Silenzio, Segue di narcisi e di fiamme

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 16/9/2020, 18:57
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
19,264
Location:
TARDIS

Status:


Sulla bocca profetica, la condanna così già imperversava. Chiuse gli occhi.
VZlSMr3
Aveva perso i sensi. Il dolore, alla fine, era stato più forte del previsto e ne era stato così coinvolto da non reggerne il peso. Crollava come l'ultimo tra i caduti, e attendeva in quel modo la pace agognata, la promessa di un riposo, di un letto, di un luogo che non puzzasse finalmente di cenere e fuoco. Dopo aver incrociato lo sguardo di Jasdel, aveva cercato il palazzo ridotto in macerie e lì aveva attecchito la prima di una lunga, indistinta serie di maledizioni. La bocca si apriva e chiudeva, trascinava il respiro consumato di un corpo affaticato e sciorinava sentenze che non avevano senso, o che forse ne avevano fin troppo. Da parte propria, il barlume di lucidità che tuttora si poneva a sostegno della sua mente, della sua concentrazione, di tutta la sua ragione, scivolava via a sua volta al fervore di un cuore in battito estremo. Aveva creduto di poter resistere, di essere già più preparato. Aveva previsto tutto quello, era parte di sé tanto quanto del tempo che aveva vissuto, era giunto perfino a studiarne i dettagli, indugiando sulle trame più disparate. Aveva creduto di poter resistere, l'aveva creduto. Quando il gemito dell'edificio della piazzetta di Hogsmeade era arrivato anche a lui, ogni certezza era crollata di pari intensità, di pari velocità. Ogni altro suono - dalle preghiere alle grida di aiuto, dalle proteste ai singhiozzi disperati - non era più stato ascoltato, non aveva avuto più valore. Non per lui, mai per lui. Al suo sguardo quello che contava, egoisticamente, era una presenza solitaria. In principio aveva assecondato l'etica che tanto lo contraddistingueva, aveva sperato con tutto se stesso di non vedere vittime, di non incontrarne i corpi, di non imbattersi nella tragedia che si era annidata nelle sue Visioni, nella sua Profezia. In principio, almeno in principio, aveva invocato ogni entità conosciuta, alla richiesta di una misericordia che non era mai avvenuta. Quando la condanna si era perpetrata, concretizzandosi in presente, Oliver aveva peccato di ogni ideal proprio. Non aveva più avuto pensiero per l'uno e l'altro, né gli affetti né gli sconosciuti, e più che indifferenza, era stato un vero istinto di protezione. Per Jasdel, e soltanto per lui - perché era lì, ad inseguire i suoi incubi, giorno e notte, con l'onta della morte a piede libero. Sapeva di perderlo, sapeva di non poter sfuggire a quanto già scritto, eppure qualcosa era cambiato. Il grido del suo nome si era perso, il suo volto era vivo, il suo profilo era illeso. Era vivo, Jasdel era vivo. Il peso della diffidenza era tornato, e si era reso tangibile. Con la prepotenza che aveva bagnato il suo cuore, con il disinteresse che aveva sconfitto la sua attenzione, era tornato tutto, tutto quello che mai era stato dimenticato. Per un attimo, un lungo attimo, Oliver aveva creduto che la Profezia si fosse compiuta fino alle ultime battute, e scorgere il crollo effettivo del palazzo principale aveva significato verità e condanna, insieme. Si era convinto di non aver fatto