What's next?, Colloquio di orientamento

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view post Posted on 17/10/2019, 17:19
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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“What's next?”

«Non sei agitata nemmeno un pochino?» - Fiona aveva l'aria di chi la sapesse lunga su come ci si dovesse sentire in quei casi, ovvero nella situazione in cui si era costretti a dover prendere una decisione che avrebbe potuto cambiare radicalmente il corso degli eventi. Emotiva e imprevedibile, Fiona avrebbe saputo come reagire di fronte ad un'occasione come quella: poteva non sapere come e quando avrebbe portato a termine un compito, ma conosceva già la risposta alla domanda cruciale nella vita di ogni essere umano. Fiona l'aveva sempre saputo, irretita dai racconti di suo nonno e dalle notizie sulla Gazzetta del Profeta. I G.U.F.O. di Swan e l'attacco alla Congrega dei Saggi Duellanti a Londra erano solo due degli eventi che l'avevano convinta sempre più ad entrare nel Quartier Generale degli Auror. Era cominciato come un gioco ed aveva finito per diventare un vero e proprio sogno. Thalia era convinta di essere dello stesso avviso, finché sua madre non le aveva spedito gli opuscoli del Ministero la settimana precedente. Per lei, sempre così decisa in tutto ciò che faceva, si apriva così uno scenario caotico, incontrollato, incerto. Nulla aveva mai assunto contorni meno nitidi di quella decisione che tanta parte avrebbe preso nel suo futuro. Futuro, poi, era un concetto così astratto e particolare da lasciarle una strana sensazione alla bocca dello stomaco, la stessa stretta che si prova prima di un grande salto nel vuoto. Non si era mai sentita così. Dissimulava l'incertezza con l'espressione seria del volto, concentrata a leggere - senza farlo davvero - gli scopi e le possibilità offerte dall'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale. «Mamma sarebbe contenta se ci andassi.»
Quella frase era di troppo, ma Fiona non poteva saperlo. Lei non osservava come Thalia, non coglieva le sfumature e le differenze tra loro. Leanne aveva una predilezione per Fiona, da sempre, e cercare di strapparle il primato scegliendo la professione materna era un obiettivo troppo poco ambizioso per lei. Scartò l'opuscolo senza pensarci due volte, accartocciandolo con entrambe le mani, preferendovi l'altro - quello sull'Ufficio per l'Uso Improprio della Magia. Il rintocco dell'orologio, la cui eco si espandeva in tutta la scuola, segnò le cinque del pomeriggio: era tempo di andare. Fiona la trattenne per un istante, afferrandole la manica dell'uniforme con le dita svelte. «Andrà bene, vedrai.» Sorrise di rimando, solo per non farla preoccupare.
Quando raggiunse il piano in cui si trovava l'ufficio di Atena McLinder la stretta allo stomaco tornò più forte di prima; le sembrava impossibile di aver visto cose peggiori di quell'ufficio, di affrontare una chiacchierata con uno spirito ben più agitato di quanto non fosse stato in altre circostanze. Si era confrontata con molte cose, alcune troppo brutte per essere raccontate ed altre troppo sciocche per fare testo in una situazione del genere. Eppure, benché avesse vissuto esperienze straordinarie - al di là della normalità per una strega di diciotto anni - Thalia si sentiva come se stesse indugiando sul ciglio di un precipizio, istigata a compiere il salto da una bacchetta puntata alla schiena, dritta e pungente tra le scapole. Inspirò a fondo, deglutendo faticosamente.
Gettò un ultimo sguardo alla porta - distante da lei forse una decina di metri - ignorando se fosse aperta o chiusa. La McLinder l'aspettava e, se non si fosse decisa a muovere quei pochi passi che le mancavano, di sicuro avrebbe fatto capolino dal suo studio stupendosi che la sua ospite fosse letteralmente pietrificata nel bel mezzo del corridoio. Non c'erano dubbi sul fatto che dovesse muoversi da lì, eppure per qualche strana ragione, nessun conforto le derivava dalla stretta decisa sulla cinghia della borsa a tracolla. Nell'altra mano c'era ancora l'opuscolo dell'ufficio che aveva sognato da bambina, lo stesso in cui sua sorella sognava di diventare Auror. Credeva di desiderare per sé il medesimo destino. E allora perché sentiva di voler imboccare una via diversa? Si era beata per tutti quegli anni della certezza di sapere chi sarebbe stata di lì in cinque anni - o forse più -, ma adesso - proprio ora che doveva comunicare a qualcuno le proprie intenzioni - si sentiva come se non ci avesse mai pensato prima d'allora. Pensò con rammarico al compito di incantesimi ancora da concludere: immaginò che senza quello per le mani, la McLinder non avrebbe potuto farsi alcuna opinione di lei. Erano sciocchezze naturalmente, ma questo per Thalia era invece il più grande degli ostacoli.
Senza rendersene conto, mosse i pochi passi che la separavano dall'ufficio della sua Capocasa e sostò pochi istanti dinanzi ad esso, prima di sollevare la mano destra e colpire per due volte consecutive il legno massiccio della porta. Non si sentiva affatto pronta a prendere una decisione come quella, ma era sicura che la McLinder avrebbe potuto aiutarla. Se non lei - la sua Capocasa - chi altri avrebbe potuto riuscirci?

