Mystery of magic, Privata - C.S.

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view post Posted on 15/9/2019, 11:55
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Justin K. Hardy STUDENT ♢ SLYTHERIN ♢ 11 Y.O.
Le lezioni erano oramai iniziate da qualche giorno e Justin faceva ancora fatica ad ambientarsi: il senso dell’orientamento del ragazzo in qualche settimana non era per nulla migliorato di una virgola, e spesso e volentieri si era ritrovato ad andare a zonzo per i corridoi senza una meta precisa, con la speranza di non arrivare tardi a lezione e beccarsi una strigliata di benvenuto. Le cose, a grandi linee, non stavano andando propriamente per il meglio: non era certo di essere rimasto granché soddisfatto della scelta del Cappello Parlante circa la Casa nella quale lo aveva smistato, ma non aveva neppure una base solida sulla quale fondare il proprio malcontento per potersi dire seriamente contrario.
Con quel pensiero che ancora gli attanagliava la mente, il piccolo Hardy stava avendo non poca difficoltà nell’interazione con i suoi pari: dal momento che non era abituato a fare grandi sforzi per cominciare una conversazione, aveva passato la maggior parte dei pranzi e delle cene a guardarsi attorno con la forchetta sollevata a mezz’aria, le spalle curve ed il viso contrito, mentre i concasati attorno a lui interloquivano con i compagni che sedevano loro accanto. In Sala Comune di Serpeverde e in aula durante le lezioni la situazione non era certo migliore, dal momento che preferiva sedere in disparte e farsi i fatti propri.
Justin non credeva di essersi mai sentito più invisibile di così prima d’ora, e non pensava nemmeno che se ne sarebbe dispiaciuto così tanto: nonostante fosse passato troppo poco tempo da quando aveva messo piede in quel mondo, l’essersi ripromesso di fare uno sforzo in più e di “cambiare” in meglio, stava riscontrando non poche difficoltà.
E se poi dimenticava anche i libri in classe, fare i compiti si sarebbe rivelato essere certamente problematico.
Pozioni era una materia che non gli dispiaceva, ma aveva avuto modo di imparare troppo poco al momento per potersi fare una chiara idea su quale fosse la sua preferita e quella che preferiva di meno.
L’aula non era lontana dalla sua Sala Comune, e questa era l’unica cosa che ricordava circa la sua ubicazione; dalla Sala Grande il ragazzo aveva imboccato parecchi corridoi e sceso troppe scale, ma alla fine era riuscito ad arrivare a destinazione.
Il corridoio era buio, vuoto e spoglio; pochi erano gli studenti di cui, ogni tanto, incrociava gli occhi imbarazzato. Tutto aveva un che di misterioso, ma anche inquietante.
Si guardava attorno con aria confusa, il passo accelerato proprio come il suo cuore. Si fermò per un istante per capire dove fosse giunto: fu in quel momento che udì dei passi.
Non seppe bene perché, ma ad un tratto il trovarsi lì sotto da solo gli parve sbagliato e proibito. Il respiro, affannoso e pesante, era l’unica fonte di rumore che avrebbe potuto palesare la sua presenza lì a chiunque lo avrebbe raggiunto. Cercò di farsi sempre più piccolo contro al muro, sentendosi un idiota, e poi – gonfiando il petto e ricercando un po’ di coraggio dentro di sé – si schiarì la voce e parlò.

«Chi è là?»
La voce tremante, il timore evidente.
Justin Keegan Hardy era stupido. E di certo non era un Grifondoro.
Il Cappello Parlante, su questo, ci aveva visto giusto.

@hime



Edited by Justin K. Hardy - 22/10/2019, 18:44
 
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Clarissa Scott
view post Posted on 15/9/2019, 18:16




