First day of many

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view post Posted on 30/7/2020, 18:43
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Studente - III anno - 14 anni - Serpeverde
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La sua mente abituata ad avere un sonno senza sogni aveva deciso, quella notte, di interrompere una lunghissima tradizione di tranquillità per invaderla di immagini… Vi si concentrò più del dovuto, perché sembrava così reale e vivido che poteva sentire l’odore dell’erba appena tagliata nel prato circostante il castello di Hogwarts e i capelli di Christelle solleticargli il viso. Aveva subito razionalizzato quella visione e capito che non poteva essere altro che un maledetto sogno, perché non si era mai trovato disteso sull’erba con una felicissima Christelle, seduta a cavalcioni su di lui. Ma era piacevole, più di quanto avrebbe mai ammesso.
Quando sorrideva le si formavano delle fossette sulle guance; un po’ come le sue, ma quelle di Christelle erano più carine. Aveva avuto modo di notarle spesso, negli ultimi – quasi – tre anni di conoscenza con lei, ma nel corso del tempo gliele aveva notate sempre meno di frequente quando stavano insieme ed era solo ed esclusivamente colpa del suo essere diventato di anno in anno più cinico e distaccato. Nel sogno, però, sorrideva anche lui. Era strano sentirsi così bene, non era una sensazione a cui era abituato… tutt’altro. Ma la parte meno razionale di sé aveva già deciso di accogliere quel sogno e assecondarlo nel momento in cui le posò una mano sulla guancia e i loro visi si fecero più vicini… sempre più vicini… fino a sfiorarsi le labbra… e a fermare quell’ascesa in Paradiso con una gettata d’acqua in faccia.
Aprì gli occhi di netto e si mise a sedere sul letto con uno scatto agitato. Aveva davvero il viso bagnato. La sua mente improvvisamente sveglia e reattiva captò le risatine nervose dei suoi compagni di dormitorio; alzando lo sguardo su di loro, li vide impegnati ad armeggiare con un qualche aggeggio preso da Tiri Vispi Weasley che gettava ondate d’acqua in maniera incontrollata.


Sul serio?! furono le prime e uniche parole che rivolse loro, mentre l’espressione sul viso si irrigidì inevitabilmente. Ecco che cominciava male da subito un’altra lunga giornata.
Incurante di qualsiasi che fossero state le loro risposte, si alzò dal letto e si chinò sul baule per prendere i vestiti; la scelta, ovviamente, ricadde sul suo paio di jeans neri preferiti, quelli strappati sulle ginocchia, e una semplice t-shirt nera. Afferrò anche la biancheria e le scarpe, deciso a vestirsi direttamente nei bagni per non rientrare ad avere a che fare con i suoi “amici” e si avviò verso la porta.


Oh, ma che hai sognato, bello?pur non recependo il senso delle parole di Philo, si voltò verso di lui per lanciargli un’occhiataccia per il solo fatto di avergliela rivolta la parola, ma seguendo il suo sguardo notò che la sua attenzione e quella degli altri coinquilini era rivolta su un punto preciso del suo corpo che era molto più in basso del viso. Accentuò la smorfia sul viso adirato e spostò d’istinto il braccio con cui teneva i vestiti nel tentativo di coprirsi alla bell’e meglio… Tra il sogno e le sue conseguenze, senza contare il risveglio traumatico, il suo umore andava peggiorandosi di secondo in secondo.
Niente male come esordio per il primo giorno di lavoro.
Aveva solo mezz’ora di tempo prima che la passaporta per Magie Sinister partisse… Col senno di poi – ed escludendo tutto il contorno – si sentì quasi riconoscente nei confronti dei suoi coinquilini per averlo destato. Almeno così non rischiava di fare tardi.
Sistemato di tutto punto, raggiunse l’ingresso di Hogwarts e la passaporta a lui assegnata. Preferiva di gran lunga affrontare viaggi in volo, soprattutto perché viaggiare con le passaporte quando si era a stomaco vuoto era devastante, ma quelle erano le regole e non se ne sarebbe mai lamentato.
Si ritrovò in pochi istanti dentro il negozio di Magie Sinister e il cambio di luce lo portò a strizzare un po’ gli occhi. La cupa atmosfera e le ombre che gli flashavano sotto le palpebre gli resero difficile capire se ci fosse qualcuno davanti a lui, quindi, rimase ben piantato dov’era… Non aveva la minima intenzione di andare addosso a qualche mago oscuro il suo primo giorno di lavoro.


Buongiorno…?azzardò, strizzando le palpebre chiuse nel vano tentativo di far smettere a quelle ombre sotto le palpebre di oscurargli la vista.

Sono Draven… Shaw. Il nuovo garzone.disse rivolto al nulla, ad alta voce per farsi sentire chiaramente, mentre riaprì piano e con cautela le palpebre per abituarsi alla luce del negozio.

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Keyser Söze.
 
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MAGIE SINISTER • NOCTURN ALLEY
Mettersi dei calzini non era mai apparsa un'operazione più difficile. Le mani tremanti non aiutavano, tanto meno l'agitazione di cui si era rivestita la Bell non appena aveva sentito l'orologio a cucù nell'atrio del negozio gracchiare il suo ritardo.
Le scarpe volarono dal punto in cui erano state lasciate a loro stesse assieme alla dignità fino alla parete opposta come siluri, solleticando di striscio una tempia del Tassino e rimbalzando verso il suolo con una serie di tonfi sordi.
«Se lo scopre sono licenziata.»
Il volo successivo fu di un paio di jeans, che si intrecciarono artisticamente attorno a una lampada a piantana fulminata. Poi venne la volta di una giacca e di una maglietta appallottolata che bersagliò la pancia di un Camillo stizzito. «Nah» rispose lui.
«No?»
Per un attimo l'altra fu indecisa se lanciargli o no anche la cintura a mo' di boleadoras, ma l'istinto omicida venne bloccato sul nascere dal bacio che lui le diede sulla fronte.
«No. Lo pago.»
Il mugugno di risposta non lasciava intendere se l'ironia del ragazzo fosse considerata inappropriata o talmente calzante da suscitar disgusto. D'altronde entrambi conoscevano il taccagno Sinister, in grado di ammanicarsi a qualsiasi sciagurato per qualche zellino in più. «E comunque l'unica cosa che potrebbe farglielo capire è il Gratta e Netta in un solo punto della stanza.»
Questa volta fu Casey a far schioccare le labbra sulla fronte di Camillo. «Giusto! Ci vuole un po' di polvere.»
***

