Forte come il Rum, Dolce come il Ribes, Privata

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view post Posted on 1/10/2020, 17:18
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When the snow falls, the fox tries to survive.

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Aiden Weiss
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ra davvero così arduo far fronte ai Demoni che infestavano l'animo umano? Era davvero possibile uscire da quella sorta di depressione sotto forma di scatti d'ira continui e tornare ad essere la solita persona spensierata di sempre?
Aiden Weiss se l'era chiesto più volte, tra una sigaretta consumata fino al filtro e un mobile distrutto, che fosse a casa o in ufficio, rendendo palese il proprio tormento e sensi di colpa; non conosceva altro modo per esprimere la frustrazione che si portava appresso da quel fantomatico ultimo giorno d'estate, quello in cui Hogsmeade era stata costretta in ginocchio e quasi annientata, ma che però era rimasta in piedi per miracolo e con più cicatrici di quante se ne potessero contare.
Per mesi e mesi aveva affrontato i propri affanni in silenzio, senza confrontarsi con un superiore o con sua madre. No. Ogni tentativo da parte degli altri di tirare fuori l'argomento o anche semplicemente per chiedergli come stava da quel giorno, la risposta era sempre la solita: «Sto bene!» E la cosa ironica era che tutti sapevano che quella non era altro che una bugia; perché come poteva essere vero anche se l'Irlandese sapeva essere un bugiardo nato quando, in primis, era più umano di quelle vipere che si annidavano negli angoli più oscuri del Ministero? Più umano di quel vile traditore che aveva spezzato più vite di quante avrebbe dovuto salvarne…
Betterson era soltanto la punta dell'iceberg: se poi si andavano a sommare la rabbia per essersi lasciato sfuggire la Donna Rossa e il terrore che aveva percepito nel constatare che una Profezia non poteva essere fermata in alcun modo, se non in piccola misura, era lecito per Weiss comportarsi come un animale ferito in procinto di attaccare chiunque gli si avvicinasse.
Erano stati mesi duri, in cui l'autocontrollo aveva rischiato di abbandonarlo e permesso alla furia di emergere, ma Aiden aveva finalmente imparato ad essere paziente. Era diventato più freddo e calcolatore, certo, ma si era fatto remissivo.

Mentre il sole di mezzogiorno illuminava la via principale del villaggio, Aiden apparve dal nulla poco distante dai Tre Manici di Scopa, appena congedato da un servizio di ronda a Nocturn Alley che lo aveva visto attivo da notte fonda. Le occhiaie tipiche di chi non stava dormendo bene da diverso tempo sarebbero apparse evidenti se non fossero stati per i Rayban che aveva indosso.
Si guardò attorno con circospezione prima di decidersi ad entrare nel pub con l'intento di sbronzarsi come era solito fare dopo un inteso giorno lavorativo, benché consapevole che un simile vizio presto o tardi avrebbe danneggiato la sua stoica salute di ferro. Si strinse maggiormente nel suo leggero cappotto, talmente stanco da avvertire il freddo della spossatezza, ma cercando in tutti i modi di non badarci più del dovuto; anche perché presto avrebbe fatto passare via quella sensazione con una bella bottiglia di rum al ribes rosso.
Una volta dentro si accomodó al bancone e si accese una sigaretta, dopo aver salutato Rosmerta con un cenno del capo ma rivolgendosi al garzone di turno per l'ordinazione. «Una bottiglia di rum al ribes rosso, per favore.» mormorò dopo essersi staccato la sigaretta dalle labbra e depositando sul bancone sia i soldi che il Distintivo Auror.
Si ritrovò a fissare la superficie argentata dell'oggetto con una certa intensità, finché non esplose in un sibilo pieno di rancore. «Fanculo Betterson!» Nonostante il proprio temperamento, i propri sbagli e i propri Demoni, Aiden Weiss avrebbe lottato fino alla fine per essere un buon Auror fintanto che avrebbe avuto fiato in corpo. Era sempre stato quello il suo scopo, il suo desiderio, la sua promessa; e lui aveva sempre mantenuto la parola data. Sempre.



Si può avere il titolo in corsivo con questo colore #d11141?
Grazie in anticipo.

E ovviamente che mi venga scalata una bottiglia di Rum al Ribes Rosso



Edited by Aiden Weiss - 15/10/2020, 10:29
 
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Quel lavoro non avrebbe potuto arrivare in suo soccorso in un momento più propizio: Jane aveva ottenuto l’incarico al San Mungo da un paio di mesi e i ritmi serrati e frenetici che il suo superiore la stava costringendo a seguire avevano fatto in modo che il lavoro fosse il suo unico pensiero negli ultimi tempi.
Era felice dell’incarico ottenuto, ogni giorno si recava in ospedale carica e pronta ad affrontare con entusiasmo tutti gli imprevisti e gli ostacoli che la attendevano: le lamentele dei pazienti, i casi più difficili e il rapporto non sempre facile con i colleghi che la ritenevano troppo giovane e inesperta non riuscivano mai a scalfire il sorriso che le decorava il volto. La curiosità manteneva viva la fiamma della sua sete di conoscenza e la rendeva pressoché impassibile anche al più macabro degli incidenti: l’ultimo caso un po’ disgustoso lo aveva affrontato giusto durante il turno della sera precedente, quando un suo collega era collassato alla vista del liquido verde e puzzolente che usciva dalle pustole che ricoprivano le braccia di una strega vittima di una fattura; in tutto questo Jane non si era minimamente scomposta, e dopo aver lasciato il collega nelle esperte mani delle infermiere aveva assistito alla medicazione un Medimago più anziano.

Appena metteva piede fuori dall’ospedale però il palco cascava e se non trovava rapidamente un’occupazione per la sua mente la coscienza le presentava il conto degli ultimi tempi, pronta a ricordarle la verità scoperta alla Testa di Porco poco dopo il suo colloquio al San Mungo. Era conscia di come l’incontro con Lucas dopo tre anni avrebbe potuto portare solo ad un peggioramento dei suoi incubi notturni, ma venire a conoscenza della vera storia dietro la cicatrice che le segnava l’avambraccio e soprattutto sapere che proprio Lucas ne era il responsabile aveva avuto su di lei l’effetto di una bomba a mano: dormiva poco, male, spesso di dimenticava di mangiare e per i primi tempi quando non era al lavoro a volte capitava di trovarla seduta sul divano di casa a fissare assente la parete davanti a sé. Isabel, sua cugina, non aveva fatto domande e le aveva lasciato i suoi spazi, ma dopo una decina di giorni non aveva resistito e aveva iniziato ad assegnarle una commissione dopo l’altra per distrarla quando non era al San Mungo: a queste si era aggiunta anche una lunga lista di libri che Paul Dwight, il direttore dell’ospedale, le aveva consegnato e consigliato di studiare.
Anche a causa di quest’ultimo incarico quel giorno si era recata ad Hosmeade: non sarebbe dovuta rientrare al San Mungo fino alla sera del giorno seguente per un turno di notte e Isabel insistendo era riuscita a convincerla ad andare fino al villaggio nella speranza che l’aria fresca e la vicinanza al castello riuscissero a dare un po’ di vita allo sguardo di Jane.

