|
Ekaterina ObraztsovaRussia▴87 anni▴Purosangue▴Neutrale Malvagia▴Ministeriale V LivelloL'ufficio aveva in sé l'aura opprimente della sua proprietaria: l'odore di sigaretta era pervasivo e tirannico, aleggiava con pertinacia nell'aria. Quei mobili avevano assistito agli ordini più svariati di persecuzioni e omicidi, di torture e inquisizioni. Quelle librerie, come quella scrivania, avevano accompagnato Ekaterina in molti anni di potere dal Palazzo del Dipartimento Sicurezza.
« Il suo paese ha una storia interessante, me ne parlarono vagamente durante una visita che feci a Dublino » posò la penna nel suo alloggiamento sotto il calamaio e tese la mano a cogliere una campanella che agitò delicatamente « fu solo una toccata e fuga, non mi spiacerebbe tornarci » notò la disinvoltura con la quale l'uomo si era seduto senza attendere un suo implicito permesso e se lo segnò.
« Oh se lo è » fece con una nota di nostalgia nella voce poi aggiunse: « o, per lo meno, lo era. Ora ci sono i turisti. » pronunciò quest'ultima chiosa con un certo qual disprezzo impossibile da celare. Non era un segreto che non gradisse l'esistenza dei turisti: il loro essere sgradevoli, villani, impertinenti e curiosi li rendeva una razza infame, peggiore, perfino, degli arricchiti. « Ma non posso dire con certezza come fosse ai tempi d'oro degli Zar: non li ho vissuti. » Leonilla le aveva raccontato, e le raccontava tutt'ora, con nostalgia dei balli a Palazzo, dei quali era sempre gradita ospite. Raccontava dei giri in slitta, sotto la neve, avvolti nelle pellicce d'orso. In quel momento comparve Rufus, indossava una casacca logora e cucita autonomamente con i brani, logori, di tessuti, accostati con un gusto inusuale, per un elfo, che andavano dal broccato alla seta, che, dopo una breve e secca riverenza del capo attese immobile gli ordini della padrona.
« La terra natia ha nel proprio cuore un posto del tutto particolare e tutto ciò che ce la ricorda assume uno status unico, come fosse un collegamento diretto con essa, non è così? » Guardò poi l'essere « Rufus, vorresti preparare per il signore, e per me, un tè, per favore » poi rivolgendosi all'ospite « uso bere del Darjeeling, a quest'ora, può essere di suo gradimento o ha delle altre preferenze? » attese la risposta prima di dare il via libera all'elfo.
« In Russia ho ancora una proprietà, nell'Oblast' di Sverdlovsk, e amo andarci, quando posso, per rilassarmi, camminare tra i boschi ed ammirare i monti nella completa solitudine. Le profonde gole montane, le foreste di larici, le fitte nevicate ammirate attraverso i vetri nelle ampie stanze scaldate dalle alte stufe in maiolica. Tutte le bellezze dell'Inghilterra non sapranno soddisfare la nostalgia che provo per i paesaggi della mia patria. » non parlava sovente del suo Eremo, era notoriamente un luogo in cui, era spesso andata a riposarsi e, salvo qualche evento ufficiale, era tornata ad essere l'unica forma di sé che non era stata del tutto corrotta da sé stessa, dal potere conquistato, ma dall'eredità che aveva ricevuto. Lì, per quanto la casa fosse acquistata ed i terreni comprati lotto per lotto in anni di espansioni, era la discendente di una potente famiglia Russa, che, magica o no, aveva, nei secoli, influenzato i territori governati prima dai Rurik poi dai Romanov. Lì era la Signora di un feudo più che la funzionaria di uno stato corrotto, per giunta straniero, ed i cittadini le portavano rispetto non per ciò che aveva acquisito ma per ciò che era. Era il segno che, malgrado il tempo passato sotto una dominazione ottusa e prepotente, il nome della sua famiglia, e dunque il proprio, aveva ancora un valore intrinseco. « Ma immagino che allo stesso modo un Inglese o, certamente, anche un Irlandese, direbbe le mie stesse parole si trovasse a dover lavorare in Russia. La Scozia ha saputo, certamente, interessarmi quando ho dovuto trovare un alloggio consono alla mia indole e alle mie necessità, ma non è stata all'altezza dei requisiti: le dimore storiche sono ahimé rimaste ai tempi medievali e sono troppo umide per le mie povere ossa. » poi, con disinvoltura, scivolò su un'altra questione « Certe comodità, portate dal progresso, sono, indubbiamente, indispensabili al giorno d'oggi. Dobbiamo abituarci ad alcune novità… nella vita di tutti i giorni così come in politica. Non è forse così? » gli sorrise prima di alzarsi dalla sedia della scrivania « Se vuole, saremo più comodi nel salottino… » disse indicando l'angolo dell'ufficio dominato dai leziosi mobili in legno scuro dalle gambe sinuose e le fodere rosa antico con i merletti sulle spalliere. Al centro di quell'area, delimitata da tre poltrone ed un divanetto a due posti, c'era un tavolino da tè. Sopra il piano di legno erano stati schiacciati dei fiori secchi con una lastra di vetro sopra la quale l'elfo avrebbe poi depositato le tazzine con fare sussiegoso; sotto i piattini si potevano notare, tra i petali delle margherite ingialliti dal tempo, anche tre fotografie in bianco e nero, sbiadite dal tempo e dalla polvere: nella prima un giovane in giacca e cravatta stava in posa severa davanti ad un fondale di tessuto, la seconda aveva catturato un altro giovane indossante la divisa di Durmstrang e nella terza c'era una giovane di vent'anni, dai capelli corvini, che sembrava guardare Ekaterina con un sorriso di sfida sul volto. L'anziana si accomodò su una poltrona, evidentemente la sua abituale perché più lisa delle altre, e, dopo aver pizzicato il bastone tra la gamba e il bracciolo della sedia, mosse il polso e la mano con il palmo rivolto verso il soffitto, come a reiterare, con cortesia, l'invito di accomodarsi sul divanetto posto di fronte a lei. Code & image by Keyser Söze.
|