Bury the hatchet..., Segue "Il Ballo dello Schiaccianoci" ~ Aiden

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Villaggio di Hogsmeade. Festa di Halloween.
Un refolo di vento s’insinua, impertinente, tra le lapidi alabastrine; nelle spirali vorticose di un inseguimento bizzarro, scansa a malapena le parole flemmatiche di una giovane camuffata. È Amber Serenity Hydra e stringe tra le dita i contorni di una corona che non le appartiene.
Mentreché l’aria le sfiora il corpo esposto, Nieve osserva il viso di tempere che ricalca i lineamenti della Tassorosso e s’irrigidisce. Per orrorifica che sia la maschera scelta dall’altra, la preferisce comunque alla fredda compostezza che si cela sotto il suo strato. A labbra schiuse, studia i dettagli del travestimento per prendere tempo. Il suo buonumore se l’è portato via il confronto con la realtà. Nel preciso istante in cui ha riconosciuto la voce di Amber, il gioco si è trasformato in qualcosa di diverso e il suo animo è imploso in un silenzio assordante — Nieve vede gli schizzi e le schegge seguite alla detonazione, ma non ode il rombo dello scoppio.
Sbuffa, quasi senza rendersene conto, e il suo corpo è già in tensione. Le suggerisce di strapparle di mano il copricapo di preziosi, lasciarlo cadere in terra e abbattersi sulla Hydra. Riesce a vedersi — e brama del godimento che le offre l’immagine evocata — mentre spinge Amber contro una cripta di marmo, una mano sul petto di lei e l’altra a bloccarne il polso. Non le dice nulla. Non le fa nulla. Lascia che il messaggio passi attraverso la condensa dei loro respiri e la pressione ferma della dita sul corpo. È animosità. È astio. È pura incomprensione.
Nella realtà, Nieve consente alla proiezione di ciò che potrebbe essere di sbiadirsi e compie un passo verso Amber. Ha un sorriso sardonico sulle labbra color rubino. Dunque, afferra la corona, attende che la presa dell’altra si sciolga e, infine, la ripone sul capo d’argento. La Rigos oltrepassa la Hydra — un tempo modello, guida, quasi amica; adesso polo opposto, antagonista, a tratti nemica.
«Patetica» bisbiglia, ché è già oltre la sua spalla.
Gli occhi dell’islandese rimangono sospesi nel vuoto per un ultimo istante. Gli annunci del Preside hanno sancito la definitività di ben due responsi: la Coppa delle Case ha consacrato la rinascita dei Corvonero dopo lunghi anni trascorsi nell’ombra e il favore del pubblico ha abbracciato le scelte stilistiche della Caposcuola Tassorosso. Se si lasciasse guidare dalla curiosità di guardare nella direzione dell’appena proclamata Fata dell’Opera, Nieve scoprirebbe di aver sfiorato — ancora una volta, inavvertitamente, con l’ingenuità che solo il Caso può rendere possibile — il sentiero di Amber a pochissima distanza dagli avvenimenti di Halloween. Per radicata e insuperabile che si atteggi la loro avversione, è impossibile non notare quanto spesso siano costrette dalla vita a fronteggiarsi l’un l’altra e, nello sforzo di tollerarsi, a prendere atto delle conseguenze di quell’unico, cruciale scontro sull’espresso per Hogwarts. Invece, impegnata com’è a portare avanti il proprio progetto e intenzionata a non dare alla Hydra un solo cenno d’attenzione, riporta lo sguardo su Aiden e simula divertimento.
La verità è che vorrebbe prenderlo a schiaffi, qui e ora; bearsi dello schiocco secco dato dal contatto col suo volto, pelle su pelle. Detesta, adesso che non sono più amici, quella tendenza alla paternale che si sente in diritto di usarle ad ogni occasione; il bisogno spasmodico di far rientrare tutto entro una categoria specifica — la sua — rispondente solo e soltanto a ciò in cui lui crede. Un tempo, ad onor del vero neppure così lontano, avrebbe visto celarsi nei gesti dell’uomo l’intenzione bonaria, forse un po’ maldestra, di chi voglia prendersi cura degli altri; di lei in particolare. Nel presente, tuttavia, Nieve Rigos ha la certezza assoluta di sapersi occupare di sé e, soprattutto, quella di voler tutto fuorché Aiden Weiss come protettore; ammesso e non concesso che ne voglia uno.
Sospira e ridacchia per tenersi a bada. «O Weiss! Sei così antico per la tua età» gli dice, lasciando scivolare la mano in quella di lui. Al centro della cicatrice che risplende sulla pelle eburnea del dorso, si adagia un cristallo. Checché ne dica e pensi, nel tono con cui gli ha appena parlato, c’è molto dell’affinità giocosa dei pomeriggi trascorsi a bere un tè in compagnia; delle ore passate ad ascoltarlo in silenzio, piazzando un intervento pepato qui e lì per il solo gusto di vederlo arrossire, ora d’imbarazzo ora di rabbia. È mai esistita quella persona, quell’uomo? «E sia! Ti concedo di invitarmi a ballare, se proprio ci tieni a fare il maschione alfa della situazione». Il pensiero del bacio che ha sottratto a Thalia — un’immagine resa raccapricciante, nella sua mente, dalla miriade di dettagli aggiunti dall’immaginazione — le provoca un fremito di disgusto. Dovrebbe andarsene, le dice una vocina timorosa, e vorrebbe farlo; ma non è che il sussurro tremulo di una parte destinata alla sopraffazione. La presa di Nieve stringe più saldamente la mano di Aiden, quando comprende il significato del discorso dell'altro e lo intravede munirsi di bacchetta. «No» proibisce e, per un attimo, è di nuovo la creatura impossibile, selvatica, pericolosa che lo ha attaccato impunemente ai margini di Hogsmeade. Le pupille si dilatano negli occhi di giada. L’abito a brandelli è quanto di più autentico le sia rimasto sul tramontare di una serata inattesa e solita insieme. E forse sta lì, in quello sguardo di magma, l’ultimo ancoraggio che la Pietà fornisce ad Aiden. Dovrebbe fuggire da Nieve e dalle sue intenzioni incostanti, dalle sue passioni feroci, dalle sue ferite crudelmente esposte — lui più di chiunque altro e ora più di sempre. Eppure, lei lo sta trattenendo, scientemente, senza altra intenzione che trascinarlo nel suo caos turbinoso per rincorrere la vendetta. E, se, per punire sé stessa o un altro o, magari, entrambi insieme, dovesse andarci di mezzo il mostro che ha ferito la sua migliore amica, non sarebbe di certo peccato; solo la maniera un po’ brutale con cui suole ristabilirsi l’ordine delle cose in un mondo scellerato. Invero, è così che le piace pensarla adesso… «O così o niente!»

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Perdonami per l’increscioso ritardo, fiorellino caro, ma so che lo farai se non altro perché ho sempre ascoltato i tuoi lunghissimi vocali registrati a bassissima voce — le cuffiette mi sono arrivate nel cervello, mi sono.
:angry2:
Detto ciò, in bocca alla Rigos! *OPPESE* *squalyfurbyssimy*


Edited by ~ Nieve Rigos - 10/3/2020, 22:11
 
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Aiden Weiss

Bury the hatchet... - Segue Il Ballo dello Schiaccianoci


Percepì una sorta di nota pepata nella voce della Rigos, come se volesse deridere una verità che caratterizzava l’intera figura di Aiden Weiss e il suo essere all'antica. Era stato cresciuto in una famiglia ancorata ad uno stile di vita fondato su vecchie e rigide tradizioni, oltre che di regole, le quali erano state instillate con eccessivo zelo nel giovane Auror fin dai suoi primi passi. Regan Wiess doveva sentirsi veramente fiero per quel suo operato, per essere riuscito a rendere suo nipote proprio come lui e come qualsiasi altro Weiss che gli avevano preceduti.
Ma Aiden, in quel momento, nell’udire il commento della Grifondoro, non provò alcun orgoglio: anzi, si sentì avvampare in un misto di collera e di imbarazzo, in cui proprio quest’ultimo prevaleva nettamente sull’altra. Le guance avvamparono come due carboni accesi, enfatizzando quando si stesse sentendo fuori posto con quell’atteggiamento rispetto alla sua reale età; anche le orecchie si tinsero di un colorito acceso per quella che doveva essere una manifestazione della propria ira, ma poiché esse non fumavano quanto una nave da crociera, tale reazione era più riconducibile ad un forte senso di vergogna. Era la prima volta che mostrava una simile emozione dopo aver sfoggiato il proprio lato cavalleresco, quando di solito non prestava alcuna attenzione all’ignoranza altrui dinanzi a quel modo di fare ormai dimenticato e in disuso.
Nieve Rigos era riuscita a farlo sentire come un pesce fuor d’acqua.
«Maschione che…???» balbettò con incredulità.
Un respiro profondo, il contatto con la mano di lei, della sua morbidezza e fermezza, oltre che del calore intenso, riportarono Aiden nel pieno controllo delle proprie emozioni. Riuscì a scacciare via quel velo d’imbarazzo che lo aveva avvolto quando, con un semplice e naturale movimento del pollice, incontrò una porzione di pelle cicatrizzata sul dorso di lei; fu a quel punto che gli occhi blu intenso indugiarono sulla mano della ragazza e constatarono l’effettiva presenza di una strana cicatrice a forma di raggiera, riportando alla memoria alcune delle parole che Thalia gli aveva confidato nel loro ultimo e segreto incontro.

La Moran parlò senza degnarlo di uno sguardo, gli occhi rivolti verso quanto vi era oltre la finestra del proprio soggiorno. Si era schiarita la voce e Aiden l’aveva guardata con una tale intensità dal volerla quasi implorare di guardarlo e sputare il rospo. Passarono pochi attimi, forse il tempo necessario per far sì che Thalia trovasse le parole giuste, che la sentì udire un’insieme di parole che lo sconvolsero nel profondo. «Ha avuto un’infanzia difficile. Lei non mi ha mai detto nulla, ma certe cose non bisogna dirle per forza. Le puoi vedere lo stesso, senza trucchi e senza inganni... ne puoi vedere i segni.»


