Cala la notte, Contest a tema, giugno 2020

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view post Posted on 10/6/2020, 20:32
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La puzza fetida che riempiva le strade di Nocturn Alley parve a Lucas Scott più consistente di qualsiasi altro olezzo avesse mai annusato. Inspirò a fatica e si avvicinò al gufo. Era bello grosso, a chiazze marroni, intento a beccare una crosta di pane caduta nella commessura tra due pietre del selciato.
Nell’attimo in cui il ragazzo lo sfiorò, aprì le ali e spiccò il volo. La bacchetta di legno si mosse fulminea e lo centrò a un paio di piedi d’altezza, abbattendolo in una nuvola di penne. In un batter d’occhio, Lucas lo afferrò per un’ala e il volatile si dibatté, beccandogli la mano. Lui lo prese per il collo e glielo torse. In confronto all’acchiappare topi, far fuori gufi era una cosa elementare. Una strega che passava di lì gli scocco un’occhiata piena di stupore.
«E’ questo il posto migliore per prenderli» le disse Lucas ripulendosi e raccogliendo da terra la bacchetta magica. «Vengono a beccare le briciole di pane.» L’altra proseguì in fretta per la sua strada.

Più avanti lungo la via, un uomo spingeva un carretto a due ruote carico di cianfrusaglie dall’aspetto misterioso
«Posso avere uno di quelli?» si ritrovò a dire, indicando con l’indice della mano destra l’ammasso di oggetti trasportati dallo sconosciuto. L’uomo del carretto lo squadrò da capo a piedi. Chiaramente, quello che vide non gli piacque.
«“Posso darti tre zellini in cambio.” »
«Questi manufatti oscuri costano un occhio della testa moccioso, non sono adatti per un pidocchio della tua età.» Ribatté seccato l’uomo del carretto.
Vedi con i tuoi occhi” gli aveva sempre insegnato sua nonna. Lo sconosciuto era basso, con una pancetta prominente tonda tonda, e quando si muoveva, sembrava zoppicare leggermente dalla gamba sinistra. Se avesse preso una di quelle cianfrusaglie e fosse filato via come il vento, mai sarebbe riuscito a prenderlo. Invece quello disse
«Tiene lontane quelle tue manacce sporche. I miei amici sanno cosa fare con i piccoli topi di fogna come te, poco ma sicuro.»
Lucas gettò uno sguardo teso dietro di sé: fermi all’imboccatura di un vicolo, c’erano due maghi dall’aspetto poco rassicurante. Uno dei due era armato di bacchetta, l’altro impugnava una mazza di ferro.
Il giovane decise così di allontanarsi. I due tipi loschi non gli avevano prestato alcuna particolare attenzione, ma solo la loro vista gli aveva provocato una stretta alla bocca dello stomaco.
Decise quindi di rimanere quanto più lontano possibile dalle strade principali, ma anche nelle vie secondarie la situazione non era delle migliori: si potevano infatti riscontrare con facilità la presenza di carcasse di animali morti. Su ognuna di loro, incessante, continuava l’assalto dei corvi, il nero turbinare degli insetti.
Affrettò l’andatura, gli stivali che un passo dopo l’altro accorciavano la distanza, il silenzio che lo circondava e lo stringeva nella sua morsa.