Quella mattina si era svegliata più tardi del previsto, complice anche il fatto di aver trascorso gran parte della notte a fissare il soffitto senza riuscire ad addormentarsi, e si poteva notare dalle occhiaie scure che segnavano il volto pallido: si era preparata con calma, pescando i vestiti dall’armadio senza dedicarci troppa attenzione, e una volta controllato di avere la lista di libri e di oggetti che servivano ad Isabel si era smaterializzata.
Ad Hogsmeade ormai era ora di pranzo, quindi prima di iniziare a girare per negozi e soprattutto prima di rinchiudersi per un paio di ore da Bibliomagic aveva deciso di passare ai Tre Manici di Scopa per mangiare qualcosa - anche perché una stretta allo stomaco le aveva ricordato che aveva dimenticato di fare colazione.
Entrata nel locale salutò con un sorriso stanco la proprietaria, Madama Rosmerta, e andò ad occupare il primo posto libero che riuscì a trovare al bancone: la sala di solito era gremita di gente e quel giorno la fama del pub trovava conferma nel fatto che non ci fossero tavoli liberi.
Aveva avuto giusto il tempo di estrarre dalla borsa il libro che stava leggendo che puntuale un garzone la raggiunse per prendere il suo ordine.

- Una Burrobirra e un toast, grazie! -

Posò i soldi accanto a sé e si immerse nella lettura: come spesso le capitava quando leggeva si estraniava completamente dal resto del mondo quindi non si accorse che il garzone era tornato poco dopo e aveva posato alla sua sinistra toast e bicchiere. Non aveva fatto caso nemmeno al Mago dai capelli rossi che si era seduto poco distante da lei, finché un sibilo uscito dalla bocca di quest’ultimo la fece sobbalzare, facendole urtare e rovesciare il bicchiere intonso di Burrobirra con la mano.

- Fanculo Betterson! -

Il liquido correva inesorabilmente in direzione del braccio dell’uomo posato sul bancone, ma veloce Jane estrasse la bacchetta e bloccò quello che avrebbe potuto essere uno spiacevole incidente.
Alzò lo sguardo preoccupata, sperando di non aver peggiorato un umore che dalle parole di poco prima non sembrava essere dei migliori.

- Mi dispiace! -


Mi sono considerata servita, chiedo gentilmente di scalare dal mio conto un bicchiere di Burrobirra classica e un toast prosciutto e formaggio, grazie ♡
 
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l rumore di un bicchiere che veniva rovesciato a poca distanza da sé fece scattare il suo sguardo come una molla nella direzione interessata: un po’ per deformazione caratteriale e un po’ per via della professione che esercitava, sebbene fosse notevolmente stanco, i sensi erano rimasti in allerta anche a causa dei nervi già a fior di pelle e pertanto aveva reagito d’istinto. Alcuni schizzi di Burrobirra erano finiti sul suo Distintivo nell’impatto, ma lo afferrò alla svelta prima che altro liquido giungesse a bagnare sia l’oggetto che il suo gomito, mentre notò la bacchetta di una donna - a poca distanza da dove si trovava - agire nel tentativo di frenare la corsa della propria bevanda rovesciata.
Aiden emise un piccolo grugnito, ma non disse nulla solo per il semplice fatto che ella si era scusata per l’incidente, probabilmente non voluto, oltre ad essersi mossa tempestivamente per evitare che lui venisse bagnato. Se non si fosse prodigata ad agire in tal senso, il rosso non avrebbe di certo impiegato molto a dare sfogo a tutto il suo lato irascibile, indipendemente dal sesso del responsabile.
Era a causa di Betterson e della donna vestita di rosso se ora navigava nell’instabilità assoluta, in cui nessun freno sembrava trattenerlo, ma che procedesse a briglia sciolta nella modalità che gli era più congeniale. Era una mina vagante, questo lo sapeva, eppure nulla di tutto ciò che fosse inerente al raziocinio sembrava scalfirlo o importargliene. La verità era che stava disperatamente lottando in silenzio pur di non annegare nell’Abisso della Follia, ma nuotare contro una forza così potente pareva sfiancarlo.
«Non ha importanza...» si limitò a dire, infine, dopo essersi staccato la sigaretta dalle labbra e aver esalato una densa nube di fumo. «Nulla ha più importanza ormai...»
Non avevano avuto importanza nemmeno i propri pugni contro il muro del San Mungo dopo essere scampato all’Ardemonio, non dopo tutta la sofferenza che aveva visto compiersi e delle innumerevoli vite che si erano spezzate per un capriccio del Fato; così come non avevano avuto importanza gli urli e le lacrime che aveva versato per i morti e neppure il giuramento fatto una volta assunto il ruolo di Auror. Tutto sembrava appartenere a quel senso di vuoto che percepiva, come se tutta la propria umanità stesse svanendo di volta in volta. E lui era solo, terribilmente solo.

 
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view post Posted on 26/10/2020, 15:06
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Lo sguardo penetrante che il mago le rivolse la fece sobbalzare, scatenando in lei un forte senso di disagio: anche se sul momento non aveva proferito parola era bastato quel movimento a farla sentire ancora più in colpa di quanto non si sentisse già di suo, facendola arrossire leggermente.
Lo osservò afferrare il distintivo che era posato poco distante per cercare di salvarlo dalla Burrobirra che scorreva verso di lui, per poi apparentemente ignorarla dopo un piccolo grugnito: la ragazza rimase immobile, la bacchetta ancora stretta in mano, il liquido chiaro ormai completamente svanito dal bancone e di nuovo dentro il bicchiere di vetro accanto a lei. Era consapevole di come la sua fosse una reazione esagerata, essere sul limite dello spavento per i modi di una persona che non conosceva e di cui non poteva comprendere le reazioni era quasi ridicolo, eppure per un attimo la paura attraversò il suo sguardo mentre fissava il mago seduto accanto a lei: dopo qualche secondo si sforzò di muoversi, posando la bacchetta e raddrizzando la schiena che si era incurvata in risposta allo scatto dell’uomo.

