Il Ballo dello Schiaccianoci, Ballo Scolastico | Inverno 2019

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view post Posted on 23/12/2019, 19:06
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e musiche di Čajkovskij vi danno il benvenuto al Gran Ballo di Fine Anno, dove il balletto de Lo Schiaccianoci rivive fra le mura della Scuola di Hogwarts. Entrando nella Sala Grande, riccamente decorata con elementi dorati, agrifoglio e vischio, un profumo di spezie, cannella, chiodi di garofano e zenzero vi accompagnano attraverso i numerosi, piccoli tavoli disposti ai lati della sala. Ognuno, apparecchiato con stoffe broccate verde e oro e argenteria d'antiquariato, presenta al centro una piccola casetta di pan di zenzero, al cui interno si nasconde un topolino, agghindato riccamente come uno schiaccianoci in miniatura. Basterà tintinnare il cucchiaino sul cristallo del bicchiere e lui, pronto, sbucherà fuori dalla sua casina, per prendere il vostro ordine: mettetelo alla prova pronunciando il nome del piatto o della bevanda che desiderate, ma attenti, minorenni, Schiacciatopo non vi rifilerà alcolici!; se invece non avete fame o se, semplicemente, lo desiderate, il topolino deciderà di intrattenervi con delle danze, roteando con una forchetta (attenti a non farvela rubare) o combattendo con uno stuzzicadenti, riecheggiando i vari atti del balletto (e non criticatelo se ogni tanto inciampa sui suoi piccoli calzoncini da soldatino, potrebbe mordervi un dito o maledirvi in russo, con i baffetti frullanti di indignazione!).
Al centro della Sala, un gigantesco albero di Natale troneggia spavaldo, sfidando chiunque a superarlo in magnificenza e ricchezza. Fate, giunte direttamente dalla Foresta Proibita, giocano a rincorrersi o a danzare con i piccoli schiaccianoci di legno appesi agli aghi illuminati da centinaia di piccole candeline, mentre le decorazioni preziose e sgargianti nei colori del rosso, oro, blu e verde, ammiccano ai riflessi delle centinaia di luci che galleggiano in aria come tante, piccole riproduzioni di stelle che il magico soffitto di Hogwarts non manca di rappresentare nemmeno questa notte. Così, per l'occasione, anche il pavimento della pista da ballo riflette il cielo notturno, regalando ai partecipanti una splendida atmosfera in cui danzare, sospesi fra gli astri e la Via Lattea.
Un'orchestra, posizionata ad un lato del piccolo palco rivestito di velluto rosso e verde, suona allegra le armonie del famoso compositore russo e della sua versione del balletto: il Valzer dei Fiori, il Trepak (la danza russa), la danza degli zufoli e della Fata Confetto...
A dirigere l'orchestra, un altro topolino vestito da parata che, dall'alto del suo piccolo trono in miniatura e con un gran colbacco scintillante fra le piccole orecchie tonde, agita un bastoncino di zucchero, coordinando pianoforte, violini, viole e tutti gli altri strumenti, magicamente incantati per suonare senza alcun aiuto umano.
Di tanto in tanto, sulle teste dei partecipanti, scende una morbida e calda neve che si deposita per qualche secondo sulle acconciature delle signorine o sugli abiti dei signori, turbinando maliziosa fra questa o quella coppia, o solleticando il naso di qualche curioso.
Basta chiudere gli occhi e lasciarsi trasportare dalle musiche per dimenticare qualsiasi affanno e lasciarsi cullare dalla Magia del Natale.

 
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view post Posted on 24/12/2019, 20:19
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Il profumo speziato degli ultimi piatti in preparazione era così intenso da pizzicare il naso; Oliver trattenne a stento uno starnuto, mentre lo sguardo continuava a posarsi ininterrottamente sull'uno e l'altro pasticcino alla cannella, tutti ben sistemati su un ampio bancone di legno delle Cucine di Hogwarts. Si era ripromesso di non trattenersi troppo, ma quando gli Elfi Domestici gli avevano offerto gentilmente un abbondante spuntino interamente di dolci, la parte più golosa di lui - un vizio capitale, lo sapeva bene - non aveva resistito, affatto. Si era detto di poter retare nei dintorni per almeno un'altra oretta, non c'era più molto da fare al Castello e le vacanze natalizie erano ufficialmente iniziate; le lezioni ormai come un ricordo già sbiadito, il plico di saggi da consegnare subito dopo il rientro non preoccupava più del dovuto, e tutto sommato procedeva bene. Alla fine, tra l'altro, aveva scelto di partire nuovamente verso casa: a dispetto della cena di gala dei giorni successivi, alla vigilia e al Natale vero e proprio, Oliver non aveva saputo rinunciare alla possibilità di rivedere i suoi genitori. Mai come quella volta sentiva di averne bisogno e senza dubbio valeva lo stesso anche per loro. Aveva cercato invece di non pensare ai festeggiamenti in Irlanda, da sua nonna, cui avrebbe necessariamente dovuto prendere parte. Si era convinto di essere capace e autonomo di disdire ogni partecipazione, ormai era maggiorenne; quando quel mattino era arrivato l'invito di Adeline Brior, tuttavia, un lungo brivido aveva percorso tutta la schiena del Caposcuola di Hogwarts. Ancora si chiedeva come facesse sua nonna a leggergli nel pensiero; un battito di palpebre, le mani strette attorno la carta pergamenata dalle poche frasi piccate - che poi, doveva ammetterlo, non aveva idea del perché ricevesse a sua volta un invito a dispetto della stretta parentela - e il pensiero ricorrente di un attimo prima era stato presto risolto: non era l'unico Veggente in famiglia. Di pari passo alla missiva senza fronzoli né aggiunte di alcun genere, Oliver era stato lieto di ritrovare tra la posta un ampio scatolone rettangolare. Una coccarda scarlatta in superficie, una lettera tutta da scoprire, non aveva avuto bisogno di consultare il mittente per capire chi fosse stato; quando aveva tolto il coperchio superiore, però, una stretta al cuore gli aveva ricordato che quella sera stessa al Castello si sarebbe svolto il ballo natalizio di fine anno. Aveva deciso di non partecipare, non quella volta. Sapeva che ad un solo passo in quella stanza, tutti gli occhi sarebbero stati puntati su di lui; sentiva ancora i borbottii indiscreti di alcuni studenti durante il pranzo di quello stesso giorno. Chissà se partecipa, chissà se perde di nuovo i sensi. Li aveva ascoltati, al pari di un ronzio fastidioso. Come se avesse potuto gestire quanto accaduto durante l'ultima festa scolastica, come se avesse scelto di perdere ogni controllo, di cadere preda di qualcosa di più grande, più intenso, di sicuro più potente di lui e di tutti gli altri. Come se potessero capire per davvero. Un'occhiata di sbieco, il desiderio di mandare loro una Fattura Orcovolante, solo l'aspettativa di incontrare gli Elfi Domestici delle Cucine - come aveva programmato per il pomeriggio - aveva saputo tranquillizzarlo. E per calzare a pennello, sua zia Brigitte gli aveva spedito in pacco un completo elegante interamente fatto a mano, come da usanza. Quando aveva lasciato scivolare tra le mani il tessuto leggero, di seta e ben ricamato, per Oliver la rivincita sulle voci di corridoio si era fatta ancor più insistente. Avrebbe partecipato, anche in parte contro volere. Se non per lui, almeno per non darla vinta a nessuno. E poi, era curioso di scoprire chi fosse lo Schiaccianoci. Ancora nelle Cucine, immerso in uno e più pensieri, diede così uno sguardo veloce all'orologio più alto, sulla parete frontale. Poggiò di lato la forchetta sul piattino di ceramica e ringraziò i Cuochi per l'ottima cheesecake allo zenzero.
«Dov'è Estia, invece?»
Sulla sedia accanto alla propria, infatti, Oliver aveva sistemato un pacchetto circolare, con un nastrino di un bel giallo canarino a fare da chiusura. Non aveva dimenticato le vecchie maniere e come ogni anno era sceso nelle Cucine per portare il suo dono di Natale ad una Creatura per lui molto speciale. Il maglione largo e color panna, con un paio di toppe ricucite ai gomiti e uno Snaso stilizzato con un cappellino rosso con ponpon bianco in bella vista, avrebbe riempito la collezione di Estia, la stessa che Oliver aveva da sempre apprezzato.
«Aveva da fare» rispose uno degli Elfi Domestici. Il commento risultò curioso per Oliver e per un attimo fu tentato di chiedere più dettagli. Si trattenne, invece. Indicò il pacchetto regalo sulla sedia e cominciò a recuperare le sue cose, alzandosi in piedi.
«Quando torna, ditele che questo è per lei. Da parte di-»
«Oliver Brior, signore.»
Sorrise. Era bello sapere che con il C.r.e.p.a., e le sue ripetute visite da quelle parti, il suo nome era conosciuto. «Buon Natale, ragazzi.»
«Buon Natale, signorino Brior.»

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Così aveva deciso di partecipare al ballo scolastico: un po' per ripicca, un po' per curiosità, un po' perché - ne era convinto, in segreto - una parte di sé voleva mettersi alla prova. Si era ritirato in camerata ormai da più di due ore, aveva sfruttato il rientro dalle Cucine ai piani superiori del Castello per fermarsi al Bagno dei Prefetti e concedersi una lunga doccia al sapore di biancospino. Il getto di acqua bollente, la schiuma bianca e profumata, l'una e l'altra cosa avevano saputo temprare i nervi scoperti e sciogliere ogni diffidenza. Sapeva già cosa indossare per la sera e ne era contento, a dirla tutta: l'abilità da sarta, tanto quanto la passione che ne conseguiva, rendevano sua zia tra le streghe con più stile in assoluto. Aveva indossato i pantaloni sulla totalità del cioccolato, appena stretti e lunghi fino alla caviglia; un paio di stivaletti invernali, in pelle; la camicia di un azzurro leggero, con bretelle e giacca a richiamare la sfumatura del resto dell'abito, infine aveva conservato il cravattino per ultimo, lì sul letto. La bacchetta magica stretta tra le mani fu prontamente recuperata per un tocco finale. «Barbee Brunneis» sussurrò, il movimento dell'Abete dal mento verso il basso in una spirale sempre più minuta, prima di fermarsi; l'attimo successivo, rapidamente, sul volto comparve un sottile strato di barba. Oliver aveva seguito il consiglio di una sua concasata e quando si guardò allo specchio, passandosi poi le mani tra i capelli più ricci, si ritenne soddisfatto. Un colpo ancora di Abete e il cravattino scivolò al collo, annidandosi dolcemente in un nodo unico. Pochi secondi dopo, con la sola aggiunta di un rametto di pungitopo dal taschino in alto a destra della giacca, Oliver si lasciò andare ad un sospiro e si portò via dal dormitorio. Di lì a breve, raggiungere la Sala da Ballo non risultò troppo complicato. Intravide di passaggio alcuni studenti conosciuti e cercò in ogni caso di non incrociarne lo sguardo. Sentiva una stretta allo stomaco e per un attimo fu tentato di tornare indietro, sui propri passi. La sala comune non gli era mai parsa così lontana come quella sera. «L'hai promesso.» Parlò a se stesso, in un sussurro. Mentre riprendeva il percorso per i gradini più bassi, le scale cambiarono direzione per ben due volte e Oliver si costrinse a non interpretare quel segno come la conferma ultima di fare dietrofronte. Non aveva nulla da perdere né, ovviamente, nulla da temere; in più era in ottima forma, il corpo era ben riposato per l'unica notte di sonno che aveva saputo concedersi - tre gocce di Filtro Sognoleggero diluite in una tazza di tè ai mirtilli neri, quella era stata la soluzione - e le occhiaie erano leggermente sparite con una dose abbondante di Cancella-lividi-Instantaneo: aveva scoperto che la pasta spalmabile poteva essere usata anche in quel modo, più o meno. Stava bene, lo sentiva fin nel profondo, e tutti gli altri pensieri delle ultime settimane potevano aspettare almeno per quella sera. Si ritrovò a pensare a Leah, ancora una volta, e sperò di vederla prima della fine della serata. Il desiderio divenne perfino più intenso non appena Oliver raggiunse la Sala da Ballo. Un passo avanti, le sinfonie più vivide a fare da cornice, il bagliore di una e più decorazioni, quel profumo di cannella che percepiva più di ogni altro in tutta la stanza; si lasciò andare ad un respiro pieno, il mento sollevato verso il soffitto incantato, mentre i fiocchi di neve turbinavano attorno la sua elegante figura. Dimenticò ogni reticenza e si accorse di come il cuore si fosse fatto grande, vivo, completo - una scintilla di nostalgia vibrò a più non posso fin nel profondo, e per un lungo attimo il Caposcuola di Hogwarts si domandò per cosa stesse provando quella sensazione. Per chi, suggerì un battito più lento. Ne fu coinvolto fin dalle note d'esordio e quando la sinfonia della Sala si fece sua, propria per davvero, Oliver proseguì dritto. Sospeso tra le nuvole di un pavimento senza confini, si portò avanti, fra i partecipanti in festa, e divenne a sua volta parte di una bellezza sempre più impreziosita. Non conosceva lo Schiaccianoci, ma chiunque fosse stato, ci aveva visto giusto.
 
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view post Posted on 27/12/2019, 00:10
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Interazione con Oliver.