La trovata di utilizzare Magie Sinister per i loro assurdi esperimenti di Pozionistica era stata fenomenale, ed ovviamente era sua. Camillo era venuto da lei con un'idea e lei aveva sfoderato il suo estro e la sua maniacalità per rendere quella pazzia degna di essere chiamata tale. Non ci è dato sapere cosa quei due imbranati facessero bollire nel loro calderone, ma c'era una certezza: non potevano farlo a scuola, altrimenti correvano il rischio di farsi spezzare la bacchetta.
In fin dei conti non si trattava di chissà che, ma la natura di certi ingredienti era tutt'altro che accettabile in contesto scolastico. Non ci è dato sapere nemmeno come Casey fosse entrata in possesso dello sterco di caimano del Nilo, né della bile di porcospino, ma non si può nascondere che il loro utilizzo era stato un tale insuccesso da indurli a ricominciare da capo riprovandoci più e più volte e andando alla ricerca di ingredienti sempre più eccentrici. Ad ogni modo ciò che producevano inglobava ogni cosa nel raggio di tre metri in un tanfo vomitevole, tanto che la prima volta che tornarono in dormitorio dopo aver fatto il misfatto i loro concasati avevano asserito che dovevano essersi tuffati in una piscina di puzzalinfa. Ragion per cui, oltre al tremendo spreco di risorse, quella pozione li lasciava ogni volta letteralmente in mutande per non dover bruciare tutti i vestiti del loro baule. E anche con tanta frustrazione addosso.
«Ci rivediamo qui domani, mezz'ora prima dell'apertura, per fare una nuova ricetta» disse Casey. Porse all'altro una sacca nera il cui contenuto tintinnò sonoramente. Nel mentre la porta della bottega si aprì cigolando come al solito, rivelando l'arrivo di un nuovo cliente. «Arrivo!» urlò lei per farsi sentire. Poi continuò rivolgendosi a Millo mentre raggiungevano trafelati la bottega. «Mi raccomando, non dimenticarti gli arnesi, altrimenti sarà impossibile farlo per bene
Un occhiolino, e il nuovo cliente avrebbe incrociato il Camillo entrando, mentre questo si risistemava il colletto stropicciato. Casey oltrepassò il bancone incrostato di polvere su cui erano pronti i soliti teschi da lucidare, e cercò di catturare il volto dell'arrivato con un sorriso di benvenuto.
«Benv-... Oh, ciao.»
Il sorriso di certo non si spense, ma non si poteva dire che Casey si aspettasse l'arrivo del nuovo garzone proprio quel giorno. «Bevenuto. Ecco... Sinister è fuori città, pensavo che...» *ci pensasse lui a te* «Ma non preoccuparti. Ce la faremo benissimo da soli.» *da sola, come sempre.*
Si rese conto, dopo qualche secondo di silenzio, di non aver dato uno dei migliori benvenuti di sempre, e soprattutto di non aver fatto un'ottima presentazione di se stessa. Se avesse saputo che quello era il giorno della nuova recluta del gibboso non avrebbe passato tutta l'ora della chiusura a fare esperimenti nauseanti con Camillo. Inoltre si erano pure scordati di aspirare via il cattivo odore dal retro... ma c'era sempre la rosea speranza che il suo futuro collega credesse di averla colta con le dita nella marmellata mentre faceva una semplice furberia da sedicenne in preda agli ormoni, non che producesse pozioni losche per i propri affari sul posto di lavoro. Sguainò dal taschino dei jeans sigarette e accendino e gli mise davanti il pacchetto, con l'aria di chi ha la seria intenzione di comprargli il silenzio. Sinister doveva averle insegnato molto.
«Io sono Casey Bell. Molto piacere di conoscerti, Draven. Vai ad Hogwarts, immagino. Sigaretta?»


Edited by Keyser Söze. - 1/8/2020, 21:58
 
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Nel momento in cui si era presentata la possibilità di fare domanda al Ministero per un posto di lavoro part-time che non influisse negativamente sul rendimento scolastico, l’aveva fatta. Aveva bisogno di soldi, ma ancor di più di averli senza dover comunicare con sua madre o sua nonna, perché non sopportava l’idea di dipendere ancora da loro. Si erano liberati un sacco di posti prima dell’estate, ma nessuno di quelli che piacevano a lui; se avesse potuto, la sua scelta sarebbe ricaduta su un qualche negozio di libri o di articoli sportivi, ma in nessuno di quei negozi, tra Diagon Alley e Hogsmeade, stavano cercando personale. Dovendo, quindi, scegliere per pura necessità, aveva pensato che optare per Magie Sinister fosse la scelta meno peggiore… Innanzitutto, perché aveva letto di quel negozio ed era più vecchio del Preside Peverell, quindi avrebbe potuto imparare tantissimo lì semplicemente ascoltando le richieste dei clienti; ma poi, era uno dei negozi più forniti di articoli magici rari di tutta la Gran Bretagna… che fossero per lo più oscuri, poco gli interessava. Era un’immensa fonte di apprendimento e ciò faceva di quel luogo il Paradiso, agli occhi di Draven.
Se non fosse stato per la notte appena passata e il risveglio più umiliante nella storia dei risvegli umilianti, probabilmente avrebbe mostrato più entusiasmo per il primo giorno di lavoro lì, ma era nervoso e - a dirla tutta – stanco, perché si era abituato a quasi dieci anni di sonno senza il benché minimo ricordo dei sogni fatti durante la notte. In qualche modo, in maniera difensiva, la sua mente aveva imparato ad escluderlo dalla realtà durante il sonno… ma aveva deciso, per la prima volta da che ne aveva memoria, di fargli sognare una relazione irreale con Christelle. Così, di punto in bianco.
Aveva tutte le ragioni per avere la luna storta.
Il viaggio con la passaporta a stomaco vuoto, poi, aveva peggiorato la situazione… Se solo si fosse svegliato in tempo, avrebbe almeno potuto bere un caffè.
Proprio quando cominciava a pensare che il suo umore non sarebbe potuto migliorare per nulla al mondo, ecco che dal retro bottega vide uscire un ragazzo – forse poco più grande di lui – avvicinarsi con passo concitato verso l’uscita. Per lui che aveva il maledetto vizio di fissare le persone, fu inevitabile seguire il ragazzo con lo sguardo finché non fu scomparso oltre la porta d’ingresso del negozio. Forse avrebbe dovuto salutarlo, almeno per educazione, ma era stato colto di sorpresa… Non aveva l’aria di essere un cliente abituale di quel posto, ma forse si era fatto trascinare dai pregiudizi, e gli venne istintivamente da chiedersi che cosa mai potesse esserci sul retrobottega da farlo scappare così velocemente.
Una voce alle sue spalle – si era voltato verso la porta d’ingresso senza nemmeno rendersene conto – lo destò dai propri pensieri e a quel punto la risposta alle sue curiosità fu chiara e palese davanti ai propri occhi: nel retrobottega non c’era niente d’interessante per quel ragazzo, ma c’era qualcuno. Una ragazza più grande di lui, ma di almeno dieci centimetri più bassa. Portava i capelli corti quasi quanto i suoi, ma con un ciuffo biondo un po’ ribelle che le incorniciava il viso. Era bella e aveva una bella voce, sicura di sé, il suo modo di parlare non gli diede fastidio, il che era assolutamente positivo…
Rimase completamente impassibile, senza tralasciare nessuno dei propri pensieri attraverso l’espressione del viso, perché nel momento in cui lo avesse fatto era sicuro che sarebbe scoppiato a ridere… e non lo riguardava se quei due avevano fatto cose nel retrobottega. Soprattutto perché, in assenza del signor Sinister – così come le disse la ragazza – avrebbe dovuto lavorare a contatto solo con lei e non aveva intenzione di rendere imbarazzante la situazione.


Se è un problema, posso avvisare la scuola e cominciare un altro giorno.le annuì e le rispose, abbassando per un istante lo sguardo sulla sigaretta, tentato dalla sua offerta.
Aveva iniziato a fumare due estati prima e quando si era accorto della difficoltà nel reperire le sigarette stando a Hogwarts si era dovuto imporre di smettere. Non voleva rischiare di ricominciare da capo.


No, grazie... - aggiunse poi. Ora che si era abituato alla luce soffusa del negozio – e per distrarsi dal tentativo di corruzione di Casey, così disse di chiamarsi il suo ‘superiore’ – deviò lo sguardo su uno dei tanti scaffali del negozio, notando che come tutti gli altri era zeppo di roba che non avrebbe saputo identificare nemmeno con un inventario sotto mano.

Tutto ciò che è esposto è in vendita?chiese poi, senza riuscire a trattenere la propria curiosità.
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MAGIE SINISTER • NOCTURN ALLEY
Il ragazzino, Draven, si era piantato di fronte a lei ostentando un'espressione impassibile nonostante tono e parole mostrassero un certo imbarazzo. *Missione compiuta* pensò Casey, che finalmente si rilassò per aver sventato il rischio di far scoprire le proprie malefatte. Ad ogni modo non si compiacque particolarmente della tecnica di accoglienza che gli aveva destinato. Draven, forse proprio per la situazione strana in cui era appena fiondato, si era limitato a mostrarsi disponibile nel tornare un'altra volta scansando le sue domande. Ciò che egli non sapeva però, oltre ai reali impegni della Bell nel retrobottega, era che con un'altissima probabilità Sinister aveva organizzato l'incontro quel dì apposta.
«Non hai nulla da temere. Sinister è un uomo che spende parole solo per gli affari. Avrebbe comunque delegato a me il compito di farti da cicerone nel giro della baracca.»
Schietta e rude. Così lei appariva e così lei si sarebbe definita. Inadeguatamente alla politica del negozio di articoli oscuri, non aveva nulla da nascondere e da ammortizzare con panegirici di sorta ed eufemismi. Il capo era quello che era, e nemmeno a lui importava dell'opinione che i suoi garzoni potevano avere nei suoi confronti.
Rifiutata l'offerta della sigaretta, Casey se ne mise una fra le labbra, se l'accese e posò il pacchetto. Il fumo avrebbe coperto almeno un po' l'odore nauseante della bile di porcospino fritta che piano piano cominciava a risalire dalle scalette del retro. «Comunque credo di averti visto in giro ad Hogwarts» disse, punzecchiando lì dov'era mancata la risposta. «Sala Grande, corridoi, biblioteca, molto probabilmente... o abbiamo fatto dei corsi insieme?»
I suoi tentativi di affrancare Draven dall'imbarazzo non erano di certo dei migliori, e se da una parte se ne dispiaceva, dall'altra non poteva farne a meno. Mettere da parte la gentilezza era sicuramente fuori discussione, ma se lui avesse deciso di prendersi quel lavoro avrebbero dovuto lavorare a stretto contatto, nonostante i turni divisi. O a lui andava bene com'era fatta o se lo faceva piacere. Oppure si appendeva.
Nonostante l'evasività con cui il giovane si era approcciato alle domande fu impossibile permettergli di buttarsi autonomamente fuori da Magie Sinister. Da come Casey notò, una certa curiosità lo animava, la stessa che aveva fatto sopravvivere lei fra quelle strette e impolverate quattro mura per ben due anni. Gli articoli del negozio risultavano sempre molto procaci per le menti assetate di conoscenza, in particolare di quella tipologia che spinge gli uomini a smontare e rimontare cose e concetti per capirne il funzionamento. «Sì, qui è tutto in vendita» rispose con un che di malizia nei modi. Aggiunse poco dopo con un sussurro ammiccante: «Anche perché il capo, se qualcuno glielo chiedesse, si venderebbe anche la polvere.»