abbastanza, e poi di non aver fatto nulla: il suo potenziale era spento, e così come era stato abbandonato da tanti durante la degenza dei mesi precedenti, così era stato schivato dalla stessa Vista. Perfino la sua più fedele compagna rinnegava la sua vicinanza. Si era gettato nel fuoco, e sapeva, sapeva di aver desiderato morire. Sarebbe stato facile, sarebbe stato così facile. Il calore delle fiamme sulla pelle, la cenere a rivestire il suo capo come corona, e il fumo ad oscurare ogni altra percezione. Sarebbe stato così semplice, lo sarebbe stato. Con Jasdel incolume, tuttavia, la sopravvivenza si era annidata fino a rendersi breccia. Acquisiva un nuovo senso, una nuova compostezza, e la vita, la vita già non perdeva. Con le parole peggiori sulle labbra, Oliver aveva perso i sensi. Le braccia di Sirius White si confermavano come l'unico posto più sicuro, il posto in cui avrebbe potuto sentirsi difeso. Era lì, era stato lì, sarebbe sempre stato lì. Era una di quelle certezze che non avrebbe voluto mai rinnegare, e stretto all'altro, inerme, ad Oliver parve di gustare le note calde di Loras, di quando era bambino, e di quando era felice.
Non aveva idea di quanto fosse durato l'interrogatorio né di chi fosse l'uomo sedutoglisi di fronte. Compromessa com'era, la psiche aveva travolto la bocca nelle sue risposte, e il borbottio indistinto si era alternato così a commenti, verità, illusioni. Non ricordava nulla, e forse mai avrebbe ricordato così di preciso. Sapeva di avere i vestiti ancora macchiati, il sangue si era incrostato sul colletto della camicia e sui polsini dai bottoni sciolti dal fuoco; parte di tessuto era stato sfilato via, bruciato al pari della pelle scottata che si intravedeva di sotto. Così ai pantaloni, le gambe e le caviglie avvinghiate dalle fiamme ora recavano i segni di ustioni più o meno gravi, e tutto in lui era per la prima volta fuori ordine. Si sentiva sporco, come mai prima di allora. Bagnato dall'acqua lungo la piazzetta del Sobborgo, non era riuscito a ripulirsi come avrebbe dovuto, e intimamente non indugiò sulle proprie sensazioni. Quando l'interrogatorio si era concluso, il folle sorriso di poco prima punse il volto di nuovo, e aprì bocca per un addio che non tentò di nascondere. «Possiate morire tutti.»
Ebbe il sentore che perfino le sue parole potessero essere state prese come la reazione di una mente malata, di un'alterazione di ragione e di corpo, e in parte di certo era stato così. Ma quello che aveva detto e quello che aveva sussurrato più volte, in altri versi era tutto vero. Aveva predetto quanto accaduto, l'aveva rivelato in anticipo. Non era stato ascoltato, non da tutti, non a sufficienza. Era intenso l'odio che cominciò a nutrire per le autorità, per gli Auror, per gli Antimago, e per tanti altri in successione, e non riuscì a capire se si trattasse di tensione o di una lucidità che si ripristinava lentamente. Quando arrivò alle cure dei Medimaghi, non gli fu chiaro come né quando fosse stato possibile per lui spostarsi, e la sua mente continuò a racimolare assenze e scene indistinte tra di loro. Si ripromise di trovare Sirius, di nuovo, e di chiedere come stesse l'Antimago Jerkins. Per il resto, si augurò di non ricevere altre domande, di non parlare. Desiderò silenzio, soltanto il silenzio.

