Shedding skin, Privata

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view post Posted on 13/3/2020, 21:40
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Sometimes I can feel my bones straining under the weight of all the lives I'm not living.

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«Crisshto».
Le ore di esercitazione pratica erano rapidamente passate dall'essere un'occasione per affinare le proprie tecniche di duello all'essere invece la scusa perfetta per regolare conti, togliersi qualche sfizio e altre cazzate da adolescenti immaturi.
Anche volendo, sarebbe stato impossibile per il professore supervisionare contemporaneamente tutti gli scambi di incantesimi valutandone legittimità e correttezza. Se non lo avesse ritenuto impossibile, Niahndra avrebbe pensato che il docente stesse sorvolando apposta su molti dei tiri mancini giocati dagli studenti, forse nella convinzione che sarebbe stato più istruttivo per loro imparare con le maniere forti.
Alistine scartò di lato appena in tempo ed il pesante manuale di difesa che le aveva aizzato addosso la sua avversaria si schiantò contro la parete dietro di lei.
Qualcosa le diceva che O'Farrell ancora non le avesse perdonato quella volta che aveva baciato il ragazzo per il quale aveva una cotta dal secondo anno, Matthew Dowson. Peccato che Niah non avesse colpe: era stata un'iniziativa di Paul, al quale lei aveva chiesto di assumere temporaneamente le sue sembianze per coprirla sul lavoro al Wizard Store mentre lei si ammazzava di studio. Per come la vedeva lei, la responsabilità era tutta di Grindelblack, ma non avrebbe potuto spiegarlo alla O'Farrell senza mettere nei guai sé stessa e il metamorfomago.
Se non altro le loro forze si equivalevano: quando una attaccava, l'altra respingeva e viceversa. Tuttavia lo stile di combattimento della corvonero era molto più aggressivo rispetto a quello di Niahndra che, per parte sua, si limitava a deflettere i raggi magici e a cercare di rallentare l'avversaria.
O'Farrell era determinata e decisamente creativa nella scelta delle afflizioni a cui intendeva sottoporla, doveva riconoscerglielo; per quanto ci provasse, non era in grado di anticiparla a dovere.
L'orbis terrarum che le scagliò sotto i piedi le fece guadagnare qualche secondo mentre l'altra tentava di mantenere l'equilibrio e ne approfittò per trasfigurare nuovamente alla normalità i propri incisivi, cresciuti a dismisura fino a bucarle il labbro inferiore.
Sottovalutava però le capacità di recupero dell'altra. Con un ghigno che le sfigurava il bel viso a cuore, O'Farrell la tempestò di fatture riuscendo a farla arretrare pericolosamente.
Infilando un piede dietro l'altro era solo questione di tempo prima che uno dei colpi centrasse in pieno Niahndra e lo sapevano entrambe. L'ultima cosa che vide fu il sorriso soddisfatto di lei mentre finiva capovolta per effetto dell'orbus; il tempo di un respiro —un'altra smorfia venefica— e la tassorosso ricadde malamente a terra.
Il colpo le mozzò il respiro e le sdoppiò la vista per qualche istante; le orecchie invece registrarono senza problemi l'esortazione dell'avversaria ad arrendersi.
Fu solo per orgoglio che tese il braccio, ma il raggio arancione del flipendo colpì la O'Farrell sbagliata. Lei, d'altro canto, non la mancò e il vermilius la sbalzò indietro di qualche metro aggiungendo un paio di ecchimosi all'inventario già ricco di ferite.
Niahndra era stanca, lenta e fiacca; sarebbe stato così semplice abbassare la bacchetta e dichiarare la resa, ma qualcosa in lei si mosse insoddisfatto. Non avrebbe chinato la testa, doveva solo racimolare le energie...
Un fiotto di calore le invase le membra dando sollievo ai muscoli indolenziti e si sentì come attraversata da una nuova ondata di vitalità; l'accolse con la stessa avidità di chi soffre la sete da giorni e trova infine una polla d'acqua cristallina.
Mentre O'Farrell continuava a sbeffeggiarla, si passò distrattamente le dita sul viso e contemplò per un breve istante i polpastrelli macchiati di sangue.
«...stronza».
Un commento senza particolari inflessioni nella voce seguito da un'onda d'urto che respinse la corvonero indietro di qualche metro.
I ruoli si erano invertiti; Niahndra era di nuovo in piedi.

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view post Posted on 19/3/2020, 13:02
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L’impellenza pressante con cui la Lynch si era liberata del primino più logorroico dell’intera Hogwarts trovava le sue fondamenta nel mondo della fantasia, e condivideva tratti comuni ai racconti sui cerchi nel grano, alle credenze dei pastafariani e a metà delle storie dei gemelli Weasley. Insomma, era una frottola bella e buona, nata con lo spontaneo desiderio di districarsi da quella situazione noiosa.
Aveva dedicato quel primino ben più tempo di quel che si sarebbe meritato: dieci minuti per sentire le ragioni per cui avrebbe dovuto essere accompagnato a Hogsmeade (la relativa lettera di raccomandazione da parte della madre era stata ottenuta con lo stesso metodo di attacco); dodici minuti per tentare di spiegare che non c’erano problemi, ma che avrebbe dovuto attendere il sabato successivo; quattro minuti per costruire il precario castello di carte che componeva la sua validissima scusa per fuggire a gambe legate. E pur essendo uscita dalla Sala Comune con tutte le migliori intenzioni, aveva deciso che per quella mattina si era già impegnata fin troppo per dedicarsi anche ai compiti. Così la sua rotta era variata, e dalla Biblioteca si era ritrovata direttamente in giardino.
Sdraiata a terra, i piedi appoggiati a un masso vicino, se ne stava con la faccia completamente immersa nel bestseller Viktor Haunt, di cui aveva raggiunto la metà precisa proprio qualche istante prima. Le pupille scorrevano rapide sulle forme d’inchiostro, e nulla avrebbe potuto tradire il suo vero stato d’animo: uno sguardo esterno l’avrebbe vista rilassata e assorta in un’avventura o in un fitto dialogo; ma il nostro lettore, che ha la fortuna di avvicinarsi di più, potrà cogliere la leggera tachicardia e il brividino che correva lungo la schiena. Eloise non era tranquilla: lottava con qualche ombra del passato con cui ancora non era riuscita a far pace.
Erano passate ormai un paio d’ore da quando aveva conquistato quell’angolo di pace, e se non fosse stato per quella piega imprevista le cose sarebbero proseguite così per un tempo altrettanto lungo. A riscuoterla da quell’immersione tra Spiriti e Spettri fu la percezione improvvisa che qualcosa non andava: una sensazione inafferrabile ed eterea si insinuò nel suo cuore, e con subdola premeditazione prese a farsi strada tra le pieghe della camicia. La mano si spinse all’altezza del petto e gli occhi si fissarono sul cielo azzurro, mentre la certezza che qualcosa non andava si solidificava; decise che avrebbe fatto meglio a raddrizzarsi, ma quando raggiunse la verticalità ebbe un leggero mancamento. Cosa stava succedendo?
La voce sapiente di nonna Cindy le rispose che probabilmente si era fatta impressionare dalle parole di Haunt, che aveva fatto male a leggere così tanto sdraiata sotto il sole, ma qualcosa che le suggeriva che doveva indagare oltre. Si sentiva indebolita, e il leggero batticuore non era da lei. Rientrò nel Castello velocemente, come per sfuggire a un inseguitore, e solo quando cercò il sostegno di una parete antica racimolò un briciolo di comprensione: la mano appoggiata al muro lo mostrava con chiarezza.
Si ritrovò al Secondo Piano senza sapere bene come, e con la stessa inconsapevolezza spalancò la porta di quella che scoprì essere - troppo tardi - l’Aula di Difesa Contro le Arti Oscure. «Eh-ehm, buongiorno prof...» Si sforzò a non abbassare lo sguardo, gli occhi spalancati dalla sorpresa. Una breve panoramica alla classe, in subbuglio per l’esercitazione in corso, le confermò che era riuscita ad attirare l’attenzione dell’intera platea. Le parole seguenti rotolarono via rapidissime, e nessun meccanismo cognitivo fu abbastanza veloce per arrestarle. «Niahndra Alistine è convocata dal Preside.»

