Una voce alle sue spalle le fece gelare il sangue nelle vene. Se fino a un momento prima era stata tranquilla e certa di avere un buon margine di manovra, ora comprendeva di essere stata superficiale e leggera, di aver corso a grandi balzi in braccio al pericolo. Con la bocca spalancata e lo sguardo di chi è stato beccato sul luogo del delitto, si voltò lentamente, resistendo alla tentazione di portare le mani in alto come un delinquente.
Il pericolo, in quel caso, aveva il nome e la faccia di Thalia Moran. E per il poco che poteva vedere nel chiaroscuro della notte, le stava davanti con un’aria sgomenta gemella alla sua, pronta come sempre a cogliere capo e coda della situazione, ben consapevole di quel che stava succedendo, molto più di quanto Eloise sperasse.
«Oh, sei tu...» La sua mano corse veloce al cuore con un sollievo che non aveva nulla di sincero.
Erano giorni che la evitava sfacciatamente. Dallo scivolone al matrimonio del cugino Bernie sapeva che Thalia aveva fiutato che qualcosa non andava, e il Prefetto aveva accampato ogni scusa esistente sulla faccia della terra per scivolare via dalle sue grinfie ed evitare di parlarle a tu per tu. Aveva gettato impegni, primini, turni e compiti nella poca distanza che le separava, ed era pronta ad accorciare la vita a nonna Cindy, per la causa. Ma giorno dopo giorno l’aveva sentita assottigliarsi, quella distanza, e la lama luccicante della ghigliottina farsi sempre più vicina.
“Il problema non sei tu, sono io…” Disse con voce roca, lasciando ai cupi sussurri il compito di rivelare la verità. L’oscurità della notte, fatta di confessioni a mezzavoce, guidò la donna, ormai ringiovanita, a confessare i suoi veri sentimenti. O così avrebbe voluto fare, se fosse stata fornita di un rifornimento a vita di Pozione Corroborante.
Ricacciò la narrazione nei recessi della mente, consapevole che quella storia si stava trasformando pericolosamente in un romanzo rosa da pochi zellini. Non aveva certo bisogno di altre distrazioni in un'atmosfera così tesa.
Lei, che era la regina delle giustificazioni brillanti, che con furbizia e fantasia si tirava fuori dalle faccende scomode, non riusciva a trovare scuse adatte da accampare in quella situazione. Se anche Thalia non fosse stata fornita dell’intelligenza che dimostrava nelle sfaccettature più varie della loro vita scolastica, i calcoli per arrivare al risultato dell’equazione erano di livello elementare.
«Tecnicamente non indosso ancora la divisa...» L’ombra di un ghigno balenò fugace sulle labbra, ormai troppo compromessa per durare.
«E questo è finto.» La mano corse rapida al distintivo appuntato al petto, mentre il canto del cigno della sua spavalderia dava un ultimo lamento.
«È quella faccenda di cui ti dicevo al matrimonio del cugino Bernie, ma è innocua...» Sollevò le mani e lasciò che la sua abituale parlantina si occupasse di risolvere il guaio come sapeva: tecnicamente non aveva fatto nulla di illegale - e la questione della divisa era una minuzia, rispetto alla verità che si celava sotto quella punta di iceberg. Tuttavia, a gola arida e fiato sospeso, si scoprì inerme con un neonato.
C’era qualcosa che voleva dirle?
Thalia non era una stupida, e le giustificazioni frettolose erano inutili e controproducenti, soprattutto se si teneva presente che la ragione per cui l’aveva evitata per un mese era proprio quella. Ma qualcosa era cambiato: sentiva di dover andare oltre, e voleva andare oltre. Solo, non sapeva come farlo.
Le spalle di Eloise Lynch si abbassarono lievemente, il peso delle sue fughe che scivolava via da lei. Cedette al volere degli eventi, frenò la sua corsa a perdifiato e, cullata da un’oscurità confortevole e accogliente, decise che era arrivato il momento di guardare in faccia la realtà e di esprimere a parole ciò che le ribolliva nel cuore.
«Sediamoci.» Indicò il davanzale di un finestrone così ampio e spesso da poterle accogliere entrambe. Il cielo coperto dalla coltre di nubi impediva alla luna di fare capolino, e l’oscurità era fitta. Si sedette con un saltino e volse le spalle a quella tenue sorgente luminosa: per fare quello che stava per fare aveva bisogno di buio.