Accorgersi della cicatrice, ricordarsi di quel velato indizio che Thalia gli aveva fornito, fece sì che Weiss provasse una profonda fitta all’altezza dello stomaco, una pressione così forte e incontrollabile da mozzargli il fiato per una frazione di secondo, mentre un irrefrenabile senso di nausea prese ad assillarlo. A quel punto avvertì l’istinto protettivo che covava nei confronti della ragazza comprimergli lo sterno con una tale prepotenza che avrebbe potuto sfondare l’intera cassa toracica, mentre l’ira attraversò i suoi occhi per un’istante. Non gliene importò granché che lei notasse la scintilla che aveva dominato nel suo sguardo, perché per quanto volesse tempestarla di domande, di obbligarla a dirgli chi le aveva inflitto un simile dolore, Weiss soffocò ogni iniziativa sul nascere.
Non poteva perdersi il diritto di decretare il bello e il cattivo tempo con lei, aveva già imparato da diverso tempo che con Nieve non sarebbe servito. Tutto ciò che l’Auror poteva fare, in quel momento, era cercare di capire la Grifondoro senza che lei se ne accorgesse e trovare così un modo per riaffermare quella fiducia che era andata perduta.
Il cristallo che trovò adagiato sulla mano di lei, per poco non strappò all’uomo un singhiozzo: l’ennesimo ricordo legato a Thalia lo travolse e per poco non gli strappò le viscere.

«Nieve è come una pietra preziosa: puoi darle il taglio che più ti piace e potresti osservarla per ore senza stancarti mai di scoprire quanti meravigliosi giochi di luce la facciano brillare.» tagliò corto la Moran, mentre infilzava un altro pezzetto di torta con tono grave ed aria in parvenza distratta. E per quanto la rossa sembrò farla sembrare una cosa scontata, una sciocchezza, lui si sentì un’emerito idiota per non esserci arrivato prima. Era stato cieco per tutto quel tempo e prese a pentirsene con tutto se stesso. «Ma lo sai, no? Dove c’è luce c’è anche ombra e credimi se ti dico che per una volta hai visto tutte le ombre di quel passato che si ostina tanto a nascondere.»


Ci aveva pensato a lungo da allora e, infine, aveva compreso: Nieve Rigos si era scagliata su di lui perché aveva ferito la sua migliore amica, perché - secondo il suo punto di vista - le aveva usato violenza, perciò aveva vendicato Thalia e, indirettamente, anche se stessa per qualcosa che le era accaduto in passato. Fino a quel momento si era basato sulle parole della Tassorosso, elaborando una possibile spiegazione al comportamento della Grifondoro, ma ora che aveva visto con i suoi occhi la cicatrice, Aiden iniziò a pensare che - probabilmente - l’idea che si era fatto fino a quel momento doveva avere un fondo di verità.
E Nieve era veramente come una pietra preziosa, proprio come quel cristallo che portava, scoprendone in parte il senso di quanto aveva detto la Moran. Non era lui a dover dare un taglio a quella pietra preziosa, era soltanto Nieve a possederne il diritto indiscusso, rivelando ciò che realmente era. Da parte sua era stato ingiusto definirla come “deludente”, perché per quanto la Rigos fosse a suo modo sia unica che complessa, non stava a lui plasmarla né a controllarla; doveva solamente imparare ad apparezzarla così com’era, benché quell’abito dal taglio tanto sconveniente quanto succinto gettava su di lei quell’ombra che per lui appariva come intollerabile. Sentiva di doversi sforzare a seguire il consiglio di Thalia e vedere fin dove lo avrebbe portato, magari ad ottenere una svolta positiva in quel novello incontro tra lui e la Rigos, oppure non avrebbe permesso nessun cambio di carte in gioco.
«Sta bene allora.» disse, infine, in un soffio teso.
Aveva ceduto. Aveva guardato oltre il proprio interesse o pensiero, mettendo da parte i propri ideali per dare a Nieve l’opportunità di vederlo per quello che era, per apprezzarlo a sua volta, per comprendere quanto lui si stesse impegnando per accettarla così com’era, senza riserve.
Le concesse un tenero sorriso e poi le permise di aggrapparsi al suo braccio affinché potesse scortarla degnamente all’interno della pista da ballo.

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Le parti che riguardano Thalia sono state prese dalla role Two Worlds con la benedizione della diretta intressata :flower:

 
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Far arrossire Aiden titilla le corde del suo orgoglio e la spinge a leccarsi le labbra in un gesto inconsapevole. Dinanzi alla prospettiva di come possa apparire la scena dall’esterno, perfino il ribrezzo dato dal tocco tra le loro mani si affievolisce. La mente compulsa, avida, le prospettive che l’attendono o quelle che immagina possano dipanarsi dall’interazione con l’altro: se anche Kurt finisse per non assistere coi suoi occhi, nulla impedirebbe ai pettegolezzi di diffondersi in maniera sufficientemente capillare da raggiungerne l’orecchio; allora, mescolando l’indifferenza a quanto rappresentato dalle dicerie, Nieve avrebbe conquistato la sua piccola vendetta.
Sfoggia un sorriso in favore dell’uomo, quando ottiene ciò per cui ha inteso battersi — la resa di lui. Dunque, accenna un altro inchino e ne prende il braccio. Non è semplice come avrebbe pensato, né terribile come si sarebbe aspettata. Entrare a così stretto contatto con Aiden si limita ad attivare i suoi contrasti, gli stessi che si è illusa di aver imparato a gestire in occasione del Barnabus e che, pochi minuti prima, nel silenzio del ripostiglio al primo piano, le hanno dimostrato di non avere alcun padrone. Per una parte di lei che aborre la vicinanza con l’Auror, infatti, ce n’è un’altra che agisce spontaneamente ed è incline al perdono; che, nei ricordi delle esperienze che hanno vissuto assieme, trova terreno fertile per instillare il dubbio di averlo giudicato frettolosamente. Perché odiarlo, se Thalia, che ne è stata vittima, non è disposta a riservargli il medesimo trattamento?, le fa presente la seconda delle due voci e la logica sottesa a quel quesito riporta in vita lo stordimento del Ballo delle Ceneri, quando il confronto con l’amica ha quasi avuto il potere di incrinare l’imperitura armonia del loro rapporto.
È proprio qui, nelle maglie di quest’ultima accusa volta ad ammutolire la benevolenza dei sentimentalismi, che s’insinua ed erige un altro picco d’odio, ribaltando la situazione. Anche a voler soprassedere alla condotta che gli condanna, non può perdonarlo per aver indotto Thalia a dubitare delle proprie capacità di giudizio e per aver messo entrambe nella condizione di scontrarsi; per aver attentato a un legame che non gli è dato capire per essere incapace di rispettare un’altra persona come lei sente di rispettare l’amica.
Stringe il pugno libero dalla presa di Aiden attorno a un lembo di tessuto per costringersi a mantenere alto il proposito della finzione; e saluta Stephanie, che la guarda sfilare al braccio dell’uomo con espressione sgomenta, per distrarsi dal bisogno di mettere in chiaro a gran voce l’empito della sua frustrazione. La musica e i volteggi delle coppie sopravvengono in suo soccorso, completando ciò che un rapido scambio di occhiate non è sufficiente a portare a termine.
«Spostiamoci» gli dice d’un tratto, ché sono appena giunti sul limitare della pista da ballo. «Da questa parte» prosegue, tirandolo con decisione. «Preferisco farmi pestare i piedi da quelli lì — e indica un duo di sbarbatelli che vorticano tutto intorno, tenendosi per i pollici — che condividere il mio spazio vitale con la Hydra» gli spiega e, in un calcolo involontario, si affida all’avversione che prova per la Tassorosso al fine di sopire quella che tributa al suo accompagnatore. «Non so se la conosci, ma te la raccomando, guarda» commenta, sarcastica. Intanto, schiva un paio di Corvonero — passando, ne sente uno rammaricarsi di non essersi fatto avanti a chiedere un ballo a Megan Haven prima che lo facesse il loro Caposcuola. A Nieve scappa un sorriso. «Si crede di essere sempre almeno un metro sopra gli altri, perché nessuno è degno di stare al suo livello, figurarsi al suo fianco. E, per questo, si sente in diritto di trattare la gente malissimo» aggiunge e si ferma, giacché ha trovato un angolo lontano abbastanza dalla giovane ove possano introdursi a loro volta. «Ci mancava solo che venisse nominata reginetta del ballo!»
Il suo giudizio, tuttavia, è esageratamente ingeneroso e per quello che lei ritiene un buon motivo. Una volta individuata Amber in compagnia del suo cavaliere, la Rigos ha realizzato quanta ironia possa avere la sorte per aver riconosciuto nel vestito azzurro uno dei pochi travestimenti che si fosse fermata ad ammirare. Schiava della propria ostinazione, eppure, sorvola il dettaglio per non adirarsi con sé stessa — avrebbe dovuto sentirlo che fosse lei e risparmiarsi quello sciocco apprezzamento interiore per non dare alla Tassorosso alcuna soddisfazione… Come se l’altra avesse potuto leggerle nella mente! Additarla a quel modo con Aiden è un meccanismo assai contorto volto a ripristinare l’ordine delle cose.
«Comunque, sempre per la storia del maschione alfa, immagino che tu ci tenga particolarmente ad essere quello che conduce la dama sulla pista e, poi, la porta qui e lì a suon di piroette» cambia argomento e, nel farlo, neppure si accorge di essersi appena presa gioco di lui con la stessa familiarità di un tempo; senza più finzione o velata ostilità. I suoi pensieri, infatti, sono tutti per la trovata di nonno Gaspare, che porta fieramente ai piedi: darà il migliore degli spettacoli come ballerina e, per una volta, sarà per suo volere che finirà sulla bocca di tutti. «Quindi, prego, Weiss. Fa’ quel che sai!»

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Aiden Weiss

Bury the hatchet... - Segue Il Ballo dello Schiaccianoci


Empatizzare con Nieve era difficile, ma non impossibile.
L’Auror tentò disperatamente di trovare un punto d’incontro con lei, ricercando quella sintonia ormai perduta, affinché potesse aiutarlo nell’impresa di capirla nell’interezza che si era prefissato di raggiungere. Voleva sincronizzarsi con lei, riuscire a decifrarne gli sguardi, i gesti, i toni, persino percepire le vibrazioni invisibili che il suo corpo emanava. Non poteva leggerle la mente, ne era consapevole, ma poteva leggerla in altri modi una volta trovata la breccia in quel guscio in cui ella si era racchiusa.
Percepì le dita di lei stringersi al tessuto della sua manica e a quel punto si ritrovò a scrutarla con la coda dell’occhio mentre procedevano verso la Sala da Ballo. Si domandò se quel gesto era dovuto al desiderio di tenersi disperatamente a lui, di riallacciare quei ponti che erano crollati con la stessa facilità di un castello di carte, o se - a discapito delle parole che l’avevano condotta da lui - vi fosse in realtà una ragione più oscura e nascosta di quanto potesse anche solo immaginare. Provava ancora astio e ribrezzo per lui? O non sapeva davvero come comportarsi in sua presenza?
Nel proprio silenzio, Aiden si interrogò più volte, ma era sempre più propenso a concederle il beneficio del dubbio, di credere che l’ascia di guerra era stata davvero sepolta così da promuovere un ritorno sui loro vecchi passi.