«Ma lasciamo perdere gli interessi del sommo e dedichiamoci a noi.»
Si avvicinò a Draven e gli indicò con uno sguardo e un solo gesto della mano l'interezza della merce del locale. «Gli articoli che vendiamo da Sinister si dividono in cose che si toccano e cose che non si toccano.» Si avvicinò a una vetrina sulla sinistra, quasi totalmente incrostata di polvere e ragnatele, che conteneva una serie di gioielli in alto e una di pelletteria varia in basso. «Hai la facoltà di maneggiare oggetti contenuti nelle vetrine e negli armadietti di cui possiedi la chiave, come ad esempio i Guanti del Minatore, magari senza indossarli e sgualcirli e facendo attenzione a non stringere la mano a nessuno, o l'Anello della Gorgone, pur sempre evitando di infilartelo in un dito quando vuoi sbracciarti per salutare qualcuno.» Passò dall'altro capo del negozio, pochi passi considerato lo spazio angusto, dove invece erano ripiegate delle cappe e dei mantelli dai colori scuri. «Stessa cosa avviene per il vestiario. Ti consiglio caldamente di non far mai provare un Mantello della Disillusione ad un cliente su tutto il corpo. Si defila in un lampo e ti lascia fra le mani solo la minaccia di licenziamento.»
Le sembrò di aver elencato in maniera piuttosto chiara i doveri e i rischi del caso. Per certi versi i suoi consigli davano più l'idea di semplici trovate buttate lì per scherzare e smorzare l'imbarazzo, ma la sua voce era seria. Probabilmente, dopo le prime negligenze in negozio, Draven avrebbe capito il valore di quei semplici accorgimenti.
Lo portò infine di fronte a una vetrina stretta e lunga dai vetri oscurati. L'opacità non era dovuta alla polvere bensì al desiderio di mantenere nascosto quanto essi racchiudevano. «Dunque esistono oggetti che non possiamo né toccare né vedere né nominare. Le chiavi di questa vetrina le possiede solo Sinister. Se mai qualcuno ti chiedesse di poterci dare un'occhiata dovresti dirgli di tornare quando lui sarà in negozio. Stessa cosa quando qualcuno insisterà per venderti degli oggetti.» Detto ciò, fece scivolare il proprio sguardo sul suo interlocutore. Era piuttosto curiosa di osservare la reazione di fronte a quel reparto nascosto. «Questa sarebbe la prima regola da rispettare per non avere grattacapi qui dentro. Ci sono domande?»


Edited by Keyser Söze. - 13/8/2020, 15:57
 
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view post Posted on 17/8/2020, 23:53
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Doveva ammettere di non aver speso troppo tempo a riflettere sulla scelta del lavoro, perché la necessità di averne uno aveva sovrastato qualsiasi altro pensiero, ma non appena i suoi occhi si furono abituati alla luce soffusa del negozio ed ebbe modo di vedere meglio quanti – e quali! – oggetti ci fossero lì dentro, se ne sentì immediatamente soddisfatto. Improvvisamente, la curiosità ebbe la meglio su qualsiasi altro pensiero e, per un lungo istante, sembrò dimenticarsi di come fosse iniziata quella giornata.
Aveva letto del negozio – perché, essendo Draven, aveva ovviamente dovuto studiarne la storia – ma a parte le poche informazioni sui proprietari originari, dei quali era rimasto solo Sinister, non aveva trovato nient’altro di interessante a riguardo, tantomeno sugli oggetti in vendita. La reputazione di Magie Sinister impediva la divulgazione di qualsiasi tipo di informazione, evidentemente… Ma sperò che lavorando lì avrebbe imparato molto più di quanto i libri potessero insegnargli. Era stato come folgorato dalla bellezza misteriosa di tutte quelle cose a cui non solo non sapeva dare nomi, ma di cui nemmeno poteva ipotizzarne l’utilizzo. Si sforzò, però, di non apparire troppo curioso – o per meglio dire, invadente – e quando la ragazza gli rivolse nuovamente la parola riportò lo sguardo ad incrociare i suoi occhi. Quel maledetto vizio che gli faceva fissare le persone come se volesse studiarne l’anima e scorgerne dei segreti, si accentuava quando si ritrovava a parlare con i soggetti interessati: non lo faceva apposta, ma a volte gli era capitato addirittura di scordarsi di battere le palpebre pur di mantenere il contatto visivo.
Forse per evitare di apparire più strano di quanto già non fosse o forse nella vana speranza di fare una buona impressione, arricciò le labbra in un sorriso incerto e le fossette sulle guance si palesarono a dargli un’aria meno cupa e un po’ infantile.


Non saprei… Ma spendo un sacco di tempo in biblioteca, quando sono a Hogwarts, quindi forse lì.rispose, come di consueto senza spendersi in troppe parole. Quel tentativo di apparire più o meno interessato ai convenevoli sociali non stava andando per niente bene. Non che gli importasse, in situazioni normali, anzi… Faceva di tutto per incutere nelle persone una sorta di timore reverenziale sufficiente a convincerle che tenersi a distanza da lui fosse una saggia scelta proprio per evitare di trovarsi a fare chiacchiere del genere, ma chissà quanto tempo avrebbe passato in compagnia di Casey in quel negozio… E quel lavoro era troppo importante per mandare tutto all’aria sin da subito. Non poteva rendere imbarazzante o snervante la sua permanenza lì. Oltretutto, lei sembrava gentile e ben disposta nei suoi confronti. E non era di certo una ragazza che passava inosservata all’attenzione di una persona normale… Il problema era che Draven non aveva niente di normale e non l’aveva mai notata semplicemente perché non si interessava delle persone, in generale. Per sua fortuna, però, compensava il caratteraccio di merda con una certa intelligenza che gli fece prontamente capire che sottolineare da subito tutti i propri difetti e ammetterle al contempo di non avere la minima idea di chi lei fosse, perché non l’aveva mai vista a scuola o prima che avesse varcato la soglia del negozio, non era il massimo per avviare un ‘quantomeno decente’ rapporto professionale.
Restare in silenzio era la scelta migliore, perché quella che gli riusciva meglio. Almeno finché non entrava in gioco la curiosità: a quel punto, parlare diventava più facile. Ma non disse altro per non interromperla e poterla ascoltare quando prese a spiegargli degli oggetti esposti.
Addirittura distese le labbra in un vero sorriso, divertito dalla sua battuta su Sinister. In quel frangente, ebbe l’impressione che Casey sarebbe potuta essere uno dei rarissimi esseri umani in grado di prenderlo per il verso giusto… E, per il bene delle sue tasche che avevano bisogno di quel lavoro e per il suo che non voleva disagi di sorta, sperò di non sbagliarsi.
Si affiancò a Casey e infilò le mani nelle tasche dei jeans per evitare di sfiorare anche solo involontariamente qualcuno degli oggetti definiti ‘intoccabili’, ancora prima di sapere quali fossero o perché venissero etichettati in quel modo…
Al di là della soggezione per l’immensa magia racchiusa in quel posto, più Casey andava avanti a mostrargli vetrine e scaffali ricolmi di roba, più la sua curiosità accresceva a dismisura: quanto, degli oggetti da lei nominati, sarebbe riuscito a scoprire con un rapido viaggio in biblioteca?


