Perfectly imperfect, Privata

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view post Posted on 18/9/2020, 22:48
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Molti luoghi ha la tua anima, ivi alberga natura magnanima. Di coraggio e lealtà fanne bandiera, di Grifondoro potrai essere fiera!

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Juliet Little

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Before you put your arms 'round me
Swept the world beneath my feet[...]
That was' til you came my way
And you said "hola, hola"








La luce filtrava dalle grandi finestre della biblioteca e illuminava una testa bruna china su tomi polverosi. La mano della ragazzina svogliava un tomo più grande di lei. Ad ogni pagina si fermava e cercava di memorizzare ogni cosa che pareva interessante ai fini dei compiti che stavano sparpagliati sul tavolo. Quando vide un trafiletto davvero allettante avrebbe preso la pergamena già piena della sua calligrafia e avrebbe scritto il passo che era saltato all’occhio. Scrisse come Miranda Hoff avesse cercato di ingannare la morte e quanto questo l’avesse portata alla disperazione. Per un po’ stette a riflettere su quel fatto. Non le era del tutto nuova una cosa del genere, la stessa situazione l’aveva già sentito da qualche parte, da qualcuno. Nella sua testa sentiva come un eco lontano, una storia su tre fratelli: ognuno a modo proprio aveva cercato di ingannare la morte. Solo due non ce la fecero: il primo per arroganza e il secondo per ingordigia, a parere suo. E per questo era morto suicida. Un nome apparve dalla nebbia della mente: Jack Chase. Ecco chi le aveva raccontato quella storia, legata alla collana che lei aveva indosso. Tirò fuori dal colletto della camicia la collana, stando attenta a non rovinarla. Si sarebbe rigirata quel cimelio tra le dita. Gliel’aveva regalata sua madre, babbana per giunta, prima di imbarcarsi in quell’avventura e non aveva capito che cosa fosse, prima di conoscere il ragazzo di Corvonero, che le aveva detto che era intriso di magia e da allora tutto, nella famiglia, era andato a rotoli, svelando retroscena che lei stessa non riusciva ancora a comprendere. Sarebbe tornata alle sue pergamene e sarebbe andata in cerca di altri libri che potessero in qualche modo ampliare la sua conoscenza circa le pozioni e le materie ad essa collegate. Avrebbe lasciato la collana sul tavolo della biblioteca e si sarebbe diretta verso gli ultimi scaffali. In punta di piedi cercò di prendere un libro che si trovava sul ripiano posto in alto. Quando se ne appropriò ne sfogliò le pagine e cominciò a camminare avanti e indietro mentre leggeva. Ogni volta che si trovava vicino alla porta che portava al Reparto Proibito si fermava un attimo, come se fosse tentata di spiare oltre il buco della serratura per capire quali segreti potesse celare la scuola e che erano fuori dalla portava di molti. Poi tornava indietro e si immergeva nella lettura, sempre con meno convinzione dato che la sua testa era ormai alla mercé di ciò che le veniva proibito.

Mi hanno piantato così tanti coltelli che quando mi regalano un fiore all'inizio non capisco neanche cos'è.
Ci vuole tempo

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Narcissa E. Miller
view post Posted on 19/9/2020, 08:15




Narcissa Elodie
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«O forse a Serpeverde, ragazzi miei, voi troverete gli amici migliori, quei tipi astuti e affatto babbei che qui raggiungono fini ed onori!»

► Mood: Happy► Età: 11 anni ► Ruolo: Studentessa► Outfit: Divisa di Serpeverde
Narrato - *pensato* - "parlato"

D
a quando era arrivata a Hogwarts, Narcissa s'era resa conto di passare più tempo in biblioteca piuttosto che a letto a dormire e quando il suo riflesso s'era palesato a lei davanti allo specchio gliene aveva dato conferma. Aveva la pelle, solitamente diafana e radiosa, grigia e spenta, e lo sguardo era stanco e affaticato, con leggere occhiaie a contornarle la parte inferiore degli occhi. Quando Narcissa si rese conto dello scempio a cui stava andando incontro, si maledisse per tutte quelle sere che aveva trascorso in Sala Comune, con una candela sul tavolo e alcuni tomi aperti anche sulle gambe pur di alzare la media in difesa contro le arti oscure, materia che proprio non riusciva ad andarle a genio.
*Se vado avanti così, quando torno a casa stenteranno a riconoscermi* pensò, mentre frettolosamente abbandonava la cornice dello specchio che aveva visto sulle scale e si avviava a passo svelto verso la biblioteca.
In biblioteca il silenzio regnava sovrano. Il profumo dei libri antichi invase le sue narici e Narcissa lo inspirò a pieni polmoni, godendosi quel momento di pace e di silenzio che da tanto tempo desiderava. Ultimamente lo starnazzare dei compagni in Sala Comune la mandava fuori dai gangheri ed era costretta ogni volta ad evadere per ritagliarsi qualche istante di pace per riflettere, soprattutto da quando aveva scoperto i vari drammi che attanagliavano la sua famiglia.
In quel momento si immaginò di trovare Draven Shaw, il suo compagno di casa del terzo anno, chino su qualche tomo impolverato. Anche Draven, esattamente come Narcissa, detestava la confusione che regnava sui divanetti della Sala Comune ed era stato proprio lui a consigliarle di frequentare più spesso la biblioteca, perché così facendo ne avrebbe tratto vantaggio personale. Pertanto, Narcissa passò in rassegna tutti i tavoli presenti all'interno del locale, ma di Draven non c'era nemmeno l'ombra: molti pianali erano completamente sgombri, come se nessuno vi si sedesse da giorni, mentre un solo tavolo presentava un ingente numero di manuali e qualche pergamena sulla quale erano state appuntate delle parole. Narcissa si avvicinò per scrutare tra le tante cose presenti sul tavolo, per identificare il proprietario di quei libri, sui quali non v'era riportato alcun nome proprio. Tra le tante righe della pergamena, però, un nome le balzò all'occhio: Miranda Hoff.