Thalia Jane Moran | V° anno | Prefetto Tassorosso | 18 anni




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view post Posted on 1/11/2019, 17:31
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CAPOCASA TASSOROSSO | ATENA MCLINDER
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Per quanto ci provasse, non c’era verso di venirne a capo.
La mente vagava, incapace di rimanere focalizzata su un unico obiettivo per un tempo maggiore di un battito di ciglia. Il paesaggio al di fuori della finestra pareva esercitare su di lei un’attrazione pari a quella di un’immensa calamita e il cielo, striato da nuvole impalpabili, sembrava detenere il monopolio sulle fila dei suoi pensieri.
Atena si ridestò di colpo, scossa dal
crack della piuma che fino ad un momento prima si rigirava tra le mani. Le dita, si accorse, erano sporche di inchiostro e la sua figura si era nuovamente accasciata contro il morbido schienale della sedia.
A nulla erano valsi i ripetuti tentativi di sedersi ritta, i gomiti ben piantati sul legno della scrivania e gli occhi costretti a passare in rassegna le parole vergate dai suoi Studenti, sui fogli davanti a lei: le mani finivano sempre per pruderle intorno alla piuma e senza nemmeno accorgersene, nel giro di pochi attimi, si ritrovava con lo sguardo perso nel vuoto. Aveva anche provato ad aprire diversi libri davanti a sé, nella speranza di ritrovare uno stimolo o di riaccendere un barlume di curiosità, ma il tentativo era valso solo ad ammucchiare disordinatamente pile e pile di grossi tomi sul tavolo e di farle arricciare ulteriormente qualche ciuffo di capelli.
Sospirò, posando con cura la piuma spezzata e pulendosi le dita con un fazzolettino bianco. Così non andava, pensò tra sé, incapace di accettare quella sensazione di inettitudine a lei così poco familiare. Si passò le mani sul viso, stropicciandosi gli occhi con i palmi.
Aveva bisogno di una pausa.
Come se quel pensiero non aspettasse altro che essere formulato, al pari di un’entità viva, parve scuoterle le membra. Atena si alzò di scatto, più in fretta di quanto non avesse voluto. Fece un respiro profondo, riprendendo il controllo di sé, e lo sguardo le cadde inesorabilmente sul cassetto alla sua destra. Il pomello di legno pareva chiamarla con un sussurro impercettibile.
Allungò la mano, un gesto lento, senza fretta, e dal cassetto ne estrasse un piccolo oggetto: era ricoperto da una carta ruvida e marrone, non più grande di una mano, un filo di corda sottile lo teneva unito; su di un angolo, con inchiostro nero, erano state appuntate le lettere T.L.C.
Si, aveva bisogno di uscire.
Serrò le mascelle, colta da una nuova determinazione. A grandi passi percorse lo studio e si sistemò il lungo cappotto sulle spalle, facendo scivolare il pacchetto in una tasca. Passando accanto allo specchio si assicurò che il colletto della camicia fosse in ordine e che tutti i ciuffi dei capelli fossero al loro posto. Nulla, nel suo aspetto, lasciava intendere l'inezia che l’aveva colta fino a poco prima, se non - forse - la linea delle labbra, più sottile rispetto al consueto.
Giunta alla porta afferrò la maniglia, tirandola verso di sé, già pronta a rincorrere il filo dei suoi pensieri. Fu allora che si bloccò. Davanti a lei c’era una studentessa: lunghi capelli color del bronzo, una divisa giallo-nera, una spilla appuntata al petto e la mano alzata, presumibilmente nell’atto di annunciare la sua presenza.

«Signorina Moran.» restò immobile per un istante, il viso impassibile, mentre lo sguardo percorreva la figura della Tassorosso e i pensieri si costrinsero ad ancorarsi al momento presente.
Il colloquio.
GIA.
«La stavo aspettando.» riprese, inclinando appena la testa da un lato; appoggiò poi una mano allo stipite, tamburellando le dita sul legno, come se i pensieri fremessero inquieti sulle punte, desiderosi di trascinarla altrove.
«Prego, mi segua.» una decisione ferma e sicura, un invito a cui non dette modo di sottrarsi; le dita si fermarono e, per nulla persuasa dal tornare sui suoi passi, Atena continuò a percorrere il corridoio.
Scese rampe di scale ed attraversò saloni, il rumore dei passi echeggiò ticchettando lungo le pareti, e ancora attraverso il viale del giardino. La Docente guardava dritto davanti a sé, in silenzio; mai una volta si voltò, assicurandosi soltanto attraverso l’udito che la giovane la stesse seguendo.
All’esterno l’aria era spazzata dalla fresca brezza autunnale e pizzicava piacevolmente sul viso, insinuandosi tra le pieghe del cappotto. Alle narici giungeva il profumo di legno e terra bagnata; il vociare degli studenti andava e veniva, man mano che ci avvicinava o allontanava dai capannelli di giovani seduti sul prato. Passo dopo passo, Atena sentì la tensione allentarsi e l’avere nuovamente il cielo sopra la testa sembrò rilassare i suoi lineamenti. Anche il respiro, ora, pareva farsi più ampio e leggero sul petto.
Rallentò il passo – pur senza fermarsi -– soltanto quando le punte del grande cancello in ferro battuto iniziarono a stagliarsi davanti a loro; i raggi del sole, riflettendosi, gli conferivano un bagliore dorato. Ai due lati, posti su alte colonne, due cinghiali alati sorvegliavano l’entrata del Castello coi loro sguardi di pietra.

«Quindi, Thalia, cosa vuoi fare una volta terminati gli studi?» chiese, prendendosi la libertà di usare un tono più informale; la domanda suonò terribilmente banale alle sue labbra, tante volte l'aveva ripetuta ai suoi studenti in situazioni analoghe - ciò nonostante, da qualche parte bisogna pure iniziare, inutile girarci intorno. Arrestò il passo, non appena ebbe oltrepassato il confine del cancello, e si voltò verso la giovane, cercando il suo viso ed assicurandosi che l’avesse effettivamente seguita fino a lì.
In lontananza un corvo gracchiò.




E fu così che Atena si ritrovò a parlare da sola. :flower:

 
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view post Posted on 14/11/2019, 15:29
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“What's next?”