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Edited by Nih . - 29/3/2020, 12:28
 
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view post Posted on 20/3/2020, 18:29
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Con quell'ondata crepitante che l'aveva investita da cima a piedi, Niahndra tornava a sentirsi quasi padrona della situazione.
Fosse stata più onesta con sé stessa si sarebbe resa conto che quella sensazione non era altro che un palliativo, il prorogarsi dell'inevitabile, l'evidenza di una conclusione che si rifiutava di accettare.
Il dislivello che traspariva man mano tra lei e O'Farrell non era da attribuirsi ad una base differente di conoscenze o risorse, quanto nelle strategie di utilizzo. Laddove O'Farrell era focalizzata, Niahndra si distraeva; alla precisione della corvonero si specchiava la goffaggine della tassorosso; lo scopo e le motivazioni che accendevano l'avversaria erano nient'altro che cenere di un fuoco estinto per quanto riguardava invece Alistine.
Eppure, sotto l'ostentato disinteresse, aveva una disperata necessità di emergere vittoriosa dallo scontro.
Deviò l'ennesima fattura e rispose all'offensiva con la stessa moneta. L'exulcero inferse un paio di ustioni su ciascuna gamba della contendente che emise il verso rabbioso di un animale messo alle strette. Non prometteva niente di buono.
Quando l'altra si mosse per colpirla, Niah cercò di scartare di lato, ma invano: la gambe non volevano più saperne di rispondere al comando. Dopo un paio di tentativi dovette arrendersi all'evidenza: era appena stata colpita con la mezzapastoia.
Intercettò lo sguardo della O'Farrell e digrignò i denti; contemporaneamente le loro bacchette disegnarono alcuni simboli nell'aria e due raggi opposti ne scaturirono. Raggi che non arrivarono mai a destinazione.
Il silenzio era appena sceso nell'aula, ovunque facce di studenti che si guardavano intorno per capire come mai il docente avesse interrotto all'unisono tutti i duelli, chi fosse quella testolina rossa spuntata alla porta e se le due cose fossero collegate.
La curiosità che Niahndra provò nel riconoscere Eloise si trasformò in genuino sbigottimento quando sentì le sue parole.
Incassò la testa nelle spalle preparandosi ad avere tutti gli sguardi piantati addosso e al gesto vago del professore annuì e fece per incamminarsi. Il movimento tuttavia si bloccò a metà, le piante dei piedi ancora ben saldate a terra.
La mezzapastoia. Una bella figura da ebete, giusto perché essere richiamati dal preside non era abbastanza.
Colse un mezzo sghignazzo, ma fece finta di niente. Piuttosto allargò le braccia in direzione dell'avversaria come a dirle "ti spiace?" e non appena l'altra ritrasse la morsa del Locomotor mortis, Alistine recuperò il maglioncino della divisa scolastica e raggiunse il prefetto di tassorosso.
«Andiamo, prima che O'Farrell decida di piantarmi un pugnale tra le scapole.»
Uno sbuffo seguito da una smorfia quando il taglio sul labbro le tirò.
Si prese qualche istante per riporre la bacchetta, legare il maglioncino in vita, arrotolare le maniche della camicia sopra i gomiti e appiattire la chioma scarmigliata.
Quando infine posò lo sguardo su Eloise corrugò le sopracciglia. «Non hai una bella cera— l'amica sembrava provata quasi quanto lei pochi minuti prima —Le hanno suonate anche a te?»
Indugiò un attimo nonostante il tono ilare, poi dette un'occhiata ai corridoi deserti e si ricordò del perché non si trovasse in aula.
Anche scervellandosi, non capiva perché mai il professor Peverell volesse vederla. Aveva a che fare con la Scuola di Atene? Era già stata chiara in merito.
Qualunque fosse la ragione, una certa inquietudine le crebbe dentro. Non metteva piede al quinto piano dai Gufo di Swan e non aveva intenzione di riprendere l'abitudine adesso.

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view post Posted on 29/3/2020, 15:26
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Troppo presto. Aveva parlato troppo presto.
Scoperto l’inganno e provata l’ipotesi, non c’era motivo per attardarsi sull’esperimento, e indugiare oltre su una realtà che si era rivelata veritiera. Tuttavia, la porta di Difesa Contro le Arti Oscure era ormai aperta, la classe era pronta ad ascoltarla e non c’era modo di ritornare sui suoi passi; là, dove la Lynch avrebbe potuto giustificarsi con un banale ho sbagliato aula la sua fervida immaginazione aveva preso il sopravvento, e la supremazia delle azioni sui pensieri si rivelava, ancora una volta, una costante. Inutile piangere sulla pozione versata, anzi: nel notare l’esitazione che bloccava le gambe dell’amica, non poté che sogghignare. Non era abituata a vederla in difficoltà, e l’aria scarmigliata con cui si presentava suggeriva di averla colta nel bel mezzo di uno scambio che di diplomatico aveva ben poco. Ecco spiegato il motivo di tanto fabbisogno energetico.
Prima di seguire Niahndra fuori dall’aula si concesse una bella occhiata a quella che doveva essere O’Farrell, che se ne stava con l’arcata dentale superiore messa a nudo, come una belva che si vede sfuggire la preda da sotto il naso. Non resistette al desiderio di farle ciao-ciao con la manina, la faccia da schiaffi in bella mostra; la cosa le costò un’occhiataccia da parte del docente, e probabilmente un Desolante al compito di Difesa successivo. Si chiuse la porta alle spalle, mettendo un punto a quel teatrino di sguardi.
L’aspetto arruffato che aveva colto a distanza si mostrava ora con tutte le sue prorompenti sfaccettature. Indugiò con lo sguardo sul labbro spaccato e sull’ombra sanguinolenta che aleggiava sotto la narice della compagna, desiderando risponderle che anche lei non era propriamente pronta per un Ballo di Fine Anno. Evitò di perdersi in chiacchiere, optando per fare leva su qualcosa che avrebbe sollecitato il suo interesse. «Sì, sei stata tu.» Aveva ormai capito che Niahndra Alistine tendeva a sentirsi colpevole per ciò che le accadeva attorno, anche se non lo dava a vedere. E fu per questo che sul suo volto c’era la solita aria leggera e canzonatoria: preferiva prendersi insulti, piuttosto che farle pensare di essere seriamente risentita. Sollevò la mano davanti al volto come se stesse per mostrarle il medio, ma fu l’indice a essere sollevato. Attorno al dito, un cerchietto argentato attirava l’attenzione: era l’Anello dell’Amicizia gemello a quello che evidentemente Niah doveva portare con sé, il regalo che con tanta fatica si era conquistata al raggiungimento della maggiore età. «Si può sapere che stavi facendo?».
Prese a camminare verso la scalinata più vicina, sfilandosi l’anello dal dito e facendolo saltare in aria ripetutamente. Era stato il regalo più adatto e meditato che avesse mai fatto nella sua vita, e non se ne sarebbe mai pentita. Aveva sperato di poterlo mettere alla prova a Cadair Idris, ma non ce n’era stata l’occasione: finché potevano cavarsela con le loro forze, la potenza degli anelli sarebbe stata silente. E se qualcuno gliel’avesse detto prima, mai avrebbe creduto che il primo vero utilizzo sarebbe stato durante una scaramuccia tra studentelli. La vita è così: fatta di eventi banali e prosaici, fatta di umanità grezza e impulsiva. Le avventure auliche sarebbero rimaste ai libri e alla fantasia.
«Ah, quella di Peverell era una cazzata. Sei contenta, ora hai una scusa per fare pausa?!» Più che altro, ora Niah avrebbe avuto una scusa per lanciarle qualche insulto, qualche incanto, o qualche oggetto contundente.