*Miranda Hoff, Miranda Hoff... chi diavolo è questa Miranda Hoff? L'ho già sentita nominare da qualche parte...*
Non che quel soggetto facesse parte del suo bagaglio culturale per il primo anno, o per lo meno non ricordava d'essere ancora arrivata a studiare quella parte di programma, ma senza pensarci due volte si sedette su quella seggiola, ancora libera, e prese tra le dita la pergamena. A quel punto la curiosità prese il sopravvento sul buonsenso.
CITAZIONE
Miranda Hoff era...

Gli occhi cerulei di Narcissa cominciarono a passare in rassegna le prime righe, quando improvvisamente si rese conto che quella sulla pergamena non era la scrittura del suo amico Draven. A quel punto, la posò immediatamente sul tavolo, laddove l'aveva trovata, prima di accorgersi anche della presenza di una collana, abbandonata sul tavolo senza proprietaria. Proprietaria, sì, perché la collana aveva tutta l'aria di appartenere a una ragazza: Narcissa, infatti, mai si sarebbe sognata, se fosse stata uomo, di indossarne una di quel genere.
*Chissà di chi è*
Corse con lo sguardo a cercare il proprietario del gioiello, ma non riusciva a scorgere alcuna presenza all'interno della biblioteca. Che qualcuno avesse abbandonato lì i libri, la collana e le pergamene con i compiti le pareva un'opzione decisamente troppo irreale: chiunque avesse agito in quel modo, avrebbe dovuto avere una motivazione più che valida per dimenticarsi tante cose tutte assieme.
Narcissa si alzò dalla sedia, che a quel punto, si rese conto essere chiaramente già occupata e posizionò la propria borsa su quella esattamente di fronte. Arrivata a quel punto era curiosa di scoprire a chi appartenesse quel gioiello e soprattutto, semmai la persona che sarebbe sopraggiunta si fosse arrabbiata perché s'era indebitamente appropriata di quel posto a sedere, aveva già la risposta pronta da fornire.


 
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view post Posted on 19/9/2020, 19:08
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Chiuse il libro e il rumore rieccheggió tra gli scaffali. Quel rumore così improvviso, e poi l'aveva prodotto lei, l'avrebbe un poco spaventata. Non il rumore in sé ma era come se avesse rotto il silenzio religioso della stanza. Avrebbe sentito un rumore di passi e sarebbe andata nell'angolo più buio del corridoio cercando di svignarsela da chi sembrava venirle incontro. Forse era Madama Pince che stava venendo a rimproverla per i rumori non consoni in una biblioteca. Trattenne il respiro e poi quando non vide nessuno rilassó le spalle riportando il libro al proprio posto. Sarebbe ritornata a guardare gli scaffali mentre faceva scivolare le dita sulle copertine rigide dei libri presenti. Un libro di Erbologia e di Pozioni avrebbe catturato la sua attenzione e con cura lo avrebbe preso. Sarebbe ritornata al suo tavolo. Ma non si sarebbe accorta della presenza di una persona fintanto che teneva il naso ficcato su quelle pagine. Era così immersa nella lettura che non si accorse di un ostacolo davanti a sé. La borsa lasciata sul pavimento la fece cadere e pronunciare parole in un iodoma che non usava da tempo, l'italiano: «Miseriaccia» mentre cadeva supina sul pavimento, con i palmi rivolti verso di esso per attutire la caduta rovinosa, mentre il libro finiva sotto il tavolo vicino ad un paio di piedi.

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Narcissa E. Miller
view post Posted on 20/9/2020, 08:59




Narcissa Elodie
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F
ortunatamente Narcissa aveva avuto la brillante idea di posare la pergamena subito dopo essersi accorta che non appartenesse a Draven. Anche perché, pochi istanti dopo, udì il tonfo di un manuale chiudersi poco distante. Ciò le permise di confermare quanto sospettava, ossia che la padrona di quegli oggetti non fosse poi così distante. Narcissa scelse, a quel punto, di fare quello per il quale era arrivata in biblioteca, ossia studiare storia della magia. Dalla borsetta che teneva appoggiata sulle ginocchia estrasse la pergamena dove aveva appuntato i compiti che il preside Peverell aveva loro assegnato per quel weekend.
*Sono sempre più lunghe le consegne che ci assegna* pensò Narcissa, arricciando il naso in segno di disapprovazione.
Per quanto le piacesse frequentare le lezioni, detestava trascorrere tempo chiusa in biblioteca con il capo chino tra i libri. Lo sguardo scorse rapidamente le domande e l'argomento centrale che avrebbe dovuto sviluppare quando...