G
irovagare per i corridoi non era mai stato un problema per Clarissa, che da quando era arrivata a Hogwarts non faceva che esplorare il castello alla ricerca di passaggi segreti o stanze nascoste; ne aveva sentito parlare più di una volta ai ragazzi più grandi, e non vedeva il perché lei stessa non potesse riuscire nell'intento quando altri prima di lei aveva avuto successo.
Quel giorno, tuttavia, si trovava nei sotterranei non tanto per esplorare, quanto per recarsi nell'aula di Pozioni dove, subito dopo la lezione, aveva lasciato gli appunti del giorno.
Quella zona del castello era forse la più odiata dalla giovane scozzese, che non aveva paura di nulla se non di una cosa: i fantasmi. Hogwarts non era certo il posto migliore per chi, come lei, aveva il timore di quegli esseri non propriamente morti, ma in linea di massima aveva imparato a non immobilizzarsi dopo averne visto uno in piena luce del giorno. Nei sotterranei, invece, era tutta un'altra storia: la penombra, l'umidità, l'eco rimbombante tra le fredde mura di pietra erano tutti fattori che avrebbero reso impensabile per lei incontrare un fantasma, e non poteva fare a meno di compatire i poveri Serpeverde che avevano proprio là sotto la loro dimora.
Fu nel girare un angolo che sentì il rumore di passi, passi che non erano i suoi, di questo ne era piuttosto certa. Si fermò un momento e continuò a sentirli, non riflettendo minimamente sul fatto che i fantasmi non camminassero. Decise che doveva trattarsi del Barone Sanguinario, il fantasma che più detestava, e si adagiò contro il muro trattenendo il respiro, sporgendosi quel tanto che bastava per sbirciare al di là dello spigolo del muro, giusto per essere sicura di poter scappare laddove si fosse sbagliata e il Barone non fosse stato nelle vicinanze.
Fu allora che sentì una voce e dallo spavento fece cadere i libri sul pavimento, portandosi le mani sulla bocca per soffocare un'esclamazione. Il tonfo era riecheggiato per il lunghissimo corridoio e aveva coperto le parole pronunciate da Justin, impedendo a Clarissa di capire che si trattasse solo di un ragazzo spaventato quanto lei.
Non era più certa di voler guardare al di là dell'angolo, ma raccolse i libri pronta per darsela a gambe. Ad ogni modo, non accettava l'idea che il Cappello Parlante potesse aver avuto ragione escludendola dalla Casa a cui lei più aveva mirato, di conseguenza chiuse gli occhi per un momento, prese un profondo respiro e strinse i libri contro al petto, convincendosi a fare quei due passi in più e scoprire che al di là della curva vi era solo... un ragazzo.
Clarissa lasciò uscire l'aria trattenuta con un sonoro sbuffo, mentre con la mano destra si poggiava alla parete come per sostenersi.
-Dannazione, mi hai fatto prendere un colpo!
Disse piuttosto severamente, non ponendo la giusta attenzione al ragazzo. Nell'osservarlo bene, Clarissa poté però scorgere l'aria di una persona che non aveva alcuna intenzione di spaventare qualcuno per puro divertimento, anzi, nel notarne il respiro affannoso e pesante, lo sguardo della ragazzina si addolcì, così come la sua postura e il tono di voce.
-Va... tutto bene? Ti sei perso?
Ne dubitava, dati i colori della sua divisa, ma decise di essere gentile, per quanto il suo carattere glielo permettesse.
 
