Quiet, please., Privata

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view post Posted on 21/7/2020, 17:31
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Mary Grenger
‹ Studentessa ‹ 17 anni

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La prima settimana dopo il ballo Mary sentì la necessità di lasciarsi il castello alle spalle. Aveva deciso in realtà che ci sarebbe rimasta un mese o poco più per risolvere alcune faccende nel mondo magico ma poi, via. Le serviva un po’ d’aria visto tutti gli eventi accaduti.
Il compleanno di un amico di Matthew era allora un’occasione troppo ghiotta per farsela sfuggire. Matthew era, senza giri di parole, il secondo miglior amico di Mary. Era l’unico ad essere un babbano e conoscere il segreto della ragazza, ovvero l’essere una strega. Avevano creato il loro rapporto sulla fiducia e sul divertimento. Ovviamente l’intenzione della grifondoro era di bere così tanto da dimenticare perfino il proprio nome e, se Katie si rivelò essere una di quelle amiche che metteva generalmente dei paletti all’alcool, Matthew non aveva freni. Anzi, supportò da subito l’idea bere tanto.

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E lo fecero.
La mattina dopo la grifondoro si svegliò nel letto della coinquilina di Matt che, fortunatamente, era andata a trovare i genitori quel weekend. Fu svegliata dalla luce del sole che le arrivava diretta in faccia: nessuno aveva pensato di chiudere le tende, ovviamente.
Provò subito un senso di disorientamento. Aveva la bocca impastata ed era incapace di aprire per bene gli occhi. Percepì un peso sullo stomaco. Raggiunse velocemente il cestino nei pressi della scrivania quando si rese conto che quel peso era, in effetti, vomito. La puzza di vomito rappresentava per bene la confusione dei cocktail che la mora era riuscita a buttare giù la sera prima: martini, negroni, moscow mule e qualche shot di whiskey che evidentemente aveva pensato fossero una buona idea. Vomitò una seconda volta solo per quel terribile odore. Quando dal letto arrivò un leggero mh, Mary alzò la testa terrorizzata. Vedere sul letto Jackson nudo, come lo era lei d’altronde, le provocò un ulteriore conato di vomito questa volta per il senso di colpa. Jackson era un ragazzo gentile, bello e per molte ragazze anche interessante. Per molte tranne che per Mary. Quest’ultima era però a conoscenza del fatto che provasse qualcosa per lei e si sentì terribilmente male al pensiero di averlo sfruttato. Perché lo aveva fatto. Si rese subito conto di avere ricordi confusi riguardo la notte prima: ricordava il viaggio in macchina con Matt a cantare e a bere; ricordava i primi tre cocktail, l’aver ballato sul tavolo insieme ad Erika; ricordava le labbra di Jackson che sapevano di sale; ricordava di aver pensato, per un solo secondo, a Jolene e aver convenuto che forse bere un altro cocktail fosse la scelta migliore.
Dalla sua bocca uscì solo un leggero lamento. Con movimenti svelti, per quanto potessero esserlo in realtà, prese gli occhiali da vista, indossò letteralmente la prima cosa che le capitò sottomano, poi il suo zaino, e sgattaiolò silenziosamente fuori dalla stanza. La scena nel salotto era ancora più tragica: Matt ed Erika dormivano semi-nudi l’uno sul l’altro e di fronte c’erano altri due ragazzi in una posizione che faceva intendere ciò che avevano fatto prima.
*Bene, fantastico. Non se n’è salvato neanche uno.*
Si affrettò a scrivere un bigliettino all’amico, semmai si fosse svegliato nell’arco di quelle 24 ore, andò in bagno per sciacquarsi la faccia e lavare giusto i denti e uscì.
Non poteva restare in quell’appartamento. Non voleva parlare con Jackson perché non voleva spezzargli il cuore. Lei quelle cose non le sapeva fare, non ne era capace. Non aveva mai propriamente sfruttato qualcuno ma sapere non solo di averlo infine fatto, ma soprattutto di esserne capace, la spaventava. Era una brava persona e certo dubitava che quell’atto cambiasse qualcosa in questa concezione, ma si sentiva di merda comunque. Aveva l’umore sotto i piedi, un sonno assurdo ed un mal di stomaco non indifferente. Pensò per un attimo di riprendersi con un incantesimo ma scartò l’idea: sentirsi di schifo era la punizione che meritava. Decise quindi che si sarebbe diretta nella biblioteca del museo magico a Londra, insomma il posto più silenzioso che conosceva.
La strada per arrivarci fu una tortura: il sole che le batteva sul viso la confondeva, il sudore sul collo la stancava, lo zaino sulla spalla pieno di vestiti sembrava pesare più del normale. Aveva alzato i capelli in una coda, sul suo viso le tracce di trucco erano sbiadite, fortunatamente gli occhiali da vista riuscivano a coprire, in parte, la stanchezza sul volto.
All’entrata nella biblioteca tirò un sospirò di sollievo. Notò subito che quasi tutto il lunghissimo tavolo era occupato. Voleva piangere. Iniziò a camminare e solo verso la fine notò, finalmente, un posticino libero. Il tonfo che produsse quando si sedette le fece guadagnare un giro molto lungo di ssssh a cui lei rispose con uno stanco sì, sì, scusate. Dallo zaino cacciò il suo sacchetto di zuccotti e ne addentò uno sbrigativamente. Doveva ancora puzzare di alcool perché il ragazzo di fianco a lei si alzò donandole un’ultima occhiataccia prima di andare via. Non pensava di puzzare, in fondo i vestiti che indossava erano della coinquilina di Matt. Prese anche un sorso d’acqua dalla bottiglia che prese dallo zaino. Era calda. *Che schifo, ora mi uccido.*
Diede un’occhiata sbrigativa alla sua sinistra dove il lungo tavolo era occupato da giovani e adulti: erano tutti con dei libri (beh, ovviamente), studiavano attentamente incantesimi, pozioni. Sembravano tutti così investiti in quello che facevano. Mary abbassò la testa sul tavolo e chiuse gli occhi. Aveva scelto la biblioteca perché era un posto tranquillo e lei aveva il bisogno di riposare il cervello. Percepiva ancora il suono delle casse della discoteca nelle orecchie. Ah, sarebbe stata una giornata molto lunga.



 
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view post Posted on 26/7/2020, 14:58
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Forse non sta andando così male…
Sollevò il calice di vino rosso che teneva in mano, e bevve un sorso del liquido scuro: Isabel aveva passato gli ultimi giorni ad organizzare nei minimi dettagli una cena tra amici – in maniera quasi maniacale, come se avesse dovuto esserci il Ministro in persona tra gli ospiti – e aveva stressato la cugina a tal punto che Jane aveva seriamente considerato l’idea di scappare a Manchester per un paio di giorni. Alla fine, non aveva lasciato Londra ma si era pentita della sua decisione più e più volte, soprattutto nelle ultime due ore durante le quali i suoi nervi erano stati messi a dura prova: perfino Michael, il fidanzato di Isabel, solitamente fornito di una pazienza pressoché infinita, aveva iniziato a dare segni di cedimento poco prima dell’arrivo degli invitati a causa delle lamentele della ragazza per i tovaglioli non abbinati perfettamente con la tovaglia, “sai quanto Jen sia pignola su queste cose, diventerò lo zimbello dell’ufficio!”.
Più che dalla serata in sé, l’ansia di Jane aveva la sua origine negli ospiti: gli amici di Isabel e Michael lavoravano tutti al Ministero e la cugina non perdeva occasione per rimarcare l’importanza dei ruoli che rivestivano e dell’attenzione che Jane avrebbe dovuto avere nel rivolgersi a loro, oltre a ricordarle che aveva “solo diciotto anni, per Morgana!” e che certe opinioni non avrebbero dovuto uscire dalla sua bocca. Sapeva che Isabel non parlava con cattiveria e che quei discorsi derivavano dal timore che la serata non andasse nel verso giusto, eppure la ragazza non trovava alcun senso in quelle raccomandazioni: cosa mai avrebbe potuto dire di così sconveniente?
Ma soprattutto: valeva la pena agitarsi così tanto per una cena tra amici?