"Miseriaccia!"
Una parola non meglio distinta pervenne alle sue orecchie. Che lingua era? Narcissa non la riconobbe come inglese, ma di una cosa era certa: dal tono utilizzato aveva tutta l'aria d'essere un'imprecazione. Poi fu questione di pochi istanti. Narcissa sobbalzò sulla sedia, un tomo cadde ai suoi piedi, aprendosi su una pagina a caso e una ragazza dai lunghi capelli castani si ritrovò a pochi centimetri da lei, distesa per terra. Ecco da chi era provenuta quell'imprecazione, dalla Grifondoro che aveva deciso di misurare il pavimento usando come strumento di ausilio direttamente la sua faccia.
Narcissa osservò la scena dapprima con perplessità, il sopracciglio inarcato. Una persona di buon senso si sarebbe alzata e avrebbe dato una mano alla ragazza a risollevarsi da terra, o quantomeno le avrebbe teso la mano e si sarebbe informata se si fosse fatta male o avesse bisogno d'aiuto. Ma non Narcissa, che a fronte di tutto quel siparietto non riuscì a trattenersi dall'esplodere in una risata. Rise di gusto, prendendo palesemente in giro l'altra ragazza.

"Ahahah"
Istintivamente si portò entrambe le mani davanti alla bocca, per evitare che il fragore della risata venisse immediatamente tacciato dal sonoro ed eloquentissimo 'shhht' tipico di Madama Pince. Ma era certa che anche la bibliotecaria, se si fosse trovata al suo posto invece che dietro alla sua solita postazione, avrebbe avuto una reazione simile. Come si poteva restare seri davanti a tanta goffaggine?
*Peccato che non ci sia qui Maxine, altrimenti sai che ridere?*
Era certa che la ragazzina non avrebbe esitato a reagire alla sua risata. Se l'aspettava più che mai, ma la cosa non la scompose particolarmente, visto che Narcissa per lo più era abituata ad avere reazioni estreme alle quali corrispondevano altrettante azioni estreme da fronteggiare.

 
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view post Posted on 21/9/2020, 08:19
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Ritrasse la mano. «Faccio da sola» disse con nota di rabbia nella voce. Aveva paura dell'ipocrisia delle persone. Quel finto buonismo l'aveva fatta prendere la strada oscura verso l'ignoto, rappresentato dalla magia oscura.

L'avevano rotta

Ma non c'era nessuno a tenderle la mano e soffió un respiro di sollievo. Fu un momento: quando stava per rialzarsi sulle sue gambe, sentì una risata cristallina provenire da un paio di piedi vicino a dove era caduta. Rialzó stupita lo sguardo perché la risata le ricordó qualcosa che successe quell'estate. Un incontro clandestino con Eileen e quella risata le ricordava tante avventure. Quando si fu rialzata e sistemata la gonna guardò negli occhi la giovane cercando di cogliere qualche somiglianza con la "sua ragazza". Ma era l'opposto e un poco questo la fece provare un moto di rammarico. Juliet prese posto sulla panchetta lungo il tavolo, senza dire niente che potesse essere offensivo o quant'altro. E poi che altro poteva dire? Le fu grata in quel momento di non essere stata ipocrita. Odiava quel tipo di persone e odiava il loro buonismo. Strano per una di Grifondoro.

Strano ma vero

Mentre cercava di ignorare l'intrusa però l'occhio le cadeva sulla ragazzina bionda davanti a lei. Poteva dire con certezza che quel tipo fosse piacente e con lo sguardo cercò di sondare quello limpido di lei. Doveva avere qualche anno in meno di lei. Avrebbe preso la collana, con inciso i Doni della Morte, e dopo aver chiuso il tomo, prese parola
: «C'erano altri tavoli liberi. Perché questo?». Non ne faceva una colpa, era solo curiosa. Anche lei lo avrebbe fatto di sicuro. E avrebbe di certo curiosato tra le cose per capire che tipo fosse il proprietario

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Non ti darò ciò che vuoi :secret: Gno :gelato:
 
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Narcissa E. Miller
view post Posted on 21/9/2020, 10:24




