Libero arbitrio ai pensieri., Thalia Moran

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view post Posted on 29/8/2020, 11:38
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Libero arbitrio ai pensieri
intervista Caposcuola.

In un leggiadro quieto movimento, il corpo esile del giovane prese a camminare lungo i corridoi del Castello.
Da quando era iniziata la sua nuova avventura come giornalista del Profeta, le visite all’interno di Hogwarts sembravano capitargli con una frequenza piuttosto assidua. Un fattore non del tutto sgradevole a lui, anzi, fare ritorno nel posto che un tempo aveva considerato come una seconda casa, riusciva ad alleviare quel senso di malessere emotivo che costantemente bussava alla porta dei suoi ricordi adolescenziali.
Con uno scatto, il giovane uomo si voltò verso l’enorme scalinata principale; un paio di ragazzini del primo anno gli passarono velocemente davanti ma lui, adornato dai troppi pensieri dell’ultimo periodo non vi prestò particolare attenzione. Di granito, lo sguardo contornato da zigomi duri sul volto pallido, si abbandonò per un istante al riverbero delle fiamme fredde emanate dalle innumerevoli torce. Vi si bagnò, spegnendosi nella freddezza che riuscivano a riflettere lungo l’intero perimetro.
Quel pomeriggio avrebbe dovuto sostenere un’altra intervista per conto del Profeta; Thalia Moran Caposcuola Tassorosso sarebbe stata l'oggetto del suo nuovo interesse. Poche erano le informazioni che conosceva riguardo la figura in questione: un percorso scolastico invidiabile con votazioni perfette e un luogo di nascita piuttosto comune per la gran parte degli studenti di Hogwarts, Cork. Una cittadina Irlandese collocata a ridosso del mare, con abitazioni deliziose dai colori sgargianti a fare da cornice. Un posto ancora sconosciuto nell’immaginario di Lucas, colpevole la recente infanzia trascorsa nella lontana città di Stoccolma, ben distante dalle varie realtà del Regno Unito.
Era tempo di avanzare, le gambe presero a muoversi rapide, accorciando la distanza che lo separava con il quarto piano del Castello. La prospettiva di una nuova discussione aveva animato nel suo spirito un sentimento di puro entusiasmo; amava i dibattiti ed era in grado di lasciarsi trasportare con grande enfasi quando vedeva dalla parte opposta un certo tipo di sagacia; l’idea di una nuova sfida verbale lo affascinava, lo stesso tipo di sensazione che aveva percepito nella precedente intervista condotta con Megan.
Con passi cadenzati si accorse di essere giunto a destinazione in leggero ritardo rispetto l’orario concordato con la ragazza. La sciagurata conversazione avvenuta qualche minuto prima, con lo zotico mezzosangue scelto per ricoprire il deprecabile ruolo di Guardiacaccia, aveva rallentato la sua avanzata lungo il cortile esterno di Hogwarts. Quella dannata Scuola, aveva la straordinaria capacità di controvertere lo stato naturale delle cose, piccoli ed insignificanti insetti continuavano a crescere di numero, incuranti dell’inesorabile fine che avrebbero fatto in un mondo governato dai soli puri di sangue. Pensieri oscuri che decise di abbandonare all’istante, la porta dell’ufficio dei Caposcuola si trovava davanti a lui, flebili rintocchi al legno annunciarono la sua presenza.
Lasciò cadere un’espressione di totale compiacimento lungo il volto inespressivo, la solita maschera sostenuta da un distacco apatico per quel pomeriggio l’avrebbe forse(?) messa da parte.
Pazientemente, attese un invito ad entrare.




Edited by ~ Lucas Scott - 18/3/2021, 10:01
 
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Sfogliava le pagine del suo libro svogliatamente, sperando che al principio del capoverso successivo l'autore potesse sorprenderla davvero con qualcosa di inaspettato. Non che ci si potesse aspettare molto da un volume dal titolo altisonante quale La legge magica, un compendio di tutte quelle norme che presto - sperava - sarebbero diventate il suo strumento di lavoro quotidiano. Chiuse il volumetto con uno schiocco secco, abbandonandolo poi sulla scrivania. Spiò attraverso la finestra gli studenti in libertà dopo le lezioni del pomeriggio. Era un lusso a lei precluso, almeno per quel giorno. Il giornalista era in ritardo, una benedizione più che una mancanza di rispetto; affacciata alla finestra, ora aperta, inspirava quieta l'aria frizzante affinché le infondesse la calma necessaria a non contro interrogare l'uomo o a dare in escandescenze. L'articolo sulla sua nomina non le era piaciuto. E allora perché aveva accettato di rilasciare un'intervista a colui che incarnava tutto ciò che più la infastidiva in assoluto? Non aveva un abbonamento alla Gazzetta, ma sgraffignava le copie abbandonate in Sala Comune dai compagni, e prediligeva le frivolezze del Settimanale delle Streghe - per il quale sua nonna scriveva ancora qualche editoriale - alle fandonie, secondo sua madre del tutto inventate, del Profeta. Non era favorevole all'ingerenza del giornale negli affari di Hogwarts, né pensava che al pubblico interessasse conoscere i dettagli della vita di una ragazza come molte altre. Thalia Jane Moran non era nessuno, in fondo. Una ragazza di provincia, fiera irlandese, portata per lo studio e aperta alle possibilità che quel mondo nel caos aveva da offrirle. Aveva le idee chiare, molto spesso, su che cosa avrebbe fatto una volta terminati gli studi, ma tutto il resto galleggiava in una zona grigia fatta d'incertezze. Le sue sorelle avevano riso nel saperla coinvolta tanto da vicino con i profitti del Profeta, sottolineando quanto la loro madre sarebbe stata scontenta solo del fatto che avesse accettato l'incontro. Figurarsi se avesse letto le due colonne che le sarebbero state dedicate. Eppure, per quanto la infastidisse perdere il suo tempo in quella che sarebbe stata certamente una sciocca chiacchierata frivola, desiderava incontrare l'uomo che avrebbe voluto scrivere di lei. Colui che aveva già sbandierato ai quattro venti il suo nome e voleva farlo ancora, dopo quel pomeriggio. Il sole le illuminava il volto serio, l'espressione dura delle labbra rese sottili dalla leggera tensione. L'autocontrollo non le era sconosciuto, ma in quei mesi poteva dire di essere sempre la stessa ragazza riservata e misurata nelle proprie reazioni? Troppe cose erano cambiate perché potesse sperare di non essere stata influenzata dagli eventi personali. Poteva davvero fingere indifferenza, parlare di sé e dei propri progetti senza cedere alle domande scomode che probabilmente il giornalista le avrebbe rivolto? Non è questione di potere, ma di volere.
Le parole di Drake, quel guastafeste, le tornarono improvvisamente alla mente. Lui sì che sapeva destreggiarsi in certi ambienti con la consapevolezza e la leggiadria di una farfalla. Forse avrebbe dovuto chiedergli consiglio, ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. E poi, non si parlavano da settimane. Chiuse svelta la finestra, appoggiando le mani sulla pietra fredda delle pareti. Quel contatto le restituì la calma, la frescura come un balsamo contro tutti i pensieri negativi. Non stava andando in guerra, si trattava soltanto di una chiacchierata. I colpetti leggeri alla porta, chiusa da quand'era arrivata un'ora prima dell'incontro, la costrinsero a sollevare il capo. Sistemata l'uniforme, s'incamminò alla porta e l'aprì.
«Lei deve essere il signor Scott.» sorrise cortese, invitandolo ad entrare e ad accomodarsi, indicandogli la sedia libera di fronte alla scrivania. Non se l'era sentita di comportarsi come uno dei docenti, seduta al proprio scranno invitando imperiosamente l'ospite ad entrare. Non era nelle sue corde, non ancora. Percepiva la soggezione che si instaura tra un adulto e un ragazzino, sebbene il suo ospite non fosse come se l'era figurato. Lo seguì e aggirò la scrivania, prendendo la sedia che usualmente non veniva spostata dalla propria sede, per trasportarla di fronte a quella del giornalista. Nessun ostacolo a dividerli, nessuna gerarchia - contro ogni tipo di soggezione. Una volta seduta, si prese il tempo per studiarlo un poco, constatando quanto fosse giovane quell'uomo a dispetto dell'immagine di lui che aveva costruito nel tempo. Se lo immaginava basso, con un paio di chili di troppo, ampie vesti e magari con un naso enorme. Al contrario, il signor Scott pareva aver terminato gli studi da poco - forse cinque o sei anni - e questo la destabilizzava. Rimase in silenzio, le gambe accavallate sotto l'ampia uniforme giallo-nera, un gomito appoggiato alla scrivania e l'indice a sfiorare il mento di tanto in tanto. Era curiosa, il brillio degli occhi tradiva l'emozione che anticipa la scoperta, ma cercava di non darlo a vedere. «Mi sono permessa di portare dalle cucine un vassoio con del tè freddo. Spero non le dispiaccia.» indicò la caraffa colma e i calici ancora vuoti. Vicino a lei, il manuale sulle leggi del mondo magico. «Cominciamo?»
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Edited by Thalia Moran - 7/9/2020, 20:49
 
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Libero arbitrio ai pensieri
intervista Caposcuola.

