Ciao, infermiera!, cura ferite post Dareucho

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view post Posted on 16/1/2020, 10:53
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LA MANGIAMORTE

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Hogmsede annunciò lil suo arrivo con un crack dovuto alla materializzazione. Il mattino aveva già lasciato spazio ed un pomeriggio grigio e cupo, perciò la sua presenza venne, almeno per il momento, notata solo dalla presenza di uno sparuto stormo di passerotti che beccava con insistenza briciole infilate tra le fessure del lastricato. Spaventati da quell’apparizione improvvisa, levarono il volo in direzione di un comignolo fumante, quello del testa di porco. Sapeva che vi erano alcune stanze più pulite di altre, dove chi non aveva intenzione di recarsi al san mungo, poteva trovare riparo per la notte, cosí avanzò, poggiando la mano sull’uscio, fece ingresso nella cara e vecchia topaia che era il testa di porco. La porta scricciolo al suo ingresso e per un istante, ogni persona all’interno del locale smise di fare quello che stava facendo per posare gli occhi su di lei. Accorti che non si trattava di una figura sospetta o pericolosa, tornarono a fare le loro cose, permettendo a Rowena di avvicinarsi al banco. Vide che vi era un calamaio, ben fissato all banco in modo che non venisse rubato, e un paio di fogli di pergamena tagliati e riciclati. Si affrettò a vergare una paio di righe, prima di piegarla e portarla con se al bancone. Gocce di sangue, colarono sul pavimento accompagnando i movimenti rapidi.

-Salve, ho bisogno di un favore, che venga spedita questa…-

e allungò la destra in direzione della persona che stava dall’altra parte del banco, con sopra, un galeone come mancia, per il disturbo e per essere sicura che venne spedita

-…e che mi diate una delle stanze più pulite che avete-

si premuní di dire questo con una voce più bassa, non era sua interesse mettere al corrente gli avventori del locale che era probabilmente ferita. Una volta che ebbe la conferma da parte del garzone che la lettera venisse spedita e che le furono consegnate le chiavi, sali in camera.


Nome: Rowena
Cognome: Abyss
Camera Blindata: K0291
Numero della stanza: 4
 
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view post Posted on 19/1/2020, 19:00
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Il Fato

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“Riley, vecchio stupido imbecille, al prossimo bicchiere rotto ti farò sembrare Azkaban un paradiso.”

La bacchetta infilata nella cintura del grembiule, miss Caroline Mayer agitò uno straccio bisunto con l’aria di chi sta brandendo una spada e abbia una gran voglia di infilzarla a breve nello stomaco di qualche cliente. Trentenne, era il genere di persona che sognava un futuro senza brutti ceffi nella propria giornata quotidiana e allo stesso tempo aveva un carattere troppo pepato per non farsi cacciare dopo il primo mese di prova. E così per ora continuava a litigare con i clienti della locanda più malfamata di Hogsmeade, a ricevere quello che era comunque un salario dignitoso e a fingersi sorda ogni volta che chiacchiere dubbie giungevano alle sue orecchie.

O a guardare senza registrare davvero tutto quello che vedeva. Tipo le gocce di sangue che la nuova arrivata stava chiaramente lasciando in scia sul pavimento. All’inizio Caroline avrebbe sbuffato pensando a come le sarebbe toccato pulire; ora aveva ormai capito che cercare di pulire la Testa di Porco era un po’ come tentare di portare acqua in uno scolapasta.
Si limitò ad accettare la lettera e il Galeone.


“Se volevi una stanza pulita dovevi andare da I tre manici” rise. Le lanciò poi una chiave unta.

“L’ultima volta che ho controllato non c’erano cimici in giro!”

 
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view post Posted on 19/1/2020, 21:20
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Jolene non si considerava una persona autoritaria: così come detestava ricevere ordini, riservava la medesima avversione anche all'imporli. Anche nel suo ruolo al Castello, preferiva che le sue indicazioni si mantenessero su toni amichevoli, e si affidava al camice per sopperire alla totale incapacità di suscitare quel leggero timore che generalmente provano gli studenti di fronte alle figure adulte di una scuola. Dava per scontata la collaborazione dei giovani pazienti; quando, tuttavia, questa sembrava mancare, non c'era da prenderla sottogamba.
Miles Travis – Grifondoro del quarto anno, un ragazzino agile e nervoso, tutto pelle e ossa cresciute troppo in fretta – aveva imparato a proprie spese che, sotto alla pacatezza dell'infermiera, si nascondeva una creatura cocciuta e terribile almeno quanto lui. Decisamente non era stata una buona idea tentare di svignarsela dal suo letto di ricovero prima del via libera della White: la donna lo aveva scoperto quando era a metà della rampa di scale che l'avrebbe portato alla Sala Comune, dove la sua Nimbus 2000 aspettava di essere inforcata per l'allenamento di Quidditch di quel pomeriggio. Non che lei avesse perso la calma; sarebbe stato meglio, addirittura liberatorio se avesse fatto la solita sfuriata, magari diventando rossa in viso e mulinando le mani per aria con fare esasperato e minaccioso. No, no. Jolene non aveva fatto nulla del genere: al contrario, lo aveva letteralmente sommerso di ogni premura. Fino ad annegarlo, lentamente ed inesorabilmente. Inutile dire che non l'aveva lasciato andare all'allenamento: anzi, per poco non l'aveva riportato di peso in Infermeria, preoccupata che la corsa alla chetichella con cui vi si era allontanato l'avesse improvvisamente reso moribondo. Da allora – ed erano passati parecchi, parecchi giorni – Miles doveva fare finta di dormire profondamente per sfuggire all'assillante presenza di Jolene. La giovane aveva preso sul personale quel tentativo di fuga: cosa poteva spingere un ragazzino a zoppicare furiosamente fuori dal suo sguardo? Poteva essere che facesse il suo lavoro in modo così terribile? Aveva quindi preso ogni premura affinché svolgesse un servizio impeccabile – il che voleva dire che era continuamente appresso al poverino, che lo assillava con preoccupazioni esagerate, che aveva sempre qualche attività per distrarlo dalla noia, e chiacchierava incessantemente con quella che credeva una voce gaia e piacevole, ma che dopo le prime ore si faceva sentire come punture di spillo nei timpani e nella testa. Privato di ogni energia, Miles non avrebbe più tentato nessuna fuga, di questo era certo.
Jolene stava giusto proponendo una partita a Gobbiglie, chiedendosi e rispondendosi da sola al dilemma se non fosse, forse, un gioco troppo movimentato per il malato, quando un gufo cominciò a picchiettare alla finestra. Andò ad aprirgli, ma senza smettere di parlare – avrebbe subito chiuso la finestra, non voleva che uno spiffero invernale raggiungesse il suo letto, dall'altra parte della stanza. Quando improvvisamente tacque, il silenzio fu dapprima piacevole, ma presto si caricò di un gelo ben più pesante di quello che si era introdotto dalla finestra aperta. Gli occhi scorsero più volte le poche righe vergate con una scrittura incerta, soffermandosi con orrore sulle macchie rugginose. Chiuse di scatto il foglio, le nocche sbiancate in una stretta eccessiva. Sotto allo sguardo interrogativo del Grifondoro, prese a muoversi come un vortice intorno all'armadietto delle Pozioni. Raccolta una discreta quantità di ampolle, le infilò velocemente in una borsa di cuoio, i movimenti improvvisamente ridotti allo stretto indispensabile, in brevi scatti nervosi ma funzionali. A Miles non fu chiaro che cosa stesse succedendo se non quando, ormai sulla soglia, Jolene si voltò verso di lui e, con un tono che non le aveva mai sentito adottare, lo informò che doveva andare via, ma che avrebbe chiamato qualcuno a sorvegliare l'Infermeria al posto suo. «È un'emergenza», disse, e la sua voce era vuota e intensa allo stesso tempo.