Narcissa Elodie
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Q
uella ragazzina sembrava proprio capitare a fagiolo. Per Narcissa assistere a scene del genere e cercare un punto per attaccarsi in frivole e pressoché inutili discussioni era il massimo della vita. Discutere, litigare e buttarsi nella mischia la faceva sentire libera, potente e, sotto certi versi, persino invincibile. Per quanto invincibile potesse sentirsi una ragazzina di soli undici anni, s'intende.
Passarono pochi attimi e la Grifondoro dalla lunga capigliatura castana si rialzò sotto lo sguardo divertito di Narcissa, che non faceva nulla per mostrarsi dispiaciuta o amichevole nei suoi confronti. La risata, che d'un tratto fu costretta a soffocare per evitare un secco rimprovero da parte dell'acida bibliotecaria, morì dietro il tocco della sua mano, che andò a posarsi sulle labbra, nel tentativo di nascondere l'ilarità che aveva in corpo. Quando la Grifondoro fu ormai ritta sulle gambe, gli occhi azzurri di Narcissa volteggiarono su di lei. Aveva un viso delicato, ma al contempo furbo e determinato. Sicuramente, constatò immediatamente Narcissa, doveva avere qualche anno più di lei, oltre che un bagaglio di esperienza sicuramente più pronunciato, pertanto fare la gradassa nei suoi confronti avrebbe potuto rivelarsi un'idea non particolarmente astuta. Di tutte le cose che Narcissa aveva in mente, infatti, l'ultima era ritrovarsi a duellare con una studentessa dotata del doppio del suo potenziale magico e magari pure clandestinamente. Va bene andare a caccia di guai, ma anche lei sapeva quand'era il caso di mettere in moto le rotelle e non esporsi troppo. D'altronde, per quanto da sempre si sforzasse di dare l'impressione di comportarsi in maniera equa, la sua indole subdola la portava ad accanirsi sempre e solo su chi riteneva decisamente più debole e al di sotto delle sue possibilità. Qualcuno sicuramente l'avrebbe definita vigliacca, lei, invece, preferiva dirsi dotata di profonda scaltrezza. Pura, semplice scaltrezza.
La risata soffocata si trasformò in un autentico ghigno di scherno nel momento stesso in cui la Grifondoro si sedette al tavolo e con un gesto lesto afferrò la collana che fino a qualche istante prima era rimasta abbandonata sul tavolo in mezzo a una montagna di libri e pergamene. Narcissa l'aveva già adocchiata dal primo istante in cui aveva preso posto su quella seggiola, ma non l'aveva presa in considerazione né se l'era intascata, poiché in primis non era solita rubare e poi perché le sembrava un cimelio del tutto privo di qualsiasi potenziale magico. Era così anonimo, così poco accattivante ed ammaliante... Aveva avuto modo di vedere qualche gioiello magico a casa di sua nonna Elodie: dentro nel suo scrigno dorato aveva cose che i babbani potevano soltanto sognarsele e, a confronto, i gioielli posseduti dalla mamma di suo padre, di origini schiettamente babbane, parevano soltanto un'accozzaglia di lamina e pietra. Nonna Elodie, in particolare, aveva sempre indosso una collana che le permetteva di vedere cosa accadesse altrove. A prima vista sembrava una piccola palla di cristallo ripiena di fumo e avvolta in un intarsio di platino e piccoli diamanti e Narcissa non era mai stata in grado di capirne il funzionamento, né di poterla toccare con mano, poiché sua nonna la custodiva gelosamente. Un paio di volte le aveva concesso il lusso di osservare piccoli paesaggi sapientemente riprodotti al suo interno. Era affascinante vedere anche gli uccelli, le persone e i pesci così raffinatamente raffigurati all'interno. Dentro quel gioiello c'era un piccolo mondo e Narcissa da sempre bramava con ardore averne uno simile. O ereditare quello della nonna. Ma la collana della Grifondoro, invece, non aveva niente di tutto ciò. Era piatta, insulsa e a Narcissa non trasmetteva alcuna emozione. Eppure lei sembrava tenerci davvero tanto, altrimenti non se la sarebbe recuperata con tutta quella frenesia.
Mentre pensava a tutto ciò, la voce della ragazza interruppe il flusso di pensieri della Serpeverde, spezzando di fatto il silenzio tombale tipico della biblioteca di Hogwarts. Fortunatamente non s'era ancora udito alcun 'shhht' provenire dalla postazione di Madama Pince, il che lasciava presagire che la donna fosse presa da altre faccende piuttosto che dal loro vociare forse un po' troppo alto per gli standard del luogo.
La domanda arrivò a bruciapelo alle orecchie di Narcissa, che sgranò leggermente gli occhi. Perché proprio a quel tavolo? Bella domanda, in effetti. Doveva essere onesta con la Grifondoro, ossia con una ragazza della quale non sapeva nulla, nemmeno il nome o l'anno di frequenza a Hogwarts? Avrebbe dovuto forse dirle che, avendo visto dei libri abbandonati sul tavolo, aveva per un istante avuto la speranza di imbattersi nel suo concasato, Draven Shaw? E se poi la Grifondoro avesse frainteso? D'altronde, i Grifondoro erano famosi per i loro scherzi e per le loro attività spesso al limite della legalità. Bastava pensare a quante volte delle caccabombe erano state lanciate da incauti Grifondoro, lasciando nei corridoi e nell'ingresso un acre e fastidiosissimo odore... Temeva che se fosse stata onesta, la ragazza avrebbe potuto, una volta uscita da lì, diffondere la falsa voce secondo cui lei, Narcissa Miller, s'era innamorata di Draven Shaw ed era andata a cercarlo persino in biblioteca. Ricordava di aver anche lei stessa, una volta, diffuso voci false a discapito di una ragazzina babbana che abitava accanto a sua nonna paterna, a Londra. Quand'era uscita quella bugia e il tutto era stato ricondotto a lei, tutti se l'erano presa con l'altra ragazza ed era scoppiato un autentico putiferio. E se fosse accaduto anche a Hogwarts? Aveva faticato non poco a guadagnarsi l'amicizia e la fiducia di Draven Shaw e non voleva che tutto potesse finire in frantumi per via di pettegolezzi o di storie palesemente inventate. Si diceva, infatti, che le esperienze insegnavano, e quell'esperienza a Londra aveva forgiato il suo carattere e una piccola consapevolezza. Narcissa, d'altronde, era conscia del temperamento imprevedibile e irascibile di Draven, motivo per cui temeva che dire la verità avrebbe potuto ritorcersi sul loro neonato rapporto d'amicizia. Optò per la via più semplice, quindi, quella della menzogna. Quella ragazzina, in fondo, non sapeva nulla di lei e nel corso del tempo lei aveva sviluppato un'ottima capacità di palesarsi come bugiarda, come avrebbe potuto accorgersi se le stava mentendo?

