| Narcissa E. Miller |
| | Narcissa Elodie Miller «O forse a Serpeverde, ragazzi miei, voi troverete gli amici migliori, quei tipi astuti e affatto babbei che qui raggiungono fini ed onori!» Q uella ragazzina sembrava proprio capitare a fagiolo. Per Narcissa assistere a scene del genere e cercare un punto per attaccarsi in frivole e pressoché inutili discussioni era il massimo della vita. Discutere, litigare e buttarsi nella mischia la faceva sentire libera, potente e, sotto certi versi, persino invincibile. Per quanto invincibile potesse sentirsi una ragazzina di soli undici anni, s'intende. Passarono pochi attimi e la Grifondoro dalla lunga capigliatura castana si rialzò sotto lo sguardo divertito di Narcissa, che non faceva nulla per mostrarsi dispiaciuta o amichevole nei suoi confronti. La risata, che d'un tratto fu costretta a soffocare per evitare un secco rimprovero da parte dell'acida bibliotecaria, morì dietro il tocco della sua mano, che andò a posarsi sulle labbra, nel tentativo di nascondere l'ilarità che aveva in corpo. Quando la Grifondoro fu ormai ritta sulle gambe, gli occhi azzurri di Narcissa volteggiarono su di lei. Aveva un viso delicato, ma al contempo furbo e determinato. Sicuramente, constatò immediatamente Narcissa, doveva avere qualche anno più di lei, oltre che un bagaglio di esperienza sicuramente più pronunciato, pertanto fare la gradassa nei suoi confronti avrebbe potuto rivelarsi un'idea non particolarmente astuta. Di tutte le cose che Narcissa aveva in mente, infatti, l'ultima era ritrovarsi a duellare con una studentessa dotata del doppio del suo potenziale magico e magari pure clandestinamente. Va bene andare a caccia di guai, ma anche lei sapeva quand'era il caso di mettere in moto le rotelle e non esporsi troppo. D'altronde, per quanto da sempre si sforzasse di dare l'impressione di comportarsi in maniera equa, la sua indole subdola la portava ad accanirsi sempre e solo su chi riteneva decisamente più debole e al di sotto delle sue possibilità. Qualcuno sicuramente l'avrebbe definita vigliacca, lei, invece, preferiva dirsi dotata di profonda scaltrezza. Pura, semplice scaltrezza. La risata soffocata si trasformò in un autentico ghigno di scherno nel momento stesso in cui la Grifondoro si sedette al tavolo e con un gesto lesto afferrò la collana che fino a qualche istante prima era rimasta abbandonata sul tavolo in mezzo a una montagna di libri e pergamene. Narcissa l'aveva già adocchiata dal primo istante in cui aveva preso posto su quella seggiola, ma non l'aveva presa in considerazione né se l'era intascata, poiché in primis non era solita rubare e poi perché le sembrava un cimelio del tutto privo di qualsiasi potenziale magico. Era così anonimo, così poco accattivante ed ammaliante... Aveva avuto modo di vedere qualche gioiello magico a casa di sua nonna Elodie: dentro nel suo scrigno dorato aveva cose che i babbani potevano soltanto sognarsele e, a confronto, i gioielli posseduti dalla mamma di suo padre, di origini schiettamente babbane, parevano soltanto un'accozzaglia di lamina e pietra. Nonna Elodie, in particolare, aveva sempre indosso una collana che le permetteva di vedere cosa accadesse altrove. A prima vista sembrava una piccola palla di cristallo ripiena di fumo e avvolta in un intarsio di platino e piccoli diamanti e Narcissa non era mai stata in grado di capirne il funzionamento, né di poterla toccare con mano, poiché sua nonna la custodiva gelosamente. Un paio di volte le aveva concesso il lusso di osservare piccoli paesaggi sapientemente riprodotti al suo interno. Era affascinante vedere anche gli uccelli, le persone e i pesci così raffinatamente raffigurati all'interno. Dentro quel gioiello c'era un piccolo mondo e Narcissa da sempre bramava con ardore averne uno simile. O ereditare quello della nonna. Ma la collana della Grifondoro, invece, non aveva niente di tutto ciò. Era piatta, insulsa e a Narcissa non trasmetteva alcuna emozione. Eppure lei sembrava tenerci davvero tanto, altrimenti non se la sarebbe recuperata con tutta quella frenesia. Mentre pensava a tutto ciò, la voce della ragazza interruppe il flusso di pensieri della Serpeverde, spezzando di fatto il silenzio tombale tipico della biblioteca di Hogwarts. Fortunatamente non s'era ancora udito alcun 'shhht' provenire dalla postazione di Madama Pince, il che lasciava presagire che la donna fosse presa da altre faccende piuttosto che dal loro vociare forse un po' troppo alto per gli standard del luogo. La domanda arrivò a bruciapelo alle orecchie di Narcissa, che sgranò leggermente gli occhi. Perché proprio a quel tavolo? Bella domanda, in effetti. Doveva essere onesta con la Grifondoro, ossia con una ragazza della quale non sapeva nulla, nemmeno il nome o l'anno di frequenza a Hogwarts? Avrebbe dovuto forse dirle che, avendo visto dei libri abbandonati sul tavolo, aveva per un istante avuto la speranza di imbattersi nel suo