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view post Posted on 31/3/2020, 19:45
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Negare. Sempre, anche difronte all'evidenza.
Quella filosofia l'aveva accompagnata per gran parte della sua vita e, considerate le circostanze, aveva fatto un discreto lavoro. Per questo motivo il primo impulso di Niah era quasi sempre schermarsi, mascherare le proprie espressioni, mentire a denti stretti, fingere disinteresse.
Oppure deflettere l'attenzione sull'altra persona, com'era successo in quel caso. Non che l'interesse mostrato non fosse sincero, semplicemente al tempo stesso le aveva dato la possibilità di passare all'offensiva piuttosto che snervarsi giocando in difesa.
Un trucchetto, quello, al quale sperava che la Lynch avrebbe abboccato. La vide soffermarsi sulla parte inferiore del volto e, pur non riuscendo a impedirsi di passare inconsciamente la lingua sui denti proprio vicino alla ferita, fu in grado di frenare per tempo l'impulso di strusciarsi col dorso della mano sotto il naso.
Punta sul vivo da quella presa di coscienza, rispondendo ad un istinto vecchio quanto lei, la ragazza irrigidì la mascella e sollevò appena il mento come a sfidare l'amica a commentare le sue condizioni. La linea severa delle sopracciglia scure venne percorsa da uno spasmo nel sentirla invece muovere quell'accusa leggera, per poi arcuarsi definitivamente alla prospettiva di un dito medio.
C'era sempre stato qualcosa di spudoratamente selvaggio in Eloise, lo sapeva, ma —e ripensò al ghigno che la rossa aveva rivolto a O'Farrell— si era persa il momento in cui quell'impertinenza era sfuggita al suo controllo.
Quando poi si accorse che l'altra aveva giocato con le sue percezioni e che di fronte non si era trovata un "vaffanculo" ma un anello, le scappò una risata sgraziata che somigliava più ad un latrato soffocato a metà.
Abbassò lo sguardo sulla propria mano. Una fascia argentata ornava una delle dita e di riflesso la strofinò col pollice come spesso le capitava quando era sovrappensiero.
«Non me ne sono neanche accorta.» Rintracciò nella memoria il momento in cui aveva sentito quel fiotto tiepido riscaldarle il corpo e la sensazione la mise a disagio.
Si strinse nelle spalle prima di puntare lo sguardo sulla rossa. «È un prestito che intendo restituirti.»
Non avrebbe saputo dire perché, ma una parte di lei provava vergogna pensando alla naturalezza con la quale era ricorsa al potere del gioiello, alla leggerezza con la quale aveva preso qualcosa che non le spettava. Poco importava che fosse stata Eloise stessa a regalarglielo e che, indossandolo a sua volta, ne avesse implicitamente accettato le conseguenze.
Ed era successo tutto perché... «Stavo cercando di impartire una lezione.» Con scarso successo, tra l'altro, ma quello se lo tenne per sé. A ben vedere, fingere non aveva senso visto che il duello era stato interrotto mentre ancora era in evidente svantaggio, e tutti aveano potuto rendersene conto.
Rallentò il passo fino a fermarsi quando l'altra le svelò la verità a riguardo del preside. Non sapeva se sentirsi sollevata o irritata e, distrattamente, si rese conto che la Lynch era un asso ad innescare in lei reazioni conflittuali.
Si massaggiò l'arcata sopraccigliare concedendosi uno sospiro per mantenere le apparenze. Negli occhi le dardeggiò una punta d'orgoglio mentre rifilava un buffetto fintamente risentito sulla spalla dell'amica.
«Sembravo così in difficoltà?» La ferocia degli occhi contagiò l'angolo della bocca, sollevato in una smorfia bastarda. «O volevi solo qualcuno a farti compagnia?»
Deflettere l'attenzione sull'altra persona. Niente di nuovo all'orizzonte.
Una domanda però la distrasse, se non stavano andando verso la torre della presidenza, quale era la loro meta?

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view post Posted on 11/4/2020, 22:26
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«È un’occasione che non intendo lasciarmi sfuggire.» Decretò la rossa con sicurezza, certa che presto o tardi sarebbe arrivata la scusa perfetta. Tra le faccende di Casata, gli interessi comuni e l’essere una testa calda, le situazioni in cui ci si trovava in difficoltà non mancavano mai. E forse avrebbe dovuto preoccuparsi di una simile tendenza a ficcarsi nei guai, ma era confortante sapere che l’aria in cui si librava era perennemente spazzata dal vento. La cosa sorprendente era che prima di allora non nessuna delle due avesse mai avuto bisogno di richiamare a sé quel flusso di nuove energie.
Piacevolmente incuriosita dalla piega che il discorso stava prendendo, fu colpita dalla scoperta che il suo contributo aveva le radici in un desiderio volontario di attaccare. Si era immaginata la scena diversamente, aveva dato per scontato che, con le energie all’osso e nessuna intenzione di farsi sopraffare, il richiamo di Niahndra fosse stata una sorta di SOS. Implicito e inconsapevole, ma causato spontaneamente da una percezione imprevista di pericolo, e dal desiderio di lottare per preservarsi. Invece, quello che le veniva messo davanti era un attacco basato su episodi pregressi, che dello scambio di incantesimi faceva solo un mezzo, e non un fine. Era un esito inaspettato che le sue ipotesi non avevano potuto prevedere.
L’intermezzo sulla meta interruppe il flusso di pensieri prima di poter indagare oltre. «In realtà ho detto la prima cosa che mi veniva in mente...» Alzò gli occhi al cielo. Non aveva riflettuto molto prima di entrare in azione, ma ora che ci pensava era stato il desiderio di trovare risposte rapide a spingerla fin lì in modo così risoluto. Unita a una vaga volontà di togliersi dal vortice di spettri in cui si era lasciata trascinare. «Però va bene la seconda, dopo una mattinata in compagnia di Haunt ho iniziato a pensare di essere esposta presenze oscure a ogni angolo.» Sollevò il tomo, convinta di averlo già visto nel baule dell’amica. La sincerità spudorata era sempre la sua risposta vincente.
Avevano appena raggiunto il bivio tra salita e discesa, ma Eloise non indugiò un istante. Svelato l’inganno, senza altra spiegazione necessaria, puntò verso il basso, intenzionata a sfruttare al meglio la giornata luminosa che il meteo scozzese aveva regalato loro. Tornò a infilare l’anello al dito, stufa di farlo saltare tra le dita, e si mise a picchiettare sul mancorrente a ogni scalino sceso. Forse infastidita da quell’atteggiamento, la rampa decise spontaneamente che quella posizione non faceva per lei un istante prima che raggiungessero il pianerottolo. Giocherellò con il loro equilibrio sbilanciandole verso destra, vittime impotenti della sua volontà.
«Bè, allora… Cos’ha fatto O’Farrell?» Poco importava per quel cambio rotta, di tempo da perdere ne avevano abbastanza. Più interessante era scoprire le trame che l’amica stava tessendo a danno della sua sfidante in duello. «Oppure… Cos’hai fatto tu?» Nel suo sguardo guizzò la furbizia dei maliziosi, un gioco in cui Eloise interpretava sempre il ruolo del malpensante.