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Aiden Weiss

Il Ballo dello Schiaccianoci


I passi dell’Auror, leggeri nonostante la sua stazza massiccia ma sufficientemente percettibili a causa dello scricchiolio che le scarpe in pelle producevano, si fermarono bruscamente quando giunse finalmente a destinazione. Lì, sull’uscio che dava alla Sala da Ballo, si concesse una breve e rapida occhiata di quel perimetro che - di lì a breve - avrebbe dovuto sorvegliare come un silente Guardiano, accompagnando quel suo primo sondamento della zona con un profondo ed intenso sospiro. Rapidamente gli aromi che aleggiavano nell’aria circostante ne raggiunsero le narici, stordendolo in maniera piacevole, ad un passo dall’estasi: amante sfrenato della cannella, Aiden percepì e riconobbe immediatamente quell’aroma prima ancora che potesse distinguere anche gli altri uno per uno, sentendosi ribollire il sangue nelle vene. Erano poche le cose in grado di far perdere la testa al fulvo, eppure quella sensazione davvero paradisiaca durò talmente poco che non appena si accorse del tocco pungente dello zenzero prese a ringhiare a denti stretti. I capelli della porzione posteriore del cranio per poco non si rizzarono, come la peluria nel garrese della volpe quando si irritava e sferzava l’aria con la propria coda voluminosa. Per Weiss per dannato zenzero ricordava troppo Thalia durante il loro ultimo incontro, in cui si era palesato a lei in forma animale e aveva mangiato dalla sua mano un pezzo di biscotto fatto con quella medesima spezia che lo aveva fatto innervosire; e pensare a lei era come auto-infliggersi un pugno nello stomaco.
Poco prima di uscire di casa e recarsi al Ballo, il rosso di Galway aveva coscienziosamente stabilito di non pensare alla Moran in nessun modo possibile, di non cercare alcun tipo di contatto con lei semmai fosse stata presente alla festa. Aveva scelto in tal senso per non rovinare la serata a nessuno: né a stesso, né a lei o al suo ragazzo, né a Nieve.
Zero distrazioni, zero pensieri, zero problemi.
E lui era lì per questioni di lavoro e non di carattere personale: sarebbe rimasto al proprio posto e con gli occhi fissi sulla Sala, i sensi all’erta, pronto ad intervenire al minimo segno di scompiglio. Dopo quanto era avvenuto al Ballo delle Rose e delle Spine poco prima dell’inizio dell’Estate, Aiden doveva mostrare una parvenza di serietà e austerità verso tutto ciò che lo circondava, anche se dentro stava letteralmente morendo. Il Dovere, dunque, era tutto ciò che permetteva all’Auror di mantenere un certo autocontrollo delle proprie emozioni, fino a spingerlo a dimenticarsi dello zenzero e dei suoi relativi collegamenti.

Benché prese a vagare tra i presenti con occhi duri e indagatori, nulla impedì al fulvo di ammirare - di tanto in tanto e con una certa discrezione - le decorazioni che abbellivano la Sala da Ballo. Trovò davvero stupefacente l’albero natalizio che svettava con spavalderia al centro di tutto, per nulla paragonabile con il tronco che aveva piazzato in casa e decorandolo in onore di Yule, la corrispettiva festività celtica del Natale. Ma a far brillare gli occhi blu dell’uomo - a differenza dell’agrifoglio e del vischio che per poco non lo indussero a cacciarsi due dita in gola - fu la vista del pavimento della pista da ballo, nonché una distesa di astri nel cielo notturno; e quasi non gli pianse il cuore nel realizzare quanto i propri obblighi lo tenessero lontano dal danzare su quel bellissimo mare di stelle.
Emise un sospiro sconsolato, finché non riconobbe la figura di Oliver a pochi passi da lui, anche se di spalle. Rimase fermo sul posto a scrutare il Grifondoro in remoto silenzio, sistemandosi meglio la giacca bordata di pelliccia e il fermaglio dorato a forma di topo che aveva scelto di indossare in onore del tema di quella serata. Poi decise di raggiungerlo, annunciandosi anticipatamente da quella pesante essenza al muschio che sua sorella Lena gli aveva regalato con l’arrivo di Yule, per poi posare la mano sinistra sulla spalla del ragazzo; l’argento dell’anello con il lupo brillò, assieme allo zaffiro del secondo anello che portava all’anulare, quando concesse ad Oliver una stretta lieve ed affettuosa.
«Ciao, ragazzo!» mormorò un piccolo sorriso. «Hai un momento?» Reclinò appena la testa di lato, studiando ogni sfumatura della pelle ed espressione che avrebbe intravisto nel suo giovane amico, deciso a non ignorare i segnali di un possibile malessere. «C’è una cosa che vorrei darti...»

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Auror ✶ 27 anni ✶ Ex Grifondoro

 
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Leah‚
view post Posted on 27/12/2019, 00:28






"L'unica volta che sei andata a una festa di Natale, Leah Rose, è stato un completo disastro," pensò Leah mentre sistemava il fermaglio tra i capelli specchiandosi in una finestra buia della Sala d'Ingresso.
Era vero. L'unica volta che aveva deciso di partecipare a una festa di Natale si era ritrovata da sola, in una baita sconosciuta, con un regalo non consegnato e lo stomaco attorcigliato per l'amarezza e la delusione. E un po', forse, anche per l'ingenuità di quell''andrà tutto bene' che alla fine non era andato per niente bene. Non che l'ultimo ballo a cui avesse partecipato fosse andato molto meglio, visto che era finito con una notte in infermeria.
Ma se c'era una cosa che a Leah non mancava, quella era la positività.
E dopo un pomeriggio di canzoni in Aula Insonorizzata e una festa con i suoi compagni di casata, aveva deciso che si meritava davvero una bella festa, senza stare troppo a pensare a cosa era successo la volta prima e l'anno precedente e tutto il resto. L'anno era quasi finito, gli studi andavano avanti con discreta noia ma altrettanto profitto, si sentiva a casa ad Hogwarts come non si era mai sentita prima e perfino l'arrivo di Eva non aveva causato nessuna catastrofe. Anzi, a dire la verità lei e sua sorella quasi nemmeno si incontravano per i corridoi... e Leah doveva ammettere che la cosa quasi le dispiaceva.

Le cose andavano così bene che aveva deciso di partecipare alla festa ancora prima che venisse annunciato il tema, e quando sulla bacheca era comparso l'annuncio, si era scervellata per giorni alla ricerca di un piccolo spunto per vestirsi in modo adatto. Conosceva vagamente lo Schiaccianoci perchè Eva - ovviamente - aveva fatto per qualche anno parte di un corpo di balletto classico. Leah era andata al suo saggio di Natale insieme alla mamma e alla nonna... e si era annoiata mortalmente, al punto che non ricordava quasi nulla dello spettacolo. La sua mente aveva registrato solo una parte, in cui ballerine vestite di tulle bianco e azzurro avevano volteggiato sotto una cascata di coriandoli candidi come fiocchi di neve sulla musica di un valzer. E così, in mancanza d'altro, aveva deciso di cogliere il suggerimento.
Mamma Sile era stata meravigliosa come al solito, riuscendo ad azzeccare esattamente il modello che desiderava dalle due striminzite righe di biglietto inviate via gufo qualche settimana prima.
La stoffa della gonna era di seta azzurra, la sopragonna di organza impalpabile, i ricami di pizzo e perline ricordavano cristalli e fiocchi di neve. Per l'occasione Leah si era azzardata a indossare un paio di scarpette azzurre e scintillanti, cosparse di brillantini, e aveva raccolto i capelli sulla nuca con un fermaglio d'argento e cristalli. Era abbastanza fiera del risultato, soprattutto perché ricordava le ballerine di danza classica ma senza la loro freddezza, compostezza e quei ridicoli gonnellini rigidi.

Si avvicinò alla Sala da Ballo fermandosi tre passi dopo la soglia, con gli occhi spalancati. Il soffitto era pieno di stelle, come nelle più limpide notti d'inverno, e il pavimento sotto i suoi piedi era così lucente che sembrava anch'esso un firmamento. Al centro della stanza troneggiava un albero di Natale immenso, meraviglioso, da lasciare senza fiato. Fatine luminose svolazzavano tra i suoi rami, la musica di un'orchestra riempiva la sala e i primi studenti si aggiravano tra i tavolini formando piccoli capannelli e gruppetti non ancora così chiassosi da rompere la magia di quella stanza. Senza parole per lo stupore, con gli occhi pieni di meraviglia e le guance rosse, Leah restò ferma a guardarsi intorno, troppo stupita ed emozionata per poter prendere una decisione che non fosse stare lì ad ammirare la magia che riempiva la sala: sembrava davvero di essere finiti in una favola.

Leah Rose Elliott | Outfit & Hairstyle | ♪♫



 
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view post Posted on 28/12/2019, 11:06
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Sospeso tra cieli e costellazioni in eterno divenire, Oliver non rimpianse una sola volta la decisione di partecipare al ballo, la stessa che aveva preso alla fine; la Sala era un turbinio di scintille, i bagliori ne sfidavano ogni controllo in modo costante e in quel perdersi continuo - lentamente, un passo alla volta - il Caposcuola di Hogwarts già sapeva ritrovarsi. Si sentiva bene, per la prima volta era completamente lucido, e non avrebbe potuto chiedere di meglio: il suo aspetto ne era testimonianza positiva, da lungo andare non gli capitava di avere la mente libera, fin nel profondo. Più pensieri si articolavano ancora in un filo conduttore non troppo nitido, non avrebbe potuto confermare il contrario, ma non apparivano così insistenti da spingerlo per davvero verso i piani superiori del Castello. Lì, poco più dietro, non sarebbe stato affatto difficile varcare la soglia d'ingresso e spingersi oltre, fino alla torre d'astronomia e alla sua sala comune: la Signora Grassa ne sarebbe stata contenta, rimpiangeva sempre di non avere dei quadri collegati al proprio per visitare altri angoli della fortezza, Oliver lo sapeva. Più si lasciava sfiorare dalle decorazioni intorno, però, più il cuore si faceva intenso, vivo e intimamente sorpreso: non sarebbe andato via, lo percepiva fin sottopelle. Era un risveglio tanto nuovo quanto originale, un richiamo alla vita più genuina, un incontro alla semplicità che cercava con tutto se stesso di apprezzare: una parte di sé era convinta che quel tepore non potesse durare a sufficienza; un battito di ciglia, un tremore sotto gli occhi - da una palpebra all'altra - e il Veggente si sarebbe fermato, ne sarebbe stato condizionato, infine sarebbe stato vinto ancora e ancora una volta. Cercò di non rimuginare su quelle certezze, non quella sera. Perlomeno, fino a quando ne sarebbe stato in grado. Avanzò così di poco e liberò lo sguardo da un punto all'altro, senza più freni di alcun genere: se il soffitto aveva attirato la sua attenzione maggiore con i fiocchi leggeri di neve e i suoi piccoli cristalli di ghiaccio, era il pavimento d'altra parte a meravigliare a più non posso; sembrava di sfiorare un pianeta diverso, tanto originale da suggerire di ritrovarsi altrove. Danzare tra le stelle era una di quelle espressioni a sancire un sogno ad occhi aperti, e tra i batuffoli candidi di nuvole e spicchi di mezzaluna che gli parve di intravedere di tanto in tanto, fu chiaro per Oliver il desiderio di trovare Leah e di chiederle un ballo proprio lì, sul tappeto scintillante. Forse, ancor più di ogni altra cosa, per quella sera non avrebbe potuto chiedere di meglio. Con un sorriso appena accennato, la curiosità più innata lo aveva portato quasi per istinto a voltarsi verso l'orchestra sinfonica: il capo leggermente reclinato, l'espressione deliziata, per il Caposcuola fu immediato capire che gli strumenti musicali lì presenti fossero stati incantati per suonare in perfetta autonomia. Era uno di qui trucchetti magici che il signor Vinaccia, il proprietario dello store Evviva lo Zufolo, utilizzava di volta in volta: Oliver aveva imparato a seguirne l'esempio durante i suoi turni di lavoro al negozio e tutto sommato ne era giorno dopo giorno ripetutamente attratto. L'armonia di un valzer era un sottofondo che impreziosiva l'intera sala da ballo, scivolava nelle sue note di organetto e di fisarmonica appena leggera sulle pareti più distanti e tornava indietro, delicatamente, all'ascolto dei partecipanti già in festa. Oliver non poté che ricordare la vecchina che proprio il giorno prima si era presentata da Zufolo per chiedere un piffero in alabastro per la nipote. Un regalo di Natale, aveva sottolineato. Convincere la donna a non considerare l'alabastro per il piffero era stata una battaglia più ardua del previsto, quel materiale era di natura dura e in pietra, non avrebbe avuto alcuna stretta sintonia con il suono caldo degli strumenti a fiato. Alla fine si erano accordati per un flauto traverso, in legno di cedro e rifiniture in argento, uno di quelli che in negozio venivano venduti soltanto ai Maghi Militari: Oliver aveva scoperto il suo utilizzo con la richiesta della strega e il nome che vi era associato - fiffero, con una bella -f iniziale - tuttora gli faceva spuntare un sorriso a fior di labbra. Si era distratto, in ogni caso: la musica a qualche metro di distanza, l'aroma delle spezie più dolci e più intense tutto intorno, infine un tepore piacevole lungo tutto il corpo. Una voce familiare, alle sue spalle, lo colse di sprovvista: un sussulto passeggero seguì il contatto della mano dell'Auror sulla sua spalla e a quel punto Oliver si volse indietro e ne riconobbe immediatamente la figura. Per una frazione di secondo non riuscì a capire perché Aiden Weiss potesse essere lì, ad una festa natalizia al Castello di Hogwarts: Oliver era uno di quelli che sostenevano la piena autonomia da parte della Scuola nonché la distanza da ogni forma e rappresentanza del Ministero; la struttura era stata più che capace, fin dalle battaglie del passato, di proteggersi in tutto e per tutto. Tuttavia, c'era molto più di quel discorso in mezzo, Oliver ne era più che consapevole: intimamente associava la presenza degli Auror e degli Antimago come una necessità di presidio tra le mura così sicure del Castello e una parte di sé continuava a farsene carico come una colpa vera e propria. Se non fosse stato per lui, per quello che era successo all'ultimo ballo - seppure involontariamente -, forse il senso del pericolo non avrebbe richiesto ancora una volta l'intervento ministeriale. Si costrinse a sorridere, certo di essere ancora più ingiusto nei confronti di Aiden. Era contento di rivederlo, non avrebbe potuto negarlo, e tutti i suoi più recenti pensieri riguardavano soltanto il suo relazionarsi con un passato incauto, lo stesso che lo vedeva tuttora assolutamente coinvolto.
«Aiden, buon Natale!» Parlò in fretta, portandosi di fronte all'altro con una mezza giravolta su se stesso. La sua attenzione fu rapita fin da subito da un dettaglio in particolare in tutto l'abito di gala dell'amico. Indicò così il fermaglio appuntato sul vestito di Aiden e sorrise genuinamente. «Il topolino lì vicino è un tocco di classe, mi piace molto.» Lo disse con sincerità, mentre una domanda più soggettiva cercava invano di farsi strada: Aiden era in servizio oppure no, quello era un dubbio che forse non avrebbe davvero voluto sapere. Si augurò invece che l'Auror potesse gioire della festa natalizia come tutti gli altri, che potesse essere uno degli invitati, una figura in piena libertà: il contrario avrebbe significato che Hogwarts - agli occhi ministeriali - non fosse del tutto protetta. Si sentì di nuovo coinvolto e per un attimo fu lieto di avere al petto la spilla da Caposcuola in bella mostra: a dispetto di ogni cosa, era lui a prendersi cura del Castello e dei suoi abitanti. Sorrise ancora, il volto ridente. Era felice che l'Auror potesse vederlo in quello stato, ancor più dopo tutte le esperienze passate: i segni più evidenti - occhiaie, spossatezza, tremori, perfino l'incarnato pallido - erano stati sistemati, alcuni ritirati naturalmente e altri nascosti a dovere. C'era un cambiamento in atto, per il Veggente. Si ritrovò sorpreso, in ogni caso, per l'ultima frase di Aiden e annuì con un colpetto di capo. «Certo, vogliamo sederci un attimo? Ho sentito dire che Hogwarts abbia ordinato il miglior idromele di Rosmerta per stasera, potremmo fare un brindisi.» Si mosse di un solo passo, attendendo Aiden. I tavolini più vivaci si snocciolavano da un punto all'altro, c'era solo l'imbarazzo della scelta. Un tepore lungo il petto e fino al cuore suggerì invece ad Oliver che qualcuno di così importante fosse appena arrivato; un battito di ciglia soltanto, uno strofinio di azzurro più delicato, infine un volto tra tutti. L'avrebbe ritrovata in ogni tempo, l'avrebbe ritrovata sempre: ovunque fosse stata, Oliver l'avrebbe raggiunta presto.


