| Thalia Jane MoranHufflepuff Headgirl ∼ 18 Y.O. ∼ O.W.L. Vincere una battaglia non significa aver vinto la guerra e questo, col Preside pronto a scoccare un'altra delle temibili frecce al suo arco, le è maledettamente chiaro. Commenta con pacatezza le loro risposte, le ammanta di una solennità che si fa portavoce di correttezza, quanto meno parziale. Che sia vero, in fondo, che il primo ostacolo è il più difficile da superare e che il resto del percorso sia tutto in discesa? Thalia suppone lo scoprirà molto presto e in parte la sensazione che la investe in pieno è quella dell'ansia, positiva, di creare qualcosa dal nulla e di plasmare la materia come ha sempre sognato di poter fare. Non fantastica troppo la Caposcuola, conscia che i grandi progetti spesso terminino in un nulla di fatto o, peggio, in un disastro di proporzioni epiche. Così, mentre il Preside espone le alternative e riconosce nel suo modus operandi uno sgambetto bello e buono - o così crede lei -, la ragazza fa un cenno d'incoraggiamento, quasi, al Corvonero che la scruta per pochi secondi. La prima battuta era spettata a lei, desiderosa di rompere il ghiaccio, ed ora è il momento per lei di aspettare. Ascolta educatamente in silenzio, annuisce appena ai passaggi teorici che Hyde illustra brevemente, ma con un certo orgoglio. Ciò che dice trova riscontro nella teoria di base, naturalmente, ed è chiaro che quanto stia per compiere sarà anche frutto delle sue intenzioni così come lui le enuncia. E lei? Che cosa s'inventerà per dimostrare che quei cinque anni non sono stati solo meri svolazzi di bacchetta ed esercitazioni lunghe ed estenuanti? Sospira, dopo l'esecuzione di Derek, e non si cura del risultato da lui ottenuto. Come ha giustamente ricordato il compagno, la concentrazione è essenziale e mentre il ragazzo si destreggiava tra una spiegazione e l'altra, lei aveva avuto modo di riflettere sull'argomento della sua prova del nove. La probabilità di sbagliare è così elevata che niente, assolutamente nulla, le può garantire una vittoria su tutta la linea. Eppure, questo non la intimorisce affatto e per la prima - ed unica - volta nella sua vita non ha paura di sbagliare: il Giudizio Unico per Fattucchieri Ordinari non è uno scherzo e lei di certo non se ne andrà da lì con un orologio da taschino al posto di quello da polso.
«Che cos'è la magia se non pura illusione?» comincia quel monologo girando a largo dal centro focale del suo progetto. Prima di tutto, deve convincere chi guarda a vedere ciò che lei voglia far vedere. «La trasfigurazione manipola la materia ad un numero così svariato di livelli che non è possibile, quasi, tenere traccia di ogni strato, di ogni... subdola imitazione. A meno che non sia la propria mano a porla in essere.» sorride, Thalia, sapendo di dover spingere ancora di più affinché la sua idea sia realizzabile non soltanto con la magia, ma anche - e soprattutto - con la mente e attraverso gli occhi di chi la esamina. «Un calice di cristallo tramutato in un falco, non sarà mai un vero e proprio volatile. Non avrà l'istinto di cacciare. Non percepirà la sensazione della fame. A meno che non sia un mago a volergli fornire quell'istinto. La volontà di chi esegua l'incanto agisce per plasmare la materia e convincere chi la guardi ad affermare, con certezza estrema, che sì... quello che vediamo è un vero e proprio falco e non una sciocca suppellettile di cristallo.» Il suo esempio non è casuale: non le sono sfuggiti i piedini - simili a piante palmate - e l'idea che quella che al momento è una brocca sia in realtà un animale trasfigurato. Del resto, la magia lascia dei segni per chiunque sia abbastanza accorto. «La Trasfigurazione nasce da errori, da intenzioni espresse malamente, da tentativi. E spesso... da incanti e concetti combinati tra loro.» Non ha mai provato ciò che sta per tentare, ma - come prima di cominciare a spiegare le sue teorie - la paura non la incita a fermarsi, anzi, la spinge a procedere. Si alza, alla fine, desiderosa di portare a termine l'opera decantata soltanto a metà e si avventura al tavolo della commissione, dove la brocca d'acqua l'attende. «L'incanto Globus Pellucidus ci permette solitamente di creare, a partire da una creatura viva, una sfera di cristallo perfetta. Ed è al concetto della sfera di cristallo o vetro, perfettamente liscia e trasparente che ho pensato... quando ho deciso di creare la copia fasulla di una Sfera di Cristallo