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view post Posted on 14/4/2020, 22:57
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Dedicò un paio di secondi a immaginare cosa sarebbe potuto succedere se il docente avesse deciso di verificare la storia di Eloise, ma non si spinse oltre. Era inutile piangere sulla pozione versata e a dirla tutta, più che essere preoccupata dalle conseguenze, era irritata all’idea che qualcuno potesse pensare che fosse d’accordo con la Lynch per darsela a gambe una volta che le cose si fossero messe male per lei nel corso del duello.
Le veniva il nervoso solo a pensarci. Detestava mostrarsi vulnerabile, ma ancora di più detestava passare come codarda; sapeva che O'Farrell le avrebbe rinfacciato quella fuga vergognosa per settimane, trascinando con la sua parlantina anche altri compagni.
Doveva trovare un modo per porre fine a quella storia una volta per tutte, solo che non era quello il momento più adatto.
Ormai era andata, non c’era altro che potesse fare se non decidere di rovinarsi anche quella pausa inaspettata, ne valeva la pena?
No, si disse, non le avrebbe dato anche quella soddisfazione.
«Alla faccia della lettura leggera, mh?» Riconobbe il titolo del tomo. «Non sono andata oltre il secondo capitolo, ora che ci penso.»
Viktor Haunt poteva anche essere uno spettrologo di fama mondiale, ma come scrittore e divulgatore lasciava a desiderare. Niahndra aveva temuto di crepare di noia con tutte quelle definizioni e quelle classificazioni.
«Ricordami di prestarti I delitti irrisolvibili dell’Auror Mistere, una volta o l’altra.» Portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio prima di seguire la rossa giù per le scale. «È un fumetto mensile che parla di… vabbè lo puoi immaginare.»
Probabilmente l’amica aveva già avuto modo di adocchiare qualche numero sul suo comodino. Lo stesso che Lockhart si ostinava a reclamare a torto come proprio.
Avvinghiò le dita al corrimano quando le scale cambiarono bruscamente direzione a pochi passi dal piano. «Un classico.» Il borbotto si perse tra i denti stretti mentre lei poggiava entrambi i gomiti sul parapetto, inclinata in avanti.
Lanciò un’occhiata alle altre scale e al vuoto che si apriva sotto di loro prima di riportare l’attenzione su Eloise; la quale, come avrebbe dovuto aspettarsi, non aveva perso l’occasione per cominciare le sue personalissime investigazioni.
«Scusa?» Roteò gli occhi di fronte alla palese sfiducia che l'altra aveva nei suoi confronti. Era già pronta a denunciare Paul solo per mettere in chiaro come lei fosse la vittima in tutto ciò, ma la lealtà verso l'amico la frenò. Non credeva che Eloise avrebbe tradito una confidenza del genere, solo che non era un segreto che stava a lei condividere.
Se fosse stata appena più lucida Niahndra si sarebbe resa conto che il fatto che al prefetto non fossero giunte voci sulle sue disavventure le dava l'opportunità di controllare la narrativa. Purtroppo, per i primi istanti, l'unica cosa certa che le passeggiava nella testa era che avrebbe voluto tenere El e quel bacio mai avvenuto con Dowson a quanta più distanza possibile l'una dall'altro.
Mordicchiò l'interno della guancia trovando la bocca secca da un momento all'altro. Non le piaceva come segnale.
Distolse lo sguardo dalla rossa e serrò le labbra in una posa ostinata come ritenendosi superiore a tutta quella conversazione. E in effetti lo pensava davvero, era tutto ridicolo. Allora perché non poteva semplicemente scherzarci su e farsi due risate con l'amica?
Aveva chiaramente sprecato la finestra di tempo utile a inventare una balla. Ogni ulteriore ritardo avrebbe contribuito solamente a gonfiare l'aspettativa della Lynch.
«Non ho fatto niente», precisò a beneficio di nessuno. «Lei però è stupidamente convinta che io abbia baciato il tipo a cui va dietro— Probabilmente per via della dozzina di testimoni —e il resto l'hai visto.
Le sudavano i palmi, e non era un buon segno neanche quello.
«A me neppure piace lui.» Lo disse come se quello dovesse provare l'insensatezza di tutta la vicenda.
Con uno sbuffo si staccò dal corrimano e si raddrizzò. La fronte era aggrottata per la rabbia mentre gli zigomi erano tinti dall'imbarazzo sotto la pioggia di capelli. Dietro l'espressione gelata, Niahndra era a tanto così da prendere fuoco.
Planò letteralmente sul pianerottolo nel momento stesso in cui le scale, stanche dei propri capricci, vi attraccarono.
Cercava di non darlo a vedere, ma aspettava la reazione di Eloise come un condannato a morte avrebbe aspettato il colpo del boia.

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Non c’era lettura pesante capace di frenare gli entusiasmi della Lynch: non era spinta tanto dalla volontà di arricchire le sue conoscenze, o dalla diligenza, ma era curiosa di capire il mondo che la circondava e positivamente spronata dalla masterclass al cardiopalma che Midnight aveva apparecchiato per un gruppetto di studenti. A detta di Amber, quel libro dava un contesto alla creatura che avevano fronteggiato, e trovare delle risposte era un priorità, per lei. «Dici che dovrei darmi ad argomenti più vivaci?» Il suggerimento arrivava al momento giusto: aveva terminato Martin Miggs solo qualche sera prima, e nella sua gita a Bibliomagic aveva indugiato sulla lettura successiva. Certo era che Spiriti e Spettri non rientrava nelle letture da cuscino. «Va bene, allora ti soffierò il primo numero.»
Lo sguardo pensieroso e il temporeggiare di Niah sollecitarono ancora di più il suo languore di informazioni, e la sua attenzione rimase stabile sulla mora per impedirle di sfuggire alla domanda. Le sfumature che attraversarono il suo volto in quella manciata di istanti furono molte, ma nulla poté prepararla alle parole che le sarebbero uscite dalla bocca.
Non appena Niahndra ebbe sputato il rospo, Eloise spalancò gli occhi per lo sforzo di trattenere la risata sfuggente, che esplose incontrollata poco dopo. Un altro tentativo di rispettosa serietà era fallito miseramente, tanto che un paio di facce sbucarono incuriosite dalle rampe superiori. «Scusa ma questa O’Farrell con te ci ha mai parlato Lo sterno sobbalzava ancora quando riuscì a riprendersi e, raggiunto il pianerottolo con un saltello, si avviò veloce per allontanarsi dalla vista dei curiosi. L’immagine che la Alistine aveva proiettato nella sua mente con le ultime parole aveva qualcosa di incredibile: un bacio superficiale dato a un ragazzo a caso, quasi come provocazione alla nemica. Non era la Niahndra che conosceva. «Dico, mica ti ci vedo a farti coinvolgere in un triangolo amoroso… Quando ho provato a farti conoscere qualcuno te ne sei tornata a braccetto con la Rigos, da buone amiche!» Non si rendeva conto di quanti passaggi stava dando per scontati con quei commenti. Di quante appendici saltava a piè pari, di quante sfaccettature poteva avere quella storia, e di quanti scenari avrebbero previsto la veridicità delle convinzioni della O’Farrell. Partiva dalle assunzioni che la sua mente le forniva, e reagiva senza tatto, senza accorgersi di essersi spinta così in là. L’idea, semplicemente, le sembrava assurda, e commentarla con quei toni era la reazione leggera di chi riusciva a sdrammatizzare anche nella disgrazia.
Il campanello d’allarme prima o poi sarebbe arrivato. Si rese conto di essere stata precipitosa, e per arginare la situazione cercò di celare l’imbarazzo di quella consapevolezza con un confortevole sorriso ironico. «E poi non sanno della tua leggendaria crudeltà? Se non sbaglio li devi uccidere dopo l’accoppiamento, no?» Affondò ripetutamente l’indice sul suo braccio, punzecchiandola con fare molesto e inclinando il volto per studiare la sua espressione. Continuavano a camminare, in lenta discesa verso il piano terra, ma l’unica cosa a cui Eloise stava dedicando i suoi pensieri era la speranza di non essere andata troppo in là, ancora una volta.