Dal momento che sembrava deciso ad ignorarla forse avrebbe dovuto comportarsi alla medesima maniera, ma il distintivo che l’uomo stringeva in mano aveva attirato la sua attenzione e la sua solita imbarazzante curiosità non le permise di tornare a leggere il libro aperto davanti a lei. Lo osservò, cercando di non apparire troppo indiscreta: non lo aveva mai incontrato prima d’ora, ne era certa perché erano veramente poche le persone che annoverava nel suo cerchio di conoscenze con un colore di capelli e barba così peculiari; sembrava avere qualche anno in più di lei, non riusciva a dire con precisione quanti ma era certa di non averlo mai visto ad Hogwarts. Il distintivo che stringeva tra le mani le fece ipotizzare che lavorasse per il Ministero o per un’istituzione simile, ma non riusciva a leggere cosa vi fosse inciso sopra: si trattenne dal cercare di farlo, e fece sparire dalla sua mente ogni domanda inopportuna che vi aveva fatto capolino.

Quando l’uomo parlò Jane alzò lo sguardo dal distintivo, cercando di osservarlo in viso attraverso la nuvola di fumo che stava uscendo dalle sue labbra. Ad una prima analisi le parole che aveva appena pronunciato apparivano completamente senza senso, come se non fossero nemmeno rivolte direttamente a lei, ma riflettendoci un attimo le sembrarono quasi una specie di lamento.
Preoccupata si guardò intorno, ma nessuno stava prestando loro attenzione, Madama Rosmerta intenta a chiacchierare con una strega dal capo opposto del bancone e i restanti commensali immersi nelle più svariate conversazioni.
Jane si morse il labbro, indecisa e intimorita al tempo stesso: doveva forse lasciare l’uomo in pace, ringraziando Morgana per aver evitato l’incidente poco prima e tornare al suo libro? I modi bruschi del mago avrebbero dovuto farle capire che forse non voleva essere disturbato, ma le parole da lui pronunciate non riuscivano ad uscire dalla sua mente.

- Nulla ha più importanza ormai…-

Forse era un semplice sproloquio, forse l’uomo stava semplicemente parlando tra sé e sé, ma non riuscì ad ignorarlo. Probabilmente se ne sarebbe pentita, ma non riuscì a stare zitta.

- Si sente bene? Ha bisogno di qualcosa? -

Le prime parole uscirono tremolanti dalla sua bocca, ma il tono era abbastanza alto perché potesse essere udita: impicciarsi negli affari di uno sconosciuto non era certo un segno di buona educazione ma il sesto senso – o l’ingenuità - della ragazza le stava suggerendo di non ignorare il mago davanti a sé.
Magari avrebbe ottenuto come risposta uno sgarbato ”Fatti gli affari tuoi!”, ma valeva pur sempre la pena di tentare.



Perdona il ritardo :flower:
 
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view post Posted on 6/11/2020, 10:53
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rattenne la sigaretta tra due dita, mentre afferrò con le dita restanti il bicchiere pieno di rum e lo portava alle labbra, per quella che sarebbe stata una secca sorsata che avrebbe fatto scomparire il liquido, tendente al rosso, in un battibaleno. Al contempo usò la mano libera per ripulire il Distintivo dalle poche gocce di Burrobirra che vi erano finite sopra con una leggera passata del pollice, come a volerlo lucidare e rivelare al mondo quanto fosse immacolato. Ma lo era davvero? Forse non del tutto, non dopo quanto era avvenuto ad Hosgmeade, non dopo aver avvertito il peso della responsabilità di tutte le vite perse sulle proprie spalle.
Sospirò mestamente, finché la sua attenzione non venne attirata da una voce femminile, la stessa che poco prima aveva udito rivolgersi a lui per scusarsi dell’incidente. Volse il capo lentamente e alzò un sopracciglio. «Avete paura di me per quello che è stato un semplice incidente?» L’aveva avvertito chiaramente, il tremolio nella voce della Strega, percependo più di quanto avrebbe mai desiderato. Possedeva ancora quella sua empatia che lo aveva reso analitico nei confronti di chi lo circondava, eppure - in quel preciso momento - ne avrebbe fatto volentieri a meno; voleva semplicemente dimenticare tutto, non sentire nulla, non capire cosa provassero gli altri, ma limitarsi a vivere il resto della giornata come un dannato guscio di noce vuoto. E invece era stato come fiutare il tanfo del terrore, come se i sensi sviluppati della volpe avessero preso il sopravvento, ma l’Auror sapeva perfettamente che la paura era la cosa più facile da percepire, data l’intensità del suo olezzo presente in tutti quanti. Anche lui aveva paura, eppure sapeva nasconderlo così bene…
«Starò meglio dopo un paio di questi bicchieri...» mormorò dopo essersi riempito nuovamente il bicchiere di rum di qualche centimetro e alzandolo all’altezza del viso in una sorta di cheers muto, rivolto più a se stesso che a lei. Se lo scolò nuovamente in un unico sorso. «Ci vuole sempre un po’ di rum dopo il servizio, non crede? Per affogare i dispiaceri e le stronzate della vita di tutti i giorni!»
Un sorriso di sbieco trasfigurò i suoi lineamenti gentili, rivelando ciò che si celava sotto la superficie: uno spesso strato d’acciaio, freddo e tagliente, che difficilmente si sarebbe piegato o spezzato. Era il vero volto di un uomo affranto e stanco, quello di chi si stava lentamente consumando.

 
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- No, mi scusi. Forse ho esagerato. -

Abbassò lo sguardo, vergognandosi un po’: si stava comportando da ragazzina, e le parole dell’uomo lo confermarono; non aveva senso spaventarsi per una reazione talmente comprensibile.
Non che di carattere fosse una persona impressionabile - tutt’altro, anche visto il lavoro che aveva scelto di svolgere -, pertanto attribuì quell’eccessiva sensibilità alle poche ore di sonno e a quello che ormai poteva definire con meticolosa precisione come un brutto periodo.
L’incontro con Lucas, ma soprattutto la scoperta che aveva fatto, sembravano averla riportata indietro nel tempo, nei mesi immediatamente successivi al suo ritorno da Stoccolma: ma era davvero disposta a lasciare che il Mangiamorte influenzasse ancora una volta la sua vita?

Si sforzò di non pensarci, e allungò la mano per prendere il bicchiere di Burrobirra, facendo attenzione ad evitare l’ennesimo incidente: ne bevve un sorso, osservando il distintivo che il Mago aveva pulito con cura.

