Fault in our stars, Colloquio Francis Dhevan Drake

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view post Posted on 24/12/2020, 12:12
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Il Fato

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I giorni ad Hogwarts procedevano lentamente.
Tra una nevicata e l’altra, la fine dell’anno presto sarebbe arrivata e molti aitanti aspiranti docenti si sarebbero fatti avanti per candidarsi per una specifica cattedra.
Uno di questi era Francis Drake, ragazzotto eclettico e stravagante. Erano in molti a parlar bene di lui, ma sarebbe stato lo stesso per Lucille Darmont, la famigerata segretaria scolastica?
L’uomo, il quale aveva ricevuto chiare direttive sul come accedere al castello, sapeva bene che varcata l’entrata principale dello stesso, ossia il cancello dinanzi ad Hogsmeade, avrebbe potuto scegliere se procedere lungo il sentiero sterrato che portava alla corte esterna a piedi o usando una delle comode carrozze guidate dai Thestral.
Certo questo era l’ultimo dei problemi per il candidato professore, il quale, varcata la soglia per accedere all'interno della scuola avrebbe dovuto proseguire a sinistra della prima rampa di scale, per proseguire lungo un corridoio stretto fatto di pietra fredda da cui poteva osservare uno dei cortili interni, leggermente innevato.
In quella situazione, Francis, avrebbe potuto studiare la strategia da attuare, il modo in cui fosse giusto comportarsi, dato che avrebbe osservato una porta aperta e la sua bionda interlocutrice parlare fitto con un uomo leggermente calvo, alto circa un metro e novanta.

- Mi sembra chiaro quello che sta dicendo Mr. Rickford, ma deve capire che i problemi possono essere diversi…-

Stava spiegando la vipera con un gesticolare fitto, che avrebbe potuto anche rovinare il suo curato outfit di pesante stoffa.
Davanti a quella scena come si sarebbe dovuto comportare l’uomo? Era necessario presentarsi o aspettare?
Francis al vedere quella scena non avrebbe capito una cosa, ma era un dettaglio fondamentale. Il suo colloquio era iniziato e doveva fare attenzione.




Dhevan, con immensa gioia ti avviso che il tuo colloquio è iniziato.
Come potrai aver intuito hai ampi margini di scelta su come arrivare alla segreteria scolastica e come palesarti.
Se hai dubbi sul come muoverti scrivimi un Mp. Ti risponderò velocemente.
 
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view post Posted on 24/12/2020, 20:41
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Francis Dhevan Drake
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Narrato / "Parlato" / *Pensato*

Fine ed indecisa. La neve cadeva a batuffoli imbiancando colline, prati e chiome arboree. Insicura sembrava scendere e poggiarsi sul terreno, a volte sciogliendosi, altre sedimentandosi. Si depositava, lenta ma inesorabile. Il primo batuffolo si univa al secondo, il secondo al terzo e così via. Fiocchi che litigano, si annodano, si mischiano. Si accumulavano. Diventando un manto bianco che ricopre ogni cosa. Hogwarts era come sempre uno spettacolo d’infinita e maestosa bellezza, agghindata di nuvole e pellicce di schiuma. A vederlo da lontano, il castello, sembrava quasi una gigantesca torta ricoperta di gustosa e cremosa panna. Ah, come le avrei addentate quelle torri. Fu con questa immagine che mi diressi verso l’entrata, da poco disceso dalla carrozza che mi aveva condotto lì. Lì dove tutto aveva avuto inizio. Avrei potuto seguire il sentiero sterrato che da Hogsmeade partiva e si estendeva per qualche chilometro di camminata. Sarebbe stata un’ottima occasione per ripercorrere i luoghi della mia adolescenza. Tuttavia, la neve cadeva, seppur lenta, e il terreno in alcuni punti era alquanto scivoloso. Tutti questi fattori contribuirono, quindi, a farmi prendere il volo verso l’infinito e oltre nella carrozza trainata dai Thestral, anche perché questo mi avrebbe permesso di arrivare alla meta senza rovinare l’outfit scelto apposta per l’occasione. Da quando avevo ricevuto la notifica per il colloquio non avevo pensato ad altro, l’ansia cresceva dentro di me come un verme che ingrassa all’interno di una mela, abbuffandosi della sua polpa. E se non avessi avuto un outfit abbastanza pazzesco? Come avrei fatto? Poi, il pensiero di incontrare nuovamente il Preside, nonché il Professor Ignotus Albus E. Peverell… Beh, sarebbe stato un grandissimo onore. Mi chiedevo se si ricordasse in qualche modo di me, in fondo non avevamo avuto molte occasioni nelle quali interagire, se non qualche sporadico incontro di sfuggita nei corridoi o nella sala grande gremita di studenti. Lo ricordavo affascinante e misterioso, con quello charme tipico delle persone colte e dedite al proprio lavoro. Inoltre, condividevamo la passione per il tè. Volevo stupirlo e far sì che si ricordasse di chi fossi, perciò la mia ansia si riversava tutta verso quell’obbiettivo: fare colpo e svolgere il colloquio più indimenticabile mai visto in quel castello. Ed ecco, tornando al mio outfit, girando per negozi a Diagon Alley, ero riuscito a trovare il capo perfetto da indossare: una costosa pelliccia in piume di struzzo, di un rosso fenice così intenso da farmi sentire infuocato e pronto ad ogni battaglia. In realtà non era poi così costosa e probabilmente era anche sintetica. l’importante, però, era che si notasse. Al di sotto invece, un semplice maglione rosso, più adatto a situazioni formali come quella. Ad ogni passo per i corridoi le mie piume svolazzavano scintillanti, il mio aspetto impeccabile come quello di una vera star del mondo divinatorio. Qualcosa però non tornava: il percorso. Dov’è che dovevo andare? La mia mano toccò il mazzo di tarocchi legato in vita, poi la tasca. Estrassi un bigliettino sul quale avevo accuratamente disegnato quanto mi era stato indicato nel messaggio ricevuto per il colloquio. Non ero mai riuscito a memorizzare le vie del castello, quel posto era un vero labirinto. Mi colpì, però, il fatto che seguendo tutto quel giro di boa non stessi giungendo all’ufficio di Peverell ma a quella che sembrava avere l’aria di una… Segreteria? La porta era aperta e si sentivano delle voci animate librarsi in una eco tra le mura di fredda pietra. Parlavano di problemi? Eccomi, ero proprio io. Giunto quasi sull’uscio mi resi conto che ero stato talmente preso dai pensieri sul mio outfit che non avevo pensato minimamente a come mi sarei presentato. Ma cosa importava? Meglio viversi il momento. Uno, due, tre, come se fossi stato un attore pronto al dispiegarsi delle scene mi diressi al limitare dell’ingresso. Con fare deciso e sicuro avanzai verso uno scenario che non mi aspettavo di trovare: una donna biondiccia parlava con un uomo pelato che, certamente, non era il fascinoso Preside. Rimasi un po’ deluso, ma magari ci sarebbe stata ancora una speranza di trovarlo da qualche parte. Che si fosse nascosto dietro la porta? Guardingo provai ad allungare il collo nell’aula, dimenticandomi ci fossero dentro delle persone. Sembrò come se avessero smesso di parlare per un attimo. Mi stavano guardando? Non so, forse era tutto nella mia testa, ma ormai ero lì, una presenza fiammeggiante palesatasi dal nulla. Era meglio agire, anche perché ero stato più che puntuale a quello che doveva essere il mio “appuntamento”.