Prese una nuova bottiglia di vino dal ripiano della cucina, e tornando in soggiorno un lieve sorriso si palesò sul suo volto: i timori di Isabel si erano ovviamente rivelati del tutto infondati.
I maghi e le streghe che erano stati invitati non si erano risparmiati nell’elargire complimenti per le pietanze, e non avevano disdegnato nemmeno il vino: la bottiglia che Jane aveva preso con sé era solo una delle tante che erano state stappate da inizio serata.
Inoltre, la giovane età di Jane non si era rivelata affatto un ostacolo all’occasione di socializzare: gli amici di Isabel si erano rivelati tutti molto gentili con lei e non facevano che raccontarle aneddoti e curiosità sul loro lavoro. Proprio prima di andare a recuperare l’ennesima bottiglia di vino la ragazza stava ascoltando affascinata il racconto di una coppia di streghe, colleghe della cugina, sulla loro ultima missione in Russia per un caso internazionale di contrabbando di uova di drago; le raggiunse di nuovo, pronta ad ascoltare gli ultimi dettagli della storia.
Nel giro di un’ora però la serata aveva preso una piega del tutto inattesa, almeno per Jane: gli ospiti avevano proposto di uscire a bere l’ultimo drink prima di tornare ognuno nella propria abitazione ed essendo ancora minorenne per i locali Babbani lei era rimasta a casa; non le dispiacque, anzi, ne fu felice perché la sola idea di chiudersi in un locale zeppo di persone le metteva i brividi, preferendo i grandi spazi e soprattutto non adorando particolarmente i luoghi affollati.
Diede una veloce pulita, sicura che l’indomani Isabel avrebbe messo all’opera lei e Michael per rendere di nuovo l’appartamento pulito, e sparì nella sua camera.

Si svegliò la mattina dopo riposata, dopo una delle rare notti trascorse senza incubi: si era svegliata solo verso le tre, quando aveva udito Isabel e Michael rincasare.
Guardò la sveglia sul comodino: erano già le undici ma dal silenzio che regnava in tutta la casa intuì che sarebbe passato molto tempo prima che la cugina si svegliasse; non aveva alcun impegno in programma per la giornata, ma non aveva voglia di starsene chiusa in casa, soprattutto se la cugina fosse stata in post-sbornia. Più stanca era, più diventava dispotica.
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Si alzò, e cercando di fare il minor rumore possibile andò in cucina: recuperò dal frigorifero un paio di mele, dalla dispensa un sacchetto di biscotti e mise la sua tisana preferita in infusione nella borraccia piena di acqua fresca; poi sparì in bagno per una doccia veloce.
Mezz’ora dopo era pronta per uscire: afferrò la borsa dall’attaccapanni dietro la porta, e aggiunse al cibo un quaderno e l’astuccio; in quei giorni aveva iniziato a ripassare Pozioni in vista dei risultati del suo colloquio al San Mungo e aveva trascorso la maggior parte delle sue giornate in biblioteca a consultare vari libri sull’argomento.

Chiuse piano la porta dietro di sé, e scese con calma le scale: non aveva voglia di usare la Metropolvere o di Smaterializzarsi, il British Magic Museum distava solamente una ventina di minuti di distanza a piedi; lungo strada si fermò in un bar Babbano per prendere un caffè d’asporto, ma era talmente bollente che quando entrò in biblioteca doveva ancora iniziare a berlo.

Adorava quel posto: silenzioso, fresco, pieno di libri, una sorta di paradiso per l’ex corvonero; inoltre, essendo frequentato da maghi e streghe era permesso introdurre bevande al suo interno, una regola completamente diversa dalle biblioteche Babbane che le permetteva di trascorrere giornate intere all’interno dell’edificio.
Nonostante la bella giornata e l’estate ormai iniziata, la sala lettura era abbastanza affollata e Jane impiegò qualche minuto per trovare un posto libero: posò le sue cose, e sparì alla ricerca dei libri che aveva iniziato a leggere il giorno prima; ritornò dopo un paio di minuti, soddisfatta, con una pila di libri che levitava davanti a sé.
Pochi attimi e si immerse nella lettura: era talmente concentrata che non si rese conto che il posto davanti a lei si fosse liberato, e probabilmente non si sarebbe accorta nemmeno della ragazza che andò ad occuparlo poco dopo se le persone intorno a lei non avessero parlato, con il classico fastidioso shhh.
Alzò lo sguardo, cercando la causa di tanto inutile sdegno.
Davanti a sé si era seduta una ragazza che ad una prima occhiata sembrava avere più o meno la sua età: aveva posato la testa sul tavolo, come se non stesse bene o se volesse semplicemente riposare; Jane non riusciva a vederla in viso, ma si preoccupò leggermente. Che fare, disturbarla? Magari voleva solo starsene tranquilla in biblioteca.
Incerta sul da farsi, si guardò intorno, ma tutti erano tornati alle loro letture, indifferenti.
Si voltò quindi a frugare nella sua borsa, cercando la borraccia ancora intonsa: versò un po’ del the fresco nel tappo che fungeva anche da bicchiere, e lo avvicinò piano alla ragazza seduta davanti a lei; tornò quindi a leggere, controllando di tanto in tanto se la ragazza avesse alzato la testa o meno.



Edited by Jane Read - 13/11/2020, 16:42
 
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view post Posted on 29/7/2020, 21:21
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Mary Grenger
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I ricordi si susseguivano confusamente nel suo cervello. Il peso di Jackson su di lei, quella sensazione di sbagliato ma quella necessità di continuare perché sbagliare con lui era più facile che farlo con altri. Era più facile che pensare.
E poi l’aver rivisto Olivia. Lei, sempre bellissima senza mai doversi sforzare, senza mai ostentare. Nessuna delle due provava nulla per l’altra eppure entrambe si ritrovarono a dover dimostrare qualcosa. Entrambe si ritrovano a baciare qualcun altro, a guardarsi farlo, a provare ad attirare l’attenzione dell’altra.
*Argh.*
Sentiva di sbagliare in continuazione. E se inizialmente si era scusata giustificandosi con il classico “è l’età”, ora trovava difficile riuscire ancora a discolparsi. L’età non poteva più scagionarla dai comportamenti infantili che aveva iniziato a perseguire. Aveva sempre pensato di sé di essere matura, di aver superato quella fase bambinesca che l’aveva caratterizzata al suo arrivo al castello. Ogni giorno provava il contrario. E quindi, come una bambina, era scappata e si era andata a rifugiare, ironia della sorte, in un posto per adulti.
Aveva la testa abbassata sul tavolo, nascosta tra le sue braccia conserte. La fronte era appoggiata sul legno fresco e per questo sospirò istantaneamente. La testa le faceva ancora male e quindi quel contatto la beneficiò subito. Voleva spegnere il cervello. Chiuse gli occhi e lasciò che le sue orecchie si concentrassero sull’ambiente intorno a sé.
Con la testa china e gli occhi serrati riuscì finalmente a distrarsi. Poteva percepire il leggero frusciò delle pagine girare, il rumore acquoso di una piuma che s’intingeva da sola nell’inchiostro, i mormorii delle persone che provavano incantesimi, studiavano o semplicemente chiacchieravano. Il rumore di una sedia tirata all’indietro le diede fastidio e sbuffò leggermente. Fu spontaneo chiedersi se ad un certo punto qualche addetto all’interno della biblioteca l’avesse potuta cacciare. Stava occupando un posto ma effettivamente non stava studiando o prendendo in prestito un libro. Non era sicura di avere la forza di alzarsi.
Con la testa ancora giù allungò giusto una mano per prendere uno zuccotto dal sacchetto che ricordò essere poco davanti, sul tavolo.