"Perché proprio questo tavolo? Ottima domanda, miss miseriaccia" replicò Narcissa, mentre il ghigno di divertimento si tramutava in un'espressione apparentemente più seria, anche a causa della sua totale incapacità di pronunciare quell'esternazione in italiano con una pronuncia corretta. La sua pronuncia inglese, infatti, la stravolse totalmente, rendendo la riproduzione dell'imprecazione usata dalla Grifondoro particolarmente ridicola e totalmente differente da come lei, invece, l'aveva udita pochi attimi addietro.
I profondi occhi color ghiaccio di Narcissa si fossilizzarono sulla criniera castana della ragazza, per poi fissarsi nel suo sguardo scuro. Non ne conosceva l'identità, né il nome. L'aveva incrociata forse qualche volta per i corridoi di Hogwarts, ma c'erano talmente tanti studenti all'interno del castello che tenere il censimento di tutti non era un'impresa per nulla facile.

"In verità credevo che tutti questi libri appartenessero a Lyvie Synferir, avevo appuntamento con lei per fare una ricerca sulla Gelbestrum per il professor Scott, ma poi mi sono ricordata che la mia compagna di stanza è una ritardatrice seriale. Solo che me ne sono accorta troppo tardi e ormai mi ero già seduta" mentì spudoratamente, l'aria angelica di chi intende darla a bere senza troppa fatica.
Narcissa mentì alla Grifondoro con una naturalezza disarmante; gli anni trascorsi al cospetto dei nonni Cooper, difatti, avevano forgiato la sua parlantina e pure la sua faccia tosta, levigando il suo carattere e rendendolo abilmente truffaldino in una maniera egregia, al punto che spesso persino lei stessa di stupiva delle sue innate abilità di bugiarda. Tenne a mente che avrebbe dovuto anche sdebitarsi con Lyvie, per aver fatto il suo nome e averla coinvolta, suo malgrado, in quella faccenda nella quale non aveva alcun ruolo diretto. Sorrise angelicamente, mentre la ragazza davanti a lei con un gesto della mano chiudeva il pesante tomo che sino a quel momento era rimasto aperto sotto il loro naso.
Con l'indice e il pollice, Narcissa iniziò a rigirarsi il ciondolo che teneva sempre abilmente nascosto sotto il colletto della camicia della divisa e, con fare distratto, si portò alla bocca la collanina d'argento che le permetteva di tenere il pendaglio al collo. Non che a Hogwarts avesse bisogno di tenerlo segreto, come quando invece girava in mezzo ai babbani: in fondo a scuola erano tutti maghi, chi più chi meno esperto in base all'anno di frequenza, ma pur sempre maghi erano e nessuno di loro avrebbe potuto scoprire il tranello che nonna Elodie vi aveva nascosto all'interno. Nonostante tutto, preferiva custodirlo gelosamente alla vista, dato che restava pur sempre un cimelio di famiglia ereditato dalla nonna con tanta fatica. Mentre giocherellava con la sua collana, l'attenzione tornò a dedicarsi alla Grifondoro.

"E' magico quel pendente che hai appena nascosto?" chiese, spinta dalla più sincera delle curiosità.
Il modo in cui la Grifondoro l'aveva recuperata dal tavolo, la rapidità con cui l'aveva sottratta alla sua vista e la velocità con la quale se l'era messa via avevano alimentato la sua curiosità e il desiderio di saziarla con quella domanda.


 
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view post Posted on 26/9/2020, 16:19
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Si era accorta del rapido e repentino cambiamento della ragazza quando lei si sarebbe alzata dal pavimento. Forse aveva dato l'impressione di essere una bulla, una da non sfidare. Se fosse stata come una volta, avrebbe chiesto scusa per qualsiasi espressione facciale che avrebbe potuto rivelare il suo stato d'animo o qualsiasi altra emozione. Ma non ora, non dopo aver subito torti che lei non aveva richiesto. Cercò di rimanere impassibile, sospirando soltanto, con lo sguardo fisso in quello della ragazzina davanti a lei. Aveva posto la domanda e aspettava la risposta mentre il cielo, oltre la finestra, si stava scurendo con l'arrivo di nuvole cariche di pioggia. Per un attimo volse lo sguardo fuori, per vederne l'effetto. Era come vedersi all'interno con il cuore indurito e nero come la pece. L'innocenza della ragazzina s'era come volatilizzata facendo spazio al lato più oscuro, meno noto, della ragazzina.
Era come vedersi allo specchio. Quando sentì la ragazza, avrebbe fatto un sussulto, mascherandolo subito con uno spostamento in avanti del busto in modo da poggiare i gomiti sul tavolino pieno zeppo di babbani libri e pergamene. Lo sguardo scuro di Juliet si immerse in quello limpido e viaggiò in quell'immensità per cogliere qualsiasi emozione che potesse farle comprendere che tipo di persona fosse. La semplicità con cui, la sconosciuta, aveva riso della sua goffaggine era un punto a favore. Sorrise nel profondo, nascondendo alla sconosciuta quella piccola emozione sotto strati di serietà. Quando le rispose, poté avvertire qualcosa incrinarsi nel petto. Aveva sentito a pelle la strana sensazione che le dava la ragazza. Poteva sentire, ormai, per vissuto, che le stava raccontando una frottola. Ma poteva anche capirla: Juliet non si era presentata e fidarsi era bene, ma non fidarsi era meglio. Voleva andare via, raccogliere tutto e svignarsela, ma non lo fece. Quel viso da ragazzina le diceva che poteva fidarsi, nonostante fosse Serpeverde, della casata opposta e con una lunga diatriba che correva tra le due casate. Si sarebbe guardata il gioiello e soppesó l'idea di rivelare tutto. Ma non era ancora pronta ad affrontare i fantasmi del passato e di quelli che poi sarebbero venuti.