“Ehm, scusate… Cercavo il Preside Peverell per un colloquio che dovrei sostenere, spero di non interrompere nulla di importante!”

Un sorriso mi si dipinse in volto, genuino come genuino era il mio animo e forse, per chi mi guardava, poteva essere addirittura un po’ ingenuo. E con quel sorriso, come travolto da un’improvvisa realizzazione, mi avvidi di essere lì per presentarmi come docente. Chissà se ce l’avrei fatta. Chissà che professore sarei stato. Chissà.

E insomma, mi persi nuovamente tra i pensieri, sorridente e trasognato.


{ Solo la follia può prolungare la giovinezza e tenere lontana la vecchiaia. }


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Grazie mille per aver aperto il colloquio e anche per il bel titolo :D Attendo indicazioni rispetto quanto richiesto per MP e quanto scritto finora. Buona Vigilia ancora!


Edited by Dhevan - 5/1/2021, 18:43
 
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view post Posted on 2/1/2021, 17:28
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Ad ogni movimento severo di Lucille, il Signor Rickford, si piegava in avanti, come una foglia all'avvicinarsi delle fiamme.
Era quello l'effetto che faceva la severa segretaria ai suoi appuntamenti, specialmente in quelli che non stavano andando affatto bene.
Proprio quando stava per dare il colpo di grazia, proprio quando era pronta ad infierire sul bersaglio, qualcuno colse la sua attenzione, facendogli rizzare tutti quanti i ricci ben curati.
Soddisfatta la donna, mostrando un candido ghigno sadico, al sentire richiedere la presenza di Peverell arrossì per poi dire stizzita:

- Punto primo, non si entra nel vivo di una discussione; punto secondo, è sempre preferibile bussare, anche se la porta è aperta; e punto terzo, l'appuntamento ce lo ha con me e non con il Preside Peverell, Mr. Drake. -

Parlando e gesticolando nel medesimo momento, la donna nel pieno del suo fervore fece apparire dinanzi alla sua scrivania due sedie, entrambe di un color giallo ocra e le cui gambe sembravano essere delle scale.

- Sedetevi, entrambi. -

Disse la donna, il cui rossore sembrava essere sparito dal volto, per essere arrivato lungo il collo e petto, come ogni signora anziana che si rispetti.
Il volto leggermente raggrinzito, ma allo stesso tempo acuminato, non faceva ben sperare nessuno dei presenti, i quali sembravano aver preso a parlare con la donna il giorno sbagliato.
Accomodandosi, facendo sbattere la porta con un colpo di bacchetta, osservò entrambi per poi dire.

- Allora, Mr. Drake, io sono Lucille Darmont, segretaria della Scuola di Magia di Hogwarts e sono io che mi occuperò del suo colloquio, colloquio per il quale mi è stato proposto anche Mr. Rickford, che stava per congedare, ma che ora ritengo sia necessario valutare nuovamente per la posizione. -

Al vedere il volto del grande e calvo signore farsi nuovamente felice, Lucille, fece fuoriuscire un ampio sorriso per nulla rassicurante.
Ora toccava a Francis placare gli animi e portare dalla sua il colloquio e la cattedra, ma come fare? In quel momento doveva agire con astuzia.


 
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view post Posted on 2/1/2021, 20:38
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Francis Dhevan Drake
Corvonero - Mago Adulto - Hogwarts

Narrato / "Parlato" / *Pensato*

Ho sempre pensato che la stanza o la casa - in questo caso ufficio - di una persona, rispecchiasse un po’ il suo mondo, la sua personalità, le sue preferenze o gusti. La mia testa aveva fatto capolino in cerca del Preside Peverell ma, anziché trovarne la sua figura, scorse una miriade di… scale? Già. Quell’ufficio era letteralmente una scalinata che, tra un gradino e l’altro, portava l’osservatore a salire e scendere, passo dopo passo. Un percorso fatto di scalini di ogni tipo: curvi, tondi, squadrati. Lo sguardo seguiva il tragitto delineato. Dei piedi immaginari ne percorrevano la via senza, però, arrivare in un punto preciso. Erano solo scale. Scale e gradini. Chiunque ne fosse il proprietario sembrava un’amante dell’ordine, forse della linearità. Le scale erano un mezzo per arrivare a qualcosa, una metafora delle difficoltà quando son troppo alte da scalare, ma anche un aiuto per raggiungere un luogo altrimenti irraggiungibile. A meno che non si possa volare, ovviamente. La curiosità prese il meglio di me e riempì il mio animo d’entusiasmo. Mi piacevano quelle scale, anche se le avrei preferite meno spigolose. Che fosse spigoloso anche l’animo di chi aveva decorato?

Non riuscii a terminare il mio elucubrare che una voce giunse alle mie orecchie facendo rovinosamente cadere le mie immagini lungo quelle stesse scalinate che ero intento ad ammirare. Era stata la donna a parlare. Seduta dietro la scrivania, un po’ paonazza in volto, l’anziana chiarì ogni dubbio mi si fosse fatto largo nella mente. Era lei la proprietaria di quello spazio.

“Punto primo, non si entra nel vivo di una discussione; punto secondo, è sempre preferibile bussare, anche se la porta è aperta; e punto terzo, l’appuntamento ce lo ha con me e non con il Preside Peverell, Mr. Drake”

Alle sue parole aggiustai istintivamente il mio cappotto, come se al posto di una pelliccia di piume di struzzo rosso avessi avuto un formale blazer. Il rossore sul viso della donna era chiaramente dovuto alla vista del mio aitante aspetto. Non doveva essere molto abituata alla presenza di bei giovani all’infuori degli studenti di Hogwarts e il suo tono, al pari delle scale che aveva esposto, indicava una certa rigidità. Nulla che il sottoscritto non potesse smussare a suon di sorrisi e gentilezza. Sembrava una cara donna, bisognosa di affetto e attenzione. Ero bravo con quel tipo di signore, avevo svolto molte letture per donne come lei e tutte finivano per amarmi alla follia. Sebbene tra le righe di quanto detto ci fosse una nota di rimprovero assolutamente giustificata, avvertivo che c’era molto di più dietro quella coltre di biondi ricci. Sfoggiando un’espressione a metà tra ‘cane bastonato’ e ‘cerbiatto seducente’ la guardai di rimando, limitandomi a fare un cenno col capo. Quello era il mio modo per dire “messaggio recepito”. “Sedetevi” aveva detto. Un comando, un ordine. Ordine eseguito, capitano. Signorsì. Seduto sulle sedia, ovviamente a forma di scala, mi sentivo pronto. Forse anche troppo. Ero così eccitato da non capirci più niente, non vedevo davvero l’ora di capire che ne sarebbe stato di me, che ne sarebbe stato della signora di fronte a me e soprattutto… Un momento. Chi era quell’uomo che si era seduto accanto a me? Sbam. La porta si richiuse.