Non si Materializzò davanti al Testa di Porco solo perché non sapeva bene dove si trovasse. Aveva avvisato che doveva recarsi d'urgenza al villaggio, e la preoccupazione che le tendeva il volto era stata più che convincente. Erano bastate poche parole di Rowena per risvegliare in lei un tumulto che non si sarebbe placato se non quando si fosse assicurata personalmente che la donna stesse bene. Credeva di conoscerla, almeno un po', ed era certa che non l'avrebbe contattata se non avesse avuto davvero bisogno di lei. Il sangue che macchiava il messaggio l'aveva spronata più di qualsiasi parola: vedeva già l'amica gravemente ferita, il rosso che zampillava dalla carne viva, sentiva la fatica che doveva esserle costato vergare quel messaggio. Muoversi non era nemmeno stato una decisione, ma una risposta immediata del suo stesso corpo. Le ampolle tintinnavano al suo fianco – erano le Pozioni che utilizzava nella maggior parte delle cure, mentre il Larice era fissato al suo solito posto, nell'apposita fodera.
Riuscì a trovare il locale grazie alle indicazioni di un passante e, se l'esterno la lasciò un po' perplessa, una volta entrata non seppe impedirsi di storcere il naso: quel posto pareva incrostato della sporcizia di anni interi. Lo aveva conosciuto solo di fama, fino a quel momento, ed era, inutile dirlo, una pessima fama. Perché Rowena, con ogni probabilità ferita, avesse scelto proprio quel posto per rimettersi in sesto, Jolene non avrebbe saputo indovinarlo. Sotto alla preoccupazione, cominciò a crescere un sospetto ancora informe.
Dopo aver capito come raggiungere la stanza numero quattro, vi si avviò senza indugio. Non aveva notato subito le gocce di sangue che macchiavano il pavimento, ma non poté ignorarle quando scoprì che la precedevano fino alla stanza di Rowena.
Giunta di fronte alla porta, batté due colpi, prima di abbassare la maniglia senza neppure attendere una risposta. «Rowena?», scandì a un volume forse troppo alto. «Sono io, Jolene. Sono partita appena ho ricevuto il gufo...»

 
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view post Posted on 25/1/2020, 22:22
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LA MANGIAMORTE

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◗ Punti Salute: 248/333

◗ Punti Corpo: 250/314

◗ Punti Mana: 342/342

→ Bruciature lievi sul polso sinistro.
→ Taglio profondo sul palmo sinistro.
→ Taglio profondo alla spalla sinistra.
(Finché sanguini perdi 5 PS a turno)
→ Lieve intossicazione da gas velenoso


Il dolore era sfiancante. Il taglio che aveva alla mano sinistra continuava a sgorgare sangue e avvertiva un rivolo caldo scivolare lungo il palmo e accarezzare l'intera lunghezza delle sue dita, morendo infine al contatto con il legno della taverna, in una goccia ampia e voluminosa. Eppure prima di salire le scale, di arrivare alla porta che avrebbe aperto con la chiave che teneva stretta nella mano buona, quella destra, non poté evitare di fermarsi al bancone e trascinare in camera oltre che le sue membra stanche, anche una bottiglia d'incendiario. Faceva fatica a stringere le dita della sinistra nel collo di questa eppure riuscì a portarla sana e salva nella stanza. Non era un luogo accogliente, ma vi era un letto, una vasca ammaccata e imbrunita dal troppo consumo, un lavabo, un tavolo: lo stretto necessario in un ambiente che appariva comunque pulito per gli standard del testa di porco. Il fuoco crepitava nel camino ma togliendosi di dosso il mantello che venne posato assieme alla bottiglia sul tavolo, un brivido le percorse la schiena, accorgendosi che questo era stato acceso da troppo poco per scaldare a dovere l'ambiente. Osservò la vasca, un bagno caldo avrebbe sopperito alla mancanza del calore. Chiuse quindi la porta a chiave, aprendo il rubinetto dell'acqua calda e lasciando che la vasca iniziasse a riempirsi, spogliandosi delle vesti lacerate e insanguinate che vennero abbandonate sul pavimento. Il ferula aveva già smesso di essere utile, le bende bianche si erano già tinte di un rosso scuro, del plasma che continuava a sgorgare copioso. Si portò dietro la bottiglia, che aprì alla bene e meglio, stringendo il tappo di sughero tra i denti e sputandolo in un angolo, bevendo finalmente un ampio sorso e si rilassò, ritrovandosi a tossicchiare rumorosamente per l'ennesima volta, avvertendo ad ogni sbatacchiare dello sterno, il dolore alla spalla farsi più intenso.

-Merda...-

si lasciò andare all'esclamazione con un fil di voce mentre l'acqua iniziava ad intorbidirsi. Il corpo venne lavato con delicatezza e l'odore ferroso del sangue e quello acre della pece vennero sostituti a quello intenso di viola, che s'inerpicò frettolosamente su per le narici. Apri la mano ferita nell'acqua, i lembi della pelle galleggiavano come alghe nella corrente ma non riuscì a sollevare il braccio: la spalla aveva subito un trauma notevole ed era al momento inutilizzabile. Sospirò, spostando lo sguardo sulla scarsella dove dimoravano le pergamene ingiallite e il sacchetto di galeoni: fu in quell'istante, che si ritrovò a sogghignare bieca. Il bottino era suo.
Si sollevò fumante di vapore, le ferite erano ora pulite ma rivoli rossi macchiavano la pelle che non rimase a lungo immacolata. Era stordita e un lieve mal di testa si stava aggiungendo agli acciacchi del suo corpo. Aveva un gran sonno, ma non avrebbe potuto riposare prima dell'arrivo di Jolene che per sua fortuna, fu lì a breve. Avvertì la sua voce oltre l'uscio, la porta vibrare in un tentativo di aprirla ma fino a che non avrebbe girato la chiave della toppa, tutti i tentativi da parte dell'altra sarebbero stati vani. Avvolta in un asciugamano oramai già non più bianco si scostò dall'ingresso permettendo all'altra di entrare.