stato fisico segue l'evento di narcisi e di fiamme, siamo al 31 Agosto dello scorso anno, accenno all'interrogatorio come da direttive. Oliver viene da una lunga degenza e già era in stato psicofisico alterato, ad ora la sua mente è distorta, il trauma subito compromette parte della lucidità. Riporta ustioni leggere su braccia e gambe, è stato accompagnato al San Mungo da Sirius White che seguirà il mio intervento per un topic singolo di cure.

salute 180/278 corpo 170/248 mana 260/285 exp 56
 
Top
view post Posted on 4/10/2020, 11:11
Avatar

Group:
Mago
Posts:
3,513

Status:


Avvenne tutto con la quella rapidità di azione che sempre contraddistingueva le tragedie generali. Inghiottito nel vortici della materializzazione insieme al suo amico caposcuola la realtà che si palesò loro dinanzi, alle soglie del San Mungo, non si allontanò da quella che avevano poc'anzi abbandonato. Le materializzazioni congiunte per chi ne aveva avuto la forza fisica e quelle consentite per mezzo di passaporto attivate per l’occasione rapidamente riempirono lo spazio fisico di feriti che chiedevano cure immediate. Era solo l’inizio di un attività e di un lavoro che presto o tardi avrebbe portato il San Mungo alla saturazione. Avrebbe avuto compassione di suo madre se avessi avuto il tempo di pensarci. Di fatti con l’amico svenuto tra le braccia, le prime domande degli investigatori che erano accorsi sul posto per raccogliere le testimonianze, le priorità erano divenute decisamente altre. Per fortuna Sirius non aveva riportato ferite gravi che minacciavano la sua vita. Probabilmente se non fosse stato per la necessità di soccorrere Oliver in quella occasione avrebbe fatto decisamente a meno di occupare un posto letto dell’ospedale ma aveva dovuto soccombere alle circostanze. Avrebbe quindi affidato l’amico e se stesso alle cure dei medimaghi senza pensare troppo alle conseguenze. Di ferite ne aveva, sebbene si trattasse semplicemente di tagli e abrasioni. Le ustioni al braccio erano state di striscio e anche se procurate dall’ardemonio non gli dolevano particolarmente ma forse era solo il risultato dell’adrenalina. La sua attenzione si era difatti concentrata esclusivamente su Oliver e sulla richiesta di aiuto che lo aveva portato ad affidare l’amico al primo medimago disponibile. La sua prirorità. la sua unica preoccupazione era questa: prendersi cura di lui, far fede alla sua promessa. Tutto il resto sfumava senza alcuna forma di risentimento o di ansia. Quello che era accaduto ad Hogsmeade avrebbe avuto sull’amico più risvolti psichici che fisici e lui avrebbe dovuto preoccuparsi di stargli vicino più di quanto non aveva già fatto. Ma non gli importava. In quell’occasione si sarebbe semplicemente abbandonato. Qualche attimo di riposo, fosse stato anche solo una notte, non avrebbe potuto fargli che bene. Ristorarsi prima della fatica ultima perché il peggio era ancora lungi dal svilupparsi. La quiete e la tempesta e loro si trovano perfettamente in mezzo.


Statistiche
Sirius (S)
Punti Salute: 250/325
Punti Corpo: 380/406
Punti Mana: 400/422

Lacerazioni, tagli e abrasioni su braccie e gambe. Ustioni al braccio non dominante.
 
Top
view post Posted on 7/11/2020, 00:04
Avatar

The North remembers. ♥

Group:
Medimago
Posts:
7,676
Location:
Blair Atholl, Scozia

Status:


Jane Read
primum non nocere, secundum cavere, tertium sanare
pPG9TK0
QgmasjO
3ip6Yok
Il Principio
Sembrava una giornata come tutte le altre, almeno all’apparenza: quando Jane varcò l’ingresso del San Mungo, tazza di caffè stretta tra le mani, rimase sorpresa notando la sala d’attesa quasi vuota. Non se ne rallegrò però, perché se c’era una cosa che aveva imparato in quella prima settimana di lavoro era che la situazione poteva capovolgersi ancora prima che uno finisse di pronunciare la parola “calma”.
Salutò con un sorriso l’infermiera dietro il banco dell’accettazione e si diresse in una delle stanze riservate al personale, pronta a cambiarsi per iniziare il turno della mattina: era passata poco più di una settimana dalla sua assunzione e quindi dall’inizio del suo lavoro e a volte ancora stentava a crederci. A riportarla con i piedi per terra spesso era Paul Dwight, il direttore del San Mungo, che come preannunciato si era rivelato un abile maestro e nei pochi giorni in cui aveva avuto l’occasione di seguirlo e vederlo all’opera Jane aveva appreso molte più nozioni che negli ultimi mesi ad Hogwarts: ma il Medimago era anche molto severo, pretendeva disciplina e concentrazione da parte dei suoi dipendenti e la ragazza pur di non smentire la fiducia che lui aveva risposto in lei cercava in tutti i modi di non deluderlo; per questo non si fermava un secondo durante i suoi turni, arrivava sempre in anticipo ed era tra gli ultimi ad andarsene.
Anche quel giorno infatti era arrivata in ospedale ben prima dell’orario di inizio turno e all’interno dello spogliatoio non c’era nessuno se non qualche collega del turno precedente: mentre si cambiava udì le parole che si stavano scambiando, concitati.