 
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view post Posted on 2/1/2020, 18:41
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Interazione con Oliver.
( :*-*: )

Chiedo venia per il ritardo!



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Aiden Weiss

Il Ballo dello Schiaccianoci


Non si sorprese affatto nel notare la reazione appena accennata di Oliver nel percepire la mano del rosso. Era nell’indole dell’Irlandese muoversi in maniera furtiva, benché la propria stazza - all’incirca una novantina di chili, per lo più di muscoli, in ben due metri d’altezza - avesse sempre dato l’impressione contraria; l’agilità, dunque, sommata alla velocità, rendeva l’Auror adatto a compiere dei veri e propri agguati a discapito degli avversari. Oliver, tuttavia, non era un suo nemico, ma il suo essere furtivo gli era venuto talmente naturale che nemmeno se ne rese conto, ormai talmente abituato a muoversi in quel modo che rientrava nell’ambito del quotidiano.
«Felice Yule!» esclamò con un piccolo sorriso, per poi abbassare appena lo sguardo sul proprio fermaglio una volta che venne nominato. «Sì, beh, mi piace restare in tema ma non in modo eccessivo. Ti immagini se mi fossi presentato con una divisa da Schiaccianoci? Non è nelle mie corde dare troppo nell’occhio.» spiegò brevemente, aggiungendo una scrollata di spalle appena percettibile. «Ma questo simpatico topolino rappresenta il giusto, per me, non è troppo sfarzoso.»E non ti dico che fine fanno i topolini, di solito, non appena ne vedo uno... aggiunse mentalmente con un certo divertimento.
Non era ancora così esperto dal mantenere costante la propria coscienza umana nel corpo della volpe durante le trasformazioni, ma in diverse occasioni era riuscito a farcela per qualche breve minuto, specialmente durante il brivido della caccia e il successivo consumo della preda. I roditori rientravano nella dieta del volpe e, dopo aver subito il primo trauma con uno spuntino a base di arvicola, Aiden aveva preso ad abituarsi, ma non era del tutto sicuro che Oliver sarebbe stato deliziato dall’apprendere quale sorte toccasse ai topi acciuffati dal fulvo in versione animale.
«Temo di non poter usufruire delle bevande alcoliche stasera, sono in servizio. Ma accetterò volentieri una cioccolata calda con panna, marshmallow e cannella!» disse mentre prese a seguire il Grifondoro verso uno dei tavolini e prendere posto ad uno di essi per una piccola chiacchierata; aggiunse un occhiolino d’intesa, atto a comunicare al proprio giovane amico quanto il veto sugli alcolico non gli pesasse affatto, ma che comunque avrebbe approfittato di ben altre leccornie natalizie per soddisfare il proprio palato; e fu proprio una casetta al pan di zenzero a solleticare in modo piuttosto piacevole l’ancestrale apetito dell’uomo. Prese posto davanti al Caposcuola rosso-oro una volta essersi guardato in giro con aria guardinga, assicurandosi che fosse tutto nella norma, per poi sedersi lentamente e fissare Oliver negli occhi. Non aveva dimenticato l’inaspettato regalo che gli era stato inviato e, proprio in virtù della gentilezza e cortesia che gli era stata rivolta, Aiden scostò un lembo del proprio cappotto e affondò la mano nella tasca della giacca, per poi estrarre un pacchetto grande quanto il suo stesso palmo. La confezione rossa, stretta in un soffice fiocco dorato interamente in stoffa, venne proteso verso il Grifondoro, accompagnato da un sorriso gentile.
«Questo è per te!»
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All’interno della scatolina vi era un orologio da taschino, proprio come quello che portava Aiden all’interno del taschino del gilet, ma con uno stile variopinto e pieno di simboli astronomici. Il Tempo era qualcosa che toccava Oliver nel profondo, lo sapeva, ma l’Auror desiderava che il ragazzo cogliesse un messaggio nascosto in quel dono; nulla era stato lasciato al caso.
Con coraggio e pazienza ogni timore sarebbe scomparso sulle ali del Vento, con perseveranza e maggior fiducia in se stessi ogni ferita si sarebbe rimarginata: bisognava dare tempo al tempo. Aiden lo sapeva più di chiunque altro che ognuno aveva le proprie battaglie personali, che vi erano dubbi e paure a condizionare l’animo delle persone, ma non voleva che Oliver si sentisse - in un qualche modo - in colpa per tutto ciò che aveva visto, o che soffrisse l’emarginazione perché si sentiva diverso o a causa dell’ignoranza altrui. Non era colpa sua e non lo sarebbe mai stata.
Sentendosi responsabile per Oliver, Aiden lo studiò a lungo e a fondo: voleva la certezza che stesse bene e che poteva sempre contare della sua amicizia.

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Auror ✶ 27 anni ✶ Ex Grifondoro

 
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view post Posted on 3/1/2020, 11:59
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Intarazioni con uno degli schiacciatopi! :sbrill:





A
nche quell'anno, il suo secondo Natale ad Hogwarts, aveva deciso di non tornare all'orfanotrofio. L'anno precedente le novità e le nuove conoscenze, ma soprattutto la voglia di continuare a rimanere nei panni della studentessa di una scuola di magia, l'avevano portata a decidere di restare, senza troppi 'se' e con pochi 'ma'. Certo con un po' di nostalgia, però quella era una concorrente davvero ostica.
Quest'anno invece, fare una scelta le era costato molto di più. In primo luogo, la gloriosa Coppa, vinta con tanta fatica, sarebbe stata portata via senza alcuna pietà dai Corvonero, la cui clessidra strabordava di zaffiri; in secondo, gli avvenimenti di fine agosto l'avevano spaventata parecchio, sottolineando ogni possibilità a lei ancora sconosciuta; e infine, essendo rimasta praticamente sola lo scorso Natale, la paura che si ripetesse la stessa situazione le faceva venire in mente solo le brutte esperienze vissute in ambito magico fino a quel momento, come il fatto di dovere ancora moltissimo a Thalia che continuava a farla sentire in debito. Quindi la voglia di tornare sotto l'ala protettrice e consolatrice di Arella si era fatta parecchio insistente.
Poi ci fu la svolta definitiva, quando i Tassorosso rivelarono i loro propositi per quell'anno: quello che avevano deciso di organizzare in Sala Comune avrebbe cancellato qualsiasi preoccupazione dalla mente della giovane strega, tenendola occupata per giorni; senza considerare la cioccolata calda.
Come si può rinunciare ad una tazza, ma che dico, ad una cascata di cioccolata calda?!
Così eccola lì, nel dormitorio numero 1, intenta a cercare di indossare una camicetta con volant; non aveva mai indossato nulla del genere prima d'ora, già solo averla provata nel negozio l'aveva fatta sentire fuori luogo. Ma la sola aggiunta di quella specie di giacca-mantello, unico motivo per il quale aveva deciso di provarla, aveva reso tutto esemplare e le era sembrato perfetto per il ballo di quell'anno. Aveva subito pensato che, per la prima volta, avrebbe davvero rispettato il tema proposto! Un tema che conosceva grazie a fiabe e favole raccolte in giro, ignara totalmente di cosa potesse essere un 'balletto' o cosa potesse trasmetterne la sola visione.
A discapito del suo gatto
*Sarò uno dei soldati del Re dei topi!* Uno di quelli che rubava i dolci alla protagonista della storia, non quelli che facevano la guerra contro lo schiaccianoci, pensava. Un topino goloso, finito nelle grinfie del Re solo per il suo essere con baffi e orecchie tonde, non per amore delle battaglie. Quella almeno era la storia che si era costruita questa volta. E per questo motivo che aveva cercato in un negozio di costumi, le più semplici orecchie da topo esistenti, qualcosa di economico; avrebbe risparmiato anche su scarpe e accessori, puntando tutto sull'amata giacca-mantello, era solo per quella che adesso stava davvero salendo le scale. Non ci credeva neanche lei di star andando nella Sala da Ballo.
Stavolta, se ci fosse riuscita, avrebbe bevuto un unico mezzo bicchiere di qualcosa a lei vietato, senza farsi vedere da nessuno e soprattutto senza avvicinarsi a nessuno! Così da evitare la stessa figurina dell'anno prima. L'intenzione era quella di abituarsi pian piano all'alcool, convinta che funzionasse come con i vaccini o con i veleni, lo aveva letto chissà dove: a piccole dosi l'organismo è in grado di imparare a difendersi, man mano la dose viene aumentata fino a renderlo totalmente immune. Avrebbe dovuto informarsi meglio sulla veridicità di tutto ciò, per pura curiosità e soprattutto per capire se lo stesso discorso poteva davvero essere fatto sull'alcool, e in qualsiasi caso voleva capire il perché fosse o no possibile una cosa del genere. Quali aspetti della fisica o della chimica si mettevano in gioco?
Immersa in tali pensieri non si era neanche accorta di essere quasi giunta davanti al grosso ingresso della sala. Aggiustò inutilmente la giacca-mantello, rendendosi conto di non essersi neanche guardata allo specchio prima di lasciare i sotterranei, ed entrò con un lungo respiro evitando di pensarci. Non aveva più importanza, ormai era lì.


L
a magia era sempre piacevole alla vista, quello che poteva creare continuava a lasciarla a bocca aperta. Il soffitto incantato era la cosa che avrebbe continuato a guardare ancora e ancora e ancora... La distolse solamente l’odore pungente dello zenzero che, seppure Gwen non riuscisse a riconoscerlo, le fece venire da grattarsi il naso. Non ci volle comunque molto ad abituarsi a quei profumi e una volta stabilizzato il respiro, la giovane Tassorosso iniziò a guardarsi intorno alla ricerca delle bevande. Sorrise fiera quando notò i topini su alcuni tavoli occupati e osservando con più attenzione capì che erano proprio quegli schiacciatopo ad avere il controllo sulle ordinazioni. Curiosa cercò un tavolo libero ed andò a sedersi, provò a chiamare il topino con la voce, ma non si fece vivo. Forse bisognava usare una parola magica? Qualcun altro lì intorno però, fece semplicemente rumore sul proprio bicchiere per farlo uscire e subito Gwen imitò. Il topino, vestito di tutto punto, venne fuori salterellando e si posizionò di fronte a lei, fiero e deciso. «Ciao!» Sorrise Gwen guardandolo, «Anche se non ho i baffi, sono un topolino anch'io oggi!» A quell’affermazione il topino fece un goffo inchino, imitando l’eleganza dei ballerini che Gwen non avrebbe saputo riconoscere. «Sei tu che prendi le ordinazioni giusto?» Il topo confermò muovendo la testa. «Benissimo! Se io volessi qualcosa di... forte, cosa mi porteresti?» Subito il topo fece di no con la testa. «Come no? Mezzo bicchiere di-» Si guardò intorno e vide un paio di calici con una bevanda scura, «Vino?» Ma il topino stava già dicendo di no. «Neanche un cocktail leggero?» Ancora imperterrito continuava a negargli tali richieste. «Ma perché? Gli altri topini hanno servito i loro clienti senza fare storie!» Il suo interlocutore silenzioso rispose indicandola con la zampina che poi portò verso il tavolo, ad altezza del proprio fianco, come a volerle dire di essere troppo bassa per poter essere servita. La Tassina ci mise un po’ a capire che non avrebbe in alcun modo ottenuto alcolici quella sera, neanche corrompendo lo schiacciatopo con del formaggio. Posò delusa la testa sulla propria mano e chiese un succo di frutta alla mela, attendendo che la fame si facesse viva.