La particolare accoglienza messa in scena dalla ragazza riuscì a coglierlo di sorpresa.
Una figura magra e slanciata fece la sua apparizione, invitandolo ad entrare con un sorriso di circostanza. Un saluto cordiale accompagnò la porta che veniva chiusa chetamente alle spalle e un sospiro, diede il via a quei pochi passi che l’avrebbero avvicinato al centro della stanza.
Lo sguardo attento scandagliò con particolare attenzione quel luogo così famigliare nei suoi ricordi.
Nuove immagini cominciarono a sovrapporsi a quelle passate, facendo scivolare l’umore di Lucas verso un repentino cambiamento.
Le mani gli tremarono un secondo e quando sentì la voce cristallina di Thalia interrompere il flusso dei suoi pensieri sobbalzò, spaventato da quella intrusione esterna. Sollevò rapido lo sguardo fulgido, posando gli occhi di cristallo lucente sulla persona proprietaria di quella voce, di quel semplice invito a prendere posizione.
-In persona, signorina Moran. Colgo l’occasione per ringraziarla di aver acconsentito a questa mia intervista per conto del Profeta!-
abbozzò un lieve sorriso di rimando, per poi accomodarsi sulla sedia riservata agli ospiti.
Cominciava a sentirsi fuori luogo nell’essere partecipe a tutte quelle interviste, il solito copione di domande da recitare per raccogliere frivole curiosità riguardo la vita di una comune studentessa.
Tuttavia, ora gli occhi fissi sulla Caposcuola non avevano fatto altro che iniziare a studiarla. Cascata di capelli ramati, altezza considerevole, brillanti occhi di un grigio particolare ma privi di emozione, il senso di superiorità che manifestava nei confronti di una situazione del genere era ben palese.
D’altronde, lo stesso Lucas non si riteneva una persona molto loquace, poteva ben immaginare il senso di frustrazione percepito da quest’ultima.
Il gesto seguente di prendere la sedia e collocarla davanti a quella del giornalista lo incuriosì notevolmente, non erano molte le persone che avevano l’ardire di calarsi ad un livello inferiore rispetto a quello conquistato.
-Nessun dispiacere, del tè freddo andrà benissimo.-
disse con lentezza acconsentendo alla richiesta della ragazza. Nessun tipo di ostacolo li divideva ora, le due figure posizionate sullo stesso livello gerarchico erano pronte a cominciare quel dibattito di opinioni che preannunciava affascinanti curiosità.
Prima di procedere con la prima domanda, non poté non notare un moto di riflessione farsi largo tra le espressioni visive di Thalia; tant’è che il dubbio che non si aspettasse di riscontare una figura così poco adulta dalla parte opposta gli solleticò una certa nota di divertimento.
-D’accordo, cominciamo.-
senza perdersi in ulteriori indugi, Lucas mise mano alla sua bacchetta magica, un colpo secco e la solita piuma animata seguita dal rotolo di pergamena bianco fecero la loro apparizione, bloccandosi a mezza altezza tra le due figure.
-Potrebbe iniziare raccontando alcune piccole informazioni riguardo la sua infanzia, magari descrivendo le sensazioni provate nell’apprendere del suo dono magico ricevuto…-
i secondi che susseguirono furono intensi per il giornalista: le mani si strinsero in un pugno e le dita impallidirono, un’azione di cui non si era nemmeno accorto. Una sorta di dubbio cocente gli infiammò il cuore facendogli dolere il petto per un attimo ma il suo sguardo si fece fisso e gelido come ghiaccio.
La aveva incitata a dirgli qualcosa riguardo le sue origini di sangue, una semplice curiosità che aveva intenzione di sciogliere prima di cominciare quel lungo dibattito.
Rimase in silenzio ad osservarla, a guardare quelle labbra perfette e i denti dritti e candidi, la pelle chiara, gli occhi intensi, sorridenti, liberi. Gli ricordavano qualcuno quegli occhi, ma non capiva chi.




Edited by ~ Lucas Scott - 18/3/2021, 10:02
 
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Era un uomo curioso, quel signor Scott. Dava l'impressione di essere a disagio, ma di aver una missione da compiere ad ogni costo. Ed effettivamente, per lui, quell'articolo doveva costituire la garanzia del prossimo accredito sul conto alla Gringott. Seguì con lo sguardo il percorso compiuto dalla bacchetta e dalla piuma, mentre il rotolo di pergamena veniva spiegato con semplicità. Senza perdere tempo, si premurò di versargli un calice colmo per metà della bevanda ambrata e, con un certo riserbo, lo spinse verso il suo lato con un ultimo sorriso, quasi imbarazzato, per la goffaggine di quel servizio raffazzonato alla bell'e meglio. «Prego.» lo invitò a servirsi e, implicitamente, a mettersi comodo. La verità era che non sapeva da che parte iniziare e tutta quella situazione la lasciava in uno stato di forte disagio. Al fine di dissimularla, assunse nuovamente la posizione di poco prima, con l'indice a sfiorare le labbra schiuse, mentre la mano sosteneva il mento con leggerezza. Il signor Scott le aveva posto una domanda personale, naturalmente, e non senza malizia aveva colto un interesse da parte del giornalista che andava ben al di là delle semplici questioni di benessere e denaro. Voleva capire, o così credeva lei, che tipo di strega fosse. «Sono nata a Cork e provengo da una famiglia benestante, conosciuta nel circondario e discretamente nell'ambiente di cui entrambi facciamo parte.» sospirò, protendendosi per versare un secondo calice di tè freddo. Non le piaceva parlare di sé, non l'aveva mai fatto e - se avesse potuto scegliere - avrebbe volentieri evitato. Tuttavia, già che c'era, poteva tastare con mano la veridicità delle informazioni riportate sulla Gazzetta e l'onestà intellettuale dei suoi giornalisti. Se esisteva una falla lei l'avrebbe scoperta. Era quella la ragione che l'aveva spinta davvero ad accettare l'intervista: non si accontentava delle voci di corridoio sul giornale, voleva testare in prima persona il loro lavoro, i metodi usati e le conseguenze a cui questo avrebbe portato. Se questo avesse portato un dispiacere a sua madre, beh... con quel piccolissimo senso di colpa poteva convivere.
«Sono la prima di tre sorelle, mia madre è una diplomatica e mio padre un ex giocatore di Quidditch. Abbiamo viaggiato molto, non per mia scelta, e subito dopo la mia nascita ci siamo trasferiti a New York. Di quel periodo ricordo molto poco e l'unica traccia resta nel mio accento, molto poco irlandese e decisamente non inglese.» rise, distogliendo lo sguardo dalla piuma. Più la guardava oscillare e viaggiare sulla pergamena, più la tentazione di sbirciare le parole trascritte si faceva impellente. «Siamo tornati in Irlanda solo più tardi, quando ormai avevo cinque anni. E' stato un periodo intenso...» e stava per aggiungere non mi è mai mancato nulla quando, in realtà, la voce della coscienza le ricordava con fare superiore che non fosse davvero stato così. Per il suo lavoro, sua madre aveva rinunciato a molte cose, agli affetti in primis. Per certi versi, Thalia non era ancora riuscita a perdonarle le feste di compleanno mancate e le effusioni, normali tra madri e figlie, rifiutate. Definirla un'infanzia rosea non era la scelta migliore, ma non poteva nemmeno dire di aver vissuto nella miseria, specialmente quella affettiva. Era stata circondata dalla sua famiglia per anni, come se avesse vissuto in uno degli antichi clan irlandesi. Poi tutto era finito e agli alti soffitti decorati del Maniero si era sostituito il cottage di mattoni e pietre a secco, con una stanza troppo piccola da condividere con la sorella Fiona per due mesi all'anno.
A guardar bene l'intera faccenda, avrebbe potuto andarle peggio. Molto peggio.
In quel frangente, mentre le dita avvolgevano lo stelo del calice, il suo sguardo si era velato di un'oscurità foriera solo in parte di pensieri funesti. Scott l'avrebbe notato senza dubbio e lei non voleva che ne traesse beneficio per domande indiscrete. Eppure, quasi in risposta al suo sesto senso, Thalia sapeva che quelli - i quesiti scomodi - sarebbero di certo arrivati. Nell'appoggiare il calice sulla scrivania, urtò il manuale col gomito; cadendo a terra, quello si era aperto esattamente nel punto in cui una fotografia, con due ragazze ritratte in movimento che ridevano insieme e si divertivano, faceva da segnalibro. Il ricordo a colori di lei e Nieve Rigos, su una stradina acciottolata della Toscana, scivolò dalle pagine e finì ai piedi di Scott.
«Mi perdoni, sembro tanto educata e a modo, ma in realtà so anche essere goffa, ogni tanto.» mormorò, chinandosi a raccogliere il libro. Quanto alla fotografia, quella se ne stava tra i piedi dell'uomo. Era il caso che l'atto di cortesia, stavolta, fosse proprio il suo.
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Thalia J. Moran | 18 Y.O. | Hufflepuff Headgirl
 
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Libero arbitrio ai pensieri
intervista Caposcuola.