-Grazie di essere venuta così presto...-

sogghignò stancamente, puntellando con gli occhi scuri quelli verdi e probabilmente sorpresi di lei.
Rowena non appariva al meglio, il taglio ampio che aveva sul palmo era celato dalla posizione dell'arto, eppure una goccia di sangue corse rapida sull'epidermide, percorrendo le pieghe sottili della mano. Ad altezza del polso la bruciatura era vivida, ma nessuna delle due ferite era gravi quanto quella sulla spalla. Lo squarcio era ampio e profondo, le fasce muscolari pulsavano e il sangue continuava a scendere in sentieri sottili, sporcando l'asciugamano arrotolato attorno al seno. La mano destra venne sollevata, la bottiglia portata alle labbra e la porta che venne chiusa alle spalle di Jolene se fosse entrata nella stanza con un movimento della gamba.

-Mi sono fatta male…-

Disse mesta.
 
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view post Posted on 31/1/2020, 18:31
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La porta era chiusa a chiave: c'era da aspettarselo e, anzi, la credeva una prudenza più che necessaria all'interno di quella bettola malfamata. Gli istanti prima che la chiave girasse nella toppa e la maniglia venisse abbassata dall'interno, tuttavia, bruciarono quel che rimaneva della pazienza di Jolene, che quindi si fiondò nella stanza in un turbinio di vesti nere. Se la rossa appariva trafelata, con il mantello buttato alla meno peggio sull'uniforme da infermiera e i capelli in disordine, non era niente in confronto all'aspetto malconcio di Rowena. Prima ancora che la porta le si fosse chiusa alle spalle, un'unica occhiata alla sua spalla sanguinante aveva ulteriormente allarmato Jolene, confermando le sue peggiori previsioni. Beh, forse non peggiori: quantomeno, la donna si reggeva ancora in piedi, e poteva portarsi una bottiglia alle labbra, nonché giocare di eufemismi.
«Per Merlino, Rowena, che... che cosa ti ha ridotta così?» In momenti come quelli, la voce le si alzava in maniera allarmante, divenendo ancor più acuta del solito. Non perse tempo, Jolene, e, posata una mano sulla spalla sana dell'altra, la invitò a sedersi sul letto. «Ti prego, siediti. Sembra che tu stia per svenire da un momento all'altro, e non mi stupisce, devi aver perso un sacco di sangue.» Era un'immagine completamente diversa da quella che le aveva sempre mostrato. Jolene si era abituata a considerarla come una sorta di uragano di volontà e, anche se a causa del suo lavoro vedeva continuamente come un corpo debilitato ammansisse anche i caratteri più forti, non si era ancora abituata al contrasto.
A dispetto di quanto potesse essere scossa, Jolene sapeva quello che doveva fare: con occhio attento esaminò la ferita più visibile, quella sulla spalla, valutandone profondità e gravità. Almeno non sembrava infetta, ma aveva comunque un aspetto orribile. La carne era stata lacerata con forza, e solo qualcosa di estremamente tagliente e spietato sarebbe riuscito a ridurla in quel modo.
Si tolse velocemente borsa e mantello, posando la prima sul tavolo con attenzione per le ampolle di vetro che vi erano all'interno. Si permise di guardarsi meglio intorno, esaminando quella stanza che lasciava molto a desiderare. Era più pulita del bar, e almeno c'era il caminetto a scaldare l'aria altrimenti gelida, ma ai suoi occhi aveva comunque un aspetto squallido e trascurato. «Una stanza d'ospedale non sarebbe stata più comoda?», domandò, senza fare nulla per nascondere la sua disapprovazione per quel luogo. Sperava che Rowena avesse un buon motivo per essersi rifugiata lì, invece di correre subito al San Mungo. «Lì hanno anche degli antidolorifici più mirati», soggiunse, questa volta con un mezzo sorriso, facendo cenno al whisky incendiario.
Ci sarebbe stato tempo per discutere più tardi, ma prima voleva assicurarsi che non perdesse altro sangue. Estrasse la bacchetta e si avvicinò nuovamente all'amica. «Per prima cosa la spalla. Non ci metterò molto e non ti farò male, però cerca di rimanere il più possibile ferma.»
Si concentrò dunque sull'esecuzione dell'incantesimo: il movimento era semplice, il semicerchio in senso orario, la stoccata finale verso la ferita. In contemporanea, la formula: «Medèor Vulneràtio». Ed ecco che, obbedienti, i lembi del taglio iniziarono a rimarginarsi, strato dopo strato, centimetro dopo centimetro, fino a lasciare la pelle intonsa. A quel punto, qualsiasi dolore avrebbe dovuto cessare.
«Fammi vedere la mano», disse poi, e il tono era quello pacato che usava con tutti i pazienti.



Considerando la data del primo post, puoi già ritenerti guarita.
 
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view post Posted on 1/2/2020, 18:49
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LA MANGIAMORTE

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Jolene non badò ai convenevoli. Si fiondò nella stanza come una folata di vento feroce apre una finestra socchiusa, muovendosi rapida, arzilla e per lo più allarmata. L’espressione che aveva sul volto trasudava tutta la sua apprensione e Rowena si chiese se fosse stato veramente saggio chiamare la giovane infermiera, in una sorta di rimorso. La rossa era, dopo la loro disavventura, qualcosa di più di un estranea e quello che stava accadendo nella stanza numero quattro del testa di porco, avrebbe creato tra le due un legame forse più profondo, qualcosa che Rowena non voleva e che con prudenza, si era guardata negli ultimi anni di evitare. Eppure non avrebbe potuto fare altrimenti, recarsi al san mungo voleva dire incasinare la vita di se stessa e quella della venditrice ambulante, curarsi da sola, poteva bastare per le ferite superficiali ma il taglio alla spalla sinistra, era qualcosa che richiedeva più delle sue abilità, inoltre, utilizzare il potenziale magico per medicarsii voleva dire rendersi debole. Ed era qualcosa che non poteva permettersi.
Sorrise affabile alla domanda dell’altra, ma come cominciare? L’avrebbe presa alla larga.