«So solo che è magico. Miss puntualità.» non avrebbe rivelato altro rimarcando con un ghigno quell'appellativo quando sentì, con un accento musicale a suo dire, come l'aveva apostrofata.
Doveva guadagnarselo. Doveva guadagnarsi la sua fiducia.

«Sono Juliet. Tanto piacere» Avrebbe rivelato mentre sorrideva, senza allungare la mano. Solo una domanda le premeva: «Ti sei mai allontanata da ciò che volevano i tuoi?» Sarebbe stata come lei? Viva senza costrizioni? Mentre prendeva un libro con all'interno la lettera per Voldermort o per i suoi seguaci. Non l'avrebbe di certo fatta vedere al mondo, voleva solo sentire che ci fosse ancora, a testimonianza di quello che lei stava vivendo.


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Scusa il ritardo :flower:
 
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Narcissa E. Miller
view post Posted on 26/9/2020, 19:43




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S
subito dopo che la Grifondoro si rialzò dal freddo pavimento della biblioteca, lo sguardo di lei ricadde in quello di Narcissa, che si premurò di non distogliere per far capire che quella scena la stava divertendo, ma di certo non l'aveva messa in soggezione. Un piccolo sospirò arrivò alle orecchie della giovane Serpeverde, che si rese conto, quasi sicuramente, d'aver messo un po' in imbarazzo quella ragazza, di per sé stessa già vittima di una situazione incresciosa e difficile da accettare pubblicamente.
Narcissa si passò distrattamente la lingua sulle labbra per bagnarle, mentre il suo sguardo attento non si staccava da quella Grifondoro, che nel frattempo stava prendendo posto davanti a lei.
Narcissa la guardò con maggiore attenzione, quasi volesse non solo osservarne i lineamenti ma scrutarne anche all'interno dell'anima. Quegli occhi castani, vispi e attenti, la fissavano con la medesima intensità, cosa che alimentò vagamente l'egocentrismo di Narcissa, la quale adorava quando qualcuno si fossilizzava su di lei, regalandole attenzione e attimi di pura gloria. Sembrava però decisamente meno a disagio di quanto la Serpeverde si sarebbe aspettata. La ragazza, difatti, aveva preso posto e aveva risposto con disinvoltura alla sua domanda, senza accennare minimamente alla sua presunta goffaggine o alla figura da pesce lesso che aveva fatto cadendo sotto i suoi occhi. Per quanto potesse rientrare nell'arco della normalità anche inciampare e collassare rovinosamente al suolo, Narcissa sapeva che spesso le persone se ne vergognavano e, non appena ritte nuovamente in piedi, non facevano altro che accampare scuse, per lo più patetiche, su come avessero inciampato in potenziali stringhe slacciate, di come fossero poco coordinati o, peggio ancora, di quanto fossero stati distratti. Ma lei non l'aveva fatto e ciò risvegliò maggiormente l'attenzione della biondissima Serpeverde, che non mancò di fare una pungente osservazione.

"Credo tu sia l'unica al mondo che non solo non abbia minimamente manifestato interesse nel volermi tirare un pugno sui denti per aver palesemente riso di te" esordì, un sorriso sardonico stampato sulla faccia, mentre l'ilarità faceva da filo conduttore di quelle sue parole.
"Ma hai anche mostrato un notevole self control. Ti stimo" aggiunse con una certa soddisfazione.
Doveva ammettere che fino ad allora nessuno aveva resistito alle sue provocazioni. Bene o male tutti avevano ceduto: chi aveva provato a risponderle a tono, chi invece a scappare a gambe levate, ma nessuno che avesse provato a manifestare... indifferenza? Sì, indifferenza. E sua nonna Elodie le aveva insegnato che essere indifferenti può fare molto male. Cosa diceva?

*L'indifferenza è l'arma più potente, perché richiama l'attenzione e distrae l'avversario, portandolo dritto nella tua tela... porca miseria, ha ragione da vendere... ci sono cascata come lei è volata sul pavimento*
La voce di nonna Elodie si affacciò alla sua mente, ripetendo con solerzia le parole che più e più volte le erano state ripetute durante le lunghe ed estenuanti sessioni di "de-mezzosanguinamento", come amava chiamarle la donna. Grazie al cielo, da quando frequentava Hogwarts aveva smesso di seguire le "lezioni" che sua nonna le impartiva per trasformarla in una finta purosangue. E doveva ammettere anche che non le mancavano, sebbene spesso e volentieri, per lo più inconsciamente, si ritrovava a mettere in pratica tutto quanto le era stato inculcato in anni e anni di lavaggio del cervello.
Tornò a concentrarsi sulla ragazzina, soprattutto perché le interessava quella collana.

*Ah, allora è magica*commentò mentalmente, allungando il collo per poterla vedere meglio.
Il pendente però era nascosto alla sua vista e la Grifondoro, la cui identità le era ancora ignota, aveva provveduto a farlo sparire dalla circolazione.
Narcissa era sul punto di replicare qualcosa, quando la ragazzina la definì "miss puntualità". La Serpeverde, di tutta risposta, inarcò un sopracciglio, vistosamente scettica a fronte di quel sopracciglio. La puntualità era sempre stata una sua prerogativa, ma certamente non da costarle un soprannome. Un ghigno divertito apparve sulle sue labbra, ad accompagnare le sue parole.