 
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Leah‚
view post Posted on 4/1/2020, 20:50






Leah si riscosse all'improvviso dall'immobilità a cui lo stupore l'aveva costretta. Avanzando sul pavimento lucido si addentrò nella sala guardandosi intorno e cercando di riconoscere volti noti tra gli studenti che erano già arrivati, cercando soprattutto il volto familiare di Oliver. Le sembrava impossibile che avesse deciso di non presentarsi, amava quegli eventi ed era estremamente a suo agio in mezzo alla gente, soprattutto se si trattava di occasioni in cui poteva sfoderare tutte le sue affascinanti doti di eleganza. Forse era anche per quello che lei aveva scelto quel vestito, quanto di più elegante e femminile avesse mai indossato ad Hogwarts. Le scarpe in particolare la mettevano terribilmente a disagio, perchè il piccolo tacco rimbombava nella sala ad ogni suo passo. Le piacevano gli abiti, ma le scarpe col tacco... erano il modo perfetto per attirare l'attenzione ed essere terribilmente scomoda! Quale ragazza con un po' di sale in zucca avrebbe mai scelto un paio di scarpe così assurdamente scomode, dolorose e appariscenti al posto di un paio di comode ballerine bianche, morbide e magari anche un po' usate in modo da calzarle alla perfezione?
"Una che sogna di ballare un valzer," si rispose mentalmente.
Leah sospirò, cedendo per un solo istante al suo segreto desiderio di sentirsi, per una volta, carina ed elegante. Lo sognava da quando stava con Oliver, eppure non appena metteva piede nelle sale da ballo o alle feste le veniva ricordato che era una ragazzina imbranata più adatta ad arrampicarsi su un albero che a piroettare sulla pista. Si era illusa che un paio di scarpe fosse sufficiente a farle cambiare ruolo, ma era riuscita solo a sentirsi molto imbranata.
Attorno a lei la sala iniziava ad affollarsi di persone ben vestite. Professori, adulti, studenti e ragazzini vociavano e ridevano in compagnia. Da sola in piedi sul pavimento lucido, con indosso un paio di rumorose scarpe scintillanti, Leah pensò per un istante di tornare indietro, togliersi le maledette scarpe e correre nel suo Dormitorio.
Fu solo un moto di orgoglio a impedirle di mettere in atto quel pensiero.
"Non posso farmi spaventare da una cosa del genere. Non posso. Punto e basta."
Avanzò sulle punte dei piedi, cercando per quanto possibile di non far ticchettare i tacchi sul pavimento liscio e si avvicinò ai tavolini ai lati della sala: aveva lo stomaco troppo chiuso dal nervosismo per poter mangiare qualcosa, ma le lunghe tovaglie di broccato verde e oro sembravano perfette per far sparire dalla vista quelle maledette scarpe.
Mentre si avvicinava i tavoli, riconobbe una compagna di casata: era seduta da sola con la testa appoggiata ad una mano e l'aria di chi stava aspettando. Magari attendeva qualcuno, ma nel mentre magari aveva piacere a scambiare due chiacchiere. Si avvicinò al tavolo e sfiorò con la mano la spalla della ragazza in un cenno di saluto, in modo da annunciarsi senza farla spaventare.
- Ciao, Gwen! - la salutò.
In quel momento Leah realizzò che la compagna indossava un completo in cui in quel momento si sarebbe catapultata volentieri. Sembrava comodo e del tutto adatto a lei. Molto di più di quell'appariscente vestito azzurro.
- Come stai bene con questa divisa, - aggiunse con un sorriso, mettendo a tacere i suoi pensieri. - Posso sedermi con te o è occupato? Aspetti qualcuno? -
Se la compagna avesse gradito, si sarebbe seduta con lei e le avrebbe chiesto come trovava quella festa. E magari avrebbe avanzato la richiesta di un bicchiere di succo di zucca ghiacciato, non appena fosse riuscita a capire come fare ad avere qualcosa da bere.

Leah Rose Elliott | Outfit & Hairstyle | ♪♫



Interazione con Gwen c:


 
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view post Posted on 5/1/2020, 10:42
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Interazioni con Leah♥





A
fflitta di non poter testare la faccenda dell'immunità all'alcool, sorseggiava il succo alla mela e tornava a posare la testa sulla propria mano, osservando l'intera sala; oltre alle magnifiche decorazioni, anche tutte le persone che la stavano riempiendo non facevano altro che accentuare l'atmosfera natalizia con i loro abiti a tema, in fondo lo schiaccianoci si presenta come una storia di Natale: la protagonista riceve il suo principe in regalo e sogna la sua storia tra le luci dell’albero e quelle del focolare. Fu proprio quell'ultimo pensiero che fece creare un groppo in gola alla giovane strega; all’orfanotriofio, in quel periodo, rimanevano sempre tutti nella stanza del camino ad ascoltare le storie e gli scherzi dei bambini più grandi, che si spingevano oltre solo quando non c’erano istitutori in ascolto. Scacciò i ricordi che le stavano affiorando tornando ad osservare e a concentrarsi sul soffitto stellato, dove alcune fate dispettose stavano litigando per uno schiaccianoci particolarmente carino -almeno per loro- Gwen sorrise focalizzandosi sull'idea che le sarebbe piaciuto avere a che fare con delle vere fate. Chissà se c’era un modo specifico per avvicinarle e poterci fare due chiacchiere, erano in grado di capire la lingua umana? Quelle lì presenti non sembravano saper parlare. Cosa ne pensavano di Peter Pan?
Stava per dare un ulteriore sorso al deludente, ma squisito succo, quando percepì un tocco sulla spalla. Sobbalzò appena prima di voltarsi e incrociare il dolce sguardo di Leah. Sorrise e goffamente tentò di alzarsi in piedi, le sembrava scortese rimanere lì seduta a guardarla dal basso:
«Ciao Leah!» Disse quando finalmente era riuscita a divincolarsi dalla sedia, spingendo appena il frontino con le orecchie da topolino. Così facendo dava proprio l’aria di soldatino obbligato senza alcun portamento, quasi come quelli lì sui tavoli, ma Gwen aveva agito d’istinto e non lo pensò neanche lontanamente.
Leah indossava un abito incantevole, sembrava provenire direttamente dal mondo dei sogni di Clara.
«Grazie, anche tu stai benissimo con quel vestito!» Rispose con gli occhi che brillavano di sincerità. Come aveva fatto a non vederla prima in Sala Comune? Sicuramente era sgattaiolata via in anticipo, aveva notato che Leah lo faceva spesso, però questa volta poteva avere un appuntamento... Chissà cosa avrebbe pensato Oliver nel vederla! Gwen iniziò a sperare che lui fosse lì e che la raggiungesse in quel momento, così da per poter vedere l’espressione sul suo volto. «Lo hai scelto per fare sognare qualcuno?» Aggiunse poi sottolineando la parola 'qualcuno' con un sorriso malizioso. «No, io» incise molto sul pronome, convinta ormai dell'appuntamento, «Non aspetto nessuno!» sorrise ancora allo stesso modo e poi indicò una delle sedie libere, «Certo che puoi accomodarti con me, lo schiacciatopo su questo tavolo è incorrompibile, ma serve ottimi succhi di frutta» Concluse tornando a sedersi e aspettando che lo facesse anche l’amica. Era felice di aver trovato compagnia, ma sperava di non aver osato troppo, mettendo Leah in imbarazzo; conosceva la concasata da un po’ di tempo ormai, ma non era certa di essere riuscita a finire tra le sue conoscenze più intime e sapeva che non fosse facile ammettere certi sentimenti, a maggior ragione di fronte a qualcuno con il quale non ci si confidava apertamente. Però magari, così facendo, era riuscita a rompere un po’ la tensione che sembrava attanagliarla.


 
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view post Posted on 8/1/2020, 00:03
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soldatino-bianco Mìreen Fiachran soldatino-rosso
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♕ Outfit
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25 anni - Sangue BANSHEE
P. Antimago

... Prima del Ballo ...



Un'esplosione rompe il silenzio del villaggio.
Un edificio sta crollando, cade come un fragile castello di carte.
Detriti volano ovunque, vetri e schegge grandi e pericolose cadono dal cielo come lame mortali.
Un terremoto spacca la pietra sotto i piedi, la terra inghiotte gli sfortunati troppo vicini alle crepe e sbilanciati dalle scosse.
Corri cossi! Salvali!
Una continua corsa incontro al pericolo per salvare quanti più innocenti possibile, l'orrore negli occhi di chi non aveva mai visto tanto sangue e feriti in vita propria, quei piccoli frammenti ancora attaccati all'ultimo respiro, sospesi tra la vita e la morte...
Morte. Morte ovunque guardasse.
Corpi immobili, pallidi, gli occhi sgranati in una maschera di terrore. Chi consapevole che era giunta la loro fine, chi stupido che fosse arrivata così improvvisa, forse troppo presto.
La forza di volontà a non farsi abbattere, a continuare a lottare vacilla ad ogni nuovo pericolo, ad ogni vita persa una sconfitta... Ma contro cosa lottano?
Il gioco di un destino capriccioso o qualcosa di più?
Sta correndo, il respiro corto e le palpitazioni irregolari, l'adrenalina scorre nel corpo per tenerlo attento e pronto ad intervenire.
E' circondata dallo scintillio della magia, pervade ogni cosa, ogni spazio.
La vede librarsi verso il cielo a protezione dai detriti del palazzo distrutto, la vede insinuarsi nei corpi dei feriti per curarli, la vede nell'aria, incantesimi lanciati per chissà quale dei tanti possibili scopi.
E di colpo quei piccoli fiori luminosi che scendevano lenti dal cielo, vorticavano nell'aria cullati da una leggera brezza che li faceva ballare delicati...
Troppo luminosi per esser fiori...
Forse barlumi? Fiammelle che col gas nell'aria avrebbero causato un'esplosione devastante?
Fermali!


Mìreen si svegliò di soprassalto.
Quella voce, un sussurro al momento della battaglia, le era sembrata un grido disperato adesso che, stesa nel suo letto, tra le mura di casa sua, avrebbe dovuto sentirsi viva e al sicuro, gli eventi della profezia lontani... Eppure non era così.
Ancora le capitava di avere brividi di terrore se ripensava a ciò che era successo al villaggio, ancora le pesava il petto al pensiero di tutte quelle vite spezzate, come che, invisibile e silenzioso, fosse passato tra loro il tristo Mietitore e con la sua nera falce avesse reciso il gambo di tanti innocenti fiori, alcuni erano ancora germogli...
Guardò fuori dalla finestra del suo appartamento.
Il sole non era ancora sorto, ma in lontananza le prima luci stavano iniziando a rischiarire la cupa notte di quel freddo inverno.
Si alzò e lentamente si diresse alla finestra.
Abitava al piano più alto, per questo poteva godere di un minimo di paesaggio al di sopra dei lampioni e delle luci della città... era una magra consolazione se si considerava quale meraviglioso spettacolo notturno poteva godere se fosse stata nella sua camera a casa sua in Irlanda.
Spostò delicata le leggere tende e osservò il sole salire lentamente all'orizzonte.
Era stata fortunata a sopravvivere a ciò che era successo ad Hogmeade, altri non avevano avuto la sua stessa sorte... altri non avrebbero mai potuto rivedere l'alba, come stava facendo lei in quel momento.
Si strinse in un solitario abbraccio nel tentativo di scaldarsi.
Per anni aveva combattuto gli incubi dell'incendio e della morte del padre, la cicatrice nel petto che a volte sembrava volerglielo ricordare con prepotenza.
Ora avrebbe dovuto aggiungere anche gli orrori visti quella mattina, l'attacco al Villaggio, una profezia che lentamente stava tessendo la propria tela, fato inesorabile e inarrestabile.
Si morse il labbro inferiore come quando era nervosa.
Quando ci sarebbe stata la prossima mossa? Quante vite sarebbero riusciti a salvare questa volta... e quante ne avrebbero perse?
Il sole era ormai comparsi all'orizzonte. Un'altra giornata era iniziata.
Aveva scelto di seguire le orme del padre, e benchè lo scempio a cui aveva assistito, non se n'era ancora pentita.
Come aveva detto alla madre, che disperata aveva cercato di riportarsi la figlia a casa dopo l'accaduto, per lei non c'era gioia più grande di aver contribuito a salvare degli innocenti. Grazie a loro, tante famiglie non avrebbero dovuto piangere la perdita di un proprio caro, come ancora stava facendo la sua.
Era bastato il "Grazie" di un bambino salvato dalla caduta nella crepa del terremoto per far svanire ogni dubbio, per farle accettare anche quei nuovi e terribili incubi, quella stretta al cuore.
Appoggiò la mano al freddo vetro, con la speranza che i raggi del sole potessero trasmetterle un po' di calore, ma ciò non successe, erano freddi, come il gelo che sentiva dentro da quel giorno.
Lasciò la tenda, la quale tornò al suo posto, schermando un poco la luce che avevano iniziato a illuminare la città, cacciando le tenebre... Ma chi avrebbe rischiarato quelle del suo cuore?

Il suo sguardo si posò sul vestito che aveva preparato per il ballo di quella sera ad Hogwarts.
Suo fratello l'aveva invitata nel tentativo di distrarla, ma aveva rifiutato.
Quando poi il suo capo aveva detto che gli agenti Antimago avrebbero affiancato gli Auror nell'occuparsi della sicurezza del ballo scolastico, non aveva potuto tirarsi indietro.
Doveva tornare alla sua normale vita, lasciarsi alle spalle gli eventi passati poichè aveva ormai capito che altri sarebbero successi, non serviva la chiaroveggenza di sua nonna, poteva sentire il fato osservarli dalla sua onnipresenza e sorridere, un sorriso malvagio di chi sta preparando il prossimo gioco a cui sottoporre il loro coraggio, la loro forza fisica e soprattutto mentale.
Se doveva sopportare tutto ciò per soddisfare una qualche divinità annoiata, le andava bene, che le lanciassero addosso tutto quello che passava da quella loro testa onnipotente, ma che lasciassero stare la povera gente innocente!