Il volto della McLinder comparve davanti al suo con sorpresa enorme del Prefetto.
Le nocche non avevano osato sfiorare il legno massiccio della porta, ma quella si era aperta comunque, rivelando la figura dell’insegnante, percorsa chiaramente da un’ondata di turbamento alla sua vista. Forse temeva che - col pugno sollevato - avrebbe ricevuto un colpo tra gli occhi prima che la mente potesse registrare il fatto che, dopotutto, la porta fosse stata finalmente aperta. A scanso di equivoci, il Prefetto portò il braccio sollevato dietro la schiena e sorrise cordiale.
«Mi perdoni, professoressa, temo di essere in ritardo.» e prima ancora di poter anche solo pensare di accomodarsi e cominciare, ecco che la McLinder l’aveva superata senza troppe cerimonie, invitandola a seguirla in un fruscio del mantello. Bisognava ammettere che la cripticità dei suoi movimenti e delle sue parole era ciò che più le aveva consentito di entrare nelle sue simpatie: Atena McLinder sapeva ammaliare la platea di studenti nelle notti trascorse a studiare il cielo sulla Torre di Astronomia e, allo stesso tempo, si ammantava di quella severa autorevolezza - a tratti misteriosa - da indurre chiunque ad obbedire ai suoi ordini, senza possibilità di replica o domande. Semplicemente, insomma, Thalia doveva seguirla.
Se l’avesse saputo si sarebbe risparmiata la corsa al Primo Piano, con conseguente pausa di riflessione circa l’esordio del colloquio di orientamento, ma mentre scendevano leste le rampe di scale fu lieta che la docente avesse trovato il modo di non farla sentire costretta ad un vero e proprio interrogatorio. Aveva l’impressione che quella sarebbe stata una chiacchierata stimolante, ora che il contesto mutava mano a mano che si spostavano. L’aura di serietà dell’ufficio della McLinder - per quanto ne adorasse l’arredo e l’affresco sul soffitto - era per lei divenuta troppo pesante. S’immaginava difficilmente ad esprimere i propri dubbi e le perplessità circa il mondo fuori Hogwarts all’interno delle sue stesse mura; l’eco dei passi, amplificati dalle ampie volte del soffitto, il vociare allegro degli studenti nei corridoi e nella Sala d’Ingresso, così come il tranquillo scorrere della vita nell’immenso giardino della scuola, tutto riusciva a scacciare dalla sua mente l’ansia e la preoccupazione cagionata da quegli stupidi volantini del Ministero che sua madre aveva tentato di propinarle.
Poi, come se tutta la calma ritrovata fosse stata un lusso di cui la Tassorosso non avrebbe dovuto disporre a proprio piacimento, la McLinder parlò e l’incertezza tornò a prender possesso del suo corpo, oltre che della sua mente. Che cosa voleva fare dopo?

*

«Rigos, se non ti muovi ti lascio qui. E ricordati che sono io quella che può Smaterializzarsi.»
Se Thalia odiava minacciare Nieve in quel momento non riusciva affatto a darlo a vedere. Nel suo sguardo brillava la fiamma del sarcasmo che la Grifondoro, più di chiunque altro, riusciva a comprendere e solleticare. Per tutta risposta, la Rigos le mostrò la lingua lunga in una chiara replica stizzita, ma pur sempre divertita. Avevano finito per avventurarsi nelle lande desolate e assolate - per la gioia della loro pelle candida - alla ricerca di misteri e tracce della magia nella penisola italica. Era un’idea balzana venuta ad entrambe quel mattino stesso, sedute sulla terrazza della palazzina che le ospitava ormai da qualche giorno.
«E io ti ricordo che potresti fartela al ritorno tutta da sola senza Gaspare e Lucrezia a guidarci.» Touché. Il passo di marcia della rossa si arrestò di colpo, facendo finire la bionda sulla sua schiena all’improvviso. Riemergendo e soffiando i capelli lontano dal viso, Nieve scrutò lo spazio infinito dinanzi a loro. «Morry, se qui c’è qualcosa, io non lo vedo.»
«Non ti viene mai il dubbio che quello che cerchiamo sia al di là di quello che vediamo?»
In quelle parole esisteva un sotto testo di tutto rispetto, un insieme di ragionamenti che presto o tardi - quando la Rigos fosse stata pronta a comprenderli - avrebbe cambiato il corso delle loro vite. «Ho quel dubbio e sento proprio di volermelo levare.»