"Tra tutti i soprannomi, 'miss puntualità' ancora mi mancava"
Narcissa si stiracchiò appena, aprendo le spalle con un gesto meccanico e lasciando che i capelli fluissero lungo la sua schiena, arrivando a toccare persino lo schienale della sedia di legno sulla quale aveva preso posto. Un paio di ciocche si incastrarono nelle giunture e prontamente la Serpeverde le 'salvò' prima che potessero rovinarsi o spezzarsi in punta.
"Juliet... come la protagonista della tragedia di Shakespeare" disse, ricordandosi improvvisamente di uno spettacolo teatrale al quale aveva assistito qualche anno prima assieme alla nonna. Chiuse appena gli occhi e d'improvvisò ricordò quell'immenso teatro nel cuore di Londra, nel quale, mano per mano con l'anziana signora Miller, aveva sognato ad occhi aperti.
"Io mi chiamo Narcissa, ma..."
S'interruppe bruscamente. Stava per dire 'puoi chiamarmi anche Cissy', ma preferì non farlo. In fondo, restava pur sempre una Grifondoro, faceva parte della "fazione del nemico". Poteva fidarsi a darle troppa confidenza? Meglio di no, almeno non ora. Rendendosi conto di aver fatto una virata troppo evidente, riprese con risolutezza.
"Ma sicuramente lo saprai già, visto che in questa scuola amano fare il mio nome" aggiunse con pungente ironia, mentre ricordava di quante volte aveva sorpreso ragazzini parlare alle sue spalle o nominarla invano.
Poi la domanda di Juliet arrivò come un fulmine a ciel sereno. 'Ti sei mai allontanata da ciò che volevano i tuoi?'. L'istinto le avrebbe suggerito di rispondere di sì, di essere onesta, almeno con sé stessa. Però dove voleva parare la Grifondoro con quella domanda? E perché proprio a lei la stava ponendo? In fondo si erano appena conosciute e...

"Perché fai una domanda del genere a una persona che conosci a malapena?" domandò Narcissa con sincerità, riducendo gli occhi a due fessure e scrutando con imperturbabile serenità la Grifondoro. Voleva capire quali potessero essere le sue intenzioni, ma era molto difficile comprenderlo. Non sapeva nulla di lei, se non che avesse per le mani un ciondolo magico e che si chiamava Juliet.
"Io tendo a seguire me stessa. Non mi piace che gli altri mi comandino, nemmeno quando a farlo sono i miei" concluse poi, rispondendo di fatto affermativamente a quella domanda. Il fatto che desiderasse ardentemente emanciparsi dalle credenze dei Cooper, ma anche dai pregiudizi verso il mondo magico dei Miller era un chiaro segno che presto Narcissa avrebbe dovuto esternare verso tutti la sua posizione. Hogwarts le aveva risvegliato uno spirito ardente e ribelle, era pronta a farsi valere e ad esprimere quelle che erano le sue credenze, quelle che si era creata osservando la diatriba tra babbani e purosangue che attanagliava da anni la sua famiglia.


Ci mancherebbe (:
 
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view post Posted on 2/10/2020, 18:37
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Molti luoghi ha la tua anima, ivi alberga natura magnanima. Di coraggio e lealtà fanne bandiera, di Grifondoro potrai essere fiera!

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Juliet Little

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Before you put your arms 'round me
Swept the world beneath my feet[...]
That was' til you came my way
And you said "hola, hola"









Lo sguardo scuro della ragazzina cercò di tracciare il profilo della bambina davanti a lei. Impiantò lo sguardo nello sguardo. Ma poi lo distolse per paura di perdersi in quell’azzurro, per paura di svelare troppo di sé.
Era curioso il fatto che fosse andata oltre le apparenze. Se fosse stata quella di un tempo avrebbe già cominciato a bisticciare come una vecchia megera, come era solito fare suo nonno quando perdeva a carte.
E non voleva più essere la Grifondoro molesta.

«Ecco mi sarei arrabbiata di più se tu ti fossi prodigata nell’aiutarmi, com’era il detto: Chi è cagion del suo mal, pianga se stesso, no?» le avrebbe risposto mentre metteva a posto il libro che era scivolato in direzione della Serpeverde.
«In verità mi piace sembrare una ragazza tutta d’un pezzo» avrebbe ammesso, per la prima volta davanti alla sconosciuta Miss Puntualità. Dopo tante bugie, ecco un fondo di verità, ecco l’emergere della vera, piccola, Juliet. Dopotutto era solo un piccolo granello in quel vasto mondo. Non aveva più voglia di raccontarsi bugie, nemmeno a lei, per rendere meno agrodolce la sua esistenza e tutte quelle verità che le erano state negate.
Per un momento aveva fissato il vuoto, ma poi, come se ci fosse stato uno schiocco delle dita davanti a lei, riportò gli occhi in avanti a immergersi di nuovo nello sguardo di Narcissa. Quel nome le sembrava stare a pennello, un sorriso le sarebbe scappato mentre la vedeva attenta ciò che le stava dicendo come se fosse, contenta di ciò che le veniva detto. Trovò un'assonanza con Narciso, il tizio morto per la sua bellezza che lui aveva condiviso solo con se stesso. Voleva dirle qualcosa a proposito di quel mito, ma ma non ne fece parola, non perchè non volesse, ma perchè non le sembrava corretto, visto che non l'aveva giudicata e visto che non erano ancora così in confidenza.