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Urtò qualcosa. Alzò la testa di colpo quando percepì del liquido sulla sua mano. Scelta sbagliata. Il movimento improvviso misto alla luce solare che entrava dalle grandi vetrate, le provocò un leggero giramento prima di testa e poi di stomaco. Non avrebbe di certo vomitato perché, effettivamente, non le era rimasto assolutamente nulla da cacciar fuori. Aveva già dato tutto quella mattina. Stropicciati gli occhi allora, ebbe modo di vedere l’oggetto che aveva colpito: era un piccolo bicchiere, all’interno un liquido di colore chiaro. Fosse stata una persona sospettosa avrebbe pensato ad uno scherzo di qualche suo concasato. Nella sala comune grifondoro succedeva spesso che qualcuno lasciasse oggetti in giro per colpire i primini innocenti. Fu naturale per lei controllare con la coda dell’occhio che alla sua destra non ci fosse nessun conoscente e poi, riportando il suo sguardo sul bicchiere, lo notò: la ragazza seduta di fronte a lei aveva la borraccia aperta a cui corrispondeva il piccolo contenitore che aveva di fronte.
Trovarsi dinanzi ad un gesto così piccolo ma di tale dolcezza la lasciò interdetta. Aveva gli occhi puntati su quel bicchiere come fosse qualcosa di mistico. Non che non fosse abituata ai piccoli gesti ma poteva aspettarselo da un amico, da Katie, non da uno sconosciuto. Prese il bicchiere con entrambe le mani, era fresco al tatto. Lo portò alle labbra e ne assaggiò un goccio mentre i suoi occhi erano ora fissi sulla figura di fronte a lei: una ragazza. Una ragazza che non poteva essere più grande di lei, questo era certo. Mary non riuscì a guardarla in viso perché questa aveva la testa abbassata. Sembrava così presa dai suoi libri, le fu spontaneo chiedersi cosa stesse leggendo. Voleva ringraziarla ovviamente, ma si sentiva quasi in colpa ad interromperla. Con la mano destra spinse il suo sacchetto di zuccotti verso la donna e poi tornò a nascondersi dietro la piccola tazza. Gustò un’altra goccia di thè e poi rivolse nuovamente lo sguardo di fronte a sé: fu proprio in quel momento che gli occhi delle due si incrociarono. A quel punto, ringraziarla era d’obbligo. Abbassò cautamente il bicchiere, con la mano destra spostò una ciocca inesistente di capelli dietro l’orecchio.
Grazie.
Il suono uscì leggermente raschiato e dunque si schiarì la voce e lo ripeté con calma. Abbassò la testa e sorrise leggermente. Sentiva di dover dire qualcosa in più, di dover in qualche modo dare una spiegazione riguardo la sua precedente posizione.
È che ieri c’era questa festa-
Iniziò poco convinta, la mano sinistra si muoveva un po’ per aria come dotata di vita propria.
E quindi penso di aver bevuto un po’ troppo. E allora io-
Si interruppe di colpo. Ma perché diamine stava raccontando la sua vita ad una sconosciuta? Ma poi, perché le stava rompendo le palle? Insomma, la mora di fronte a lei aveva fatto un gesto carino ma innocente e lei ora stava disturbando la sua lettura.
Ahm, scusami.
Il suo sguardo nuovamente sulla ragazza. Percepiva il rossore dell’imbarazzo farsi spazio sul suo naso e si affrettò a buttare giù un altro po’ di thè per nasconderlo. Voleva abbracciare la ragazza solo per averle offerto una bevanda fredda, questo era certo.
Non volevo disturbarti. Grazie mille per il thè, davvero.
Concluse, nella sua voce vi era una tale delicatezza che si sorprese anche lei. Aveva apprezzato il gesto più di quanto fosse possibile esprimere a parole. Era stata una cosa così inaspettata che aveva ancora difficoltà a crederci.
Sentì di essere inadeguata all’ambiente. In una prima fase post-sbornia non aveva realizzato quanto fosse stupido andare in biblioteca per dormire. Appoggiò il bicchiere sul tavolo e buttò una mano all’interno dello zaino. Era convinta, sicurissima, di aver portato dietro almeno un libro in mezzo a tutti quei vestiti. Un ah trionfante uscì dalla sua bocca quando riuscì a scovare un piccolo volume. Percepì quasi il negroni ritornarle in bocca quando lesse il titolo. Shakespeare's Sonnets. Aveva acquistato quel tomo praticamente un paio di giorni dopo aver parlato con Jolene White al ballo e poi, pentita, lo aveva scaraventato in fondo allo zaino con la convinzione che proprio quello zaino, non le sarebbe più tornato utile. Guardò la copertina del libro immersa nei suoi pensieri che era proprio quello che non voleva fare. Pensare. Un sospiro stanco uscì dalle sue labbra e ripose nuovamente il libro nello zaino. A quel punto prese un altro sorso di thè e il suo sguardo automaticamente andò nuovamente sulla ragazza di prima. Li sentiva quasi gli ingranaggi in movimento nel suo cervello.
*Parlo o non parlo? Che faccio? Argh.*
Che leggi?
Cercò di mantenere un tono basso e soprattutto delicato. Non voleva far saltare la ragazza o farsi cacciare platealmente dalla biblioteca. Di brutte figure, quel mese, ne aveva già collezionate troppo.



 
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view post Posted on 3/8/2020, 21:36
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Pozioni era sempre stata una delle sue materie preferite insieme a Storia della Magia, ma se a quest’ultima Jane aveva dedicato la maggior parte del suo tempo, soprattutto extrascolastico – tutti quei libri da poter leggere ininterrottamente dalla mattina alla sera! – ora si ritrovava a rimpiangere di non aver studiato di più la prima.
L’arte delle pozioni era fondamentale per la professione di Medimago e se il suo colloquio avesse avuto un esito positivo avrebbe dovuto impegnarsi di più: l’idea di un futuro in cui avrebbe trascorso le ore fuori dal San Mungo in biblioteca a studiare non la spaventavano, anzi, il fatto che avesse ricominciato a studiare ancora prima di sapere se quel lavoro sarebbe stato suo o meno dimostrava che non vedeva l’ora di imparare cose nuove.

Inoltre, fin dai primi giorni ad Hogwarts aveva fatto della Biblioteca il suo rifugio personale, una sorta di fortezza in cui andare a nascondersi; tra i libri si sentiva a casa, protetta e soprattutto poteva lasciarsi alle spalle tutti i dispetti che il Fato si divertiva a farle. Gli alti scaffali pieni zeppi di libri l’avevano protetta dalla verità sulla sua famiglia, l’avevano consolata per le prime delusioni, l’avevano accolta come una vecchia amica quando era ritornata ad Hogwarts dopo la più lunga delle sue assenze; l’avevano vista crescere, avevano osservato l’undicenne spaventata e insicura diventare una ragazza pronta a lasciarsi le spalle il passato e ad affrontare la vita da adulta.
Luoghi del genere per lei erano come una calamita e la biblioteca di Londra era diventata la sua seconda casa da quando si era trasferita lì.

A testa china, totalmente assorta nella lettura dell’ennesima classificazione dei veleni – la prima volta che aveva letto quanti ne esistevano e soprattutto in quanti modi diversi potessero essere divisi aveva avuto la tentazione di lanciare il libro dalla finestra – non si accorse che la ragazza davanti a lei si era mossa, afferrando il bicchiere di the freddo che Jane aveva posato sul tavolo per lei.
La sua attenzione però venne catturata dal rumore del sacchetto con gli zuccotti che veniva mosso verso di lei: alzò lo sguardo e notò che la ragazza non era più con la testa appoggiata sul tavolo.
Ad uno sguardo più attento poté confermare la sua teoria sul fatto che avessero più o meno la stessa età, anzi molto probabilmente l’aveva già incrociata in precedenza nei corridoi di Hogwarts: era certa però che non fosse una Corvonero; negli ultimi anni Jane aveva ridotto al minimo le sue interazioni sociali, ma almeno di vista riusciva a riconoscere i suoi compagni di casata.

Ascoltò i suoi ringraziamenti e la osservò affascinata raccontare quasi come per giustificarsi la sua serata precedente, menzionando una festa: questo sicuramente spiegava il suo leggero pallore, lo sguardo stanco che si intravedeva dietro le lenti degli occhiali e il suo bisogno di dormire.
Il suo racconto però fu breve e si interruppe con delle scuse.
Jane le sorrise: non era per nulla infastidita, anzi, era felice che la ragazza avesse apprezzato la tazza di tè che le aveva offerto; poteva immaginare come si sentisse in quel momento, soprattutto dopo una serata passata a festeggiare, e sapeva quanto potesse essere d’aiuto anche una semplice tazza di tè fresco.

- Figurati, è solo una tazza di tè! Spero che almeno la festa sia stata degna di nota! -

Non voleva impicciarsi nei suoi affari privati e nemmeno scherzare su quello che si era rivelato una condizione di post-sbornia, ma spesso e volentieri Jane faticava a superare la sua timidezza con gli estranei e questo si rifletteva sui suoi tentennanti tentativi di fare conversazione.
Anche la ragazza davanti a lei sembrava essere un po’ in imbarazzo, come denotavano i suoi gesti e il suo sguardo: la osservò chinarsi a frugare nello zaino, estrarre un libro ma poco dopo rimetterlo via; non aveva avuto nemmeno il tempo di leggerne il titolo, e questo fu una fortuna, perché se Jane lo avesse conosciuto l’imbarazzo di parlare con un’estranea sarebbe stato sbalzato via dalla parlantina che si impossessava di lei ogni volta che si trattava di libri.