“Allora, Mr. Drake, io sono Lucille Darmont, segretaria della Scuola di Magia di Hogwarts e sono io che mi occuperò del suo colloquio, colloquio per il quale mi è stato proposto anche Mr. Rickford, che stavo per congedare, ma che ora ritengo sia necessario valutare nuovamente per la posizione”

“Fantastico!”

Esclamai con grande entusiasmo, battendo le mani sul dorso delle mie cosce. Una persona normale non avrebbe gradito un colloquio a due. Io, però, trovavo in quella situazione una fantastica opportunità non solo di crescita, ma anche di arricchimento. Non era semplice trovare in giro persone dedite all’arte della divinazione e il fatto di avere qualcuno che se ne intendesse - quanto me, più di me, meno di me - avrebbe reso il tutto più interessante. Mi sembrava già di vederci, tutti e tre, chiacchierare allegramente di tarocchi, chiromanzia e altre mantiche. Se di mezzo c’era la divinazione. Ah. Avrei parlato per ore. Ero certo che sul mio viso fosse ben visibile un sorriso ebete ed ebbro di felicità. Quella era davvero una grande occasione. L’avrebbe spuntata il più meritevole ed io sapevo che potevo meritare quel posto, non avevo motivo di nutrire astio per il Signor Pelato Ricqualcosa. Tra l’altro, non mi sembrava fosse messo bene. Aveva l’aspetto di qualcuno che fosse appena sceso dalle montagne russe. Forse anche lui aveva sofferto di “ansia da outfit” come me e i suoi abiti parlavano per lui: non sembravano certo una scelta… felice. Sedendosi era tornato a sorridere, perciò mi rassicurai.

“Gentilissima Lucille Darmont, la prego di scusarmi per l’entrata in scena poco ortodossa. Ero sicuro di trovare il Preside Peverell… qualcosa deve essermi sfuggito. Come sempre. È un eguale piacere svolgere il colloquio con lei.”

Sorridente feci un pausa per frugare tra le tasche e, probabilmente, per qualche momento misi la lingua tra i denti come se stessi compiendo una sorta di sforzo. In realtà era una delle mie espressioni solite e inavvertite che mi capitava di fare quando ero troppo intento a gestire qualcosa. Tirai fuori due bustine di tè e le posai sulla scrivania di Lucille. Ammisi a me stesso che avrei preferito la presenza del Preside, ma la segretaria suscitava in me grande interesse. Era davvero singolare.

“Essendo a conoscenza della grande passione che il Preside Peverell nutre per il tè, mi sono permesso di portare queste bustine. In un’altra circostanza l’avrei sorseggiato con lui, ma dato che c’è lei mi sento felice nel cedergliene una. È un pregiato tè verde prodotto da mia zia in India, si chiama ErudiTea. Lei dice che aiuti nello studio e nella lettura di testi lunghi ed ostici. Ma non ne ho ancora comprovata l’effettiva funzionalità. Spero non sia un problema per lei dare l’altra bustina al Preside, quando le capiterà di vederlo.”

Non c’era nulla di compromettente nel mio gesto, non ambivo a “comprare” il mio colloquio o la persona che avevo davanti con delle bustine da tè che mia zia Indira produceva in quantità industriali. Volevo solo fosse un gesto carino. Che fosse compreso o meno, questo non potevo saperlo, ma mi sarei accontentato di lasciare quel tè sul mobile. Lucille avrebbe potuto farne ciò che voleva.

“Mr. Rickford, piacere di conoscerla. Dato che Lucille sembra già sapere chi sia, mi presento a lei: sono Francis Dhevan Drake, anch’io aspirante docente di Divinazione. Mi spiace non poterle dare una bustina di tè, ma quando vuole… Se le va, insomma, potrei offrirgliene una tazza in situazioni altre”

Sorrisi all’uomo genuinamente, non che ricordassi di aver smesso di avere il sorriso stampato in volto. Non c’era competizione nelle mie parole, non c’era astio. Non c’era motivo, per me, di prendere quel momento come una battaglia o una lotta. Odiavo i duelli più di ogni altra cosa. Preferivo l’armonia e la rilassatezza rispetto al conflitto e avrei continuato su quella linea d’onda. Sperai che il pelato riuscisse a carpire quel calore che pensavo di emanare nell’esprimermi e chissà che potesse carpirlo anche Lucille.

“Vi ringrazio di cuore per quest’opportunità, non vi deluderò!”

Vi. Usai volutamente un 'voi', sia perché in quel voi volevo includere Mr. Rickford e Lucille, sia perché sapevo che dietro quel Voi si nascondeva comunque la figura del Preside Peverell e, probabilmente, quella del consiglio docenti. Quella di Hogwarts era una macchina fatta di ingranaggi - la segretaria l’avrebbe pensata come fatta di scale - e dietro ogni scelta o azione si nascondeva molto di più di quello che era visibile. Non c’era nulla che avrebbe rovinato la mia gratitudine o l’entusiasmo che provavo per quella possibilità. Ero stato fortunato.

{ Solo la follia può prolungare la giovinezza e tenere lontana la vecchiaia. }


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Edited by Dhevan - 5/1/2021, 18:44
 
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view post Posted on 11/1/2021, 22:00
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L'incontro era appena iniziato e come al solito, Lucille, iniziò a mettere a disagio i suoi ospiti.
A molti quello poteva risultare un comportamento del tutto inusuale, dettato da chissà quale repressione, ma nella realtà dei fatti, i modi della donna erano mirati, atti a ledere chi si trovava davanti a lei.
Sorridendo con gentilezza all'uomo dallo sguardo a metà tra il ‘cane bastonato’ e il ‘cerbiatto seducente’, lasciò i convonevoli e prese i the per poi far apparire due tazza davanti a lei:

- È proprio un bel gesto il suo!-

Disse con aria finta spontanea.
Se il ragazzo avesse fatto caso a ciò che lo circondava, oltre le infinità di scale, avrebbe potuto notare un dettaglio insolito, che avrebbe fatto arrossire Rickford.
Alla sinistra della scrivania, precisamente accanto uno sgabello che Lucien Cravenmoore aveva avuto modo di conoscere, vi era un secchio ornato da scale al cui interno vi era una quanto mai stropicciata scatola di cioccolatini bianca, la cui iniziale era una "L" dal color oro e un mazzo Girasoli.