Tutto chiaro.esordì, infine, distogliendo lo sguardo da lei per riversare la propria attenzione sulla vetrina intoccabile. Che cosa c’era di così potente lì dentro da dover essere tenuto nascosto? Con un po’ di fortuna, avrebbe assistito all’apertura di quella vetrina per mano di Sinister sotto richiesta di un cliente che non avrebbe fatto caso alla sua invadente presenza in negozio… E, senza rendersene nemmeno conto, perso nelle sue fantasie, si ritrovò con il viso ad un soffio di distanza dal vetro. La voce di Casey lo fece sussultare, come colto alla sprovvista, e indietreggiò per riaffiancarsi a lei, ma senza riuscire a distogliere lo sguardo da lì… Era tremendamente allettante e pericolosa, quella vetrina intoccabile.

Si. È possibile che stia bruciando qualcosa nel retrobottega?si ritrovò a chiedere all’improvviso, riportando lo sguardo su Casey, quando un odore acre gli invase le narici. Non era esattamente una delle domande che gli erano passate per la mente durante quel breve – ma intenso – tour conoscitivo, ma gli sembrò decisamente più impellente di qualsiasi altra.


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MAGIE SINISTER • NOCTURN ALLEY
Draven non deludeva le sue aspettative. Casey era assolutamente convinta che ognuna delle microscopiche cellule del suo corpo avesse la bocca spalancata in quel preciso istante, anche se lui continuava a tenere la sua serrata.
L'aveva seguita muto come un pesce per tutto il giro del negozio, privandosi di domande, sussulti e di qualsiasi altra emanazione sonora. Casey doveva essere stata molto esaustiva, oppure il signor Shaw era proprio un timidone. Comunque ottenne gli effetti sperati di fronte alla vetrina oscurata. Lei stessa l'aveva osservata in quel modo il primo giorno e per quelli a venire, e non aveva mai abbandonato la speranza di riuscire a capire con un colpo di fortuna se si trattasse di un armadietto vuoto o se contenesse le anticaglie più oscure mai create dall'umanità magica. Sinister era piuttosto zelante nel mantenere i suoi segreti e ogni volta che sapeva di doverne aprire le ante opache la mandava via per prendergli un tè o, addirittura, regalandole qualche ora libera pur di mantenerla lontana da lì. Sarebbe accaduto lo stesso con Draven.
«Un mio concasato del settimo anno, Andrew Golan, mi ha detto che il suo prozio o cugino di quinto grado, non ricordo bene, faceva il garzone in questo negozio quando andava a scuola. Chi gestiva ai tempi Sinister non aveva preso le stesse accortezze in merito alla vetrina e chiunque poteva ficcarci il naso dentro. A quanto pare lo zio di Andrew lo ha fatto ma adesso è un vegetale privo di una gamba su un baldacchino. Ovviamente ora i vetri sono immuni a qualsiasi tipo di scassinamento da me conosciuto, magico e non.»
Raccontò quella storia mantenendosi dietro il ragazzino, mentre questo si avvicinava sempre più alla vetrina fino a sfiorarla con la punta del naso. Casey tratteneva un'espressione ilare parlando, ma lui non avrebbe potuto vederla. In fondo non sapeva nemmeno lei se si trattasse di un fatto realmente accaduto. Comunque attese che Draven tornasse dal regno dei poeti e dei sognatori e che si allontanasse da quella tanto decantata bomba ad orologeria. Avrebbe accolto ogni sua domanda, non voleva lasciare nulla al caso.
La domanda che giunse però non se l'aspettava minimamente. Cercò di rimanere impassibile più che poté, e tirò una grande boccata sostenendo quello sguardo impertinente. «Potrebbe essere semplicemente il fumo di sigaretta. Sei sicuro di ciò che dici?» Si mostrò tranquilla, soprattutto perché Draven non avrebbe mai potuto immaginarsi il reale utilizzo che faceva del retrobottega.«Potrebbe trattarsi della megera che abita di fronte che frigge unghie di troll. Piano piano ti ci abituerai.» Scansò la questione nella prima maniera che le venne in mente. Simulare indifferenza e soprattutto abitudine a quel tipo di stranezze l'avrebbe scagionata da qualsiasi accusa, almeno nella sua mente.
«Dunque, andiamo avanti. Regola numero due: non chiedere mai un aumento a Sinister. Otterresti solo l'effetto opposto, che tra l'altro è l'unica modificazione sul tuo stipendio che lui sarebbe propenso a farti.» Se Draven voleva tenersi stretto il posto doveva evitare il contatto col capo ogni volta che gli era possibile. Certo, il gibboso avrebbe potuto prenderselo in simpatia per qualche ragione che lei ignorava dato che non credeva di conoscere l'uomo nella sua veste di capo e mercante come le sue tasche, ma si trattava pur sempre di una possibilità alquanto remota.
Chi accettava di lavorare da Sinister lo faceva per due motivi: perché aveva bisogno di soldi o perché credeva che avrebbe avuto accesso a chissà quale arcano sapere sulle Arti Oscure. Tuttavia il boss si mostrava un gran taccagno nel dispensare ai suoi garzoni sia l'uno che l'altro. Gli oggetti che erano in vendita nel suo negozio potevano risultare straordinari, ma dopo averli visti tutti e senza nessun esperto - che poteva essere per l'appunto Sinister, il quale se ne infischiava - in grado di donare una spiegazione cominciavano a lasciare il tempo che trovavano. Ciononostante il tipo di conoscenze che davano, per quanto velate, erano pur sempre un piccolo approfondimento. Lei continuava a ripetersi che fosse andata a lavorare lì per i soldi ma - ci teneva a nasconderlo - anche lei subiva il fascino di certi misteri.
«Direi che adesso possiamo scendere in cantina. Pronto?»


Edited by Keyser Söze. - 28/9/2020, 21:12
 
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Fino al momento in cui Casey aveva cominciato a spiegargli come funzionasse la dinamica lavorativa del negozio, non aveva pensato alla fortuna che stava avendo nell’essere circondato da così tanti oggetti magici rari. Sperava davvero di poterne scoprire di più facendo un salto in biblioteca o semplicemente chiedendo a lei, una volta presa un po’ di confidenza; la curiosità era fortissima, ma non si sentiva ancora abbastanza a suo agio per poterla tempestare di domande su quali fossero gli effetti dell’Anello della Gorgone o del Guanto del Mietitore… Poteva provare a immaginarli e ciò bastava, quantomeno, a dar retta alle avvertenze di Casey, ma non poteva negare di esserne affascinato e di volerne sapere di più. Gli sembrò di essere stato catapultato in un inquietante parco giochi. Era elettrizzante. E, più di qualsiasi altra cosa, la vetrina dagli oggetti intoccabili lo aveva attirato a sé come una calamita… Casey doveva essersene accorta, perché gli raccontò un aneddoto a riguardo e tanto bastò a farlo allontanare da lì. Sperava ancora che per una disattenzione di Sinister avrebbe potuto assistere all’apertura di quella vetrina, ma al contempo – dopo quel racconto – sperò di potervi assistere a debita distanza di sicurezza.