-Conosci la venditrice ambulante qui ad Hogsmede?-

arretrò nel contempo di un paio di passi, prendendo posto sull’unica sedia disponibile. Se ne stava leggermente con le gambe divaricate, ma l’asciugamano era coprente a sufficienza per non fare vedere la sua intimità all’altra. Il culo della bottiglia poggiava sul ginocchio nudo, probabilmente se avesse continuato a bere, si sarebbe portata la bottiglia nel letto quella notte.

-Nah…-

simulava, ma il volto pallido diceva il contrario e il bagno caldo, assieme all’assunzione di alcol, avevano solo accelerato il flusso del sangue che silente scivolava sulla pelle nuda.

-Non potevo, avrei incasinato la vecchietta e non posso permetterlo…-

il fatto che vendesse mappe simili, in luoghi così pericolosi a qualsiasi avventore era qualcosa che al ministero poteva non andare bene, dopotutto anche uno studente dei primi anni, con un poco di sale in zucca, avrebbe potuto ottenere mappa e chiave, per poi finire tra le fauci del drago infernale in un boccone.
Annuî, quando Jolene iniziò a medicarla. Reclinò la testa di lato e osservò la punta della bacchetta, volteggiare in un semicerchio e sfiorare appena il taglio e avvertí il dolore, intenso quanto quello che le aveva aperto quello squarcio.
Strinse i denti, si lasciò andare in una smorfia capace di cambiarle i connotati del viso, chiuse gli occhi e un verso strozzato, quasi gutturale, raggiunse l’aria mentre la pelle, strato dopo strato, iniziava a ricomporsi. Non sapeva se le avrebbe lasciato una cicatrice o meno, poco le importava.
Ansimò quando fu finito, chinandosi leggermente in avanti, la mano ferita tenuta appena sollevata, porgendole il taglio e la bruciatura.

-Aspetta…-

bevve un sorso d’incendiario, prima tornare a respirare con affanno. incontrò gli occhi di lei e la sua apprensione. Meritava la verità

-Insomma, ci sta questa venditrice che per un arco di un centauro e una ciocca di capelli, assieme a qualche galeone ovviamente, ti da la chiave e una mappa di un posto…-
 
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view post Posted on 5/2/2020, 17:53
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Solo quando la grossa ferita sulla spalla si fu risanata Jolene si permise di rilassarsi, seppure in minima parte. Ferma di fronte a Rowena, ne aveva visto la smorfia di dolore poco prima che l'incanto facesse il suo effetto e, come ogni volta, non si era permessa di farsi distrarre. Perdere la concentrazione in quel momento sarebbe stato catastrofico per la cura, ed era così che aveva imparato ad ignorare, per quanto possibile, quelle manifestazioni di sofferenza temporanea. Era necessario, se voleva essere di qualche utilità.
Superati i momenti più critici, dunque, le parole di Rowena tornarono ad assumere un significato completo alle sue orecchie. Poté prestare loro attenzione come non aveva del tutto fatto fino ad allora, ed interruppe la sua frenetica attività per considerarle. Strinse le labbra mentre cercava di ricordare se avesse mai notato una venditrice ambulante lì ad Hogsmeade, ma non le sovvenne nulla di significativo. Per quanto piccolo, il villaggio era popolato da innumerevoli Maghi e Creature magiche di ogni genere e, tra gli abitanti stabili e i visitatori saltuari, era impossibile tenere a mente tutti, per quanto di frequente Jolene potesse recarsi da quelle parti. Per di più, c'erano le stradine meno conosciute, quelle che non avevano un'aria molto accogliente e su cui si affacciavano abitazioni e bettole come il Testa di Porco: lei non ci si avventurava quasi mai. Forse la venditrice di cui parlava Rowena si aggirava da quelle parti che lei era solita evitare; le sembrava poco probabile che qualcuno chiedesse ciocche di capelli e archi di Centauri in pieno sole lungo High Street. «Non conosco questa venditrice di cui stai parlando» ammise infine. «Mi ricorderei dei prezzi così… particolari.» Come ci si procurava un arco di Centauro, tanto per cominciare?
«Quindi, fammi capire. Tu hai trovato questi oggetti e glieli hai portati. In cambio, lei ti ha mandato in qualche luogo che deve essere molto pericoloso, per farti tornare così.» Scosse la testa: quando incrociarono quelli di Rowena, gli occhi di Jolene non le risparmiarono un certo rimprovero. «Davvero, Rowena, con queste premesse sono sollevata che non ti sia andata peggio. Capisco che andare al San Mungo avrebbe richiesto delle spiegazioni scomode, ma cosa avresti fatto se io non fossi stata al Castello, o se per qualsiasi motivo non fossi potuta venire? Saresti rimasta qui a perdere sangue? Era una ferita profonda, non sarebbe stata semplice da curare da sola, specialmente quando sei debole.» C'era rabbia, nelle sue parole, ma la verità era che nasceva dallo spavento. La possibilità che aveva disegnato era anche fin troppo plausibile per non farla preoccupare, a dispetto del fatto che alla fine le cose si erano risolte per il meglio.
Eppure… C'era della curiosità, sotto alla luce dura nello sguardo della rossa. Avrebbe mentito, se avesse affermato che quel tipo di possibilità non la attirava per niente. Certo, il tutto doveva avvenire ben lontano dagli occhi della legge, e chiunque tenesse alla pelle ci avrebbe pensato due volte prima di avventurarsi sulle tracce di una mappa ottenuta in quel modo. Ma, nonostante le ferite, Rowena non sembrava pentirsi di quello che aveva fatto, e non poteva essere solo la stanchezza. Un prezzo alto poteva solo promettere ricompense altrettanto importanti: ricchezze e denaro? Manufatti rari? Conoscenze straordinarie?
Quando aprì la propria borsa e iniziò a setacciare le fiale, Jolene si rese conto che non sarebbe stata in grado di rimanere severa a lungo. Se avesse potuto avrebbe protetto sotto una campana di vetro qualunque persona a cui fosse anche un minimo legata ma, dall'altra parte, aveva un debole per le belle storie, e una tremenda curiosità che difficilmente si faceva limitare dalla definizione di ciò che è lecito e ciò che non lo è. «Che tipo di posto era?» domandò, il tono ammorbidito, desiderosa di far raccontare all'altra la sua avventura.
Tornò quindi da lei, e tra le mani aveva due boccette: posò la prima, e stappò l'altra. In pochi secondi, un gradevole profumo di limoni zannuti di Sicilia iniziò a sprigionarsi nella stanza. «Questa serve per il taglio sulla mano» spiegò: era abbastanza contenuto da permettere l'uso agevole della pozione, al contrario di quello che le aveva squarciato la spalla. Tese la mancina perché Rowena vi posasse sopra la sua mano: vi avrebbe poi spalmato una dose generosa della Bava di Gorgol – nome infelice che evitava accuratamente di menzionare –, grazie alla quale anche la mano sarebbe presto guarita.