- Sa queste mi potrebbero essere molto utili. -

Aggiunse, facendo passare l'acqua della sua borraccia nelle tazze di ceramica per poi iniziare a riscaldare il liquido con quello che poteva sembrare l'incanto Calidus.
Davanti agli occhi dei presenti, mentre Mr. Rickford ricambiava la presentazione di Francis con un goffo saluto di mano, la donna, prese le bustine e le immerse.
Da che era trasparente il liquido assunse delle venature scure, tra il verde e il giallo, per divenire maggiormente intense, quanto più il tempo di immersione si prolungava.
Senza perdere tempo, bevve prima da una parte poi dall'altra tazza; il contenuto fumante sembrava non ledere in alcun modo la donna, la quale sembrava stesse bevendo acqua.
Alla fine della bevuta, girò entrambe le tazze sui loro piattini quindi disse:

- Buono -

Non aggiunse altro al discorso se non una serie di richieste:

- Ora signori vorrei che vi approcciaste con la Tasseomanzia. Solamente le fasi iniziali, alla lettura ci penseremo dopo.
Se avete qualcosa di interessante da dire al riguardo l'ascolterò con molto piacere. Dopotutto, sono qui per questo. -




Bene, penso che Lucille sia stata molto chiara in questa prima fase. Non deluderla, mi raccomando.
Come al solito, se hai dubbi scrivimi un Mp.
 
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view post Posted on 12/1/2021, 17:34
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Francis Dhevan Drake
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Narrato / "Parlato" / *Pensato*


Se avessi potuto affibbiare un sapore alla vita, avrei scelto quello del tè. Una bevanda millenaria dono del divino, dal gusto amaro ma che si lascia assaporare. Che va assaporato. D’altronde cos’è la vita se non una serie di eventi che nella loro amarezza ci rendono ciò che siamo? Ci si abitua a quel gusto, quasi fosse una droga. Lo bramiamo. Si fa medicina. Così, nella sua amarezza ci perdiamo, riflettiamo, sospiriamo. Non ne possiamo fare a meno. Apprezzare il tè è come imparare a camminare, si inizia gattonando e man mano ci si adegua a stare su due piedi. Avevo camminato così tanto su quel liquido fumante da aver dimenticato il ricordo della mia prima tazza bevuta. Vi era soltanto l’immagine sbiadita di un gusto, un gusto che avrei voluto zuccherare pur di renderlo piacevole ma che scoprii, nel tempo, fosse meglio lasciare così com’era. Altrimenti non sarebbe stato lo stesso. Non sarei stato lo stesso. Nelle sue varietà, poi, poteva offrire numerose e delicate visioni. Non intendo visioni future. Intendo visioni del presente, del vivido momento che in una tazza prende forma e bagna la memoria di ogni cosa ti circonda nel momento in cui te ne abbeveri. Il tè è fatto anche di tempo, lo scandisce. Quante volte mi ero perso in quel liquido, specchiandomi e intravedendo il rincorrersi delle foglie sul fondo, vedendo il mio volto crescere e invecchiare. Ogni viaggio che avevo avuto modo di fare si colorava di sfumature e di forme delle più disparate gamme di foglie da tè. Fu così che le commissure ai lati delle labbra si arricciarono all’insù, notando che anche il mio colloquio sarebbe stato un tuffo carpiato in una tazza.

“Ora signori vorrei che vi approcciaste con la Tasseomanzia. Solamente le fasi iniziali, alla lettura ci penseremo dopo. Se avete qualcosa di interessante da dire al riguardo l’ascolterò con molto piacere. Dopotutto, sono qui per questo.”

Lucille Darmont aveva di buon grado accettato il mio dono. Il saluto impacciato di Mr. Rickford ne denotò un’indole timida e goffa in netto contrasto con la sicurezza disarmante della segretaria che, in pochi gesti, creò gli elementi necessari ad intavolare la magica “ora del tè”. Nel modo in cui preparò il tutto intravidi una nota sadica, come se immergere quelle bustine nell’acqua fumante equivalesse all’utilizzo di un’arma da fuoco. Un’arma che avrebbe usato contro il sottoscritto e il collega accanto a me. Lucille, però, non sapeva che lo sparo di una tazza da tè non avrebbe mai potuto ferirmi. Tuttavia, il colpo assestato dalla tazza rovesciata sul piattino arrivò al mio petto. I battiti del mio cuore si rincorsero asincroni per pochi secondi a causa di un unico ed ingenuo pensiero: la tasseomanzia si esegue con tè in foglie, non in bustine. Che si fosse sbagliata? Oppure era un modo per mettermi alla prova? Qualunque fosse il caso avrei rimandato il discorso con una gentile postilla finale. Ci sarebbe stata una lunga, lunga premessa da fare prima.

E nel brillare dei miei occhi le labbra si schiusero in appassionate parole, senza far nemmeno caso al fatto che il Preside Peverell non avrebbe ricevuto la sua bustina di ErudiTea.

“Sa, la tasseomanzia, o tassografia, è una delle mie mantiche preferite! Non trova straordinario che, tra tutte le mantiche, questa prenda forma da un’abitudine tanto semplice quanto quella di bere una tazza di tè in compagnia? Probabilmente è proprio così che è venuta alla luce: degli amici che cercano e trovano calore in una raffinata bevanda per poi chiacchierare della propria vita riflessa sul fondo di una tazza!”

Lo slancio di gioia ed euforia che posi in quelle poche frasi infervorò il mio corpo come se anch’esso, poc’anzi, avesse preso a fumare di vapore acqueo. Il vapore dell’estasi provata nell’affrontare un tema per cui nutrivo un accorato interesse. Il mio sguardo cadde per alcuni secondi sulle tazze davanti a Lucille per poi risalire su, apparentemente distratto, cercando di dare forma ad ulteriori formulazioni.

