figurava la parola Babbano erano l’Ufficio per l’uso improprio dei manufatti e Il Comitato Scuse e nessuno dei due si addiceva a ciò che aveva in mente. Di sicuro non sarebbe andata a lavorare per inventare scuse e obliviare la gente. Era già abbastanza brutto le volte in cui suo padre doveva farlo sui suoi nonni quando iniziavano a diventare troppo sospettosi. Quanto alla prima opzione, finiva con l’essere troppo limitante. Suo padre l’aveva scelta, seppur per un breve periodo, perché era uno degli uffici più tranquilli del Ministero; lei, tuttavia, sapeva che alla fine il ruolo le sarebbe stato stretto.

Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalla voce di Atena. Già, i M.A.G.O. Doveva smetterla di fare domande e poi perdersi nella propria testa invece di ascoltare la risposta.

Scegliere le materie che più la aggradavano. Ultimamente il focus era stato talmente sulla carriera e sul comprendere quali materie si adeguassero meglio a ciascuna opzione che aveva finito col dimenticarsi che, alla fine, dipendeva anche dai suoi gusti.
Era certa di voler proseguire con Trasfigurazione, voto ai G.U.F.O permettendo. Anzi, avrebbe fatto in modo di passarli, I G.U.F.O almeno nella sua materia preferita. Poi Storia, che al di là della difficoltà delle lezioni di Peverell, continuava ad affascinarla.
Ne rimanevano tre. Fermarsi con incantesimi solo al quinto anno pareva una limitazione. C'era poi lo scoglio di Difesa, che la Tassina avrebbe volentieri abbandonato, ma dati i tempi non proprio luminosi forse sarebbe stato meglio non trascurare. Faceva pur sempre parte dell'E.S e più volte si era trovata a sentirsi in imbarazzo per le sue limitazioni quando si trattava di difendere o attaccare.
Infine non si vedeva tanto come pozionista e lasciando da parte la carriera medica un M.A.G.O nella materia diventava un in più. Magari avrebbe potuto proseguire con Rune.
C'era ancora qualche mese per pensarci. Fare una scaletta e cercare di trovare un equilibrio tra ciò che richiedeva il lavoro e ciò che le suggerivano le sue inclinazioni.

All’ultima domanda della McLinder le si bloccò la voce in gola, la bocca già semi aperta nell’atto di formare la prima parola, ma senza che alla fine alcun suono ne uscisse, tranne un vago e inintelligibile balbettio; il genere di quando in un botta e risposta ci si trova a dover controbattere a un’affermazione errata o proprio offensiva, che tocca corde così scoperte da togliere la favella.
Di tutte le pieghe che avrebbe potuto prendere quel colloquio, sentirsi chiedere cosa ne pensasse dei Babbani era l’ultimo sviluppo che Elhena si sarebbe aspettata in quel frangente. Per di più con un quesito tanto diretto.

Successero due cose in rapida sequenza nella mente della Tassina, che in parte si andarono a riflettere nella postura, posata la tazza per sicurezza, e il busto che si piegava appena verso la scrivania. La testa, prima appena chinata nel cercare nel proprio riflesso delle risposte, tornò a stare dritta.

Incassato il colpo dell’offesa, lungi dal chiudersi in un riccio di mutismo passivo-aggressivo, la Tassina stava per ribattere con forza uguale e contraria. Per quanto cercasse di tenerle a bada, era un argomento troppo caro al suo cuore perché le parole non fuggissero da tutte le parti.


“Mi perdoni, ma credo che la sua domanda sia troppo generica.”

Giusto per mettere fin da subito in chiaro le cose. Dopotutto, lo stereotipo nasceva proprio dalla generalizzazione di una categoria e, sebbene ci fossero momenti in cui la generalizzazione diventava necessaria a fini socio-storici, il formarsi opinioni non rientrava in quelli.

Guardò dritto negli occhi la Capocasa Tassorosso. Possibile che l’avesse scambiata per una Purosangue? Altrimenti non si sarebbe posto il problema dell’interrogarla su una categoria che, almeno nella scelta dei vocaboli, aveva appena presentato come opposta ed estranea. Sempre che Elhena non stesse leggendo in una sola domanda più di quanto la docente non avesse voluto intendere.


“Voglio dire, da strega fatico ad avere un'opinione chiara su tutti i Babbani. Se anche volessi elaborarne una adesso, sarebbe eccessivamente paternalistica.”

Si stava arrampicando sugli specchi, vero? Sì, si stava arrampicando sugli specchi. DI fatto, era inutile continuare a nascondersi dietro a una certa reticenza se non si andava direttamente al succo della questione; ma se una volta il dichiarare il proprio stato di sangue era stato facile come presentarsi con nome e cognome, quel mezzosangue detto persino con un pizzico di orgoglio, quasi a volerlo sbattere in faccia, quei tempi erano passati.
“Il fatto è che trovo difficile dare un’opinione generica su una categoria che rappresenta metà delle mie radici.”

Ecco detto. Ora sarebbe stato inevitabile che almeno alcuni pezzi del discorso si ri-aggiustassero attorno alla nuova informazione. I Babbani smettevano di essere una categoria che la Tassina aveva potuto sperimentare solo come altra e diventavano parte integrante del suo passato.