* Non sono affari tuoi! *

- Però posso immaginare che quell’oggetto abbia una certa importanza, vista la sua reazione. Devo aver agito di riflesso, senza volerlo. -

Non ce l’aveva fatta a stare zitta: mai come negli ultimi tempi la barriera gentilmente posta tra le persone dalla cortesia per lei aveva iniziato a diventare debole, e la sua curiosità riusciva ad oltrepassarla facendole fare non poche brutte figure.
Bevve un altro sorso di Burrobirra, sperando nel mentre di affogarvici dentro per evitare altre domande scomode che sarebbero potute uscire dalla sua bocca: per sua sfortuna, il Fato non le concesse nessuna scappatoia, così quando l’uomo parlò nuovamente si voltò, posando il bicchiere e cercando di cogliere le parole che stava mormorando.
Non fu la sua frase a colpirla, quanto i lineamenti che mutarono in seguito ad un sorriso che trasmetteva tutto fuorché felicità: non sapeva quale fosse il lavoro dell’uomo, ma a giudicare dagli effetti che aveva su di lui di sicuro non era semplice.
Avrebbe voluto chiedere quale fosse il suo lavoro, ovviamente, ma questa volta riuscì a fermarsi prima di fare altre domande inopportune: preferì mantenere il discorso sul tema alcolici.

- E funziona davvero? -

Se le parole dell’uomo fossero state vere, inconsapevolmente aveva appena dato a Jane un consiglio non richiesto ma di sicuro prezioso: nelle ultime settimane sua cugina le aveva rifilato un quantitativo assurdo di tisane rilassanti, sua zia probabilmente qualche volta aveva versato qualche goccia di pozione soporifera nel tè pur di farla dormire la notte, ma senza risultato.

Che fosse l’alcol l’aiuto necessario per non pensare troppo ai suoi problemi, almeno per un po’?

 
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n circostanze normali avrebbe rassicurato la donna che non aveva nulla da scusarsi, ma il tempo delle gentilezze era stato rimpiazzato da un spesso strato di pura indifferenza; forse sarebbe addirittura scoppiato a ridere per quella che lui reputava come un’assurda reazione, ma già i primi effetti dell’alcol che aveva ingerito tutto in un colpo secco avevano iniziato a rendergli leggera la testa, il che favorì certamente il silenzio.
Non durò a lungo, però, che la Strega parlò nuovamente, stavolta riferendosi al Distintivo che aveva cercato di salvare ad ogni costo. Reagì subito con un sonoro sospiro, mentre rigirò nel bicchiere l’ennesima dose di rum, guardandola con aria pensierosa. «E’ così, è importante. Per me, almeno...» Una piccola pausa, il tempo di traccannare il rum e riprendere fiato. «Ma c’è anche chi non crede nel proprio mestiere. Falsi e ipocriti, ecco cosa sono. Un Distintivo non ti fa bello agli occhi degli altri, non ti da il diritto di fare i tuoi interessi, non ti esonera dalle conseguenze.» Istintivamente volse il busto verso la donna e ne cercò lo sguardo, non tanto per cercare la sua approvazione, semmai una linea di pensiero propria. «Lei che ne pensa, miss?»
Riguardo all’effetto non propriamente miracoloso dell’alcol, Aiden soffocò una risata amara e lanciò un piccola occhiata sul fondo del bicchiere. «Finché il fegato regge, questo direbbe mio fratello.» Ripensare al Sam, a tutte le lavate di capo che gli aveva fatto negli ultimi mesi, al rischio a cui stava andando incontro ma senza dargli troppo peso, fu inevitabile. Era inutile accampare scuse, suo fratello aveva ragione: stava diventando un vero e proprio alcolizzato e doveva smettere prima che fosse troppo tardi. Ma era tutto così difficile, la sua vita lo era, perciò come poteva risolvere quel problema se il mondo minacciava di crollargli addosso?
Era uno stupido, lo sapeva, eppure da solo non ce l’avrebbe mai fatta, non a vincere quella battaglia almeno.
Tornò a guardare la donna e le sembrò familiare, anche se gli effetti del rum non lo stavano di certo aiutato a ricordare a dovere. «Per caso l’ho già vista da qualche parte, miss? Non so, mi è venuto in mente ora mentre pensavo a mio fratello e le sue ramanzine sulla salute.»

 
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Impicciarsi negli affari altrui raramente non porta a delle conseguenze, e la reazione dell’uomo al suo quesito riguardo al distintivo che reggeva tra le mani ne era la chiara dimostrazione: le sembrò quasi di aver toccato il tasto più sbagliato che poteva scegliere, visto che prima di proseguire il discorso il Mago si era premurato di bere l’ennesimo bicchiere di quello che sembrava a tutti gli effetti un superalcolico.
Ascoltò le parole dell’uomo, attenta, chiedendosi se quelle riflessioni fossero solamente pensieri e giudizi generali o se derivassero dall’esperienza, cogliendo una sfumatura nascosta di rabbia – o risentimento? – nel tono di voce: si ripromise perciò di lasciar cadere l’argomento una volta finito il discorso, ma quando il mago la coinvolse nella linea di pensiero, chiedendole un suo parere, rimase sorpresa.
Mantenne lo sguardo per qualche attimo, poi lo abbassò fissando il bancone, leggermente confusa: lei cosa ne pensava al riguardo?
Si prese qualche attimo per pensarci, perché non si era mai posta questo problema: ancora giovane, nel mondo degli adulti e dei lavoratori da poco, non aveva mai avuto modo di riflettere sulla sensazione di potere che poteva dare un distintivo… o forse non era propriamente vero. Ritornò per un momento con il pensiero ad Hogwarts, e ai suoi anni da studentessa: quanti suoi coetanei aveva visto mutare atteggiamento e ritenere di essere al di sopra di qualsiasi regola solo perché Prefetto o Caposcuola? Se solo all’interno di una Scuola avere una spilla era sufficiente a rendere vanagloriosi anche i più umili, la medesima situazione traslata nel mondo del lavoro poteva rivelarsi peggiore?

- E’ assurdo come un semplice pezzo di metallo possa racchiudere tanto potere, no? - alzò lo sguardo dal bancone, spostandolo nuovamente sul distintivo che l’uomo teneva in mano, - Penso però che più che l’oggetto in sé, sia la persona che lo tiene in mano il problema: ai più inetti non basta forse una minima responsabilità per credersi al di sopra degli altri? -

Bevve un altro sorso di Burrobirra, ascoltando il commento del Mago riguardo l’assunzione di alcolici.

- Beh, tecnicamente il fegato possiede una certa capacità di autorigenerazione… quanto basta per reggere per un periodo di tempo sufficiente credo. A meno che non ne beva più di una al giorno, - indicò la bottiglia posata davanti all’uomo, - ma questi non sono affari miei. Anzi, sa che le dico? Sono quasi tentata dal farle compagnia e vedere se davvero funziona contro le stronzate della vita, come ha detto poco fa. -

Non era solita bere alcolici, almeno non frequentemente e di sicuro non di mattina, ma probabilmente se avesse seguito il suggerimento dell’uomo non sarebbe accaduto nulla di male: il turno successivo sarebbe iniziato solo la sera del giorno dopo e non aveva altri impegni. Magari per un paio d’ore avrebbe potuto non pensare agli eventi degli ultimi mesi?

