Narcissa Elodie Miller
Serpeverde | Studentessa, I anno | 11 anni | Outfit | ♪
Dacché era arrivata a Hogwarts, Narcissa non aveva fatto altro che girare per il castello come una trottola. Nonostante fosse cresciuta in un contesto magico, quel castello era troppo anche per una come lei: le scale mobili, le armature dispettose e le candele fluttuanti della Sala Grande erano tra le cose che maggiormente apprezzava. Ma ciò che non riusciva a smettere di entusiasmarla era soprattutto il soffitto: quel soffitto era qualcosa di mozzafiato. Ogni qualvolta si ritrovava a varcare il portone che l'avrebbe condotta in Sala Grande, Narcissa non poteva fare a meno di elevare gli occhi al cielo e godersi quel panorama. Era come fare un picnic, ma comodamente seduti al tavolo e con cibo sempre pronto e caldo nel piatto. Per di più, a differenza di un vero picnic, c'era il lato positivo: quando pioveva non bisognava correre al riparo, perché la pioggia magica non bagnava. E questo non poteva che essere un aspetto vantaggioso, soprattutto considerando quanto la piccola Serpeverde fosse vanitosa e attenta alla cura dei suoi lunghi capelli biondi.
Capitava di rado che Narcissa prendesse posto accanto ai suoi compagni di casa: nonostante la sua incredibile sfacciataggine, non era riuscita ancora a trovare il modo di stringere amicizia con nessuno. Non che non ne fosse in grado, intendiamoci, ma per il momento stava bene anche da sola. Narcissa era una ragazzina molto selettiva e per lei non era semplice inquadrare le persone fidate da tenere al proprio fianco: aveva avuto qualche amichetta, soprattutto quando da bambina andava a trascorrere le estati a Londra a casa dei nonni paterni, ma nessuna di loro si era mai rivelata all'altezza delle sue aspettative; anzi, un paio di loro, che avevano finto di essere sue amiche, l'avevano brutalmente pugnalata alle spalle andando in giro a raccontare falsità sul suo conto dopo che, per colpa della magia incontrollata, erano successi strani fatti in sua presenza. Quegli episodi avevano risvegliato in lei un rancore assopito che da allora non si era mai spento, anzi era cresciuto insieme ai centimetri d'altezza tipici della sua età.
Con passo lento, la piccola Narcissa procedette verso il tavolo di Serpeverde. Poche persone giravano per il castello: era una calda mattinata soleggiata e per lo più gli studenti preferivano trascorrerla all'aria aperta e non al chiuso. Si accomodò sulla panca di legno e appoggiò ambedue i gomiti sul tavolo, prendendosi le guance tra le mani. Gli occhi levati al cielo, il sole iniziava ad albeggiare tingendo di un rosso carminio e di arancione tutto ciò che andava abbracciando. Una ciocca ribelle di biondi capelli le cadde inaspettatamente sul viso, coprendole l'occhio destro. Senza pensarci due volte, la piccola Narcissa iniziò a soffiare in maniera tale da spostarla senza dover ricorrere all'uso delle mani. Dopo svariati tentativi non andati a buon fine, però, la ragazzina perse la pazienza e dovette arrendersi, portandoseli manualmente dietro l'orecchio sinistro.
*Dove saranno tutti? Ok che è ancora presto e che prima delle dieci non inizieranno le lezioni, ma non vorranno farmi credere che dormano ancora tutti!*
Lo sguardo cadde sul tavolo dove i professori erano soliti sedersi. Li ricordava lì, pomposamente seduti il giorno in cui era stata smistata nella nobile casa di Salazar Serpeverde. D'improvviso le venne in mente sua madre, come tutte le volte che provava nostalgia: sua madre, ex studentessa di Serpeverde, s'era detta fiera per la scelta del Cappello Parlante; suo padre, invece, non s'era espresso esplicitamente e Narcissa ne aveva dedotto che c'era rimasto male e che avrebbe preferito fosse smistata in Tassorosso, com'era stato con lui.
La piccola Narcissa sospirò nuovamente. Lo stomaco prese a gorgogliare rumorosamente.
*Beh, in qualsiasi caso, diamoci dentro*
Buttò indietro le braccia stiracchiandosi tediosamente: era annoiata, non sapeva cosa fare. Afferrò una fetta di pane tostato dal vassoio davanti a lei e la ricoprì abbondantemente di burro. Dopodiché riempì il piatto di uova fritte, bacon e fagioli. Forse, davanti a tutto quel ben di Dio, il suo stomaco avrebbe smesso per un po’ di far sentire la sua presenza…
Mentre masticava lentamente il suo pasto, Narcissa si guardò attorno. C’erano pochi studenti e anche quei pochi presenti al tavolo di Serpeverde sembravano per lo più assonnati; i pochi invece che avevano deciso di scacciare Morfeo fino a sera avevano gli occhi incollati sui libri. Sembrava che quella mattina ogni forma di socialità fosse improvvisamente stata rimpiazzata dalla voglia di studiare o di poltrire.
Narcissa sboffò. Aveva voglia di scambiare quattro chiacchiere con qualcuno, ma non aveva idea di come avvicinare qualcuno, vista la sua proverbiale diffidenza. In altre parole, era in preda a una lotta interiore fra l'abbassarsi ad avvicinare qualche studente smarrito come lei o se proseguire per la sua strada.
*Beh, e quindi che faccio?!*
Era indispettita, come ogni qualvolta non fosse in grado di arrivare a fornirsi una risposta univoca. Detestava quando s'imponeva di mettersi davanti a una scelta compiuta, ma in quel momento non poteva fare altrimenti.
Dopo un lungo rimuginare, optò per la via più semplice: continuare a mangiare nell’attesa che qualche Serpeverde avesse levato gli occhi da quei maledetti libri. Che poi, cos’avevano tutti da studiare e ripassare così freneticamente? Esami nell’aria non parevano essercene, o per lo meno Narcissa non ne era al corrente. Con un sopracciglio inarcato, si versò del succo d’arancia nel bicchiere e ne bevve una lunga sorsata.
PS: 100 | PC: 50 | PM: 50| PE: 1
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