Dietro alla barriera delle palpebre serrate, Derek riuscì a costruirsi un rifugio contro la spropositata quantità di stimoli. Un respiro controllato dopo l'altro, le voci degli innumerevoli avventori vennero ridotte ad un brusio in fondo alle orecchie. Tornò così padrone dei propri pensieri, cessando quella invasione all'interno della sua stessa mente.
Si fece strada fino alla tavolata più chiassosa di tutte. Più si avvicinava, meno erano gli ostacoli che potessero impedirgli la visuale delle Streghe lì sedute: poté così accorgersi che erano esattamente in cinque, ciascuna più o meno segnata da un'età ormai lontana dalla giovinezza. La conversazione doveva aver preso una piega più seria, a giudicare dalle loro espressioni. Vi erano talmente immerse che in un primo momento non gli badarono, nemmeno quando prese posto sull'unica sedia libera, ad un'estremità del lungo tavolo. Il legno era appena visibile, tanto era ingombro ti piatti: dovevano avere un appetito notevole.
«...che poi, non ci vuole niente ad essere prepotenti con Mandy, è tutta pelle e ossa. Avrei voluto vederlo con McKee, avrei voluto, sicuro non avrebbe fatto tante storie per il prezzo della stanza.» Ad aver parlato era stata una Strega piccola e tonda che, a giudicare dalla foga con cui gesticolava con forchetta e coltello in mano, prima o poi avrebbe fatto qualche danno.
«Chissà a che sarà abituato dalle sue parti. Ve lo dico io, in Germania non hanno la minima idea di cosa siano le maniere...»
«Non è tedesco, è svedese. Ne sono sicura.»
«E che, tu l'hai visto? Mandy dice che per lei è russo.»
Le donne si scalzavano a vicenda nel proferire battute rapide, a volte si parlavano sopra e, nonostante questo, davano l'impressione di comprendersi alla perfezione. Si conoscevano così bene da terminare una le frasi dell'altra.
«Questo mi ricorda quella volta, tanti anni fa...»
«Venticinque, Hannah, sono venticinque.»
«Quando era arrivato quello dall'Islanda, dite? Quello che...»
«...con la pelle trasparente, anche lui aveva fatto storie, i Doxy lo avevano morsicato nel sonno. Allora questo posto faceva proprio schifo.»
A quel punto, qualcosa mutò nella visuale di Derek. Fu questione di pochi attimi: d'un tratto non stava più guardando dei volti segnati dalle rughe, non c'erano più ciocche grigie sfuggite alle pettinature severe. Le Streghe sedute al suo tavolo erano ora molto più giovani – se prima dimostravano almeno una sessantina d'anni, ora non parevano nemmeno raggiungere i quaranta. Gli occhi brillavano in volti lisci, ma la luce d'intesa che emanavano era la medesima, le bocche erano altrettanto mobili nel conversare, nel ridere. Non ci furono altri cambiamenti visibili se non un notevole peggioramento dell'illuminazione, ma non poteva essere quello a creare un simile effetto. Fu come se, per qualche istante, alla realtà si fosse sostituita una vecchia fotografia: identica al presente in tutto, fuorché nell'intervento del Tempo, che era trascorso inesorabile. Era come essere catapultati in un ricordo.
«Ragazzo, vuoi startene ancora per molto lì senza mettere niente sotto i denti?» Rapida come era comparsa, la visione sparì, lasciando di fronte a Derek un volto profondamente scavato che ora era rivolto verso di lui.
«Via, Hannah, più garbata.» Anche la Strega tonda ora dimostrava tutti i suoi anni, al pari delle altre. «Se devi ancora ordinare, ragazzo, prendi pure qualcosa da noi, tanto abbiamo cibo per un esercito. Ora che ti arrivano le robe fai in tempo a morire di fame.» Gli sorrise cordialmente, facendo apparire ancora più piene le guance da roditore.
«Nemmeno tu sei di queste parti, vero? Non ti ho mai visto qui dentro, riconosco un viso familiare quando ce l'ho davanti.» Era la donna con il cappello a punta, questa volta, che lo guardava incuriosita.