Sala Comune Grifondoro
Un colpo di bacchetta alle sue spalle, il movimento secco del polso, il sussurro di una formula magica tra tante. L'Incantesimo Freddafiamma vestì il fuoco del camino scoppiettante, al pianoterra della Sala Comune di Godric. Uno scintillio ramato, il contrasto tra l'arancio e il vermiglio, infine il bagliore dell'oro e delle ceneri zampillò sulle tende di broccato, e ne drappeggiò il tessuto come un abito d'altri tempi. Prezioso, vibrò come riflesso in lungo e in largo e brillò infine sui bordi similmente dorati di una carta; era l'unica che Oliver stringeva tra l'indice e il pollice della mano destra, ne girava il rettangolo tra le dita e il palmo, sfiorava la pelle e ne interrogava i misteri. Sedeva sulla poltrona che più preferiva, la schiena leggermente sospinta in avanti, e batteva il piede sinistro sul tappetto, lì in basso. Un ticchettio cadenzato, un ritmo concreto, il suono che scivolava, e si perdeva, e si consumava al cicaleccio di una e più voci. Altri studenti, altri concasati, alcuni di rientro dalle lezioni pomeridiane, altri già pronti per una partita a scacchi magici. Sollevò appena lo sguardo, il Caposcuola, soltanto per accorgersi di come altre tre figure stessero affollando il pianoterra: qualcuno chiese del camino, qualcun altro parve recuperare una confezione extralarge di marshmallow, e al sostegno degli Incantesimi di Librazione lasciò che si cuocessero alle fiamme sempiterne. Il profumo zuccherino si sospese come un ricordo lontano, un sentore di altri tempi. Pizzicò le narici, bagnò la bocca appena dischiusa, e compromise in quel modo un equilibrio tutto ricercato. Cercò di ignorare ogni altro dettaglio, ma ogni attenzione più solitaria arse come l'ultima brace lì nel comignolo.
«Silenzio.» Avrebbe potuto giurare di non aver parlato, non nelle sue intenzioni, ma il sussurro aveva saputo farsi strada prima del previsto. Non fu ascoltato, da nessuno di loro. Continuarono a chiacchierare, a ritrovarsi, a scambiarsi battute di circostanza; lo scatto secco dell'ampio ritratto della Signora Grassa, poco più avanti, lasciava intendere che sempre più Grifondoro stessero popolando la Sala Comune. Sostenne la carta nel ponte tra le dita, e l'indice arrivò a sfiorarne di nuovo i confini. Era lì, inerme, sulla propria mano; incapace di svelarsi da sé, vestita di ricami scintillanti, attendeva soltanto di essere girata. Un movimento semplice, una rotazione soltanto.
«Il principio.» Un cerchio, il polso in flessione, il sorriso degli altri. Un tavolino pieno di altre carte, i tarocchi che attiravano sguardi, e guizzi di fiammelle.
«E la fine.» Il profilo stilizzato di un vecchio viandante, l'abito lungo di chi sapeva vestire la sera, e tutti i misteri che la vicina notte avrebbe portato con sé; il cappuccio grezzo di un tessuto che appariva ruvido, astratto, leggero più di un soffio di vento, e la posizione che calzava sul capo del figurante - in parte scoperto, in parte calato, come sospeso a mezz'aria; un bastone, il sostegno nel tempo, il sostegno di chi non ne reggeva il passo, né il confronto; i piedi scalzi, la pelle che batteva la roccia, e la montagna che si poneva come sfondo e simbologia; infine, l'aurora in gabbia, la lanterna che stringeva in morsa eterea la scintilla di un fuoco fatuo.
Brillava, si spegneva. Rivelava, nascondeva.
«Silenzio.»Lo ripeté, a voce più alta. Mentre la carta si svestiva come l'ultima tra le amanti, e il vecchio spezzava l'incanto, lì in visibilio del futuro. Le trame trovavano una compostezza, e di pari modo annunciavano il disordine di altro, tanto altro ancora. Quando i commenti di altre studentesse punsero la sua attenzione, Oliver tentò di districarsi da ogni forma di distrazione; era lì, era così vicino, l'Arcano Maggiore sussurrava quello che
anche lui avrebbe dovuto sapere. Era lì, Carta di Saggezza.