Hai sentito? Dovrebbe accadere oggi!
Io a queste cose non ci credo… che fondamenti ha una Profezia? Secondo me sono tutte fandonie!
Mia zia una volta ha ignorato una Profezia, non le è andata troppo bene! In ogni caso spero non ci chiamino, non ho le forze per tornare al lavoro!

La ragazza si affrettò ad indossare il camice ed uscì velocemente dalla stanza dopo aver salutato i colleghi con un cenno e uno sguardo preoccupato: anche lei aveva sentito quella notizia qualche mese prima. All’ultimo ballo di fine anno ad Hogwarts era stata pronunciata una Profezia e da giorni ormai le voci giravano nei corridoi: molti morti, un attacco non prevenibile… aveva cercato di non dare troppo peso alla questione, perché Paul Dwight sembrava tranquillo al riguardo e finché il Direttore del San Mungo non avesse mostrato preoccupazione si era convinta non ci fosse ragione di andare nel panico.
E infatti anche quel giorno il Direttore del San Mungo attendeva impaziente lei e i suoi colleghi appena fuori dalla porta del suo ufficio, pronto ad iniziare il turno: non appena furono tutti presenti Paul Dwight li divise in gruppetti per poi iniziare con le visite e dare ufficialmente il via alla giornata lavorativa.

Le prime ore del turno trascorsero relativamente tranquille: dopo uno stregone che si era presentato in ospedale con il braccio dilaniato da una pianta carnivora e un ragazzino che aveva mangiato troppe Piperelle di Mielandia, Jane ebbe il permesso di fare una piccola pausa poco dopo pranzo. Si stava dirigendo verso l’accettazione, un bicchiere di caffè in mano per l’infermiera Bones – una delle prime a trattarla da collega e a non vederla come l’ultima arrivata imbranata – quando il Caos fece il suo ingresso al San Mungo.

Un gruppo di comunicati veloci del Ministero della Magia, fogli di carta svolazzanti e ripiegati a guisa di rondine, entrarono veloci attraverso le porte scorrevoli dell’ingresso, seguiti da due Patronus.

Esplosioni ad Hogmeade. Palazzo in fiamme. Prospettiamo numerosi feriti, serve aiuto!

In pochi attimi la relativa calma che sembrava essersi posata sul San Mungo venne spazzata via dal gelo che scese tra i presenti: Jane non ebbe nemmeno il tempo di elaborare le parole che aveva appena udito che il Direttore comparve alle sue spalle e senza scomporsi iniziò ad impartire ordini. Vennero predisposte le squadre che si sarebbero recate sul luogo dell’incidente, formate principalmente da Medimaghi e Infermieri esperti: Jane e i colleghi più giovani sarebbero rimasti in ospedale sotto la guida di Paul Dwight.
I Medimaghi rimasti vennero divisi in due gruppi: il primo si sarebbe occupato dei pazienti non afferenti al disastro – “ La gente non smette di stare male perché è capitato qualcosa di grosso! “ rispose stizzito un Infermiere ad un suo collega più giovane che aveva osato chiedere il perché di quelle decisioni – il secondo gruppo invece avrebbe riorganizzato parte del Pronto Soccorso e di alcuni dei reparti dell’ospedale in previsione dell’arrivo di un consistente numero di feriti.
Mentre spostavano letti, liberavano stanze e controllavano le scorte di pozioni e bende, arrivò anche una squadra Ministeriale di Auror, che si impossessò in fretta di un’ampia stanza al piano terra: Jane non poté non notarli e quando il suo sguardo interrogativo venne captato dall’infermiera Bones quest’ultima mosse le labbra a scandire una parola senza utilizzare la voce. Interrogatori.
Un brivido corse lungo la schiena dell’ex corvonero, mentre i ricordi del passato provavano a fare breccia nella tensione che aveva preso spazio in tutto il suo corpo: si sforzò di non cedere ad essi, e tornò subito al lavoro.
Una volta che tutto fu pronto, iniziò la vera tortura: l’attesa.