Non prestò alcuna attenzione agli sguardi che vennero rivolti a loro durante il loro passaggio ed ingresso nella sala: col tempo, infatti, il rosso aveva imparato a non dare troppo conto ai giudizi altrui, ad infischiarsene e ad agire indisturbato secondo quanto la propria coscienza suggeriva. Non aveva timore dei sussurri e delle maldicenze, sapeva perfettamente che ci sarebbero sempre state delle malelingue guidate dall’invidia o dall’ignoranza e lui non si sarebbe mai lasciato condizionare da tali persone.
Anche se era in servizio come Auror, non vi era nulla di male nel concedere un ballo ad un’amica, ad una persona che aveva sempre reputato come una sorella minore. Per questo procedette con passo sicuro e noncurante, finché la propria attenzione non venne attirata proprio dalla figura che stava scortando: Nieve lo aveva strattonato all’improvviso, spingendolo a deviare su un altro percorso, ma cercando con lo sguardo la persona citata dalla ragazza e con la quale ella non voleva averci a che fare. Lo sguardo blu quindi setacciò la zona in cerca della chioma bionda di Amber Hydra e, quando la inquadrò, Weiss alzò un sopracciglio per nulla sorpreso.
Aveva avuto modo di conoscere un minimo Amber mentre si trovava a Londra, a seguito di un suo acquisto al Wizard Store dove la ragazza prestava servizio come garzona, chiacchierando su quando era avvenuto all’ultima spedizione di Atene tra le accoglienti mura del Jasmine Tea. Ricordando lo scambio di parole e dell’amara conclusione, Aiden storse il naso non del tutto convinto delle parole rivelatrici della Grifondoro: non riusciva infatti ad immaginarsi la giovane Hydra nelle vesti in cui era appena stata descritta. Certo, Amber aveva il proprio carattere, tra pregi e difetti in egual misura, ma non le era sembrata di certo altezzosa; anzi, era stata piuttosto umile nell’ammettere i propri limiti e sbagli, ma non per questo si sentiva nella posizione di esprimere alcun tipo di giudizio dettato dal pregiudizio. Scelse quindi di non credere a quell’invettiva della Rigos.
Tuttavia Nieve aveva appena spalancato una porta che non aveva alcuna intenzione di varcare: non solo aveva reso palese quanto fosse ai ferri corti anche con la Hydra, ma era una questione che non lo riguardava minimamente e non voleva proprio averci a che fare. «Se lo dici tu...» fece una scrollata di spalle, liquidando sul nascere qualsiasi altro commento inerente alla Tassorosso dai capelli biondi.
Infine, quando giunsero nel punto stabilito dalla Grifondoro, Aiden si volse interamente verso di lei per poterla guardare meglio e iniziare così le danze. Tuttavia le riservò uno sguardo piuttosto accigliato quando citò nuovamente il discorso del maschione alfa. «E’ così e basta. Il ballo, come molte altre cose, ha uno schema da seguire e il particolare dell’uomo che conduce la donna è uno di questi.» spiegò brevemente. Si dispose, dunque, avvicinandosi a lei e cingendole la vita con un braccio, mentre la mano sinistra si aprì verso l’alto affinché Nieve la colmasse con la propria. «Diamo inizio a queste danze, leonessa!»
Mosse i primi passi verso di lei, nella speranza che lo seguisse a ritmo, muovendosi con una fluidità che avrebbe resa fiera sua madre: dopo tutta la fatica che era stata compiuta per educarlo secondo gli usi e i costumi dei Weiss, Aiden mise finalmente in campo una delle qualità che gli erano state inculcate con tanta severità.

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Per generalmente corrette che siano le parole di Aiden, è presto evidente che non tengano conto delle peculiarità della sua interlocutrice. E il ghigno sardonico che sale alle labbra di Nieve, quando decide di riportare lo sguardo in quello di lui, non è che l’anticipazione della realtà — una realtà che non si gioca sui prestampati, ma che va calata nel qui e ora di una creatura insensibile a ogni forma di controllo.
«Niente è così e basta» lo rimbecca, contraendo i muscoli e inarcando la schiena per sopportare la sensazione venuta con il gesto di Aiden. Il modo in cui la mano dell'altro si posiziona sul fondo della sua spina dorsale — una gabbia che la vuole rinchiusa entro i confini di un corpo del quale non ha fiducia — fa dibattere la porzione del suo spirito che detesta Weiss e qualsivoglia forma di contenzione. Ciononostante, gli concede di unire le loro mani, allorché ha già posizionato le dita della destra sulla spalla di lui, sfiorandolo appena. «E ti dirò di più: se è così che deve essere perché lo dicono gli altri, mi piace pensare che posso mostrargli il contrario» argomenta, un brillio adamantino nelle iridi irrequiete. «Ma sembra che tu sia fortunato! Stasera, mi sento particolarmente domabile».
E non si contraddice, almeno per il momento. Di lì a breve, trasportata dalle direttive silenti dell’Auror, Nieve Rigos asseconda il movimento e fa ingresso nella dimensione di danze della pista. Ha lo sguardo assorto, fisso sul tessuto elegante della giacca di Aiden, mentre ripercorre il ricordo del ballo che ha concesso a Katie e rimpiange la leggerezza d’inizio serata. Neppure si accorge della sfumatura malinconica che è discesa a soffondere la sua espressione di tenuità, a contrasto con la vivacità dei momenti appena trascorsi. Per una ragione che non le si disvela, poi, afferra uno dei tanti fili che compongono il viluppo dei suoi pensieri e ad esso si abbandona, seguendolo come sta facilitando i passi del valzer. E di nuovo s’innalza al di sopra del quieto per imporre al frangente che stanno vivendo il ritmo che più le si confà.
«Perché lo hai fatto?» Il quesito rimbalza nello spazio che separa le loro iridi, schietto e ineludibile almeno quant’è inaspettato. In tutto il tempo trascorso a formarsi un’idea sulle ragioni di Aiden, non l’ha mai colta il sospetto di aver commesso un errore di valutazione; e, nel presente, non sono né il timore di essersi macchiata di ingenerosità, né la curiosità a sospingerla in quella direzione. È il bisogno primordiale del suo astio di riemergere dal braciere in cui è stato relegato con l’intento di ottenere una vendetta su Kurt a guidarne lo sfoggio di favella. «Chi sei veramente?» Un accenno di livore imbratta il suo tono e la bellezza indelicata dei suoi lineamenti. Inavvertitamente, la presa sulla mano di lui si stringe e le sue movenze perdono fluidità. «Perché questa cazzo di storia del cavaliere pieno di buone maniere e ossequioso delle regole del galateo mi fa venire voglia di prenderti a calci, se penso a cos’hai fatto a Thalia quando nessuno poteva vedervi» sibila, avvelenata. Nella sua richiesta, invero, non c’è il desiderio di comprendere chi ha di fronte; solo quello di colpirlo — come ha già fatto — con un’acrimonia che impedisce scampo. «Quindi, spiegami perché lo hai fatto. Dimmi cosa passa nella testa di un energumeno come te, capace di farlo sentire in diritto di adescare una ragazzina e poi — si trattiene, distratta dalla rivoluzione di una coppia troppo vicina — comportarsi come se nulla fosse. Dimmelo».

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Edited by ~ Nieve Rigos - 26/4/2020, 12:45
 