*

Si era posta quella domanda per un’estate intera, con o senza Nieve a farle da contraltare. Tutto ciò a cui era riuscita a pensare era stato il suo percorso scolastico: i buoni voti, i riconoscimenti, l’impegno come Prefetto assolto con l’aiuto di compagni splendidi e sotto la guida di non uno, ma ben due esemplari Capiscuola. Il tutto si amalgamava così bene da farle desiderare che quel periodo potesse non finire mai, nonostante la difficoltà incontrata con alcuni insegnanti, l’ansia di non riuscire a compiere ciò che si era prefissata e il poter bilanciare adeguatamente ogni aspetto della sua vita. Lei che programmava ogni istante della propria giornata, si trovò a boccheggiare, indecisa sul genere di risposta che la McLinder si aspettasse da lei.
«Ho un’idea, certo. Però...» per la prima volta in vita sua, Thalia ebbe timore di poter dire la cosa sbagliata al momento sbagliato, di apparire troppo ambiziosa e di non poter tornare sui propri passi una volta che la frase fosse stata pronunciata.
Aveva coltivato il sogno del Quartier Generale per lungo tempo, ammaliata dalle storie di Connor sui maghi addestrati a cercare e catturare i Maghi Oscuri. “E’ una vocazione.” diceva “Non si diventa Auror per la gloria o per denaro. Solo per il Bene.
Col tempo, Thalia aveva scelto a modo suo di operare per il Bene in modi non sempre condivisibili: il C.R.E.P.A. aveva reso orgogliosi i nonni e il padre, ma sua madre - una donna troppo rigida su certi argomenti - l’aveva etichettata come una questione sciocca, adolescenziale, che presto o tardi l’avrebbe stancata. Ma così non era stato. Aveva affrontato ogni genere di pericolo a testa alta, rischiato persino la vita, e l'unica cosa che le fosse mai importata era lo sguardo colmo di sollievo e gratitudine di Creature schiavizzate, incredule di potersi dire - finalmente - libere.
Poi, nel segreto della sua quotidianità, era entrata nell’organizzazione di cui nessuno poteva parlare. Il Galeone dell’ES era sempre con lei, persino in quel momento, e sfiorarne la superficie con le dita rintanate nella tasca dell'uniforme le diede il coraggio necessario per capire che essere un Auror, forse, non le sarebbe mai davvero bastato. Se c’era una cosa che aveva capito nel corso di quegli anni era che nulla era come sembrava. Tutto subiva un mutamento senza che lo sguardo potesse coglierne i singoli e minuscoli cambiamenti e, molto spesso, ci si ritrovava a guardare qualcuno o qualcosa scoprendolo così com’era per la prima volta. Tacere sulla propria appartenenza all’ES le aveva permesso di apparire ai compagni come una strega qualunque, un’adolescente impegnata nelle sue cause e invischiata fino al collo nei propri problemi, non troppo dissimili - almeno in apparenza - a quelli dei compagni. Ed era allora che aveva cominciato davvero a riflettere sul proprio futuro. Improvvisamente, gli opuscoli del Ministero persero il proprio valore, dimenticati sul fondo della borsa a tracolla - unico appiglio in quel momento di attesa -, e la risposta riecheggiò nei meandri della sua memoria. La cena con Amber alla Testa di Porco, l’incertezza sul futuro e quella domanda che ancora non aveva trovato risposta.
«Da bambina volevo fare l'Auror, insomma, quasi tutti lo desiderano.»
Con quel breve preambolo sperava di sottolineare una differenza enorme tra se stessa ed il resto della popolazione di bambini ed adolescenti. Una parte di lei desiderava davvero entrare al Quartier Generale, cacciare Maghi Oscuri con costanza e dedizione, ma dall'altro lato, sentiva che doveva esserci qualcosa di più, qualcosa di diverso e migliore. «Crescendo ho capito che per ogni Mangiamorte catturato ce ne sono almeno altri due pronti a prenderne il posto. Vorrei poter fare qualcosa per cambiare le cose.»
Il tono si era fatto accorato, il pensiero rivolto ad una figura di donna del suo passato divenuta il suo presente. Le mani strette in un pugno, le nocche sbiancate dalla tensione, si sciolsero non appena si rese conto di quanto - in quelle parole - lasciasse trasparire della sua lealtà. L'Esercito non ammetteva che si parlasse apertamente della sua esistenza e forse era un azzardo confidarsi tanto apertamente con un'insegnante conosciuta a malapena. Eppure, l'uso del tono informale da parte della McLinder le fece superare ogni dubbio circa la liceità di quelle opinioni, non badando affatto a ciò che l'insegnante avrebbe potuto cogliere o meno tra le righe. «Ho letto qualcosa, ma non abbastanza. Eppure...vorrei saperne di più su chi sono gli Indicibili.»
Leanne sarebbe stata così contraria a quell'idea e suo padre Seamus se ne sarebbe preoccupato fino allo sfinimento. Connor, suo nonno, l'avrebbe apprezzata forse ancor di più. Che cos'avrebbe pensato la sua Capocasa? Si aspettava una risposta simile?
Prese un lungo respiro e trattenne l'aria, attendendo una reazione della McLinder. Puntava in alto, lo sapeva bene, e il percorso - almeno secondo le informazioni ottenute dagli opuscoli e da Connor - non sarebbe stato facile, ma arrendersi, del resto, non era da lei.

Thalia Jane Moran | V° anno | Prefetto Tassorosso | 18 anni


La sezione centrale è un estratto del viaggio con Nieve, una particina piccina piccina di un percorso introspettivo che mi sentivo di condividere. :flower:




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view post Posted on 9/4/2020, 21:32
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CAPOCASA TASSOROSSO | ATENA MCLINDER
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«Non toccarla.» disse l’uomo, con voce bassa e profonda.
«Mi scusi. Pensavo fosse…disattivata» Atena ritrasse la mano, incerta sulle parole da usare. La moneta riluceva sul ripiano di vetro davanti a loro: uno spesso disco argentato, con i bordi dentellati e un’effige marchiata sopra.
«Lo è. Ma per lunghi secoli è stata impregnata di una Magia Antica, indefinibile. Non si può mai avere la certezza che sia stata debellata del tutto. Alcune Magie lasciano tracce profondel’uomo parlava lentamente nella semioscurità del laboratorio, la voce pacata, quasi sommessa. Era alto ed aveva spalle larghe; un lungo mantello scuro ricadeva fino a terra e sulla testa portava un cappello la cui ombra ne celava parzialmente lo sguardo. Vestiva elegantemente, Atena non avrebbe saputo dire quanti anni avesse. Aveva raggiunto l’età di chi la vita la conosce abbastanza da poterla chiamare “vecchia amica”, ma al tempo stesso sembrava che le nuvole della morte fossero ancora lontane dal lambire i suoi occhi.
Un’infinità di domande si accavallavano nella mente della ragazzina e premevano sulla punta della lingua come scintille che a stento riusciva a contenere. Ma non voleva mostrarsi avida, né inopportuna o fastidiosamente invadente. Cercava di mantenersi salda, come la fiamma pacata della candela che, ritta e snella, spargeva la sua luce in quella stanza angusta.
«Se mi è permesso chiedere, che cos’è esattamente, signore?» disse garbatamente, il tono della voce si era fatto soffuso, adeguandosi a quello dell’uomo. Tentò di deglutire, ma scoprì di avere la bocca stranamente asciutta.
L’uomo la soppesò per alcuni istanti da sotto il bordo del cappello, come se volesse sondare il fondo della sua anima prima di fornirle una risposta. Poi, trasse dalla tasca quello che pareva un fazzolettino di stoffa satinata e con un gesto esperto voltò la moneta, senza toccarla con la pelle delle mani.
«Tempus Edax Rerum.» recitò piano, leggendo l’incisione che vi era iscritta. Avvicinò la candela affinché la ragazzina potesse osservare con maggiore chiarezza. «”Il Tempo divora ogni cosa.”» tradusse «Proprio come questo manufatto ha divorato l’anima, e spesso anche la vita, di molte persone. Comprendi cosa voglio dire?» assottigliò gli occhi, scrutandola. No, Atena non era sicura di capire cosa volesse dire, a dire il vero le sembrava che l’uomo parlasse per oscuri enigmi. Non disse nulla, ripetendo mentalmente le sue parole sulle labbra come se volesse estrarne il sapore, certa che contenessero un significato importante.
«La Magia è una forza antica come le radici stesse dell’Universo; fluttua attraverso i mondi invisibili che palpitano tutto intorno a noi. La maggior parte di Essa non viene insegnata a scuola – fortunatamente, oserei dire. La sua essenza è selvaggia, non si può imprigionare né imbrigliare in alcun modo.» l’ombra di un sorriso comparve sul volto dell’uomo, come se stesse parlando di una figlia di cui andava particolarmente orgoglioso. «Forse un giorno la cercherai, o lei verrà a trovare te, piccola Corvonero.». Su queste parole avvolse il disco argentato nella seta del fazzoletto, riponendolo con cura in un cassetto. Atena seguì assorta ogni gesto dell’uomo, ancora incantata dalle sue parole e dal tono della sua voce. Il cuore le fremeva nel petto, come mai aveva fatto prima. Sul legno del cassetto era posta un’etichetta scolorita dal tempo. La calligrafia, vergata a mano, recitava una sola parola: “Indicibili”.
«Prendi, questo è il libro che cercava il tuo Professore. Ora è meglio che torni là fuori, dai tuoi compagni, o si chiederanno se tu non sia stata inghiottita nei meandri del Museo.» le rivolse un sorriso complice - o così le era sembrato. «Arrivederci, ragazzina.»

***



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«Indicibili, eh?» un angolo delle labbra le si sollevò inesorabilmente, voltandosi verso Thalia.
Alle parole della Tassorosso la mente aveva vagato indietro nel tempo, fino al giorno in cui – quand’era soltanto una studentessa del secondo anno di Hogwarts - aveva preso forma il sogno della sua vita: diventare Indicibile. In nome di quel sogno - con l'entusiasmo tipico della giovane età - si era dedicata giorno e notte agli studi e una volta terminata la Scuola aveva viaggiato a lungo, visitando luoghi lontani e solitari; infinite erano state le ore che aveva trascorso immersa tra le pagine palpitanti di antichi tomi. Il cuore, lui, sempre puntato verso la meta. E poi… Il pensiero le procurò una fitta di dolore che la pungolò come una spina nella carne tenera del cuore: la strada che la vita le aveva fatto percorrere era stata un’altra.
Per ora.
«Nonostante le titubanze a cui inizialmente alludi, nelle tue parole intravedo una certa sicurezza riguardo i tuoi piani futuri. Forse, in cuor tuo, conosci già quale strada vuoi intraprendere.» la scrutò, cercando una conferma alle sue parole. «Gli Indicibili non combattono semplicemente il male, come potrebbero fare gli Auror.» Riprese, rispondendo alla richiesta che la Tassorosso le aveva rivolto. «Certo, se deciderai di intraprendere questa Carriera, è altamente probabile che entrerai in contatto con forme di Magia Oscura e…insolita, e che con il tuo operato contribuirai a porre rimedio a diverse situazioni problematiche. Ma non solo. Avrai prima di tutto a che fare con una Magia Antica. Vita, morte, amore, tempo, spazio…questi sono i Misteri che ti troverai a maneggiare e di cui dovrai portare il peso della responsabilità. E’ una professione, o meglio, una vocazione, che richiede acume e intelligenza e mai la consiglierei ad uno stolto, per il bene suo e del mondo. Se nutri interesse verso questi ambiti inesplorati del sapere e se sei pronta ad avvicinarti alla Magia come ad una forza libera e primordiale, nella consapevolezza che la Verità difficilmente sarà mai afferrabile, allora questa può essere la strada adatta a te.» Era un mondo insolito, quello a cui si sarebbe avvicinata e, secondo il parere di Atena, quello che più accostava alle vere fonti della Magia. Un mondo pericoloso, per i cuori inesperti. Le sue parole volevano essere un avvertimento e una presa di coscienza, solida, delle grandi responsabilità che ne derivavano.
«Hai già pensato alle materie che vorresti portare avanti nei prossimi anni? A mio parere Incantesimi, Difesa Contro le Arti Oscure, Trasfigurazione, Pozioni, Astronomia e Divinazione si possono rivelare delle ottime scelte». Enumerò con sicurezza, contandole sulle dita; non aveva alcun dubbio su quanto stava dicendo – le conosceva a memoria, erano le stesse che aveva scelto lei, dopo mesi, e mesi, di attente e ponderate riflessioni. «E…so che hai alcune basi di Alchimia, ti torneranno molto utili.»