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view post Posted on 22/10/2019, 18:43
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Justin K. Hardy STUDENT ♢ SLYTHERIN ♢ 11 Y.O.
Tante volte quando era più piccolo, sua madre aveva tentato di convincere i fratelli a coinvolgerlo nei loro giochi e questi – quando non si rifiutavano di farlo – si comportavano in modo tale che lui si stufasse e li lasciasse perdere di sua spontanea volontà: in quel modo, i furbetti, avrebbero potuto giustificarsi con la madre dicendo che effettivamente era Justin a non voler mai giocare con loro. Fatto stava che quelle bravate nel tempo lo avevano abituato ad associare un certo tipo di comportamenti ai bambini della loro stessa età, arrivando persino al punto di decidere di cambiar strada anche quando incontrava i coetanei a scuola – sicuro che prima o poi si sarebbero rivelati gli omonimi dei fratelli.
Di Keegan non si poteva dire che fosse cresciuto nell’agio – sia per quanto riguardava i rapporti familiari che in fatto economico –, ma certamente non era stato un bambino “pauroso”, come probabilmente pensavano gli altri. Semplicemente, nonostante la giovane età, il suo naso era riuscito a guardare oltre assicurandogli una maturità di sicuro rara – lontana da quella degli altri.
Non entrava nel labirinto del lunapark perché aveva paura di perdersi, bensì evitava di farlo perché detestava scontrarsi con gli altri che – impauriti e ansiosi – correvano a destra e a manca in cerca di una via d’uscita; non si rifiutava di dormire nella stessa stanza con altri perché era sicuro che di notte gli avrebbero fatto gli scherzi mentre dormiva, piuttosto perché non aveva voglia di sopportare per tutte quelle ore il fastidioso suono di più respiri; e non entrava in una stanza buia soltanto perché aveva paura del buio, bensì perché era sicuro che la luce all’interno fosse stata spenta semplicemente per il gusto di spaventarlo.
Tuttavia, stavolta poteva ritenersi abbastanza maturo per capire di non voler rimanere in quel corridoio ancora per molto perché non ne conosceva ancora i misteri – specie se questi riguardavano, per l’appunto, il mondo che ancora poco aveva imparato a conoscere e al quale oramai faceva parte.
Quel castello, per quanto frequentato durante le ore diurne, rimaneva dispersivo e troppo imponente per un mingherlino quale era Justin, per cui – bisognava scusarlo – ci poteva anche stare che se la facesse sotto in quel frangente.
Eppure, con una certa nota di coraggio (nonostante fosse per davvero spaventato, questa volta), aveva alzato la voce per chiedere chi altri fosse lì presente: e una risposta, tra l’altro, gli era arrivata per davvero. Ora, non poteva certamente nascondere il suo timore nel constatare che essa appartenesse ad uno dei Fantasmi delle varie Case (non aveva ancora preso con loro abbastanza confidenza per poter sperare di rimanere insieme nella stessa stanza troppo a lungo o condurci una conversazione profonda sul senso della vita), ma capire di essersi sbagliato non lo dispiacque per nulla.
Si portò la mano destra al petto per cercare di placare la propria ansia e riprendere aria nei polmoni, ma fingendo al contempo che la cosa non lo avesse scomposto più di tanto perché non voleva passare per “debole” dinanzi la studentessa.

«Scusami, non l’ho fatto a posta!»
Rispose sulla difensiva e corrugando la fronte, fingendosi sicuro di sé e sforzandosi per non dirle che – al contrario – era stata lei a fargli venire un infarto. Si prese appena qualche secondo per scrutare lo stemma sulla sua divisa da Corvonero ed alzò il sopracciglio sinistro spostando poi la propria attenzione altrove; si sarebbe guardato attorno, per assicurarsi che non vi fosse nessun altro intenzionato a spaventare i due studenti o, peggio, i suoi fratelli (cosa tra l’altro impossibile, ma Justin non poteva certo saperlo) a tendere loro un agguato.
«Perso? Oh, no. Stavo semplicemente cercando l’aula di Pozioni, credo di averci lasciato il mio libro questa mattina. O almeno spero sia lì, altrimenti non saprei proprio in quale altro posto possa essere.»
Perché sì, cercarlo in quel luogo alla fine si era rivelata l’unica opzione plausibile, visto che aveva rivoltato la Sala Comune ed il dormitorio prima di decidere di incamminarsi sino a lì in solitaria.
Guardò di nuovo la ragazzina dalla testa ai piedi – più in un riflesso involontario piuttosto che per esprimere una tacita critica nei suoi riguardi – e poi congiunse le mani dietro la schiena.

«Tu, invece?»
Se per prima lei aveva deciso di “intrigarsi” circa le intenzioni di Hardy, perché allora anche lui non poteva fare lo stesso con la Corvonero? Si grattò il sopracciglio destro, spostando lo sguardo altrove pur di non incontrare il suo; in realtà non gli importava poi più di tanto il perché lei si trovasse lì sotto (a meno che il motivo non riguardasse lo spiare i Serpeverde o il cercare di introdursi illegalmente all’interno della loro Sala Comune), però porle quella domanda gli era sembrato un gesto educato, seppur un tantino irrispettoso – ma questo dipendeva dai punti di vista della studentessa.
«E se si fosse trattato del Barone Sanguinario, anziché di me, come avresti reagito?»
Questo, invece, saperlo gli interessava per davvero – anche se non seppe spiegarsi il perché.
Inclinò la testa di lato, curioso, ed attese le impressioni di lei.