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Aiden Weiss

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Il sorriso sardonico di Nieve venne ripagato con la stessa identica moneta: non perché Aiden volesse schernirla o contraddirla, ma perché giunse alla conclusione che lui e Nieve avevano molte più cose da spartire di quanto lei potesse anche solo immaginare o negare. Si contrapponeva alle regole della società, giuste o sbagliate che fosse, ma non per il semplice gusto di farlo; no, piuttosto per dimostrare che le cose potevano cambiare, che non dovevano esserci degli schemi prestabiliti ed impostati per tutti.
Erano simili: indomabili, passionali, istintivi. Incarnavano lo spirito dei Grifondoro, ragionando di pancia piuttosto che di testa, eppure la cosa che più gli accomunava era un’altra e non era l’affetto che nutrivano per Thalia. Qualcosa di più profondo e unico, qualcosa che non tutti possedevano: la forza di voler mostrare agli altri che si sbagliavano, che esistevano altre vie, altri schemi, altri modi di vedere o affrontare le cose. Potevano ribaltare il sistema, trovare sentieri nascosti o crearne dei nuovi.
«Lo sai? Tu mi ricordi una persona...» fece in tono placido, una volta mossi i primi passi. Sentì i muscoli di lei tendersi sotto il suo tocco, quello di un uomo adulto, quello che un tempo era stato suo amico e ora, forse, ancora nemico. Ciò nonostante non disse nulla, ma si limitò a fissare il proprio sguardo in quello di lei e percepì quella che doveva essere l’ombra di una bugia. Eppure non gliene importò un fico secco, non era interessato al fatto che avesse mentito o meno sul suo essere domabile, perché Aiden aveva iniziato a vedere il suo stesso riflesso in lei. Erano speculari, possedevano lo stesso spirito ma in corpi differenti, in maschio e femmina.
Ma non fece in tempo a completare la frase che Nieve lo travolse in pieno con tutta la sua genuina imprevedibilità: chi era veramente Aiden Weiss?
Benché continuassero a ballare, abbarbicati l’uno all’altra, il rosso sbatté più volte le ciglia, colto totalmente alla sprovvista. Si concesse un breve lasso di tempo per riordinare le idee - così che potesse darle le risposte che tanto anelava -, facendo volteggiare Nieve con una tale delicatezza che appariva come un soffione al vento. Quando poi la strinse nuovamente tra le sue braccia, l’Irlandese la guardò con tutta la sincerità che possedeva, espandendola, come una chiazza d’olio su una tela: a quel punto lei non avrebbe avuto molta scelta, non avrebbe potuto negarlo e nemmeno contraddirlo. A lei piaceva pensare di poter mostrare il contrario, lui avrebbe fatto lo stesso, le avrebbe mostrato che Aiden Weiss non era il tipo d’uomo che Nieve credeva.
«Ebbene, sono esattamente come mi vedi ora. Ma ho anche dei difetti e, di certo, non li nascondo.» Apparentemente trasudava calma, ma interiormente aveva paura che lei non gli credesse. Sapeva, inoltre, di non potersi esporre totalmente con lei, di non poter parlare liberamente di Thalia o avrebbe rischiato di minare la loro amicizia. Se le avesse detto che si erano visti di nascosto per parlare proprio di lei non l’avrebbe affatto presa bene e Nieve, di certo, non era pronta a venire a conoscenza di quel segreto che lo teneva legato alla Tassorosso. Proteggere Thalia, preservare l’equilibrio delle due amiche, era ciò che premeva di più all’Auror, anche se sapeva perfettamente che non poteva negare alla Grifondoro delle meritate risposte. Risposte che avrebbe avuto, sì, ma in cui Aiden ci avrebbe bellamente girato attorno, senza scendere troppo nel dettaglio.
Se Nieve era anche solo un decimo uguale a lui, allora avrebbe potuto empatizzare con quanto il rosso avrebbe esternato.
«Avrebbero anche potuto vederci, ma non sarebbe cambiato nulla. Quando vengo messo alle corde, io non ragiono, e l’ho baciata proprio per questo. In tutta la mia vita non mi sono mai sentito così, nessuno che sia mai riuscito a quietarmi con una tale semplicità. Ma lei ha fatto molto più di questo: mi ha sconfitto su tutti i fronti e sono bastate le parole!» Avrebbe voluto urlare dalla frustrazione da come rigurgitava le parole, eppure per tutto il tempo parlò in tono calmo e piatto, trasudando diverse sfumature di rispetto e ammirazione che erano tutte rivolte a Thalia. Non poteva nascondere a Nieve quanto la cosa l’avesse spaventato all’inizio, di come l’orgoglio a lei ben noto fosse subentrato proprio in seguito dell’amara sconfitta, ma che ora aveva convertito tutto in un’opinione più che positiva nei confronti della Moran, fino ad innamorarsene perdutamente.
«Certo che se avessi saputo prima che aveva qualcuno, mi sarei trattenuto, avrei potuto trovare un modo per lottare contro la mia impulsività… E’ un rimorso che non riesco a digerire, non so proprio perdonarmi.»
Si concesse una breve pausa, godendosi qualche passo di danza tra loro in totale silenzio. Avrebbe voluto trovare le parole giuste per esprimerle come si era sentito quando aveva scoperto del ragazzo di Thalia, di come il proprio cuore si era sentito avvinghiato nella dolorosa e pericolosa morsa della gelosia, di come si era sentito esplodere come un vaso di terracotta nel vederla stretta al fidanzato e di come aveva desiderato - disperatamente - poterne prendere il posto.
«Non ho mai incontrato nessuno come lei. Thalia è… unica. E avere avuto a che fare con una persona simile, così forte, così matura e razionale per una della sua età, mi ha spaventato e demolito pezzo per pezzo. Una persona così può fare qualsiasi cosa, perché possiede un potere immenso.» sospirò. «Quel ragazzo… Quel Mike… E’ fortunato ad avere una come Thalia al proprio fianco. E in un certo senso lo invidio per questo...» aggiunse, in quella che fu una piccola ammissione finale.

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Un’improvvisa, delicata voragine le si apre all’altezza del diaframma, quando le mani di Aiden — ferme, forti sulla sua vita — la innalzano sopra il resto dei ballerini e le viene offerta la possibilità di osservare la folla da una prospettiva privilegiata. Impertinente e truffaldino, disattendendone il volere per cui si è imposta la rigidità, un sorriso si dischiude sulle labbra di Nieve e il suono di una risata trattenuta si affaccia sulla bocca piccina, restituendole un’aura di bambina. A quel gesto la Rigos accosta ricordi piacevoli e desideri mai confessati: le rammenta i modi audaci di Maurizio e la mole di pettegolezzi cui ha dovuto far fronte al ballo del Natale antecedente; richiama l’affetto con cui nonno Gaspare è solito blandirla da che ha conquistato la sua fiducia e le lezioni di danza impartitele per l’occasione; le fornisce una panoramica sui sogni ad occhi aperti vissuti nell’aula di trasfigurazione, neppure troppo tempo addietro, alla presenza del professor Channing; e le rappresenta il tenore dei sentimenti che prova per Kurt. Così, incapace di evitarlo, arrossisce — gli zigomi alti accolgono il tepore e lo conservano perfino quando, non senza delicatezza, il suo cavaliere la fa atterrare e torna a stringerla a sé.
È frastornata, Nieve Rigos, e ascolta le prime battute di Aiden in quello stato d’imbarazzo che ha il volto di molti uomini buoni e che le impedisce di trattenere l’ostilità come vorrebbe. La tempia destra, manigolda, pulsa un poco e il cuore accelera il suo corso, rimandandola al gesto che ha compiuto da Safarà, alla memoria che ha rimosso e che rimane gelosamente conservata nella sua camera blindata alla Gringott, ad Astaroth e al bene folle che continua a volerle, a… Dà un colpetto di tosse, sconcertata dalla furia con cui le emozioni giocano a succedersi a suo esclusivo discapito, dunque si umetta le labbra e concede alla voce dell’Auror di ancorarla al reale. Il processo si compie poco alla volta, parola dopo parola, finché il discorso cui sta assistendo e l’espressione che legge sul viso dell’altro non inducono il suo animo a reagire. Si blocca, allora, mentalmente e fisicamente. Sgomenta, Nieve pianta i talloni sulla riproduzione stellata che sta accogliendo i loro volteggi per interrompere il flusso di magia che anima le sue scarpette e costringe Aiden a fare altrettanto; e schiude le labbra, inebetita.
Sono il centro della spirale, contraddittoriamente fermi in uno spazio che pretende il movimento, attorniati da decine di coppie in costante fermento.
«Lei ti piace». La frase non possiede il tono della domanda, ma quello della statuizione. «Lei ti piace» ripete, più per favorire sé stessa e la realizzazione che ha appena attecchito nel suo io che non per ottenere una conferma. «Tu provi qualcosa per Thalia, per questo l’hai baciata» prosegue e la sorpresa sui suoi lineamenti non potrebbe essere più viva. «L’hai baciata come farebbe un mocciosetto impacciato che non sappia ammettere quello che sente» argomenta, senza fiato di fronte a una scoperta che, per quanto la riguarda, non abbisogna di conferme. Ad occhi spalancati, Nieve batte le palpebre un paio di volte, prima di sciogliere la presa in cui sono rimasti stretti nonostante l’immobilità. «Io… ho bisogno d’aria».
Si distanzia da lui, così, improvvisamente. E gli sfugge, sgusciando tra i corpi dei presenti fino a superare l’arco della Sala Grande e, da ultimo, il portone. Il fresco di Dicembre si attacca alla sua pelle delicata dovunque la magia del tessuto scelto da nonna Lucrezia non riesca ad arrivare, ma non le importa. In uno stato di parziale incoscienza, con la bocca arrogante nascosta sotto il tocco dei polpastrelli, prosegue ad oltranza.
Com’è possibile? E come ha fatto a non immaginarlo? E, di nuovo, come diamine è possibile, perdio? Le domande la rincorrono, perseguitano, sfiancano; si affollano tra le pareti della sua testolina rabbiosa, mostrandole la portata della sua cecità. Avrebbe dovuto capirlo; avrebbe dovuto intuirlo. Invece, di tutte le ricostruzioni subentrate a spiegare la vicenda, s’è incaponita a scartare la più semplice. Non che trovi il comportamento di Aiden meno biasimevole, o più comprensibile, se non altro perché si tratta di un uomo grande e grosso e non di uno scolaretto alle prime armi. Eppure… be’, sempre meglio che immaginarlo un adescatore di ragazzine!
Disorientata, Nieve raggiunge una zona isolata del patio e poggia la fronte alla pietra fredda. «Questo sarebbe il momento buono perché a qualcuno venisse una sincope» borbotta tra sé, riferendosi agli eventi del ballo precedente, sfinita dall’altalena di sensazioni testé sperimentate. La mente le presenta l’immagine di Oliver e il pensiero di pregare che un altro patisca lo stesso tormento le appare così ingeneroso, ma così tipico del suo carattere, da strapparle una risata mezzo soffocata. «Sono una cretina» conclude ed è una valutazione a tutto campo, di certo tagliente ma non del tutto errata. «Una cretina orba, per giunta».

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Edited by ~ Nieve Rigos - 26/4/2020, 15:07
 
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Aiden Weiss

Bury the hatchet... - Segue Il Ballo dello Schiaccianoci


Bastò innalzarla verso cielo, come un padre premuroso che giocava con la figlioletta, a portare un inatteso equilibrio tra loro. Dopo quel Ballo delle Ceneri, ecco finalmente che la Fenice - simbolo di Rinascita per antonomasia - sembrò posarsi su di loro come una sorta di benedizione.
Aiden non aveva idea se tutto sarebbe mai ritornato come un tempo, se contare nuovamente sull’amicizia di Nieve o se perderla definitivamente e per sempre. Ad ogni modo, l’Auror si godette quella visione di una giovane Leonessa sorridente che si beava della propria posizione privilegiata rispetto a tutti gli altri presenti nella Sala, come una Sovrana che si innalzava sul proprio trono stellato. Era davvero una pietra preziosa, proprio come Thalia l’aveva definita nel loro ultimo incontro clandestino.
Segregò quel momento nella propria mente, prezioso, più dei tesori che la Gringott stessa custodiva.

Il Tempo si fermò nel momento stesso in cui la Rigos decise che così doveva essere: l’Auror non poté fare altro che assecondare le volontà della propria Dama, terminando quella danza che - se solo le cose fossero state gestite diversamente - l’avrebbero eletta a Regina della serata.
In un primo momento lui la fissò con perplessità, ma poi tutto mutò in un silente terrore. Sentire Nieve dare voce alla verità, ai propri pensieri, a quei sentimenti che a lungo aveva cercato di negare e nascondere, ora lo mise alla mercé dell’amica; la stessa amica che era legata a Thalia e che ora poteva disporre come voleva di quel segreto a lungo celato, fino a sussurrarlo all’orecchio della Tassorosso.
Un brivido lo attraversò da capo a piede, mentre la Grifondoro prendeva sempre più coscienza di quanto Aiden Weiss provava, dando un senso ai suoi gesti impulsivi dettati in un momento di totale inconsapevolezza. C’era voluto del tempo per trasformare quel chicco d’uva acerbo a qualcosa di estremamente dolce e maturo. Eppure, nonostante tutto, l’Auror se ne vergognava, specialmente in quel momento in cui era stato messo totalmente a nudo.
«Abbassa la voce! Shhh….» Rosso in viso, fino alla punta dell’orecchie, l’uomo cercò di contenere quel fiume in piena della Rigos. «Per l’amore di Cernunnos… Shhhh!!! Vuoi che ti senta anche Peverell?» sibilò a bassa voce. Poi grugnì, sentendosi ferito ed imbarazzato al tempo stesso per il modo in cui Nieve lo aveva definito. Un ragazzetto impacciato. E da rosso divenne viola dalla vergogna.
«Io ho bisogno di una buca dove nasconderci la testa!» apostrofò lui, roco, come per fare eco al desiderio di lei nel voler un po’ d’aria. Eh sì, l’Irlandese poteva anche scoppiare per l’assenza di ossigeno, l’importante era correre ai ripari pur di salvarsi la faccia.