Mamma Jolena così: :angry2:
 
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view post Posted on 8/2/2020, 12:50
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Il Fato

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La stanza numero quattro era effettivamente la stanza migliore della Testa di Porco. Non che fosse difficile raggiungere un simile primato. Punto primo, nella stanza numero quattro non c'erano strane infestazioni di Bundimun o Mollicci che si nascondevano nei cassetti o Ghoul depressi che avevano deciso di eleggere il luogo come loro dimora eterna e questo costituiva già un punto a favore e una delle ragioni per cui il proprietario ogni tanto tirasse un po' sul prezzo.
Punto secondo, le pareti della stanza numero quattro avevano il buon gusto di rimanere dritte e asciutte, senza trasudare strani liquidi rossi o muffe allucinogene.
Punto terzo, la stanza veniva effettivamente pulita quattro volte a settimana, che per gli standard della Testa di Porco era già un trattamento da gran signori. Certo, i signorini eleganti che facevano tappa a I Tre Manici sarebbero scappati a gambe levate a vedere il primo scarafaggio zampettare tranquillo sul soffitto o le ragnatele appese sopra la porta, quelle che nessun garzone aveva mai voglia di pulire, ma gli avventori della Testa di Porco non erano signorini eleganti che si scandalizzavano per uno scarafaggio.

La garzona non aveva mentito. Il pavimento era stato spazzato di fresco, non c'erano macchie di sangue in giro e le lenzuola pizzicavano ma almeno sentivano di pulito.

Rowena era fortunata. E non solo per la stanza. Non era da tutti infatti essere amica dell'infermiera di Hogwarts, una persona pronta a correre in soccorso alla prima chiamata e a sistemare i danni di un incontro ravvicinato con un drago. E per quanto Rowena potesse minimizzare la gravità della situazione, Jolene aveva sviluppato un occhio attento negli anni e si tenne concentrata, muovendosi con precisione e velocità.

Prima la spalla, poi i polsi, infine le mani, una dopo l'altra le ferite di Rowena furono curate.



OT: Considerati i tempi dall'arrivo di Jolene, Rowena può considerarsi guarita.
Un piccolo appunto. Di norma, quando interviene un Master, considerato che non ci si trova né al San Mungo né in Infermeria, spetta comunque al Master stabilire se e quando il PG è curato.
Tenetelo a mente per le prossime volte.
 
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view post Posted on 1/3/2020, 20:39
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LA MANGIAMORTE

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Rowena non si stava per nulla accorgendo di quello che stava accadendo in quella stanza: non era un semplice incontro tra un dottore e il suo paziente che aveva bisogno di ricomporre lembi di carne stracciati, era un aprirsi e mostrare un infinitesima parte di se, abbassare le difese e lasciare che lei penetrasse un po’ più a fondo, toccando il vero io della donna come nessuno aveva saputo fare da anni. Con lei si sentiva incredibilmente leggera e i soliti malevoli pensieri, assopiti in qualche angolo remoto del suo cuore nero.

-All’incirca…in realtà mi ha dato una mappa e una chiave e sono andata a vedere dove portava…-

ammise con un sorriso sornione stampato tra le labbra. Ora che stava meglio si poteva permettere anche di fare un po’ di spirito, così quando incrociò lo sguardo di rimprovero da parte della giovane infermiera, seguito dall’amorevole ramanzina, non potè fare a meno di canzonarla.

-Sarei morta dissanguata e ti sarei venuta a tirare i piedi nel letto...-

sfarfallò gli occhi, sorridendo in modo decisamente ebete. L’obiettivo era quello di sdrammatizzare la cosa e cambiare discorso. Se non fosse stata reperibile Jolene in qualche modo di sarebbe curata. Probabilmente non avrebbe fatto un lavoro così ben fatto e di quelle ferite sarebbero rimaste cicatrici per ricordarle che i draghi, non sono esseri da sottovalutare, ma ne sarebbe uscita viva. Ancora una volta.
La vide studiare attentamente la mano poi sollevarsi per andare a frugare nella borsa in cerca di un qualche rimedio o essenza che proveniva direttamente dal castello. Il pensiero la cabina dei medicinali dell’infermeria di Hogwarts e le abilità del suo responsabile venissero usate per curare proprio lei, le strappò un risolino che difficilmente riuscì a trattenere,

-hihihihi-

Il fato ogni tanto si divertiva in modo alquanto bislacco.
Come se nulla fosse successo si prese il suo tempo prima di risponderle. Il modo di parlare e quello in cui la guardava era decisamente più solenne rispetto a prima.

-Per arrivare li mi sono materializzata in un punto fissato sulla mappa, ho superato una foresta di rovi grazie ad un incantesimo di trasfigurazione…-

Andò a porgere la mano alla rossa, che iniziò a passare il suo unguento

-…poi sono arrivata ad una rocca, un piccolo castello dove c’erano dei fantasmi al suo ingresso, probabilmente quelli che avevano provato ahi!-

