Distrattamente Niahndra si domandò quale opzione sarebbe stata meno dolorosa: continuare la conversazione o gettarsi dalle scale sperando di schiantare sul colpo?
Entrambe le alternative avevano dei contro, era evidente, ma erano i pro ad allettarla davvero e renderle la scelta quanto mai ardua.
Non sapeva neanche perché ne stesse facendo una questione di Stato. In fondo le cose assumono l’importanza che si attribuisce loro, no?
Per qualche strana ragione Alistine non si lasciava scalfire granché dalle voci che la ritraevano come una megera, ma veniva completamente annullata quando era vittima di pettegolezzi da quinta elementare sulla falsariga di “a Mary piace John gni gni gni”. O forse il problema stava nell’immagine di sé che desiderava proiettare e quanto il gossip fosse coerente con essa o meno. O forse, se anche non le poteva importare di meno di cosa pensassero di lei le persone che non conosceva, era invece stramaledettamente dipendente dalle opinioni che avevano di lei le persone a cui teneva.
Ancora una volta però Eloise la sorprendeva.
Intrappolata nel suo modo schematico di pensare e nella visione razionale che aveva delle cose, la morettina non poteva che allargare le mani sconfitta dinanzi alla sequenza tutta particolare dei collegamenti partoriti da quella testolina rossa. Cristallizzata, senza neanche rendersene conto, nella convinzione che esistesse solo un modo di osservare il mondo —ovvero il proprio— rimaneva sempre spiazzata quando l’amica le dimostrava il contrario; il più delle volte non si rendeva neanche conto della portata del suo contributo.
Sulle prime la risata sguaiata della Lynch la lasciò interdetta, se non quasi offesa (ma solo per finta, per mantenere la parte come piaceva a lei). Era così ridicolo il pensiero che lei e Matthew Dawson si fossero baciati? O che qualcuno
volesse baciarla?
Assottigliò le labbra pentendosene appena sentì la spaccatura protestare.
Era sempre stata piuttosto disinteressata al suo aspetto, fatta eccezione per quel nervo scoperto che era la sua (ridicola) altezza, ma con il proseguire dell’adolescenza le era capitato talvolta di chiedersi se… beh, se qualcuno la considerasse in
quel modo.
Possibile che il prefetto semplicemente non riuscisse a vederla sotto quella luce? Fino ad allora non si era mai posta davvero il problema, ma adesso si rendeva conto di come un’eventualità del genere la disturbasse.
Parlò prima di averne percezione e le parole che uscirono non furono assolutamente quelle che si sarebbe aspettata.
«
Credimi, non hai visto la metà di quel che è successo tra me e Rigos» Un sorriso sghembo dei suoi, quelli che sfruttava quando voleva dare ad intendere che nascondeva più di quel che dava a vedere per il semplice gusto di giocare.
Tecnicamente aveva detto la verità. Per quanto ne sapeva Eloise, lei e Nieve si erano conosciute ad Halloween per merito suo quando in realtà le loro strade si erano già incrociate al ballo del Plenilunio, e poi di nuovo successivamente al fattaccio con l’auror Weiss. E di tutte le etichette possibili, “buone amiche” davvero non si adattava a loro, non dopo le bugie che le aveva detto.
Era consapevole di aver sviato volutamente la Lynch forse sperando col suo fare misterioso di aggiungere più pepe alla vicenda di quanto non ne meritasse. Era consapevole del perché ed era altrettanto consapevole della futilità di quei tentativi, eppure non riusciva a fermarsi.
Impotente, percepì la propria espressione cambiare e assumere una sfumatura più ammiccante alle sottili allusioni dell’altra. Qualcosa in lei ruggì alla prospettiva di una sfida: era più forte di lei, più forte delle paranoie che spesso la inibivano. Non sapeva lasciar correre.
Registrò il dito di Eloise pungolarle la carne e si mosse.
Rapida, ferina, istintiva.
Scoprì i denti per avventarsi sul viso della rossa e con uno schiocco chiuse il morso ad un soffio dalla sua pelle. Un avvertimento.
«
Immagino che le voci su cosa succede alle bambine impertinenti non siano ancora girate.»
Nessuna traccia di fastidio nella sua voce, solo la prova di quanto segretamente le piacesse quel teatrino di ruoli.
Quando ebbe l’impressione che il messaggio fosse stato recepito a dovere dall’altra parte, si tirò indietro con lentezza e senza perdere l’aria compiaciuta. Fu allora che l’occhio le cadde sull’amuleto che adornava il collo sottile di Eloise; l’effigie di Ermes accoccolata nel solco formato tra le sue clavicole le strappò un mezzo sorriso.
Non si fidò a toccarlo con le dita, non in quel momento, per cui si limitò a farvi cenno con la punta del mento mentre tornava a guardare l’amica in faccia.
«
Sai perché proprio Ermes?» Chissà se se lo era mai chiesta, da quel lontano Natale in cui Niah le aveva regalato il ciondolo.