Le parole dell’uomo la distrassero dagli inutili quesiti che si stava ponendo: lo osservò meglio, cercando di capire se davvero si fossero già visti altrove. Certo, con un colore così raro di capelli era raro che non si ricordasse di averlo già incontrato, ma nelle ultime settimane al lavoro era entrata in contatto con così tante persone che anche se si era ripromessa di non ricordare i pazienti come patologie ma con i loro nomi, spesso tendeva a non riconoscerli al di fuori dell’ospedale.

- Ehm, forse le è capitato di passare recentemente al San Mungo? Lavoro lì. - per fugare ogni dubbio tese la mano destra, presentandosi, - Jane Read. -
 
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view post Posted on 2/1/2021, 14:56
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scoltò la risposta della giovane donna con vivido interesse, un minuscolo e appena percettibile ghigno saturo di soddisfazione stampato in faccia, mentre avvertì una sorta d’intesa in quello scambio di punti di vista. Non era ancora alticcio, i sensi non era stati offuscati dal potere alcolico del rum e la mente non stava navigando nella inesorabile leggerezza del limbo che divideva la realtà dal vuoto assoluto; finché era ancora in grado di formulare pensieri e frasi di senso compiuto, poteva concedersi simili discussioni senza temere alcun tipo di pessime figure. Del resto era da molto tempo che non si lasciava andare a qualche chiacchiera, troppo preso dalla propria solitudine e perdendo quel senso di loquacità che un tempo lo aveva contraddistinto.
«Mi trovo d’accordo con lei, miss...» rispose dopo aver accennato col capo un movimento di assenso. «E il potere è come una torta: una fetta tira l’altra!» aggiunse, con una metafora fuori dagli schemi ma comunque azzeccata. Nelle sue svariate sfumature, il potere era una forza astratta e che aveva molteplici forme e scopi: lo stesso Auror aveva percepito di recente il richiamo del potere, ma il senso di responsabilità che il Distintivo esigeva lo aveva spinto a ricercare quella tipologia di potere che andava sfruttato per il bene altrui e non per questioni puramente egoistiche e personali; voleva semplicemente accumulare quanta più conoscenza possibile per proteggere chi non aveva modo di difendersi, come - per esempio - i bambini. Se ripensava alle loro grida quando il terreno si era aperto sotto di loro e a cosa sarebbe potuto accadere se non fosse intervenuto con prontezza di spirito, ne era certo, la propria depressione sarebbe peggiorata drasticamente. Ma grazie agli Dei era riuscito a salvarli in quell’occasione, il che lo risparmiò dall’ennesimo senso di colpa ed impotenza.
«Più che responsabilità, direi il potere decisionale che deriva dalla propria carica.» analizzò, riempiendosi - stavolta con più calma - il bicchiere per l’ennesima volta. Non aggiunse altro al discorso, c’era così tanto tanto da dire che non avrebbe finito più e di certo non voleva annoiarla con i suoi fin troppo seri discorsi sull’etica morale e senso del dovere.
Soffocò a stento una risata, coprendosi appena la bocca con la mano libera affinché non palesasse troppo apertamente alla Strega quanto fosse il tipico esempio di alcolista poco anonimo. Era un vizio che non riusciva a togliersi, ma che nell’ultimo periodo era andato a peggiorare, senza preoccuparsi minimamente della propria salute. «Sono Irlandese...» ridacchiò sommessamente, in quella che poteva apparire come la più banale delle giustificazioni.
Tuttavia si ritrovò ad abbozzare un flebile sorriso nell’udire quelle che erano le intenzioni dell’altra nell’unirsi a lui a quel circolo vizioso. «Allora mi permetta di offrirle una Burrobirra piena come si deve e… a proposito: le piace la cheesecake alla zucca? Meglio riempirsi un minimo lo stomaco.» Dopodiché, fece un cenno al garzone di turno affinché ne attirasse l’attenzione per quello che sarebbe stato un secondo giro di ordinazioni.

L’espressione dell’Auror si accigliò con fare pensieroso, mentre cercava di scavare tra i propri ricordi in cerca del volto della Strega, ma soltanto dopo che ella nominò il San Mungo e si presentò formalmente, lo sguardo di Aiden si illuminò nel ricordarsi in quale occasione l’aveva già vista.
«Ahhhh sì, ora ricordo! Mi avete curato voi, dottoressa Read, dopo gli eventi di Hogsmeade. Sono l’Auror Aiden Weiss, non avevo la barba al tempo e sicuramente si ricorderà delle mie mani distrutte. E sono il fratello di un suo collega, Samuel Weiss.» Le allungò cordialmente la propria mano, tornata finalmente sana grazie alle cure di lei, per concludere degnamente quella presentazione.


Chiedo scudo scusa per l'attesa. Mi faccio perdonare subito come una bella fetta di torta e un secondo giro di alcol.

 
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Rimase leggermente sorpresa notando che l’uomo stava effettivamente prestando ascolto alle sue parole, rendendosi conto che era dal suo colloquio di lavoro che non si trovava a parlare con qualcuno che non fosse un paziente intento a raccontarle la propria storia clinica o Isabel che provava a distrarla chiacchierando ininterrottamente per ore intere. Il timore di costituire solamente un disturbo per il mago non sparì, ma si affievolì e Jane decise di provare ad ignorarlo una volta tanto e provare a conversare con qualcuno senza farsi mille paranoie.
Sorrise al paragone tra il potere e le fette di torta, anche se dovette ammettere che era alquanto azzeccato: più si ottiene e più si desidera, con il rischio di vivere una vita costantemente nell’insoddisfazione. Aveva conosciuto persone del genere al castello, compagni di scuola che si definivano ambiziosi, ma dal canto suo non aveva mai capito cosa ci trovassero ad essere sempre così competitivi: non che le mancasse il desiderio di migliorarsi, ma di certo le cariche di prestigio che aveva ottenuto negli anni non erano state ricercate spasmodicamente; le aveva accettate, onorata, e aveva cercato di svolgere al meglio i suoi compiti, ma non aveva mai provato quella sensazione di onnipotenza che altri, al posto suo, avevano mostrato.
Bevve un altro sorso di Burrobirra, il bicchiere colpevole ormai quasi vuoto, ascoltando l’ultima affermazione dell’uomo e annuendo, concordando con lui.