ritirò leggermente la mano, assumendo un espressione contrita sul viso

-fa male oh!-
 
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view post Posted on 13/3/2020, 18:42
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Non aveva nessuna intenzione di ridere. Era realmente scossa, e già sul piede di guerra per controbattere alle proteste che era sicura sarebbero venute da Rowena. L'espressione era quella addolorata ma ferma di chi sa di non potersi sottrarre ad un compito ingrato come quello di infierire su chi è già in uno stato di debolezza, ma che sa di agire per il meglio. Eppure, a dispetto di tutte le precauzioni, un sorriso obliquo sfuggì al suo controllo, lasciando addirittura che qualche sbuffo divertito – il principio di una risata trattenuta – le solleticasse le labbra.
«Sarei morta dissanguata e sarei venuta a tirarti i piedi nel letto…»
Si limitò a scuotere la testa e a voltarsi verso le sue pozioni, nascondendo così la sua reazione fin troppo morbida. Non era davvero il momento di scherzare sui fantasmi, quando il pallore di Rowena era già un richiamo più che sufficiente. I filosofi potevano anche ridere dei pericoli e delle disgrazie; si diceva che fosse una capacità propria dei più saggi, al pari del distacco. Incapace di padroneggiare questo ultimo, Jolene sarebbe volentieri passata per sciocca pur di difendere un affetto, ciò che riteneva quanto di più sacro al mondo. Così, pur comprendendo la necessità dell'altra di sdrammatizzare una situazione altrimenti gravosa, le era difficile assecondarla a cuor leggero. Interpretò il ridacchiare di Rowena come una reazione alla sua cedevolezza, un momento in cui rallegrare insieme l'atmosfera tetra del Testa di Porco. Si sentì sorprendentemente mossa da quel piccolo gesto che, solo per la durata di pochi istanti, le permise di rendersi pienamente conto dei fili che venivano legati, della trama che andava intessendosi in quel contesto tanto delicato. Se in precedenza Rowena le aveva dato l'impressione di mantenere sempre una distanza prudente da lei, ora pareva che i suoi muri si fossero abbassati. Era una piccola meraviglia, ogni volta che qualcuno lasciava che accadesse.
Rowena doveva avere desiderio di raccontare della sua avventura: non si fece pregare, iniziando fin da subito a delineare un percorso irto di ostacoli. La sua esclamazione venne in contemporanea al sussulto della rossa, e alcune gocce di Bava di Gorgol caddero a macchiare il pavimento – e lì sarebbero rimaste a fossilizzare, pensava Jolene.
«Mi dispiace...» borbottò, raddrizzando velocemente la fiala. «Il bruciore è normale, avrei dovuto avvisarti. Però almeno dura poco.» Indietreggiò di un passo, così da poter guardare la donna negli occhi. Ancora una volta Jolene appariva scossa e in un certo senso sospesa, come se ci fossero delle parole incastrate a raschiarle la gola e potesse riversarle all'esterno da un momento all'altro per liberarsene. Quando ciò avvenne, la voce era sorprendentemente flebile, il contatto con l'aria l'aveva privata di tutta la forza con cui era nata dal petto della ragazza: «Credi che delle persone siano morte lì?» Non sarebbero riuscite a sdrammatizzare, non questa volta. «Come? Cosa c'era di tanto orribile?»
Le mani erano strette intorno alla fiala, una sull'altra in un groviglio pallido e nervoso. Era quello l'unico modo per non tremare, premere sul vetro più forte che potesse, premere come se volesse sbriciolarlo con le sole dita. Le si poteva leggere in viso quanto quel nuovo indizio l'avesse travolta e ora non accennasse a sollevarla del suo peso immane. Gli occhi ora erano lucidi, attenti, fissi nell'attesa di ciò che sarebbe seguito.



Sorry master, è la prima volta che richiedono i miei servizi a domicilio e non lo sapevo. Grazie per la nota!
 
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view post Posted on 16/3/2020, 17:45
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LA MANGIAMORTE

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Jolene aveva un tocco morbido e delicato e le mani pallide, apparivano come quella di una madre intenta a rattoppare l’ennesima sbucciatura di un figlio troppo scapestrato. Nonostante la giovane età, che si palesava sul viso chiaro, nel corpo asciutto e minuto, vi era una sfumatura di maturità in tutto quello che faceva e nello sguardo preoccupato che le lanciava ogni tanto.

“Povera ragazza”


pensò Rowena. La sua maturità l’avrebbe potuta rovinare, proprio ora che giovane e forte e poteva fare del mondo tutto quello che voleva. Le sarebbe servita una guida, qualcuno che la scuotesse da quel torpore forse dovuto alla troppa timidezza. Aveva bisogno di un avventura ecco, o forse di finire tra le braccia robuste di un uomo che ci sapeva fare, giusto per scioglierla un po’.
Continuava a pensare a tutto ciò, al fatto che se la sarebbe dovuta portare dietro più spesso, farle scoprire che i piaceri della vita vivevano li, dove l’adrenalina si mischiava alla paura e alle emozioni forti.
Agitò la mano che reggeva la bottiglia come a farle capire che non era un problema il fatto che la pomata bruciasse e la guardò a fondo negli occhi quando lei indietreggiò di un passo, accettando di venire soppesata.
Si chiese che cosa vedesse Jolene, che idea si era fatta di lei seduta su di una sedia con indosso un asciugamano intriso di sangue, con le ferite che ancora dolevano ma che iniziavano a guarire, i capelli bagnati e appiccicati al viso, lo sguardo trionfo e soddisfatto, quasi ebbro e no, non centrava la bottiglia che reggeva nella mano.
La voce flebile le mosse qualcosa dentro, era una risata vigliacca e beffarda. Non vedeva l’ora di vedere lo scandalo trasfigurarle il volto bello.

-Si-

una sola sillaba, facendo una pausa e godendosi della smorfia che da li a poco sarebbe giunta.

-C’era un drago, ma non è più un problema, almeno non mio. L’ho ucciso.-

Vanità, ti presento tua figlia: Rowena Abyss. Il tono della voce era chiaro e divertito, gli occhi ardevano di una passione intensa, rivivendo il momento in cui il drago era caduto, in cui il sangue colore pece era schizzato e il suo cuore, aveva galoppato nella morte dell’avversario.
 
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view post Posted on 31/3/2020, 11:06
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Era un momento delicato quello in cui due identità si affacciavano una all'altra con franchezza. Rowena non era un'estranea, ma Jolene non si sarebbe mai spinta fino a dire che la conoscesse. Ciò che aveva visto di lei erano stralci più o meno significativi che lasciavano alla supposizione più di quanto non mostrassero e così, in quella terra liminale, l'altra avrebbe potuto confermare i suoi sospetti così come deviare da essi in modo del tutto inaspettato. Se è piuttosto semplice guardare con occhio benevolo a chi si conosce solo superficialmente, poiché la profondità dei pregi e dei vizi non è tale da costruire un marcato effetto di chiaro-scuro, quei particolari istanti erano cruciali nel definire un giudizio più importante. Le parole giocavano un ruolo marginale, in simili frangenti. A fare davvero la differenza era l'atteggiamento, i moti profondi rivelati da uno sguardo luminoso piuttosto che spento, da un sorriso involontario invece che una smorfia contrita. Sul viso di Rowena si delineava un'espressione sinistra che presto tramutò in diffidenza la preoccupazione iniziale dell'infermiera. Divertita – la donna era divertita dalla sua stessa impresa. Così, mentre la presenza di Rowena si faceva sempre più delineata tra quelle quattro mura sudicie, invadendo lo spazio come un'ombra dai contorni netti, Jolene parve d'un tratto remota, rimpicciolita nell'atto di ritrarsi in se stessa. Le spalle strette irrigidite, la linea della mascella indurita, la più giovane trovò all'improvviso l'immobilità a sedare completamente i suoi gesti tormentati. Le dita non si mossero più intorno alla fiala, la loro presa si ridusse ad un contatto neutro. Mentre Rowena gongolava, Jolene traeva le sue conclusioni.
Per la prima volta, sentì distintamente la presenza di qualcosa di ostile e pericoloso. Stava annidato sotto alla pelle dell'altra, le guizzava negli occhi e vibrava nella sua voce in un moto forse involontario, o forse perfettamente studiato. Non si trattava tanto dell'aver ucciso un drago, fatto che già di per sé era indice di una capacità fuori dal comune. L'uomo è spinto ad atti estremi pur di salvaguardare la propria esistenza, solo uno sprovveduto avrebbe accettato passivamente un attacco mortale senza combattere a sua volta. No, ciò che realmente aveva scosso Jolene era altro: Rowena non mostrava nessun tipo di dispiacere per ciò che aveva dovuto fare. Al contrario, si palesava divertita e soddisfatta del suo trofeo di morte. Stanchezza e sfinimento parevano relegati al solo corpo, mentre lo spirito fremeva di giubilo. Può essere che Jolene stesse esagerando le proprie impressioni, portandole agli estremi a causa dei forti sentimenti di contrasto che facevano nascere in lei. Non si era inventata i primi indizi, tuttavia, e trovava inaccettabile ed inquietante che qualcuno reagisse alla morte con emozioni così prossime alla gioia.
Nel voltarsi verso la propria borsa era racchiuso l'impulso di uscire da lì il prima possibile. Un'altra spinta dettò invece la lentezza con cui appoggiò la fiala sul tavolo e iniziò a frugare tra le pieghe della tracolla alla ricerca di qualcos'altro. Per qualche secondo appena il tramestio e il tintinnare di vetro furono gli unici rumori all'interno della stanza. «Devi essere soddisfatta di te stessa» arrivò infine la voce della rossa, leggermente soffocata contro la sua spalla mentre si voltava a lanciare a Rowena un'occhiata penetrante. «Non è un'impresa da tutti i giorni uccidere un drago. Te la sei cavata anche piuttosto bene, tutto sommato. Chissà quanto sarà stata dura!» Lo strano irrigidimento di tutto il corpo si specchiava in parte anche nel suono di quelle parole, ma Rowena avrebbe potuto attribuirlo all'ennesimo colpo su quella che era poco più di una ragazzina e che di lotte con i draghi doveva saperne ben poco. Sarebbe stato difficile individuare le vere emozioni che ribollivano sotto alla superficie gelida – indignazione e rabbia e anche una punta di timore –, a maggior ragione poiché il viso lentigginoso era nascosto alla sua vista. Jolene stava ancora trafficando nella borsa, incapace di trovare ciò che stava cercando.