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Distrattamente Niahndra si domandò quale opzione sarebbe stata meno dolorosa: continuare la conversazione o gettarsi dalle scale sperando di schiantare sul colpo?
Entrambe le alternative avevano dei contro, era evidente, ma erano i pro ad allettarla davvero e renderle la scelta quanto mai ardua.
Non sapeva neanche perché ne stesse facendo una questione di Stato. In fondo le cose assumono l’importanza che si attribuisce loro, no?
Per qualche strana ragione Alistine non si lasciava scalfire granché dalle voci che la ritraevano come una megera, ma veniva completamente annullata quando era vittima di pettegolezzi da quinta elementare sulla falsariga di “a Mary piace John gni gni gni”. O forse il problema stava nell’immagine di sé che desiderava proiettare e quanto il gossip fosse coerente con essa o meno. O forse, se anche non le poteva importare di meno di cosa pensassero di lei le persone che non conosceva, era invece stramaledettamente dipendente dalle opinioni che avevano di lei le persone a cui teneva.
Ancora una volta però Eloise la sorprendeva.
Intrappolata nel suo modo schematico di pensare e nella visione razionale che aveva delle cose, la morettina non poteva che allargare le mani sconfitta dinanzi alla sequenza tutta particolare dei collegamenti partoriti da quella testolina rossa. Cristallizzata, senza neanche rendersene conto, nella convinzione che esistesse solo un modo di osservare il mondo —ovvero il proprio— rimaneva sempre spiazzata quando l’amica le dimostrava il contrario; il più delle volte non si rendeva neanche conto della portata del suo contributo.
Sulle prime la risata sguaiata della Lynch la lasciò interdetta, se non quasi offesa (ma solo per finta, per mantenere la parte come piaceva a lei). Era così ridicolo il pensiero che lei e Matthew Dawson si fossero baciati? O che qualcuno volesse baciarla?
Assottigliò le labbra pentendosene appena sentì la spaccatura protestare.
Era sempre stata piuttosto disinteressata al suo aspetto, fatta eccezione per quel nervo scoperto che era la sua (ridicola) altezza, ma con il proseguire dell’adolescenza le era capitato talvolta di chiedersi se… beh, se qualcuno la considerasse in quel modo.
Possibile che il prefetto semplicemente non riuscisse a vederla sotto quella luce? Fino ad allora non si era mai posta davvero il problema, ma adesso si rendeva conto di come un’eventualità del genere la disturbasse.
Parlò prima di averne percezione e le parole che uscirono non furono assolutamente quelle che si sarebbe aspettata.
«Credimi, non hai visto la metà di quel che è successo tra me e Rigos» Un sorriso sghembo dei suoi, quelli che sfruttava quando voleva dare ad intendere che nascondeva più di quel che dava a vedere per il semplice gusto di giocare.
Tecnicamente aveva detto la verità. Per quanto ne sapeva Eloise, lei e Nieve si erano conosciute ad Halloween per merito suo quando in realtà le loro strade si erano già incrociate al ballo del Plenilunio, e poi di nuovo successivamente al fattaccio con l’auror Weiss. E di tutte le etichette possibili, “buone amiche” davvero non si adattava a loro, non dopo le bugie che le aveva detto.
Era consapevole di aver sviato volutamente la Lynch forse sperando col suo fare misterioso di aggiungere più pepe alla vicenda di quanto non ne meritasse. Era consapevole del perché ed era altrettanto consapevole della futilità di quei tentativi, eppure non riusciva a fermarsi.
Impotente, percepì la propria espressione cambiare e assumere una sfumatura più ammiccante alle sottili allusioni dell’altra. Qualcosa in lei ruggì alla prospettiva di una sfida: era più forte di lei, più forte delle paranoie che spesso la inibivano. Non sapeva lasciar correre.
Registrò il dito di Eloise pungolarle la carne e si mosse.
Rapida, ferina, istintiva.
Scoprì i denti per avventarsi sul viso della rossa e con uno schiocco chiuse il morso ad un soffio dalla sua pelle. Un avvertimento.
«Immagino che le voci su cosa succede alle bambine impertinenti non siano ancora girate.»
Nessuna traccia di fastidio nella sua voce, solo la prova di quanto segretamente le piacesse quel teatrino di ruoli.
Quando ebbe l’impressione che il messaggio fosse stato recepito a dovere dall’altra parte, si tirò indietro con lentezza e senza perdere l’aria compiaciuta. Fu allora che l’occhio le cadde sull’amuleto che adornava il collo sottile di Eloise; l’effigie di Ermes accoccolata nel solco formato tra le sue clavicole le strappò un mezzo sorriso.
Non si fidò a toccarlo con le dita, non in quel momento, per cui si limitò a farvi cenno con la punta del mento mentre tornava a guardare l’amica in faccia.
«Sai perché proprio Ermes?» Chissà se se lo era mai chiesta, da quel lontano Natale in cui Niah le aveva regalato il ciondolo.

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CITAZIONE (Nih . @ 1/5/2017, 17:12) 
2. La notte non riesco a dormire perché Niah mi morde le chiappe nel sonno mentre fissa Mya (HO GLI SCREENSHOT POSSO TESTIMONIARE)

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Edited by Mistake - 28/4/2020, 11:06
 
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Constatare l’esistenza di qualche non detto sull’episodio di Halloween suscitò in Eloise un moto di sorpresa capace di spalancarle gli occhi. Rivolse alla compagna lo sguardo che avrebbe dedicato a una Shepherd’s Pie: quello che aveva lasciato intendere aveva le stesse appetitose connotazioni, e non avrebbe esitato a punzecchiarle con la forchetta per scoprirne il bollore, prima di sbranarle. «Niahndra, tu sì che sai sorprendermi!» Ed era sincera: quella nuova prospettiva cambiava le carte in tavola. E non era tanto per gli orientamenti e gli interessi, quanto per l’intraprendenza e la dimestichezza, per la capacità di nasconderlo alla vista. Era evidente che i ricordi di quella sera si erano fatti decisamente nebbiosi - la quella breve visita a Vagnard e alle sue erbe magiche era aiutata dal tempo trascorso da allora - e non riusciva a ripescare immagini precise di quegli eventi. In sostanza, non avrebbe saputo se categorizzare l’informazione tra le verità o le menzogne: nel dubbio, decise di archiviarle con la maggior parte delle storie che aveva sentito da quel Babbano incontrato per caso sul Number One Bridge di Little Venice.
Avrebbe voluto chiederle ulteriori dettagli o spiegazioni, anche solo per verificare meglio la questione, ma il flusso di parole e di scambi affilati le stava trascinando inesorabile, ed era impossibile immobilizzare la corrente per studiarla con minuzia. Panta rei, tutto viene e tutto va.
Ritrasse il dito con uno scatto, certa che se non avesse avuto la prontezza sarebbe finito senza esitazioni tra le zanne della mora. «Oddio, e adesso? Mi hai avvelenata? Scusa, hai un Bezoar in tasca per caso?» Stringeva il polso con la sinistra, e teneva il dito dell’accusa disteso, inerme. Si era rivolta a uno studente di passaggio, un Grifondoro più grande di loro, che l’aveva guardata con perplessità: non aveva capito se prenderla sul serio o continuare per la sua strada, e nel dubbio era rimasto a metà di un passo, in equilibrio. Eloise scosse la chioma con una risatina, e continuò il cammino. «Fa lo stesso...» Lo congedò, passando oltre, sicura di essersi lasciata alle spalle un’ulteriore scia di domande.
Avevano raggiunto l’ultima rampa di scale, che le avrebbe finalmente condotte al piano terra, e poi al mondo esterno. La zona iniziava a farsi più affollata di studenti in pausa e del solito andirivieni dalla Sala Grande, e presto sarebbe stata inondata: il cambio d’ora non era lontano. Eloise non aveva alcuna intenzione di farsi cogliere di sorpresa, e intendeva levarsi da lì prima che la folla le travolgesse. Imboccò la scalinata nell'esatto istante in cui la compagna estraeva un argomento decisamente interessante.
Dovette abbassare lo sguardo un istante per comprendere a cosa Niah si stesse riferendo. L’Amuleto di Ermes, che penzolava in compagnia della minuscola piuma che nonna Cindy le aveva donato alla nascita, era diventato parte integrante del suo corpo, ed era talmente abituata ad averli con sé che neanche ne percepiva la presenza.
I sandali alati e il cappello alato, così distintivi delle sue effigi, le avevano suggerito fin da subito che quello sarebbe stato uno dei regali più pertinenti e azzeccati che avrebbe ricevuto nella sua intera vita. Niahndra era stata capace di cogliere la sua essenza con puntualità e precisione, ed era per quello che Ermes non aveva più lasciato il suo collo, diventando ragione di orgoglio. Gentilmente astuto era stata la definizione in cui si era imbattuta e che più di tutte l’aveva fatta sentire compresa. «Mmmm… Perché non avevi un gufo tutto tuo e avevi bisogno che qualcuno portasse in giro le tue lettere?» Perché mai avrebbe dovuto soffermarsi sulle cose con serietà?