da utilizzare per la Divinazione.» la notizia bomba è stata sganciata con leggerezza quasi, al pari di un'ovvietà. Non sa bene da dove abbia preso tutta quella sicurezza, ma tant'è... decide di sfruttarla finché ne ha l'occasione. «E giustamente bisognerà chiedersi come io possa rendere un liquido puro e semplice come questo più simile ad una nebbia, quasi un fumo.» inutile dire che si sarebbe accontentata di creare una nebbiolina grigio-bianca, quasi impercettibile. La magia delle Sfere di Cristallo, del resto, è un segreto per menti giovani come le loro; inoltre, non c'è bisogno di conoscerne i dettagli: la sua era una mera illusione. «Cercherò di unire i due incanti e nel farlo mi occorreranno concentrazione, velocità ed elasticità mentale per passare dall'una all'altra esecuzione, giacché il Globus agirà sull'estetica dell'oggetto plasmandola ad un primo basilare livello, come se fosse soggetta da calore. Quello stesso calore che, ad un certo punto dell'esecuzione, mi permetterà di mutare l'acqua in vapore e di concentrarmi sulle molecole, per ottenere l'effetto più fumoso che riesca ad immaginare. Si tratterà quindi di combinare due esecuzioni al momento giusto, nel momento preciso in cui l'unico movimento comune ai due incanti si verifichi e chiuda, per così dire, il cerchio.» prende fiato e prosegue per l'ultima volta, prima di cominciare. «Le dimensioni dell'oggetto e la quantità d'acqua influiscono sul risultato finale. Dovrò curare particolarmente lo strato di cristallo che andrò a plasmare e dovrò far attenzione affinché il volume del vapore non sia eccessivo per lo spazio nel quale sarà contenuto.»
Così inizia svelta, ma accurata, a visualizzare mentalmente la brocca modellarsi in una forma nuova, senza lasciare che una sola stilla d'acqua vada perduta nel processo. Le oscillazioni, le ondulazioni della materia accompagnano l'acqua al suo interno, il cristallo la avvolge e l'abbraccia racchiudendola al suo interno come uno scrigno prezioso; da lì, poco prima che la breccia tra l'esterno e l'interno della sfera perfetta si chiudano, l'acqua comincerà a mutare in vapore, vapore denso e umido. L'umidità è una caratteristica della nebbia che non serve al suo scopo, dunque la ignorerà, e farà sì che sia il calore del passaggio di stato a fare il resto: accorpare ogni particella d'acqua, renderla densa come volute di fumo. Non oserà spingere per mutarne il colore, sarebbe troppo, e procedere per gradi è la scelta senz'altro migliore. L'idea stessa, nella sua interezza, le è frullata per la testa per molto tempo, mentre questo si dilatava e lasciava spazio a Derek per la sua esposizione e la parte pratica. La bacchetta di Salice si ritrova agilmente stretta tra le sue dita, si fonde con lei, e due colpetti leggeri alla brocca si accompagnano alla visione ideale della sfera che si crea - o dovrebbe crearsi - davanti ai loro occhi. La mente già lavora a separare le molecole d'acqua, ad alleggerirle, a renderle una minima parte di ciò che sono e ad aumentarne il calore così che l'effetto sia raggiunto pienamente, mentre la bacchetta si solleva e separa il contenitore dal contenuto, prima che il primo colmi la propria struttura. «Globus...» Una rotazione del polso, talmente ridotta nel suo diametro da parer impercettibile ad occhio nudo, si accompagna alla formula, con l'ultima sillaba allungata - ad imitazione della regola di base, legata invece al secondo lemma nella formula - al fine di accogliere senza remore la seconda parte dell'opera. I due movimenti comuni idealmente s'uniscono tra loro e la formula trova, finalmente, respiro. «...Nebula.» Con un pizzico di fortuna - l'intenzione c'è tutta - l'acqua muterà in un vapore via via sempre più denso, non del tutto simile a fumo vero e proprio, magari, ma ad una sua imitazione quanto meno somigliante, convogliandosi all'interno della sfera di cristallo prima che l'ultimo pezzo trasparente si saldi col più prossimo, ultimando la sua prova. Disclaimer. E' un esperimento, naturalmente, che mi sentivo di voler tentare. Spero d'aver fatto cosa gradita. Non essendo esplicitate le dimensioni della brocca sono andata un po' a braccio, valutando che il risultato finale - se si concretizza - sia all'incirca una sfera di venti centimetri di diametro circa. Da lì la proporzione, insomma. Come dicevo, punto tutto sul potere dell'imitazione e dell'illusione.
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