concasato, Draven Shaw? E se poi la Grifondoro avesse frainteso? D'altronde, i Grifondoro erano famosi per i loro scherzi e per le loro attività spesso al limite della legalità. Bastava pensare a quante volte delle caccabombe erano state lanciate da incauti Grifondoro, lasciando nei corridoi e nell'ingresso un acre e fastidiosissimo odore... Temeva che se fosse stata onesta, la ragazza avrebbe potuto, una volta uscita da lì, diffondere la falsa voce secondo cui lei, Narcissa Miller, s'era innamorata di Draven Shaw ed era andata a cercarlo persino in biblioteca. Ricordava di aver anche lei stessa, una volta, diffuso voci false a discapito di una ragazzina babbana che abitava accanto a sua nonna paterna, a Londra. Quand'era uscita quella bugia e il tutto era stato ricondotto a lei, tutti se l'erano presa con l'altra ragazza ed era scoppiato un autentico putiferio. E se fosse accaduto anche a Hogwarts? Aveva faticato non poco a guadagnarsi l'amicizia e la fiducia di Draven Shaw e non voleva che tutto potesse finire in frantumi per via di pettegolezzi o di storie palesemente inventate. Si diceva, infatti, che le esperienze insegnavano, e quell'esperienza a Londra aveva forgiato il suo carattere e una piccola consapevolezza. Narcissa, d'altronde, era conscia del temperamento imprevedibile e irascibile di Draven, motivo per cui temeva che dire la verità avrebbe potuto ritorcersi sul loro neonato rapporto d'amicizia. Optò per la via più semplice, quindi, quella della menzogna. Quella ragazzina, in fondo, non sapeva nulla di lei e nel corso del tempo lei aveva sviluppato un'ottima capacità di palesarsi come bugiarda, come avrebbe potuto accorgersi se le stava mentendo? "Perché proprio questo tavolo? Ottima domanda, miss miseriaccia" replicò Narcissa, mentre il ghigno di divertimento si tramutava in un'espressione apparentemente più seria, anche a causa della sua totale incapacità di pronunciare quell'esternazione in italiano con una pronuncia corretta. La sua pronuncia inglese, infatti, la stravolse totalmente, rendendo la riproduzione dell'imprecazione usata dalla Grifondoro particolarmente ridicola e totalmente differente da come lei, invece, l'aveva udita pochi attimi addietro. I profondi occhi color ghiaccio di Narcissa si fossilizzarono sulla criniera castana della ragazza, per poi fissarsi nel suo sguardo scuro. Non ne conosceva l'identità, né il nome. L'aveva incrociata forse qualche volta per i corridoi di Hogwarts, ma c'erano talmente tanti studenti all'interno del castello che tenere il censimento di tutti non era un'impresa per nulla facile."In verità credevo che tutti questi libri appartenessero a Lyvie Synferir, avevo appuntamento con lei per fare una ricerca sulla Gelbestrum per il professor Scott, ma poi mi sono ricordata che la mia compagna di stanza è una ritardatrice seriale. Solo che me ne sono accorta troppo tardi e ormai mi ero già seduta" mentì spudoratamente, l'aria angelica di chi intende darla a bere senza troppa fatica. Narcissa mentì alla Grifondoro con una naturalezza disarmante; gli anni trascorsi al cospetto dei nonni Cooper, difatti, avevano forgiato la sua parlantina e pure la sua faccia tosta, levigando il suo carattere e rendendolo abilmente truffaldino in una maniera egregia, al punto che spesso persino lei stessa di stupiva delle sue innate abilità di bugiarda. Tenne a mente che avrebbe dovuto anche sdebitarsi con Lyvie, per aver fatto il suo nome e averla coinvolta, suo malgrado, in quella faccenda nella quale non aveva alcun ruolo diretto. Sorrise angelicamente, mentre la ragazza davanti a lei con un gesto della mano chiudeva il pesante tomo che sino a quel momento era rimasto aperto sotto il loro naso. Con l'indice e il pollice, Narcissa iniziò a rigirarsi il ciondolo che teneva sempre abilmente nascosto sotto il colletto della camicia della divisa e, con fare distratto, si portò alla bocca la collanina d'argento che le permetteva di tenere il pendaglio al collo. Non che a Hogwarts avesse bisogno di tenerlo segreto, come quando invece girava in mezzo ai babbani: in fondo a scuola erano tutti maghi, chi più chi meno esperto in base all'anno di frequenza, ma pur sempre maghi erano e nessuno di loro avrebbe potuto scoprire il tranello che nonna Elodie vi aveva nascosto all'interno. Nonostante tutto, preferiva custodirlo gelosamente alla vista, dato che restava pur sempre un cimelio di famiglia ereditato dalla nonna con tanta fatica. Mentre giocherellava con la sua collana, l'attenzione tornò a dedicarsi alla Grifondoro."E' magico quel pendente che hai appena nascosto?" chiese, spinta dalla più sincera delle curiosità. Il modo in cui la Grifondoro l'aveva recuperata dal tavolo, la rapidità con cui l'aveva sottratta alla sua vista e la velocità con la quale se l'era messa via avevano alimentato la sua curiosità e il desiderio di saziarla con quella domanda.
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