L'aria umida della pietra intorno a loro gli entrò nelle narici e il dolce tepore del sole sulla schiena gli diede sollievo, come una carezza, come uno di quegli abbracci che aveva letto nei libri e raramente vissuto.
Seguì con attenzione le successive movenze della ragazza, mentre il calice veniva riempito per metà della bevanda ambrata e, offerto con un leggero imbarazzo tra le sue mani. Complice la situazione alquanto particolare, entrambe le figure sembravano districarsi con evidente disagio in un contesto così fortemente professionale.
Forse, era solo colpa del suo sguardo troppo gelido, uno sguardo che, lui non se ne rendeva conto, ma era uguale a quello di suo padre. Freddo, privo di sentimenti, lontano dall'umanità. Una tormenta agitava la sua anima, ma mentre sondava gli occhi grigi della Caposcuola non si disturbò a mostrarlo, ponendo sul suo volto la maschera che solitamente portava.
Il labbro inferiore, carnoso e rosso a causa dei denti che lo stringevano in una morsa d'acciaio, vibrò visibilmente e la mente del giovane si costrinse a cogliere una strana somiglianza tra quella ragazza ed una donna fin troppo conosciuta nel mondo magico londinese, Camille Pompadour.
Non tanto nei colori quanto nelle sfumature degli occhi, uno sguardo tremendamente sagace e brillante in grado di trasmettere un forte senso di tensione emotiva nella personalità di Lucas.
Strani parallelismi che bussavano con insistenza sulla sua scatola cranica invadendogli poi lo stomaco di rodimenti, come una pesante gastrite in persone molto nervose e turbate.
Chiuse gli occhi scacciando l'immagine dell’attuale Ministro della Magia dalla testa. Non poteva sopportarla. No, non poteva.
Quella lurida mezzosangue si era servita di lui in passato, mettendolo sopra un piedistallo. Un legame effimero e falso, imbastito dalla donna solo per guadagnare potere e un ruolo degno delle sue scellerate ambizioni.
Patetica, terribile. Una pessima, pessima persona.
Preferì tornare a concentrarsi sulla Caposcuola che posava con grazia davanti a lui, cercando di non perdere il giusto livello di concentrazione appena acquisito.
Un racconto quello della ragazza, molto affascinante e simile a quello di Lucas per certi versi, costretto come la Tassorosso a condividere il periodo di infanzia più precoce tra la gelida città di Stoccolma e la parte magica di Londra. Aggrottò le sopracciglia, potendo ben capire il forte senso di instabilità provato dalla Thalia in versione bambina.
-Detesto vantarmi, ma credo che il mio accento scandinavo possa tranquillamente fare concorrenza al tuo.-
disse sorridendo, per poi avvicinare il calice in prossimità delle labbra, il fresco liquido ambrato che cominciava a scorrergli lungo la trachea rinfrescandola. Poi con voce piatta, parò diretto a lei, proseguendo nella risposta.
-Sono nato e cresciuto a Stoccolma, i miei genitori hanno avuto la brillante idea di investire tutte le loro fortune nel commercio magico più freddo del mondo.-
socchiuse le labbra e le inumidì con la lingua prima di continuare ad ascoltare il racconto della giovane. Poi, un cambiamento improvviso nel suo tono di voce; i suoi occhi, con freddo distacco emotivo mostravano la pesantezza di una coltre di neve, la durezza del ghiaccio che probabilmente percepiva, senza volerlo, il dolore dei suoi pensieri.
Chi alza muri così alti, ha qualcosa di enorme da proteggere solitamente.
In quel particolare frangente, mentre la mano della ragazza si allungava per appoggiare il calice sopra la scrivania, una gomitata fortuita di quest'ultima, provocò la caduta a terra di un tomo voluminoso.
Una reazione istintiva e lo sguardo di Lucas si abbassò al suolo, una fotografia magica, di quelle in cui le persone ritratte si muovono, fece la sua apparizione tra i piedi del giornalista. Si chinò per raccoglierla, una Thalia identica ad ora accompagnata da un’altra figura femminile, facevano la loro sorridente comparsa nel minuscolo ritratto animato. Parevano davvero felici.
Le labbra di Lucas si strinsero ancora di più. Perché lui non poteva aver provato quella stessa gioia quando era solo un comunissimo studente Corvonero?
-E' sbagliato nascondersi nel passato, ma forse, in tempi così difficili e duri cercare il conforto dei propri cari attraverso un ricordo potrebbe essere di aiuto...-
indicò con un cenno del magro volto (forse particolarmente dimagrito negli ultimi giorni) le due figure presenti nella fotografia. Tacque per un istante, mirandola.
-Sembra essere davvero importante la ragazza presente con te nella foto.-
non si preoccupò di apparire indiscreto e continuò a tenere il proprio sguardo fisso sul viso della studentessa, osservandone le eventuali espressioni facciali.
Allungò il braccio per porgere la fotografia nelle mani della Caposcuola, lo sguardo azzurro cielo di Lucas invece, sembrava aver raggiunto le tonalità del ghiaccio, la magia, il sangue degli Scott che visibile scorrevano in essi.