@hime

 
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Clarissa Scott
view post Posted on 23/10/2019, 08:52




C
ome già accennato, Clarissa non era una di quelle bambine che si spaventavano con estrema facilità; aveva un punto debole, quello sì, come tutti, ma fortunatamente si rese conto piuttosto in fretta che svoltato l’angolo non avrebbe trovato la materializzazione della sua grande paura, quanto un ragazzo.
Non volle aggredirlo, a dire il vero, ma le veniva difficile gestire la propria impulsività in determinati momenti.
Notò il giovane Serpeverde portarsi la mano al petto e tentare di regolarizzare il respiro, cosa che fece anche Clarissa, prima di riprendere a parlare con tono calmo e controllato.
-No, scusami tu, non dovevo urlare a quel modo.
Non si trattava unicamente di una questione di mera educazione o gentilezza, quanto del fatto che l’eco di cui godevano quegli umidi sotterranei le metteva i brividi, se accostato all’idea di ritrovarsi da un momento all’altro di fronte al Barone Sanguinario.
Quel fantasma era forse il peggiore di tutti, la terrorizzava.
-Proprio non capisco come voi altri riusciate a vivere qua sotto.
Disse senza pensare di filtrare quanto la sua mente stava elaborando. Naturalmente con ”voialtri” intendeva i Sepreverde, ma non trovò il bisogno di specificarlo: chi altri avrebbe trascorso le proprie giornate -e nottate- lì sotto? All’improvviso sentì la mancanza della sua altissima torre, talmente vicina al cielo da procurarle a volte la sensazione di volare, quando si affacciava da una delle finestre della Sala Comune.
Nell’ascoltare le parole del ragazzo, Clarissa non potè fare a meno di focalizzarsi su una parte particolare del discorso.
-La stavi cercando. Quindi ti sei perso.
Non era consapevole della propria impertinenza, per quanto qualcuno avesse tentato di fargliela notare, di conseguenza non si fece problemi a sottolineare al ragazzo quella che per lei era una vera e propria ovvietà.
Notò il Serpeverde lanciarle sguardi che lei non riuscì a interpretare, ma non si infastidì. Decise dunque di rispondere alla sua domanda.
-Anche io ho dimenticato qualcosa in aula. Vieni, ti mostro dov’è.
A nulla sarebbero servite eventuali lamentele da parte del giovane, neppure se avesse tentato di asserire di non essersi perso; Clarissa avrebbe al massimo annuito, restando però convinta della propria idea.
Si incamminò sperando che il ragazzo la seguisse, ma alla domanda di lui non potè fare a meno di fermarsi, voltando il capo per lanciargli al di sopra della spalla uno sguardo incerto.
Il Barone Sanguinario, bleh,
-Probabilmente me la sarei fatta sotto. Sai, odio i fantasmi e ammetto che Hogwarts non è il posto ideale per me... ma sto iniziando a tollerarli, se li vedo alla luce del sole.
Lasciò dunque intendere che trovarne uno nei sotterranei l’avrebbe debilitata parecchio.
-Cos’è che fa paura a te, invece?
Un segreto per un segreto. E lo fissò con sguardo attento e indagatore, pronta a captare qualsiasi particolarità di quello strano ragazzo, non pensando minimamente al fatto che quella strana potesse esser lei.

 
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view post Posted on 30/10/2019, 02:53
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Justin K. Hardy STUDENT ♢ SLYTHERIN ♢ 11 Y.O.
Effettivamente avrebbe potuto impiegare il pomeriggio in maniera totalmente differente: i giorni della settimana appena trascorsa li aveva passati a zonzo per il castello in cerca dei suoi angoli più remoti, con l’intento di scovarne i più reconditi segreti e – magari – imparare a saper riconoscere i vari corridoi che, ad una prima impressione, parevano avere tutti esattamente il medesimo aspetto. Durante quelle gite solitarie, ove l’unico rumore udibile era unicamente il rumore del suo respiro nervoso, aveva trovato assai curiosi i dipinti in movimento siti nelle pareti: con alcuni di essi ci aveva persino parlato, sbalordendosi – e quasi “spaventandosi” – sempre di più del mondo del quale oramai faceva parte.
E per quanto si fosse anche abituato – per esigenza – alla penombra di quei Sotterranei, visto che la Sala Comune dei Serpeverde (luogo che frequentata più di ogni altro, dopo le aule durante le ore scolastiche) si trovava proprio in quei pressi, il suo senso dell’orientamento appariva ancora precario e i suoi sensi poco affinati si lasciavano influenzare dal minimo spostamento d’aria – specie quando era da solo – mettendolo all’erta.
Tuttavia detestava non poco l’idea che un “uomo” come lui potesse mostrarsi impaurito o timoroso del buio o dei fantasmi (o di qualunque altra cosa possibile) dinanzi ad una ragazza, visto che in quel modo certamente non ci avrebbe guadagnato una gran bella figura; e poi per un Serpeverde rivelarsi un “codardo” non era esattamente il massimo – ma non era neppure un rampante Grifondoro. Comunque, era un pur sempre un essere umano con delle debolezze.
Tuttavia, anche dover ammettere davanti alla Corvonero di essersi perso non gli pareva il caso, anche perché effettivamente non era proprio così, ecco; certo, non poteva mica dire di conoscere quei corridoi a menadito, ma non era poi così messo male come lei pensava. Non le avrebbe nemmeno detto che a distrarlo dal recupero del libro di testo di Pozioni era stato quel rumore e il timore che a seguirlo fosse una creatura ancora a lui sconosciuta, o – peggio – il Barone Sanguinario che faceva sempre in modo di evitare a tutti i costi: gli raggelava il sangue anche solo vederlo passare senza che incrociasse gli occhi vitrei nei suoi, al punto da credere che gli fosse passato attraverso mutandolo in pietra.