Di tutte le interpretazioni che l’umanità aveva appioppato alla notte, la sfaccettatura che più si addiceva allo stato d’animo della protagonista era quella di rifugio accogliente dal fulgore della luce, di spazio sicuro dagli occhi indagatori della società. Faceva spesso leva su quella tenebra per portare avanti i suoi traffici illegali, ma in quel caso, colta con le mani nel sacco, era pronta a ballare tra quei significati. Se la notte era il luogo dei segreti sussurrati a mezzavoce, delle confessioni col cuore in mano, ne avrebbe colto ogni vantaggio. Il favore delle tenebre le impediva di crucciarsi sulle reazioni spontanee che avrebbe letto sul volto della Caposcuola, di soffermarsi a pensare alle conseguenze delle sue parole, di fingere di stare confessando pensieri e sentimenti a uno specchio, più che a una persona esterna. Avrebbe superato quel limite mentale che di giorno le impediva di articolare ad alta voce qualsiasi forma di introspezione, avrebbe ridimensionato i patemi, e conquistato infine un approccio diretto e sincero alla faccenda.
Quando tornò a parlare la sua voce era leggermente arrochita dalla deglutizione che l’aveva accompagnata fin lì. Espirò lentamente, svuotò i polmoni dall’aria inquinata che glieli aveva avvelenati, e si decise a dare un suono sensato a quegli sbuffi.
«So che non dovrei andarmene in giro per la scuola e portare avanti traffici in bilico tra legale e illegale. So che tante volte ho superato i limiti e che per me è sempre stato chiuso un occhio.» I Frisbee Zannuti erano stati beccati, qualche volta, e le malefatte ai primini che aveva perpetrato anche dopo aver accettato la spilla non erano esattamente tra le mansioni dei Prefetti.
«Non è giusto. Sono un Prefetto, ma non sono mai stata un esempio da emulare, non ho mai avuto le idee chiare su come risolvere le situazioni e non sono mai riuscita a ricordarmi le procedure corrette dei permessi per Hogsmeade. » Una volta cominciato, era sorprendentemente semplice vuotare il sacco. Tanto valeva darci dentro finché la situazione era propizia.
«Quando ho accettato di portare la spilla è stato per tre motivi. Il primo che mi è venuto in mente, il più superficiale e comodo, era il poter fare quello che mi andava, quando mi andava, in giro per il Castello. Le faccende a cui stare dietro erano un prezzo accettabile, per i vantaggi che avrei potuto trarne.» Suonava così egoista e incivile da sollevare la necessità di attenuare quell’idea con un secondo punto altrettanto reale.
«La seconda ragione veniva dalla volontà di rendersi utile per la Casata, di rimboccarmi le maniche, di impegnarmi per gli altri Tassini come gli altri Prefetti avevano fatto per me. Insomma, l'idea che dovrebbe stare alla base delle motivazioni di tutti noi...» Sentiva di aver bilanciato gli equilibri, ma sapeva di avere un ultimo elemento da aggiungere al piatto.
«Il terzo era riuscire a organizzare la ricerca a Cadair Idris, per trovare delle risposte sulla storia di Tosca.» Un brillio impossibile da vedere le illuminava lo sguardo: era pura, vivace curiosità, che l’aveva guidata a quel punto. Che le aveva garantito un posto legittimo in mezzo allo staff di Casata.
«Anche in quel caso le mie capacità di occuparmi degli altri hanno tentennato, lo sai bene anche tu. Sono anni che cerco di convincermi che l’importante è fare qualcosa di buono e giusto per gli altri, che la mia indole non conta, che prima o poi mi sarei scoperta capace e abile. Ma la verità è che non sono fatta per essere un Prefetto.» Sorrise amaramente, i momenti del passato che le scorrevano davanti allo sguardo. Era come se il suo corpo non fosse cablato per portare a termine quel compito, e pur rimpiangendo di non poter essere migliore, non poteva costringersi a stare in un ruolo che non era compatibile con la sua natura.
«Ne era cosciente Horus, e Amber l’ha certamente capito. L’unica che non ha voluto leggerne le implicazioni sono io.»Si estraniò da se stessa per un attimo, realizzando che era arrivata al respiro profondo prima del balzo. Da lì in poi, la storia sarebbe cambiata, nulla sarebbe rimasto indifferente a quella scossa. Il terreno stabile avrebbe ceduto e alcune certezze sarebbero scivolate via: ma non era quella la strada che aveva scelto per la sua vita?
«Thalia, io voglio lasciare la carica di Prefetto.»