Edited by ~ Lucas Scott - 18/3/2021, 10:03
 
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Una sorta di brivido la percorreva da capo a piedi, mentre il signor Scott si chinava a raccogliere la fotografia. Nieve ricambiava il suo sguardo, col suo sorriso così raro e che mostrava solo a lei, ed ora lui aveva tra le mani un pezzetto di quel passato a cui si ancorava con forza. Era una parentesi privata, che non avrebbe condiviso col giornalista se non fosse stata tanto disattenta. Non era a proprio agio, non come lui, nel parlare del proprio vissuto con tanta smaliziata libertà. Non conosceva quel giovane uomo, non sapeva nulla di lui, eppure la infastidiva che toccasse con mano una prova che la sua amicizia con Nieve era esistita. Benché fosse svanita nel nulla, come l'orizzonte inghiottito da una nebbia densa e avvolgente, Nieve Rigos era da qualche parte e la loro amicizia, pur sembrando dimenticata, esisteva ancora. Combatteva con se stessa, come mai aveva fatto prima, per evitare di strappargli dalle mani il ricordo con la stessa avidità di un assetato a cui venga offerto un sorso d'acqua. La sua educazione le imponeva un autocontrollo ferreo, che mascherasse il tumulto delle emozioni nascoste sotto la superficie. Così un sorriso di falso imbarazzo copriva la voglia di dire qualcosa di cui si sarebbe pentita; la mano tremante diveniva salda e la fotografia tornava finalmente dalla sua legittima proprietaria. Tacendo già da diversi secondi, contemplava quel ritratto di felicità. Quello era un periodo felice. Il Caos era cominciato solo più tardi. «E' mia sorella.» aveva detto, senza nemmeno rifletterci troppo. Le guance s'erano imporporate appena, mentre lo sguardo tornava a ricambiare quello del suo interlocutore «Non di sangue, naturalmente. Lei è...» Troppo bionda. A quel pensiero, un sorrisetto divertito aveva fatto capolino sul volto appena imbronciato. Poi, la maschera di serietà e impenetrabilità aveva ripreso il suo posto con nonchalance. «...la mia migliore amica.» E se davvero questo era il loro rapporto, perché le sue lettere non avevano seguito? Aveva smesso di arrabbiarsi, aveva smesso di chiedersi perché. Una ragione esisteva sempre, dietro ogni scelta e per ogni bivio che avrebbero percorso, insieme o singolarmente; eppure, Nieve non era lì e la sua assenza era un peso troppo grande da sostenere in quel momento, specialmente agli occhi di chi sarebbe andato a nozze con le miserie altrui. Ricomposta in una posa più rigida, meno esposta ai colpi avversari, Thalia aveva riposto la fotografia tra le pagine del suo manuale, mostrando la costa del volume sul quale era riportato il titolo. «A volte fa bene rifugiarsi nei momenti felici e certe letture possono essere un tantino... opprimenti.» La legislazione magica, del resto, non era pane adatto ai denti di chiunque. Per certi versi, Thalia sentiva di essere nata - ora lo sapeva - per quel preciso scopo. L'aveva capito solo di recente, ma ciò che la spingeva a percorrere quella strada era la costante ricerca del dettaglio che agli altri sfuggiva, la curiosità di valutare ed analizzare, anche a sproposito alcune volte, tutto ciò che potesse nascondere un margine di indefinitezza. Ciò che per gli altri era un mistero, per lei doveva essere assoluta verità. Nero su bianco. E quel mestiere, più di molti altri, avrebbe potuto aiutarla a vivere secondo coscienza ed instillando negli altri la stessa correttezza formale che lei auspicava per se stessa. Non si accontentava della "versione ufficiale". La tendenza generale di Thalia non era quella di lasciarsi trasportare dalla corrente: desiderava il controllo della propria vita, operava sacrifici e rinunce secondo uno schema ed altrettanto rigidamente s'imponeva di conoscere qualcosa a fondo prima di trarre un giudizio. Così accadeva che le letture universalmente considerate tediose trovassero in lei un riscontro positivo o negativo, una valutazione obiettiva data dalla pura sperimentazione. Naturalmente, non era sempre stata così. Il suo rapporto con la Milford-Haven, del resto, ne era la prova. All'epoca erano due ragazzine e il suo era un complesso di onnipotenza piuttosto ingombrante. Nulla a che vedere con la persona che, quel giorno, si stava lasciando esaminare come una cavia da laboratorio: era diversa dalla ragazzina prepotente di quel pomeriggio di pioggia e sapeva di poter essere migliore di quanto non fosse stata. Eppure, c'erano ancora molte cose che doveva imparare. Ad esempio, si chiedeva se quel giovane avesse da sempre saputo chi e che cosa sarebbe diventato, se quel mestiere - quello del giornalista - gli si cucisse addosso come un abito di alta sartoria; si domandava se, insomma, Lucas Scott fosse felice di guadagnare il denaro necessario per vivere infiltrandosi nelle vite altrui, raccontando le storie degli altri senza lasciar detto nulla su di sé. Parte della risposta a quelle domande mai espresse aveva avuto luogo poco prima e, proprio a quella parte della conversazione, Thalia si apprestava a ricollegarsi. Se non altro, per non perdere le fila del discorso e l'essenza di quell'incontro. «Ad ogni buon conto, mi sembra che il marcato accento scandinavo non sia un problema. La rende soltanto più interessante.» la pausa che era seguita a quell'affermazione aveva messo le basi per una considerazione del tutto personale che spazzasse via la velata lusinga che gli aveva voluto concedere. Un passo falso che non desiderava commettere nell'immediato futuro. «Questo è quello che ripeto a me stessa, perlomeno.» dicendolo, aveva scacciato la civetteria con la mano, a minimizzare quella frase e le sue improbabili applicazioni reali. Di sicuro, dopo quel momento, Thalia desiderava proseguire l'intervista e sperava che anche il signor Scott fosse dello stesso identico avviso.
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Libero arbitrio ai pensieri
intervista Caposcuola.

Si dice che le parole sono solo una piccola frazione di ciò che diciamo realmente, e che in verità la lingua frena e gli occhi parlano. Lo sguardo, il viso, i movimenti.
La prossemica, poi, ulula vedendo due persone distanti, lo stesso strillo che sembrava sfiorare le insicurezze di Thalia.
Come una carezza di un gigante, la ragazza afferrò la fotografia, cercando di celare il lieve tremore delle sue mani, impaurite da chissà quali sofferenze.
Gli occhi azzurro cielo sondavano il volto marmoreo della Caposcuola, le espressioni solcate dalle emozioni che si abbattevano come una tempesta nella giovane anima. Perché soffriva così tanto?
Quale segreto nascondeva in sé stessa?
Lucas si limitò a non staccare nemmeno per un istante lo sguardo da lei, i loro corpi così vicini, l'intenso aroma della magia che raggiungeva il suo olfatto, della purezza, dell'acqua cristallina in cui la sua anima sguazzava.
Un'anima tormentata, però, che in quell'acqua di cristallo non trovava tregua né riposo, ma solo lava e fango.
Sapeva nulla del legame di amicizia che intercorreva tra le due giovani ragazze presenti nella foto, anzi, il sentimento di amicizia rappresentava un fattore totalmente sconosciuto a lui; ancora rammentava, le diverse volte in cui aveva provato a stringere una conoscenza genuina con altri bambini della sua stessa età, la sera puntualmente, quando faceva ritorno a casa, veniva picchiato da suo padre.
Aveva sbagliato, aveva disobbedito; gli altri bambini non erano speciali come lui, non meritavano le sue attenzioni.
Sospirò silenziosamente osservando il turbine di emozioni, osservando il silenzio che tratteneva con una mano nera e trasparente la sua bocca dal parlare. Perché si teneva dentro quello che aveva da dire?
Tutti i Puri hanno dei segreti, ed era giusto mantenerli celati, forse.
-Non è facile essere amici di qualcuno, lo sarebbero tutti se fosse così semplice...-
il cuore che batteva quieto e calmo, lo sguardo che insisteva come il mare su quello scoglio dalla rossa chioma.
Rimase ad osservarla mentre riponeva la fotografia all’interno del voluminoso manuale, un titolo di testo decisamente particolare quello scelto dalla ragazza.
Ascoltò le successive parole di quest’ultima, un’affermazione vagamente maliziosa che lo costrinse ad abbassare lo sguardo sulla propria mano, cercando di scacciare quel senso di imbarazzo che difficilmente riusciva a fare capolino nella sua fredda personalità.
Tentò di ingoiare la saliva che stranamente si era raggruppata in fondo alla sua gola, la sciocca impressione di essere sembrato senza respiro.
Cosa che infatti era.
Raddrizzò la schiena per darsi un minimo di tono, rapido portò il calice sulle labbra, sperando che quella semplice mossa potesse mascherare il lieve tumulto appena manifestato. Bevve una lunga sorsata, prima di rispondere.
-Per nostra fortuna, accenti differenti o classificazioni di sangue discordanti, non rappresentano alcun fattore discriminante nel mondo magico di oggi.-
parole belle ma che realmente non pensava, un concetto di uguaglianza troppo lurido da tollerare nella sua testa. Sapeva benissimo che alcune sue convinzioni erano dettate esclusivamente in relazione a quello che suo padre gli aveva inculcato sin da quando era bambino. Era sempre lui il problema, il cardine che regolava la sua vita, il distaccato e cruento modo di ragionare.
Risollevò il dolce e materno sguardo incurvando le carnose labbra in un tenero sorriso.
-Legislazione magica? Un tantino pesante come lettura di svago.-
un battito di ciglia, un altro ancora, e Lucas si rese conto di come quella figura che si trovava davanti a lui possedesse delle particolari qualità fuori dal comune.
Sì, riusciva spesso a capire le persone dal loro odore e dalle loro espressioni facciali, anche se alcuni profumi uscivano dalla sua concezione mentale. Riconosceva la cattiveria, e la magia. La bontà e la stupidità.
Thalia Moran, era sicuramente una strega buona e brillante.
-Ambizioni future di entrare al Wizengamot, forse?-
chiese divertito. Lo sguardo si rialzò senza barriere, senza scudi. Eccolo lo Scott in versione giornalista. Niente più Lucas. Solo Scott.
Occhi grandi, dolci, azzurri come un cielo di primavera senza nuvole, azzurri come le acque cristalline dei mari del Sud, pronto a catturare nuove informazioni relative alla figura della Caposcuola.