Ci hai provato? Ad aprirla, intendo… - chiese spontaneamente, perché le sue parole lo avevano indotto a pensare così. Accompagnò la domanda con un sorriso divertito, immaginando una più piccola Casey che, con una curiosità simile alla propria, aveva tentato di scassinare la vetrina e si era ritrovata sbalzata indietro di metri per il contraccolpo.
In quel momento, fuori dall’attrazione magica della vetrina, decise che non ci si sarebbe mai più avvicinato. Almeno non finché non gli fosse stato esplicitamente chiesto e, dato che Casey era stata chiara a riguardo, non c’era alcuna possibilità che sarebbe mai accaduto; doveva tenersi fuori dai guai, non andarseli a cercare.
Ora che l’entusiasmo – non proprio esternato – per quella nuova avventura era stato sedato dal tour conoscitivo, l’odore pungente che aveva sentito al suo arrivo nel negozio aveva ripreso a solleticargli le narici e si sentì in dovere di farlo notare. Era simile all’odore che impregnava le tende nell’aula di pozioni, ma dato che Casey si affrettò a cambiare subito argomento, immaginò di dover lasciar cadere la cosa… Le annuì, facendo spallucce come a darle ragione con disinteresse. Fin quando non si fosse trattato di qualcosa che li poteva mettere in pericolo – o meglio, ancor più in pericolo di quanto già non fossero semplicemente camminando tra gli scaffali del negozio – non avrebbe dovuto preoccuparsene.
Così, riprese a guardarsi in giro per cercare di memorizzare il più possibile l’ubicazione degli oggetti… Ma ce n’erano troppi. Perse subito interesse e riportò lo sguardo su Casey.


Si. Che c’è in cantina?gli sembrò una domanda legittima da porre. Viveva in un quartiere di Londra in cui avere un garage era come avere un bene di lusso e le abitazioni erano costituite dal minimo indispensabile; in orfanotrofio non aveva avuto modo di avventurarsi per l’istituto e scoprirne aree nascoste… Ma era nato e cresciuto tra i babbani e aveva visto miriade di film horror in cui succedevano cose inquietanti nelle cantine. Non era mai entrato in una cantina e non era sicuro di voler sperimentare lì con il suo superiore, il primo giorno di lavoro, un’esperienza simile.

Il fatto che Sinister tenga la vetrina degli intoccabili in bella vista, mi fa pensare che in cantina ci nasconda roba ben peggiore… - commentò subito dopo, cercando di dare voce ai propri pensieri, ma senza sembrare troppo spaventato.

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La puzza dei preparati malriusciti provenienti dal retrobottega aveva cominciato a stuzzicare anche le narici di Casey. A questo punto, assieme ad essa, il timore della possibilità di essere scoperta le solleticò la bocca dello stomaco, facendole percepire quel solito formicolio che porta con sé l'ansia quando si viene colti in flagrante nei momenti meno opportuni. Chissà cosa ne avrebbe pensato Draven dei suoi esprimenti, chissà, in caso, se si sarebbe bevuto la frottola di essersi semplicemente portata in negozio i compiti di Pozioni.
«Non ci ho mai provato» rispose, tornando all'argomento della vetrinetta oscura. «Ma una volta ho provato a sbirciare il boss che l'apriva da dietro quella porta.» Indicò la porticina che dava sul retro, proprio dove era stato compiuto il misfatto. Si morsicò la lingua alla fine della frase, concludendo solo in quel preciso istante che forse in quel modo stava aizzando ancor più l'interesse del ragazzo verso l'odore.
«Se n'è accorto e mi ha scagliato contro una Fattura Pungente. Non lo biasimo. Se fossi stata al suo posto avrei fatto lo stesso.» Le venne d'istinto grattarsi la spalla destra, lì dove in passato era stata colpita, Non era stato il massimo, doveva ammetterlo. Era corsa nel retro a medicarsi con qualche incantesimo di cura fatto alla bell'e meglio, e forse era stato in quel momento che aveva battezzato quel posto come suo rifugio, per tramare alle spalle di Sinister.
Si apprestò a dirigersi verso la scala che scendeva nello scantinato, assicurandosi che Draven la seguisse. Lì l'aria era senza dubbio ancor più fetida di quella del retro satura di bile fritta di animali esotici. Non appena la porta venne spalancata, una zaffata di putridume e legno marcio li investì e passò e ripassò sui loro corpi come un carro imbizzarrito.
«Uh, un'altra cosa. Se riuscirai a convincere Sinister a fare delle pulizie ti nominerò commesso dell'anno. Non scherzo.»
Camminarono lungo un tappeto di scricchiolii e tubi che sgocciolavano. La penombra del negozio man mano che scendevano diventava il buio più assoluto, rendendo necessario un Lumos Solem che, essendo al di fuori delle mura scolastiche non potevano castare. Casey recuperò un mozzicone di candela alla base della scalinata, al limite del cono di flebile luce proveniente dal piano superiore. Lo accese con il suo inseparabile accendino; si sarebbero fatti luce alla vecchia maniera.
«Be', che dire. Qui ci teniamo le scorte, nel caso qualcosa finisca di sopra, gli articoli difettosi, mucchi di ossa... Suppongo che cose come registri, fatture e altre robe come gli ordini di clienti "particolari" il capo le tenga al sicuro nel suo ufficio. Ah, dimenticavo. Non entrarci mai, a meno che non sia lui a chiedertelo. Si trova al primo piano.»
Casey fece qualche passetto nella stanza, abbastanza ampia da contenere il doppio degli articoli in negozio. Passava accanto a scatoloni e casse di legno con su scritto "fragile" e "maledetto" senza badarci tanto - ormai era abituata -, illuminando con la piccola fiammella parte dei loro contorni. Una finestrella che dava su un vicolo, posta in fondo e tanto in alto da combaciare quasi col soffitto, carezzava un teschio posto in cima a una pila di fogli di giornale, le cui pagine ormai si erano attaccate in un fascio unico per via dell'umidità. Nonostante gli anni e l'abitudine quel posto le metteva comunque i brividi.
«Una volta al mese o due si ricorderà di fare l'inventario e costringerà lo sfortunato di turno - me o te - a dargli una mano.» Dopo aver illuminato un barattolo contenente una testolina avvizzita in salamoia, si voltò verso il ragazzo e si avvicinò a lui. Poca distanza fra loro, ma li separava la candela, proprio all'altezza del loro naso. «Finito. Sei contento? Adesso possiamo andare a berci un caffè. C'è un locale qui vicino che, nonostante il mezzo-gigante al bancone, serve roba non tanto vomitevole.» Aveva abbozzato un sorriso, nulla di che, ma una frazione di secondo dopo l'ultima parola detta portò lo sguardo alle spalle di Draven, in mezzo all'oscurità, dove era nato un fruscio sinistro ben dissimile dal sottofondo di scricchiolii della cantina.


Scusa il ritardo :fru: :<31:
 
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L’idea di andare a visitare la cantina non lo entusiasmava affatto. Era un tipo curioso, ma non avventuriero. Ricordava ancora l’ansia provata al primo anno quando Christelle e suo fratello Oliver lo avevano trascinato in un corridoio del terzo piano per andare in avanscoperta di un luogo proibito. Lui era uno ligio alle regole, lo era sempre stato, ma li aveva seguiti per non far rimanere male Christelle: aveva passato tutto il tempo a guardarsi intorno, in allerta, e a torcersi le dita delle mani nel tentativo di mantenere la calma. Preferiva di gran lunga la monotonia alla scoperta di cose nuove e, oltretutto, viveva sempre male l’idea di affrontare qualcosa che non conosceva. Un po’ come nella situazione del corridoio con Christelle, mentre seguiva Casey verso la cantina, si sentì agitato. Ebbe una terribile sensazione, probabilmente scaturita dalla consapevolezza che quello era un luogo in cui la curiosità avrebbe potuto facilmente ucciderlo o lasciarlo senza una gamba a vivere in stato vegetativo come il prozio di Andrew Golan del settimo anno.
Sospirò in silenzio, a testa china per non lasciare che la sua attenzione venisse colta da qualche strano oggetto, e seguì Casey fingendo una tranquillità che era certo non fosse per niente convincente.
Provò a tenere la mente distratta da ciò che stava facendo, pensando ai lati positivi di quell’esperienza lavorativa. E ne trovò uno nuovo non appena Casey aprì la porta dello scantinato: la capacità di trattenere la nausea in mezzo a odori nauseabondi. Era una fortuna anche non l’aver avuto una reazione allergica a tutta quella polvere o il fatto che non gli facessero schifo ragni e ragnatele.