Che avesse o meno fatto una brutta figura davanti alle altre persone all’interno della pista da ballo, poco importa: il fulvo mosse i piedi con fare lesto nel momento in cui vide Nieve sgusciare tra i corpi danzanti dei presenti, cercando fare altrettanto senza dover scansare con poca grazia nessuno; dopotutto non sarebbe stato decoroso da parte sua comportarsi come un elefante dentro una cristalleria, no?
Una volta che fu fuori da tutto quel marasma di persone avvinghiate e volteggianti, l’Auror poté finalmente inseguire Nieve in totale libertà, senza temere di inciampare sui lunghi vestiti femminili in giro per la Sala. La vide dunque uscire, all’esterno, fino a rifugiarsi in una zona isolata del patio composto da vari archi e colonne.
Lui la osservò silenzio, mentre il primo soffio di Dicembre gli mosse la chioma ordinata. Non seppe se sentirsi in colpa per averglielo fatto capire o per averglielo taciuto per così tanto tempo, ma in un modo o nell’altro non avrebbe mai potuto sapere come la pensava a riguardo o cosa avrebbe fatto fintanto che non gliel’avrebbe chiesto. Sospirò profondamente, consapevole di non poter più fuggire, non finché quella questione non sarebbe stata chiusa.
Lentamente e silenzioso come una volpe durante una battuta di caccia, l’uomo le si accostò con la pesante giacca tra le mani, per poi mettergliela delicatamente sopra le spalle così che non patisse la crudeltà del freddo. Non aveva sentito la battuta sulla sincope, ma non gli era sfuggito il seguito, tant’è che sorrise a disagio.
«Siamo in due allora...» sospirò, infine, appoggiandosi di schiena alla parete fredda, con solo la camicia e il gilet scuro a ripararlo dalla rigida temperatura serale. Serrò le braccia al petto e guardò davanti a sé, cercando di trovare il coraggio nel guardarla in faccia. «Probabilmente avrei dovuto parlartene prima, ma… al Ballo delle Ceneri non ero ancora sicuro di quanto provavo. Ero confuso.» E tu non volevi ascoltare né me né lei!, aggiunse mentalmente. «Ma ad ogni modo non ha importanza. Non occorre che lo sappia, dato che sappiamo che non ho alcuna speranza.»
La gola di Aiden sembrò riempirsi dell’acre sapore della cenere e a quel punto non gli rimase altro che emettere un’amara risatina nervosa, come se si aspettasse che così facendo si sarebbe liberato una volta per tutte di quel groppone che aveva iniziato ad ostruirgli il gozzo.
«Avevo rinunciato a tutto… questo! Dopo Daphne non volevo più soffrire, non volevo più saperne e invece...» Si portò una mano sulla bocca, incapace di parlare, mentre il guscio che fino a quel momento l’aveva avvolto e protetto da qualsiasi tipo di danno iniziò a sgretolarsi come sabbia gettata al vento. Eppure non riuscì a continuare, la paura lo impietrì sul posto e per la prima volta si sentì un codardo.
Un codardo incapace di ammettere che si era innamorato nonostante tutti i propri divieti, giuramenti e aspettative, come il ragazzino che aveva - da sempre - soffocato.

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Un pugno: Nieve Rigos ricambia la gentilezza di Aiden con un pugno. Sceglie di assestarlo sul deltoide con la punta acuminata delle nocche — perché faccia male — e di esibire, nel contempo, un’espressione contrariata che in nulla ricorda l’accenno di remissività assaporato brevemente nel confronto con la pietra del castello.

«Sei proprio un cretino, Aiden Weiss» sentenzia, giudice e boia, intanto che trattiene la giacca di lui sulle spalle con la mano sinistra, quella innocente. «Sì, sei un maledettissimo cretino» reitera, confermando la supposizione che lo ha visto concordare con lei poc’anzi. «E mi chiedo cosa diavolo ti frulli in quella testa vermiglia». Non può saperlo giacché non le è data la possibilità di vedersi dal di fuori, ma possiede lo stesso contegno di Grimilde e Lucrezia nel rivolgersi all’Auror con tono accusatorio, in barba alle regole della genetica. «Cioè, io sono… Che caspita… Sei un… Non ho veramente parole!»

Frustrata, Nieve articola frasi che non danno alcun ulteriore apporto alla conversazione: si fermano lì, quasi tutte prima d’essere completate, sul ciglio della bocca irriverente; poi, una alla volta, si lasciano schiacciare dalla pressione delle labbra sottili, che si congiungono per evitarne la venuta ad esistenza. Il suo mondo è in movimento, ora questo nuovo elemento si è aggiunto alla scena e sembra pronto a ribaltarla. Tutto ciò in cui ha fermamente creduto nell’ultimo anno le appare, con senno di adesso, labile e discutibile. Che Aiden sia un’idiota non ci piove, beninteso! Come fare i conti, però, col fatto di non poterlo più incasellare nella categoria del molestatore sessuale?
Un moto di sollievo si fa spazio nello sterno, serpeggiando tra le costole e strappandole un ennesimo vuoto allo stomaco. Nel tempo trascorso a odiarlo, Nieve si è biasimata non soltanto per avergli concesso di ingannarla, ma soprattutto per non aver avuto l’acume di mettere in guardia Thalia prima che si compisse il fattaccio; in un certo senso, è finita addirittura per incolparsi al pensiero di aver pilotato il di lei giudizio, inducendola a fidarsi per il solo fatto che Aiden fosse amico suo. E, in qualche maniera, si è ritrovata a odiarlo doppiamente: una volta per essere il mostro che si è dimostrato e una volta in più per il solo fatto di detestare sé stessa e la propria ingenuità. Lo scenario che, a posteriori, le si prospetta davanti ha un tenore di gran lunga più sopportabile e le consente di estrarre l’ascia dalle membra del suo nemico per concedergli, forse un po’ tardivamente, il beneficio di spiegarsi meglio — “Intanto che capiamo come non farti morire dissanguato per il colpo che ti ho già inferto, ti va di condividere i dettagli della storia che non ti ho dato il tempo di raccontare?” suggerisce il suo atteggiamento. A un tempo, la pone di fronte al rischio di una reprimenda, che decisamente non è pronta ad accettare.

«Qui, c’è un problema di fondo» esordisce dopo una non troppo breve pausa, le mani posizionate sul vitino stretto. «O non hai assolutamente idea di come ci si approcci a una ragazza, oppure non hai capito un accidenti di niente su Thalia e, allora, ti sei preso una cotta soltanto per il suo bel faccino da maestrina, che in effetti le riesce piuttosto bene…» Il commento le strappa un sorriso vispo; riesce a figurarsi perfettamente la reazione della Moran nel sentire un commento simile uscire dalla sua bocca. «Perché» fa presto a riprendere «non la conosci, se pensi che un gesto del genere possa impressionarla positivamente». Omette di precisare che, con discrete probabilità, quella tecnica animalesca avrebbe funzionato più che bene con lei, per converso — e, del resto, l’esperienza con Vagnard non fa che da conferma. Incoercibili, gli occhi di Nieve penetrano con violenza quelli di Aiden e gli trasmettono il calore del fuoco che le arde dentro, tutte le volte che rievoca il ricordo del trattamento che l’altro ha riservato alla sua migliore amica; delle lacrime che le ha visto versare per un gesto frivolo, sciocco e… «Egoista! La verità è che, più di tutto, sei stato un egoista, Aiden» gli dice, adesso di nuovo arrabbiata. «Hai fatto quello che hai fatto per orgoglio e nemmeno ti sei posto il problema di come potessi far sentire Thalia. L’unica cosa vagamente altruistica che ti abbia visto fare è questa: lasciarla del tutto fuori dal tuo tormento interiore».

A guardarla bene, mentre gli sciorina una lezioncina su come andrebbe vissuta la vita, Nieve acquista d’improvviso una manciata di anni in più e se li tiene gelosamente stretti. Solo in minima parte le servono per schermarsi dal biasimo — il proprio, in primis, ma anche quello che potrebbe venire da Aiden, qualora decidesse di metterla di fronte alle responsabilità di cui si è macchiata — legato alla condotta che ha tenuto e che, ora, sembra assumere una connotazione che la vuole cocciuta, scriteriata e frettolosa nell’elaborazione del giudizio. Invero, a distanza di un intero anno solare, la sua priorità è e rimane la protezione di Thalia.

«I tuoi sentimenti sono un problema tuo» aggiunge, seria, e le stelle si rispecchiano più brillanti nelle sue iridi decise. Non la sfiora nemmeno per un istante la tentazione di comunicare ad Aiden della rottura intervenuta tra l’amica e il ragazzo. Anzi… «Thalia è felice. Ha una persona che le vuole bene e con cui sta facendo dei progetti». Le bugie sono l’arma che ha deciso di utilizzare contro l’altro in questo caso, giacché uno sfoggio di bacchetta non sarebbe tollerabile nel luogo in cui si trovano. E, sì, in parte, lo sta facendo ancora per punirlo. «Devi andare avanti, Aiden» sfiata e assume un atteggiamento meno composto; più da amica. Azzarda perfino un passo verso di lui, ma si astiene dal toccarlo. Invece, si dispone in modo tale da poterlo fronteggiare — i fasci lunari, mescolandosi all’argento dei suoi capelli, ridacchiano nel ritrovare sulla sua chioma la sfumatura che contraddistingue il satellite al quale appartengono. «Se può consolarti, a proposito, non me la passo bene neppure io» gli rivela e sorride, impunita, pronta alla rivelazione successiva e, stavolta, decisa a concedergli un assaggio di verità. «Ti sto usando per fare ingelosire uno che sta con un’altra, per dire!»

