L
uce austera. Un odore chimico ad intervalli pungente. La voce lieve e penetrante. L’Aula di Alchimia infondeva in Megan la sensazione di una quiete aleatoria. Gli occhi blu non smettevano di studiare i gesti dell’insegnante, avvertendo il fascino che l’accarezzava lungo la schiena e vibrava nelle ossa. Poteva ascoltare quella voce per ore, immobile, cullata dalle note precise e soavi ma non ne avrebbe compreso le parole. Colpa dei troppi pensieri e della poca concentrazione, la Corvonero rimaneva in uno stato di sonno artificiale.
L’estate era giunta al termine e l’inizio dell’anno aveva riversato su di lei quel carico di responsabilità necessario che l'avrebbe vista all’opera per l’intero periodo scolastico; oggi, a differenza degli anni passati, ne avvertiva il peso. Così, la stanchezza già segnava la pelle nivea ma le occhiaie che spegnevano i suoi occhi non erano solamente la conseguenza data da quella condizione. C’era altro.
Per tutta la durata del tempo, in una posizione statica, la Corvonero non aveva mosso un singolo muscolo e la pergamena vuota, sotto il proprio naso, dava modo di vedere chiaramente quanto l’attenzione rivolta fosse del tutto assente. L’orologio scorreva e lei si era concessa qualche battito di ciglia, alcuni respiri profondi e lo sguardo vagare per esigui secondi a scrutare i compagni presenti a quella prima lezione.
Così, quando l’insegnante terminò l’accurata spiegazione Megan aveva tirato un leggero sospiro di sollievo, abbassato lo sguardo sulla cartapecora e letto su un post-it, attaccato sulla superficie, una frase scritta da lei stessa durante alcune ore passate nella Biblioteca:
“Nell’equilibrio tra il sopra e il sotto, risiede la precisione dell’universo. Dalla terra ascende il fuoco, la luce discende dal cielo. Troppo del primo infiamma il secondo, e in questo risiede l’estinzione dell’universo.”*Recitava. Il pensiero di alcuni antichi alchimisti trascritto in un libro sfogliato per avvicinarsi a quella materia apparentemente così affascinante. Quest’ultimo parlava dell’equilibrio naturale del cosmo e fu apparentemente colpita dal testo che trattava il come si può raggiungere tale armonia attraverso l’utilizzo dei quattro elementi, a livello materiale e spirituale, tenendo conto della “Teoria del Caos” e i suoi effetti che si ripercuotono sull'intero universo.
Tuttavia, la spiegazione era ancora lontana da quegli argomenti e inevitabilmente, visti i presupposti con i quali si era diretta nei Sotterranei, rimaneva delusa dalla lezione ormai giunta alla fine. L’alchimia le sembrò più complicata del previsto e, forse, a tratti anche noiosa ma si trattava di un suo problema. Non le piaceva girare intorno a un concetto per intere ore e studiarne i meccanismi per altrettante prima di giungere al fine vero e proprio; voleva andare dritta al punto, sempre. Questo suo modo di approcciarsi allo studio giustificava i voti che non sempre seguivano una linea di valutazione precisa e ai quali non dava poi tanta importanza. Così, per quel giorno niente teorie interessanti ma solo origini e spiegazioni storiche. Non sapeva se avrebbe continuato quel corso ma si diede la possibilità di mettersi alla prova e tentare almeno di mettere il naso nei libri, consegnando qualcosa all'insegnante nella data prevista.
Il vociare dei studenti sparì nel giro di qualche minuto e la classe fu presto vuota. Megan aveva aspettato prima di seguire la fila fuori dalla porta e con calma aveva rimesso al proprio posto ogni cosa nella tracolla. Improvvisamente, però, le sfuggì un foglio dalle mani, che andò a posarsi lungo il lastricato a qualche centimetro da lei, appena la voce familiare di Casey Bell richiamò la sua attenzione. La giovane Grifondoro aveva preso posto sul banco e Megan, piegata in avanti, da quella posizione poteva vedere le gambe penzolanti. «
Quindi? Cosa ne pensi di Alchimia, rubacuori?» si era sentita dire e lei, in risposta, le aveva rivolto un ghigno e uno sguardo fugace dietro i lunghi capelli che momentaneamente le coprivano il volto. Poi, Megan aveva recuperato il foglio e posato in fine gli occhi sul viso della ragazza tornando in posizione, ben seduta e dritta sulla schiena.
«
Non mi ha conquistata, affatto. E se devo essere sincera sono sicura di non sapere nemmeno cosa scrivere per la prossima lezione» le rispose arricciando bocca e naso, poi fece leva sulla gamba del Prefetto poggiando la mano sul ginocchio e si alzò sistemando la borsa sulla spalla sinistra. «
E tu? Cosa ne pensi di Alchimia? Pensi sia interessante o che lo sia più io?» le sorrise ricambiando la stessa espressione ma v’era un piglio di dolcezza e lieve turbamento sul suo volto. Con
“Rubacuori” non sapeva a cosa la Grifondoro voleva far riferimento ma in qualche modo il riaffiorare di un preciso momento passato annebbiò i propri pensieri per un fuggevole instante.
In tal maniera, si era spostata di fronte a lei e la fissava in attesa di una risposta.