 
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view post Posted on 1/4/2020, 23:07
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Il furore della battaglia era scemato, l’adrenalina pure, eppure il suo ego continuava a divorarle brandelli di quella fresca lotta lievitando, facendosi sempre più grosso e più difficile da tenere a bada. Il volto di Rowena sfoggiava un sorriso compiaciuto, gli occhi scuri riportavano una scintilla ritrovata, una luce rinnovata che a quanto pare, Jolene trovava quanto mai tenebrosa. Non si accorse dei movimenti quasi spaventati di lei, di quella mascella serrata, delle dita ferme sulla fiala, delle spalle irrigidite, li attribuiva semplicemente ad una sorpresa, ad un stupore quasi reverenziale nei suoi confronti e la cosa le andava bene. La gente la doveva temere, chiedersi chi era veramente e di cosa poteva essere capace, instaurare nelle loro teste il dubbio che non avrebbe mai portato nessuno a tradirla, a preferire sempre di averla come amica che nemica e anche se per Jolene provava un tocco di affetto, non faceva eccezione. Nessuno lo sarebbe mai più stata.
Continuò a tenere gli occhi su di lei anche quando l’infermiera si decise a darle le spalle, iniziando a rovistare nella borsa che aveva portato con se. Il tintinnò delle boccette che si urtavano tra loro e venivano mosse riempì quel silenzio che si era creato dopo le sue parole divertite. Forse l’aveva turbata con quel modo di dire così crudo, ogni modo, non era un problema sua per questo decise che era tempo di fare altro e liberarsi dell’asciugamano che aveva indosso. Andò ad appoggiare la bottiglia sul tavolo e quasi in contemporanea, le dita della mano strinsero la bacchetta che se ne stava lì in bella vista per puntarla in direzione della sinistra, il palmo aperto. Tracciò un cerchio in senso antiorario, in seguito spostò indietro il gomito ad altezza della vita, come a voler dare uno strattone, lasciando che la mente pensasse intensamente a cosa evocare. Tra tutti i capi che aveva nell’armadio, che bisogna ammettere che non erano poi così tanti, vi erano un numero sorprendente di tuniche di diverse tipologie e colori e proprio ad una di questa, con le maniche lunghe, la gonna corta fino al ginocchio e di un bel viola lavanda, che stava pensando

“Indumèntum”

Un rumore di vesti, uno schiocco breve, ed ecco adagiarsi sulla mano la veste. Sciolse in fretta e furia il nodo dell’asciugamano che cadde in un tonfo a terra e se l’infilò. La bacchetta era ancora in mano.
Jolene aveva probabilmente sentito i vari rumori, i suoi passi, la sedia che veniva mossa e forse l’aveva colta proprio mentre passava la tunica sulla testa, mostrandole il petto nudo per un breve istante. Ma erano tra donne e la cosa non parve per nulla disturbare la mangiamorte. Tornò vicino al tavolo, recuperando la cintura che andò a legare in vita, creando un grazioso sbuffo nella tunica che aveva ora indosso per poi, portando ambo le mani dietro la schiena, avvicinarsi a Jolene, come per curiosare che stesse facendo la giovane donna. Ci stava mettendo un sacco di tempo, chissà che stava cercando.

-Abbastanza, potevo uscirne meglio forse, o anche peggio! Però l’importante è che sia finita. Più che altro, tutto questo trambusto mi ha messo fame, ti fermi con me? O devi tornare subito al castello? Offro io…-

I galeoni che l’impresa le aveva portato nelle tasche erano tanti e poteva permettersi di spenderne un po’ anche per lei.
 