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Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 17 Anni | Skinny Love | Outfit



Edited by ~ Nieve Rigos - 3/5/2020, 23:07
 
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Il colpo che ricevette lo lasciò interdetto: un mix di emozioni si fece strada in lui come un fuoco d’artificio che saliva repentinamente verso il cielo, per poi esplodere in mille scintille colorate; per Aiden quelle scintille corrispondevano allo stupore, alla sensazione di dolore più per il gesto in sé che per l’apporto di forza adottato in modo tale da fargli male, e al disappunto per come la Rigos si stava ponendo nei suoi confronti. Si massaggiò istintivamente il punto colpito, mentre prese a fissarla con un cipiglio sempre più cupo.
«Non ha più importanza, ormai...» disse in sussurro appena udibile. Reclinò il capo verso il basso, sentendosi schiacciato dai suoi stessi pensieri e sentimenti, ritrovandosi a fissare le proprie scarpe di pelle lucide con sguardo sempre più distaccato, quasi freddo. E in un certo senso fu come se il gelo serale gli fosse penetrato nelle ossa, fino a congelarli l’anima. Più Nieve inveiva contro di lui, più Aiden si sentiva inadatto a Thalia, come se l’amica stesse cercando di fargli capire che un uomo come lui non avrebbe potuto meritare l’amore di nessuna donna, e si sentì sprofondare nello sconforto e nella solitudine più totale.
Si sentì punto sul vivo quando la Grifondoro sviluppò l’ipotesi che lui non avesse idea sul come ci si doveva approcciare ad una ragazza - cosa che era effettivamente vera -, ma non fu quella parte della recriminazione a ferirlo nel profondo. No, Aiden sollevò lo sguardo di scatto quando venne menzionata la sua cotta per Thalia e sul suo non sapere nulla sul conto della Tassorosso, fissando la giovane Strega in un silente rimprovero. Non era una banale cotta quella che provava per la rossa di Cork e non era propriamente vero che non l’avesse capita; forse non sapeva tutto sul conto della Moran, ma avrebbe voluto conoscerla sotto ogni punto di vista poiché quanto era riuscito a vedere lo aveva sinceramente colpito.
«Non sta a te giudicarmi...» disse in tono pacato, la mascella contratta in uno spasmo infastidito. «Ma che non sia afferrato con le donne non è di certo una novità!» Una nota che trascendeva la scontatezza lasciò le sue labbra con una tale amarezza che fu quasi sul punto di maledirsi da solo, come se avvertisse l’ombra del pentimento sulle proprie spalle; si immaginò dunque come sarebbe stato se solo si fosse lasciato andare, come Sam e Richard, alle prime esperienze amorose, e ne rimase visibilmente disgustato al solo pensiero quando si aggiunse quell’unico episodio di esperienza sessuale che aveva avuto. Si era sentito una merda all’epoca e lo era anche in quel momento, specialmente nel realizzare che tipo d’uomo dissoluto sarebbe stato se l’autocontrollo fosse venuto meno. Perchè infondo - e lo sapeva bene - gli era pure piaciuto.
Un ringhio sommesso scosse la sua gabbia toracica quando venne ingiustamente accusato di egoismo, ma che - nonostante tutto - soffocò dietro una maschera di pura freddezza. Volse lo sguardo dalla parte opposta, abiurando all’idea di convenire totalmente con Nieve: voleva risparmiare a Thalia la verità sui suoi sentimenti perché era già felice con un altro, ma in parte anche perché non poteva sopportare la possibilità di un rifiuto. E quando proprio la Rigos sottolineò quanto la Tassorosso avesse dei progetti in mente in merito alla sua relazione, il cuore di Aiden fu sul punto di scoppiare. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di essere solo in quel momento e dare così libero sfogo al proprio tormento, urlando e distruggendo qualsiasi cosa sul proprio cammino; eppure venire a conoscenza della vera ragione per la quale Nieve si era riavvicinata a lui lo fece desistere dai propri propositi, nonostante percepisse distintamente il proprio sangue ribollire come lava incandescente.
Non la guardò con severità, come a volerla ribeccare per quel ennesimo colpo basso, semmai con un improvvisa ed inspiegabile comprensione. «Cosa non si fa per amore...» mormorò, scostandosi dal proprio punto e andando a posizionarsi sotto una delle arcate che dava verso la corte interna della struttura, affacciandosi per poter ammirare la volta stellata. «Ad ogni modo, immagino tu sappia cosa si prova nel vedere la persona che ci ha conquistati tra le braccia di un qualcun’altro… Gelosia...» aggiunse, infine, in un sibilo a denti stretti.
Si volse di scatto verso la Grifondoro e la guardò negli occhi, diviso tra due possibili scelte. «Lo sai che gli esemplari maschi di volpe scelgono una sola compagna per la vita, Nieve Rigos? » Fino a quel momento lei lo aveva ricoperto di accuse, a tal punto da farlo sentire in colpa, senza riuscire a capire quanto i suoi sentimenti per Thalia fossero più complessi e che andavano oltre alla banale cotta. E se l’Auror aveva compreso le ragioni che avevano indotto Nieve ad agire in quel modo nei suoi confronti, pur di conquistarsi le attenzioni del ragazzo che bramava, perché per lei doveva essere diverso? Come la ragazza stessa aveva asserito prima dell’inizio delle loro danze, anche ad Aiden piaceva pensare di mostrare il contrario.
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Estrasse la bacchetta con un movimento fluido. «Guardami...» sussurrò in tono morbido, come una carezza sul viso.
Nella propria mente l’Auror abbracciò sia l’idea del dolore che la trasformazione avrebbe conseguito, sia l’immagine del proprio io animale. Nitida e reale, il maschio di volpe che era in lui apparve come un perfetto dipinto su una tela: il pelo fulvo con delle porzioni bianche e nere, le orecchie appuntite e la coda voluminosa, il muso allungato e dotato di canini appuntiti, le zampe esili ma veloci e dotate di artigli; rispetto agli altri esemplari, Aiden era leggermente più alto al garrese, poco sotto l’occhio sinistro una sottile cicatrice era appena visibile a seguito della presenza del pelo, mentre gli occhi erano di un blu intenso. Quelli erano l’unica cosa rimasta della sua natura umana, sebbene le pupille si fossero ristrette in maniera verticale. Quando poi si puntò la bacchetta al centro della propria fronte, l’incantesimo rimbombò tra le pareti come un comando. «Mutas Vulpes!»
E l’uomo - infine - divenne la Bestia che Nieve Rigos aveva sempre sostenuto.
La coda sferzò nervosamente l’aria mentre gli occhi blu della creatura indugiarono sulla giovane con fare guardingo, finché non si decise a balzare sul basso muretto che divideva i due amici dalla corte interna. Il muso venne rivolto verso il cielo notturno di Dicembre, in quella che era - per le volpi - la stagione perfetta per la ricerca di un partner. Ma non c’era nessuna Vixen ad attenderlo lì fuori, nessuna Thalia Moran che potesse ricambiare il suo amore.
Sì sentiva solo anche in quella nuova pelle, ma per lo meno non vi sarebbe stato nessuno ad impedire all’animale di piangere, nemmeno la Rigos. Gettò il capo all’indietro e degli acuti versi, simili a dei latrati, rimbalzarono nell’eco della notte, come una triste sinfonia.
Nieve doveva capire perché non sarebbe mai riuscito ad andare avanti.

Non poteva.
E non voleva.


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Sotto il cielo stellato che domina Hogwarts, in un’intrepida e gelida notte di Dicembre, gli occhi di Nieve soggiacciono a un momento di pura meraviglia che la trasporta indietro nel tempo.
«Forsssa, Ỳma! Corri!»
L’invito di Nieve ridiscende la parete scoscesa di un altopiano. Vibra di un’emozione vigorosa, che non conosce infiacchimento. Se fosse possibile e le leggi della fisica lo consentissero, la userebbe per trascinare la sua baia su per l’erto sentiero di rocce, quella voce acuta che si ritrova. Invece, col culetto che si agita seguendo il movimento impaziente delle gambe, può solo attendere un po’ più in su che la vecchina la raggiunga.
«Forsssa» ripete, quasi che un incoraggiamento possa cancellare la disabilità di Ỳma o il fatto che su quelle ossa rachitiche gravi il peso di ben settant’anni di vita. «Inisssia senza di noi!»
«Arrivo, arrivo» gracchia, affaticata, la nonnina.
Ha il fiato corto, le ginocchia che tremano e le mani dolenti per lo sforzo inusitato di reggersi al bastone e scongiurare l’eventualità di ruzzolare giù fino a rompersi la noce del collo. Sa che non può permetterselo e non perché sia particolarmente legata al mondo dei vivi: Nieve non ha nessun altro a parte lei.
«Bella trovata usare la ragazzina per chiamarmi a te, o morte, ma non mi avrai, lo giuro sui miei mutandoni sudici» commenta e sghignazza, rivolta alla sua interlocutrice preferita. E ne avrebbe altre di cose da condividere con l’amica più fidata che le sia rimasta, la morte, ma la sommità dell’altopiano le fa la grazia di mostrarsi ai suoi occhi. Dunque, non perde tempo e si getta a terra per cercare ristoro. «Cristo!»
«UAAAAAAAAAAUUUUUUUUUUUUUUU!»
L’esclamazione le strappa un sorriso sdentato — è la stessa tutte le volte. Gli occhi profondi di Ỳma osservano i colori dell’aurora boreale sopra di loro e, nonostante il petto si alzi e si abbassi a un ritmo che suggerisce la difficoltà dei suoi poveri polmoni, per un attimo si lascia contagiare dalla meraviglia.
«È stupendissssssssimo» esclama Nieve, che ha le braccia piccole spalancate e tiene il nasino all’insù, incapace di distaccare lo sguardo dal cielo tinto di luci. «È la mia cosa preferita di sempre!»
E Ỳma non stenta a crederlo. Se ne avesse le energie — invero, se entrambe avessero cibo a sufficienza per concedersi il lusso di una sfacchinata simile tanto spesso —, è certa che Nieve la trascinerebbe sull’altopiano un giorno sì e l’altro pure. Sposta l’attenzione sulla sagoma goffa della bambina e una sfumatura di amarezza attribuisce un significato diverso alla smorfia sulle sue labbra: sono questi i momenti in cui sente il fardello venuto col ruolo che è stata costretta a ricoprire. Sa di non avere gli strumenti per dare a Nieve ciò di cui avrebbe bisogno qualsiasi fanciullo; per farle da madre. Eppure, egoisticamente, non riesce a tollerare il pensiero di separarsi da lei.
«Ninìska, vieni qui» la richiama con l’intento di scacciare il ricordo della profferta di aiuto di una famiglia del villaggio. La parola “adozione” non ha smesso una sola notte di figurare tra i suoi incubi da quando l’hanno fermata a un angolo di Borgarbyggð con la scusa di farle dono di un cesto di vettovaglie ma con l’intenzione di toglierle quanto di più caro abbia al mondo. «Stenditi qui accanto a me» le intima e Nieve obbedisce, come sempre. «Te l’ho mai detto che i tuoi occhi sono così grandi e belli perché c’è dentro l’aurora boreale?» Il quesito estasiato della piccola le rende impossibile non concedersi un ghigno soddisfatto. «Sissignora. Hai proprio l’aurora boreale negli occhi. Sei nata in una notte con l’aurora boreale più magnifica che si sia mai vista e, quando hai aperto le palpebre, tutti quei colori ci sono rimasti incastrati dentro. È una cosa rara, sai? Non succede a molti!»
La pausa che segue possiede moltissimi significati.
«E le cose rare sono… belle?» chiede la piccola Rigos, titubante.
«Diamine, se lo sono! Le cose rare le vogliono tutti quanti.»
Le sue parole hanno un unico obiettivo: rinfrancare l’autostima patita della piccola per cancellare la mortificazione cui sono costantemente esposte entrambe. Nieve non è abituata a sentirsi speciale, non nel senso positivo del termine, e questo Ỳma lo sa bene. Ed è proprio il timore che la cattiveria possa lasciare addosso alla sua bambina cicatrici invisibili, dalle quali non sa come proteggerla o guarirla, che la induce a ingozzarla di storie fantastiche sui perché e i percome della sua esistenza. E, giacché non ha altro da darle che non siano stenti ed emarginazione, s’impegna perché quell’unica forma di eredità sia il più ricca possibile.
Dopo un po’, la voce di Nieve torna ad accompagnarla.
«E non devo ridargliela, l’aurora boreale?»
«A chi?»
«Alla notte!»