<< La vera forza non sta solo nel vincere ogni battaglia, ma nel superare gli orrori della guerra e riuscire a tornare a vivere sereni, ringraziando di dono della vita che ancora c'è stato fatto. >>

Erano le parole che aveva detto Ryan a Sheryda quando lo aveva raggiunto all'ospedale dopo un cruento duello contro un Mangiamorte, e lei in lacrime, lo aveva pregato di lasciare il lavoro da Auror.
Le aveva ripetute alla figlia, quando, ormai persa la speranza di convincerla a lasciare Londra per tornare in Irlanda "al sicuro", la era andata a trovare al San Mungo.
Da quello che le aveva raccontato il fratello, sembrava che la madre fosse letteralmente impazzita nell'arco di tempo in cui Mìreen stava "combattendo" la profezia al villaggio. Avevano dovuto trattenerla lui, la nonna e altri maghi chiamati con in aiuto, o si sarebbe letteralmente materializzata dalla figlia.
Lyam le aveva descritto ancora spaventato, lo sguardo e le grida disperate della donna, una maschera di pura angoscia che Mìreen poteva ben immaginare quale fosse, avendola vista una volta mentre piangeva sulla tomba del marito.
Aveva messo paura a tutti, tranne alla nonna, che aveva continuato a ripeterle all'orecchio << Andrà tutto bene. Si salverà. Se intervieni metterai a rischio solo la sua e la tua vita. Adesso fermati!>> finchè non l'aveva calmata quel tanto da non farla più scalciare, limitandosi a stringersi all'anziana madre tanto da conficcarle le unghie nelle braccia, rigida e tesa con le lacrime che non accennavano a fermarsi.


Accarezzò con la mano la leggera veste di tulle rosato con ricami e pizzo bianchi.
Lentamente sollevò e percorse il nastro rosso che stringeva il vestito sotto il seno, per poi lasciarlo ricadere in modo scomposto in mezzo a quella purezza, ora interrotta dal cremisi del fiocco.
Dopo aver saputo il tema del ballo, si era incuriosita ed era andata a leggere la storia, o meglio a guardare qualche rappresentazione teatrale con l'aiuto del fratello e del famoso "internet babbano".
Aveva deciso come vestirsi solo il giorno prima, ma alla fine le era piaciuta tanto l'immagine dipinta in uno dei testi letti da voler prenderne spunto.
La veste sembrava così leggera, semplice, i capelli sciolti, legati solo da un fiocco, mentre Clara piroettava col suo amato schiaccianoci tra le braccia.
Aveva voglia di sentirsi come lei: sognatrice, spensierata, ballare e volteggiare libera, una semplicità che sentiva di star perdendo.
Un trucco minimal dava colore al viso divenuto fin troppo pallido, l'ombretto quasi rosso, faceva un contrasto tra caldo e il freddo dei suoi occhi azzurri; invece nelle labbra un semplice rosa forse più pesca che aurora.
I lunghi capelli erano ancora del biondo di quel giorno, e così volle lasciarli, cadevano liberi ad onde sulle spalle semi scoperte, poche ciocche erano legate da un alto fiocco completamente nero.
Aveva comprato scarpette simili a quelle delle ballerine di un bel rosso, coordinate al nastro del vestito, ma aveva fatto un'importante modifica: per il fiocco hai capelli, che sarebbe dovuto esser del medesimo colore del nastro, scelse il colore nero, un segno di ciò che pochi mesi prima era successo al villaggio di Hogsmeade.
Orecchini e collana rappresentavano gli altri due "protagonisti-antagonisti" della composizione di Čajkovskij: lo schiaccianoci e i topi.

La prima volta che provò l'intero outfit davanti l'alto specchio, si stupì di come le cadeva...
Così leggero, una stoffa quasi impalpabile, eterea, che lasciava intravedere l'aderente "costume" bianco sotto, atto a nascondere le intimità del corpo femminile, lasciando completamente libere gambe, braccia e un ampio scollo sui seni.
Faceva un passo e e il vestito si muoveva come avesse una volontà propria, ondeggiava come spinto da un vento dispettoso, fece una giravolta e l'abito la seguì, avvolgendole i fianchi con più giri di leggiadra stoffa, per poi tornare al suo posto pur continuando a muoversi benchè lei stesse ferma.
Una piccola risativa le sfuggì, le sembrava di esser una di quelle piccole fate nelle fiabe, creaturine vestite di foglie, o petali, e in alcuni libri di pura magia, impalpabile meravigliosa magia che le seguiva coprendo il minuscolo corpo dalle accennate fattezze femminili.
Si sentiva così libera e leggera... benchè il bianco costume sotto fosse così aderente da non lasciar niente all'immaginazione, il pallido tessuto sopra che poggiava sulla sua liscia e nuda pelle sembrava una continua delicata carezza, le ali di una farfalla che ad ogni passo si alzavano e abbassavano con dolcezza, su quel corpo alto e slanciato, con una semi-trasparenza che bastava uno sguardo un po' più attento per poterne veder le forme sotto.
Forse era troppo trasparente? Forse doveva coprirsi di più? Avrebbe avuto sicuramente freddo se non fosse per il lungo cappotto bianco rivestito in pelo che le aveva dato sua nonna. Sperò che dentro la sala della festa ci fosse stato lo stesso il caldino dell'anno precedente, con l'enorme falò. E pensare che pure il Ballo delle Ceneri era stato organizzato per ricordare una tragedia successa propria ad Hogwarts, ora ce n'era un'altra da ricordare.

... Arrivo al Ballo ...



Era strano arrivare al ballo senza esser accompagnata da qualcuno.
Si era ormai abituata a partecipare col fratello o con la sua nuova e che tanto adorava Jolene.
Lei era uno dei motivi che l'avevano spinta ad accettare il lavoro come supervisore lì al ballo, si trovava così bene con lei che aveva un bisogno, quasi fisico, di vederla e di parlarle, anche banali chiacchiere da salotto le sarebbero andate bene, tutto pur di distogliere l'attenzione dai ricordi.
Avrebbe così tanto voluto farle conoscere Lia, ma lei stessa non sapeva che fine avesse fatto, figuriamoci riuscire ad organizzare un'uscita tra loro.
Era lì per lavorare, ma forse un po' di atmosfera festosa le avrebbe fatto bene, infondo sua madre le aveva sempre detto "Sorridi, ridi, gioisci, per la vita che ti è stata donata e di cui giorno ringrazi la Dea Madre. Vivi, anche per chi non può più farlo."
Anche se era difficile, lo avrebbe fatto, perchè ciò che era successo non doveva ostacolare il suo percorso, non avrebbe dovuto impedirle di andare avanti e vivere la propria vita, sia i dolori, sia le gioie che l'aspettano.
La Sala da ballo era stata splendidamente addobbata, come ad ogni festa, e ciò bastò a farla sentire meglio. Lo sguardo si perdeva ad ogni decoro verde e oro, alle fate che ballavano con gli schiaccianoci di legno appesi all'enorme albero di natale (che anche quell'anno non l'aveva delusa) illuminato da candeline su ogni ramo, la cui luce veniva riflessa e conferiva uno splendido scintillio a delle preziose e sgargianti decorazioni fluttuanti dai colori più vari.
L'effetto di astri celesti con tanto di Via lattea era stato meravigliosamente realizzato, tanto da lasciarla a bocca aperta, mentre con la testa alzata verso la volta, girava su sè stessa per ammirare ogni più piccolo particolare di quella sala tanto finemente addobbata.
Sentiva il peso sul petto farsi leggero, più si spostava al centro della sala e la musica dell'orchestra si faceva più chiara, più sentiva la nube temporalesca sopra la sua testa diradarsi, cullata dalle note a volte dolci a volte incalzanti.
Le tavolate erano apparecchiate con brocche e posate d'antiquariato, ma ciò che attirò di più la sua attenzione fu proprio la casetta di pan di zenzero.
Si avvicinò curiosa e imitando alcuni ragazzi, fece tintinnare un bicchiere con un cucchiaino, il piccolo topolino che vi uscì, vestito da schiaccianoci, la fece sorridere divertita, era adorabile, tanto da allungare con dolcezza un dito per accarezzagli la testolina pelosa.
In risposta la piccola creaturina le fece un balletto che le ricordò un poco quello che del musical solo un po' più buffo per i vestitini fuori misura del topolino. Quando ebbe finito gli fece un piccolo applauso e gli chiese con gentilezza qualcosa da bere di analcolico, visto che era in servizio.
Con la sua fresca bevanda stretta nella mano destra, si guardò intorno curiosa degli invitati per la maggior parte studenti, scorse addirittura il fratello che la salutò con un cenno della mano per poi seguire gli amici concasati da qualche parte della sala.
Quando vide un volto da lei decisamente conosciuto, si diresse in quella direzione... infondo quella sera, come per l'attacco ad Hogsmeade, erano colleghi, voleva parlargli e mostrare a sè stessa che poteva andare avanti e superare anche quello che aveva provato per lui.
Arrivò che Aiden stava dando qualcosa al ragazzo che da lontano non aveva riconosciuto perchè girato di schiena, ma ora che si era avvicinata non potè che esser felice di vederlo.

<< Buona sera! E Auguri di Natale a tutti, o meglio Buon Yule per noi "pagani" >>

Sorrise, sperando che la battuta fosse gradita.

Si girò prima verso Oliver e allungando la mano in attesa che gliela stringesse disse:
<< So che lo abbiamo già fatto tempo fa', ma ancora non siamo riusciti a presentarci e a chiacchierare come mi avrebbe fatto tanto piacere, per questo ricomincio da capo...
Piacere Mìreen Fiachran,
sorella maggiore di quel incontrollabile Grifondoro al 4° anno di nome Lyam e che, non si sappia in giro, ti venera così tanto che manco della Dea Madre vengono tessute simili lodi.>>


Rise e rivolta questa volta ad Aiden, con un leggero nodo al petto provò ad instaurare una conversazione questa volta "normale fin dall'inizio":

<< Stupito di vedermi? Forse più stupito che aggiungessero gli Antimago tra gli addetti alla sicurezza del ballo scolastico...
Dai, non preoccuparti, ora che ci sono io, puoi andare a berti una birretta che qui me ne occupo io.>>


Lo stava prendendo in giro, cercando di mascherare quanto la sua vicinanza ancora le facesse un poco effetto.
Alla festa di Natale ad Hogwarts dell'anno prima, aveva provato a spezzare il loro legame, proprio per ricominciare da 0 anche con lui, senza sentimenti passati in ballo.
Avrebbe potuto scommettere di aver visto un filo rosso prima unirli, per poi spezzarsi bruciato dall'enorme fuoco posto nella sala... Lo aveva visto, lo aveva chiamato, si era addirittura allungata verso di lui nella speranza di afferrarlo, di richiamare il suo sguardo, ma non aveva mai avuto occhi per lei.
Aveva fatto lo stesso anche alla sua prima festa di Natale di Hogwarts, in quel grazioso cottage di montagna dove lo aveva visto in atteggiamenti affettuosi con una ragazza.
Lo aveva rivisto altre volte, senza la ragazza, eppure non le aveva mai degnato della più piccola attenzione, non voleva soffrire, non voleva star male per un amore non corrisposto, per quello era scappata da lui, così lontana che mentre lui spariva dietro l'enormi porte della Sala Grande, seguendo chissà chi, lei recideva col fuoco il legame che aveva creato al loro primissimo incontro.
Così stupida da tracciargli il simbolo sacro alla sua famiglia, così stupida da baciarlo in un improvviso impetuoso bisogno di toccarlo.
Gli sorrise, forse era arrossita, forse era un po' incerto quel volto falsamente sereno in sua presenza, ma stava cacciando ogni sentimento per lui nell'angolo più profondo del proprio cuore.

code © psiche


Interazione con Aiden e Oliver :fru:
 
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view post Posted on 10/1/2020, 08:22
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ᗩᙢᕊᗴᖇ ᔕ. ᕼᎩᕍᖇᗩ
Era mai possibile che stesse andando tutto... bene?

Amber se lo chiese costantemente quegli ultimi giorni dell'anno, ed ancora di più quando il pensiero - infido e malsano - sfiorò le vette delle Alpi, dove due anni prima il suo cuore aveva minacciato di cedere sotto il peso di due occhi di ghiaccio. Quella volta al posto delle Nubi tempestose che tanto l'avevano affascinata si era ritrovata a difendersi da due stallatiti impenetrabili. Il ghiaccio però, prima dell'arrivo dell'estate si era sciolto e, certo, aveva inghiottito entrambi poco dopo affogando gran parte di quel che erano stati. Ed era così strano adesso, dopo anni di tumulti e incomprensioni e tensioni... infiniti batticuori sognanti, (quelli non erano cambiati poi molto, si erano invece intensificati a tradimento) ritrovarsi e basta, senza null'altro che due cuori finalmente sincronizzati. Oh, non che prima non lo fossero stati ma loro ne erano rimasti particolarmente ignari, volutamente e non. "Devi crederci Amber; è la tua realtà adesso" si era ripetuta quando nonostante tutto si era ritrovata a sorridere per qualcosa che pochi mesi prima l'avrebbe allarmata. Era davvero giusto così? Se l'era meritato alla fine? Non sarebbe stata lei se non se lo fosse chiesto ogni tanto, o ogni spesso in occasione di particolari ricorrenze. Aveva iniziato a credere che sì, perfino lei meritava la pace ed una persona accanto; e certo non una a caso, ma Killian. Killian che non rispondeva mai a tutte le lettere, ma che quando lo faceva era capace di annullare le distanze in un battito di ciglia e farle desiderare di aver già dato anche i M.A.G.O. Anche se, a ben ammetterlo, la distanza non era sempre un ostacolo quando c'era da tenere lui sulle spine. Sospirò lasciandosi scivolare le preoccupazioni come balsamo sui capelli umidi. Aveva un vestito da indossare.