“Dovrei prendere caso per caso, di momento in momento. Alla fine a ben vedere tutti gli errori attribuibili ai Babbani li possiamo ritrovare anche nella Storia magica. L’intolleranza? Ci siamo passati anche noi. Stessa cosa per l’ingegno. Anche per la presunta storia che i Babbani abbiano sempre rifiutato o non-compreso la magia, anche lì ci sarebbero da fare delle specifiche.”

Anni di pomeriggi a sfogliare suo malgrado riviste di antropologia o avere, almeno per due settimane all’anno, quando era ospite dai nonni materni, la TV serale sempre fissa su History Channel o simili le avevano di sicuro aperto gli occhi su quanto fosse variegato il genere umano, magico o Babbano che fosse. Forse l’odio verso la magia era stato un argomento valido qualche secolo prima.

Tuttavia, data la situazione in cui versava il globo negli ultimi tempi, la Tassina era lungi dall’affermare con leggerezza che i Babbani in toto - la generalizzazione qui diventava d’obbligo - avrebbero accettato la magia senza invidie o altri sviluppi negativi di sorta. Si faticava già a trattare da pari qualcuno perché aveva un diverso colore della pelle o un diverso orientamento sessuale. Se la Elhena bambina aveva immaginato un mondo idilliaco dato dal l’abolizione dello Statuto di Segretezza, quella quasi adulta si trovava a dover ammettere che i risultati sarebbero stati più simili a un episodio di X-Men. Proprio come, in un certo modo, l’aveva messa in guardia Peverell quando lei aveva dato il tutto per tutto per entrare nella Scuola di Atene. O forse era stata solo una sua impressione e un caso di memoria selettiva.

Quanto poteva esporsi con la docente? Era la sua Capocasa, era implicito l’idea che i Tassorosso potessero andare da lei per ottenere consiglio senza essere giudicati, ma ancora Elhena esitava.

Talk less. Smile more. Don’t let them know what you’re against or what you’re for.

Era questa la via che voleva seguire? O ritrovare la propria voce? Farsi nemici a ogni proclamazione?*


"Ma credo che andrebbero trattati con più riguardo".

La frase suonava malissimo, ma per il momento non aveva altro modo per formularla. E per la faccenda dell'esporsi, si era ancora su un terreno abbastanza neutrale.



* Every proclamation guarantees free ammunition for your enemies. Cit.


Edited by - Gwen - - 12/6/2019, 22:15
 
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view post Posted on 7/11/2019, 14:41
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«Sa, signora Attwater» riprese Atena, subito dopo aver lasciato passare un paio di lunghi, silenziosi, secondi in cui aveva scrutato la figura della ragazza, rimuginando sulle sue parole. «Le ho posto questa domanda dal momento che sovente nei suoi elaborati mi è parso di notare una spiccata sensibilità, e un certo interesse, nei confronti del mondo babbano. Certo, potrebbe essere solamente una conseguenza delle sue origini, ciò nonostante non è scontato nemmeno per un nato babbano avere un’alta considerazione – o soltanto avere una considerazione - del mondo non magico.» Posò la schiena alla sedia, rigirandosi tra le dita una matita come fossero i suoi stessi pensieri. Aveva ascoltato la Tassorosso senza interromperla, lasciando che da sola tentasse di districare le fila dei suoi ragionamenti. Aveva seguito i suoi tentennamenti e percepito le sue incertezze, così come le era parso di notare – non senza una punta di divertimento – una certa rigidità in seguito alla sua domanda. Ciò nonostante il ragionamento della giovane non faceva una piega, andando a collocarsi su quello che si poteva considerare un terreno neutrale, senza particolari squilibri né da un lato né dall’altro. Capacità degna di nota.
«La sua risposta» continuò, dopo un respiro «denota un’apertura di mente verso ciò che è diverso e un interesse verso le altre comunità – magiche o non magiche che siano.» non era una domanda, né la ricerca di una conferma; non era nemmeno un tentativo di giudicare la sua risposta come giusta o sbagliata – non le interessava questo genere di analisi. La sua era semplicemente un’affermazione e l’espressione ad alta voce dell’idea che si era fatta della ragazza. «Penso sia un punto focale da tenere in considerazione nella scelta di una futura professione. La sua capacità e la plasticità di pensiero che la caratterizzano potrebbero rivelarsi di grande utilità in più di un Ufficio. Al Terzo Livello, ad esempio. O, forse ancor di più, al Quinto.» azzardò, offrendole lo spunto per riflettere su un campo ristretto di possibilità.
«Non deve decidere ora, né domani, badi bene - del resto non le era passata inosservata l'incertezza della giovane: giungere ad una decisione in quel frangente avrebbe equivalso solo a compiere una scelta quanto mai affrettata - La invito tuttavia a riflettere criticamente su queste possibilità.» Concluse.
Radunò poi con le mani i fogli che aveva davanti a sé, ponendoli in una pila ordinata alla sua destra. Alle loro spalle, altri sassolini ticchettavano contro il legno della libreria, uno dopo l'altro; la civetta gonfiò le piume, tubando infastidita e lanciando alla Docente un'occhiata in tralice. Atena si schiarì la voce, incrociando le dita sul ripiano della scrivania.

«Detto questo, se non ha altro da chiedermi, la lascerei alle sue faccende.» Poteva essere un congedo?

 
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