Paul Dwight aveva assegnato un Medimago e una coppia di Infermieri ad ogni ambulatorio e aveva dato precise indicazioni: restare vigili e attenti, pronti all’arrivo dei feriti. Jane trascorse quasi due ore in piedi a contare le boccette di Pozione Soporifera, Decotto al Dittamo e Pozione Blandofuoco, meccanicamente, una fila di contenitori dopo l’altra, una volta, un’altra ancora, e poi di nuovo: era agitata e preoccupata, temeva di non dimostrarsi all’altezza della situazione e sentiva il peso delle aspettative dei suoi colleghi pendere sopra la sua testa come una spada di Damocle.
La tensione era palpabile nell’aria, mentre il silenzio era sceso tra di loro: nessuno aveva il coraggio di parlare, tutti erano in attesa, uno accanto all’altro fuori dalle porte degli ambulatori.
Era ormai tardo pomeriggio quando arrivarono i feriti e il silenzio si trasformò velocemente in un lontano ricordo.

Oliver Brior
Erano tanti, più numerosi di quanti avrebbe potuto immaginare: arrivarono senza ordine, nonostante gli sforzi degli addetti alla sicurezza, affollarono il Pronto Soccorso del San Mungo rendendo l’aria carica di dolore, di panico. Di morte.
L’odore acre del fumo che impregnava i loro corpi si sparse in tutte le stanze, la cenere macchiò il pavimento solitamente candido, le urla, i gemiti e i pianti saturarono l’aria: Jane li sentiva entrare nella sua mente, cercare di trascinarla via con loro, ma strinse i denti e oppose resistenza. I suoi compiti e i suoi doveri le erano chiari ed era in una situazione come quella che poteva dimostrare a Paul Dwight – ma soprattutto a sé stessa – che meritava il posto che aveva ottenuto: vedeva la sofferenza intorno a sé e non riusciva a sopportarlo, era disposta a fare tutto il possibile affinché la gente smettesse di provare dolore.
I feriti venivano portati nella sala interrogatori, uno dopo l’altro, e solo una volta finito il lavoro dei Ministeriali potevano accedere alle cure: le regole imposte dagli Auror erano rigide, a meno che una persona non fosse in immediato pericolo di vita prima di essere medicati dovevano essere interrogati da loro.
Jane da un lato li comprendeva, condivideva l’angoscia e si sentiva scossa quanto il resto delle streghe e dei maghi per quello che era successo: un attacco nel cuore di Hogsmeade, così vicino al castello, un attacco che li riportava bruscamente con la mente ai tempi della Guerra contro Voldermort e i suoi seguaci. Condivideva la paura e l’ansia, ma al tempo stesso non riusciva a non trovare inumano il trattamento che veniva riservato ai feriti: che senso aveva prolungare le loro sofferenze per costringerli ad affrontare di nuovo il trauma che avevano appena vissuto?

Il primo paziente che giunse sotto le sue cure era un ragazzo, e rappresentava perfettamente l’idea che Jane aveva riguardo agli interrogatori così a ridosso dell’evento: era chiaramente scosso da quanto era accaduto ad Hogmeade. Uno degli Auror che lo aveva accompagnato all’interno della stanza si indicò la tempia spostando lo sguardo da Jane al ragazzo, quasi ad indicarle che con la testa il paziente non ci stava più: la ragazza per tutta risposta tolse dalle mani dell’uomo i documenti con le generalità del giovane e lo congedò in fretta.
Sentì la rabbia salire lungo il suo esofago, ma si costrinse a non lasciarla esplodere: detestava chi a prescindere dai fatti si permetteva di giudicare la stabilità mentale delle persone, sarebbe stato chi di dovere a giudicare le condizioni psicologiche del paziente. Ora la prima cosa importante era medicare il ragazzo e curare le ferite visibili: per il resto, il tempo e la giusta terapia avrebbero fatto il loro corso.
Mentre gli infermieri lo adagiavano sul lettino per iniziare la visita, Jane lo squadrò da testa a piedi: prima regola osservare, giudicare e poi agire. I vestiti, macchiati di sangue e bruciati a livello dei polsi e delle caviglie, erano bagnati: ipotizzò fosse dovuto al tentativo di spegnere il fuoco.
Si avvicinò a lui, cercando di farsi guardare negli occhi mentre parlava, il tono di voce tranquillo ma fermo, volto a far sentire a suo agio il ragazzo.