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L’espressione sorpresa sul volto di Eloise non la deluse e Niahndra assaporò quella temporanea soddisfazione che le aveva procurato. Sapeva infatti che era destinata a vita breve, sostituita dalla fitta di rimorso di chi ha fatto il passo più lungo della gamba e adesso non saprebbe come reggere il bluff.
Finché tuttavia quello scambio fosse rimasto astratto e appena accennato non si sarebbe preoccupata troppo; nella sua infantilità voleva solamente instillare l’ombra del dubbio nella Lynch, perseguire il suo usuale bisogno di risultare misteriosa, sfuggente e indefinita. Paradossalmente quel suo mostrarsi intraprendente la faceva sentire protetta, continuava a giocare con le percezioni altrui rifugiandosi nell’idea che gli altri avevano di lei, aggiungendo e sottraendo costantemente pezzi al puzzle. Scopriva così al contempo nuovi lati di sé, aspetti che non aveva mai avuto modo di analizzare e che adesso le restituivano un’immagine ben più complessa della sua psiche. Peccato che non si accorgesse che in quel processo di muta, saltando di pelle in pelle, l’unica che continuava a raggirare era sé stessa.
«Oh, sì. È solo questione di tempo ormai.» La Lynch l’aveva vista arrivare —o forse la conosceva abbastanza da aspettarsi una qualche reazione— ed era stata lesta a sottrarre il dito alla presa dei suoi denti, ancora più lesta a stare al suo gioco.
La prima punta di imbarazzo minò le difese della Alistine quando l’altra attirò volontariamente l’attenzione di estranei su di loro. Aveva continuato a camminare per inerzia, dimentica di essere immersa in un ambiente, e adesso che la realtà allungava gli artigli su quella bolla pacifica non poteva fare a meno che diventare un po’ più consapevole di sé stessa.
Eloise aveva parlato di veleno e non aveva la minima idea di quanto avesse ragione. Solo che il bersaglio di quella tossina che lenta ma inesorabile intaccava ogni fibra del suo corpo ottundendo la mente e scombussolando la fisiologia non era la rossa.
Avrebbe fatto meglio a direzionare la conversazione su argomenti differenti.
Roteò gli occhi alla risposta sagace dell’altra, esasperata ma per nulla stupita; inconsapevolmente Eloise le aveva fornito la migliore prova a supporto della tesi che stava per argomentare. «Smart mouth.*» La rimbeccò senza cattiveria. Ormai, dopo anni, aveva iniziato a capire una cosa o due del prefetto e sapeva di non potersi aspettare riflessioni profonde o troppo ragionate; non che la Lynch non ne fosse capace o non fosse dotata dell’intelligenza necessaria ad afferrare l’essenza delle cose, semplicemente guardava alla vita in un modo diverso rispetto a lei che invece rimaneva intrappolata nella sua stessa ragnatela di ruminazioni.
Distanziò l’amica di un paio di gradini nell’ultima scalinata. «Fino a prova contraria sono i tuoi compagni di corso a recapitare a me messaggi per te.» Se si soffermava a pensarci per troppo tempo ancora le veniva il nervoso a ricordare quello studentello che l’aveva fermata per consegnarle un libro destinato ad Eloise. «E comunque no.»
Tamburellò con le dita sul cornicione delle scale per scaricare l’energia residua prima di riprendere a parlare. «È perché sei rapida. Di testa—si picchiettò la fronte con l’indice—e soprattutto di lingua, come hai gentilmente rimarcato appena adesso.» C’erano decine di altre ragioni. Ermes era astuto e pieno di risorse, in grado di districarsi tra i capricci degli dèi così come Eloise era brava a muoversi tra gli sbalzi d’umore di Niah. Ermes proteggeva i commercianti, i ladri e i viaggiatori e benché la mora non avesse idea alcuna del suo coinvolgimento nella Bisca Clandestina riconosceva che nessuno rispecchiasse l’archetipo del viandante quanto El e la scintilla che le brillava negli occhi al momento di salutarla prima della Scuola di Atene. Ermes era, anche, la guida che conduceva i morti nell’oltretomba, ma Niahndra ne aveva potuto apprezzare l’ironia solo in seguito.
«Quello che proprio non intendevo— si voltò verso l’amica accennando alla direzione del giardino in cerca di conferma mentre si preparava ad arrivare al punto di quella imboscata che aveva preparato —era che ti potessi lanciare da una scopa come se avessi davvero le ali ai piedi.»
Diamine, apprezzava la naturalità con la quale si muoveva durante il quidditch facendo da tramite tra gli altri cacciatori, ma c’era una bella differenza tra l’avere l’appoggio di un mezzo incantato e qualunque cosa fosse successa a Cadair Idris.

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*Non sapevo come rendere "smart mouth" in italiano e quindi l'ho lasciato così. The struggle is real [click]
 
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Soffermarsi sulle parentesi secondarie poteva dare vita a ramificazioni parallele potenzialmente infinite, che a colpi di battute taglienti e risposte acute avrebbe condotto la Lynch e la Alistine in un viaggio interminabile, lontano dal fulcro centrale di quel discorso. Lo percepiva appena, Eloise, e d’istinto sceglieva di non dare peso alle appendici marginali, alla questione dei messaggi, catturata a tal punto dall’argomento principale da non volersi allontanare.
Non le capitava spesso di ritrovarsi al centro di analisi così approfondite, ed era lusingata tanto dalla precisione della lettura, che dall’interesse dimostrato, che dall’esito del bilancio. «Il più delle volte la bocca è più veloce della mente,» sollevò le sopracciglia, mentre si soffermava ancora sulla sorprendente precisione della diagnosi formulata. «Anche se te ne sarai già accorta.» Niahndra era un tipo riflessivo e attento al contesto che la circondava - non era un caso che le sue battute fossero spesso le più pungenti e puntuali - e quasi le veniva da pensare che si fosse fatta un’idea ben più precisa di lei della sua stessa indole, che emergeva a suon di folate di vento, ma di cui non aveva assolutamente il controllo. Forse era proprio quello il segreto di una tale rapidità di mente e di verbo: il delegare al futuro o agli altri ogni inibizione determinata dal pensiero razionale.
Non solo si ritrovava nella definizione, ma si crogiolava in quella sorta di investitura ufficiale. Rapida di mente e di parola, diceva Niah: risposte pronte, facce di bronzo, improvvisazione e sfacciataggine erano i suoi tratti distintivi, visibili all’esterno. Erano una spilla da aggiungere alla P e all’aquila di Atene. «Grazie.» Grazie di cosa? Di aver mostrato interesse nei miei confronti, di avermi fatto scoprire qualcosa in più di me stessa, di essere stata interessata al punto di formulare un pensiero in merito, di aver speso delle energie mentali e dedicarmi? Non era abituata a parlare di sé, né a sentir parlare di sé, ma era sorpresa dal constatare quanto la visione di un amico potresse aprire nuove prospettive.
L’abituale tendenza alla fuga che i momenti di introspezione generavano in lei non si era fatta avanti: era perché quelle parole non suonavano vuote, forzate o di circostanza, e perché si riconosceva nel contenuto. Scopriva che accettare dei commenti era molto più semplice quando non si nascondevano dietro ad alterazioni lusinghiere: Niahndra aveva una schiettezza piena e disarmante, e certe barriere formali erano state annientate dagli anni trascorsi comodino-a-comodino. Si sentiva a suo agio, non poneva limiti, e sapeva di poter contare sulla sua sincerità.
Sincerità: ecco, era proprio il perno attorno a cui avrebbero gravitato le sue rimuginazioni future, quando avrebbe indugiato sulle ragioni che l’avevano portata ad affrontare quel discorso. L’ultima parola pronunciata ancora le aleggiava sul palato, quando la consapevolezza di essere stata attirata nella tana del serpente le si palesò davanti. Non aveva dubbi che l’amica avesse espresso una verità, ma era così presa dalla faccenda da non accorgersi che con la sinistra stava tessendo una trappola su misura.
Era esattamente come le avevano spiegato i gemelli poco tempo dopo essere diventata commessa ai Tiri Vispi Weasley: chi si mostrava estremamente indaffarato con una delle due mani, con l’altra si allungava a prendere gli articoli nascosti all’attenzione. Solo così avrebbe potuto riconoscere i furfantelli. E come la novellina che era a quei tempi, ci era cascata in pieno.
Per quanto si ritrovasse nella descrizione da cui era partito tutto, non poté fare a meno di subire un cedimento di mandibola, da cui però si riprese in fretta. «Sai bene quanto sono migliorata grazie al Quidditch...» La sua faccia di bronzo era riemersa nel tentativo di mantenere fumosa la questione. «E anche la mia dimestichezza con gli incanti: grandi progressi, negli ultimi tempi!» Da sotto le ciglia, studiava con avida curiosità l’atteggiamento dell’amica. Se poco prima aveva avuto l’impressione di essere stata inquadrata correttamente, ora aveva la certezza di essere stata compresa, perché i collegamenti tra quei due mondi erano il nesso fondamentale, la chiave della sua essenza. Nonostante il modo subdolo con cui era stata condotta al fulcro del discorso, era felice di scoprire che Niahndra aveva notato un aspetto così centrale della sua vita. Le parole che le erano uscite dalla bocca erano parte del loro gioco, un’abitudine troppo radicata da abbandonare, una danza di prede e predatori, in cui i ruoli erano mutabili, e spesso interscambiabili. Oggi subiva un attacco; domani sarebbe andata a caccia.