4ehiOy8


A detta di molti gli occhi erano, sono, lo specchio dell’anima e in un certo senso avevano ragione: in lei, in quella ragazzina, nello sguardo vedeva qualcosa che l’accomunava. Non sapeva con certezza cosa fosse, ma lo sentiva, percepiva due anime, simili, messe a confronto. Sulla bilancia sembravano che ci fossero due pesi e due misure.
«Contenta che ti manchi questo appellativo, miss» disse Juliet mentre tirava fuori il miglior sorriso. Tutt’ad un tratto tornò seria e avrebbe soppesato bene le sue parole circa la sua uscita. Per lei, ora, era difficile trovare qualcuno degno delle sue attenzioni. Ed era sempre meglio mettere le mani in avanti per non finire, come prima, piena di graffi, lividi, che difficilmente se ne andavano via.
«Ho osato troppo, stavolta?» le parole che avrebbe voluto dire non furono quelle, ma altre che le si incastrarono come lische, nelle corde vocali. Quando parlò, sembrò essere senza fiato. Aveva scoperto le carte, aveva passato il limite? Non voleva, non doveva, ma il dado era tratto e per lo più, s’era invischiata lei in quella situazione perché, ora, la controparte le aveva rilanciato la palla, infuocata, chiedendole il perché lei avesse posto quella domanda: doveva essere sincera? Doveva fare la vaga? Sembrava il treno fosse sbandato dalle rotaie. Juliet sembrò agitarsi sul posto, mentre cambiava posizione sulla sedia. Se fosse stata come un tempo, avrebbe preso le sue cose e sarebbe andata via, semplicemente lasciando l’interlocutore lì. Ma non lo voleva fare, non quella ragazza che sembrava avere qualcosa di pronto per lei.
Un sospiro, due sospiri e dopo la verità, la cruda verità:
«Odio chi non usa la sua testa, non se m’intendo. Portano il marcio» avrebbe detto mentre uno strano luccichio sarebbe comparso nello sguardo della ragazzina.
Cosa sarebbe successo di lì a poco?



Ognuno ha il suo universo

role scheme © lisa,


 
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Narcissa E. Miller
view post Posted on 3/10/2020, 07:46




Narcissa Elodie
Miller
«O forse a Serpeverde, ragazzi miei, voi troverete gli amici migliori, quei tipi astuti e affatto babbei che qui raggiungono fini ed onori!»

► Mood: Happy► Età: 11 anni ► Ruolo: Studentessa► Outfit: Divisa di Serpeverde

L
a Grifondoro stava calamitando la sua attenzione come un magnete con lo sportello del frigorifero. Quello sguardo scuro e profondo non si distaccava mai per troppo tempo da quello azzurro come il ghiaccio di Narcissa. E la Serpeverde apprezzava quel fatto, perché stava a dimostrare che da parte della sua interlocutrice c'era una certa sicurezza, forse anche un pizzico di spavalderia. E per una come Narcissa era un atteggiamento non demonizzabile, anzi. La bionda distaccò appena lo sguardo per dare una squadrata generale alla Grifondoro.
"Nah, nessuno riceverà mai aiuto da parte mia, a meno che non se lo sia guadagnato nel corso del tempo".
Un leggero ghigno apparve sul viso della Serpeverde. Aveva appena esternato senza troppi fronzoli la sua filosofia di vita: per gli amici avrebbe dato tutto, ma solo per quelli fidati, ossia coloro che si erano guadagnati la sua stima e il suo rispetto. Per il resto, agli altri non avrebbe prestato nemmeno un paio di jeans rattoppati sulle ginocchia se non dietro un preciso tornaconto.
"Sai cosa mi dice sempre mia nonna? Che nella vita non bisogna sembrare, ma essere".
Snocciolò le parole di nonna Elodie con un tono quasi profetico. Ricordava benissimo il frangente nel quale le aveva sentite dire la prima volta: "Narcissa, non devi sembrare una purosangue, devi comportarti in modo tale che gli altri siano sicuri che tu lo sia. Non devono avere alcun tipo di tentennamento". E da allora quella convinzione le era stata inculcata in testa come un mantra. Nonna Elodie non perdeva occasione per ripetergliela e ormai per lei era diventata una sorta di Bibbia profana.
"Sembra quasi tu abbia paura di me. In fondo ho solo undici anni, hai più conoscenze di me e potresti annientarmi soltanto sollevando la tua bacchetta. Quindi perché mi temi?"
Lo sguardo di Narcissa tornò a fossilizzarsi su Juliet. Aveva intuito che la ragazza non riusciva a essere spontanea. Aveva soltanto undici anni, ma più volte nella vita aveva dovuto sforzarsi di contenere le sue emozioni. Soprattutto aveva ricevuto un lungo addestramento per imparare a tollerare la rabbia e l'impulsività, anche se non sempre ci riusciva appieno. Le avevano anche insegnato a non essere invadente, ma a rimanere riservata e assolutamente schiva. Ma a Hogwarts era sola, era in grado di comportarsi come voleva lei, non come volevano gli altri membri della sua famiglia.
Un sorriso celante un leggero senso di sfida accompagnò l'ultima frase da lei pronunciata. Voleva vedere fino a che punto Juliet sarebbe arrivata. Aveva sopportato d'essere derisa e aveva detto d'apprezzare la sua sfacciataggine, poiché condivisa. Ma adesso... come avrebbe reagito se per caso Narcissa avesse davvero colto i freni a cui si stava sottoponendo?
La stessa Serpeverde, che fino a quel momento aveva mantenuto un contegno, si lasciò andare completamente. Le si sciolse la lingua, lasciando che il pensiero fosse guidato dall'istinto e che le parole uscissero non soppesate, ma come un fiume in piena.


 
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9 replies since 18/9/2020, 22:48   271 views
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