- Che leggi? -

Eppure, era proprio sui libri che la ragazza aveva spostato la conversazione: Jane abbassò lo sguardo sul tomo che stava leggendo fino a qualche istante prima.

- Io? Ah, niente di che... -

Prese il libro tra le mani e lo alzò in modo che fosse possibile leggerne il titolo, “Guida agli Antidoti”: era il libro di Pozioni che ad Hogwarts veniva usato per le lezioni del quarto anno ma la copia di Jane era rimasta a Manchester e in attesa di trasferirsi in una casa tutta sua aveva deciso di non invadere l’appartamento della cugina con tutti i suoi libri – anche perché a quel punto avrebbe dovuto scegliere se entrare lei o far entrare loro nella camera degli ospiti.
Avrebbe voluto chiederle quale fosse il libro che per un attimo aveva estratto dallo zaino, ma non sapeva se così facendo sarebbe apparsa troppo sfrontata: evidentemente se la ragazza lo aveva posato nuovamente dentro la sua borsa non aveva voglia di leggerlo e non era il caso di essere così indiscreti con una sconosciuta.

- Sto solo ripassando un po’ delle vecchie lezioni di Hogwarts, - fece una smorfia, come se si stesse gioco di sé stessa, - mi sembra ieri che facevo i compiti su questi argomenti e invece niente, non ricordo assolutamente nulla, sono peggio dei pesci rossi! -

Anche il tono di voce di Jane era basso e leggero, come quello della ragazza, perché anche se era permesso parlare a bassa voce in quella sala era certa che gli stessi maghi fastidiosi che poco prima avevano intimato il silenzio fossero in attesa del primo passo falso per lamentarsi ulteriormente.
Si guardò intorno, controllando che fossero tutti troppo concentrati e con il naso nei loro appunti per infastidirle ulteriormente: allungò poi la mano, sorridendo.

- Non mi sono presentata, scusami, sono Jane! -



Edited by Jane Read - 13/11/2020, 16:41
 
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view post Posted on 10/8/2020, 17:22
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Mary Grenger
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Il ronzio che percepiva alle orecchie era persistente. Ulteriori immagini della sera prima stavano tornando prepotentemente. Ricordava di essere stata troppo vicina alle casse e riteneva che il motivo della sua attuale confusione fosse quello, piuttosto che l’alcool. Ricordava di aver portato le mani in alto, come tutti; di aver provato a muoversi a ritmo e di aver fatto cadere il drink di qualcuno e, ovviamente, di essere di conseguenza scappata nel lato opposto della sala. Ricordava di aver sorriso praticamente per tutta la sera. Comprese presto che per tutta la durata della sua permanenza nella biblioteca i flashback sarebbe affiorati all’improvviso, arrogantemente a ricordarle in continuazione gli errori commessi. Forse ne aveva addirittura fatto più di uno. E per questo Jane si presentò a tratti come una salvezza, una via di fuga per non pensare ai problemi che avrebbe dovuto affrontare una volta rincasata.
*Jackson, dio santo.*

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Quando la ragazza le chiese se la festa era stata “degna di nota” Mary voleva sprofondare. Come la doveva raccontare effettivamente quella sera? Lasciò fuoriuscire dalla sua bocca un leggero mh e prese un altro sorso del tè offertole in precedenza e valutò. La cosa bella di avere a che fare con gli sconosciuti e che, in fin dei conti, non devi preoccuparti di ciò che puoi dire e ciò che non puoi dire. Sono persone che non ti conoscono, non sanno nulla di te. Questa era la cosa che stava invogliando la grifondoro a raccontare la serata precedente. Quello che la tratteneva era invece il non voler annoiare Jane. Che fare?
Beh, ti confesso che non ricordo moltissimo della festa.
Finì la frase con un piccolo sorriso poco convinto. Convenne che non poteva mentire perché innanzitutto, non ne era capace e poi farlo significava complicarsi inutilmente la vita. E onestamente, ne aveva piene le scatole.
Però ero con i miei amici, ci siamo divertiti.
Di quello ne era abbastanza sicura. Mary si era creata un gruppo al di fuori di Hogwarts molto forte e compatto. Matthew era quasi la sua versione maschile: entrambi amavano divertirsi, ridere, bere, scherzare, correre, essere liberi. All’interno del castello aveva avuto qualche difficoltà in più ma ancora non ne capiva il motivo. Approfittò di quegli attimi di silenzio per allungare la mano destra e prendere un altro zuccotto dal sacchetto. Cercò mentalmente di contare il numero di esercizi che avrebbe dovuto fare per rimediare ai grassi che stava accumulando in quel periodo. Da quando aveva iniziato a lavorare da Madama Piediburro si era data da fare con i dolci e aveva avuto problemi a gestire i nuovi orari.
Attirata nuovamente l’attenzione della ragazza di fronte a sé, guardò incuriosita il titolo del libro. Lo riconobbe come uno dei libri di pozione di una delle sue compagne di stanza più grandi, al quarto o quinto anno. Quindi Jane era una studentessa? Poteva esserlo, sì. Il fatto che Mary non la conosceva significava pressoché nulla. Invece la successiva frase della ragazza le fece cambiare repentinamente idea. E allora no, non studiava più ad Hogwarts. Sorrise alla piccola smorfia della ragazza e rise leggermente alla frase successiva – rischiando anche di affogarsi con il dolcetto, fortuna che buttò giù subito un po’ di tè – ma ora un’altra domanda sorgeva spontanea:
Perché?
Ecco, magari poteva essere più delicata. Certo, nel suo tono non c’era cattiveria o altro ma la sua voce uscì un po’ piatta. Ma era estate, la scuola era finita e dunque perché mai qualcuno doveva studiare? Sul suo viso probabilmente c’era un grande punto interrogativo. Mary realizzò subito, nel giro di qualche secondo, che la sua domanda poteva risultare maleducata.
Cavolo, scusami. Non pensavo che la mia voce uscisse così.
E di nuovo, la verità. E di nuovo, sorrise leggermente. Beh, almeno non era in una situazione costante di imbarazzo e sconforto (sì, stiamo parlando della terribile esperienza anche nota come ballo di fine anno).
Ah, ma forse hai un colloquio?
La sua voce uscì leggermente più forte rispetto a prima. L’idea di aver realizzato qualcosa la fece quasi esultare di gioia. L’aveva detto a sé stessa piuttosto che a Jane ma quest’ultima non avrebbe avuto problemi a sentirla. Pensò che fosse l’unica spiegazione plausibile. Certo, una persona ragionevole ne avrebbe trovate altre, ma non Mary. No, non lei.
Quando la mano della ragazza si allungò verso la grifondoro, quest’ultima voleva colpirsi in faccia con il libro del ragazzo al suo fianco. Aveva ricevuto una tazza di tè e non aveva neanche pensato di presentarsi. Maleducata. Abbassò con discrezione la mano destra sulla sua gamba strofinandola con forza per provare a togliere eventuali briciole di dolci. Poi, l’allungò in direzione di Jane e la strinse.
Figurati, neanche io l’ho fatto. Sono Mary, piacere mio.



 
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Jane Read - 18 anni - Strega Adulta
Mentre ascoltava le poche parole della ragazza seduta davanti a lei, un po’ riluttante a descrivere la serata precedente, Jane si chiese se la sua richiesta fosse stata troppo invadente: la sua domanda non era dettata dalla necessità morbosa di venire a conoscenza dei fatti della vita altrui, anzi, molto probabilmente al primo accenno di fastidio avrebbe provato a cambiare completamente argomento.

- Non ricordarsi niente di una festa può essere tanto positivo quanto negativo, ma se sai di esserti divertita poco importa, no? Al massimo se qualche ricordo sbagliato dovesse tornarti in mente puoi sempre berci sopra… -

Viste le poche parole della ragazza provò a scherzarci sopra, anche nel tentativo di sciogliere l’imbarazzo che in parte provava anche lei: a primo impatto la ex corvonero poteva sembrare molto timida, a volte dava quasi l’impressione che non le interessasse quello che avevano da dire le persone con cui parlava, quando in realtà il suo era solo timore di essere troppo invadente. Una volta conosciuto meglio chi si trovava di fronte però si trasformava, e diventava molto più espansiva.
Allungò la mano per prendere il bicchiere di carta che conteneva il caffè che aveva acquistato poco prima in un locale Babbano e ne bevve un sorso prima di parlare di nuovo.