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Sam le rinfacciava spesso di essere una finta apatica e, a suo modo, non aveva tutti i torti. Per la sua attitudine taciturna e le sue capacità relazionali piuttosto scadenti, Niahndra finiva spesso a fare da tappezzeria in gruppi di più di due o tre persone; perciò molti ignoravano la sua presenza o, con una scrollata di spalle, immaginavano che non stesse ascoltando. Era silenziosa, sì, ma non per questo meno partecipe o meno attenta.
Quando qualcosa o qualcuno catturava il suo interesse, allora si risvegliava in lei l’istinto dello scienziato che osserva e studia; possedeva una naturale predisposizione nel riconoscere schemi e pattern, nel categorizzare situazioni e comportamenti a livello quasi inconscio. Soprattutto, rifletteva sulle cose. Un sacco.
Poteva facilmente passare per un’amica distratta e indifferente se non si era in grado di individuare gli sporadici dettagli che dimostravano il contrario.
Rise piano e distolse lo sguardo alla precisazione di Eloise, strofinandosi il naso col dorso della mano solo per l’inconscio bisogno di frapporre qualcosa di fisico tra loro. Non si faceva illusioni: per quanto al centro del suo esame vi fosse il prefetto e per quanto le finalità fossero più strategiche che altro, sapeva benissimo che un’analisi rivela tanto del soggetto quanto dell’osservatore. Rivelare implicava rivelarsi e in quel momento più che mai Niahndra temeva la possibilità di compromettersi.
Quel “grazie” lasciato cadere in maniera inaspettata, tuttavia, la fece voltare nuovamente verso l’amica; negli occhi e nella piega del sopracciglio s’annidava un interrogativo inespresso mentre cercava di capire per cosa la stesse esattamente ringraziando. Lo stomaco le si torse un poco all’idea che la Lynch potesse aver dubitato in qualche modo della centralità del suo ruolo.
Per come la vedeva lei, era ovvio che El fosse una delle sue persone preferite in assoluto o non avrebbe speso tanto tempo in sua compagnia, né si sarebbe sforzata di limare alcuni spigoli del proprio carattere —pur con risultati discutibili— per andarle incontro, né tantomeno avrebbe sprecato più di una considerazione sul suo conto. Si faceva strada però la possibilità che tutto ciò che a lei risultava così lampante, altrettanto non fosse da un punto di vista esterno; aveva mancato di esprimere a dovere quegli apprezzamenti? L’aveva involontariamente tenuta sul filo della lama, portandola a mettere in discussione sé stessa? Tra quello e il suo comportamento criticabile a Cadair Idris di certo non avrebbe vinto il premio “amica dell’anno”.
Socchiuse le labbra sul punto di dire qualcosa, ma si accorse di non avere le parole; né, d’altrocanto, desiderava forzare il momento: era già sorprendente che la rossa non se ne fosse uscita con una battuta delle sue. Perciò si limitò ad ammorbidire la sua espressione e indirizzarle un sorriso indulgente.
Eppure, tutta la tenerezza del mondo non l’avrebbe trattenuta dall’ottenere le risposte che cercava, era il suo turno di far sedere Eloise al banco degli imputati. Neanche per un momento si era aspettata che la ragazza capitolasse docilmente, per cui non si lasciò abbindolare più di tanto dalla decantata parlantina; quel che era nato come un rimprovero dovuto alla paura matta che le aveva fatto provare si stava con velocità trasformando in una pista da seguire.
«Un incantesimo che permette di camminare su fili d’aria?— Il tono leggero era chiaramente una finta. —E così la McLinder ha aggiornato il programma di quest’anno, uh?» Stavano solo facendo due chiacchiere tra amiche, no? Parlando del più e del meno; cose di scuola, cose da ragazze, tutto assolutamente nella norma.
Avevano infine raggiunto il cortile e Niahndra si prese qualche istante per chiudere gli occhi e godere solamente della sensazione dei raggi luminosi sulla pelle. Era la cosa che le mancava di più tra le pareti della scuola.
Tranquilla, ma ferma, si volse nella direzione dell’amica. «Allora, si può avere una dimostrazione di questi progressi, Lynch?» Con una mano abbracciò sommariamente l’esterno, come a volerla invitare a prendere tutto lo spazio necessario.
Tra sé e sé, lei se la rideva.
*Avanti, sorprendimi ancora una volta.*