Edited by ~ Lucas Scott - 18/3/2021, 10:04
 
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Seguendo il profilo delle lettere in rilievo sulla copertina rigida, l'indice disegnava circoli e linee rette che attiravano il suo sguardo e lo portavano lontano da quello indagatore del giornalista. Non temeva certo il confronto diretto, ma quelle parole sull'amicizia e i bei sentimenti avevano inavvertitamente - o forse no? - cominciato ad erodere parte delle sue marmoree certezze. «Tutte le relazioni sono complicate, credo.» aveva concesso infine, ben sapendo quanto quella risposta lasciasse spazio ai non detti e alle più svariate elucubrazioni. Tutto ciò che la turbava aveva a che fare con quella sfera emotiva che voleva serbare soltanto per se stessa, poiché parlarne avrebbe equivalso a mostrare il fianco, sempre la parte più debole, all'avversario. Aveva cominciato a credere che quell'intervista fosse una specie di duello e, pertanto, si convinceva dell'idea che evitare di volgere lo sguardo nella direzione del signor Scott potesse salvarla da possibili intromissioni o ingerenze. Non la preoccupava che si scoprisse qualcosa circa i suoi problemi affettivi - Nieve era svanita nel nulla e Mike si aggirava per quegli stessi corridoi incurante di molte cose, ma soprattutto di lei -, ma le importava che non emergesse mai la ragione per cui starle accanto fosse tanto difficile. Erano trascorsi mesi, ma ogni volta che il pensiero di Mike la sfiorava il cuore sfarfallava e sembrava restringersi, quasi volendosi rimpicciolire per percepire una dose meno letale di dolore. E allora cominciavano i sospiri, uno o due a seconda del malessere che quelle riflessioni le cagionavano; non riusciva a darsi pace e poco importava che i suoi compagni lo notassero. Tutti avevano dei problemi, lei non faceva eccezione e non doveva - quindi - essere compatita più o meno degli altri. Eppure, sospirare come stava facendo di fronte ad uno sconosciuto avvoltoio pronto a banchettare con le informazioni che quei sospiri portavano con loro, significava mostrarsi per ciò che era, ma sapeva di poter cambiare. Ancora una volta, si convinceva che i sentimenti non fossero altro che una zavorra inutile, capace solamente di offuscare il giudizio. «Avrò tempo per scoprirlo, immagino.» avrebbe detto, poi, sorridendo mestamente e lasciando che fossero i luoghi comuni a colmare lo spazio lasciato dal suo silenzio. Quella situazione non le piaceva ed era come indossare un abito splendido, ma della taglia sbagliata: i movimenti erano rigidi e impacciati, poco usuali per una come lei, che nel disagio trovava comunque il modo di muoversi con libertà e discrezione. Lo stesso disagio, poi, si era palesato - senza sorpresa - alle parole seguenti dell'uomo «Non credo che tutti la pensino come lei, ma non siamo qui per giudicare, non è vero?» aveva detto, il tono incolore nella voce, e aveva preso allora il volumetto tra le mani, poggiandolo sulle ginocchia e facendosi forza per continuare quella conversazione. Inclinato il capo di lato, all'ennesima domanda - stavolta più divertita di quanto si aspettasse -, Thalia non aveva distolto lo sguardo da lui. «Credo che la mia famiglia si aspetti che scelga la strada degli Auror o della diplomazia. Alcuni non sono fatti per seguire le orme altrui, però.» sorrise e con la coda dell'occhio, turbata, aveva cominciato a seguire il percorso della piuma sulla pergamena, che piano piano si riempiva di ghirigori e inchiostro «Io, invece, credo che la mia strada sia diversa. Ho capito che la prima linea, quella di Auror e Antimago non fa per me. Rispetto molto il loro operato, naturalmente, ma ci sono persone migliori della sottoscritta per quel genere di compiti.»
Un Auror, di certo, non avrebbe passato la vita col naso tra le pagine di un libro. L'azione, il brivido e l'adrenalina erano cose che voleva dimenticare per nessun motivo in particolare. Per certi versi, il brivido di alcune esperienze guidate era stato più che sufficiente a segnare la sua strada. Il ruolo che s'immaginava di occupare dopo il settimo anno era fatto di udienze e sentenze, della ricerca del lecito e dell'illecito; stabilire e riportare i limiti della vita civile in un mondo dominato dal Caos era una ricompensa sufficiente per lei. Già da troppo tempo si era fatta l'idea che la stabilità - in qualunque sua forma - fosse un bene prezioso e rarissimo. «La mia famiglia mi ha insegnato a lottare per ciò in cui credo e per la giustizia non si scende a compromessi. Mai. Giusto e sbagliato sono facce della stessa medaglia, ma possono essere confuse quando subentra l'interesse personale.» lo sguardo virava allora alla ricerca di quello del suo interlocutore e, trovandolo pronto e attento, aveva proseguito con voce ferma. «La legge è chiara, ma non è assoluta. S'interpreta e si adatta come l'acqua in un recipiente. Non sempre dà le risposte che vogliamo o le soluzioni di cui abbiamo bisogno, ma è un buon punto di partenza per cercare di ottenere qualcosa.»
Si era lasciata prendere la mano, com'era ovvio, e non aveva risposto soltanto ad una domanda circostanziale: aveva fornito anche una versione dei fatti che avrebbe comodamente potuto renderle un buono o un cattivo servizio in base a chi avrebbe letto le sue parole.
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intervista Caposcuola.


-Assolutamente no, mi ritengo la persona meno adatta per poter giudicare il pensiero altrui!-
aveva creduto di poter intaccare il muro emotivo eretto dalla ragazza, anche solo in minima parte; il tasto dell’amicizia avrebbe potuto aprire una e più possibilità, una fragilità che non tutti erano in grado di preservare, Lucas ne era consapevole.
Tuttavia, le successive parole di quest’ultima non lasciarono adito ad altre possibili incursioni esterne, un atteggiamento sicuro e dedito a scacciare la curiosità sagace del giornalista. Molto più interessante, ai fini dell’intervista, risultò la risposta di Thalia in merito ad una possibile occupazione futura nel mondo lavorativo.
Involontariamente, la mente di Lucas cominciò a navigare indietro nel tempo, in un contesto accademico che ancora lo vedeva come giovane Corvonero. Un’intera carriera scolastica focalizzata solo ed esclusivamente sull’immediato presente, amalgamando buoni voti e riconoscimenti vari per l’impegno profuso come Caposcuola. L’errata consapevolezza che quel periodo potesse non finire mai, aveva generato un sollazzo evasivo nelle sue aspettative future di vita.
Le Ombre, incontrate lungo il cammino, avevano creato una confusione più grande di lui, uno stato di forte indecisione che ora lo costringeva a ricoprire un ruolo da giornalista che non sentiva pienamente suo.
Si chiese per un attimo, lì nel presente, se quelle scelte attuate in passato avessero leso al suo corretto equilibrio di vita; quali altre strade avrebbe potuto intraprendere una volta uscito da Hogwarts, se fosse stato reso partecipe di nuove opportunità, se la stessa possibilità di scelta fosse stata ampliata per davvero su diversi campi professionali.
Lui che programmava ogni istante della propria giornata, si trovò a boccheggiare, indeciso su come intervenire davanti le parole così consapevoli sfoderate dalla fanciulla.
-Una teoria interessante signorina Moran, parole che in parte sento di condividere appieno. -
una parte di sé avrebbe tanto voluto aprire bocca, lì nell'Ufficio, e porre quesiti che forse non avrebbe mai dovuto esternare davanti ad una perfetta estranea. Un'altra parte di sé, cominciava a nutrire un certo tipo di interesse verso una logica così perspicace e simile alla sua.
Cercò di slegarsi da quel tipo di sensazione, mostrare della palese ammirazione nei confronti di qualcuno era un espediente da evitare dato il suo ruolo neutro di giornalista.
-Quando si educa alla legalità si omette una verità che invece andrebbe detta. Le leggi non nascono in natura ma ci sono delle persone che decidono, anche sulla pelle altrui, quali saranno le regole alle quali tutti noi dovremo sottostare.-
con quel breve preambolo sperava di sottolineare una lieve differenza con il concetto espresso dalla Caposcuola, una sfumatura nitida ma presente, pronta a rimarcare un sentimento di scetticismo di Lucas per delle regole scritte e spacciate come verità assolute.
Non riuscì a fare a meno di cambiare posizione sulla sedia, spostandosi leggermente di lato come indispettito; l’argomento intrapreso con Thalia lo affascinava, una parentesi complessa che magari avrebbe meritato il giusto approfondimento all’interno di un contesto più consono.
-La legge può si rappresentare un buon punto di partenza, ma saper leggere le persone all’interno di una situazione ingarbugliata può creare delle attenuanti legate al singolo caso. Chiedo scusa per questo mio prolisso, trattare un argomento così vertiginoso richiede troppo tempo, ne sono consapevole.-
sorrise, sinceramente coinvolto nelle espressioni dell'altra; per la prima volta in vita sua, il giovane ebbe timore di aver detto la cosa sbagliata al momento sbagliato, di apparire troppo anarchico e di non poter tornare sui propri passi.
Trovarsi sulla sponda opposta rispetto a quella della ragazza, gli permetteva di conoscere alla perfezione i differenti modi di agire da parte dei "Buoni"; non sempre la prima linea di movimento garantita dagli Auror rappresentava la variabile più importante di contrasto, molto più efficace e sentenziosa poteva essere la parte giuridica se ben esercitata a dovere.
-Tornando a noi, direi di fare ritorno sul presente più attuale…
non aveva idea da dove ricominciare, ne era consapevole, e in quell'incertezza si nascose dentro un leggero imbarazzo. In quel momento, c'era così tanto da poter condividere, così tanto da poter chiedere, perfino di cui poter confidarsi.
Tentò di fare ordine tra i pensieri, tornando sopra l’argomento della nomina a Caposcuola.
-Il fatto di essere finita nella casata di Tosca Tassorosso, quanto pensa che abbia influito nell’evoluzione personale di Thalia? Avrebbe raggiunto ugualmente i notevoli traguardi di Prefetto prima e Caposcuola dopo, crede?-
uno sguardo curioso, un cipiglio confuso sulla fronte; non aveva rimostranze, non aveva paura di rivelarsi come una figura irriverente, e si accorse di aver sperato e atteso con ogni parte di sé un duello di frecciatine così liberatorio.
Non aggiunse altro, prese un lungo respiro e trattenne l'aria, attendendo una reazione della Moran.




