I primi giorni, dopo essere stata assunta da Himiko’s, le era capitato di sbagliare il tavolo in cui doveva servire. Certo era facilmente giustificabile, poteva dire tranquillamente di aver iniziato a lavorare da poco e che non aveva mai fatto la cameriera in vita sua, ma spesso i clienti iniziavano a guardarla di sottecchi. Raramente non si disturbavano sentendola scusarsi per quei motivi, qualcuno era gentile, pochissimi scherzavano dicendole di poter portare qualche piatto in più senza alcun problema, ma più di frequente le era capitato il rabbioso di turno che se la prendeva –anche giustamente– con lei e che, oltre a rovinarle la giornata, chiedeva di essere servito da un cameriere più esperto. Era sconfortante e decisamente sfiducioso, a maggior ragione per lei che si lasciava appesantire dalle parole della gente. Cercava di darsi forza e passarci su, di prendersi in giro per sorridere, ma non poteva negare quanto la affliggessero certe parole.
Per fortuna, comunque, il capo cuoco cinese era spesso dalla sua parte: l’aveva presa a cuore come una figlioccia e continuava ad incoraggiarla per darle forza. Grazie alla complicità che si era creata tra loro, Gwen aveva iniziato a farsi insegnare qualche termine orientale, finendo spesso col domandargli come si traducesse quella parola o cosa significasse quell’altra, come fosse un gioco per passare il tempo. Ma oltre al divertimento che ci trovava nell'imparare nuovi termini, era totalmente affascinata dalle tradizioni e dai significati che la cultura orientale dava ad ogni piccola cosa. Il Rei per esempio, lo aveva sempre utilizzato per immedesimarsi, per rendere ancora più piacevole ai clienti l'idea che il locale voleva dare, ma sapeva che era qualcosa di molto complesso rispetto a quel che sembrava.
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Non è solo un semplice inchino o un saluto formale, il Rei ha il significato più profondo di prendere coscienza di se stessi e della persona alla quale è rivolto. Si tratta di dimostrare rispetto per chi si ha di fronte, ma oltre a questo, è un puro segno di umiltà. Umiltà intesa come un atteggiamento costante che bisogna assumere nella vita. È infatti spesso praticato prima di un incontro di Karate, o altre discipline orientali, a dimostrazione che la prima lotta che bisogna vincere è quella contro la propria presunzione.❜❜ Erano state le parole del cuoco. Per Gwen il rispetto e l'umiltà non erano di difficile comprensione, gli insegnamenti dell’orfanotrofio gliele avevano fatte rendere ben chiare, quindi supponeva di riuscire bene con l’esecuzione del saluto, anche se non ne era del tutto certa.
In ogni caso, con tutti i giorni ormai passati al ristorante, aveva acquisito una certa esperienza ed ora era raro commettesse errori. Raro, non totalmente assente; poteva sempre capitare qualche svista.
Terminò di servire un nuovo tavolo, augurando buon appetito ai clienti utilizzando i termini che aveva imparato; prima di tornare in cucina si voltò verso la sala alla ricerca di qualcuno che avesse bisogno di lei. Non vedeva nessuna mano alzata, ma aveva memorizzato quasi tutti i tavoli e ce n’era uno che si era probabilmente riempito da poco, al quale erano sedute tre persone con il menu posato e ben chiuso. Potevano aver già ordinato o essere in attesa di farlo e l’unico modo per scoprirlo era quello di avvicinarsi.
«Huanyíng» Disse una volta raggiunto il tavolo, cercò di effettuare il Rei nella maniera corretta e una volta raddrizzata la schiena tradusse:
«Benvenuti!» Guardò alternativamente i commensali mentre proseguiva:
«Avete già ordinato?» Chiese con garbo frattanto che estraeva il taccuino dalla tasca del grembiule.
«In caso negativo, se siete pronti, ditemi pure!»