 
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view post Posted on 11/4/2020, 16:24
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“What's next?”

«Da chi credi abbia preso?» suo padre chiese all’improvviso, rivolto alla moglie che osservava con sguardo assente le due figlie maggiori giocare con un manico di scopa in miniatura. Il giardino del maniero si estendeva a perdita d'occhio e nessuna recinzione - naturale o artificiale - poteva sancirne il punto d'inizio. Thalia e Fiona erano proprio lì, nel grande giardino di casa, sotto lo sguardo dei genitori - stranamente liberi e finalmente insieme. Leanne alzò le spalle, senza sapere davvero a che cosa alludesse il marito. Si voltò a guardarlo solo quando egli aveva ripreso a parlare, accarezzando con cautela uno zigomo tumefatto - risultato di un allenamento di Quidditch fin troppo coinvolgente. «La sua curiosità, Lils. Non smette mai di cercare, di capire… Fiona è come me. Appassionata, certo, ma… non è Thalia. Lei osserva le cose, le riduce in pezzetti più piccoli e alla fine, solo se è soddisfatta, li rimette insieme.» aveva sospirato, ritraendosi appena dal tocco leggero sulla pelle sensibile con una smorfia di dolore.
«A volte penso che studi anche me, cercando di capire che cosa penso, perché dico o faccio certe cose. Mia madre non smette mai di insegnarle cose nuove... e lo sai che a forza di sentir parlare di Alchimia e Pozioni finiremo per doverle costruire un laboratorio come il suo, vero?»
Risero entrambi, in un accenno di allegria momentaneo. Leanne avrebbe voluto che le sue figlie evitassero i pericoli, che crescessero in un mondo diverso da quello in cui era cresciuta lei. Non voleva fossero sole, costrette ad elemosinare il rispetto altrui. Non voleva che fossero come lei, ma che prendessero dal suo esempio la forza necessaria a plasmare il mondo con le loro mani, ora così piccole e inutili. Un giorno sarebbero state delle streghe adulte in un mondo estremamente complicato. «Credo che sia un mio difetto, Seamus. Smontare le cose per analizzarle meglio… del resto come potrei sapere quello che deve essere fatto per ottenere uno scopo ben preciso?» Solo a quel punto Leanne si era voltata verso le figlie. Solo allora le aveva sorriso, senza che Thalia potesse vederla.

*

Divinazione. Naturalmente. Come poteva non essere parte del suo avvenire, al di là della dannata Profezia? Erano segnali inequivocabili di quanto, pur provandoci, non si sarebbe mai liberata di quella disciplina nebulosa e inesatta. Del resto, proprio per quella sua natura intangibile, Divinazione era una materia di studio perfetta per chi - come lei - avrebbe voluto esaminare e comprendere la Magia nei suoi ambiti più nascosti e oscuri. Cercare indizi e soluzioni era il suo pane quotidiano e, al contempo, la sua unica croce: era così lontana dalla verità da non sapere neppure in che direzione andare. L’unica sua certezza era data dal desiderio di accedere all’Ufficio Misteri - un nome, una garanzia! - e profezie, visioni e veggenti si frapponevano tra lei e il suo obiettivo. Non avrebbe accettato di ridursi ad un lavoro che non le sarebbe mai davvero piaciuto né avrebbe voluto trascorrere il resto della vita tra le scartoffie inutili riguardanti un mucchio di Babbani affatto ubriachi convinti di aver visto chissà quali Creature Magiche nel bel mezzo di Londra. No, l’Ufficio Misteri era la sua meta e ci sarebbe arrivata. Ad ogni costo e con qualsiasi mezzo.

*

«Che cosa c’è in soffitta, nonno?» la sua vocina acuta, sfiancante e fastidiosa aveva perseguitato Connor Finn Moran per tutto il tragitto tra la camera da letto dell’anziano ex Auror e la cucina al pianterreno. Ben tre rampe di scale, un centinaio di gradini o poco meno, e la certezza che in breve la proverbiale pazienza del vecchio sarebbe esplosa in una miriade di scintille multicolore. Altro che Fuochi d’Artificio Filibuster. «Nulla che possa interessare una bambina come te.» aveva risposto lui, menando per aria la mano come a voler scacciare un insetto. Giunto in cucina aveva baciato la moglie sulla guancia e si era accomodato a capotavola, pronto a fare colazione. «Ho scommesso con Desmond che per quando sarebbe tornato avrei fatto qualche scoperta interessante!» esclamò, sedendo accanto a lui con le braccia conserte al petto e l’espressione imbronciata. Chiunque avesse pensato a lei come ad un’anima candida e senza peccato, evidentemente, non l’aveva certamente conosciuta nella sua infanzia. Connor, del resto, la sapeva lunga su quel periodo. «Tuo cugino si trova ad Hogwarts. Un Castello pieno di corridoi nascosti, porte segrete e fantasmi chiacchieroni. Qualsiasi cosa troverai qui non sarà paragonabile a ciò che potrebbe trovare lui. Perciò ti prego di tornare a giocare con tua sorella... o magari a leggere qualcosa in biblioteca. Che ne pensi?»
Uno sbuffo lungo, carico di quel rancore bambinesco che duri il tempo di un battito di ciglia. Non poteva odiare suo nonno per un motivo ben più che logico. Non avrebbe potuto farlo allora e, di certo, non avrebbe potuto farlo in seguito.