Non aveva parlato a Cordelia del tema di fine anno; era stata una scelta deliberata e di cui non si era mai pentita nelle ultime settimane. Più o meno, immaginando che non avrebbe potuto tenerglielo nascosto proprio per sempre. Perché sapeva, oh se lo sapeva, che la nonna in qualità di grande appassionata di Opere e Balletti sarebbe letteralmente impazzita all'idea di farle creare un abito tutto in tulle per lo Schiaccianoci. Ma non solo uno strato per creanza, no no, Amber era sicura che Cordelia seppur nel modo più raffinato possibile avrebbe optato per una versione adulta di un tutù che - al sol pensiero - avrebbe fatto impallidire la giovane. La vecchia Hydra vantava un certo buon gusto, era vero, ma c'erano tematiche che riuscivano a farle perdere di vista gli obiettivi principali e lo Schiaccianoci rientrava tra quelle. Nemmeno sapeva, la biondina, quante volte Cordelia aveva visto lo spettacolo ed in quanti teatri differenti. Tanto che se glielo avesse chiesto - cosa che proprio si guardò dal fare - l'anziana strega avrebbe potuto riprodurre ogni coreografia su due piedi. Oltretutto non le avrebbe concesso di lasciare sciolti i capelli in morbide onde, cosa che invece la Caposcuola aveva scelto di fare; niente negli ultimi tempi le piaceva di più che una buona dose di semplicità... che mal si confaceva alle usanze più rigide degli Hydra. E poi era un suo personale richiamo al ballo del Plenilunio, che nonna non avrebbe compreso, ma che nelle sue memorie era segnato come uno dei migliori, per svariate ragioni. Il gioco di sguardi lontani tra le fronte, la candela che l'aveva illuminata per pochi istanti, la corsa a piedi nudi verso la Coppa delle Case ed il ritorno con furto; non avrebbe mai rimpianto niente di quei momenti passati tanto distanti quanto vicini, a pochi piani da lei. Sì perché Killian doveva essere già arrivato, per dovere di Auror, e si trovava a non più di una rampa di scale di distanza. Doveva solo decidersi ad indossare le scarpine trasparenti e piegare le ali lungo la schiena, e poi il gioco era fatto e lo avrebbe raggiunto... pur sapendo - e non vedendo l'ora sotto certi aspetti - di doversi mantenere formalmente alla larga. L'indice passò lentamente sui due forellini, ora chiusi da piccole perle, che sottolineavano la precisione della clavicola: era la prima volta in due settimane che non le dolevano eccessivamente quelle ferite. Ed erano nuovi, e poteva non desiderare che lui li notasse? Morgana, con la coppa fuori dalla sua portata (le clessidre già avanzavano l'ipotesi) non riusciva a pensare ad altro. I suoi buoni propositi erano tutti lì; chiusi in cassetti che non avrebbe aperto fino al suo ritorno ad Hogwarts. Sapere di avere qualcosa di tanto segreto quanto intimo e doverci girare attorno tutta la sera era diventato un rito che difficilmente avrebbe abbandonato per gli anni che le restavano da trascorrere lì. L'ombra potente del ballo delle rose, però, passò ad oscurare il suo sguardo ricordandole che, anche trattandosi di un caso isolato e personale di un altro studente, il dovere per il mago sarebbe passato sempre in primo piano in quei balli, e così avrebbe dovuto essere.

Per evitare danni, così come era stato per gli orecchini - altri cinque fori coperti da una scala di perline - si era premurata di curare anche i micro-dermal con le pratiche babbane, ma questo voleva dire che per due giorni le erano rimasti dei lividi e che per un altro po' di tempo quelle pulsazioni in parte dolorose le avrebbero impedito di dormire comodamente su un lato. Cancellò rapidamente la smorfia di fastidio procurata e controllò che ogni cosa fosse al suo posto; perché voleva essere bella, una volta tanto senza eccezioni, quella sera più di tutte le altre. Non era mai stata così attenta alle attenzioni altrui, tant'è che il più possibile le rifuggiva. Ma non quella sera, quella sera voleva piacergli più di sempre. L'adolescenza era una bestia che, seppure agli stremi, faticava a uccidere. Aveva comunque interpellato la sarta di famiglia con indicazioni ben precise, tra cui anche quella di non parlare a Cordelia di quanto accordato, e quella santa maga aveva cucito sul retro del top due ali di fata semi trasparenti e dai riflessi incantevoli, capaci di chiudersi finché lei non avesse deciso di lasciarle andare. Si scoprì a sorridere alla sua immagine riflessa.

«Non è da quelle parti la Sala da Ballo» bloccati dalla sua voce, due tassini pronti ad irrompere nelle cucine, si voltarono lentamente verso di lei. Il sopracciglio biondo alzato e le braccia conserte bastarono a far cambiare loro idea, scatenando in ogni caso una risata con eco lungo i Sotterranei e perfino in Amber. «Molto meglio» asserì, alzando di poco la gonna per consentirsi di fare le scale con più agilità. Data l'altezza aveva deciso di optare per qualcosa che non superasse i due centimetri di tacco, il vestito era già in grado di slanciarla per conto suo. Un battito di ciglia e finalmente la spettacolare opera compiuta dalla scuola si palesò di fronte a lei e fu tutto oro e Natale. Il cuore, già di per sé un tamburo impazzito all'idea di avvicinarsi al suo degno compare in divisa, parve voler dare il meglio di sé quanto l'albero imponente fece la sua comparsa in bella mostra al centro della sala. Non era solo bello, era assolutamente glorioso e gli occhi chiari della Caposcuola non poterono fare a meno di notarlo e di osservare - rapiti senza alcun ritegno - le piccole fate che gli giravano attorno. Ma, ancora meglio di tutto, c'era il pavimento che rifletteva un cielo di notte al pari, e forse anche più bello, di quello sopra la sua testa. Come uno specchio, si disse, senza nascondere un sorriso candido e sereno al ricordo che quanto gli specchi giocassero a suo favore in quei particolari balli. Ricollegare i puntini in quel suo personale firmamento produsse un sorriso sincero ed apparentemente immotivato per chi poteva osservarla. Ferma in un angolo, ma ancora in vista, vicino all'abete, divenne fugace oggetto di una calda e lenta nevicata suggestiva, e si ritrovò ad aprire il palmo per accogliere qualche fiocco già impegnato a sciogliersi. Non si avvide di quelli incastrati come diamanti nei capelli.

caposcuola di tassorosso✧ 18 anni ✧ VI anno ✧ Outfit completo

 
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view post Posted on 11/1/2020, 10:53
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JuoJhZr
Non ne aveva parlato con nessuno, ma nell'ultimo periodo si stava rafforzando in Oliver una consapevolezza maggiore, un istinto quasi del tutto primordiale, lo stesso che lo spingeva verso conoscenze, richerce e rivelazioni che non aveva mai saputo prendere prima in considerazione. Aveva acquisito una dimestichezza più concreta, una sicurezza forse in se stesso, e in un caso o nell'altro gli incontri che aveva avuto modo di fare fino a quel momento avevano pienamente compiuto una discreta differenza. Socchiuse gli occhi di poco, leggermente, mentre un lampo di aspettativa colorava impercettibilmente il verde smeraldo. Una parte di sé avrebbe voluto parlare ad Aiden di una e più esperienze, di una e più informazioni, fintanto che l'altro avesse scelto di ascoltarlo: avrebbe voluto raccogliere tutto quello che era ed esprimerlo facilmente, senza reticenza, fino a parlare anche delle nuove pratiche divinatorie che stava sperimentando in prima persona. Avrebbe voluto mettere l'altro a corrente di tutto, renderlo integrante nella sua stessa vita giorno dopo giorno, e per un attimo quel desiderio lo spaventò quasi quanto la possibilità di cadere vittima di una solitudine senza confini. Spostò l'attenzione sul tavolino che stavano raggiungendo e mentre vi si portava dietro, dando le spalle all'amico, Oliver cercò di mettere a freno ogni altro simile pensiero. Intimamente, si diceva, non sapeva moltissimo di Aiden, della sua vita, delle sue passioni, dell'una e l'altra cosa; quello che li aveva accomunati all'inizio era stato il Dono del Caposcuola, il suo segreto, la sua rivelazione così preziosa, e nel corso del tempo tutto si era fatto più pericoloso - c'era un filo conduttore, fra entrambi, ed era in parte legato indissolubilmente alle visioni oscure che il Veggente aveva vissuto per l'Auror. Mentre prendeva posto, Oliver si ritrovò bizzarramente a riflettere in quel senso: ad eccezione dell'incontro con alcuni familiari dell'amico, della visita presso la sua abitazione alla periferia del Villaggio di Hogsmeade e della festa di Beltane che avevano condiviso l'uno come stretto vicino dell'altro, non c'era di più nei termini di conoscenza. Era qualcosa che stava condizionando il Caposcuola più di quanto potesse credere; si chiese quale fosse il cibo preferito di Aiden, quale il suo colore più apprezzato, quale i suoi obiettivi, quale la ragione che lo avesse spinto a diventare un Auror. Si chiese molto e si accorse a malincuore di non avere risposte. Annuì con un cenno di divertimento, distrattamente, al commento circa il fermaglio del Mago. Trovava a sua volta che fosse un tocco di classe, semplice e tematico al punto giusto. Quando fu il momento di ordinare, Oliver seguì l'esempio dell'altro: non aavrebbe avuto così bisogno di una coppa di idromele, non per il momento. Soffiò delicatamente la sua richiesta, in un sussurro, e duplicò la tazza di cioccolato con panna e marshmallow. «Fin troppo dolce, ma mi piace.» Riprese al volo, sistemandosi sulla sedia e allontanandosi di poco dal tavolino. Lì proprio, come una decorazione frizzantina in superficie, un topolino in tutù parve seguire i loro sguardi con una certa insistenza. Quando dai piattini più eleganti apparvero le due tazze fumanti, Oliver ne spinse una leggermente in avanti, verso Aiden. L'attimo dopo sorrise con gentilezza e fu lieto di tessere nuovamente la conversazione. Era da troppo tempo che non si interessava al prossimo come avrebbe voluto, preso com'era a cercare un senso tra le sue visioni e una protezione per i volti che ne conseguivano; si ripromise almeno quella sera di tornare un po' al passato, come una volta, quando tutto era meno complicato del previsto. Il pacchetto che si ritrovò tra le mani di lì a breve, invece, lo sorprese a tal punto da mettere a tacere ogni sua esitazione. Non aveva immaginato di poter ricevere qualcosa a sua volta, mai come quell'anno per Natale i doni erano stati per lui pochissimi per tutta una serie di spiegazioni; vivere un gesto così importante, così prezioso e così inaspettato, quello non avrebbe mai avuto prezzo. Sorrise, per davvero.
«Mia nonna mi urlerebbe di non aprire alcun regalo in pubblico, ma per una volta possiamo mandare all'aria le regole del galateo.» Parlò con un filo di voce, tuttavia con sicurezza, mentre le volute di vapore della cioccolata calda salivano sempre più in alto, disperdendosi subito dopo. Sciolse la carta con un movimento semplice, fuorviato da una vera e propria aspettativa cui non era mai stato abituato in quelle circostanze - il ricordo di Adeline Brior e del suo tono perentorio quando da bambino Oliver prendeva d'assalto l'albero natalizio con i suoi doni alle radici fu facile da chiudere lontano. L'orologio da taschino scivolò così prima tra indice e pollice, infine fu accolto dal palmo aperto della mano destra. Ne riconobbe i simboli astronomici e il messaggio che sostenevano nel turbinio di colori e sfumature. Una scintilla nello sguardo ancor più acceso, una sensazione dolce lungo tutto il corpo e fin nel petto, infine un sorriso. Aveva capito, aveva capito pienamente. Sollevò lo sguardo verso l'altro un attimo prima che fossero interrotti. Il tempo di ringraziarlo sinceramente, il suo apprezzamento risultava più nitido con l'espressione sul volto. «Ne farò tesoro.» Lo infilò nel taschino della giacca a sua volta, proprio accanto al rametto di pungitopo che aveva colto quel pomeriggio. Per un attimo si sentì più vicino a Aiden di quanto non fosse mai stato, e ne fu felice. Rivedere un altro volto familiare spuntare alla festa del Castello lo portò alla riflessione iniziale che aveva avuto tra sé. Lo sguardo catturò delicatamente - senza alcuna insistenza - l'abito indossato dalla Strega appena arrivata al loro tavolino e Oliver ne fu deliziato: il tessuto più leggero era per lui indice di uno stile molto incantevole. Si affrettò ad alzarsi dalla sedia e a stringere elegantemente la mano dell'altra. «Miss Fiachran, finalmente possiamo conoscerci con più tranquillità.» Lo disse con tutta onestà, spostandosi di un passo dopo il segno di saluto e indicando una sedia accanto. Un cenno verso Aiden, la speranza che non fosse un disturbo per lui accogliere per un momento una nuova persona. Avrebbero avuto modo di riprendere ogni conversazione. «La prego, si sieda con noi. Ho visto Lyam poco prima di lasciare la sala comune, forse verrà anche lui al ballo. La ringrazio e, lo ammetto, è tutto ricambiato da parte mia nei confronti di suo fratello.» Lo sguardo sbarazzino del concasato fece breccia tra i ricordi più recenti e più vivi, e fu una sensazione piuttosto profonda. Lasciò che la Strega finisse di parlare e al momento opportuno Oliver riprese posto al tavolino, attendendo elegantemente che l'altra lo precedesse. La cioccolata sembrava scottare ancora, per giunta. Poco dopo, 'ultimo commento della donna lo spinse a sollevare il capo: un altro sorriso, infine ticchettò con l'indice sulla spilla da Caposcuola sul petto, in un angolo della giacca. «Hogwarts le porge il benvenuto, ma qui me ne occupo io.»
Non lo disse con antipatia, e tuttavia gli fu difficile nascondere un moto di orgoglio. Cercò di riprendere il filo di un discorso che aveva interrotto in principio e la promessa di scoprire di più sul conto anche di Aiden - per sentirsi più vicino - tornò con leggerezza. Strinse le mani in un gesto casuale. «Se non ricordo male - di Aiden ne sono sicuro, Lyam invece dovrebbe avermene parlato più di una volta - entrambi siete stati in Grifondoro, giusto?» Un lampo di curiosità cominciò ad esprimersi lungo tutto il volto. Le gote arrossate, il corpo proteso leggermente in avanti: a quel tavolino si perpetuava la storia, in un rinnovo di profondo valore. «Raccontatemi qualcosa del vostro passato qui al Castello, in Sala Comune. La Signora Grassa era sempre così suscettibile? E Ser Nick, cosa faceva? Un episodio qualsiasi, vi prego. Ne sarei felice.»
 
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view post Posted on 11/1/2020, 17:31
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entropia.