“Il tè ha viaggiato così tanto nel mondo, le sue piantagioni hanno ancorato le proprie radici nei territori più disparati ed in ognuno di essi ha assunto il riflesso delle persone che lo hanno coltivato. Che sia su una montagna o sulla riva di un fiume o, chissà, in una verde valle, il tè incarna sempre le qualità e la storia del luogo in cui è cresciuto. Dal pregiato tè nero indiano che ha conquistato i cuori del mondo britannico alla finezza del tè verde che ha girato mezzo Oriente, tra miti e leggende, per poi approdare in Europa. Non è un caso che la sua origine sia stata presa come un dono del divino quando l’imperatore cinese Shen Nung si vide cadere delle foglie direttamente nell’acqua che aveva appena finito di scaldare. Una volta infuso, l’odore arrivò a lui facendolo innamorare perdutamente! Come biasimarlo… il tè è davvero magico Lucille, anche quando deve darci messaggi con le figure create dalle sue foglie. C’è addirittura una leggenda giapponese in cui Eisai - un monaco buddhista arrivato dalla Cina - conquistò le grazie dell’Imperatrice del Giappone. Suo figlio era avvezzo ad alcuni vizi mondani, tra cui l’alcol, e per questo era solito passare le sue giornate in preda a sbornie e capogiri. Un vero squinternato. Eisai gli fece bere tanto di quel tè da farlo assuefare al punto che non bevve altro, depurandolo e rimettendolo a nuovo. Era un monaco intelligente ed aveva anche un suo personale tornaconto in questa faccenda… Sui fondi delle tazze da tè consumate in compagnia dell’imperatrice profetizzò che, qualora lei avesse implementato piantagioni di tè verde nel suo regno, avrebbe ottenuto grande fama e potere. Forse più che divinazione, fu una furba manovra pubblicitaria, ma ben presto Eisai ebbe modo non solo di portare nel mondo la gradevolezza della varietà verde del suo tè ma anche la pratica del Buddhismo Zen! Ovviamente questo apportò beneficio anche al regno del tempo…”

Una pausa. Giusto per sincerarsi che il pelato e la dolce segretaria stessero ascoltando. La mia mano andò istintivamente, ma delicata, a prendere il bordo del piattino su cui vi era una delle tazze capovolte da Lucille. L’accomodai sulle cosce tenendolo saldamente con le mani, come se al posto d’una tazza avessi avuto un cucciolo di drago.

“…E come il tè ha viaggiato e rappresentato popoli, anche la tasseomanzia che da esso è derivata ha osservato lo scorrere dei secoli e dei luoghi che l’hanno resa protagonista. Leggere le foglie di tè è una vera e propria tradizione. L’ipotesi più plausibile rispetto la sua origine è quella che sia nata proprio in Cina, tra le mani dell’imperatore Shen Nung. Come ogni mantica è tuttavia avvolta dal mistero e non possiamo che dedurre o ipotizzare da dove, di preciso, abbia avuto inizio. Sappiamo però che la sua culla fu in territorio orientale per poi trovare pieno e largo sviluppo in Europa grazie ai commerci prima dei portoghesi e poi degli olandesi che, dalla Cina e dall’India, portarono il tè e le sue tradizioni in Europa, come avevo già accennato. In epoca vittoriana si diffuse, invece, il cosiddetto ‘lancio della tazza’ a rappresentare esattamente il gesto che lei ha fatto poco fa capovolgendo la tazza per poi porla sul piattino prima di divinare. Il lancio delle tazze fu, inizialmente, un vezzo per le classi alte che potevano permettersi i costi elevati del tè ma, ben presto, le piantagioni giunsero anche in Scozia e luoghi limitrofi permettendo anche alle classi meno elevate di cimentarsi nella pratica della tasseomanzia. Tra una chiacchiera e l’altra giunse alle orecchie delle popolazioni nomadi magiche e non che, come potrà confermare anche Mr Rickford, ci hanno dato modo di conoscere molte sfaccettature e tecniche di quella che oggi concepiamo come divinazione. Posso dirle, comunque, che tale pratica non era a noi occidentali totalmente sconosciuta, semplicemente si utilizzavano altre cose… ciò che si aveva per divinare. Dal piombo alla cera, dal vino al caffè.”

Anche la caffeomanzia era una delle pratiche più belle a cui avessi avuto modo di approcciarmi. Certamente non superava la bontà del tè, ma anche il caffè aveva il suo perché, condividendone molte caratteristiche, a partire dalla sua amarezza. Così, sulla scia di questi pensieri, presi con fare disinvolto la tazza che avevo sulle gambe e la rimisi sul piattino nella sua posizione originale. L’interno della tazza pareva intonso e così il piattino su cui era poggiata. Solo una piccola ed anonima gocciolina vagava sperduta in cerca del bordo del piattino ma venne ben presto cancellata dalle mie dita che lo tenevano saldo.

“Ma non voglio tediarvi troppo con altre storie, passiamo alla pratica e a quello che mi ha direttamente chiesto. Praticare la tasseomanzia ha un inizio tanto semplice quanto quello di mettere a bollire dell’acqua! Sebbene alcuni esprimano la preferenza per certi tipi di tazze o di teiere, io sostengo che qualsiasi strumento abbia la sua funzione, se scelto dal divinatore per sue ragioni specifiche. Però, utilizzare cucchiaini in argento o acciaio inossidabile potrebbe essere una buona idea: entrambi i metalli sono associati alla luna e dunque al generarsi della sensitività. Detto ciò… di cosa parlavamo? Ah sì, bollire. Una volta portata l’acqua ad ebollizione, se non è stata usata una teiera, basterà inserire un cucchiaino di foglie di tè nella tazza prescelta per poi ricoprirne il contenuto di acqua calda. Meglio non sia troppo bollente o potrebbe rovinare le foglie. A questo punto occorrerà mescolare con un cucchiaino, facendo volteggiare delicatamente le foglie all’interno. Prima di sorseggiare bisognerebbe far girare tre volte e lentamente la tazza su se stessa nel verso che si preferisce ma, in alternativa, si può anche optare per il far ruotare il cucchiaino in 3 cerchi antiorari. In genere, quando mi approccio alla tasseomanzia, lascio che sia il consultante a decidere quale tra le due opzioni preferisca. È, però, importante che il giro, che sia di tazza o di cucchiaio, avvenga per tre volte. Il tre è un numero pregno di significato esoterico. Si dice che nel gesto di ruotare per tre volte vengano separati il passato e il presente dal futuro, come in una sorta di centrifuga che renderà più visibile ciò che è passato e ciò che sarà per la vita del consultante. Non dimentichiamo, in tutto ciò, l’importanza di godere rilassati delle proprie sorsate!”

Posai la tazza con sotto il suo piattino sulla scrivania di Lucille.

“Una volta sorseggiato bisognerà lasciare una piccola quantità di liquido sul fondo e, tenendo la tazza dal manico, dare tre colpi circolari in senso orario, di polso, che permetteranno alle foglie di distribuirsi al meglio. Se si ha una domanda specifica a cui si vuole risposta, questo è il momento giusto per pensarla e rivolgerla al divinatore. Infine, in un movimento secco e veloce, si andrà a capovolgere la tazza sul piattino, lasciando che il contenuto rimasto abbia tempo di sedimentarsi e posarsi”

In un’altra pausa le mie pupille volarono oltre le tazze in cerca delle bustine che Lucille aveva immerso. Mi sembrò di notarle poco più in là, riposte di lato.