- E ben pochi sanno gestire il potere, qualunque esso sia. Spesso e volentieri la gente ne abusa, ma poche volte poi se lo vede togliere dalle mani. O sbaglio? -

Senza volerlo, la voce aveva assunto una sfumatura quasi ironica, dando al discorso un tono quasi critico, senza far intendere però a chi fosse rivolta quell’accusa. Aveva davvero intenzione di raccontare ad uno sconosciuto le sue recenti scoperte sulla sua adozione e il coinvolgimento degli Auror nelle decisioni che l’avevano riguardata anni prima? Abbassò lo sguardo, temendo di aver fatto il passo più lungo della sua gamba ma soprattutto di essere apparsa più cinica di quanto in realtà non fosse.
Fece un piccolo sospiro prima di rivolgere di nuovo lo sguardo in direzione del mago, sorridendo appena.

- Mi scusi, non era mia intenzione rendere il discorso così serio, soprattutto quando ormai è quasi ora di pranzo! -

Osservò sorpresa la reazione dell’uomo alle sue parole di poco prima riguardo gli alcolici, soprattutto il suo tentativo di utilizzare la provenienza come giustificazione per le proprie abitudini.

- Lungi da me giudicarla… tanto più che sono scozzese! - rise piano, conscia che probabilmente in una sfida alcolica contro un irlandese avrebbe perso senza alcuna dignità nonostante le proprie origini, - D’accordo, la ringrazio. Ma a condizione che ne mangi una fetta anche lei, così magari il suo fegato accetterà più di buon grado quella bottiglia. - non era certa che la torta avrebbe migliorato la situazione organica del mago, ma di sicuro non poteva peggiorarla.

Quando l’uomo si presentò, rivelandole il nome, una scintilla si accese nella mente della ragazza, permettendo di ricollegare i ricordi: aveva lavorato sulle ferite dell’uomo con i suoi colleghi per più quasi un’ora, estraendo le schegge di vetro e pulendo le bruciature sul volto e sulle mani, ma solo dopo aver trovato il modo per calmarlo. Le persone coinvolte in quella tragedia avevano reagito in due modi, cadendo nello shock o facendosi catturare dalla rabbia: l’Auror apparteneva a quest’ultima categoria e ricordava come avesse dovuto prendersi del tempo per calmarlo prima di dedicarsi alle sue ferite.

- Ah, ecco perché non la riconoscevo: con la barba non avevo capito che era lei! Certo che mi ricordo! - gli strinse la mano, abbassando lo sguardo per controllarne lo stato attuale e vedere se le cure erano state sufficienti, - Vedo che ormai non si vede quasi più niente, mi fa piacere! Spero che anche le altre ferite che le avevamo medicato siano migliorate. - sorrise, consapevole che anche se all’esterno l’uomo sembrava guarito, dentro ci fosse ancora qualcosa che sanguinava. Non erano pochi i maghi e le streghe che nelle settimane successive al disastro avevano fatto ritorno al San Mungo, disperati perché incapaci di dormire o di lasciarsi alle spalle quello che avevano vissuto. Alzò lo sguardo pensierosa quando l’uomo menzionò il fratello, ma era certa di non aver mai lavorato in compagnia del Medimago.

- Non sono certa di aver ancora avuto il piacere di lavorarci insieme… di solito in che reparto si trova? Sa, non è molto che mi hanno assunta al San Mungo, per ora noi novellini siamo rinchiusi in pronto soccorso, sotto rigida sorveglianza prima di combinare troppi danni. -



Ritardo imperdonabile, scusami 🌸
 
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i pizzicò la barba in un gesto meccanico, ma così tipico di lui quando si faceva pensieroso o particolarmente riflessivo, e le parole di Jane diedero molto ad Aiden su cui pensare. Non poteva negare che in molti non erano in grado di gestire il potere conquistato o ricevuto, su questo lei aveva pienamente ragione, tuttavia non poteva esimersi dal non trovarsi totalmente d’accordo sulla parte finale del suo pensiero: l’Auror, in vero, riteneva che chi faceva abuso di potere - se non aveva una volontà ferrea e la capacità di mantenere salda la propria posizione - era più facile che cadesse vittima di predatori più feroci e letali. Tuttavia, si ritrovò a pensare l’uomo, forse ciò a cui Jane si riferiva era qualcosa di molto più oscuro e pericoloso, un potere come quello che aveva colpito Hogsmeade o peggiore, nonché quello a cui lui e gli altri suoi colleghi davano costantemente la caccia.
«Più il Mago è forte, più consolidata è la sua posizione. Ma se un pesce più grosso si fa avanti, allora il pesce più piccolo viene mangiato.» commentò in tono fermo, quasi criptico, ma così da lui. Una parte di lui implorava di risparmiare la giovane, l’altra - invece - non voleva saperne di fare sconti per nessuno: così era la vita, si era detto più volte, e nessuno aveva mai avuto pietà di lui, né in passato né ora, figuriamoci in futuro. Si ammorbidì un poco, benché la solida compostezza che lo animava di recente lo faceva apparire come un pezzo di ghiaccio talmente ostico da sciogliere, se non - addirittura - come una sbarra di metallo che non voleva saperne di piegarsi, fino a concedere l’ombra di un sorriso alla ragazza. «Nessun problema, davvero. Non sarà un argomento serio a rendermi il pasto indigesto...»

L’alcol iniziò a farsi sentire, all’improvviso, tra una sorsata e l’altra fin troppo corpose e veloci, fino a percepire un principio di galleggiamento della testa. Lentamente prese ad avere le orecchie e le guance tinteggiate di una sfumatura rossastra e forse fu anche per quello che prese a sciogliersi gradualmente, quantomeno nelle espressioni. Si spiegava dunque la mano sulla bocca pochi attimi prima e annesso ridacchiamento? Pareva proprio di sì.
«Scozzese? Davvero?» E qui parve davvero colpito, se non addirittura incuriosito. Trovava gli Scozzesi più interessanti degli Inglesi, quantomeno avevano dell’ottimo Whiskey e un tartan invidiabile, tant’è che avrebbe potuto avviare una collezione di kilt, ma non avrebbero mai retto contro le sue svariate magliette della Guinness. «Mio fratello mi ha regalato un kilt con il tartan dei McKenzie. Secondo lui quei colori mi donano!» Ancora una volta ci fu il principio di una risata, ma non uscì in tutta la sua potenza, sebbene fosse già qualcosa e solamente perché era il potere alcolico a spingerlo a tirare fuori il suo lato gioviale.
«Va bene, dottoressa. Eseguo senza discutere.» Tracannò un altro bicchiere: ormai era tardi per smettere, si stava ubriacando e la temperatura si stava alzando, tant’è che si sfilò la giacca e se la appoggiò sulle gambe. Presto o tardi sarebbe andato a fuoco, se lo sentiva. «Le ferite?» biascicò, momentaneamente confuso, ma poi capì a cosa si riferiva Jane e annuì. «Ah sì, quelle… Certo. Sono come un polipetto coriaceo: ho la pellaccia dura eheheheh!»