*

«Ecco, vede, c’è un problema.» alla fine, con quel suo modo educato, ma deciso, la voce del Prefetto aveva infine rotto il silenzio. «Nel mio percorso scolastico non ho scelto Divinazione come materia supplementare.» chinò il capo, le mani intrecciate dietro la schiena e la consapevolezza di non aver sempre avuto tutte le risposte «Immagino che alla soglia del terzo anno fossi scettica in merito ad alcune questioni e di certo ignara di che cosa avrei voluto fare al termine della scuola...» - anche se, del resto, lo sapeva fin troppo bene di aver covato quel pensiero a lungo. Una gestazione, per assurdo, sarebbe durata molto meno. «La mia esperienza personale mi ha insegnato qualcosa a riguardo, però, perciò… crede sia necessario avere dei riconoscimenti in quella disciplina? C’è una strada alternativa, non so, una specie di… gavetta?»
Si era sentita stupida solamente a proporlo, ma tentar non avrebbe nuociuto a nessuno dei presenti. Atena McLinder aveva coltivato per conto suo la medesima ambizione e, ovviamente, era stata un’adolescente come lei. Sapeva quali pensieri e priorità avesse una ragazza di diciotto anni e di quanto peso avesse davvero la scelta sulla vita che si sarebbe voluto portare avanti. Non poteva avere tutte le risposte e la sua Capocasa doveva saperlo bene. L’unica cosa che si poteva augurare era che l’insegnante non le proponesse di intraprendere un lavoro d’ufficio. Le sarebbe andato bene tutto, a quel punto: gestire un nugolo di Schiopodi Sparacoda, Obliviare babbani. Persino spezzzare maledizioni per i folletti della Gringott con quel grugno insopportabile. Una cosa sola le era davvero chiara: detestava le scartoffie.

Thalia Jane Moran | V° anno | Prefetto Tassorosso | 18 anni




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view post Posted on 20/4/2020, 12:59
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CAPOCASA TASSOROSSO | ATENA MCLINDER
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Mia cara Atena, - cosi iniziava la lettera, una calligrafia antica ed elegante, la carta che profumava di tabacco.
Mi perdonerai se ti do del tu, per me – lo ripeto sempre – rimarrai sempre la bambina che incontrai la prima volta in quel lontano pomeriggio al Museo e alla mia età – lo sai - le abitudini sono difficili da cambiare.
Spero che tu stia bene, ho letto con interesse la tua relazione sulle influenze magico-astronomiche del sito sciamanico in Zambia e nutro la speranza che presto potremmo vederci personalmente per uno scambio di opinioni sull’argomento: gli anni, simili a pesi accumulati sulla schiena, non mi permettono più di viaggiare come vorrei, tuttavia le porte della mia biblioteca, qui a Praga, sono sempre aperte per te.
Ma non è questo il motivo per cui ti scrivo, perciò verrò presto al punto. Insieme alla presente lettera troverai una piccola scatola in legno: al suo interno si cela un nuovo manufatto che desidero sottoporre al tuo giudizio, certo che susciterà il tuo più vivo interesse.
Se lo riterrai opportuno, il mio collaboratore ti attenderà alle porte del Castello, nel giorno che sai, alla solita ora.
Attendo con trepidazione e curiosità il tuo riscontro.
Con vivo affetto,
tuo T.L.

***


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«Purtroppo nell’attuale società, e soprattutto in istituzioni profondamente radicate quali il Ministero, l’unico modo per certificare una conoscenza è ottenere un riconoscimento ufficiale.» Era forse un’affermazione drastica, ma specchio della realtà dei fatti, illudersi che potesse essere diversamente rappresentava solamente una perdita di tempo ed energie. «Per tua fortuna - si affrettò ad aggiungere - Non c’è scritto in alcun libro che per varcare le porte dell’Ufficio Misteri sia necessaria una conoscenza in materia Divinatoria.» anche questa era la realtà dei fatti, sebbene ben più consolatoria. «Per cui non ne farei un dramma, l’esclusione di Divinazione dal tuo piano di studi non rappresenterà un ostacolo alla carriera da Indicibile. Ciò nonostante, Thalia, il mio consiglio è di non abbandonare a priori tale disciplina. Non ti dico di affidarti ciecamente a quanto professa» Atena sorrise tra sé - del resto, nemmeno lei vi credeva fermamente «né di diventare un’esperta a riguardo. Anzi, oserei consigliarti di avvicinarti con una certa circospezione. Ma impara tuttavia a conoscerla, con giudizio e curiosità; avvicinati, soprattutto, ai misteri che è solita maneggiare: il Destino, il Tempo, il Libero Arbitrio. Costruisciti una tua idea su di essi. La loro conoscenza, a dispetto di ogni certificazione, ti sarà molto utile nel tuo operato e ti aiuterà a giudicare con imparzialità. A tal proposito, ti consiglio la lettura dei volumi sulla Divinazione di Adalbert Incant, li trovi in Biblioteca o in qualunque negozio di libri. Nelle loro bibliografie troverai ulteriori spunti di approfondimento, se vorrai alimentare ulteriormente il tuo interesse.» Adalber Incant, forse la Tassorosso lo sapeva, era un Autore molto noto agli studenti della suddetta classe; i suoi libri, seppur chiaramente redatti per un pubblico che desiderava credere e praticare la Divinazione, rappresentavano il primo fondamentale passo per addentrarsi nei misteri di tale disciplina. Ciò che la Docente suggeriva alla ragazza, con calore pur senza alcuna imposizione, era una loro accurata lettura.
Non appena Atena smise di parlare, alle loro spalle si udì sfrigolare un rumore di passi sul ghiaino. Ad alcune decine di metri da loro, un uomo - con un lungo cappotto scuro, una camicia bianca, zigomi alti e una sigaretta tra le dita - camminava lentamente. Appuntata all’altezza del cuore riluceva una spilla dorata: T.L.C. erano le iniziali incise sopra, insieme ad un simbolo arcano. Nonostante l’incisione fosse impossibile da distinguere a quella distanza, Atena la riconobbe d'istinto.
L’uomo, inclinando appena il capo, scoccò una sola occhiata nella loro direzione - la Capocasa sentì il suo sguardo raggiungerla, conciso, eloquente. Poi, senza dire nulla, si appoggiò al muro che fiancheggiava la strada; chinò la testa all’indietro ed espirò il fumo verso l’alto.
Atena deglutì.