«...alla Congrega, dicono ci sia la nostra Casey.»Socchiuse gli occhi, attinse alla Vista. Un filo, un figurante, un profilo.
«...forse anche il Professor White.»Stirò la bocca, trattenne il respiro. Un lampo, un frontone, un braciere.
«...credo di sì, ma hey Oliver. Oliver, tu ci vai?»Un accenno, e il vuoto. L'ultimo sentore apparve come incenso e zucchero filato, mentre Penny si avvicinava a passo spedito con un bastoncino di marshmallow bruciacchiati. Sul tavolino, prima che potesse raccogliere tutti i tarocchi e riporli al sicuro, la Carta si mostrò limpidamente, di nuovo.
Un vecchio, e la sua lanterna. Un vecchio, e il suo tempo.
L'Eremita, Arcano Maggiore.
Sala Duello
Niahndra Alistine » Sirius White
«Ci vediamo al pianoterra, non un minuto di ritardo.»Aveva parlato chiaro, con serietà. Da quando la notizia della Giornata del Duellante alla Congrega londinese aveva fatto il giro di Hogwarts, l'aspettativa aveva raggiunto livelli sorprendenti. Si mormorava che alcuni tra gli Studenti fossero in lista come veri e propri partecipanti, e da quando il nome di Casey Bell si era insinuato tra i candidati, la Sala Comune Grifondoro si era vestita a festa. Al di là dei tentativi di trasfigurazione di stendardi, cappelli e leoni di cartapesta, quello che aveva attirato l'attenzione di Oliver era stato il fremito di un'iniziativa comune: erano tutti legati al Prefetto Grifondoro, lui per primo, ma quasi sembrava - a tratti - di assistere ad una rinnovata edizione del Premio Barbanus. Come con Nieve Rigos, non troppo tempo addietro, anche in quell'occasione i concasati si mostravano al massimo del proprio splendore; si percepiva un'emozione che non aveva prezzo ed era piacevole, nessuno avrebbe potuto negarlo. Di per sé, Oliver ne era coinvolto e aveva rimuginato più volte circa un gesto gentile da compiere o meno: forse, si ripeteva, avrebbe dovuto inviare almeno un foglietto di congratulazioni, magari di auguri, tanto a Casey quanto a Sirius. Invece, nell'ultimo periodo si era limitato a farsi da parte, a cercare gli anfratti meno battuti dagli altri compagni. Il dormitorio, nonostante fosse da sempre un luogo sicuro in cui rintanarsi, si era riempito di persone, di studenti, di creature, di
cose - la caotica visibilità di un posto che lui stesso apprezzava, e che lui per primo aveva saputo cambiare così drasticamente. Era stato il più delle volte nello spiazzale libero della Torre d'Astronomia: a gambe incrociate, con l'unica presenza del mazzo di tarocchi, e tutti i segreti che continuavano a mescolare. Le visioni, in quel periodo, erano tornate frammentarie e si rincorrevano l'una verso l'altra, più che l'una con l'altra. Si era spinto a riflessioni diverse, aveva tentato di carpirne un filo conduttore, invano. Rientrava in Sala Comune con più dubbi del solito, e più stizzito che altro pochi giorni prima aveva infine deciso di fermarsi. Quando aveva sentito
Vivienne e
Alice parlare della Giornata del Duellante, si era infilato nella conversazione con leggerezza. Un paio di frasi di circostanza, e una gentilezza.