Un gufo quella mattina l’aveva raggiunto nella Sala Grande, con una lettera per lui. Era Rowena, la sua insegnate di Astronomia, che lo invitava a raggiungerla nell’anfratto oscuro di Nocturn Alley dopo l’orario di coprifuoco generale, nel posto dove si erano incontrati per la prima volta. Numerosi in passato erano stati gli adescamenti e le parole della donna per incanalare nella giusta direzione l’animo malvagio di Lucas, e un riscontro positivo del suo operato che quella sera sarebbe sfociato in un incontro con Lord Voldemort in persona.
La convinzione di Rowena era la stessa con la quale il fanciullo, con andatura fiera e passo leggiadro, percorreva solitario quei vicoli angusti di cui ne aveva piena conoscenza: e quasi si pavoneggiava silenziosamente, fiero della sua diversità e conscio della profondità con la quale analizzava i particolari e che non tralasciava nulla al caso.
Un sordo rumore, provocato dalle suole di cuoio del Corvonero, si ripeteva più e più volte mentre il ragazzo saliva ormai l’ultimo gradino di quell’interminabile scalinata d’ascesa verso un ancor più desolato luogo.
Era quello che voleva, del resto: niente chiacchiere banali, niente frivolezze, nessun volto dal quale trasparisse quella patina di idiozia che l’avrebbe fortemente irritato.
L’ora scelta per quell’incontro segreto era tarda, tuttavia il suo ruolo di Caposcuola collegato all’alibi di ronda notturna gli aveva permesso di sgattaiolare fuori dal Maniero in maniera del tutto indisturbata. Giunto in anticipo nel luogo concordato, appoggiò delicatamente la schiena contro la fredda parete di un muretto, perdendosi tra le mille riflessioni circostanziali che sembravano preoccuparlo.
La notte si stagliava serena in quel frangente ed un tessuto vellutato e profondamente scuro troneggiava sull’intera area circostante, lasciando che le poche e flebili luci presenti illuminassero sommariamente i piccoli anfratti di Nocturn Alley senza fare realmente la differenza. Non un astro aveva avuto l’ardire di scalfire la beltà di quel paesaggio così straordinariamente ipnotico ed ineguagliabile nella sua cupa rigidità. Se fosse stato materiale, se quel cielo avesse avuto sembianze umane, se un uomo con portamento fiero avesse impersonificato una bellezza così grande da mozzare il fiato, avrebbe sicuramente provocato un’onda d’ipnosi e allo stesso tempo di terrore negli sguardi di chi si fosse trovato nelle vicinanze, tanto che a poco sarebbe valso tirarsi indietro. Lo stesso Corvonero non avrebbe mai osato privarsi di cotanto splendore per lasciare spazio al senso di terrore che lo assillava.
Un rumore sordo, eppure percettibile, interruppe il costante flusso delle sue elucubrazioni mentali: la presenza improvvisa di Rowena a poca distanza dalla sua posizione lo fece rinsavire.
«Scott.» Alcuni passi lenti e cauti lo portarono in prossimità della sua mentore, pronto ad ascoltare le sue raccomandazioni finali. «Ci siamo ragazzo mio, parla solo quando ti verrà richiesto e segui alla lettera le indicazioni che ti verranno fornite. Afferra la mia mano ora» un tocco glaciale che lo avvolse nel buio più totale mentre la sua avventura come adepto del male iniziava a prendere forma.

Percepì il movimento rotatorio dei loro corpi fermarsi, avvertendo immediatamente il tocco freddo dell’aria gelida. Le due figure che adesso si districavano con grazia e fierezza tra gli ingombranti cespugli, erano finalmente arrivate a destinazione, segno che la Smaterializzazione era andata a buon fine. Il corpo di Lucas sembrava essersi improvvisamente smagrito nel candore della propria pelle, il suo essere si era indurito, raggelato dagli eventi vanagloriosi e terribilmente pericolosi che da lì a pochi istanti si sarebbero verificati. In quel momento, la sua anima era decisamente tendente alla solitudine come il più selvaggio dei lupi che, abbandonato il branco, si prepara a tuffarsi nella foresta in cerca di un gregge da sbranare.
«Ci siamo...»
proferì la donna, giunti al cancello di una villa a lui del tutto sconosciuta: sulla sua destra torreggiava l’insegna di “Villa Malfoy” ed un cartello sul quale spiccava la parola “Chiusa”, vergata con un inchiostro con lo stesso colore del sangue.
In un moto di pura noncuranza Rowena spalancò il cancello e continuò ad avanzare con passo deciso, invitando con un cenno del capo la figura del ragazzo a seguirla. Svoltarono un angolo dell’immenso giardino, potendo così notare il vicolo esterno della casa che conduceva al portone principale d’ingresso: era fiocamente illuminato da una dozzina di torce, apparentemente deserto, nessun individuo sembrava palesarsi dinnanzi alla loro vista. Un gesto istintivo e la mano corse verso la tasca a stringere l’impugnatura della bacchetta in caso ve ne fosse stata necessità: a poco sarebbe di certo servita ma, se la situazione lo avesse richiesto, non sarebbe mai stato così poco combattivo da lasciarsi sopraffare senza aver combattuto. Sorrise, allentando la presa sul manico ma mantenendo la mano in prossimità di esso: qualcosa gli suggeriva che non ne avrebbe fatto uso quella sera, il Fato aveva sicuramente altri progetti in serbo per lui.