C’è un qualche tipo di maledizione sul negozio che ti ricopre di polvere se non è il proprietario stesso a mettersi a pulire?chiese, in risposta alle sue parole, sentendo poi il bisogno di chiarire quella sua domanda.
Ho letto che c’era, o forse c’è ancora, una cosa simile da Ollivander. Si dice lo avesse fatto per evitare che i suoi garzoni toccassero le bacchette senza il suo consenso. È probabilmente il motivo per cui è così restio ad avere dei garzoni…aggiunse, a mo di spiegazione, rendendosi subito conto con un certo imbarazzo di aver appena pronunciato più di dieci parole tutte insieme in pochi secondi, da quando aveva messo piede lì. Se aveva iniziato a parlare di cose che aveva letto, studiato o visto, significava che si stava innervosendo. Probabilmente arrossì appena sulle guance, lì dove solitamente gli si accentuavano le fossette nelle rare volte in cui, sorridendo, le metteva in bella mostra… e fu grato alla luce fioca di quel posto che poté nascondere quella reazione emotiva.

Ho capito l’antifona dopo la conoscenza con gli intoccabili.
Dal momento in cui aveva incrociato lo sguardo di Casey aveva sentito di potersi fidare di lei ed era qualcosa che gli capitava talmente di rado con le persone che non aveva potuto ignorarlo, quindi, continuando a scendere nei meandri del negozio con lei, provò a pensare che una ragazza così sveglia e gentile non gli avrebbe mai inferto un colpo basso con uno scherzo spaventoso o qualche cavolata simile. Lo stava aiutando a entrare in confidenza con il negozio, così da poterci lavorare senza sentirsi un completo estraneo… Non doveva assolutamente pensare male di lei. Restare positivo, assecondarla e tornare velocemente di sopra fingendo di non aver mai avuto paura di uno stupido scantinato.
Non si allontanò mai da lei per timore di perderla di vista nella penombra di quel luogo e quando si voltò verso di lui si trovò fin troppo vicino a lei, al punto da indietreggiare istintivamente: inciampò sui propri passi e cadde a terra, goffamente.


Si, se non mi uccido prima.commentò tra sé e sé, posando a terra le mani per rimettersi in piedi. Qualcosa di liquido gli attraversò le dita e si affrettò ad alzarsi, dando le spalle a Casey per vedere cosa fosse quella roba che aveva appena toccato: nella zona davanti a loro non illuminata dalla fioca candela di Casey, vide provenire una scia di quella che sembrava acqua e, istintivamente, senza dare voce ai propri pensieri e senza badare alla presenza di Casey, ci si avvicinò. Vide l’ombra di un bambino che teneva in braccio qualcosa grande quanto lui. Si fermò. Un’improvvisa realizzazione lo colpì in pieno petto come un pugno ben assestato: a quella breve distanza poté sentire che il bambino piangeva e, non appena si fu abituato alla penombra, riconobbe lui e ciò che teneva in braccio. Era un piccolo Draven, ricoperto di lividi, col labbro spaccato e sanguinante, che nonostante continuasse a piangere disperato non mollava la presa di quel pinguino che se ne stava fermo e immobile tra le sue braccia, come morto.

PICCOLO MOSTRO! CHE HAI FATTO?!la voce sembrò rimbombare tra le mura dello scantinato. Avvenne tutto così velocemente che Draven, terrorizzato da quella visione, dimenticò dove si trovasse e con chi. E, improvvisamente, il bambino smise di piangere e si incamminò verso di lui. Man mano che avanzava diventava più grande, adulto… Draven si trovò come paralizzato sul posto dalla paura mentre quello che aveva preso le sembianze di suo padre, gli occhi iniettati di rabbia e sangue, lo fissava minacciosamente.
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Al di là dei barattoli di feti e testoline avvizzite in salamoia e della sua aura spettrale, la cantina di Magie Sinister non diede mai segno di possedere chissà quali pericoli. Casey ci si avventurava di rado, stentava persino a farlo da sola, ma alla fine non lo considerava uno di quei posti dove non mettere piede in assoluto, soprattutto perché se quella porta fosse rimasta chiusa in eterno piano piano il negozio si sarebbe prosciugato dei suoi articoli. L'abitudine, d'altronde, le permise di acquisire maggiore familiarità con tutto ciò di cui anni addietro avrebbe detestato solo la vista, come ossa e teschi, organi e mani avvizzite. Poteva reputarlo un bonus per affrontare le pozioni più schifose con meno resistenze.
«Probabilmente hai risolto l'arcano» esordì mentre accendeva una candela conficcata nel collo di una bottiglia vuota di whisky incendiario Ogden stravecchio. «Mai sentito di maledizioni sulla polvere ma mi sembra plausibile. Ho sempre pensato invece che la polvere facesse parte del design o che persino il soffitto e le pareti fossero così lerci da farne piovere per sempre.»
Interiora, scheletri, casse contenenti merce oscura e maledetta, buio e persino polvere. Non poteva biasimare il disagio di Draven, che percepiva nei passi cauti con cui la seguiva in ogni angolino della grande stanza pur di non perderla di vista sotto la fiammella dell'accendino. Non si stupì nemmeno di vederlo cadere all'indietro quando gli si parò all'improvviso a un palmo dal naso con la velocità degna di un bolide indemoniato.
«Scusami» disse ridacchiando «non volevo spaventarti». Gli porse la mano libera per aiutarlo a rialzarsi. *A meno che non abbia creduto che volessi provarci. Caffè, vicinanza... ommorgana.* A quel pensiero fu lieta di non sentire il tocco delle dita di Draven sulle sue e divenne paonazza, cosa che lui probabilmente non poté vedere a causa della scarsa luce, proprio come lei non aveva scorto il suo rossore. Ciononostante le fu impossibile non notare il repentino cambio di stato che travolse il ragazzo. Seguì il suo sguardo, voltato verso gli scatoloni che gli stavano dietro, prima su una strana scia liquida - *Oh, no! Si sarà di nuovo rotto il contenitore della salamoia di cervelli di ratto!* - poi sulla figura da cui invece sembrava provenire tutta quell'acqua.
«Cosa ci fai tu qui? Come ci sei arrivato? Questo posto è riservato al personale!» Le venne spontaneo ammonire il terzo incomodo, anche se si rese conto poco dopo che si trattava di un bambino e che questo teneva qualcosa di grosso fra le braccia. Qualcosa che doveva essere stato vivo un tempo ma che giaceva immobile nella stretta del piccolo. «Cos'è quel coso?»
Poi però una voce rimbombò ovunque nella stanza. Un'altra presenza si aggiunse, alta, irosa, recando in quel luogo ancor più caos di quanto già polvere e maledizioni gli destinavano. Casey, sconvolta per l'apparizione, intimorita dal materializzarsi improvviso della mezza famigliola - se si poteva definire tale considerato l'atteggiamento dell'uomo - si fece avanti di un paio di passi con l'accendino in mano, superando così il collega. Portò l'altra alla bacchetta tenuta nella tasca del jeans e si introdusse a gamba tesa nel rimprovero. «Senta un po', voi qui non potete starci! Si calmi e muova il culo, altrimenti--»
Un passo oltre Draven e gli occhi dell'uomo e del bambino si fissarono su lei. La trasformazione avvenne in un pochi secondi: i due vennero risucchiati in un vortice, roteando su se stessi, uno attorno all'altro come se volessero implodere alla maniera di una stella moribonda. Nausea e paura le si infiltrarono nelle viscere, scuotendola e facendole impugnare la bacchetta per puntarla contro l'essere. Se ne aveva colto la natura correttamente allora sapeva che stava per trasformarsi in qualcosa di fin troppo intimo per essere rivelato agli occhi di un perfetto sconosciuto. Ma, prima di poter essere combattuta, la paura doveva nascere.
«Indietro» intimò all'altro. Eccola che cresceva, la paura dell'inaspettato, dell'imprevedibile, dell'ignoto. Si manifestò e si concretizzò di pari passo nei suoi pensieri e di fronte a loro. Una lunga veste ricadeva sulla figura, piatta e nera, sormontata da un cappuccio aderente a una testa interamente coperta. Il viso era nascosto da una maschera neutra, bianca e con due fori per le narici e due per gli occhi. Oltre di essi solo il buio. La fiammella dell'accendino tremolò così come le spalle della Grifondoro. Lei barcollò e per poco la piccola luce babbana non si spense. *Pensa a qualcosa di divertente, pensa a qualcosa di divertente* si ripeté, ma nel mentre l'incappucciato mascherato si portò una mano inguantata al volto, pronto a rivelare le sue fattezze. Non vi era tempo da perdere, glielo comunicarono le goccioline di sudore freddo che le colarono lungo la schiena. Il cervello si mise in moto mirando al ridicolo più immediato e lei strinse le dita attorno all'impugnatura.
«No. Riddikulus!»
Casey non desiderò vedere al di sotto della maschera del Molliccio, così ne vide le pacioccone gambe pelose. La magia produsse una bella ventola con grata sotto gli stivaletti in pelle con tacco e punta alla rodeo dell'incappucciato, facendogli sollevare il mantello fino alla vita. Il losco figuro tentava di coprirsi i boxer bianchi a cuoricini e piroettava sopra il suo piedistallo improvvisato come una diva, lanciando bacini e ammiccamenti. Se gli osservatori si fossero degnati di analizzare i dettagli di quell'opera d'arte di Riddikulus avrebbero notato dentro i cuoricini il nome e il ritratto stilizzato del vice ministro della magia Noah Von Dietrich. Il riferimento cinematografico a Marylin Monroe coglieva le informazioni e le dicerie sedimentate nell'inconscio della ragazzina: qualcuno bisbigliava che la famosa attrice del passato avesse avuto una relazione con un presidente; non si metteva in dubbio che quella poteva essere una frottola, ma scomodando il politico von Dietrich, ben più vicino ai Nostri, il tentativo di risata sarebbe stato più concreto.
«Via da qui!»
Casey dunque afferrò Draven per una manica al fine di trascinarlo su per le scale, un po' alleggerita ma ancora tremolante dalla paura. «E benvenuto da Magie Sinister!»