La sensibilità di Nieve strappa uno sfarfallio al vecchio cuore stanco della balia.
«No…» le risponde quest’ultima, seria per la prima volta da moltissimo tempo. «È un regalo — uno di quelli che non potrà mai darle, aggiunge la voce recriminante che, nella sua testa, ha lo stesso tono della benefattrice desiderosa di occuparsi di Nieve — e i regali non si chiedono indietro».
Il silenzio prolungato di Nieve la induce a gettare un’occhiata trasversale nella direzione del corpicino stranamente quieto che le sta a fianco, giusto per capire cosa si agiti sotto la superficie di porcellana della sua pelle sporca.
«La notte è stata molto gentile a darmi i suoi colori. Glielo voglio dire!»
Lo scricciolo salta in aria come un petardo e comincia a urlare a gran voce la sua gratitudine — “Grassssssie, notte, per l’aurora boreale più stupendissima di sempre e per avermi regalato questi occhi di cielo” tuona.
Incapace di ritrovare il brio che le è costato la nomea di pazza del villaggio, Ỳma rimane ancora un po’ ad osservare le pennellate di colore che sovrastano entrambe con espressione inebetita.
«Vieni, o notte gentile» dice infine «e dalle tutto ciò che non ho io».
La trasformazione di Aiden ingenera nell’animo di Nieve un meccanismo non troppo dissimile da quello dei pomeriggi trascorsi a osservare le bellezze del cielo in compagnia della balia che l’ha cresciuta. Conosce rudimentalmente i concetti legati all’animagia per esservisi imbattuta durante le ricerche sulla metamorfomagia, ispirate da un confronto con Amber che oramai ha smesso di ricordare con calore. Assistere, tuttavia, al suo concretamento ha un sapore del tutto diverso.
Le pupille della Rigos assistono, irrequiete, al cambiamento, intanto che le domande si assiepano nella sua mente. Si chiede se sia doloroso come lo è per lei veder cambiare una ciocca di capelli o acquisire una nuova screziatura delle iridi; e si domanda, soprattutto, quanto dell’uomo e quanto dell’animale siano presenti in Aiden e quale conquisti il trono a mutazione completata.

«Ciao» dice, allora, in un sussurro quando dell’energumeno dalla barba rossa non è rimasto che il ricordo aranciato nella pelliccia fulva della bestiola. Ed è come se lo stesse salutando per la prima volta; come se si stessero conoscendo di nuovo, daccapo. China sulle ginocchia, con la giacca di Aiden derelitta ai suoi piedi, rimane immobile nel suo vestito dismesso di ballerina rovinata. «Stai… bene?» domanda scioccamente, prima che la volpe si allontani da lei e, sulla cima del muretto, si abbandoni a un’acuta sequela di guaiti. Il lamento, inatteso, le costa un sobbalzo. A occhi spalancati, Nieve si guarda intorno e constata con un certo sollievo che nessuno li ha seguiti nel corridoio appartato che circonda la corte interna. Protetti dalle colonne, dal buio e soprattutto dal freddo dicembrino, ci sono buone probabilità di cavarsela senza un pubblico troppo vasto… be’, se solo Aiden stesse zitto! «Shhh! Sta’ buono, porco fiordo! Shhh!»

Per un istante, valuta la possibilità di farsi avanti e ne è una dimostrazione il fatto che i suoi muscoli aspettino, in tensione, il comando che impone il movimento. Dunque, un pensiero le attraversa, rapido, la mente e la costringe alla stasi. Non sa quale livello di padronanza Aiden possa vantare in fatto di animagia, ma intuisce che correrebbe il rischio di spaventare la creatura primordiale che la magia ha appena richiamato se solo osasse troppo. Opta per una strategia alternativa, quindi, che probabilmente non possiede neppure i connotati necessari a identificarsi come tale: siede sulla pietra del pavimento con un tonfo e incrocia le gambe come farebbe una bambina. La vista degli archi, dalla posizione in cui si trova, le rammenta il confronto doloroso con Emma. Così, il riferimento a Kurt e al suo innamoramento perde temporaneamente di consistenza e la sua attenzione torna a orbitare attorno all’immagine della sua migliore amica.

La memoria ripesca le parole di Aiden sulle volpi. «Thalia è bellissima, e intelligente, e fedele, e caparbia, e maledettamente logica. Che tu possa esserti invaghito di lei non mi stupisce». Sta parlando alla volpe e all’uomo insieme con quel suo tono di voce delicato che in tutto cozza col temperamento irruente di cui il mondo la sa capace. Non conosce i dettagli del rapporto tra Aiden e la Moran — non ha più potuto, né voluto chiederle lumi dopo quanto accaduto al Ballo delle Ceneri —, ma, se anche ne fosse edotta, non cambierebbe il succo di ciò che sta per dirgli e che racchiude il cuore delle motivazioni che hanno governato il suo agire nell’ultimo anno. «Non so quali siano i tuoi sentimenti e onestamente non mi interessa neppure, Aiden. Quello che devi capire, e che non hai mai capito, è che Thalia significa per me molto più di quanto tu possa anche solo lontanamente immaginare. Più di quanto io stessa avrei mai pensato, prima di sapere che l’avessi ferita ed essermi sentita in obbligo di scagliarmi contro di te. Non l’ho fatto per protagonismo. L’ho fatto perché è di lei che si tratta. E tu non sai cos’ha fatto per me: c’era anche quando di me non era rimasto che...» Dolore e disperazione e, a un certo punto, più nemmeno quello. «Be’, c’è sempre stata! E io non posso permettere a nessuno di farle del male perché sento di non avere molto altro da darle, se non un briciolo di protezione». Lo sguardo di Nieve, che per tutto questo tempo è rimasto fisso sulle scanalature della pietra, ricerca adesso il profilo della bestiola senza neppure essere sicura che sia ancora nei dintorni. «Questo significa che non devi farti illusioni: ti attaccherei di nuovo, se fosse necessario».

Un refolo di vento le smuove una ciocca d’argento, solleticando le decorazioni floreali che porta sugli zigomi. Con quel suo aspetto ricercatamente dimesso, ricorda più una condottiera che una docile pulzella ansiosa di suscitare l’ardore altrui. E le sta bene fintantoché il messaggio passi forte e chiaro. Se è la guerra che si aspettano da lei, non saranno i giri di valzer l’arma di cui si servirà per combattere.

What do you want from me? Why don’t you run from me?
What are you wondering? What do you know?
Why aren’t you scared of me? Why do you care for me?
When we all fall asleep, where do we go?


Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 17 Anni | Skinny Love | Outfit

 
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view post Posted on 4/6/2020, 13:49
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Aiden Weiss

Bury the hatchet... - Segue Il Ballo dello Schiaccianoci


Frustò nuovamente l’aria con la coda voluminosa, stavolta con più nervosismo, quando la voce della fanciulla raggiunse il suo sensibile udito. Le orecchie appuntite, tinteggiate di nero e arancio, vibrarono impercettibilmente in dei movimenti meccanici, mentre il muso risalì dal basso verso l’alto in una chiara intenzione nel volerne percepire e analizzare l’odore. Percepì lo stupore e il senso di meraviglia mischiati tra loro, in una sorta di eccitazione vibrante che influenzò - in parte - anche lei, la creaturina selvaggia e schiva per natura. La mente dell’Auror era stata prontamente scalzata da quella animale, in cui l’ego dell’uomo era stato relegato in un piccolo anfratto per dare così libero sfogo alla parte più primordiale di se stesso.
Le due piccole schegge di zaffiro si fissarono con sospetto sulla figura minuta della Rigos, sebbene ora - nonostante il fatto che la sua vista era focalizzata su una scala di svariate tonalità di grigio - era lei il Gigante e lui quello più piccolo; ciò indusse la volpe a percepire una sorta di soggezione nei confronti dell’altra, un’umana, inducendolo a provare una profonda indecisione nel volersi approcciare con lei come la sua natura curiosa suggeriva oppure starne alla larga.