Una volta entrati percepì l’enorme silenzio che li circondava stringerli nella sua morsa letale: l’antica abitazione vista dall’interno sembrava ancor più spettrale allo sguardo analitico del ragazzo. Poco distante da loro, la presenza di un enorme serpente che li scrutava con aria minacciosa catturò la sua attenzione, facendogli raggelare il sangue nel giro di pochissimi secondi.
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«Nagini ti trovo in perfetta forma.. saresti così gentile da scortarci alla presenza del padrone»
parole cariche di sicurezza furono pronunciate da Rowena, consapevole che la sua figura era ben conosciuta agli occhi del rettile. Passarono secondi interminabili, duranti i quali l’animale si limitò ad estroflettere la lingua biforcuta con un movimento ondulatorio, come se stesse cercando di capire se la loro presenza potesse costituire un qualche tipo di minaccia reale. Solo in un secondo momento sembrò acconsentire alla richiesta della strega, cominciando a strisciare lungo il buio corridoio.
La pelle lucida, splendete come un’opale. Gli occhi gialli e penetranti che sondavano il buio con una arrogante sicurezza, aggirando ostacoli e curve nel tetro perimetro della Villa. Il suo strisciare con ritmo costante, morbido e silenzioso provocava tensione nell’aria. Nemmeno un rumore: solo un vago fremito di lingua, inquieto, sottraeva il muso ad un’immobilità innaturale.
Nagini continuava a muoversi nel buio, guidando al meglio delle proprie capacità le due figure che continuavano a seguirla. Arrivata di fronte ad una porta si fermò, volgendo il muso al legno che separava la stanza dal corridoio. Aprì la bocca, ma non si udì nulla di più che un soffio sprezzante, leggero come il
vento: gli occhi si assottigliarono, sotto il peso di un’espressione di vago fastidio. Poi come se nulla fosse accaduto, riportò lo sguardo alle tenebre, e ricominciò a strisciare verso il nulla apparente.
Scomparso il rettile dal loro campo visivo, Rowena invitò con un cenno della mano il giovane Lucas a varcare l’ingresso della stanza. Dietro di lui, dopo qualche attimo, quella stessa porta si aprì e si chiuse nel giro di un secondo. Lungo il corridoio risuonò il cigolio dei cardini, seguito dalla chiusura della porta che echeggiò come un colpo di pistola.

Una figura ammantata di nero li attendeva all’interno della stanza: una voce, accompagnata da una terrificante aria gelida e grottesca cominciò a parlare.
«Prego entrate, vi stavo aspettando miei giovani figlioli.»
Lucas mosse qualche passo lento e reverenziale in avanti, mentre lo sguardo sagace cercava di scorgere quante più informazioni possibili. Una sagoma lievemente curva, come sotto un peso invisibile, si stagliava dinnanzi al camino acceso, lasciando che le braci illuminassero i particolari del suo volto quasi interamente deformato. Dopo pochi passi, il giovane si fermò. Altrettanto lentamente, piegò la gamba sinistra, poggiando poi le braccia sul ginocchio a novanta gradi. Un inchino dovuto, silenzioso.
Attese in silenzio, la mente colma di un sentimento misto di terrore e speranza: il suo primo incontro con l’Oscuro Signore.

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Il volto trasfigurato di disumana malvagità di Lord Voldemort parve trovare la lontana effigie di un sorriso soddisfatto. Giovani leve si sottomettevano a Lui, al suo volere. Maghi oramai adulti dimostravano la propria lealtà e continuavano a servire la sua causa desiderosi di avvicinarsi a Lui, al suo cospetto.
Un sospiro sibilante, di pura soddisfazione.
«Lucas Scott dico bene, la mia diletta Abyss ha speso grandi elogi nei tuoi riguardi…» parole che parvero riecheggiare ovunque: nel giardino, dentro casa e nell’aria. Come fossero folate di vento, il monito terrificante di Lord Voldemort udito da tutti. Ma i due ospiti lì presenti lo sapevano benissimo, erano loro i destinatari di tale messaggio. Dovevano forse temere?
Dopotutto, proprio paura e terrore erano le armi del Padrone di Casa, insieme al dubbio.
Un solo gesto, un solo movimento inequivocabile della mano, come a voler porre fine a quel momento così silenzioso per poi proferire di nuovo parola.
«Tuttavia.. non ho tempo da perdere per ascoltare le ragioni che ti hanno condotto fin qui!»
la longilinea figura di nero vestita, si avvicinò a Lucas fissandolo con i suoi subdoli occhi iniettati di sangue.
Non era umano. Non lo era affatto. Quella pelle candida, quasi come velo trasparente mostrava carne e vene, rendendo terrificante la vista del Signore Oscuro.
La bacchetta poggiata con grazia sotto il suo mento costrinse Lucas a sollevare appena il capo, mentre quel simbolo di estremo potere malvagio era puntato contro la sua gola «TUTTAVIA...» il tono di voce alto e severo fece eco all’interno di tutta la stanza
«Mi sento magnanimo questa sera, persuadimi a risparmiarti la vita ragazzo.»
Una sonora, folle risata diede l’assoluta conferma della completa, indiscutibile e terrificante follia di Lord Voldemort. Apparentemente instabile, incline a cambiamenti di umore improvvisi, il Signore Oscuro era in realtà un abile calcolatore, sapeva bene come controllare l’Esercito del Male e se ne compiaceva.