“Prima di rimettere la tazza diritta e procedere con la lettura, è bene dare un colpetto su di essa per permettere ad eventuali residui di cadere, se devono cadere, sul piattino. A questo punto il divinatore saprà che la tazza che ha davanti andrà divisa mentalmente in tre sezioni, tre cerchi concentrici che dal fondo si distribuiscono fino al bordo della tazza. I simboli che appariranno nella prima sezione, quella sul fondo, indicheranno conflitti, eventi, influenze nel recente passato del consultante ma anche segreti di tempi ormai andati. Queste circostanze, seppur passate, influenzano la vita presente rappresentata dalla sezione due, poco sopra la linea che traccia quella della sezione 1. Per concludere, nella sezione tre, quella più vicina al bordo, avremo le possibilità future. Più vicine le immagini saranno al bordo, più lontane nel divenire. Da qui in poi sta tutto al divinatore e alle sue capacità intuitive e interpretative.”

Compiaciuto del mio discorso e sorridente più che mai impugnai la mia bacchetta e la puntai verso le bustine accanto a Lucille, tenendola ben salda in mano. l’intenzione era quella di recidere la parte superiore della bustina di tè il giusto da permettere alle foglie, ormai imbevute, di passarci attraverso.

“Non si spaventi gentile Lucille… Diffindo!”

Pronunciai le parole in maniera chiara e sicura, sperando che Lucille non andasse a pensare che volessi tagliarle i capelli. La bacchetta era diretta e puntata verso una delle due bustine sulla scrivania.

“A meno che non nasconda delle foglie di tè tra le sue fantastiche scale, le suggerirei di utilizzare quelle che troverà sul fondo della bustina. Non sarà lo stesso ma faranno comunque al caso nostro! Senza foglie potrei al massimo eseguire uno scrying… Ma di questo potrei parlargliene mentre aspettiamo che lei beva un altro tè e che le foglie si posino dovutamente sul fondo. Che ne dice?”

Mi rivolsi alla segretaria in modo affabile e premuroso. Le avrei fatto volentieri una lettura se avesse voluto. L’importante, in quel momento, era semplicemente fare una bella impressione e mostrare il meglio di me. Voltai leggermente il viso verso Mr. Rickford e, mostrandogli tutti i miei denti in un sorriso, gli lanciai un cenno del capo per incoraggiarlo e mostrargli il mio supporto in quella particolare situazione che ci univa.

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Il Fato

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Il cambio di scenario fu improvviso, decisamente imprevedibile.
Certo qualcuno in quella stanza lo aveva previsto e creato ad hoc, come se la Divinazione non fosse solamente una pratica magica, ma anche un modo di fare, che ti coglie alla sprovvista.
Lucille e Mr. Rickford rimasero in silenzio alla spiegazione di Francis, il quale aveva messo da parte la sua innata ironia, per lasciare che il suo Io più aulico si mostrasse.
Fu innaturale quello che successe. Solitamente Lucille era pronta a massacrare chi gli si ponesse davanti, ma quella volta non fu necessario.
Il ragazzo aveva capito l’inganno, il tranello che gli era stato posto e con eleganza aveva aggirato il pericolo per dare un suo tocco personale sulla Divinazione.

L’uomo corpulento accanto a lui rimase in silenzio, decisamente confuso. Sicuramente pochi minuti prima aveva agito in modo diverso rispetto a quello di Francis, magari provando ad accontentare Lucille.
Era forse stato quello il problema principale, il punto focale che ne aveva dirottato la valutazione; Lucille non era lì per venir accontentata o ricevere apprezzamenti, si trovava in quel luogo per valutare.
Sorridendo al ragazzo quando lacerò le bustine, come a lei piaceva lacerare l’ego delle persone e il legno per rendere le sue scale ben più acuminate, disse.

- Va bene, starò al suo gioco-

Svolgendo la solita preparazione, che era divenuta oramai consueta, infilando le foglie di tè della bustina nella nuova acqua, bevve il contenuto lasciandone la piccola quantità necessaria per l’arte divinatoria.

- Prego, mi faccia vedere, mi parli dello scrying e della funzione del numero tre in maniera più approfondita. Sono qui per questo.-

Facendo segno con la mano di muoversi, sorrise.
Mr Rickford, fissava quanto stava succendendo in silenzio. Che fosse una tattica o silenziosa ammirazione questo ancora non lo si poteva sapere, bisognava aspettare l’evolversi della storia.




Ottimo, il primo tranello è stato superato. Ora valutiamo l’arte divinatoria. Alla fine dei passaggi, i sedimenti si presenteranno nel seguente modo:



Come al solito, se hai dubbi scrivimi un Mp.
 
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view post Posted on 17/1/2021, 13:57
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Francis Dhevan Drake
Corvonero - Mago Adulto - Hogwarts

Narrato / "Parlato" / *Pensato*

Fumo. Solo fumo. Nient’altro che fumo. Le mie pupille, contratte in miosi, vagavano alla ricerca di un segno, di un simbolo, di un significato. Ma non vi era nulla se non fumo. Un miasma di spire vorticose. Trame intrecciate in bianco e nero di una pellicola bruciata di cui non se ne intravede il film. Volevo vedere. Lo desideravo con tutto me stesso. Eppure in quelle spire aleggiava bruciante la frustrazione, faceva capolino prima nella mente e poi nel corpo. Se tutto ciò che vedevo nella sfera erano sfumature nuvolose monocrome, dentro di me i colori si rincorrevano senza sosta in una maratona di emozioni che dal rosso della rabbia abbracciavano l’ansia di un blu cupo e spento. Midriasi. Sapevo bene che avrei votato la mia vita alle arti divinatorie. Era stato deciso fin prima che mettessi piede ad Hogwarts. Con le carte mi veniva semplice, com’è semplice respirare. Lo scrying, invece, era come annaspare in un oceano di nuvole fitte e pesanti, di piombo.

“Prof. Vedo solo fumo…”

Ripetevo in una lamentevole litania di chi inizia a provare il gusto della sconfitta ma senza arrendersi al suo sapore. Il tono di uno studente dedito che nella sua dedizione non perde le speranze, tuttavia non comprende, non trova l’appiglio che potrebbe permettergli di scalare il muro roccioso sul quale si è abbarbicato incespicante.

“Drake, anche il fumo è un segno. Ricorda: ciò che vedi sulla superficie non è che un riflesso di ciò che porti dentro. Forse sei solo fumo… adesso.”