Edited by ~ Lucas Scott - 18/3/2021, 10:05
 
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«Qualcuno dovrà pur prendersi carico di stabilire cosa è lecito o illecito, non crede? La Natura ragiona per assolutismi: Vita o Morte, Bianco o Nero. Bene e Male.» aveva cominciato a dire e, nel farlo, una punta di orgoglio aveva cominciato a trasparire dalle sue parole. Quel ragionamento era nato nel silenzio di riflessioni soltanto sue, mai condivise - o quasi - con anima viva. Per suo conto, Thalia aveva sperimentato suo malgrado che cosa significassero tutti quei concetti e desiderava ardentemente porre un punto fermo all'incertezza che dilagava nel mondo magico e in quello comune. «Se tutti ci comportassimo secondo natura, come mi pare lei suggerisca, vigerebbe una sorta di anarchia. E non credo ci serva, in questo momento.» questa volta, un sorrisetto sornione, che mai aveva osato mostrargli, aveva fatto capolino sul viso altrimenti serio. Non era una persona neutrale e mai lo sarebbe stata: il Bene era una questione sulla quale non avrebbe mai e poi mai potuto transigere. Lucas Scott, giornalista della Gazzetta del Profeta, poteva mantenere le sue idee, naturalmente, ma per quanto la riguardava la sua era un'opposizione in termini che non aveva capisaldi abbastanza forti da resistere alla sua confutazione. Del resto, la natura aveva le sue leggi e l'uomo ne aveva solo tratto esempio.
«Ha ragione, mi perdoni. L'emozione di essere catapultata nel mondo al di là di queste mura, per quanto confortevoli, mi esalta come poche altre cose.» stringeva le dita intrecciate in grembo e si preparava mentalmente ad un nuovo assalto alla sua sfera privata. L'espressione, ora serafica rispetto alla parentesi che aveva riguardato Nieve, trasmetteva calma e sicurezza. Cose che Thalia non riusciva nemmeno a percepire da lontano in un momento simile. E la domanda che aveva seguito quel breve richiamo al presente era la peggiore che lui potesse farle. La scelta del Cappello Parlante era stata un pugno nello stomaco e un torto che il Destino aveva voluto farle andando a minare le fondamenta fanciullesche fatte di racconti e convinzioni maturate nell'ambiente domestico. Ogni volta che il suo sguardo individuava la Torre di Divinazione, gli occhi cercavano le finestrelle della Sala Comune di Corvonero. Da bambina aveva pensato - e sperato - che quella sarebbe stata la culla della sua adolescenza e il luogo perfetto per la sua maturazione in qualità di strega. Ovviamente, il Cappello era stato di tutt'altro avviso e la sua famiglia aveva saputo cogliere le avvisaglie del disagio rispetto quella decisione subìta. «Tassorosso è stata la Casa di mio padre, ma non ho mai pensato fosse la mia.» aveva esordito, lo sguardo rivolto agli occhi azzurri e penetranti del signor Scott «Tutti i bambini crescono con la convinzione di appartenere a qualcosa di più grande e glorioso, forse al pari delle figure familiari che più ci ispirano fiducia. Eppure... Tassorosso è e resterà sempre la mia Casa. Quella a cui penserò con orgoglio ogni volta che, in futuro, vorrò poter tornare indietro nel tempo, anche soltanto attraverso i ricordi.» aveva sorriso mite, con la sensazione di essere stata troppo sentimentale e la voglia di rimangiarsi ogni parola seduta stante. «Con il tempo ho capito che non sono i colori di una divisa o gli insegnamenti di un Fondatore a rendere una Casa speciale. Sono le persone che la abitano e la mantengono in vita. I miei traguardi personali, tuttavia, sono frutto esclusivamente delle mie capacità e, solo in minima parte, dell'ambiente in cui ciò è avvenuto ed è stato possibile.» non aveva staccato gli occhi di dosso al giornalista, per cercar quantomeno di cogliere un cenno di approvazione - o del suo contrario - a quelle parole verso la sua Casa, per certi versi, crude.
«Non posso e non voglio sapere se una Casa diversa mi avrebbe saputo fornire strumenti diversi per crescere. Quello che so è che Tassorosso riunisce menti brillanti, pronte al sacrificio e chi la popola sa essere parte di un gruppo che non intralcia i suoi membri con la superbia o l'ambizione. Ognuno può migliorare se stesso, ambire al massimo e nel farlo non ostacola il vicino di dormitorio, anzi, lo aiuta a perfezionarsi.» le dita sfioravano, ora, la punta del naso, come a voler scacciare un prurito leggero e fastidioso. Era l'imbarazzo e il nervosismo, lo sapeva fin troppo bene. «Tassorosso non era la mia Casa, signor Scott, ma lo è diventata. E per lei, in qualità di Caposcuola, farei qualsiasi cosa. Nel rispetto delle regole, s'intende.» abbozzava un sorriso divertito, senza lasciar andare del tutto quel porto sicuro che erano le chiacchiere di attualità. Era un terreno scivoloso, uno di quelli che - come già detto - avrebbe preferito evitare. Eppure, era innegabile: Lucas Scott la stava intrattenendo a dovere, meglio di quanto avesse osato immaginare e sperare.
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intervista Caposcuola.

Eccole, ben visibili agli occhi di Lucas, le riflessioni insite nelle convinzioni della ragazza, un ragionamento di pura e semplice trasparenza emotiva.
Era incredibile quanto quel concetto di bene assoluto fosse agli antipodi dei suoi insegnamenti ricevuti da bambino: la diffidenza, l’accortezza delle parole, dei gesti, la purezza del sangue, tutti elementi in grado di rimescolarsi furiosamente nei suoi ricordi adolescenziali, forgiandosi in una nuova forma.
Comprendeva, ora, quanto avesse influito l’educazione severa che suo padre aveva adoperato in maniera intransigente nei suoi riguardi, costringendolo a vivere all’interno di una gabbia oscura, fatta di ipocrisia e negative consapevolezze. Una fortezza impenetrabile, fatta di sbarre spesse e aggrovigliate con dolcezza ad ogni angolo, ad ogni spigolo, la chiara intenzione di rendergli la fuga impossibile.
Da piccolo, gli era stato donato l'ossigeno dal respiro dell'odio, e gli era stato detto che era aria normale. Era stato picchiato, frustrato, minacciato, insultato. I suoi capelli erano stati strappati e le sue guance schiaffeggiate. La sua schiena, sì, la schiena era però la vittima preferita.
In quell’involucro oscuro la mente di Lucas riusciva ancora a sentire il dolore di ogni frustrata, l'odore del sangue misto a quello dell'umidità della vecchia cantina, le sue orecchie udivano ancora lo zampettare dei topi attratti dall'odore delle sue ferite.
Un lampo di fuoco balenò nell'azzurro sguardo mentre esso indugiava sul volto della Caposcuola, una leggera invidia provata nei confronti di un’infanzia normale alla quale lui era stato sottratto. Fu un secondo però, un secondo in cui lui odiò la ragazza che aveva di fronte, una forma di ribellione nata a causa di quelle parole così contrastanti, costringendo la sua normale logica a porsi domande su sé stesso.
La verità era lampante, le convinzioni della ragazza erano cieche e sbagliate, non certo le sue. Esternazioni che decise di accantonare, almeno per il momento, costringendo la gabbia oscura a svanire dalla sua vista.
Deglutì, accogliendo con un lieve sorriso il punto fermo posto da Thalia circa quell’argomento così spigoloso, gli occhi malinconici che continuavano a seguire il profilo delicato della giovane, cercando di carpire quante più informazioni possibili nelle sue risposte lungimiranti. La domanda relativa alla Casata di appartenenza, riuscì a rabbuiare per un istante quel viso così grazioso.
Per quanto si sforzasse di trattenerlo, era troppo palese il suo malessere emotivo.
Spiegazioni che non tardarono ad arrivare.
-Concordo, Tassorosso, Corvonero.. Sono solo nomi, non contano niente.-
un sorriso gli increspò le labbra, ma la testa aveva cominciato a dolere, incapace di sopportare tutte quelle incongruenze che si affollavano nella sua testa, lanciandogli continue stilettate di dolore che soltanto grazie al suo autocontrollo riusciva a tenere a bada.
La destinazione della Casata, le classificazioni di sangue, le origini del cognome, erano tutti fattori fondamentali per lui. Loro erano Maghi e in quanto tali erano degni di apprendere le Arti che per secoli i loro antenati avevano tramandato.
Gli altri? Impuri, immeritevoli. Come potevano ambire alla Magia coloro i cui antenati, anni e anni prima, l'avevano ripudiata additandola come Oscurità, addirittura rinnegando la sua esistenza?
-Il modo secondo il quale decidiamo di studiare la magia, apprenderla ed utilizzarla a favore di un bene superiore, determina il tipo di persona che in realtà siamo!-
deglutì, cercando di mantenere lo sguardo fisso in direzione della ragazza.
Tassorosso, dopo tutto nascondeva ottimi studenti, svegli e incredibilmente sagaci: l'attuale conoscenza di Thalia Moran stava smussando alcuni suoi preconcetti iniziali, forse.
-In lei percepisco una mente brillante signorina Moran, sono sicuro che sarebbe riuscita a raggiungere i suoi traguardi a prescindere dal contesto differente di Casata!-
disse con voce serena, come a darle coraggio. Scacciò alcuni pensieri e proseguì.
-L’intelligenza è un dono. Un dono dettato dalla magia. Utilizzarlo per uno scopo nobile come il suo è ammirevole.-
disse concentrandosi su quella figura che aveva di fronte.
Sentiva e conosceva le persone prima dall'odore, che dalle parole. Passò lo sguardo da quegli occhi chiari alle labbra strette, per poi risalire con lentezza agli occhi. Non percepiva più il timore di risultare indisponente o troppo avventato con quegli sguardi. Ma per quanto la studiasse, i suoi occhi erano sempre gli stessi. Chiari, certo, ma più simili a due profondi pozzi neri in cui uno sprovveduto sarebbe potuto cadere, di lì ad un attimo ponendo la domanda sbagliata.
-Voglio essere sincero con lei, perché scegliere una strada così complicata per il suo avvenire lavorativo? Il sistema giudiziario del nostro mondo magico va avanti da moltissimi secoli e nessuno è mai riuscito a cambiare le cose..-
socchiuse gli occhi mentre rifletteva rapidamente sulla domanda da porre alla Caposcuola. Il sorriso, lento, si spense dalle labbra lasciando solo una vaga espressione persa.
-Vuole dimostrare qualcosa a qualcuno? O si tratta di una semplice scommessa che intende vincere con con sé stessa?-
chiese incuriosito.