«Ciao, ragazze. Se avete bisogno di un passaggio alla Congrega, andrò anch'io. Possiamo Materializzarci insieme, altrimenti la strada è piuttosto lunga.» Un accordo veloce, aveva sorriso. La precisazione di non fare tardi si era persa tra il tono divertito e il veritiero; alla fine, si era detto, quella sarebbe stata l'occasione per staccare un po' da ogni altro indugio. Il giorno dell'appuntamento, all'orario concordato, Oliver era in anticipo al pianoterra; batteva la suola dello stivaletto al piede destro contro l'ampio portone spalancato del Castello e lasciava correre lo sguardo verso i giardini, fino al limitare lontano della Foresta Proibita. Un paio di pantaloni scuri, una camicia a quadroni rosa e azzurro, una t-shirt a tinta unita azzurrina, e un paio di occhiali da sole neri nella mano destra. Salutò le due concasate con un sorriso e si avviò rapidamente, subito dopo, con loro. Al di fuori dei cancelli, recuperò la bacchetta magica e sollevò appena lo sguardo - una giornata deliziosa, tutto sommato. Destinazione, determinazione, decisione: scandì il mantra in modo delineato, ricordava infatti di essere già stato alla Congrega - perlomeno all'esterno - quando aveva accompagnato suo cugino Jasdel per un incontro amichevole con un campione della stessa. Cercò l'attenzione delle Grifondoro e con leggerezza si portò al centro esatto.
«Stringetevi forte al mio braccio, e non lasciatelo per nessuna ragione. Tre, due, uno...» Il
pop secco della Materializzazione lasciò precipitare tutti e tre in un salto nel vuoto, e nel turbinio di colori, volti e luci, sparirono sul posto. Quando riapparvero a Londra, erano a pochi metri dalle porte della Congrega. Oliver si assicurò che le altre stessero bene, che tutto fosse andato come dovuto, e alla fine accompagnò quell'ingresso con poche altre battute di circostanza. Accettò di buon grado una spilla incantata, una di quelle che le concasate avevano realizzato per Casey, e l'appuntò velocemente al petto, proprio accanto quella da Caposcuola. Era quel genere di gesti che apprezzava profondamente, e a malincuore comprese di non aver mai avuto modo di conoscere né Vivienne né Alice - se non di nome, e dai pochi sporadici incontri in Sala Comune - come avrebbe voluto. Si ripromise di recuperare, ma prima c'era qualcosa che non poteva attendere. Alla stanza che annunciava il duello tra Casey Bell e Ariel Vinstav, si affacciò appena e fermò con un sussurro le due studentesse. La bacchetta colse gli occhiali da sole e l'Incanto Geminio ne concretizzò una perfetta copia, raddoppiandoli. Li offrì alle due compagne.
«Prendete questi, vi serviranno per coprire gli occhi al momento opportuno. Devo passare prima altrove, ma prometto che tornerò e che farò il tifo a mia volta. Ci vediamo in questa sala, e se doveste spostarvi... appuntamento fuori la Congrega.» Un occhiolino, un sorrisetto, e via verso il corridoio. Ormai da solo, si abbandonò alle sensazioni che aveva a stento sopito. Ripose il legno d'Abete nella manica della camicia e chiuse leggermente gli occhi, trovando sostegno in una parete laterale. C'era qualcosa che non tornava, qualcosa che avrebbe dovuto percepire di gran lunga meglio. Quando si riscosse, seguì un paio di spettatori verso un'altra direzione e alla fine, alla targhetta interessata, scivolò all'interno della stanza proprio mentre il primo lampo rosso impazziva sulla pedana. Il duello era infatti iniziato e lui era lì, in corso d'opera. Come era stato lì per lui, alle partite di Quidditch e agli esami, all'ingresso della Stanza delle Necessità e al letto dell'Infermeria, da ogni giorno, e tanti altri in divenire. Era piacevole e triste, insieme, sentire che tra tutti Sirius White rappresentasse ormai l'unica persona di cui avrebbe potuto fidarsi pienamente. L'unico, forse, con cui avrebbe potuto parlare apertamente, senza timore, soprattutto senza rimorso. Nel taschino destro della camicia, l'Eremita attendeva silenzioso. Ma non era lì il suo destino, non era lì. Mentre prendeva posto, Oliver si accorse della sfidante e ne riconobbe l'identità di Niahndra Alistine. Apprezzò la fortuita combinazione e fu certo, fin da subito, di essere in una sala dove ne avrebbe viste delle belle. La gamba destra scivolò sulla sinistra, accavallandosi appena, e lui abbandonò la schiena sulla sedia. Attento, in religioso silenzio.