L’invito della Grifondoro permise all’Auror, racchiuso in quel corpo animale, di affacciarsi oltre la mente semplice ma forte della volpe, arrestando improvvisamente il proprio coro serale per dedicare tutta la propria attenzione sulla giovane. E in un certo senso fu come se avesse capito.
Si girò lentamente verso di lei e la scrutò in un innaturale silenzio reverenziale: per una buona manciata di secondi il piccolo animale rimase perfettamente immobile come una statua, tanto da fare invidia perfino ai Gargoyle della Torre del Preside. Poi, constatando che la ragazza - a sua volta - lo stava fissando seduta sul freddo pavimento di pietra, in attesa di sua mossa, l’Animagus protese appena il muso verso di lei e annusò rumorosamente l’aria. Non c’era ostilità in lei, non c’era nulla di cui aver timore.
Quando Nieve, infine, prese a parlare in tono delicato, la volpe reclinò appena il capo di lato. Udire il suono, la pronuncia melodiosa, attorno al nome di Thalia aveva attirato tutta la sua attenzione; e allora fu come se uomo e bestia avessero preso a coesistere, anche se non avrebbe saputo stimare per quanto ancora sarebbe durato. Una parte dell’Animagus, quindi, comprendeva il senso di quel discorso: fu dunque per tale motivo che ben presto la volpe si ritrovò ad azzerare le distanze tra loro, balzando giù dal muretto con un agile salto. Gli artigli produssero un piccolo raschiare quando mosse qualche altro passetto verso la ragazza e si ritrovò ben presto a sedersi dinanzi a lei, in una sorta di faccia a faccia.
L’empatia animale, garantita dai sensi che rendevano la volpe particolarmente attenta a ciò che la circondava, permise all’Animagus di percepire l’affetto per Thalia in quelle parole, la gratitudine e il rispetto che legavano la Grifondoro alla Tassorosso, nonostante si poteva avvertire il dolore e la disperazione anche grazie anche all'olfatto; più Nieve parlava, più una svariata gamma di odori venivano rilasciati in base a quelle che erano le sue emozioni.
Per tutto il tempo la giovane non lo aveva degnato di un solo sguardo, ma ora che finalmente aveva osato sollevarlo nella sua direzione, i loro occhi poterono incrociarsi. Il verde di lei in quello blu intenso di lui. Il muso si spalancò all’improvviso, emettendo un verso acuto ma piuttosto chiaro: Ho capito, sembrava voler dire, se non addirittura un E io voglio proteggere entrambe se me lo permettete.
La coda voluminosa guizzò senza alcun preavviso, provocando un fruscio di peli sulla roccia dall’aria inequivocabilmente giocosa. Imprevedibile come la sua stessa natura suggeriva, l’animale scattò come una molla verso la figura della Rigos e la travolse in un impeto di puro e sincero affetto. Ancora una volta - nonostante avesse avuto qualche piccola difficoltà nel comprendere a pieno il discorso di lei - uomo e bestia avevano agito all’unisono, in una forma di controllo che sparì poco dopo aver lambito il naso della Grifondoro con la propria lingua ruvida e umida. Ciò non di meno non si arrestò, ma proseguì - con dei piccoli versetti - nel cercare di leccarle il viso o a strusciare con il muso come meglio poteva su Nieve, cercando di trasmetterle tutta la tenerezza che provava nei suoi confronti.
Lui le voleva davvero bene e rientrava nei suoi interessi prendersi cura sia di lei che di Thalia, nonostante i propri errori e i sensi di colpa che ancora non volevano lasciarlo libero.

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Auror ✶ 27 anni ✶ Ex Grifondoro

 
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view post Posted on 9/6/2020, 16:14
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entropia.

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... or bury a friend right now;
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Il vis-à-vis con la volpe suscita il suo interesse, che si fa tuttavia mutevole. Negli occhi della bestiola, ritrova il colore di quelli dell’uomo nei confronti del quale i suoi sentimenti hanno assunto sembianze ciclicamente discordanti tra loro. Quindi, se per un verso è naturalmente attirata dalla creatura che ha di fronte per l’affinità che l’ha sempre legata agli animali, per un altro è perfettamente consapevole di cosa — di chi — si nasconda oltre la superficie di pelliccia. Riesce a sentirlo nelle spire di fastidio che le stringono il diaframma e le infondono uno strano disagio in ragione del quale rizza la schiena e assume ua posa guardinga.
E l’istinto deve averle decisamente anticipato il prosieguo dell’interazione perché il suo discorso si è concluso da pochi secondi, quando vede la controparte scattare nella sua direzione e, di riflesso, è costretta a fare altrettanto. Le braccia di Nieve si tendono per afferrare la bestiola e respingerla prima che possa nuocerle — riesce a percepire il fiato caldo della volpe a pochi centimetri dal suo viso senza essere in grado di decifrarne le intenzioni. Allora, terrorizzata, la caccia lontano da sé con una pressione decisa degli arti al solo scopo di guadagnarsi la salvezza.
Sono tanti — forse troppi — gli elementi che subentrano a giustificare la sua reazione e che, inevitabilmente, s’incuneano nel solco tra presente e passato per renderla la persona che è. In un universo di fiaba, dove le leggi della natura vengono scalzate in favor d’eccezione, l’idea che una creatura schiva e notoriamente selvatica si faccia avanti in un’esplosione di feste imporrebbe al destinatario di tanto affetto di accoglierlo e ricambiarlo con eguale ardore. Nieve, tuttavia, vive nel mondo reale e, per la maniera in cui è cresciuta, sa bene che, oltre l’aspetto adorabile della volpe, si celi un’indole prudente a sufficienza da distinguerla da un animale domestico tra i tanti. Pertanto, nel suo modo di vedere le cose, un balzo — se eseguito non nel senso della fuga — può comportare soltanto un disperato attacco.
Se tanto non bastasse a indirizzare il suo agire oppositivo, rimarrebbe comunque la viscerale consapevolezza di avere di fronte non una bestiola nata tale ma un uomo trasformato nella versione più ferina di sé; un uomo al quale ha già riservato una furente aggressione in passato e al quale ha appena reiterato la sua intenzione di frapporsi come ostacolo nel percorso verso la conquista di un cuore; un uomo che, per il solo fatto di identificarsi con la sua categoria di appartenenza, Nieve è portata a paventare nel timore di subirne la violenza.

«Cazzo» esclama col cuore che batte all’impazzata nel petto, ché ha appena riconquistato la posizione eretta e compiuto qualche passo indietro. Gli occhi espressivi ricercano il figurino basso, mentre la mano estrae la bacchetta. Non intende attaccare stavolta — non le riesce di scagliarsi contro un animale, neppure sapendo che sia Aiden —, ma approntare una difesa nel caso in cui la volpe decida di avventarsi nuovamente su di lei. «Cazzo» ripete e ha il respiro corto per lo spavento. Intanto, nel suo mondo interiore, la paura sta mutando forma per tingersi di rosso. «Io…» La rabbia le stringe la gola e confonde i pensieri, impedendole di formulare una frase di senso compiuto o, meglio, di determinarsi a sceglierne una tra la miriade che le affolla le pareti del cranio. «Non cambierai mai» sbotta, pulendosi la punta del naso umida per la leccata che non è riuscita a evitare. «Sei un cazzo di molestatore e io una stupida» strilla, incurante di poter attirare l’attenzione. Le brucia da impazzire l’idea di essersi quasi ricreduta su di lui, adesso che ha avuto la dimostrazione dell’incapacità di Aiden di trattenere i propri istinti. Per un attimo, le balena in mente il pensiero di sentirsi vicina a Thalia come non mai, giacché è convinta di aver subìto un attacco dissimile nelle mire ma identico nelle modalità — l’invasione irrispettosa e non autorizzata degli spazi vitali altrui. «Sta’ lontano da noi» gli dice e alza la bacchetta.

Sul viso di Nieve, capeggia un’espressione tutto fuorché rassicurante. Nel modo in cui le pupille dilatate si guardano intorno alla ricerca di fuga e ritornano, insistentemente, sulla sagoma dell’Aiden animale, sta la portata del suo tormento interiore: sta combattendo con sé stessa per bilanciare le contrapposte istanze, che la vogliono ora incurante dell’aspetto di chi ha di fronte — “è pur sempre lui” bisbiglia, ferale, una voce spietata per indurla all’attacco — e ora munifica al fine di risparmiare una creatura che, incoerentemente, è portata a ritenere innocente per via della sua apparenza. A stento, riesce a capacitarsi del fatto che un uomo della sua foggia possa serbare in sé i tratti di un animale col quale proprio non le sembra plausibile un’assimilazione.
Brevemente, si domanda che fare ed è sul punto di esplodere nello sfoggio di intemperanza più incontrollato degli ultimi sei mesi, quando modifica la traiettoria dell’arma e trattiene il desiderio di ricorrere alla magia.

«Non importa quale sia la tua forma, Aiden Weiss» sfiata, furibonda, con la chioma chiazzata di rame. «Sei e rimarrai sempre una testa di cazzo» sputa e, nell’usargli le parole più affilate del suo repertorio, lo seppellisce sotto strati di disprezzo — insieme a lui, sotterra i pochi brandelli rimasti del loro rapporto.

Tiene l’arma alzata verso Aiden, dunque indietreggia per non dargli la schiena. Ha il disdegno stampato sul volto nel frangente in cui, dopo un attimo di esitazione, oltrepassa l’arco e ritorna sul patio con l’intenzione di rincasare in dormitorio e chiudersi tra le tende del suo letto a baldacchino. A passo di marcia si lascia alle spalle il cortile interno dove ha quasi perdonato Aiden e dubitato della propria capacità di giudizio, poi la Sala Grande dove la gelosia le ha corroso l’animo, ancora il primo piano nel cui sgabuzzino ha trovato sfogo il suo bisogno di ritornare in sintonia con sé stessa e, infine, i corridoi che l’hanno vista scendere, carica di aspettative, per partecipare al ballo più deludente della storia. Sopra ogni cosa, riflette allorché ha raggiunto la torre di astronomia e si è concessa il lusso di affacciarsi per schiarirsi la mente, ciò che intende dimenticare è l’intero svolgimento di una serata che, nutrendola di illusioni, le ha servito il disincanto come ultima portata.

«Bella chiusura di quadrimestre di merda» commenta, la bocca amara come il fiele. «Se è l’anticipazione del Natale che mi aspetta, spero solo che l’anno nuovo sia più generoso» si auspica, ingenua, incapace di immaginarsi cosa davvero le riservi il futuro.
Intanto, provata, si stringe nelle spalle e, stancamente, tace.

What do you want from me? Why don’t you run from me?
What are you wondering? What do you know?
Why aren’t you scared of me? Why do you care for me?
When we all fall asleep, where do we go?


Nieve Rigos | Prefetto Grifondoro | 17 Anni | Skinny Love | Outfit



Sempre molto tranquilla la mi' bimba, mi dicono. :look:
È stato un piacioro, bby! :zalve:
 
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12 replies since 3/3/2020, 18:09   456 views
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