“Ma Professore… Io voglio vedere, vedere sul serio. Ci sto provando…”

“Non devi provarci. Devi riuscirci. Radicati Drake, radicati e vedrai


Forse era quello l’appiglio: radicarsi. Forse per scalare non avevo bisogno di appigli veri e propri, ma di radici. Radici tanto forti e possenti da permettermi di scalare a mani nude quella rupe che mi lasciava col respiro corto. Forse avevo perso così tanto tempo alla ricerca della più minuscola pietra, del più piccolo dettaglio sporgente, da dimenticare che ciò che porta lo scalatore sulla vetta della montagna non sono le rocce, ma la sua stessa volontà. Diventa parte di quella montagna, è terra e roccia. Si fonde. Si ancora. È saldo. Non importa la condizione atmosferica che lo attanaglia interiormente, deve domare la tempesta per evitare la propria disfatta. La caduta nel vuoto. Un lampo squarciò le nuvole che annebbiavano tanto la sfera quanto la mia mente. Era proprio vero. Ero fumo in quel momento. Dovevo centrarmi, ricalibrare e ripartire. Chiusi gli occhi. Respirai. Immaginai di trovarmi in uno spiazzo erboso, intorno a me una solitaria ma solare radura. Un ruscello in lontananza accompagnava con il suo scrosciare il fruscio del vento che accarezzava la mia chioma arborea. La mente vacillò solo per un attimo, in cui pensai di essere pazzo ma non le diedi modo di prendere il controllo. Mi ero fatto albero, ed albero sarei rimasto. Coccolato dai suoni silvestri avevo le radici ben piantate nel terreno e il mio tronco composto da lignee trecce si innalzava, cresceva, anelando con le sue foglie e i suoi rami la luce della stella madre.

Aprii gli occhi.

Il quarzo di cui era fatta la sfera non era più un concentrato di nuvolosità. C’era una scintilla. Una fiaccola. Una piccola luce in fondo ad un tunnel. La fiamma di una torcia. Lo sguardo si riempì di soddisfazione e, puntando alla cattedra, ricercò gli occhi del Professore di divinazione. Non servì che gli spiegassi.


“Era questo che intendevo Drake. Ben fatto.”

***

Lucille e Mr. Rickford erano piombati in un silenzio degno di una poesia cimiteriale. Erano impressionati o sconvolti? Delusi o ammirati? I silenzi nelle discussioni non mi sono mai piaciuti più di tanto, soprattutto in quelle fasi iniziali che marcano la conoscenza di chi ti trovi davanti. Ci sono silenzi e silenzi e quel silenzio mi portò ad un solo pensiero: continuare a farcire le loro menti con qualsiasi nozione fosse in mio possesso delle arti divinatorie. Forse parlando e parlando avrei potuto ottenere la cattedra per mera disperazione dei miei stessi ascoltatori. Poteva essere una buona tattica, in effetti. Una parte di me rimase delusa dall’uomo che mi sedeva accanto ammutolito. Come poteva restare fermo di fronte ad una tazza di tè? Come poteva non riserbare alcun commento, pensiero, parola riguardo tutto quel discorso che avevo appena fatto? Che fosse la mia passione per la divinazione fin troppo febbricitante e incontenibile?

Le domande che mi ponevo vennero spazzate via dal sorriso della segretaria. Sembrò un sorriso diverso da quei pochi altri che aveva elargito. Era soddisfazione? Mi disse che sarebbe stata al mio gioco. Ma quale gioco? Non capii realmente a cosa si stesse riferendo ma mi parve ben più saggio annuire e lasciarmi andare ad un’espressione di chi sa quello che fa. Poi, quando lei preparò nuovamente la sua tazza, versando il contenuto della bustina, bevendo e posizionando il tutto sulla scrivania, ebbi quantomeno la conferma che aveva ascoltato attentamente i miei discorsi. E non solo: ero riuscito, in qualche modo, a stuzzicare il suo interesse.


“Prego, mi faccia vedere, mi parli dello scrying e della funzione del numero tre in maniera più approfondita. Sono qui per questo.”

Breve, concisa. Interessata lei, compiaciuto io. Rickford fissava un punto indefinito. Un punto a cui non seppi dare una precisa traiettoria. Lì era, lì era rimasto. Avrei gradito se quello fosse stato più uno scambio di idee, nozioni ed opinioni anziché un mero monologo. Ma se era un monologo la chiave per l’ufficio nella Torre di Divinazione, non avrei certo opposto resistenza.

*Che Monologo Sia!*

“Certamente… scrying, numero tre e lettura della tazza quindi…”

Pensai ad alta voce come per fissare a mente gli argomenti. Un escamotage personale per creare il giusto spazio mentale. Per costruire uno schema logico di tutte quelle informazioni e nozioni che negli anni avevo assorbito dai libri e dalle esperienze di viaggio. Quando si trattava di divinazione, le cose per me si facevano serie. Molto serie. Pur sempre con il solito tocco da Francis. La mano incagliata, in stato di concentrazione, al mento ricadde in un gesto drammatico disegnando un mezzo cerchio nell’aria finché un indice non ne fermò il movimento. L’ispirazione era giunta e la mano prese a gesticolare al dischiudersi delle mie labbra.

“Lo scrying è un pratica particolarmente… ostica. Almeno, per me lo è stata in passato. Sarà che ho da sempre avuto particolare affinità con i tarocchi, più delle altre mantiche. Tuttavia, lo scrying, è ciò che mi ha aiutato di più ad approcciarmi ad altri tipi di divinazione ed ha gettato le basi per quello che è il mio personale metodo di divinare. La preparazione mentale e fisica che questa pratica ha richiesto da me, durante i miei anni ad Hogwarts, mi è tornata utile in svariati contesti… Lo scrying è uno specchio diretto sulla propria anima, e non solo. Spesso gli studenti sottovalutano le implicazioni e i pericoli che si celano dietro quest’arte il cui strumento più noto è la celeberrima sfera di cristallo. Pensi che nel mondo babbano c’è gente che crede di scherzare quando, davanti ad uno specchio, invoca per tre volte il nome di Maria la Sanguinaria. Lo scrying, non è solo l’arte di leggere il futuro su di una superficie. È una porta aperta sul proprio io interiore ma anche su mondi altri, realtà parallele… l’aldilà. Approcciarsi ad una pratica come questa, senza la dovuta preparazione, potrebbe comportare gravi rischi, per questo è necessario tramandarla con particolare serietà e con le dovute premesse.”

Le parole risuonarono grevi. Il pensiero andò a tutti quegli studenti che, non seguiti dovutamente, sarebbero potuti rimanere per sempre incastrati tra un mondo ed un altro o, ancor peggio, per sempre immobili nella propria mente. Per non parlare degli spiriti malevoli che avrebbero potuto fare uso dei loro corpi. Fui grato degli insegnamenti ricevuti in passato. Fece un bel lavoro il mio professore di divinazione, insegnando le tecniche di radicamento che ci avrebbero permesso di rimanere costantemente legati al momento presente, in quello stato di trance meditativa necessario alla lettura di qualsiasi mezzo divinatorio. Superfici in particolare.