- E poi se butta troppo male ci sono i Muffin Tornasobrio di Zonko per tornare come nuova! -

Le sorrise, nella speranza di ottenere la medesima reazione: non c’era studente ad Hogwarts che durante una delle innumerevoli gite ad Hogsmeade non fosse entrato da Zonko per comprare scherzi di ogni genere; oltre a questi però era possibile trovare cibi e oggetti molto utili, soprattutto per evitare punizioni o lezioni troppo noiose. Jane aveva scoperto l’esistenza di quei Muffin dopo una serata in Sala Comune trascorsa a festeggiare una vittoria della squadra di Quidditch: lei e la sua compagna di stanza il giorno dopo avevano l’esame di Incantesimi ed era solo grazie a quei dolcetti se ne erano uscite illese.

Osservò la reazione della ragazza davanti al libro che stava leggendo e non se ne stupì: in effetti i corsi ad Hogwarts erano finiti per quell’anno scolastico e gli studenti erano in vacanza, era dunque comprensibile che passare la giornata a leggere il libro di Pozioni apparisse strano o quantomeno atipico.
Per questo Jane si affrettò a tranquillizzarla.

- Ma no, non scusarti! Non hai fatto niente, davvero! -

Era la seconda volta che la ragazza si scusava con lei ed era un po’ dispiaciuta che si sentisse in dovere di farlo: alla fine non aveva fatto nulla di sbagliato e non voleva che si sentisse a disagio con lei, tanto più che Jane era davvero una delle ultime persone al mondo che avrebbe rimarcato eventuali momenti di imbarazzo.
Bevve un altro sorso di caffè e posò con delicatezza il bicchiere sul tavolo, senza distogliere lo sguardo dalla ragazza che aveva intuito in breve tempo il vero motivo della presenza di quei libri sul tavolo davanti a lei: annuì alla domanda.

- Proprio così! Sto aspettando notizie dal San Mungo… Magari sto solo perdendo tempo, ma ho pensato che fosse il caso di prendermi avanti con lo studio prima di avvelenare il primo paziente che mi capita sotto le mani! -

Cercò di non far trasparire l’agitazione che si impossessava di lei ogni volta che pronunciava le parole “San Mungo” e “colloquio”.
Forse stava ponendo troppe speranze in quel colloquio e si stava illudendo che una risposta positiva sarebbe giunta a breve, ma aveva scoperto che riprendere a studiare la aiutava a distrarsi dall’ansia e dal terrore del fallimento: soprattutto le evitava di ricordare che quella era l’unica carriera lavorativa in cui riusciva a vedersi e che probabilmente avrebbe dovuto iniziare a pensare a delle alternative; ormai era adulta, doveva iniziare a prendersi le sue responsabilità.
Scacciò quei pensieri fastidiosi, tornando a concentrare la sua attenzione sulla ragazza con cui stava parlando, ricambiando la stretta di mano.

Ci fu un breve attimo di silenzio in cui la ex corvonero si chiese come e se continuare la conversazione: scambiare due parole con Mary non le dispiaceva, non aveva nessuna fretta – e grande voglia – di tornare a studiare ma temeva che la ragazza invece fosse venuta in biblioteca con altri programmi, programmi con i quali forse stava interferendo. E soprattutto magari non le interessava conoscere i dettagli dei suoi progetti per il futuro: abbassò lo sguardo sul libro posato sul tavolo, e decise che per una volta poteva anche provare ad ignorare i paletti che la sua timidezza le metteva tra i piedi quando conosceva qualcuno.

Si girò per pescare dalla borsa il sacchetto di biscotti che aveva rubato dalla dispensa della cugina quella mattina, e la pose vicino a quello di Mary che conteneva gli zuccotti: le avvicinò anche la bottiglia che conteneva il the, invitandola con lo sguardo a prenderne altro se lo desiderava.

- Forse la domanda ti sembrerà strana e spero che non ti offenderai, ma non sei una Corvonero, vero? -

Forse la sua timidezza le imponeva dei blocchi per un motivo, tipo evitare le domande indiscrete che la curiosità le faceva porre senza farsi troppi problemi. Arrossì lievemente e si affrettò a spiegarsi meglio prima che Mary potesse reagire.

- Intendevo che non ti ho mai vista in Sala Comune, ma avendo da poco finito gli studi sono sicura che probabilmente ci siamo già incrociate da qualche parte ad Hogwarts, magari senza accorgercene! -

Aveva parlato in fretta, come una bambina che prova a giustificarsi davanti ad un danno involontario: si maledisse mentalmente, era incredibile come in pochi istanti fosse riuscita a trasformare una conversazione tranquilla e il tentativo nel far sentire meno a disagio Mary nell’esatto opposto.
Se la ragazza si fosse alzata per andarsene o le avesse lanciato addosso la tazza di the non avrebbe di certo potuto biasimarla.



Edited by Jane Read - 13/11/2020, 16:40
 
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Le voci all’interno della biblioteca si alzarono di intensità. Ognuno scambiava parole con il compagno vicino, creando un’atmosfera sempre più calda. Tuttavia, non risultava fastidiosa ed anzi, se Mary non si fosse intrattenuta con Jane avrebbe – con molta probabilità – dormito lì sulla sedia.
Le piaceva molto essere accompagnata nel sonno con un sottofondo, le piaceva addormentarsi nel dormitorio ascoltando distrattamente le voci delle sue compagne. Quella sarebbe stata la pecca più grande del vivere da sola.

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Nonostante la tempia non sembrava voler cessare di pulsare fastidiosamente, la presenza di Jane e il chiacchierare con lei non le risultava fastidioso. La voce della mora era gentile ed armoniosa e a tratti, nell’ascoltarla parlare, Mary temeva potesse cadere in un sonno ristoratore.
Sì, hai ragione. Rispose in riferimento a ciò che Jane le disse sui lati positivi e negativi del ricordare. Accompagnò il movimento della testa con un sorso di thè che, eventualmente, finì.
Sorrise al tentativo della donna di scherzare e trovò confortante il non essere giudicata per la sua età. Le capitava spesso non essere considerata abbastanza matura e la spaventava l’idea di non esserlo davvero.
Wow. Fu la sua prima reazione quando Jane le disse del colloquio al San Mungo. Ecco, per lei era quasi un tempio, era un luogo sacro. Da sempre aveva la passione di diventare medimago, di essere una guaritrice, di aiutare quante più persone possibili. Non era necessariamente buonismo – e Mary lo era, buona – ma anche l’idea di indagare le malattie, curarle, conoscerle la eccitava molto.
Devi essere estremamente preparata. So che è molto difficile anche solo avere l’opportunità di un colloquio!
Una nota di eccitamento fu impossibile da nascondere. Con il busto si spinse più avanti presa ora da un forte interesse per la figura a lei di fronte.
Sono sicura sia andata bene. Cercò di avere un tono sincero.
In realtà non poteva saperlo, non conoscendola davvero. Ma una parola di incoraggiamento non poteva mai far male. Seguì i movimenti della donna e fu deliziata dal ricevere il permesso di prendere altro thè. Che fosse Jane, che fosse proprio la bevanda, iniziava già a sentirsi meglio. Così facendo le sembrò ovvio che erano pronte ad intavolare una conversazione e a Mary proprio non dispiaceva. Abbandonata la timidezza, allungò la mano verso il thè e se ne versò mezzo bicchiere, non voleva sembrare ingorda. Si leccò le labbra prima ancora di riassaporare la bevanda e poi ne prese un sorso.
Nessuna offesa. Lasciò uscire una piccola risata. Ma… alzò l’indice della mano destra per aria ed abbassò il bicchiere poggiandolo sul tavolo. Avessi detto Serpeverde mi sarei profondamente offesa! Sottolineò con convinzione. Aggiunse un’altra piccola risata prima di fornire a Jane la risposta che cercava.
Sono Grifondoro. Non l’hai notato dal mio spirito indomabile? Le fece un mezzo occhiolino. Ovviamente si riferiva alla festa della sera prima ma ritenne che la battuta fosse uscita un po’ male.
Mh, ti piace il Quidditch? Ok sì, poteva risultare strana la domanda così buttata per aria. Mary si prese un secondo in più per riflettere ed aggiungere:
Cioè, io ci gioco. Magari ci siamo viste sul campo?