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La risata di Nieve saturò l’aria del salotto di casa Del Vespro, mentre le prime note del Valzer dei Fiori di Tchaikovsky s’inerpicavano lungo la tromba del grammofono e ne abbandonavano la campana per accompagnarsi ai presenti.
«Non essere sciocco, nonno!»
Cinta dal vestito che era stato confezionato a suo beneficio, Nieve gettò il capo all’indietro. Aveva i lineamenti pronunciati soffusi d’una leggera traccia d’imbarazzo: non si era mai sentita tanto diversa dalla persona che aveva creduto di essere come in quel preciso momento. Inavvertitamente, tornò a lisciare il tessuto del corpetto col dorso delle nocche; i polpastrelli osarono spingersi fino a tastare la consistenza impalpabile della gonna.
Nonna Lucrezia la scrutava in una condizione di estatico soddisfacimento. Nel lavoro che aveva compiuto, c’era la maestria di chi padroneggi un’arte diversa dal mero intreccio di fili e stoffe: la passione per la letteratura, per l’Opera, per la musica s’incastrava nell’ordito dell’abito che aveva cucito per la nipote con l’aspirazione di trasformare l’incontro in connubio. Se ciò non fosse bastato, avere appurato che, rispetto al ballo scorso, Nieve avesse guadagnato qualche centimetro un po’ dappertutto e apparisse, adesso, meno emaciata che in passato sarebbe stato sufficiente a riempirla di gioia.
«Stai rifiutando di ballare con me?» chiese Gaspare, fintamente oltraggiato.
«Non ho detto questo. È che… non penso si possano raggiungere chissà quali risultati in un pomeriggio» argomentò la ragazza, gli occhi ancora fissi sull’immagine che le restituiva lo specchio.
Se si fosse curata di spostare la propria attenzione sull’ometto tutto baffi che la fissava ostinatamente da un angolo in prossimità della credenza, avrebbe colto una venatura di furbizia sopraggiungere ad arcuarne le labbra. Invece, stordita dalla versione di fanciulla al cui cospetto si trovava e nella quale non le riusciva di riconoscersi, mancò di mostrare il dovuto accorgimento. Notò il paio di scarpe che il nonno reggeva fieramente tra le mani soltanto quando quello l’ebbe raggiunta e si fu parato tra lei e lo specchio.
«Perché non hai ancora indossato queste» ribatté Gaspare, reggendo per i nastri le calzature che aveva sottratto alla moglie un paio di pomeriggi addietro, giusto in tempo per mettere in atto una delle sue magie. Lucrezia saettò in piedi, pronta a riprenderlo. «Te le ho rubate io per dargli una miglioratina. Quando avrai visto che sanno fare, mi ringrazierai» la precedette il marito, togliendole il rimprovero di bocca e impedendo che prendesse forma. Tenere il furterello nascosto alla moglie e, allo stesso tempo, evitare che impazzisse gli era quasi costata la sanità mentale. Per Nieve, però, lo sforzo sarebbe sempre valso la pena. «Mettile, su!»
La Rigos fece correre lo sguardo dall’uno all’altro, indecisa se ritenersi più impensierita dal fatto che nonna Lucrezia fosse stata zittita o dal coraggio mostrato da nonno Gaspare nello sfidare il piglio dispotico della consorte. Nel dubbio, preferì accomodarsi su una poltrona e seguire le indicazioni dell’uomo, piazzando un intervento strategico in suo favore per il bene che gli voleva e la complicità che gli doveva.
«Nonna, ma sono io che ho le traveggole o questa stoffa è tiepida?» domandò, l’espressione interrogativa nel frattempo che tentava di capire come annodare il nastro all’altezza delle caviglie. Nonno Gaspare s’inginocchiò e, dopo averle rivolto un occhiolino di ringraziamento, giunse in suo soccorso. «Mi sembra che si sia riscaldata da quando ho indossato l’abito!»
«Ed è così» le rispose Lucrezia, la cui soddisfazione portava ancora i segni dell’irritamento. «Esistono delle stoffe molto particolari, se si sa dove cercarle. E io non volevo che morissi di freddo e ti prendessi un malanno, camminando per i corridoi del castello mezzo scoperta. Avevo due alternative: confezionarti anche un mantello e rischiare di nascondere il vestito, oppure assicurarmi che fosse il vestito stesso a fare la sua parte. E ho pensato che, se dobbiamo proprio conquistare questo ragazzo, deve poterti ammirare in tutto il tuo splendore. Quindi, ho scelto un drappo auto-riscaldante» spiegò con un certo orgoglio.
Combattuta tra l’imbarazzo e lo stupore, Nieve si lasciò andare in un sorriso e in un leggero mugolio. Le parole della nonna avevano evocato nella sua mente l’immagine della possibile reazione di Kurt, quando l’avesse vista abbigliata a quel modo: il pensiero era bastato ad attivare la metamorfomagia, sicché i capelli le si tinsero di una delicata sfumatura di rosa.
«Ecco fatto» intervenne il nonno, sollevandosi.
«E tu cos’è che avresti combinato con queste scarpe?» investigò Nieve, massaggiandosi il capo dolente e rivolgendogli un sorriso malizioso, che trovò sul viso dell’altro il compagno che andava cercando.
«Ho insegnato loro come farti danzare. Sono incantate per eseguire un perfetto valzer, purché tu dia loro il via e ci sia della musica in sottofondo» spiegò, suscitando lo sbigottimento della nipote e della moglie.
La Rigos lo guardò a bocca schiusa: «Tu cosa? Queste — e chinò lo sguardo sulle calzature che indossava — sanno ballare da sole? Cioè, come..?» Poi, un’incauta riflessione la raggiunse e Nieve fu colta da un dubbio. Tornò a incrociare gli occhi del nonno. «Non le avrai mica indossate e ci avrai ballato per insegnarglielo, vero?»
Gaspare, carezzandosi i baffi, si limitò a schiarirsi la voce, frattanto che Lucrezia, alle sue spalle, rideva — alcuni giorni prima, le era parso di intravederlo volteggiare dalla finestra del capanno che usavano per custodire gli arnesi da giardinaggio e, ora, finalmente comprendeva di non aver subìto gli scherzi dell’età.
«Un artigiano non rivela mai i suoi segreti» abbozzò, dunque distese una gamba con lo stesso austero contegno di una ballerina. «Se anche fosse, questi miei piedini starebbero benissimo con quelle scarpette, ve lo posso assicurare». Porse una mano alla nipote, che non aveva saputo dissimulare il riso. «Ora, visto che abbiamo risolto il problema della parte inferiore, dobbiamo insegnare alla parte superiore del tuo corpo come si esegua un valzer. Mi concederebbe l’onore di questo ballo, signorina?»
Nieve, impossibilitata a resistergli, poggiò delicatamente le dita sul palmo ruvido del nonno. «Con piacere!»

❁ ❁ ❁

«P-Prefetto Rigos!» La voce di Katie, quasi quanto la sua espressione, tradiva sbigottimento. L’islandese le rivolse un’occhiata di ammonimento. «Cioè, Nieve… Stai benissimo! Il tuo vestito è… E i tuoi capelli… UAO!»
Nieve deglutì, a disagio. Presenziare a un evento scolastico non le era mai parso malagevole quanto nell’occasione corrente. Il carico imposto a sé stessa per mezzo di quella scelta, misto al timore di ottenere un risultato esattamente inverso all’unico che si fosse prefissata, avevano a tal punto messo in discussione il suo sistema emotivo da scatenare la metamorfomagia in modi che le avevano impedito di porvi rimedio: l’elegante crocchia di capelli argentati che si era auspicata di esibire era dovuta scendere a compromessi con la tonalità di rosa intenso prescelta dall’impeto dei suoi sentimenti, ciclicamente nutriti dall’incombente presenza di Kurt tra i suoi pensieri. Solo l’intervento della Moran — invocata a gran voce mediante l’anello gemello perché corresse nell’Ufficio Vuoto con tutta urgenza — l’aveva persuasa a desistere dal dare forfait e spinta a rifuggire l’elaborazione di un’acconciatura, facendole notare come, in fondo, il colore della chioma si sposasse alle tinte dell’abito.
Le parole pronunciate da Katie in modo del tutto inconsapevole restituirono a Nieve un briciolo di padronanza di sé. «Grazie» le rispose, rivolgendole un sorriso sincero. Da quando aveva fatto ingresso nella Sala Grande, una decina di minuti prima, la morsa della tensione non si era curata di darle tregua. Lo scambio di battute in corso e il viso amico della concasata ebbero un effetto balsamico sul suo spirito. «Stai benissimo anche tu» aggiunse e si allungò per sfiorare uno dei lunghi baffi dell’altra. «Sei un topino fighissimo! Chi vuoi conquistare?» le domandò incautamente, prima di rivolgersi un rimprovero. *Solo perché tu vuoi fregare il ragazzo a una non significa che tutte abbiano la stessa intenzione!* «Cioè, volevo dire che… insomma… scherzavo!»
Katie la guardò di sottecchi. «Mi sembri un po’ agitata, Prefetto! C’è qualcosa che non va, per caso? Non è che sei tu ad aspettare qualcuno che ti mette sottosopra?»
Nieve strabuzzò gli occhi. Era possibile che Katie fosse una dannata Legilimens? Sul pavimento stellato, indietreggiò come avrebbe fatto un elefante che si rispetti in presenza di un roditore. E dire che aspirava a farsi dolcissima e bellissima fanciulla!
«N-No. Ma che vai dicendo?!» Non fosse stato per il tono vagamente stridulo del suo intervento, Katie avrebbe anche potuto crederle. Invece, a simboleggiare l’eccessiva frequentazione con quella pettegola di Stephanie, dedicò a Nieve un sorriso sornione. Pensa in fretta, Rigos! «È che temevo fossi arrabbiata con me, ecco.» Il tenore inaspettato della sua risposta servì lo scopo che si era proposta di raggiungere, generando nell’interlocutrice l’insorgere di una certa confusione. «Pensavo che ti fossi arrabbiata perché ti avevo promesso un ballo, la scorsa volta, e invece non c’è stata occasione. Perciò, credevo che mi avresti evitata come la peste o che mi avresti tenuto il broncio, piena di odio e rancore. Non so!» Più tardi, quando fosse tornata in dormitorio e avesse ripensato a quel momento, Nieve avrebbe riso della propria prontezza di spirito e della tendenza all’esagerazione: una volta tanto, si sarebbe detta, l’avevano tirata fuori da un impiccio invece che cacciarcela. «E mi sono sentita un po’ stordita quando mi hai fatto i complimenti perché non sapevo se aspettarmi che, poi, ritrattassi e mi dicessi di avermi presa in giro, perché in realtà sto malissimo e sono la versione giovane e femmina di Peverell in tunica viola. Se non è così, sono contenta» soggiunse, agganciando il labbro inferiore con gli incisivi per dissimulare la portata del proprio divertimento e atteggiarsi a creaturina imbarazzata. Senza lasciare a Katie il tempo di intervenire, proseguì: «Tra l’altro, ora che ci penso
— a questo punto, l’espressione di Nieve si tinse di una spudoratezza che solo la mise virginale e la delicatezza della coroncina di fiori ebbero a stemperare — non cambia molto rispetto all’ultima volta che te l’ho proposto: sono e sarò sempre una campionessa del Barnabus e la notorietà del torneo non mi ha ancora abbandonata. Quiiiiindi…»

Katie non fece in tempo a comprendere quali mire stessero muovendo gli ingranaggi del mondo Rigos, quando si sentì agguantare per il polso e venne condotta a ridosso della pista da ballo. Nieve zittì ogni protesta con la perentorietà giocosa che le apparteneva, posizionò una mano sulla vita della compagna e si lanciò nell’esecuzione del valzer più scanzonato della storia — coppia tra le coppie.
Nel ritrovarsi frattanto che si perdeva e nell’intrico di volteggi favoriti dall’orchestra e dalla magia di cui erano imbevute le scarpe, si dimenticò di Kurt e si ricordo di sé stessa.

Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 17 Anni | Skinny Love | Outfit



Edited by ~ Nieve Rigos - 14/1/2020, 21:55
 
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Interazione con Oliver e Mireen.



