E sprimere a parole lo stato d'animo di Clarissa era di solito estremamente complicato, ma la cosa sembrava peggiorare a dismisura quando si trovava in compagnia di chi non conosceva affatto e che, per un qualche motivo, la metteva in estremo imbarazzo.
Dopo gli avvenimenti della notte di Halloween, in effetti, la rossa non aveva avuto modo di parlare con il ragazzo che, per uno strano scherzo del destino, si era ritrovato sotto l'influenza di uno spirito particolarmente affine a quello che si era impossessato di lei, se di possessione si poteva parlare. Per giorni aveva creduto che si fosse trattato unicamente di un sogno e, a dirla tutta, non era certa di aver cambiato idea al riguardo. Ma in quanti potevano aver fatto lo stesso incubo?
Aveva cercato di evitarlo il più possibile, complici gli occhiolini e le carezze da lui ricevuti e a cui la ragazzina non riusciva a non pensare senza diventare rossa come un peperone, cosa che accadde anche in quel momento. Per tale motivo si era voltata, cercando di porre una certa distanza dal ragazzo che, povera vittima innocente, non aveva fatto nulla di male: come lei e come gli altri non era stato padrone delle sue azioni e parole, ma questo non la faceva sentire meglio.
Alla domanda dell'altro, lei rispose con un mezzo sorriso.
«Il più lontano possibile da Lei, professore.»
Avrebbe continuato quel gioco se il Caposcuola così avesse desiderato, restando poi ad ascoltare le sue parole mentre prendeva posto a un banco in prima fila.
«Una delle sue studentesse migliori? Ma pensa.»
Pozioni era una delle materie che più preferiva, in effetti, complice la buona dose di razionalità necessaria a non esplodere con tutto il preparato. Lei, puro e indomito istinto, trovava affascinante riuscire in una disciplina tanto meticolosa, e forse era quello il motivo che la spingeva a dare il massimo.
«E comunque non ero affatto distratta! Non sono sempre... insomma, di solito sono una tipa in gamba, sul serio. E non balbetto... quasi mai. E...»
Si rese conto di aver abbassato lo sguardo, cosa a cui pose subito rimedio sollevando le iridi d'argento sul ragazzo, combattendo l'imbarazzo. Le dita della mano destra stuzzicavano l'angolo superiore della copertina del pesante volume, mentre la ragazza si costringeva a rilassare i muscoli, lasciandosi andare contro lo schienale della seduta.
«Ricordami perché sto dicendo a te certe cose, dato che è palese che mi stai prendendo in giro.»
Aveva sentito dire che il Caposcuola dei corvi fosse un tipo alquanto burlone, motivo per cui non si sorprese a pensare di essere vittima di uno dei suoi scherzi.
Lo lasciò tuttavia esprimersi circa la possibilità di diventare un docente, una volta finita la scuola, una prospettiva che fece rabbrividire la ragazza: avrebbe realmente dovuto dargli del "Lei"? Ma soprattutto, trovava così esilarante l'idea di restare nell'ambiente scolastico>? Lei già non vedeva l'ora di affacciarsi su nuovi lidi.
«Non tanto, in realtà.»
Ammise con franchezza quando lui chiese se fosse stato abbastanza chiaro. Le dita della mano destra andarono a raccogliere una ciocca dei lunghi capelli ramati per portarla dietro l'orecchio, mentre i denti torturavano l'interno guancia.
«Se escludi la teoria e la pratica, cosa rimane di una lezione? La morale? Il confronto? Sei fin troppo idealista, Daddy.»
Non che fosse un male.
Incrociando le braccia al petto e traendo un sospiro, tuttavia, si rese conto di essere incuriosita da quanto il concasato le stava dicendo.
«Perché non mi fai vedere cosa intendi? Ti sei già immerso nel ruolo di un insegnante pochi minuti fa; ora io cercherò di fare la brava studentessa.»
Si disse assumendo un'espressione più rilassata in volto, inclinando il busto in avanti e poggiando i gomiti sul banco, mentre il mento sostava sul palmo della mano destra.
«Ma non farmi più l'occhiolino, Clyde, non sarebbe professionale.»
In effetti la situazione era già abbastanza difficile, non serviva renderla ancor più complicata usando epiteti come, tanto per dire, "bambolina".