E
ra sempre stato piuttosto timido quando si trattava di dover interagire con le donne, sebbene - di norma - era un uomo alquanto temerario e che non nutriva dubbi su quanto desiderava; eppure quando si affidava al potere dell’alcool, suo immancabile alleato nell’ultimo periodo, si faceva più audace di quanto avrebbe anche soltanto sperato di fare da sobrio. E, dal momento che ancora vantava di una vista non del tutto compromessa da sfocature o doppioni, né era cieco per natura, si ritrovò a convenire che Jane fosse una giovane donna dal fascino singolare. Probabilmente, si ritrovò a pensare, era vero che le donne Scozzesi erano belle.
Alla battuta della Medimago, il rosso appoggiò un gomito sul ripiano e sorresse la propria testa puntellando il mento sul palmo aperto, per poi ritrovarsi a sorridere con una vena alquanto misteriosa. Non seppe spiegarsi perché reagì in quel modo, né riuscì a capire pienamente se Jane volesse provocarlo o meno di proposito; nel dubbio, tuttavia, l’uomo scelse di sfoggiare il lato misterioso anziché quello malandrino, facilmente accostabile a quello utilizzato dagli uomini a caccia di avventure. Non aveva fretta, in sostanza, deciso più che altro a chiacchierare tra un goccetto e l’altro.
«
Non voglio peccare di modessssctia, perciò la prossima volta vedrò di presentarmi in kilt e giudica lei.» Strabuzzò gli occhi e cercò di metterla maggiormente a fuoco, mentre anche il collo iniziò a tendere di un color borgogna. Si portò istintivamente il bicchiere alle labbra, come se soltanto il rhum potesse aiutarlo a correggere la vista sempre più ballerina. «
Anche perché se provosssshi a trasssshfigurare i miei pantaloni, ora, ne verrebbe fuori un vero disassssstroh!»
Quando si accorse della presenza del garzone, strabuzzò più energicamente gli occhi e constatò che si trattava di Phoebe, la giovane studentessa che aveva affiancato lui e Fuji-Tora in una missione per conto del C.R.E.P.A. e le sorrise a trentadue denti. «
Ciao Phoebe...» Dovette improvvisamente reggersi al ripiano per non perdere l’equilibrio, poiché un giramento gli diede la sensazione di cadere dallo sgabello da un momento all’altro e lui era un Irlandese, non sarebbe crollato a terra facilmente finché poteva reggere in mano anche il più semplice dei fiori. «
SSSSSpalancheresti un po’ le finestre? Mi sento come un Asssssshwinder prossimo alla detonazione...» biascicò con la cortesia di un uomo alticcio.
Tornò a fissare Jane, sorridendo di meno affinché potesse tornare ad essere un po’ più serio, ma riuscendoci in parte. «
Sono sicuro di sì… Che andrà in un altro reparto, misssssss Read… Dottoresssssssa… Ah! Jane… Posssssso chiamarla semplicemente Jane?» Si passò due dita sugli occhi e massaggiò con delicatezza una volta terminato l’ennesimo sorso, sperando di tornare a vedere meglio.
La domanda di Jane lo lasciò inizialmente interdetto, come confuso, ma del resto - si sapeva - l’alcool era un amico ambiguo che sapeva sempre quando giungere per schiavizzarti; poi, infine, si ritrovò a sospirare profondamente, appoggiando entrambe le braccia sul bancone e fissando il fondo del bicchiere. Non avrebbe trovato le risposte lì dentro, ma erano già nella sua mente ormai ovattata: doveva soltanto sforzarsi di formulare un discorso sensato e di non biascicare come aveva iniziato a fare.
«
Sono cresciuto in una famiglia di Auror, una famiglia con svariate generazioni in questo settore e, in un certo scccensho, predisposto ad esserlo. Lo desideravo fin da bambino, avere quello...» E indicò il proprio Distintivo ancora sul bancone. «
E andare in missssssione con mio padre e mia madre...» Ci fu una smorfia piena di amarezza, mentre afferrava il simbolo del proprio Dipartimento e se lo rigirava tra le mani. «
Non era solamente questione di essere nato per questo, ma di voler anche fare la cossssssa giusta, proteggendo chi non è in grado di farlo e assicurando i Maghi Oscuri alla Giustizia.» Rivolse l’attenzione su Jane, con gli occhi lucidi per l’alcool ma incredibilmente determinati e seri. «
Non voglio che altri bambini rimangano orfani di padre o di madre, Jane…»
... come me! Avrebbe voluto aggiungere, ripensando a come aveva perso suo padre. Aveva elaborato il lutto, era andato avanti come Charles avrebbe tanto voluto, ma non poteva dimenticare la sofferenza che lo aveva accompagnato per tutti quegli anni, a quel vuoto incolmabile che lo aveva spinto ad isolarsi.
Tirò su col naso, riempiendosi l’ennesimo bicchiere, lo sguardo triste ma incapace di esprimere quell’emozione che sembrava aver perso per strada. Non riuscì a piangere, benché lo volesse, soltanto per sfogare quel lato umano che si era danneggiato e che ora lo faceva sentire difettoso.
«
Devo bere di più...» sussurrò, più rivolto a se stesso che a lei.