«Lo dici come se fosse una cosa brutta. Sai che alle volte non è poi così tanto male? Per esempio, quando hai fame puoi benissimo sgattaiolare nelle Cucine senza doverti fare mille scalini perdendo nel frattempo l’appetito. Voialtri, piuttosto, come fate a stare tanto alti? Povero chi soffre di vertigini!»
L’aveva detto con un cipiglio nervoso, ma tuttavia quelle cose non le pensava per davvero – o almeno non del tutto; Justin Keegan Hardy avrebbe pagato milioni e milioni di sterline (o meglio, galeoni) pur di dormire nei loro letti a baldacchino e con il cielo della notte a fargli compagnia, talmente tanto su da pensare di poter riuscire a volare. Si chiese che effetto facesse, ma non lo avrebbe chiesto alla giovane perché.. beh, perché oramai la figura dell’idiota ce l’aveva fatta, sperare di riprendersi era pura utopia.
«Ti sbagli, so esattamente dove sto andando. Ma se proprio insisti..»
Come un perfetto “gentiluomo”, lo studente di Serpeverde allungò il braccio destro in avanti come a voler far capire alla studentessa di avanzare per prima così da fargli strada; nel frattempo un sorriso divertito si sarebbe formato sulle sue labbra.
Seguì la rossa per i corridoi bui con l’intento di arrivare nell’aaula di Pozioni: cosa mai poteva racchiudere quel posto, al punto da far dimenticare lì i libri di testo agli studenti che la visitavano durante le ore diurne? Non sapeva nulla della Corvonero, eccetto quale fosse la sua Casa di appartenenza ed il perché si trovasse lì in quel momento, motivazione che per altro li accomunava.
Trovò piuttosto buffo che lei avesse accettato di vivere “tranquillamente” nel castello di Hogwarts durante l’anno scolastico nonostante fosse al corrente della presenza dei fantasmi dei quali aveva timore: lui, dal canto suo, non era sicuro che sarebbe riuscito a passar sopra alle proprie paure così facilmente, per cui su questo la ragazza era assolutamente da lodare. Un Molliccio si sarebbe trasfigurato esattamente in questi Esseri?
Piegò la testa di lato, mostrandosi sorpreso, ma quando le venne rivolta la medesima domanda da lei rimase di sasso, per poi distogliere lo sguardo. Lui di cosa aveva paura, invece? Lo sapeva, solo che non lo aveva mai proferito ad alta voce. Ed era una cosa talmente tanto sciocca, che persino se ne vergognava. Non era neppure una cosa “tangibile”, bensì semplicemente un’idea.
Gliel’avrebbe rivelata con così tanta facilità? Assolutamente no.

