Quando l'aveva scorta era ormai tardi.
Era stata una mattinata tranquilla, in cui provvidenzialmente problemi e parassiti avevano latitato, come solo ancora in estate si poteva non pretendere, ma almeno prevedere, accadesse. Sin dalle prime ore della mattina un piacevole velo di rugiada era affiorato a coprire gli ampi prati che circondavano il Castello, qualche timido raggio di sole aveva addirittura fatto capolino da dietro le imponenti fronde della foresta. Dal comignolo più alto, poi gentilmente le carezze di Eos avevano preso a scendere, pizzicando dolcemente quelle pietre che ormai da centinaia di anni, ogni mattina, erano lì pazienti e pronte nel fare gli onori di casa. Certe cose sembravano non poter cessare, prendersi quei famosi cinque minuti, concedersi una vacanza, tutto procedeva inesorabile e immutabile lungo una tabella di marcia il cui artefice era stato orbato e dimenticato da anni, decenni, forse interi secoli, senza traccia. Quello stesso Tempo, di cui Chrono alto e fiero si stagliava ancora quale protettore, da un lato creava, dall'altro distruggeva. Un nuovo giorno procedeva galoppando in avanti, preannunciando il successivo, ma allontanandosi intanto dal precedente, rimarcando una crescente distanza tra quanto era stato, quanto non sarebbe più stato, e quanto invece sarebbe accaduto nuovamente di lì a qualche ora.
Come ormai era solito accadere le sempre puntuali attenzioni che l'Alba era ormai solita riservare al Castello, innescavano un perverso meccanismo, secondo cui prima ancora che la luce riuscisse a infrangersi sulle possenti basi dei contrafforti, o spolverare i grandi gradini della scalinata d'ingresso, ecco che un battente silenziosamente si schiudeva, lasciandone emergere prima una saetta bianca, che scapicollando direttamente oltre, senza darsi la pena di percorrere il percorso che qualche abile mastro artigiano aveva concepito al tempo, si gettava nelle distese color smeraldo, scomparendo alla vista dei più. Decisamente più stanca, e meno saettante di quanto non avrebbe forse voluto essere, una seconda macchia di colore emergeva a distanza di qualche minuto, avviandosi per lo stesso sentiero. Colori sgargianti, salutati, almeno nelle belle giornate, dall'Astro, che intanto si era sufficientemente alzato sull'orizzonte.
Il resto del programma veniva da sè, si disvelava cammin facendo, seguendo logiche e sentieri a chiunque altro sconosciuti, tanto segreti da risultare imperscrutabili. Vi fosse o meno un'effettiva qualche logica era ancora quasi interamente da dimostrarsi. Di fatto stava che un'attempata figura armata di bastone e tanta fede scompariva nei meandri del parco, con un libro sotto il braccio, mentre ancora il resto della Scuola dormiva beatamente, rigirandosi nelle più discoste alcove, dalle torri più alte, ai sotterranei più bassi. Il fatto poi che fosse estate dava al tutto una piega ancora più inopportuna, senza freno e senza remore, quelle quotidiane gite fuori porta rischiavano di protrarsi più di quanto anche il più aitante alpinista avrebbe valutato, figurarsi sostenuto.
Quel martedì non era stato da meno.
Quella che chiunque avrebbe ritenuto un'ora confacente a una colazione era passata da un pezzo, quando infine il Castello era tornato 'a portata' di bastone, uno sguardo grato al cielo, Dei piacendo anche quella mattina erano sopravvissuti tutti interi. Mentre un enorme fazzoletto purpureo faceva la sua comparsa, silente e non vista una seconda figura era apparsa all'orizzonte, e procedeva di buon passo verso quella che molto probabilmente sarebbe anche stata la sua unica potenziale destinazione. Che avesse preso una svista di ben dieci giorni su quanto il calendario consigliava, era improbabile, ne conseguiva che effettivamente una qualche ragione dovesse averla condotta lì. Il che accese un primo campanello d'allarme, mentre ancora il fazzoletto scorrazzava allegro, e non decisamente il solo, da un lato all'altro del volto. Scomparso nuovamente quello, fece capolino un elaborato orologio che conclamò invece un primo problema.
Era ormai tardi. Non l'avrebbero raggiunta, tanto valeva giocare di ripiego. Mentre la prima scompariva oltre l'antica soglia, i fondisti ancora si facevano largo nell'erba. Lei era in anticipo, loro in deciso ritardo, il che però lasciava un non trascurabile vantaggio. Chi mai avrebbe tentato la sorte in un colloquio prima dell'ora stabilita? Non erano ancora così in ritardo, il che date le circostanze era una provvidenziale coincidenza.
Amalia!
Insomma Amalia!
Guarda che domani esco con Winston...
E rimani a casa!
Un rovinoso sferragliare di metallo su pietra rimbombò cupo, in tutta risposta, per il corridoio.
Ormai erano quasi arrivati. Un'ultima svolta. Un ultimo tratto. Quanto agognasse raggiungerla con discrezione non sarebbe stato possibile descriverlo. Eppure, nonostante tutto, si stava anche divertendo. Un appuntamento quasi quotidiano, per quanto molto flessibile. Ma del resto un cane non è mai in ritardo, ma arriva esattamente quando avrebbe voluto arrivare. Una logica ineccepibile, che a distanza di tanti anni non era ancora riuscito a confutare. La più diretta conseguenza, che non guastava, era anche che il relativo accompagnatore non potesse essere a sua volta tacciato 'di ritardo'. Non foss'altro per la campestre che avevano intrapreso.
Una figura canuta, di arancio vestita, emerse lentamente dalla tromba delle scale, preceduta e da un elegante bastone da passeggio, responsable dell'eco di quel infernale fracasso, e da una palla di pelo bianca che scomparve oltre le gambe della gentile ospite in azzurro. Insomma, un pianerottolo particolarmente affollato, per essere un anonimo martedì di fine agosto. La porta che dava su quell'inaspettato incontro era ormai aperta, e della terza misteriosa figura se n'era persa traccia. Erano rimasti un bastone, una donna, e un vecchio.
Mademoiselle Bennet!
Ben trovata, e benvenuta ad Hogwarts.
Ignotus Albus Peverell al suo servizio, se non vado errando abbiamo un appuntamento.
Prego, entri pure. Temo che i miei assistenti stiano ancora disfacendo i bagagli, è solo qualche giorno che siamo tornati, ma sono certo ce la faremo comunque. Com'è stato il viaggio? Immagino abbia trovato facilmente la strada, in fondo...
Parole un po' strambe, pause inaspettate, una cadenza che sapeva molto di oltre Manica, un tono particolarmente allegro, accompagnato da un tiepido sorriso. Un corto mantello arancio scuro, sulle spalle, sopra a una lunga veste molto più chiara e brillante, incorniciava una figura gentile, ma un poco imponente, tipica scozzese. Doveva essere arrivata nel posto giusto. Era appena cominciato un gioco, di che genere e come sarebbe finito era decisamente tutta un'altra Storia.