Dal canto suo Lucas percepì una sorta di timore inaspettato impossessarsi delle sue membra, un fastidio sordo e impercettibile, sepolto sotto strati di autocontrollo e prudenza reverenziale. Sapeva bene di camminare sopra un filo sottile, e avrebbe dovuto muovere ogni pezzo della sua scacchiera mentale con la dovuta perizia: il prezzo era la sopravvivenza, forse anche qualcosa di più.
Il tocco di quella bacchetta sul mento fu gelido: il solo pensiero che con quell’oggetto era stato disseminato un terrore senza precedenti sfiorò con viscida consapevolezza la mente del ragazzo. Tuttavia, non poteva fare a meno di provare una certa ammirazione per quell’individuo, cieco di fronte a tutto pur di perseguire i suoi scopi.
Poté avvertire la scarica di stizza nelle parole dell’Oscuro Signore, e un brivido impercettibile gli scosse le interiora. Ma all’esterno, l’impassibile simulacro di indifferenza non cambiò di una virgola.
«Mio signore, quando non c’è nulla da temere, il peggiore dei vili può essere coraggioso quanto il più valente degli uomini. E quando non c’è alcun prezzo da pagare, tutti noi sappiamo fare il nostro dovere. Eppure, presto o tardi, nella vita di ogni uomo viene il giorno in cui nulla è facile, un giorno in cui si deve compiere una scelta.» parlò remissivo e rispettoso, un dipinto impeccabile del perfetto Mangiamorte. Il viso contratto in una smorfia di dolore.
«La mia scelta l’ho già fatta diversi anni addietro, e sono pronto a morire in questo preciso istante per onorarla.»
L’ennesimo sospiro di Lord Voldemort: percepiva la paura e se ne compiaceva. Non era previsto che Egli parlasse con i giovani apprendisti, ma il piccolo Scott era stato così ardito nel suo discorso di presentazione, che un velo di orgoglio parve raggiungere l’animo dell’Oscuro Signore. Apprezzava il coraggio e la folle devozione a Lui rivolta. Il piccolo Corvonero meritava decisamente un’occasione per mettersi in mostra.
«Molto bene, mi hai convinto ragazzo. Ad ogni modo mi farò sentire molto presto, ho grandi progetti per il tuo immediato futuro. E ti assicuro che… Se riuscirai in alcune imprese, saprò ricompensarti come si conviene.» con un mano Lord Voldemort invitò le due figure ad abbandonare la stanza.
«Ritenetevi congedati miei cari.»

Tornando finalmente in posizione eretta, Lucas cominciò ad avviarsi verso l’uscita della stanza. Lo sguardo rimase fisso nel vuoto, vitrei gli occhi continuarono a scrutare quel nulla così desolante. Sotto l’espressione priva di emozioni, si agitava la consapevolezza di aver gettato un sasso pesante ad increspare le acque della sua vita. La sua fedeltà rinnovata nei confronti dell’Oscuro Signore rappresentava un contratto vincolante, una parola data che difficilmente avrebbe accettato diritti di replica. Averlo incontrato era stato un melodrammatico, funesto destino, oppure fortuna e gaudio?
C’era un unico pensiero fisso nella sua mente mentre usciva dalla stanza
*Cala la notte, e la mia guardia ha inizio. Non si concluderà fino alla mia morte.*

 
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