Un mese esatto :sbrill: buon mesiversario dalla tua ultima risposta :<31:
 
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In una calda giornata d’estate, finalmente Draven era riuscito a convincere i suoi genitori a portarlo allo zoo. Fin da molto piccolo si era trovato spesso a passare ore e ore a guardare i documentari sugli animali in tv, mentre gli altri bambini preferivano guardare i cartoni animati. Era affascinato dalla natura e dal modo in cui suo padre, pazientemente, gli spiegava perché i leoni erano dei re, perché esistesse la catena alimentare, perché spettava ai pinguini maschi covare le uova delle femmine. E i pinguini erano decisamente i suoi preferiti. Adorava la loro buffa camminata e, a volte, se ne andava in giro per casa a camminare con le braccia lungo i fianchi, ondulando, per imitare l’andamento di quelle splendide creature. E quando era arrivato il momento di vederli dal vivo, non era riuscito a reggere l’emozione. Voleva un pinguino tutto per sé, lo voleva tantissimo. Era un bravo bambino, se lo meritava! Eppure, suo padre aveva dato di matto per quella richiesta, non gli aveva lasciato tenere il pinguino che come per magia si era ritrovato tra le braccia… Lo aveva strattonato fino a soffocare il povero animale e gli aveva urlato contro cose brutte che credeva di aver dimenticato… Fino a quel momento.
La voce di Casey lo riportò alla realtà con la stessa violenza di un pugno diretto sullo stomaco. Quella spiacevole passeggiata nel viale dei ricordi era durata meno di come l’avesse percepita: fu come svegliarsi di soprassalto da un brutto sogno. Quando vide la ragazza di nuovo di fianco a lui, si rese conto anche di avere le guance rigate da lacrime che non si era minimamente accorto di aver versato. Che ricordo ridicolo. Ancora adesso, dopo dieci anni, faticava a capire perché avesse sofferto – e ancora ne soffrisse! – tanto per un qualcosa che raccontato ad alta voce faceva solo ridere. “C’erano una volta un bambino, un pinguino e un padre amorevole che impazzì, uccise il pinguino, picchiò il bambino e poi si diede alla droga perché non si aspettava di avere un figlio mago”.
Draven si asciugò con rabbia il viso e si riavvicinò a Casey, giusto in tempo per vedere suo padre tramutarsi in un vortice e cambiare forma.


Un molliccio…?bisbigliò, tra sé e sé. Certo, ovvio. Che razza di idiota a farsi prendere così alla sprovvista da un molliccio. E lui era quello con l’ambizione di diventare un potente mago?
Impugnò la bacchetta e vi strinse con forza le dita della mano sinistra, tremante come ancora tutto il resto del corpo. Odiava la sensazione di impotenza che aveva provato fin troppe volte nel ritrovarsi alle strette davanti a una situazione che non sapeva come gestire, lui che aveva sempre la presunzione di essere tenace e competente. Lui che, se non ci fosse stata Casey, si sarebbe ritrovato per terra a piangere come il bambino che rappresentava la sua paura più grande.
Improvvisamente, fu come se tutti gli odori nauseabondi di quella cantina e la sensazione di paura e fallimento si fossero fusi insieme in un’unica e crescente sensazione di nausea. Doveva aiutare Casey, ma non aveva la minima idea di come fare. Non aveva mai affrontato un molliccio senza la supervisione di un professore.


Casey, vuoi affrontarlo?provò a dire, ma senza volerlo gli uscì un filo di voce talmente flebile che faticò lui stesso a sentirlo. Forse lo aveva solo pensato, mentre la figura davanti a loro prendeva corpo e forma. Nemmeno nei suoi incubi peggiori sarebbe riuscito a dare un senso a quella paura e, in tutta onestà, non ci teneva proprio a scoprirne il significato.

Casey! urlò, per attirare l’attenzione della ragazza, proprio quando lei si decise a pronunciare l’incantesimo. In qualche modo, nonostante il terrore paralizzante, era riuscita lì dove lui aveva fallito. L’inquietante figura di cui aveva preso l’aspetto il molliccio venne immediatamente ridicolizzata dall’incantesimo di Casey. Draven strinse ancor più forte la bacchetta tra le dita e la puntò dritta verso la figura incappucciata che goffamente stava cercando di coprirsi.

Flipendo!pronunciò con ritrovata voce ferma, lasciando che l’essere venisse scagliato via per tornare nei meandri oscuri dai quali era venuto. Vedere la ragazza affrontare senza esitazione la sua paura più grande -qualsiasi essa fosse – lo aveva fatto tornare in sé. Tempi di reazione un po’ lenti, ma meglio tardi che mai…
Si lasciò trascinare via da lei senza dire nulla e si concesse di riaprire bocca solo guando ebbero di nuovo raggiunto il piano principale del negozio, lasciandosi alle spalle quell’orribile scantinato. Prima o poi ci sarebbe dovuto tornare e, soprattutto, avrebbero dovuto occuparsi seriamente di quel molliccio perché di certo non lo avevano eliminato.
Prese un respiro profondo che gli si bloccò in gola: la nausea che aveva trattenuto fino a quel momento era appena tornata a farsi sentire di prepotenza. Draven strinse entrambe le braccia intorno allo stomaco e si appoggiò di schiena contro l’angolo libero di uno dei tanti muri ricolmi fino al soffitto di oggetti potenzialmente pericolosi.