 
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Le parole d’incoraggiamento di Mary la sorpresero, e ne fu grata: anche se non si conoscevano aveva avuto l’accortezza di commentare in maniera positiva il fatto che Jane avesse avuto un colloquio al San Mungo e anche se la ex corvonero tendeva a sminuire i pochi successi accademici ottenuti nel corso degli anni al castello si sentì piacevolmente colpita dalle parole della ragazza seduta davanti a lei.

- Più che estremamente preparata, estremamente matta! - fece un’altra smorfia, pensando ad alcuni suoi voti, - Ma non sarò io ad ammettere di aver rovinato la reputazione perfetta degli studenti Corvonero e delle loro carriere immacolate. - le fece l’occhiolino, sorridendo.

Jane di certo non si poteva annoverare tra i migliori studenti della casata di Priscilla, ma le qualità dei Corvonero non si limitavano a voti perfetti e ore trascorse in biblioteca a studiare: c’erano anche la curiosità – quella curiosità tale da incastrarli in situazioni imbarazzanti e da togliere ogni freno inibitorio alle domande inopportune -, l’ambizione, la sete di conoscenza. In Sala Comune potevi iniziare a leggere un libro per svolgere un tema di Incantesimi e finire a trascorrere le ore successive cercando di capire perché un mago irlandese nel 1700 avesse deciso di inventare un incantesimo per far diventare fluorescenti i cavoli del vicino.

- Però spero davvero che sia andato bene, anche se ti confesso di essere un po’ preoccupata. - bevve un altro sorso di caffè, cercando di non pensare alla stretta d’ansia che avvertiva al petto ogni volta che si menzionava il colloquio di lavoro, - Più che ottenere un colloquio è difficile superarlo, il nuovo direttore è molto selettivo con i candidati. Ammetto che per ora non ha senso fasciarsi la testa, quando sarà ora saprò il risultato ed effettivamente potrò reagire di conseguenza. -
Smise di parlare, accorgendosi di aver monopolizzato la conversazione senza volerlo.
- Scusami, forse tutto questo non ti interessa e ti sto annoiando. Ultimamente quando inizio a parlare di San Mungo, colloqui e lavoro tendo a diventare logorroica! -

Posò il bicchiere accanto al libro di Pozioni, afferrando poi un biscotto dal sacchetto davanti a sé: non voleva tediare troppo a lungo la ragazza con discorsi sul suo futuro o sul colloquio di lavoro, a casa stava già sommergendo Isabel con le sue paure e i suoi dubbi, non era il caso di comportarsi così con una persona conosciuta da pochi minuti.

Per fortuna fu proprio Mary a cambiare argomento, sollevandola anche dall’imbarazzo di pochi istanti prima: Jane scoppiò a ridere alla reazione della ragazza quando menzionò la casata di Serpeverde, ottenendo una brutta occhiataccia dal suo vicino di posto, seguito da un colpo di tosse seccato.
Si coprì la bocca con una mano, cercando di soffocare il suono delle sue risate, arrossendo leggermente.
Forse la biblioteca non era il posto più adatto per chiacchierare e ridere, ma con il giusto tono di voce era permesso fare conversazione: se qualcuno avesse voluto concentrarsi meglio poteva sempre estrarre la bacchetta e castare un incantesimo intorno a sé per allontanare tutti i rumori circostanti; un aspetto della magia che aveva più volte salvato Jane nei periodi di studio matto dell’ultimo minuto prima dei suoi esami ad Hogwarts. Cresciuta in mezzo ai Babbani fino ai suoi undici anni, riusciva ancora a sorprendersi e meravigliarsi per gli innumerevoli utilizzi della magia.

Bevve l’ennesimo sorso di caffè per evitare di soffocarsi con il biscotto mangiato qualche secondo prima, poi rispose alla provocazione della ragazza.

- Se fossi stata una Serpeverde probabilmente avresti bloccato sul nascere il mio delirio sul San Mungo, ma come avrei potuto biasimarti? - le sorrise, ancora preoccupata per l’attimo logorroico di poco prima, - Ti chiedo scusa, non potevi essere altro che una Grifondoro, voi sì che sapete come festeggiare. -

Cercò di seguire il discorso di Mary e i suoi riferimenti alla serata precedente, assecondandola: sperava però di non aver osato troppo, il timore di aver infranto la barriera tra l’essere conoscenti e il conoscersi bene era sempre presente, nonostante anche negli istanti precedenti la Grifondoro le avesse fatto intendere di non badare troppo a certi limiti.
La fissò, intimorita dalla reazione che avrebbe scatenato quel commento forse troppo lanciato, ma la ragazza non sembrava averci dato troppo peso.

- Giochi a Quidditch, davvero? - lo sguardò di Jane si illuminò, - In che ruolo? Ho giocato per qualche anno anche io, ma stiamo parlando di secoli fa. Sono stata Cacciatrice durante i miei primi anni ad Hogwarts, però negli ultimi tempi ho dovuto lasciare la squadra. Ma sicuramente allora ti avrò visto giocare! E probabilmente, - abbassò la voce, come se le stesse confidando un oscuro segreto, - ti avrò anche visto esultare quell'unica volta che siete riusciti a sconfiggerci! -

Rise, piano: era palese che stesse scherzando.
Jane aveva un bellissimo ricordo degli anni passati a giocare per la squadra della sua casata e quando cause di forza maggiore l’avevano allontanata da quella opportunità non aveva smesso di seguire quello sport che aveva imparato ad amare, senza perdersi nemmeno una partita.

 
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È strano, comunque. Entri in biblioteca con l’intenzione di dimenticare tutto, in assoluto. Di dimenticare non solo la sera precedente – che di per sé inizia a provocarti un po’ di vergogna – ma tutto un periodo che definirlo no è un eufemismo. Ti ritrovi però alle prese con qualcuno che con la dolcezza e l’accortezza che forse solo un Corvonero può avere – e ti fa strano pensarlo perché a te i corvi non vanno proprio a genio – ti rende la permanenza migliore. Parti con l’idea di dormire e ti ritrovi a ridere di gusto per battute che in altri momenti non ti avrebbero neanche fatta sorridere.

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Mary aveva la mano davanti la bocca perché le era rimasto ancora un briciolo di amor proprio (poco ma buono), e masticava quanto più silenziosamente possibile il dolcetto che aveva recuperato dal sacchetto. Il processo per smaltire la sbornia era lento ma costante e ad ogni goccia di tè, ad ogni morso di cibo si sentiva subito meglio. La presenza di Jane poi, aiutava molto: aveva bisogno di una conversazione del genere. Una conversazione leggera, senza pretese, senza bisogno di pensare troppo ad ogni piccolo particolare. Ed era da tanto che non le capitava. Pensò subito di aver trovato in Jane quell’amica che, oltre a Kate, le mancava. «Ti giuro che non mi annoia quello che dici.» Il suo volto ora era serio e ci teneva a far capire alla ragazza che era genuinamente interessata. Ne aveva sbagliate molte in quella giornata ma poteva fare qualcosa di giusto. «Anzi, penso che parlarne possa aiutarti a rilassarti un po’.» Non pensò di essere arrivata al punto di confessare qualcosa di sé, ma di certo teneva molto a far stare bene l’altra. La connessione istantanea che aveva provato era forte e sentiva di doverla mantenere il più a lungo possibile. «Non dovresti arrenderti comunque. Cioè, anche se andasse male e sono sicuranonsaràcosì-» Aggiunse tutto di un fiato, poi si fermò per continuare. «-puoi sempre riprovare e riprovare e riprovare fin quando il direttore del San Mungo non ti assume per disperazione!» Finì alzando le sopracciglia e sorridendo. «Però sono felice di averti trovata…» Prese un altro zuccotto e diede un piccolissimo morso cosicché avesse ancora la possibilità di parlare senza affogarsi. «Semmai avessi bisogno di cure, so a chi chiedere.» Era un’uscita un po’ azzardata ma pensò che forse fossero già arrivate a quel punto del loro “rapporto”, per così dire. Poi, si sentiva molto a suo agio con Jane e quindi le veniva naturale rivolgersi a lei in modo così confidenziale. E fu felice di sapere che anche la mora ricambiava. «Ti chiedo scusa, non potevi essere altro che una Grifondoro, voi sì che sapete come festeggiare.» fermò la bocca e portò istintivamente la mano al petto fingendo indignazione. «Potrei offendermi ma in realtà hai assolutamente ragione. Siamo noi i ragazzi cool al castello.» Fece infine spalluccia e indirizzò ancora un sorriso alla donna di fronte a sé. Non poteva essere molto più grande di lei eppure aveva già ottenuto un colloquio al San Mungo. Era evidente che non si desse abbastanza credito nonostante le sue capacità.
L’argomento si spostò sul Quidditch il che, come sempre, rendeva felice Mary che di sport poteva parlare tutto il giorno, tutti i giorni, con tutti. Letteralmente con tutti, nel senso che una volta ne aveva parlato anche con un fantasma. Esperienza che difficilmente raccontava.
«Sono molto versatile, ho giocato in tutti i ruoli. Ora sono stabilmente battitore, mi piace colpire la gente, insomma.» Il ruolo del battitore era più complesso in realtà, ma in verità era che proprio quell’aspetto l’aveva attirata all’inizio. Colpire i bolidi aiutava sicuramente a gestire la rabbia, no? Fu entusiasta di sentire che anche l’altra avesse giocato a Quidditch. Provò a scavare nel cervello in cerca della figura della Corvonero ma a dirla tutta, oltre al tunz tunz della sera prima, nella sua testa c’era molto poco. «Ah-ah.» Finse una risata alla battuta dell’altra, che poi tanto una battuta non era dato che c’era un fondo di verità, ma sorvoliamo. «Siete solo fortunati, tutto qui.» Aggiunse in un secondo momento. Era ancora curiosa di sapere di più sul San Mungo ed era prossima a cimentarsi in una serie di domande quando, nell’abbassare la testa per recuperare un altro dolcetto, notò la cicatrice sul braccio sinistro di Jane. Ecco, Mary doveva ancora essere estremamente inibita dall’alcool perché non riuscì a fermare la sua voce quando disse: «Non sarà stato un mio bolide a farti quello al braccio, vero?»