Edited by ~ Lucas Scott - 18/3/2021, 10:05
 
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Lucas Scott scavava con tenacia nella sua vita, nel suo privato e nel suo pubblico, senza esitazioni o remore; aveva abbandonato gli sguardi di sottecchi - quel riguardo che si concede facilmente alle persone appena incontrate - e si era lanciato in domande via via più stimolanti e al contempo pericolose. Non voleva rivelare troppo di se stessa, ma in verità lo aveva fatto eccome. Per un attimo, la voce di Connor Moran le rimbombò nella testa, scalzando i pensieri più puerili su che cosa avrebbe potuto dire e, invece, aveva detto. Suo nonno la stava mettendo in guardia sulla diversa genìa di maghi e streghe, di come non tutti fossero per forza innocui. Dire una parola di troppo le sarebbe potuto essere fatale. Questo era stato il presupposto alla sua dottrina, quella che l'avrebbe condotta ad divenire Occlumante. Contravvenendo a quegli insegnamenti, Thalia aveva rivelato la sua posizione nei confronti della giustizia - implicitamente sottolineando quale fosse la sua motivazione ad agire - e persino quanto poco Tassorosso avesse avuto a che vedere con la sua crescita personale. Quell'ultimo pensiero le raggelò l'aria nei polmoni, il peso di un nuovo senso di colpa ad ammassarsi su quelli già presenti e ben noti. Lucas Scott sapeva davvero far bene il proprio mestiere, non c'era ombra di dubbio.«Troppo gentile.» commentò, una smorfia di falsa modestia ad incresparle le labbra. Non aveva paura dei suoi occhi indiscreti, di quello che avrebbe potuto trarre dalle sue espressioni facciali o da ciò che ostinatamente s'impegnava a celare, a volte senza riuscirvi completamente. Aveva l'impressione che quella, più che un'intervista, fosse un disputa su scuole di pensiero differenti. E quando si trattava di sfide, Thalia Moran non indietreggiava mai.
«Gliel'ho detto.» cominciò, alzando semplicemente le spalle in segno di scuse «Credo nella giustizia e vorrei che fosse rispettata da tutti. So che è impossibile, ma diciamo che è il mio sogno nel cassetto. Così mi chiedo... Lei è diventato giornalista per ambizione o per scoprire informazioni che ad altri dovrebbero essere totalmente precluse?»
Aveva sorriso, ma non era l'espressione cortese usatagli fino a pochi istanti prima; le labbra schiuse, ora, nascondevano il sapore dolce della stoccata che pone fine ad una conversazione a senso unico o che, al contrario, sancisce l'inizio di nuove mirabolanti congetture su chi l'altro sia o voglia divenire. Nel suo caso - ed è doveroso sottolinearlo - Thalia desiderava lasciare un messaggio chiaro al proprio interlocutore: sapeva essere accomodante, ma riconosceva perfettamente un'invasione di campo in piena regola.
«L'ambizione è sempre positiva, se si sa a che cosa puntare.» avrebbe continuato, prima ancora che lui avesse il tempo di ribattere «Ad esempio, so che terminati gli studi farò di tutto per entrare in un certo ambiente. Ma so benissimo che una volta raggiunto il mio obiettivo ne dovrò avere un altro. E un altro ancora. Quando ne avrò uno nuovo?... beh. Lascio che sia il Tempo a deciderlo. Chissà, potrei persino tornare ad Hogwarts e insegnare a tramutare un tenero topolino in una carinissima tazza da tè.» le dita si strinsero nuovamente allo stelo del calice, mentre con una quiete che sentiva sfuggirle di secondo in secondo, provava a distogliere il giornalista dal proprio compito.
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intervista Caposcuola.

Bloccato come all’interno di un labirinto, la testa di Lucas incassava come poche altre volte in perfetto silenzio le frecciatine provocatorie lanciate da Thalia.
La sensazione di ritrovarsi davanti ad una disputa fra due correnti di pensiero diametralmente opposte lo accecava di morbosa curiosità, la netta riflessione che quella conversazione potesse assumere una forma alquanto piacevole prendeva sempre più spazio nel suo interesse immaginario.
Lo sguardo cristallino continuava a studiare ogni minimo cambiamento di espressione nel volto della giovane, una corazza impenetrabile la sua, così dura da condizionare il corretto filo logico che il giornalista era solito palesare in quelle situazioni. Le mani tremarono leggermente, chiuse il palmo a pugno, districando attentamente ogni parola nelle riflessioni esternate della Caposcuola.
Le nocche sbiancate dalla tensione, si sciolsero non appena si rese conto che era giunto il momento per lui di colpire più a fondo, tentare di colpire nell’intimo la sua preda.
«Il mondo del giornalismo è un ottimo lenitivo per tenere a bada le troppe luci della ribalta!»
una parte di lui desiderava davvero continuare ad essere un comune giornalista, cacciare le informazioni con costanza e dedizione, ma dall'altro lato, sentiva che doveva esserci qualcosa di più, qualcosa di diverso e migliore per il suo futuro avvenire di mago.
«Un uomo saggio una volta ha detto che scavare nella memoria delle persone è un esercizio utile quanto pericoloso da intraprendere, fanne la tua prerogativa di vita e non potrà essere usata contro di te.»
il tono si era fatto accorato, il pensiero rivolto ad una figura di donna del suo passato non troppo recente fece capolino nei suoi pensieri; Adelaide, la stramba strega con la quale aveva intrapreso uno studio iniziale verso il complicato mondo dell’Occlumanzia.
Riaprì per bene i palmi delle mani, catturando con scarso successo un soffio di lucidità rimasta nel suo animo.
«Quindi si signorina Moran, ho scelto di diventare giornalista soltanto per poter agire all'interno del sistema e preservare la mia integrità di mago!»
il mondo del giornalismo non ammetteva che si parlasse così apertamente all’interno di un contesto puramente lavorativo, forse era un azzardo confidarsi tanto apertamente con una ragazza conosciuta a malapena. Eppure, l'uso del tono informale e così determinato da parte di Thalia gli fece superare ogni dubbio circa la liceità di quelle opinioni, non badando affatto a ciò che la Caposcuola avrebbe potuto cogliere o meno tra le righe.
«Comprendo le sue motivazioni e le ammiro, davvero!»
con forza, cercò di raccogliere una strana sensazione di calma nel suo sguardo, voleva tentare di mettere in difficoltà la giovane senza però sconfinare oltre il limite consentito, avvicinarsi a lei col chiaro intento di condividere qualcosa di molto importante.
«Un carattere così determinato da farmi presagire un’ombra molto più grande dietro alle sue spalle….»
aggrottò per un secondo le sopracciglia, poi la fronte si distese, pronto a lanciare la stoccata finale.
«Mi dica; la brillante ragazza che ho qui davanti è soltanto frutto di alcuni accorgimenti individuali raggiunti con la perseveranza nello studio, o magari, esiste qualcuno di speciale nella sua vita che ha ben pensato di trasmetterle questi valori così preziosi?»
continuò a mantenere il proprio sguardo fisso sul viso della Caposcuola, osservandone le espressioni, i rapidi cambiamenti di umore e gli occhi apparentemente vacui, ma che nascondevano grevi pensieri.
«Magari un famigliare?»