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view post Posted on 6/4/2020, 11:02
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Intuendo dai rumori che l'altra di stava vestendo, Jolene non si voltò nuovamente e continuò invece la sua ricerca disordinata. Aveva riempito la borsa del tutto alla rinfusa, preda della fretta e dell'agitazione; ora era altrettanto alterata, anche se per motivi differenti, e nemmeno questo aiutava a trovare un ordine in quel caos. Era sorprendente, anzi, che non avesse ancora infranto niente, con quelle mani che si muovevano frenetiche e nervose.
Si aspettava che Rowena sfruttasse le sue parole come principio di un racconto compiaciuto, e per la verità le aveva studiate così da vedere fino a dove si sarebbe spinta. Avrebbe provato una soddisfazione feroce nel sentirla dilungarsi sui suoi meriti, sulla lotta felicemente conclusa con la morte dell'avversario. Jolene voleva avere consolidata la propria rabbia, ma Rowena la sorprese tagliando più corto di quanto avesse previsto. Quindi non dava nemmeno grande importanza al fatto: se possibile, questo costituì un colpo ancora più forte.
«È meglio se torno. Non c'è un vero sostituto, in Infermeria» rispose con quel nuovo tono che non le apparteneva. Aveva chiesto che qualcuno sorvegliasse il posto mentre era assente, ma si sentiva gelare al pensiero che una persona non specializzata si trovasse nella necessità di curare qualcosa di più grave di un raffreddore. Si era assentata per rispondere ad un'emergenza, ma non si sarebbe mai permessa di abbandonare il lavoro per cenare in compagnia. Quale compagnia, poi? La presenza di Rowena le risvegliava un tale disagio, in quel momento, da farle desiderare di congedarsi il prima possibile. Pur non potendo essere definita impulsiva, Jolene si lasciava trascinare dalle emozioni del momento in maniera pressoché totale. Questo la portava a reagire con un trasporto che spesso giudicava eccessivo, col senno di poi e nella calma ritrovata. Tali spinte difficilmente si traducevano in azione, rimanendo a ribollire sotto ad una superficie che lasciava trapelare solo sensazioni indistinte, senza mai dare un nome specifico al trasporto che si intuiva indistintamente.
«Queste pozioni maledette, che Merlino vi… Oh, eccola qui.» Finalmente estrasse dalla borsa una fiala ancora sigillata. Si scostò di lato, invitando Rowena a fiancheggiarla così che potesse vedere quello che le indicava. «Questo è Decotto al Dittamo, è utile per cicatrizzare ferite o escoriazioni piuttosto superficiali. Puoi prenderne un po' a distanza di qualche ora, dovrebbe aiutare con quel che rimane delle ferite. Ricordati che anche se il grosso è guarito, il tuo corpo ha comunque bisogno di riprendersi con i suoi ritmi. Quindi evita di sforzare la spalla per i prossimi giorni.» Nel parlare aveva tenuto lo sguardo fisso prima sulla pozione poi, dopo averla posata sul tavolo, ancora una volta l'aveva spostato sulla borsa, che ora si premurò a chiudere.
Solo quando se la rimise in spalla si permise di voltarsi verso Rowena, e nel guardarla sentì una fitta – dispiacere, senso di colpa – nell'abbandonarla tanto di fretta e con simili sentimenti nei suoi confronti. «Sei sicura che te la senti di uscire? Se vuoi posso ordinarti qualcosa mentre vado via, e chiedo che te lo portino direttamente in camera.» Una parte di lei si sentiva ridicola ad elargire tante premure ad una persona che aveva dimostrato di avere molte più risorse di quanto lei avrebbe potuto immaginare. Jolene, però, era abituata prima di tutto a prendersi cura dei convalescenti, e Rowena, a dispetto di quei lati che la disturbavano, rimaneva una persona a cui la rossa aveva cominciato ad affezionarsi.
Era combattuta, dunque, ma sapeva che non sarebbe stato quello il loro ultimo confronto. «Se dovessi avere ancora bisogno di me, mandami un altro Gufo. E, uhm…» Forse sarebbe stato più semplice dirle direttamente ciò che l'aveva scossa, cercare un confronto immediato che permettesse alla donna di dire la sua. Jolene non era certa di fidarsi abbastanza da esporsi, non in quel preciso momento, ma anche tacere del tutto le sembrava ingiusto. «È un peccato quello che è successo. A te, a quel drago, a quelli che ci avevano provato prima di te. Almeno non ci saranno altre morti, ora.» Scrutò con attenzione l'espressione della donna: cercava una scintilla di umana compassione alla menzione delle vite perse, un qualunque indizio che avrebbe potuto redimerla ai suoi occhi.

 
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view post Posted on 12/4/2020, 18:36
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Il due di picche che le rifilò Jolene venne accolto con un alzata di spalle. Le sarebbe piaciuto intrattenersi con lei e raccontare l’avventura in modo dettagliato davanti ad un bicchiere di vino, brandendo la forchetta con la quale avrebbe probabilmente inforcato un pezzo di carne come se fosse la propria bacchetta e mimando quelle sue incredibili gesta, ma nulla di questo sarebbe mai avvenuto. Tornò sui suoi passi, dandole il tempo necessario per frugare nella borsa che si era portata appresso, appoggiandosi al tavolo con le braccia conserte.

-Certo, ma vedrò di sdebitarmi in qualche modo prima o poi…-

stava pensando di lasciarle qualche galeone, ma forse la rossa si sarebbe offesa all’offerta di quel denaro. Probabilmente era venuta lí in onore di un qualche legame che stavano lentamente costruendo e non perché vi era una ricompensa. Avrebbe trovato il modo di ringraziarla comunque, casomai con un bel libro. Lo sguardo era fisso nello spazio davanti a lei, con fare pensieroso e fu la voce di Jolene a riportarla alla realtà.

-Mhm?-

Notò il gesto, l’invito a fiancheggiarla, e non se lo fece ripetere ascoltando con attenzione le disposizioni sul decotto di dittamo che effettivamente poteva esserle utile. Doveva ammettere che Hogwarts aveva fatto un ottimo affare ad assumerla. Nonostante fosse giovane, sapeva il fatto suo, probabilmente all’epoca degli studi era la migliore del suo anno in pozioni ed erbologia. Si limitò a borbottare un

-Grazie-

L’accompagnò quindi alla porta in modo cortese, facendo girare la chiave nella toppa e aprendole l’uscio. Scosse il capo alla sua offerta.

-No vai tranquilla, mi asciugherò i capelli e poi scenderò per addentare qualche boccone, mi farà bene un po’ di vita sociale -

le sorrise con fare rassicurante, ritrovandosi poi ad annuire, ancora una volta non accorgendosi di quel fare stranito. Potevano essere mille le cose che avevano turbato Jolene ma nella testa di Rowena nessuna di queste appariva come un segnale di pericolo per questo, continuava a comportarsi nei suoi confronti come sempre.

-Va bene, ma penso che tornerò forte come prima nel giro di un battito d’ali di boccino, sei brava nel tuo lavoro…-

una pausa lieve, cercando d’incrociare il suo sguardo

-… non devi crucciarti. Era un avventura e quelli che sono morti alla ricerca del tesoro della Domus sapevano a che stavano andando incontro ed anche io, più o meno...-

il tono di voce era confortante e leggero, come se avesse finalmente capito il perché di quel turbamento da parte della rossa. Forse era per il fatto che avessero parlato di morte, doveva essere difficile accettare per chi come lei che dedica la sua vita a tenere la gente in vita, che vi è un potere superiore che non sarebbe mai stato sconfitto. Chissà se aveva mai visto morire qualcuno.
Se non vi fosse stato altro, Rowena, dopo averla salutata e ringraziata di nuovo, avrebbe chiuso la porta dietro le sue spalle, lasciandola libera di tornare al castello.
 
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