«Sam è al quarto piano.» spiegò brevemente, colto da un giramento di testa. E, solamente quando fosse sopraggiunto il garzone che aveva richiamato, Aiden dovette fermare la testa con una mano e cercare di metterne a fuoco il profilo, bofonchiò un «Una Burrobirra per la signorina e due fette di cheesecake alla zucca, per favore...»
Se arrivò a sorridere come uno scemo fu solo per merito dell’alcol ormai in azione.



Pronti ad ordinare! Saldiamo le precedenti ordinazioni, ma sto giro lo offro interamente io.

- 1 Burrobirra
- 2 fette di cheesecake alla zucca.



Edited by Aiden Weiss - 25/2/2021, 11:26
 
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view post Posted on 16/3/2021, 18:37
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Ascoltò con interesse le parole dell’uomo, incuriosita dalla sua visione del mondo, certa che fosse almeno in parte influenzata dall’incarico che aveva presso il Ministero. Citare pesci grossi e piccoli era palesemente un linguaggio tipico di Antimaghi e Auror, e le venne quasi da sorridere: anche i suoi genitori parlavano così con i colleghi? Zia Mary aveva sempre descritto la madre come una donna gentile e delicata, eppure molto sicura di sé, mentre non faticava ad immaginare suo padre parlare proprio come l’irlandese seduto accanto a lei – tranne per l’accento, ovviamente. Il lieve sorriso che sentiva sorgere sul suo volto però venne cancellato in fretta da una voce maligna che le ricordava la realtà: non poteva sapere come parlassero i genitori perché non aveva alcun ricordo dei due, e solo negli ultimi anni aveva potuto scoprire in parte come fossero grazie ai racconti della zia e del resto della famiglia. Un’attesa fatta di anni e assenze, la cui origine era concentrata in un’unica persona, uno dei più cari amici dei suoi genitori, uno di loro: un Auror. Era certa di avere ancora molto da scavare per poter riportare in superficie la verità, eppure quelle poche informazioni che aveva raccolto erano state l’unico motivo di distrazione negli ultimi periodi da Lucas e dalla storia a lui connessa. Si rese conto di essersi momentaneamente distratta, e colse solo l’ultima frase del discorso dell’Auror.

- …Non sarò un argomento serio a rendermi il pasto indigesto… -

Era un accenno di sorriso quello che vedeva sul volto del mago? Argomento serio o meno, l’essersi così facilmente rifugiata nei suoi pensieri le fece capire che forse era il caso di lasciar cadere il discorso e di passare ad argomenti più leggeri.

- Scozzese, esattamente. Certo, cresciuta a Londra per i primi anni della mia vita, ma posso dire di star recuperando senza problemi certi allenamenti. - indicò in maniera eloquente la bottiglia di rhum, notando che lentamente stava arrivando alla sua fine: quando aveva bevuto tutto quell’alcol l’Auror? - Però ho ancora molto da imparare. Un kilt eh? Beh, in effetti ci sono persone che possono permettersi di indossarli e altre… no. Appartiene dunque alla prima categoria? -

Un accenno di risata, un chiaro segnale che ormai tutta la tensione e l’agitazione per l’incidente di poco prima l’avevano abbandonata: sembrava essersi sciolto anche il mago seduto accanto a lei, colto da un improvviso colpo di calore, probabilmente dato dal rhum. Lei dal canto suo ancora non aveva iniziato a sentire gli effetti dell’alcol, almeno così sembrava, insomma, aveva solo bevuto una Burrobirra a stomaco vuoto. O forse no?

- Tre al giorno per cinque giorni, ma mi raccomando: senza esagerare! - stava davvero scherzando? Arrossì lievemente, dubitando di aver forse oltrepassato i limiti imposti nelle conversazioni con gli sconosciuti, ma osservando in volto il mago si chiese se davvero se ne fosse accorto. In parte invidiava quel leggero tepore alcolico che sembrava essere sceso su di lui, come poteva notare dal sorriso che era comparso sulle sue labbra. Doveva forse fargli compagnia?
Ogni dubbio venne fugato quando, cercando di attirare l’attenzione di uno dei garzoni, l’uomo ordinò anche per lei come promesso poco prima: ringraziò che avesse scelto un’altra Burrobirra perché non era sicura di essere in grado di reggere i superalcolici prima del tardo pomeriggio.

- Quarto piano, eh? - riprese il discorso incentrato sul fratello, evitando deliberatamente di commentare le parole confuse dell’uomo circa le sue ferite dal disastro di Hogsmeade, -Spero di avere modo di frequentarlo, ma non so se il Direttore Dwight ci lascerà liberi di correre in giro tanto presto! - probabilmente non li avrebbe lasciati fuggire dal suo sguardo preciso prima dell’anno successivo, ma cercò di non dare troppo peso a quella consapevolezza, - Come mai questa scelta? Perché diventare un Auror? Se posso permettermi di chiederlo. -

Secca e senza preamboli. Quella domanda impertinente girava per la sua mente dal momento esatto in cui aveva collegato l’uomo al Ministero e non attendeva altro di prendere voce. Come avrebbe reagito il mago?


Mi accodo al saldo delle precedenti ordinazioni e mi scuso per non aver contattato alcun garzone (sono anziana ormai) :flower:
 
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view post Posted on 26/3/2021, 19:14
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PHOEBE HALLIWELL - RAVENCLAW PREFECTQuel giorno era di turno al Tre Manici di Scopa. Le piaceva lavorare in quel locale situato nel Villaggio di Hogsmeade. Certo, non era facile conciliare il lavoro come cameriera con le lezioni, lo studio, i compiti, le amicizie, la carica da Prefetta, il C.R.E.P.A. Certo, non era facile conciliare tutto quanto. Ma non le dispiaceva affatto questa situazione piuttosto frenetica. Naturalmente, le capitava spesso di non avere un attimo di pausa tra una cosa e l'altra, tuttavia per il momento le sembrava di riuscire a destreggiarsi abbastanza bene tra gli infiniti impegni. L'Auror dai capelli rossi, e la donna, erano pronti per una seconda ordinazione, e la giovane Prefetta fece per avvicinarsi di nuovo al loro tavolo. Era passato un bel po' di tempo da quando, insieme al rosso, si era ritrovata a prender parte ad una missione dell'Associazione che mirava alla salvaguardia delle creature in difficoltà, eppure alla fine l'aveva riconosciuta? « Eccomi... » Esordì con un sorriso gentile, tra le mani portava un taccuino e una penna. Era pronta ad accogliere anche la nuova ordinazione. Prese poi ad annuire nell'esatto istante in cui l'Auror iniziò a spiegare in cosa consisteva l'ordine che adesso lui e la donna stavano richiedendo. « Due fette di Cheesecake alla zucca e... un Bicchiere di Burrobirra Classica? » Memore dell'ordine precedente, si rivolse in seguito alla donna. La sua prima ordinazione aveva incluso un bicchiere di burrobirra classica, e questo poteva significare - forse - che, anche questa volta, la bevanda di cui lei aveva bisogno fosse proprio una burrobirra servita in un bicchiere? Anche quella donna non le era del tutto sconosciuta. Il suo volto aveva un che di familiare. Sebbene non fosse più mascherata da lineamenti orientali, era riuscita a riconoscerla. La cliente aveva fatto altrettanto con lei?
TRE MANICI DI SCOPA - HOGSMEADE