« Oliver, ciao. Mi chiamo Jane, sono un Medimago. Adesso cercheremo di ripulirti e medicare le ustioni che hai sulle braccia e sulle gambe, va bene? »

Non ottenne risposta: il ragazzo sembrava respirare abbastanza bene, nonostante il fumo che probabilmente aveva inalato durante l’incendio, ma era palesemente distrutto da quello che era appena successo. La ragazza alzò lo sguardo verso l’infermiera che si trovava dal lato opposto del letto, indicandole con un cenno l’armadietto dei medicinali dietro di lei.

« Oliver, ascoltami. Ora ti darò qualcosa per dormire, ma ti assicuro che sarà un sonno senza sogni e incubi. Ti permetterà di riposarti e riprendere un po’ le forze: nel frattempo noi ti medicheremo le ustioni e ti ripuliremo dalla cenere, d’accordo? »

Jane cercò di non staccare lo sguardo da quello di Oliver: era preoccupata più per il suo stato psicologico che per quello fisico, ma non voleva che lui se ne accorgesse. Calma e fiducia, quelle erano le uniche emozioni che dovevano trasparire dal suo volto.
L’infermiera si avvicinò con un bicchiere contenente della Pozione del Sonno Senza Sogni, e si assicurò che Oliver la bevesse tutta, aiutandolo: una volta caduto in un sonno profondo, iniziarono a medicarlo.
Tagliarono via i vestiti sporchi, mentre uno di loro si occupava di pulire le zone non ferite Jane e l’infermiera pulirono, medicarono e fasciarono le ustioni su braccia e gambe.
Mezz’ora dopo, Oliver dormiva ancora, vestiti puliti e ferite fasciate: ad un cenno della ragazza due barellieri si avvicinarono e librarono in aria la barella su cui era adagiato il giovane; avrebbe proseguito il resto della sua convalescenza nel reparto più adatto a lui.
Osservò dalla porta dell’ambulatorio la barella che si allontanava, mentre l’ansia che durante la visita era riuscita a tenere a bada tornava a stringerle il petto: aveva fatto tutto il possibile? Aveva forse dimenticato qualcosa? Si ripromise di passare a trovare il ragazzo in reparto una volta che l’emergenza fosse finita, poi si voltò e andò ad aiutare i suoi colleghi a ripulire la stanza, pronta ad accogliere il paziente successivo.

Sirius White
Avevano appena finito di sistemare l’ambulatorio che lo stesso Auror che aveva portato da loro Oliver si ripresentò, questa volta in compagnia di un uomo: Jane lo riconobbe come il docente di Pozioni di Hogwarts, ma avendolo avuto come insegnante solo negli ultimi mesi non era certa che si ricordasse di lei.

E’ arrivato insieme al ragazzo.

Le sussurrò sottovoce l’Auror, porgendole i documenti dell’uomo: Jane lo ringraziò e lo congedò in fretta come poco prima. Ancora non aveva dimenticato il giudizio affrettato dell’uomo su Oliver, e davvero non riusciva ad accettare che qualcuno si permettesse di esprimere il proprio pensiero – non richiesto tra l’altro – in una situazione come quella.

Voltate le spalle alla porta, posò da parte la cartella con i documenti, e si avvicinò al professore che nel frattempo era sotto le abili mani dei suoi colleghi: avevano già tagliato le parti più rovinate dei vestiti, esponendo alla luce asettica dell’ambulatorio i tagli e le abrasioni che ricoprivano le gambe e le braccia; ciò che più la preoccupava a prima vista però fu l’estesa ustione al braccio sinistro dell’uomo.