 
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view post Posted on 20/3/2021, 20:26
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Se non fosse stata una Legilimens tanto acerba, probabilmente avrebbe dato prova al signor Scott di quanto le sue parole fossero vuote di significato: la memoria, i pensieri e le emozioni annesse non erano altro che uno scrigno di tesori personali e non cedibili e, in qualche modo, il giornalista che era in lui lucrava proprio su questo ogni singolo giorno. Istintivamente, non riusciva a guardarlo, ma preferiva rifugiarsi ancora una volta nella disamina delle proprie dita strette attorno al calice di tè freddo. Non aveva nulla contro Lucas Scott, ma era evidente che non le piacesse la professione da lui praticata: a posteriori, forse, l'avrebbe definita perfino meschina.
Nulla di personale, ad ogni modo.
«La famiglia ci plasma sempre, in qualche modo, no? Anche non averne una ci definisce.» commentò, spostando lo sguardo su di lui, finalmente.
Lei una famiglia l'aveva eccome e in qualche modo le sarebbe piaciuto imputare la propria personalità all'influenza di suo padre, che le aveva insegnato ad essere generosa, o a suo nonno, che l'aveva plasmata come una pallina di creta pronta a diventare una splendida scultura. Se indagava a fondo, però, sapeva di aver preso da altri la determinazione e la caparbietà di cui Scott si interessava tanto. Sua madre le aveva inculcato fino allo sfinimento la necessità di essere una spanna sopra gli altri, sempre e comunque, a ritagliarsi un ruolo di spicco laddove in pochi sarebbero riusciti a restare saldi. Leanne le aveva anche insegnato che un "No" detto una volta era più che sufficiente a far presagire conseguenze funeste e gli abbracci mancati non erano che una tecnica rodata per ottenere una disciplina ferrea. Fortunatamente, suo padre mitigava tutto questo in modo esemplare e, in qualche maniera, a beneficio dell'intero nucleo famigliare.
«Come le dicevo» riprese, schiarendosi la voce «la scuola fa molto per formare i suoi studenti e anche un voto molto basso può fare tanto per l'autostima! Però sì, la famiglia ha un peso maggiore e benché molti dei miei parenti mi abbiano insegnato ad essere altruista, precisa e decisa, la vera disciplina arriva esclusivamente da mia madre.»
In qualche modo, sapeva che sarebbe stato opportuno sorridere, per mascherare quantomeno i rapporti tesi - non troppo in quel periodo a dire il vero - con Leanne. Se mai sua madre avesse letto l'articolo, di certo avrebbe gongolato e l'intero dipartimento al Ministero si sarebbe congratulato con lei per gli eccezionali risultati raggiunti in quanto donna e madre. Dal canto suo, Thalia si limitò ad una smorfia che di compiacimento aveva ben poco e lasciava spazio all'immaginazione del giornalista sul tipo di rapporto madre-figlia cui si era accennato poc'anzi. Se anche avesse tentato di figurarselo, non ci sarebbe riuscito: ancora oggi, nonostante il rapporto andasse consolidandosi seguendo un percorso delineato dal caso, Thalia non riusciva a perdonarle molte cose. Lucas Scott poteva provare, quindi, ad imbastire una storia sulla questione, ma non avrebbe mai davvero saputo quanto lontano sarebbe stato dal conoscere la verità. «Mio padre, invece, mi ha insegnato il valore delle tregue.» chiosa alla fine, quasi a dare una stoccata metaforica alla donna nominata tanto spesso negli ultimi minuti. Che cos'altro potrebbe interessare al giornalista, ora che le carte sono state svelate?
Libero arbitrio ai pensieri

Thalia J. Moran | 18 Y.O. | Hufflepuff Headgirl
 
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view post Posted on 22/3/2021, 09:55
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Libero arbitrio ai pensieri
intervista Caposcuola.

Si vedeva che era Pura.
Non provava remore nel manifestare apertamente le sue qualità di Strega, precisa e audace fino al limite delle decenza, quasi.
Di certo, un portamento molto curioso con il quale potersi confrontare apertamente; una sfida che il “vecchio” Lucas avrebbe trovato molto stimolante. Tuttavia, le cose erano cambiate; stava crescendo, diventando adulto, e da adulto stava pensando alle mosse seguenti.
La semplicità con la quale stava portando avanti quella conversazione non avrebbe prodotto alcun risultato utile, era tempo di cambiare strategia, elevare l’assetto dell’intervista attraverso un clima vagamente provocatorio e maggiormente giornalistico.
«Un valore delle tregue che spero voglia applicare anche nei confronti del Profeta!»
accompagnò quelle parole con un leggero sorriso sarcastico, con il chiaro intento di mascherare un sentimento di sfida sempre più crescente nel suo animo. I suoi occhi però no, quelli non potevano mentire; occhi in cui potevi affogare, occhi in cui potevi affondare, come nel catrame liquido, che ridendo ti penetra in gola inondandoti i polmoni.
«Dopo alcune ricerche fatte, ho potuto notare che il suo nominativo rientra nella cerchia ristretta di studenti non ancora abbonati alla nostra Gazzetta…»
la dura spietatezza di quell'analisi era pari solo al persistere di quel suo vago sorriso. Stava esercitando le sue capacità, di rapportarsi con gli altri e di scavarne pensieri ed esperienze.
Non aveva nulla di personale contro Thalia Moran, ma era suo diritto e dovere difendere la professione da lui praticata, un contesto lavorativo che nell’immaginario di molti veniva visto come meschino e fazioso.
«Questo tipo di dinamica, molto spesso, lascia presagire una base deontologica nei confronti del Profeta!»
purtroppo, il pregiudizio generale riservato nei confronti del giornalismo era tanto, impressioni sbagliate che nel corso del tempo avevano finito per alterare il concetto stesso. Sapere cosa si annidava nelle convinzioni della ragazza, rispetto ad un argomento del genere, lo incuriosiva molto.
Sebbene, l’età e l’esperienza non erano fattori a lui ben conosciuti, la capacità di spostare il contesto e le persone coinvolte su un livello di conversazione tutto nuovo era importante, nulla poteva essere lasciato al caso nel lavoro di reporter. Quello che poteva apparire come un commento casuale, in realtà, avrebbe potuto rappresentare nuove riflessioni nella memoria di Thalia, informazioni che era disposta a fornire.
«Nella mia professione, a volte, il compromesso tra verità e bugia può avere confini molto sottili; sfumature che, tuttavia, possiamo riscontrare in qualsiasi campo lavorativo...»
rapide, le iridi azzurre risalirono incontrando quelle della Caposcuola, così fredde, ma anche così perdute al momento.
Quelle semplici parole stavano allungando un velo sgargiante su tutta la loro conversazione, pulsazioni arcaiche che magari la stessa Tassorosso covava da diverso tempo nei riguardi del Profeta.
«D’altronde la Gazzetta ha deciso di omaggiare il suo ruolo di Caposcuola, più per dovere “pubblico” che personale; come lei, che ha deciso di accettare questa intervista solo per adempiere ai proprio oneri in relazione alla carica che rappresenta, immagino!»
Ciò che sperava di ottenere erano informazioni in grado di trasmettere uno sguardo sul passato più da vicino di quanto non abbiano fatto le parole di Thalia fino a quel momento, permettendogli una maggiore visione delle cose. Forse un azzardo, quello del giornalista, che la ragazza avrebbe ben ricompensato con la solita risposta circostanziale.
«Se non sopporta la Gazzetta, non è strano aver accettato un intervista?»
quello scambio di battute, giunto oramai al termine, poteva forse portare altra aria fresca in grado di far rifiorire nuovi spunti di riflessione?


 
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