«Degli squali, anche se li ho visti soltanto nei documentari che trasmettono in televisione.»
Scrollò le spalle e riprese a camminare, superando la ragazza.
«Com’è che ti chiami?»
Chiese quasi distrattamente, aggrottando le sopracciglia e cercando di ricordare se conoscesse già il suo nome - ma con scarsi risultati. Poteva desumere, quindi, che i due non si fossero ancora neanche presentati - non che fosse obbligatorio farlo, del resto -, eppure avevano appena rivelato l’un l’altro le loro paure.
Una volta arrivati dinanzi la porta dell’aula di Pozioni, poggiò le nocche sul legno e le batté ripetutamente avvicinandoci l’orecchio per capire se vi fosse qualcuno all’interno della stanza: da essa non provenne alcun suono, per cui lo studente avrebbe poi piegato la maniglia per aprire la porta.

«A te l’onore!»
Le avrebbe indicato il libero accesso all’aula, facendo un gesto con la mano destra e sollevando il sopracciglio, ammiccando verso la sua direzione.
@hime

 
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Clarissa Scott
view post Posted on 30/10/2019, 14:13




N
onostante le apparenze, Clarissa Scott era una ragazzina che apprezzava molte, moltissime cose, ma erano davvero poche quelle che stimolavano la sua mente contorta e a tratti persino complicata. Di certo, incontrare una persona accattivante o almeno non prevedibile la metteva sulla buona strada e fu proprio quello il motivo, forse, per cui restò a chiacchierare con il Serpeverde, decidendo di accompagnarlo fin dentro l’aula piuttosto che lasciarlo arrangiarsi da solo.
Alle parole dell’altro, valutò seriamente i pro e i contro del dover vivere nei sotterranei del castello; avere la cucina a portata di mano era senz’altro un grandioso punto a favore per loro, così come la possibilità di restare freschi nelle giornate particolarmente calde... ma si trovavano in Scozia, su, quanto caldo avrebbe mai potuto fare?
Mai sentito dire che la vertigine non è paura di cadere, quanto voglia di volare? Troverei difficile farlo partendo da un sotterraneo.
Il ragazzo non aveva affatto torto: persino lei, nell’ammirare il panorama da una delle finestre della Torre di Corvonero, provava di tanto in tanto una spiacevole sensazione allo stomaco, per quanto quella visuale le facesse dimenticare tutto il resto, soprattutto al tramonto del sole.
Tuttavia, dubitava seriamente che avrebbe mai riconosciuto all’altro la ragione, motivo per cui si limitò a sorridere in sua direzione.
Quando il giovane continuò ad asserire di non essersi affatto perso, le iridi di ghiaccio della studentessa puntarono per un momento il soffitto. Non capiva che bisogno ci fosse di continuare a fingere, ma lo lasciò fare, cogliendo invece il suo invito nel precederlo.
Si incamminò percependo i passi dell’altro dietro i suoi, almeno fino a quando non lo vide superarla ancora.
Notò la sorpresa sul suo volto quando lei gli svelò la sua più grande paura, restando poi col fiato sospeso -si fa per dire- nell’attesa che lui potesse rivelarle la propria.
Si rese conto del cambio di direzione di quello sguardo, ma non proferì parola. Non fu certa se credere o meno alla paura sugli squali, ma la tenne per buona, annuendo.
Il riferimento alla televisione le fece comprendere almeno parzialmente la natura del ragazzo; di certo non si trattava di un Purosangue.
Clarissa.
Non gli chiese di ricambiare, in fondo non le pareva che quel ragazzo avesse molta voglia di condividere informazioni su di sè.
Una volta giunti davanti all’aula di Pozioni, il Serpeverde bussò e, non ricevendo risposta alcuna, aprì la porta lasciando che fosse la ragazzina ad entrare per prima.
Clarissa inarcò il sopracciglio nel notare quel sorriso compiaciuto e lo sguardo ammiccante, e se fosse stata una sciocca gli avrebbe chiesto se avesse qualcosa a infastidirgli un occhio.
La verità era che la scozzese non pareva ancora minimamente interessata ai ragazzi e, se con qualche anno in più alle spalle avesse assistito a una galanteria simile -e non fosse stata tremendamente cinica- forse sarebbe persino arrossita.
Ehm... grazie, credo.
Entrò per recuperare gli appunti, poi controllò che ci fossero tutti. Quando finì, rivolse al compagno un sorriso birichino.
Beh, penso tu possa ritrovare la strada da solo. In fondo, non ti eri mica perso.
Inclinò il capo lateralmente e lo osservò divertita mentre, avviandosi verso la porta d’ingresso, sollevava una mano per agitarla in segno di saluto.
Ci vediamo, ragazzo sconosciuto.

 
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