« Professor White, non so se si ricorda di me. Jane Read, ero una Corvonero. »

Nonostante la situazione non riuscì ad evitare i convenevoli: quell’uomo era pur sempre un docente di Hogwarts ed essendosi diplomata da pochi mesi non riusciva a comportarsi in maniera differente.

« Ora ci occuperemo anche delle sue ferite. I miei colleghi si occuperanno dei tagli alle gambe e al braccio destro, io invece penserò a questa brutta ustione sul braccio sinistro. Devo avvisarla che non utilizzerò la Pozione Anestetica sull’ustione perché purtroppo sul tessuto bruciato avrebbe ben poco effetto: ciò non toglie che potrebbe provare dolore, mi dispiace. »

Tono calmo e sicuro, come poco prima: non sarebbe stata una medicazione piacevole, ma viste le condizioni dell’uomo non riteneva necessario addormentarlo per poterlo curare.
Cercò di agire in fretta e con precisione, evitando di indugiare mentre puliva le bolle che si erano formate in seguito all’ustione: i suoi colleghi, una volta medicate anche le altre ferite, la aiutarono a finire il lavoro, per poi far cambiare l’uomo con dei vestiti puliti.
Una volta finito, Jane prese della Pozione del Sonno Senza Sogni, e ne porse un bicchiere al docente.

« Credo che conosca questa pozione molto meglio di me, però mi creda, la aiuterà. Mi hanno detto che è arrivato insieme ad Oliver, il ragazzo che abbiamo visitato prima di lei: stia tranquillo, ora sta dormendo sereno. Vi farò mettere nella stessa stanza in degenza, in modo che possa assicurarsi lei stesso delle sue condizioni. »

Lasciò il bicchiere nelle mani dell’uomo e si diresse alla porta per chiamare i barellieri.

« Portatelo nella stessa stanza del ragazzo di prima, è meglio che stiano insieme. »

Si rivolse poi nuovamente al docente, le ultime parole prima che venisse trasferito: non riusciva a lasciarlo andare via senza dire nulla, anche a costo di apparire poco professionale.

« Per qualsiasi cosa chieda pure di me Professore, senza problemi. Le auguro di riprendersi presto. »

Fisicamente sarebbe stata questione di pochi giorni, ma sul piano psicologico?
Quell’evento aveva travolto la comunità magica come un terremoto e Jane temeva – e al tempo stesso ne era certa – che ci sarebbero voluti molti mesi per tornare ad una situazione di normalità.

medimago - 18 anni - Silenzio


Finalmente è arrivato il momento delle cure!


» Oliver: per un completo recupero dei tuoi punti statistica come da regolamento sono necessari almeno 4 giorni e 2 ore; essendo l’episodio ambientato tra il 31 agosto e il 1° settembre dello scorso anno considera di essere rimasto ricoverato al San Mungo per 5 giorni, ovviamente per quanto riguarda il semplice recupero fisico. Sul piano psicologico sai sicuramente meglio di me le conseguenze che questo evento ha portato nella tua storyline.

» Sirius: da regolamento per il recupero completo dei tuoi punti statistica sono necessari 3 giorni e 2 ore; come per Oliver, essendo l’episodio ambientato lo scorso anno per riferimenti futuri considera di essere rimasto ricoverato per circa quattro giorni. Stesso discorso di Oliver per il piano psicologico, forse è inutile specificarlo perché conoscete la vostra storyline sicuramente meglio di me.


Siete liberi di concludere o meno questa role con un ulteriore post.

Vi chiedo scusa per il ritardo e vi ringrazio per la pazienza: per qualsiasi dubbio mi trovate via MP, per le segnalazioni e le lamentele invece c’è sempre il capo, Paul Dwight :fru:


Grazie, speriamo di non doverci più vedere in occasioni simili (in ogni caso mi trovate qui!) 🌸

 
Top
2 replies since 16/9/2020, 18:57   160 views
  Share