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Aiden Weiss

Il Ballo dello Schiaccianoci


«Sarà il nostro piccolo segreto allora.» L’occhiolino d’intesa che regalò ad Oliver a seguito delle parole di quest’ultimo riguardo a sua nonna, venne accompagnato da un sorriso carico di furbizia tipico di lui, per poi venire prontamente nascosto oltre la superficie della tazza fumante e dalla quale si intravedeva distintamente la cima pannosa adornata da soffici e colorati marshmallow e da un’abbondante spolverata di cannella. L’aroma della spezia lo fece letteralmente impazzire quando ne raggiunse le narici e mise lo zenzero nel dimenticatoio, tanto che gli occhi dell’Auror si dilatarono come quelli di un felino davanti all’erba gatta; per lui la cannella era una droga alla quale non poteva farne a meno e ne era talmente ghiotto che avrebbe fatto volentieri a botte con chiunque, pur di accaparrarsi un qualsiasi dolce fatto con quel ingrediente.
Osservò il giovane Caposcuola con maggiore attenzione una volta posata la tazza sul ripiano e permettere al liquido bollente al suo interno di raffreddarsi quel tanto da garantirgli una consumazione in totale sicurezza, senza rischiare ustioni di primo grado. Sfoggiò dunque l’ennesimo sorriso carico di gentilezza nel notare la gratitudine che Oliver riservò all’Auror con il semplice sguardo, per poi accennare un breve cenno col capo in segno di intesa e di soddisfazione.
La sua attenzione venne improvvisamente catapultata in direzione di una nuova voce tra loro: il capo del rosso scattò di lato e sbatté più volte le palpebre nel mettere a fuoco la figura di Mireen. Non era sorpreso di vederla ad Hogwarts per il Ballo scolastico, a maggior ragione non dopo quanto era accaduto a quello precedente, ma piuttosto per l’ennesimo cambio di look ai capelli; erano biondi, proprio come il giorno dell’attacco ad Hogsmeade, ma purtroppo - date le circostanze di quell’evento - non aveva avuto modo di badarci più di tanto, quindi in un certo senso fu come se l’avesse scoperto solo in quel preciso momento. Non amava granché i capelli biondi, ma doveva ammettere che con quel fiocco Mireen stava bene.
«Felice Yule. E quel fiocco è davvero carino, Fiachran.» rispose a sua volta all’augurio, con tanto di un gentile complimento, anche se le si era rivolto in maniera del tutto professionale, chiamandola per cognome come si era solito fare durante l’orario di lavoro; dopotutto lui era lì per quello - proprio come valeva per lei - e di certo non per divertirsi come il resto dei partecipanti. L’espressione facciale fu alla pari del proprio tono di voce, cortese ma pur sempre professionale, quindi con serietà la guardò mentre sembrava voler scherzare con una battuta sulla birra. «Mi piace fare l’alcolista in modalità anonima.» replicò con il chiaro intento di stare a quello scambio scherzoso. Non era mai stato bravo con le donne, raramente era riuscito a farne ridere qualcuna, ma ciò nonostante si era promesso di ritentare, di provare a migliorare le proprie interazioni sociali ad un livello più accettabile, al fine di stabilire legami di amicizia e sentirsi maggiormente più apprezzato in termini di carattere. Per una volta tanto, si disse, abbandonare le sue solite vesti da lupo solitario e diffidente non lo avrebbero danneggiato più di tanto.
Afferrando la propria tazza e alzandosi in piedi, l’Irlandese concesse il proprio posto a Mireen, come la cavalleria imponeva, per poi andarsi ad accomodare accanto ad Oliver. Alle parole del Grifondoro, Aiden si sentì in dovere di spiegare quanto la Casa di Godric fosse sempre stata la dominante nella sua famiglia; perciò esordì una breve parafrasi: «Ogni Weiss è stato un Grifondoro, anche se i miei fratelli e le mie sorelle si sono rivelati le uniche eccezioni in tutta la storia della mia famiglia. Sam e Lena sono stati dei Corvonero, Ophelia una Tassorosso e Richard… Serpeverde.» Pronunciò quell’ultima parola con una certa amarezza, ben consapevole di quanta differenza ci fosse tra lui e suo fratello, benché avesse sviluppato una certa imparzialità tra le quattro Casate di Hogwarts.
Sorseggiò lentamente un po’ di cioccolata, beandosi del suo calore leggermente sfumato, apprezzando il sapore amaro del fondente, mescolato a quello dolce della panna e a quello deciso della cannella. Con un piccolo tovagliolo si tamponò la barba affinché non vi rimanessero tracce della bevanda calda.
«Certe volte si lasciava andare in scenate isteriche...» commentò in tono asciutto. «E quando faceva così o la ignoravo oppure le cantavo canzoni in gaelico per farla calmare. Qualche volta le raccontavo pure delle storie, le mie marachelle in particolare. Mi chiamava Bel selvaggio per questo. Al tempo non ero particolarmente incline a seguire le regole e nemmeno troppo amato: non a tutti piacciono i ribelli.» Sospirò profondamente, mentre con la mente andò indietro nel tempo. Gli anni della propria adolescenza, dei momenti passati a scuola, non erano sempre stati rosei e piacevoli: era stato quello il periodo in cui aveva compreso quanto le persone giudicavano in base all’aspetto e ai difetti, dimenticandosi dei pregi, e facendosi spesso un’idea sbagliata di lui. Era sempre stato visto come un ragazzo aitante ma borioso nei confronti delle regole e delle autorità, quando invece aveva sempre agito in base a valide motivazioni e a ciò che riteneva giusto o sbagliato; ma questo, agli occhi di giovani adolescenti, poteva essere apparso come qualcosa di anomalo e irrazionale, accecato da una sorta di superiorità nei confronti delle autorità scolastiche. Non era mai stato capito fino in fondo e questo gli aveva sempre fatto male.
«Oh, Sir Nicholas, quanto mi è mancato.» sospirò con una nota nostalgica. «Sai, con Nick avevo un rapporto molto speciale, c’era una strana chimica tra noi. Nei momenti tristi, in cui sentivo di non poter nemmeno fare affidamento ai miei fratelli e alle mie sorelle, parlavo con lui. Agli occhi dei più io ero diverso sotto molteplici aspetti, Nick invece è sempre stato lo zimbello tra gli altri fantasmi per via della testa non del tutto mozzata. Non che io fossi deriso, ci mancherebbe altro, mi sarei difeso con le unghie e con i denti piuttosto che farmi mettere i piedi in testa, ma era il modo in cui mi facevano sentire isolato, in un certo senso; ero un reietto per la maggior parte del tempo, ma non potevano permettersi di tenermi in una simile condizione in maniera costante poiché ero un’ottima risorsa a Quiddich e nello studio, a volte persino nello spalleggiare alcuni miei Concasati dall’uscire da alcune situazioni scomode con altri studenti.» Per un attimo ripensò al povero Chase Lavesque, alla miserabile fine a cui era andato incontro a causa di alcuni bulli, di come lui stesso avesse scelto di fare l’eroe nel modo sbagliato; se solo avesse sfruttato le proprie doti nel modo più giusto, scegliendo l’ingegno anziché i pugni, forse Chase avrebbe avuto un futuro migliore. Si era sempre sentito in colpa per quel fallimento e ricordò di aver urlato più volte a Nick che Chase sarebbe tornato come fantasma, anche se l’altro aveva sempre sostenuto il contrario dinanzi all’ostinazione del rosso a seguito dello shock. Col tempo, però, aveva compreso il perché della risposta del fantasma di Grifondoro ed era andato avanti nonostante gli facesse male.
«Sono stato Battitore comunque, fino al mio quinto anno, poi ho appeso la divisa al chiodo.» Scrollò appena le spalle, prendendo un altro sorso di cioccolata prima di proseguire con il racconto. Al tempo ne fu davvero segnato, ora - ripensandoci bene - avrebbe dato qualsiasi cosa pur di ritornare su una scopa e giocare anche solo come hobby. «Eravamo contro i Serpeverde e nella squadra c’era mio fratello. Richard prese la mazza da un proprio compagno e mi scagliò un Bolide addosso, prendendomi alla sprovvista e fracassandomi diverse costole. Persi l’equilibrio e iniziai a precipitare, finché non urtai con la faccia contro uno degli anelli...» Detto ciò si passò l’indice sulla cicatrice sottile e biancastra sotto all’occhio sinistro, mostrando ad Oliver il ricordo tangibile di quell’incidente e dei danni che si erano riversati sul suo corpo. «Persi i sensi, ma fortunatamente l’arbitro arrestò la mia caduta. Quel giorno avevo davvero rischiato di morire se non fosse stato per il tempestivo salvataggio.»
Sperò di aver soddisfatto la curiosità di Oliver, ma in caso contrario avrebbe raccontato uno dei suoi migliori scherzi. Fissò Mireen con la coda dell’occhio mentre si portava alla bocca un marshmallow, in attesa di vedere la sua reazione o aspettando un commento riguardo alle sue bravate, come quella mossa ai danni di Vath.

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Auror ✶ 27 anni ✶ Ex Grifondoro

 
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view post Posted on 16/1/2020, 15:21
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entropia.

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Riferimenti al fatto che ha visto Oliver (+ ansietta ripensando al ballo precedente).
Ammira il vestito di una tale molto bella, che non vede in volto. :fru:




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Il tepore non era l’unica sorpresa serbata dal tessuto dell’abito ed era, tuttavia, la sola che nonna Lucrezia si fosse decisa a svelarle. Fu nel pieno di una serie di rivoluzioni danzerecce — guidata dalla magia che imbeveva le scarpette e stretta a una Katie prima frastornata, poi impacciata, adesso divertita — che Nieve scoprì il secondo, non meno sorprendente, effetto del vestito: piccoli e delicatissimi petali prendevano vita dalla stoffa chiara della gonna ogni qualvolta un giro di valzer giungeva al termine e, frutto della loro stessa fragilità, dopo una breve levitazione che seguiva la scia tracciata dai passi della ballerina, scomparivano; di essi, non rimaneva che un vago sentore di primavera e l’illusione di un istante di bellezza.
Quando l’orchestra tacque e le coppie trovarono riposo, Nieve sciolse la stretta che la teneva avvinta alla compagna e liberò l’ultima di una lunga serie di risate. Dopo un primo momento di tensione, entrambe si erano ricongiunte con la spensieratezza dei loro anni e avevano assecondato lo stimolo del momento con la tacita promessa di farne tesoro più in vista del presente che non anche del futuro.
I ricordi del ballo estivo e dell’oscurità al suo seguito avevano opposto ogni genere di resistenza contro la dimenticanza e così era stato per tutti: si manifestavano nella circospezione usata per abbracciare la sala tutta con la vista al fine di captare per tempo un pericolo; nell’impellenza di controllare che la bacchetta fosse a portata di mano; nel sollievo dato dalla presenza dei vigilanti; nel tremito incostante del cuore ad ogni più piccola sbavatura. Perfino Nieve, che della missione di piacere a Kurt aveva fatto la sua assoluta priorità, aveva faticato a non accusare le conseguenze di un vago, caparbio malumore che non s’era saputa spiegare da principio. Poi, aveva posato lo sguardo sulla sagoma elegantemente abbigliata di Oliver e le sue emozioni erano come esplose, bloccandole il respiro. Cos’avrebbe dovuto fare?, si era domandata, mentre si combattevano in lei — egualmente intensi, parimenti spaventosi — il desiderio di affiancare l'amico e monitorarne lo stato di salute per l’intera durata dell’evento e il bisogno di fuggire lontano da lui. A muovere le fila delle sue sensazioni, nell’uno come nell’altro caso, era il bene che aveva scoperto di volergli ancora quando si era presentata la possibilità di perderlo: avrebbe voluto essergli accanto, stavolta, se qualcosa fosse accaduto; eppure l’annichiliva la prospettiva di assistere alla sua sofferenza.
L’intervento di Katie l’aveva strappata al turbinio di sensazioni della quale si era trovata in balìa, un istante dopo la risoluzione finale: Oliver Brior, quella sera elegante, ciarliero e disteso, stava bene e rovinargli l’umore con un accesso di preoccupazione non sarebbe stato di giovamento ad alcuno.

«Non so come ringraziarla per questa danza, milady» fece, rivolta alla concasata, mentre entrambe abbandonavano la pista fianco a fianco. Le rivolse un inchino. «È stato un onore e un privilegio, che spero vorrà accordarmi ancora in futuro».
Katie rise. «Il piacere è stato tutto mio, glielo assicuro» la assecondò, gioconda, tacendole una parte della verità.
Non aveva mai creduto che Nieve Rigos — Prefetto, Vice Capitano della Squadra di Quidditch, Campionessa del torneo Barnabus Finkley per la Casata dei Grifondoro — potesse prendersi la briga di ballare con lei. Quando, diversi mesi prima, nel bagno delle ragazze, l’islandese gliel’aveva proposto sul finire di un inaspettato confronto a cuore aperto, Katie aveva semplicemente creduto che fosse un atto di gentilezza volto a rinfrancarla; e si era fatta bastare il potere lenitivo di quell’accorgimento senza mai immaginarsi di riscuotere la promessa. E in questo senso aveva deposto l’iniziale assenza di Nieve al ballo delle Rose e delle Spine: non l’aveva cercata ovviamente, si era ripetuta, perché non aveva mai inteso danzare davvero in sua compagnia. Ottenere esattamente ciò che la Rigos aveva offerto concesse a Katie di farsi un’idea nuova sulla compagna e, a un tempo, di sperimentare un insolito rossore sulle guance paffute.
«C’è qualcosa che non va?» domandò Nieve, sorpresa di fronte alla reazione dell’altra, non appena si furono fermate in un punto che non era d’intralcio ai volteggi dei ballerini ora che l’orchestra aveva ripreso a suonare.
«No, no» si affrettò a rassicurarla Katie. «È che c’è gente che ci indica e bisbiglia, ecco. E io non so come mi sento ad essere al centro dell’attenzione. Cioè, un po’ mi piace, ma un po’ mi sento scema».
Nieve sorrise con dolcezza. Tra gli effetti negativi venuti con la partecipazione al torneo, era da annoverarsi la notorietà. La costante esposizione al giudizio altrui aveva pesato sul suo animo come un macigno, togliendole quel po’ di serenità a stento sopravvissuto agli attacchi dell’assillante ricordo di Astaroth. Le strappò un sospiro realizzare che, dopo aver desiderato per tutta l’infanzia di non essere invisibile, ora l’animasse proprio il bisogno di avvolgersi nella trapunta dell’anonimato. Comprendeva, tuttavia, il punto di vista di Katie per averne sperimentato a suo tempo gli effetti.
«Stephanie è già all’attacco» le sussurrò, facendosi vicina d’un passo. «È là dietro che smania per capirci qualcosa. Raggiungila pure. A te la scelta su cosa dire!»

Si congedò da Katie con quelle poche parole e una carezza sul viso. E si avviò, placida, per un cauto giro ispettivo della sala. Le capitò, così, di ammirare da vicino un paio di invitati, fieri e splendidi nei loro costumi variopinti. Conosceva troppo poco dello Schiaccianoci, nonostante le intimazioni di nonna Lucrezia, per individuarne a colpo d’occhio la scelta tematica, eppure riusciva ad apprezzare la cura e la bellezza sottesa all'attenzione per i dettagli. Fece eccezione, a quel punto della ronda, soltanto la sagoma slanciata di una ragazza, della quale non poteva vedere il volto: indossava un abito celeste che ne esaltava la figura delicata e portava sulla schiena un paio d’ali opportunamente piegate. Nieve sorrise, riconoscendo nel travestimento l’identità di uno dei pochi personaggi della storia che le fosse rimasto impresso.
Nell’atto di oltrepassarla, scansare una coppia di amiche in corsa costò a Nieve un mezzo volteggio. Una manciata di petali sfuggì alla gonna e uno si depositò sul braccio della sconosciuta, cui adesso dava le spalle.


Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 17 Anni | Skinny Love | Outfit

 
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31 replies since 23/12/2019, 19:06   1338 views
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