«Penso che non ci sia altro da aggiungere.» riprese, schiarendosi la voce. «Se non hai altre domande, ti lascerei tornare al Castello.»

 
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view post Posted on 21/4/2020, 19:42
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You can take the darkness out of the man, but you can't force him to step into the light.

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“What's next?”

Non accadeva da qualche mese ormai, ma il ritorno di Desmond a Cork prima dell’inizio del nuovo anno scolastico era stata una vera e propria benedizione. Il suo viso sorridente aveva fatto capolino in modo piuttosto buffo, come sempre del resto, dall’angolo più in basso della finestra al piano terra del cottage, immerso fino alle orecchie tra i cespugli fioriti addossati al muro di pietra. Fiona aveva strillato, suo padre aveva riso aprendo la porta e un lungo abbraccio aveva sancito il ritorno del figliol prodigo al “quasi” ovile. Era rimasto con loro per pranzo e, subito dopo, lui e Thalia si erano incamminati attraversando la campagna. Non c’erano contadini irosi a minacciarli coi forconi per aver attraversato i campi pronti per essere mietuti e così avevano proseguito, chiacchierando e ridendo, raccontandosi di quelle avventure estive di cui tanto avevano sentito la mancanza. «Voglio conoscerla, questa Nieve!» aveva biasciato, tra una risata e l’altra, seduto all’ombra di un ontano. Nemmeno a dirlo, la fronte era rivolta al Maniero - visibile a loro soltanto - in lontananza. «Jean, lo so che non vuoi pressioni, ma devi scegliere che cosa fare da qui in avanti.» le sfiorò la spalla con la propria, in quel gesto fraterno che sapeva voler dire “Non dovrei essere proprio io a dirtelo, però…”. Sì, doveva. «La mia sfortuna è che vorrei fare molte cose, ma non credo di saperne fare davvero nessuna.» Se la Rigos l’avesse sentita parlar così, probabilmente, sarebbe scoppiata a riderle in faccia. Al suo posto, fu Desmond a ridere di lei e allora gli restituì il colpo - meno gentile - sulla spalla. «Disse quella che aveva messo a cuccia un Ironbelly Ucraino» sospirò, riprendendosi dal gran ridere. Ora era serio. Nemmeno lui aveva dimenticato quanto avvenuto nella riserva gallese. Non aveva dimenticato le bruciature - striscioline di sottile e debole pelle biancastra sul petto. Non ci era riuscita nemmeno lei. «Sei intelligente, qualcosa ti verrà in mente. E poi, se ti andasse proprio male, potresti venire a stare da me in Galles per un po’.» Non aveva paventato quell’ipotesi da quando Siana era morta, un paio d’anni prima, e del suo viso Thalia conservava uno strano e dolce ricordo. «Credi che lei approverebbe?»
«So che le piacevi.» rispose subito, lo sguardo cupo e velato di tristezza «E so che puoi arrivare dove vuoi. Hai la testa per farlo. Non come me… che prendevo una A e mi sentivo un genio!» Sì, forse poteva arrivare dove voleva.

*

Aveva la testa e la volontà. Chissà perché le parole del cugino erano affiorate con prepotenza alla memoria, mentre la McLinder la rassicurava - forse non proprio come avrebbe voluto - circa il suo destino. Leggere non era mai stato un problema, la difficoltà sarebbe arrivata quando - nel bel mezzo dell’ultimo saggio di Incant - avrebbe trattenuto a stento un conato per quelle panzane ben scritte. Che odiasse la Divinazione non era un segreto e che quell’odio le fosse stato trasmesso da suo nonno… nemmeno. La vita aveva poi deciso di mettersi in mezzo con un tiro mancino, trascinando con sé Brior e le sue acerbe - all’epoca - abilità, con tutte le conseguenze del caso. Nulla che una strega alla soglia dei G.U.F.O. non potesse affrontare. *Certo, come no.* Secondo la McLinder una serie di ricerche approfondite sarebbe bastata a colmare le sue lacune. Ebbene, si sarebbe fidata delle parole della Capocasa, non senza un vero e proprio sacrificio. Era incredibile che tutto la conducesse tra le braccia di qualche Veggente. Il suo Destino sembrava segnato in maniera indelebile e per un momento l’immagine di tre figure - intraviste su un libriccino babbano in un mercatino dell’usato in un paese vicino a Cork - pronte a recidere i fili, annodarli o accarezzarli con benevolenza scalzò il malessere che la sola parola “Divinazione” era riuscita a suscitarle. «Credo di non aver altre domande, professoressa.» rispose, concentrando la propria attenzione sul nuovo venuto. Non aveva potuto ignorare la scioltezza del movimento di lui e l’imbarazzo di lei, come se l’avesse aspettato ma non fosse stata davvero pronta a vederlo. Non erano affari suoi, lo decise chinando il capo e riemergendo poco dopo con un sorriso mesto. «La ringrazio e...» una pausa, forse un riguardo nei confronti della sua privacy «Le auguro buona giornata… arrivederci.» Non era andata come si era aspettata. Non come Desmond aveva descritto il suo colloquio. Forse, dopotutto, era vero che la sua strada fosse già stabilita. Ci rifletté a lungo, compiendo il tragitto a ritroso e sperando di trovare la forza - quella famosa volontà - di porre rimedio a quell'unica grande lacuna che avrebbe potuto pregiudicare tutto il suo futuro.

Thalia Jane Moran | V° anno | Prefetto Tassorosso | 18 anni




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