 
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Parola dopo parola la chiacchierata con Mary si stava rivelando piacevole, e Jane fu felice di averla incontrata quella mattina: sentire un punto di vista diverso di fronte ai suoi timori e trovare qualcuno che la ascoltasse veramente, fornendole un supporto che di certo non si aspettava da una sconosciuta, era molto bello. Le sorrise, sperando di riuscire a dimostrare la gratitudine che provava in quel momento nei suoi confronti.

- Grazie, sei davvero gentile. - rise piano al suggerimento di ottenere il posto per sfinimento del direttore, - Ti dirò, il Direttore sembra davvero tosto, ma chissà, magari il tuo piano potrebbe funzionare! -

Probabilmente fare un sit-in davanti all’ufficio di Paul Dwight non era una grande idea e non era certa che sarebbe stato sufficiente a farle ottenere il posto, ma una cosa era certa: se il colloquio non fosse andato bene avrebbe dovuto trovare un’alternativa e fino a quel momento non aveva preso in considerazione quell’opzione. Forse stava peccando d’orgoglio, o forse era semplicemente sprovveduta e ingenua, ma non voleva pensarci fino all’attimo in cui avrebbe ottenuto una risposta negativa dal Medimago.
Bevve un altro sorso di caffè, cercando di allontanare le brutte sensazioni che salivano lungo la sua schiena ogni volta che l’idea del fallimento prendeva posto nella sua mente: non era né il luogo né il momento adatto per farsi prendere dal panico, soprattutto ora che aveva avuto l’occasione di conoscere una persona tanto carina e gentile come Mary.

- Però sono felice di averti trovata… Semmai avessi bisogno di cure, so a chi chiedere. -

Le parole della Grifondoro confermarono i suoi pensieri, e una leggera sfumatura rosea colorò le guance della ex Corvonero, sorpresa da tanta fiducia e gentilezza nei suoi confronti. Non si aspettava di incontrare qualcuno quella mattina in biblioteca, ma soprattutto di conoscere una persona che sentiva di poter definire una nuova amica.
- Ti ringrazio per la fiducia, davvero. Però mi raccomando, semmai dovessi avere bisogno, - indicò il libro di pozioni appoggiato sul tavolo, lo sguardo falsamente serio, - assicurati prima che io non abbia dato fuoco a questo libro per la disperazione! -

Era una sensazione piacevole parlare con la ragazza e un po’ le dispiacque di non aver incontrato Mary quando ancora frequentava Hogwarts: da quei pochi momenti di chiacchiere aveva avuto l’impressione che al castello avrebbero potuto divertirsi. Rispose alle sue affermazioni sulla casata dei Grifondoro, scherzando, - Sarete anche i più cool, ma di sicuro fate sempre in modo che gli altri lo capiscano! Per questo ogni tanto serviamo noi corvi a rimettervi a posto. - finse uno sguardo altezzoso, per poi scoppiare a ridere dopo pochi secondi.

Osservò affascinata Mary illuminarsi non appena iniziava a parlare di Quidditch: era palese dalle sue parole e dallo sguardo che fosse una giocatrice appassionata. Jane la ascoltò incuriosita, alzando lo sguardo al cielo udendo la risposta alla sua frecciatina, ma senza mutare l’espressione serena sul suo volto: se nel Mondo Magico i Grifondoro erano conosciuti come persone coraggiose e impavide, ad Hogwarts giravano voci anche su un altro aspetto del loro carattere. Erano estremamente orgogliosi e non c’era mai stata occasione più ghiotta delle partite di Quidditch per permettere ai Corvonero di ferire il loro orgoglio sconfiggendoli senza pietà. Lasciò cadere il discorso sulla rivalità delle due casate in ambito sportivo, non era certo sua intenzione rovinare l’atmosfera: anche se di carattere Jane non era una persona molto competitiva, il Quidditch ad Hogwarts era stato in grado di far crescere nel suo animo il senso di appartenenza ad un gruppo e si era riscoperta molto sensibile a certi commenti sulla sua casata, come ogni studente ad Hogwarts del resto.

- Beh, in effetti deve essere un bel modo di sfogarsi poter colpire le persone senza doversi giustificare. Forse ho sottovalutato le potenzialità del ruolo di Battitore fino ad oggi! - le fece l’occhiolino, sorridendo. Allungò la mano per prendere un altro biscotto dal sacchetto, quando le parole di Mary la immobilizzarono.

- Non sarà stato un mio bolide a farti quello al braccio, vero? -

Lo sguardo di Jane si abbassò velocemente nella direzione indicata dalla Grifondoro: la cicatrice sul suo braccio. Un brivido scese lungo la sua schiena mentre si sforzava di non far trasparire nulla dal volto. La cicatrice di cui non aveva avuto ricordo per anni, la stessa cicatrice di cui poche settimane prima aveva scoperto la vera origine. La cicatrice opera di Lucas.
- Oh, questa dici? - deglutì a fatica, spostando il braccio, lasciando che la luce del sole illuminasse meglio la ferita, - No no, niente Quidditch qui. Certo, picchiate duro con i Bolidi, ma per fortuna anche noi Cacciatori abbiamo i riflessi pronti… la maggior parte delle volte! -
Si costrinse a continuare il discorso, conscia che un cambio di argomento troppo veloce sarebbe apparso sospetto: non voleva mettere a disagio Mary, ma al tempo stesso non sapeva come spiegarle la situazione. Di sicuro non poteva risponderle con un “Ah sì, ecco, il mio ragazzo dell’epoca, Mangiamorte, mi ha rapito e poi mi ha cancellato la memoria e ho scoperto solo dopo tre anni e mezzo la verità!”, ma non poteva nemmeno fare a finta di nulla.

Optò per una via di mezzo, sperando di non spaventare Mary e di non sembrare pazza.
- Ho avuto un incontro poco piacevole con un lupo, da quanto riesco a ricordarmi. - fece spallucce, cercando di tenere a bada quella fastidiosa sensazione di oppressione al petto ogni volta che il nome di Lucas faceva capolino nella sua mente, - Ma tranquilla, non sono un Lupo Mannaro! Almeno, credo. - le sorrise, cercando di alleggerire l’aria prima che diventasse troppo pesante.