Grazie per aver scelto il Tre Manici di Scopa(?)! :fru:
Perdonate l'attesa :look: , ora saldiamo la prima ordinazione! Al prossimo post, pensiamo alla seconda.

Prima ordinazione:
Aiden (6 falci)
Bottiglia di Rum al Ribes rosso x 1 (6 falci)

Jane (1 falci e 20 zellini)
Bicchiere di Burrobirra Classica x 1 (20 zellini)
Toast prosciutto e formaggio x 1 (1 falci)


Edited by » Phoebe ° - 14/4/2021, 12:20
 
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view post Posted on 21/4/2021, 17:25
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ra sempre stato piuttosto timido quando si trattava di dover interagire con le donne, sebbene - di norma - era un uomo alquanto temerario e che non nutriva dubbi su quanto desiderava; eppure quando si affidava al potere dell’alcool, suo immancabile alleato nell’ultimo periodo, si faceva più audace di quanto avrebbe anche soltanto sperato di fare da sobrio. E, dal momento che ancora vantava di una vista non del tutto compromessa da sfocature o doppioni, né era cieco per natura, si ritrovò a convenire che Jane fosse una giovane donna dal fascino singolare. Probabilmente, si ritrovò a pensare, era vero che le donne Scozzesi erano belle.
Alla battuta della Medimago, il rosso appoggiò un gomito sul ripiano e sorresse la propria testa puntellando il mento sul palmo aperto, per poi ritrovarsi a sorridere con una vena alquanto misteriosa. Non seppe spiegarsi perché reagì in quel modo, né riuscì a capire pienamente se Jane volesse provocarlo o meno di proposito; nel dubbio, tuttavia, l’uomo scelse di sfoggiare il lato misterioso anziché quello malandrino, facilmente accostabile a quello utilizzato dagli uomini a caccia di avventure. Non aveva fretta, in sostanza, deciso più che altro a chiacchierare tra un goccetto e l’altro.
«Non voglio peccare di modessssctia, perciò la prossima volta vedrò di presentarmi in kilt e giudica lei.» Strabuzzò gli occhi e cercò di metterla maggiormente a fuoco, mentre anche il collo iniziò a tendere di un color borgogna. Si portò istintivamente il bicchiere alle labbra, come se soltanto il rhum potesse aiutarlo a correggere la vista sempre più ballerina. «Anche perché se provosssshi a trasssshfigurare i miei pantaloni, ora, ne verrebbe fuori un vero disassssstroh!»
Quando si accorse della presenza del garzone, strabuzzò più energicamente gli occhi e constatò che si trattava di Phoebe, la giovane studentessa che aveva affiancato lui e Fuji-Tora in una missione per conto del C.R.E.P.A. e le sorrise a trentadue denti. «Ciao Phoebe...» Dovette improvvisamente reggersi al ripiano per non perdere l’equilibrio, poiché un giramento gli diede la sensazione di cadere dallo sgabello da un momento all’altro e lui era un Irlandese, non sarebbe crollato a terra facilmente finché poteva reggere in mano anche il più semplice dei fiori. «SSSSSpalancheresti un po’ le finestre? Mi sento come un Asssssshwinder prossimo alla detonazione...» biascicò con la cortesia di un uomo alticcio.
Tornò a fissare Jane, sorridendo di meno affinché potesse tornare ad essere un po’ più serio, ma riuscendoci in parte. «Sono sicuro di sì… Che andrà in un altro reparto, misssssss Read… Dottoresssssssa… Ah! Jane… Posssssso chiamarla semplicemente Jane?» Si passò due dita sugli occhi e massaggiò con delicatezza una volta terminato l’ennesimo sorso, sperando di tornare a vedere meglio.
La domanda di Jane lo lasciò inizialmente interdetto, come confuso, ma del resto - si sapeva - l’alcool era un amico ambiguo che sapeva sempre quando giungere per schiavizzarti; poi, infine, si ritrovò a sospirare profondamente, appoggiando entrambe le braccia sul bancone e fissando il fondo del bicchiere. Non avrebbe trovato le risposte lì dentro, ma erano già nella sua mente ormai ovattata: doveva soltanto sforzarsi di formulare un discorso sensato e di non biascicare come aveva iniziato a fare.
«Sono cresciuto in una famiglia di Auror, una famiglia con svariate generazioni in questo settore e, in un certo scccensho, predisposto ad esserlo. Lo desideravo fin da bambino, avere quello...» E indicò il proprio Distintivo ancora sul bancone. «E andare in missssssione con mio padre e mia madre...» Ci fu una smorfia piena di amarezza, mentre afferrava il simbolo del proprio Dipartimento e se lo rigirava tra le mani. «Non era solamente questione di essere nato per questo, ma di voler anche fare la cossssssa giusta, proteggendo chi non è in grado di farlo e assicurando i Maghi Oscuri alla Giustizia.» Rivolse l’attenzione su Jane, con gli occhi lucidi per l’alcool ma incredibilmente determinati e seri. «Non voglio che altri bambini rimangano orfani di padre o di madre, Jane…» ... come me! Avrebbe voluto aggiungere, ripensando a come aveva perso suo padre. Aveva elaborato il lutto, era andato avanti come Charles avrebbe tanto voluto, ma non poteva dimenticare la sofferenza che lo aveva accompagnato per tutti quegli anni, a quel vuoto incolmabile che lo aveva spinto ad isolarsi.
Tirò su col naso, riempiendosi l’ennesimo bicchiere, lo sguardo triste ma incapace di esprimere quell’emozione che sembrava aver perso per strada. Non riuscì a piangere, benché lo volesse, soltanto per sfogare quel lato umano che si era danneggiato e che ora lo faceva sentire difettoso.
«Devo bere di più...» sussurrò, più rivolto a se stesso che a lei.



Edited by Aiden Weiss - 21/4/2021, 18:47
 
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