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view post Posted on 17/6/2020, 18:30
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«Ma sì, non l’avete avuto anche voi in programma?» Riprese le redini della faccenda, alimentando il suo mulino di immaginazione con folate di vento impetuose. Dopo un tentennamento iniziale era tornata in equilibrio agilmente, e ad ogni parola pronunciata la sua mente le suggeriva dove frenare, dove curvare, da che lato sbilanciarsi. La storia si plasmava parallelamente alla narrazione, e le distanze tra pensato e parlato erano azzerate. «Si chiama Aero Frenandus, è davvero strano che non l’abbiate fatto...» Socchiuse gli occhi, sospettosa e severa. «Non è che hai tagliato lezione? È un’abitudine, ormai...» Le scaricava la responsabilità di quella pausa imprevista senza battere le ciglio, sapendo che la realtà dei fatti era più che opinabile in quella danza di ruoli. «Io ho chiesto qualche lezione in più per il puro piacere della conoscenza.» Concluse scrollando le spalle con finta umiltà, senza neanche immaginare che la McLinder, di quella faccenda, avrebbe avuto qualcosa da dire tanto quanto lei.
Si crogiolava in quella sovrastruttura costruita a puntino: le venne quasi da dare corda alla richiesta di una dimostrazione pratica, ma decise di optare per una strada alternativa e meno precipitosa. E nel frattempo, saggiava la pazienza dell’amica, curiosa di scoprire come si sarebbe destreggiata in quel mare di invenzioni. Non era poi cambiata tanto dall’infanzia: se un tempo era stata un’accanita giocatrice di nascondino, le regole che aveva messo in atto non avevano nulla di diverso. Poteva ergere alberi giganti e fuggire tra essi, e avrebbe continuato finché Niahndra le avesse dato corda.
Raggiunsero il cortile lastricato e vennero accolte dal mondo esterno con uno sbuffo d’aria giocoso e piacevole. Si crogiolò nell’atmosfera frizzantina della primavera per un istante, prima di decidersi a condurre i loro passi verso una meta che aveva chiara in testa già da un po’. «Vieni.» La coincidenza tra la natura di quel luogo e la piega che avevano preso i loro discorsi faceva sorridere: quale luogo più adatto del Ponte Sospeso per parlare d’Aria?! Il fatto stesso che si reggesse ancora in piedi aveva un che di miracoloso tanto quanto la sua performance in terre gallesi.
Imboccò la passeggiata sulle assi di legno con sicurezza, aprendo la strada tra la tettoia e il precipizio. Terminato il primo tratto in salita - quello ancorato al terreno in totale sicurezza - percepì una leggera instabilità sotto i suoi passi e venne percorsa da un brivido di eccitazione. Non c’era nulla di dritto, sul ponte, da quell’area in poi: tutto faceva bella mostra dell’usura del tempo e delle intemperie.
Saltò in avanti con leggiadria e si voltò verso l’amica per capire a che punto fosse arrivata. «Una dimostrazione, dicevi? Niente di più semplice!» Le parlò continuando a camminare di schiena, il volto intermittente nel groviglio di capelli rossi. Se li scostò dalla faccia con un gesto brusco, fece una mezza piroetta e si sbilanciò in avanti con un balzo felino, colma di fiducia in un incantesimo che neanche esisteva. «Aero Frenandus!» All’apice della parabola descritta dal suo moto puntò la bacchetta verso il basso, con enfasi, giusto in tempo per notare che il terreno si avvicinando pericolosamente e che stava capitombolando a terra. Sapeva che sarebbe caduta, ed era pronta a vedere le menzogne smascherate; quello che non si aspettava, era che l’Aria intervenisse in suo supporto. Si era sbilanciata in avanti, e la spalla era pronta ad ammortizzare l’atterraggio di quel dolce peso. Ma quando si trovava a pochi centimetri da terra, pronta all’impatto, uno sbuffo di vento le evitò il primo, brusco impatto con il terreno, lasciandola a rotolare in avanti in un’esplosione di risate.
Ci volle un momento prima che si estinguessero: supina, osservava il soffitto in legno e si chiedeva se dal punto di vista di Niahndra si fosse notato qualcosa della sua uscita di scena. Rimase a terra, le mani strette alla pancia per trattenere gli ultimi spasmi di quella risata. «Hai visto?! Sono diventata bravissima!»

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view post Posted on 30/6/2020, 22:57
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Osservare Eloise all’opera, in quel momento, la estasiava. La naturalezza con la quale ordiva la trama di una bugia altrimenti pronta a fare acqua da tutte le parti l’avrebbe preoccupata se non fosse stata tanto rapita da quella manifestazione di prontezza mentale. Era in momenti come quelli che intravedeva un assaggio dell’intelligenza pestifera di cui la sapeva capace e ne intuiva il fascino pericoloso. Ai tentativi di Niahndra di metterla alle strette e forzarla ai dettami della logica comune, Eloise rispondeva con una scrollata di spalle e un guizzo birichino, liquida, inafferrabile come vento.
Se trattenerla era impossibile, cos’altro le restava?
Persino l’aria, però, poteva essere incanalata, indirizzata e condotta, e lei avrebbe capito come. Non sarebbe servito a niente forzarla, piuttosto la Alistine sarebbe dovuta ricorrere ad un tocco gentile e un pizzico di acume.
Docile, si era lasciata condurre fino al ponte sospeso che le avrebbe indirizzate verso le zone più periferiche del giardino, offrendo loro una panoramica dei territori di Hogwarts. Dubitava, tuttavia, che tra i piani dell'amica rientrasse il tentativo di distrarla con quella vista mozzafiato. Cercò di non lasciarsi innervosire da quel giro turistico, dimostrando una pazienza insolita che difficilmente avrebbe riservato a qualcun altro. Si lasciò scivolare addosso i punzecchiamenti.
Di certo aiutava sapere di avere la mano vincente. Era stramaledettamente certa che con le frottole che la rossa le stava rifilando avrebbe potuto fertilizzare la serra numero 3 per un mese e mezzo; si crogiolava in quella consapevolezza e non si curava di nasconderla: in faccia aveva stampata un’espressione che diceva “voglio proprio vedere fin dove hai intenzione di trascinare questa assurdità”. Quanto sarebbe stata pronta a scommettere l’altra prima di ammettere la propria sconfitta? Doveva essere questione di secondi, eppure ancora non cedeva, ostinata nella sua recita.
Da creatura orgogliosa quale era, Niahndra non poté che ammirare una simile dedizione e se non fosse stata così sicura di sé se la sarebbe quasi presa. Invece, inarcò un sopracciglio all'indirizzo di Eloise che nel frattempo si era voltata verso di lei continuando a camminare all'indietro come niente fosse. «Prego, quando ti è più comodo.» La esortò lanciando appena un'occhiata alla struttura del ponte stesso. Per carità, era stabile nonostante le apparenze, tuttavia alla morettina piaceva tenere i piedi ben saldi per terra —metaforicamente e letteralmente.
Per un solo istante la sua certezza vacillò, nel momento in cui Lynch le aveva di nuovo voltato le spalle e spiccava un balzo inaspettato. Niah trattenne bruscamente il fiato stirando al contempo le labbra; i denti affondarono nella carne mentre si sforzava di non ridere né cedere al bruciore del taglio. Infine portò la mano alla bocca, contagiata dalle risate dell'amica.
Aveva visto la bacchetta puntata al suolo, aveva anche (pre)visto il ruzzolone di El, quello che non aveva capito era tutto ciò che era accaduto nel mezzo. Come se la terra provasse un qualche tipo di avversione nei suoi confronti, l'aveva respinta con docilità e quello che doveva essere un tuffo poco aggraziato si era trasformato in una sorta di capriola sospinta che le aveva evitato il primo, violento impatto.
Recuperato il controllo della propria mimica facciale si avvicinò alla ragazza e le si accucciò di fianco. «Una prestazione magistrale.» In un primo momento il tono sarebbe parso indecifrabile. «All'inizio ero scettica, ammetto, ma non posso più negare l'utilità di un incanto del genere.» Un contrasto stridente tra le parole lusinghiere, il tono volutamente adulatorio e l'espressione affilata; un sorriso ferino trattenuto a stento, ombra della faccia da schiaffi di cui aveva fatto mostra qualche minuto prima al castello, la medesima aria compiaciuta che le danzava lungo i lineamenti.
Sollevò di poco il mento in quella che sarebbe apparsa in altre occasioni come una posa ostinata, ma che adesso voleva solo denotare la sfida; le palpebre invece erano leggermente calate mentre continuava ad osservare di sbieco Eloise sdraiata sulla schiena.
«Insegnami!» Proruppe all'improvviso mentre con uno slancio di gambe tornava in posizione eretta, la mano che già correva alla propria bacchetta. «Chiederei alla McLinder, ma perché scocciarla? Tu sei diventata bravissima!
Iniziò a replicare i movimenti della rossa infilando un evidente strafalcione qui e là. «Com'era la formula? Aereo Fernando?»
Non sapeva neanche lei ormai perché stesse ancora al gioco, ma se c'era una cosa che aveva imparato negli anni era che sapeva essere una cacciatrice paziente quando voleva.

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labbro spaccato e leggera epistassi
 
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33 replies since 13/3/2020, 21:40   1233 views
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