Una torta lasciata in sospeso, una fettina che avrebbe soddisfatto la più dolce aspettativa, infine il ticchettio di un orologio dorato, lì alla parete principale del negozio di Quidditch; come un battito di ali appena accennato, un fruscìo indistinto di libellula, il Boccino spostò la lancetta lentamente e in quel moto apparve come un'inesorabile minaccia: non avrebbe fatto eccezione, per nessuno; né per la memoria farlocca di Mr Morgan né per la più paziente delle sue commesse. Elizabeth avrebbe dovuto fare tutto da sé, ancora una volta, e forse di gran lunga la sorpresa non l'avrebbe colta chissà quanto alla sprovvista. Abituata o meno a quel genere di circostanze, aveva scelto quella carriera prima di ogni altra; il buon vecchio babbano di passaggio avrebbe parlato di una zappa, di come la Strega avesse deciso di batterla sui piedi, di come in un caso o nell'altro tutto quello era pane per i suoi denti. Metafore e modi di dire che non avrebbero portato a nulla di fatto, e quando la lancetta vibrò del terzo minuto ormai restante, il tempo era scaduto. Pochi incantesimi, un colpo di bacchetta dopo l'altro, l'esperienza abitudinaria di una giovane Strega, tutto quello riuscì a realizzare una pronta soluzione; il lucchetto ben sigillato, le protezioni magiche attivate di pari modo, a quel punto non restava che agire verso il tassello mancante. Leah o chi per lei, al suo posto, avrebbe trovato la missiva e anche se con un pizzico di ritardo, Accessori per il Quidditch avrebbe riaperto i battenti. L'avventura che si prospettava per Elizabeth era invece destinata a svolgersi altrove, lontano dalla cittadella più variopinta di Diagon Alley. Un po' confusionaria, un po' astratta, la lettera che il signor Morgan aveva lasciato ad Elizabeth conteneva perlomeno un paio di dettagli che avrebbero potuto fare la differenza. Edimburgo, una meta; una Passaporta, un sistema di viaggio. Non era molto, era evidente, ma non era neanche poco. A suo tempo, e a suo modo, la Strega avrebbe trovato occasione per parlare con il Capo: si potevano dire molte cose su Mr Morgan, sulla sua memoria così approssimativa e sull'età veneranda che si trascinava dietro come un lumacone, ma altrettante preziose caratteristiche rivestivano come una seconda pelle l'identità dello Stregone. La sua passione per il Quidditch, prima tra tutte, e la sua esperienza in passato, in prima linea, di persona. La sua carriera come arbitro, la sua carriera come giocatore, l'una e l'altra avevano fomentato, coltivato, realizzato nel migliore degli esiti quel piccolo, prezioso regno che era a quel punto il negozietto presso cui Elizabeth lavorava. Non era un commercio qualsiasi né era una bottega di quattro galeoni, al contrario quel ritrovo di appassionati e di sportivi professionali si poneva come un porto d'approdo, a tutti gli effetti. Lì, sul viale principale di Diagon Alley, quel negozio attirava più gloria di quanta il tempo stesso potesse contenerne. Nulla toglieva che una botta in testa, per Mr Morgan, non sarebbe stata poi chissà quale perfida idea. Allo scoccare del terzo minuto, l'Incantesimo di Appello fu la sola, immediata soluzione per Elizabeth: non avrebbe in effetti potuto cercare con la cura necessaria la Passaporta vera e propria tra tutte quelle palle da gioco, e quando la magia giunse in suo soccorso - un pizzico di furbizia, quella la chiave vincente -, lo scintillio azzurrino, elettrico e luminoso le scivolò come un bagliore ad un centimetro dagli occhi. Il tempo di stringere la Pluffa, il contatto del rivestimento scarlatto della stessa al petto della Strega, e l'attimo successivo il familiare strappo all'ombelico lasciò intendere, prima di tutto, di come la Passaporta si fosse appena attivata.
Il viaggio durò poco, un battito di palpebre e un sospiro trattenuto; un turbinio di colori, l'uno più scuro dell'altro, fino ad uno scoppio iridescente lì di fronte. Quando la Pluffa scivolò dalle braccia di Elizabeth, il suo compito era già stato portato a termine: le pareti in legno e vetrinette, l'odore di vernice dei manici di scopa e il profumo dolciastro della saggina delle Firebolt, tutto quello era scomparso di pari modo. Un cielo terso, azzurro più di quello londinese, non un cenno di nuvole di passaggio; una brezza più fredda, un soffio di vento boreale, infine un'esplosione di giallo e di ocra a punteggiare un fazzoletto di terra tutto intorno. Le suole delle scarpe di Elizabeth batterono, come colpetti leggeri, sul terriccio sottostante, e fu immediatamente chiaro di non essere più nel negozio e di avere raggiunto, al contrario, un promontorio tutto al naturale. Ovunque si fosse girata, Elizabeth avrebbe infatti scoperto di essere sul picco di quella che sembrava una vera e propria montagna, e se si fosse spinta di qualche passo poco più avanti, verso l'ultimo baluardo di erba e roccia, avrebbe visto in lontananza lo scorcio di una città. Edimburgo accoglieva la sua visitatrice con gentilezza, un po' rassegnata e un po' pacata come soltanto una Capitale avrebbe potuto essere; nei dintorni, ciuffetti di quella che aveva il sapore di essere menta piperita, intervallata da un punto all'altro da ranuncoli e primule di un giallo luminoso. Di fronte, una discesa come un sentiero acciottolato, l'unica strada apparentemente percorribile per dirigersi da qualche parte che non fosse montagna solitaria. Se Elizabeth avesse voluto fare un pic-nic, quello era il posto ideale, ma c'era un nome - Centro Sportivo McFly - che sulla propria lettera svettava a chiare lettere, per quanto possibile. Poco più avanti, un secondo turbinio: uno stivaletto rotolò da una roccia all'altra, atterrando sui fiori, mentre un gruppetto di quattro persone appariva nello stesso punto. Un'altra Passaporta, era inconfondibile; un ragazzo giovanissimo, non più di quindici anni, con una camicia a quadroni magenta e nera; due ragazze, tra di loro molto simili, e a loro volta adolescenti; infine, un uomo in giacca e cravatta, in completo grigio, con una borsa a tracolla che pendeva dalla spalla.
«Oh eccoci qui.» Non parve accorgersi di Elizabeth, a qualche metro più indietro, e l'uomo tra l'altro fu l'unico a non perdere l'equilibrio nel viaggio appena terminato.
«Claire, Abigail, da questa parte.» Cominciò a camminare, già a passo spedito, via verso il pendio.
«Hey papà, grazie come sempre per calcolare anche me.» Il commento del ragazzino, stizzito, non si fece attendere.
«Avanti, Seamus.» Così come erano arrivati, tutti e quattro si misero in moto. Non c'era nessun altro, e tutto sommato, Elizabeth avrebbe dovuto iniziare a cercare da qualche parte la giusta strada; McFly non apprezzava i ritardi, su quello il Capo era stato chiaro.