 
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view post Posted on 21/12/2020, 17:01
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«Ti dirò, il Direttore sembra davvero tosto, ma chissà, magari il tuo piano potrebbe funzionare!» Sorrise soddisfatta nel sentire la risposta della Corvonero. La verità è che sentiva davvero sarebbe andata bene. Lo percepì nel suo corpo e, nonostante non conoscesse davvero Jane, quella conoscenza non le diede fastidio. Con la sua abilità di vedere il futuro ci stava facendo i conti e seppur non fosse capace di fare predizioni, quella percezione le bastò. Avrebbe voluto dire all’altra di non preoccuparsi, dirle che in qualche modo lei lo aveva già Visto, ma non poteva. Non poteva esporsi così, non conosceva abbastanza Jane da poterle confessare una cosa così grande, importante e, in un certo senso, pericolosa. «Una tortura psicologica coi fiocchi!» Esclamò ridendo. Portò la mano alla bocca per coprire la sua solita risata fragorosa e nell’ascoltare l’altra parlare, ne approfittò per prendere un altro biscotto. Agli occhi altrui Mary e Jane dovevano risultare davvero fastidiose: due ragazze intente a chiacchierare e ridere mentre sorseggiavano tè e mangiavano biscotti. E non era neanche l’ora del tè, pazzesco davvero!
Il dolore alla testa, la confusione, la tristezza che all’inizio l’avevano spinta fin lì, svanirono a mano a mano che la conversazione con la mora procedeva. Si sentiva sempre più a suo agio nello spazio sicuro che si era venuto a creare tra loro. «Una corvonero che brucia un libro?» Sul suo viso si presentò una falsa indignazione: la bocca spalancata, le sopracciglia alzate, la mano teatralmente sul petto. «Forse al san Mungo devi andare come paziente!» La risata, ora più forte, attirò l’attenzione di un paio di persone più in là che, poverine davvero, provarono a concentrarsi. Mary, visibilmente in imbarazzo, allungò lo sguardo e le sue labbra si mossero per mimare un silenzioso “scusa” in direzione delle persone disturbate dal suo atteggiamento. Poi, il suo sguardo ritornò su Jane per vedere la reazione del suo stupido teatrino. Alla corvonero Mary si stava presentando quasi come una bambina, più che una donna.
La conversazione, comunque, procedeva spedita e la sua felicità aumentava ogni volta che Jane ricambiava rapidamente una risposta alla sua domanda e viceversa. E lei, dal canto suo, voleva sapere sempre di più e di più. E, alla fine, pensò di aver sorpassato il limite, una linea invisibile che ebbe l’impressione Jane avesse tracciato tra loro. Come sempre, si trattava più di una sensazione che della pura verità: lo sguardo di Jane non lasciò trasparire molto, ma pensò che ci fosse qualcosa di strano dietro la sua reazione riguardo la cicatrice. Lasciò correre, ovviamente. Anni di terapia le avevano insegnato che ognuno hai dei tempi diversi per parlare dei propri affari. Lei, ad esempio, era ormai un libro aperto: appena instaurava una conoscenza e tale conoscenza diventava un pochino più intima, tutto ciò che la riguardava era di dominio pubblico. Non rise alla battuta di Jane ma le dedicò un sorriso incoraggiante mentre portava le braccia al petto. «Siamo davvero pericolosi…» Affermò con delicatezza, percorrendo il tragitto già tracciato da Jane, in riferimento al Quidditch. Il suo sguardo saltellava dalla cicatrice al volto della corvonero, nel tentativo disperato di capire cosa fossero meglio guardare per non mettere in difficoltà l’altra. Un lupo. Si trattenne per evitare che la sua bocca si spalancasse in modo preoccupante. «Cavolo, io.» Io cosa? Cosa poteva dire? Non aveva mai visto davvero un lupo, solo le raffigurazioni sui libri di storia o di difesa. Non poteva immaginare come fosse affrontarne uno. «Mi dispiace tantissimo. Non posso immaginare.» Non poteva davvero, così come non poteva far altro che scusarsi, in un certo senso, per aver portato quel ricordo a galla. Il tentativo di Jane di rendere la conversazione leggera non passò inosservato: fortunatamente era capace di leggere bene le situazioni. Spostò lo sguardo su un punto impreciso alla sua sinistra. La biblioteca era un posto così in ordine, così preciso che quasi le dava fastidio. «Mi sono sempre chiesta…» La sua voce sembrò quasi distratta. Tornò sulla ragazza e continuò. «Com’è la sala comune dei corvonero. Voglio dire…» sul suo viso un sorriso malizioso fu impossibile da contenere. «Come facevi a dormire lì con la puzza della guferia proprio a due passi?» Doveva seguire le direttive della ragazza e cambiare discorso, molto semplicemente.



 
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- Una corvonero che brucia un libro? Forse al san Mungo devi andare come paziente! -

Jane si unì alla risata della ragazza, ricevendo parte delle occhiatacce da parte della coppia poco distante da loro: come Mary poco prima, si scusò mimando le parole, per poi tornare a ridere nascondendo la bocca con la mano. Non poteva dire che Mary avesse tutti i torti a pensare che un Corvonero reo di aver bruciato un libro fosse da internare al San Mungo, ma per quanto l’amore per la lettura e i libri fosse intrecciato alla sua anima spesso e volentieri nel corso degli anni ad Hogwarts si era ritrovata a provare quasi un’allergia nei confronti dei tomi scolastici. La fama di persone studiose precedeva i figli di Rowena prima di tutte le altre qualità che potevano dimostrare, ma non sempre le storie che si raccontavano in giro erano vere. Lei prima di tutti ne era una chiara dimostrazione: passione per lo studio ma risultati non proprio brillantissimi.

- Vostro onore, sono colpevole! - alzò la mano sinistra, portandosi la destra a livello del cuore, - Mi interni ad Azkaban seduta stante solo per aver pensato anche per un attimo di bruciare un libro di tale importanza! -

Cercò di rimanere seria, ma resistette pochi attimi e dovette nuovamente portare una mano a coprire la bocca per attutire il suono della sua risata: ormai il muro che era solita costruire tra lei e gli sconosciuti era definitivamente crollato e il fatto che Jane si sentisse così a suo agio in compagnia della Grifondoro stava facendo scomparire la timidezza che di solito bloccava il suo comportarsi come una scema la sua spontaneità; parola dopo parola, sentiva che tra di loro si stava creando un legame.

Fu anche per questo che la reazione della ragazza davanti alla sua spiegazione sulla cicatrice le fece provare un dolore quasi fisico, facendola sentire un verme per non essere riuscita ad inventarsi una storia per spiegare quella linea frastagliata che le decorava l’avambraccio: avrebbe potuto raccontare di essere caduta, o rievocare nei ricordi della ragazza l’attacco che Hogwarts aveva subito durante uno dei primissimi anni in cui Jane era al castello e in cui l’evacuazione degli studenti non era andata a buon fine.
Avrebbe potuto dire qualsiasi altra cosa, eppure non era riuscita a fare altro che non fosse pronunciare una mezza verità: come se non bastasse, era palese dallo sguardo di Mary che Jane non fosse nemmeno riuscita a nascondere parte della tensione che aveva avvertito stringerle il petto non appena la Grifondoro aveva menzionato la cicatrice e riportato a galla nella sua mente le recenti scoperte sul piccolo buco nero che faceva parte del suo passato.

- Ma no, non devi dispiacerti, - cercò di salvare l’insalvabile, consapevole del fatto che Mary non poteva prevedere la sua reazione a quella domanda e soprattutto che non aveva motivo di sentirsi così, - io stessa me lo ricordo a malapena! Ormai fa parte del passato. - Ed è lì che deve restare. Si ritrovò a concludere il discorso nella sua mente, conscia di star mentendo a se stessa.

Abbassò lo sguardo: avrebbe voluto fare qualcosa per cambiare discorso, trovare un modo per distendere l’aria che in quel momento si era improvvisamente fatta tesa, ma il disagio che provava nell’aver creato quella situazione le impediva di pensare in maniera lucida. Il fatto che fosse stata proprio Mary ad aver trovato un altro argomento, cercando di riportare tra di loro il clima allegro di qualche istante prima, le fece essere ancora più grata per averla conosciuta quel giorno: era davvero una bella persona.

Sorrise alla frecciatina palesemente rivolta ai Corvonero, e alzò lo sguardo pronta a rispondere.

- Il fatto che tu mi faccia questa domanda è la dimostrazione che voi Grifi a volte non capite proprio nulla, - il volto della ragazza si era illuminato, felice di poter continuare a scherzare, - ovviamente ci sono degli incantesimi appositi per evitare certi inconvenienti. Cosa che di certo voi non potete fare con il Preside.. -
Attese qualche attimo, prima di chiedere conferma di una voce – palesemente falsa - che girava nel castello, - E’ vero che ogni tanto sbaglia torre e ve lo ritrovate in Sala Comune in vestaglia, intento a sorseggiare il the? Forse è per questo che i vostri voti in Storia della Magia sono così incredibilmente alti! -


Pev ovviamente scherzo :flower:
 
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11 replies since 21/7/2020, 17:31   343 views
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