Sei stata grande... Stai bene? - esordì, rivolto alla ragazza, prima di chiudere gli occhi e provare di nuovo a prendere un respiro profondo. Sentiva di essere sul punto di vomitare e non sapeva dire se fosse per colpa degli odori nello scantinato, della paura fottuta o del ribrezzo per i boxer bianchi a cuoricini.
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view post Posted on 20/12/2020, 19:59
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La corsa su per le scale la sfiancò. Il cuore le batteva veloce nella gabbia toracica, ma di sicuro la salita non ne era la causa. Il solo pensiero di vedere oltre la maschera la fece cadere in un pozzo oscuro denso di orrore liquido. Lo sentì pervaderle i polmoni, soffocandole il respiro, avvolgerle il colpo e il raziocinio facendole dimenticare per qualche attimo di possedere una bacchetta a portata di mano.
La fiammella si spense non appena l'azione si intensificò, nella velocità dei loro piedi e in cui si ritirarono al piano superiore. Gli occhi fissi sull'immagine del figuro incappucciato le impedirono di ragionare sulle possibilità che si potevano celare dietro la sua maschera.
«Devo dire a Sinister di far disinfestare al più presto lo scantinato. Altro che pulizie.» Rispose così alla domanda di Draven, portandosi una sigaretta tremante alle labbra e accendendola con la fiammella che poco prima era stata la loro unica salvifica fonte di luce.
Rimase in silenzio, ad osservare la vetrinetta del bancone che fra piccole ossa di animali - le stesse che per turni e turni di lavoro aveva lucidato con forza - ospitava gemme e collane. Il cervello invece parlava, gridava, esplodeva, di fronte alla manifestazione della sua paura più profonda. L'unico sollievo risiedeva nella possibilità che Draven non l'avesse compresa e che non avesse visto oltre il velo. Se questo fosse stato rivelato si sarebbe sentita come nuda ai suoi occhi.
Così invece non era stato per lui. Ripercorrendo a ritroso la trasformazione del molliccio, Casey rivide il bambino, l'essere che egli stringeva fra le braccia, il padre rabbioso che inveiva. Non era riuscita a scorgerne i dettagli, ma data la reazione del ragazzo doveva trattarsi di qualcosa di intimo quanto un ricordo, o perlomeno quanto una possibilità. Lo guardò con la coda dell'occhio, stanco e ancora congestionato dall'accaduto mentre scivolava lungo la parete lercia del negozio. Lei continuava a tirare boccate sempre più profonde, finché il fuoco non bruciò il filtro.
Prese un'altra sigaretta e lo raggiunse. Si lasciò scivolare accanto a lui, sedendosi infine per terra e portando le ginocchia al petto. Il senso di colpa le attanagliò le viscere mentre la paura le faceva spazio. Non aveva intenzione di chiedere, così come non desiderava che le venisse chiesto. Ma considerato il visto, reputò opportuno un baratto. Un segreto per un segreto, anche se la maschera rimaneva intoccata.
«Quella puzza che sentivi prima provenire dal retrobottega» cominciò, accendendosi la seconda sigaretta «sono interiora». Tirò una boccata. Il tremore delle sue dita non era ancora cessato. «No, non di umani, tranquillo. Faccio esperimenti di pozionistica, dato che questo negozio non se lo caga nessuno e non vengono molti clienti.» Dunque si voltò verso Draven e lo guardò negli occhi. «Ovviamente Sinister non sa niente. Lui ha il naso tappato dalla polvere.» Un segreto per un segreto, un voto infrangibile senza bacchetta.
 
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view post Posted on 28/2/2021, 23:35
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Appoggiato contro la parete, si lasciò stancamente scivolare fino a sedersi a terra, sul logoro pavimento di Magie Sinister che, indipendentemente da quanto facesse schifo, in quel momento gli sembrò la cosa più allettante del mondo. La testa gli girava, forse per aver trattenuto involontariamente il fiato troppo a lungo quando gli si era palesato davanti il Molliccio, e il connubio di odori nauseabondi misto a paura e confusione gli aveva dato le vertigini, che erano infine sfociate in nausea vera e propria. Lì sopra che l’odore, comunque, non si potesse dire fosse dei più gradevoli, aveva un che di rassicurante. Nell’istante di silenzio che seguì il rumore dell’accendino che Casey usò per accendersi una sigaretta, nel buio che si celava dietro le proprie palpebre chiuse, Draven finalmente riuscì a ritrovare la calma e a imporsi di rimuovere per sempre dalla propria memoria estremamente selettiva quell’immagine terrificante del pinguino e di suo padre; per quanto fosse diventato, ormai, molto bravo a imporre certe pretese al proprio cervello, era comunque consapevole che non sarebbe riuscito a dimenticare tutto in un istante. Oltretutto – e cosa da tenere bene a mente, senza abbassare la guardia – c’era ancora la possibilità che Casey volesse ficcanasare su quella visione. Non poteva farsi cogliere impreparato, doveva pensare cosa dirle per spiegarle la cosa, darle abbastanza elementi da chiarire il significato della visione, ma senza scendere troppo in quei dettagli imbarazzanti e terrificanti che non aveva mai confessato a nessuno.

Me ne dai una, per favore? Ho cambiato idea… - esordì poi, riaprendo cautamente gli occhi per alzare lo sguardo sulla ragazza, indicandole con un cenno la sigaretta. Non avendo ancora l’età per bere e mancando ancora diverse ore di lavoro prima di poter tornare a Hogwarts e ‘smaltire’ il trauma, aveva bisogno di un placebo e non gli venne in mente altro.
Si mise più comodo, per quanto il terreno duro e irregolare gli concedesse, e incrociò le gambe a terra, nel momento in cui Casey andò a sedersi di fianco a lui. Non aveva la minima idea di cosa, o chi, avesse visto quando il Molliccio si era manifestato davanti a lei, ma le sue dita non la smettevano di tremare ed era chiaro, che qualunque fosse la sua paura più recondita, nemmeno lei aveva passato un bel momento lì giù.


Lo sapevo che mi stavi mentendo, quando te l’ho chiesto… Ma non ho voluto insistere troppo, non è nel mio stile ficcanasare.si trovò a risponderle, addirittura ridendo di cuore al suono delle sue parole. Chissà perché, in un momento come quello, aveva sentito il bisogno di rivelarle una verità di cui, con molta probabilità, avrebbe smesso di chiedersi di lì a pochi giorni, disinteressandosene. In ogni caso, trovò la cosa esilarante, al punto da fargli per un attimo dimenticare la terribile esperienza appena vissuta.
In fin dei conti, si trattava del passato. Di un passato che, già da diverso tempo, aveva deciso di lasciarsi alle spalle per guardare avanti e concentrarsi solo sul proprio futuro.


Il tuo segreto è al sicuro con me.aggiunse poi, chiudendo una mano a pugno e avvicinandola a lei, in attesa che con la sua vi colpisse le nocche, come a suggellare un patto di fiducia reciproca che sottintendeva ben altro che il segreto sugli esperimenti di pozionistica.
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view post Posted on 2/3/2021, 11:32
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MAGIE SINISTER • NOCTURN ALLEY
Sentire Draven ridere per la confessionoe fu la conquista che la sua bacchetta, poco prima, aveva ambito più di ogni altra cosa. Ridicolo era stato quel momento, quello sviluppo fra due perfetti sconosciuti che sin dalla prima mezzora insieme si erano ritrovati a dover condividere una breve ma intensa avventura e un paio di segreti. Casey rise a sua volta, ma con un pugno colpì per gioco fintamente corrucciata la spalla che l'altro le dava.
«Hey, hey! Che te ridi? Non si ride delle mie passioni!» Continuò a sganasciarsi con lui, portandosi una mano sulla fronte e l'altra alla pancia. «Visto? Potevi pensare prima d'ora che ti saresti divertito così a fare il commesso? Qui da Sinister è una nuova avventura tutti i giorni! Dovremmo appenderlo all'ingresso per tutti i visitatori.» Gli offrì la sigaretta richiesta con l'accendino, facendola scivolare via dalle dita tremanti e lasciandosi travolgere da un'altra ondata di risa.
Calmata, dopo qualche respiro profondo e recuperato un colorito quasi normale, Casey si accasciò al muro distendendo le gambe davanti a sé. Si placò soprattutto per dar spazio a quella nuova strana sensazione che le percorse il petto accanto a lui, di fronte alla sua promessa. Le nocche del pugno colpirono le sue, acconsentendo a quel tacito scambio di fiducia. Così come lui non intendeva ficcanasare nelle sue pozioni o chiederle della maschera del molliccio, lei non avrebbe posto domande sul pinguino morto. Una storia senza dubbio curiosa e che la stuzzicava, ma avrebbe atteso il momento in cui il ragazzo si sarebbe sentito pronto ad uscire allo scoperto. Erano affari di Draven, sbandierati contro la sua volontà da un esserino malefico.
«Anche tu, stai certo che quel che accade da Sinister rimane da Sinister.»
Il germoglio di un'amicizia spuntò dalla polvere di quel posto dimenticato da Dio. Casey cominciava ad esserne consapevole e, per quanto spaventata, il desiderio di prendere annaffiatoio e fertilizzante per nutrirlo si fece sentire. Da quando Caleb era scomparso dalla sua vita aveva guardato con occhi pieni di diffidenza quei legami che nascono con così poco preavviso e con tale facilità, non volendo più rischiare di lasciarsi travolgere dal dolore del distacco.
«Adesso, permettimi di mettere il cartellino "chiuso" sulla porta e di portarti a prendere un caffè. Se passerai del tempo qui a Nocturn Alley tanto vale conoscere un po' la zona e sapere dove fanno il caffè meno schifoso.»
Si alzò facendo leva sulla destra e si pulì i jeans dalla polvere. Gli porse la sua mano per aiutarlo a fare altrettanto e disse: «Andiamo?»


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