“Anche questa è un’arte antica… in passato veniva utilizzata la semplice acqua, spesso versata in scure bacinelle. Nel tempo l’uso dell’acqua è stato soppiantato da quello degli specchi e poi dalla sfera di cristallo che ne è diventato l’emblema per eccellenza. Nelle alte terre di Scozia streghe e stregoni utilizzavano il berillo, vantandone la trasparente qualità come ottima a fini divinatori. Egizi, Greci e Celti, la pratica si è mossa fluida attraverso diversi tipi di elementi e oggetti dalla superficie trasparente o riflettente. Lo scrying ha molti usi: contattare gli spiriti, ottenere visioni sul passato, il presente o il futuro, acquietare le visioni confuse di divinatori inesperti e, come le accennavo precedentemente, affacciarsi su mondi altri, astrali e non. Spiegare ulteriormente ci farebbe inoltrare in un’altra mantica… Quella della Negromanzia!”

Mi lasciai sfuggire un tetro e muto ghigno. Drammatizzare mi veniva sempre bene quando nel parlare concitato mi immergevo in suggestive immagini. Poi, ho sempre amato creare pathos utile allo sviluppo della curiosità nell’ascoltatore. Mi sembrò di aver dato la luce a mille ed ulteriori spunti di conversazione. Cosa avrebbe scelto Lucille di tutte le cose citate solo in parte di cui avrei continuato a rimpinzare i miei discorsi?

“Meglio gettare le nostre ancore nei lidi della numerologia o, se vogliamo, aritmanzia… Con la funzione e il significato del numero tre. Come detto poco fa, nel trattare di tasseomanzia, il numero tre ha un forte significato esoterico che permea non solo la pratica da cui deriva, appunto la numerologia stessa, ma anche molte altre mantiche. Il tre è il primo passo verso la creazione di un progetto, è l’unione di due che dà vita all’uno, creando un terzo. In Aritmanzia indica le qualità di un animo fantasioso e creativo che nelle sue qualità più negative si fa instabile e superficiale. Nei tarocchi, il tre rappresenta la comunità, il gruppo che si unisce per un obbiettivo comune, la crescita attraverso uno sforzo creativo, pratico, intellettuale, emotivo. Nel mondo religioso esprime un ordine spirituale che si manifesta attraverso la trinità. In India, ad esempio, abbiamo la cosiddetta trimurti composta da Brahma, Vishnu e Shiva, le principali divinità venerate. Il numero 3 non solo rappresenta questa trinità, ma è anche il preferito di una delle divinità che la compone: Shiva. Dotato di tre occhi che vedono nella verità, nella coscienza e nella gioia. Nella sua forma scritta il tre ricorda quella della sillaba sacra Om associata al sesto chakra, quello più rilevante per chi, come me e Mr. Rickford, si approccia al mondo della divinazione: il terzo occhio. E non basterebbe tutto questo per rappresentare il grande valore simbolico del numero preso in esame…”

Le dita si estesero davanti a me in cerca della tazza di Lucille, come se quel movimento fosse un tutt’uno con le parole appena pronunciate. Come se la lettura della tazza che mi accingevo a prendere fosse il normale e logico fluire di quel discorso. Le parole del professore di divinazione risuonarono nella mia testa “Radicati, Drake. Radicati.”
Chiusi gli occhi, facendo mia quella tazza ancora capovolta. Stringendola tra le dita, l’anulare ed il medio della destra nell’arco creato dal manico.


“Prima di iniziare la lettura della sua tazza, vorrei fare una premessa: tutto quello che le dirò non è monolitico. Le arti divinatorie ci danno messaggi e indicazioni sulla base delle energie e le situazioni che circondano il consultante al momento della lettura. Molti tendono a pensare che le risposte alle proprie domande risiedano nel divinatore o che il destino sia un muro impossibile da abbattere composto da eventi e schemi precisi. Se così fosse, non esisterebbe il libero arbitrio. Non esprimo il mio giudizio su chi, nel mondo della divinazione, si fa portatore di verità assolute. Tuttavia, per quanto mi riguarda, preferisco che chi si interfaccia a me e alle mie letture rimanga sempre in potere, libero. Ci tengo che sappia di non essere vittima del destino ma co-creatore della propria fortuna. Certo… ci sono anche eventi che vanno fuori dal nostro controllo, però sta a noi, alla fine, decidere come reagire a tali eventi. Perfino una profezia, la più potente delle visioni, è soggetta a cambiamenti e può essere ribaltata… Tornando invece alla sua tazza, per questa volta mi approccerò ad essa in termini di passato, presente e futuro. Esistono comunque altri schemi di lettura, schemi che possono darci indicazioni e messaggi diversi e che variano in base a chi si approccia all’arte, così come esistono mille significati e correlazioni ai simboli che il lettore intravede. Ma veniamo a noi, gentile Lucille…”

Tirai su la tazza senza nessun ostacolo o problema. Molto bene, era un segno che la lettura poteva avvenire. Diedi uno sguardo al piattino. Un rivolo di tè, sceso fluido dai bordi, aveva creato un cerchio incompleto. Al suo centro, si erano accumulati quelli che sembrarono essere la maggior parte dei residui di tè.

“Il piattino è una parte fondamentale della tasseomanzia, va letto insieme alla tazza e ci può donare delle indicazioni generali rispetto il tema e le occorrenze che vedremo in essa. Nel suo caso questo cerchio incompleto indicherebbe che vi è la possibilità di un’offerta in arrivo. Non è certa o definita e pare che serva ancora tempo prima che tale offerta o contrattazione possa ritenersi conclusa. È particolare, però, che la maggior parte dei sedimenti si ritrovi sul piattino lasciandomi pensare che una volta raggiunta una conclusione avrà motivo di gioire… Pare che le sue preoccupazioni riguardo ciò che circonda la proposta, a lei capire quale sia, andranno a dissiparsi. Proviamo a vedere la sua tazza e trovare il legame con quanto visto finora.”

Con delicatezza riposi il piattino sulla scrivania. Mentre con la destra tenevo la tazza da un lato, col manico diretto verso di me, la sinistra si muoveva nell’aria come se le mie dita stessero suonando un immaginario pianoforte. Un’abitudine che mi permetteva di centrarmi e concentrarmi. I simboli, dapprima confusi e disordinati, iniziarono a prendere forma così come i loro significati. Chiunque si fosse approcciato alle arti divinatorie avrebbe saputo che non bastava lo studio metodico di un libro per imparare il significato di un’immagine, serviva l’esperienza. Un’esperienza fatta di congetture, tentativi e prove che, a lungo termine, avrebbe portato alla creazione di un personale sistema interpretativo dei segni.

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“Ecco, la presenza di questa stella nel fondo con vicino delle rocce che si estendono nel presente, così come questo nuvolone fitto, mi lascia pensare che nel suo passato ci sia stato un successo ostacolato, da qualcosa o qualcuno. Sembra essere un cambio di rotta da un’idea originaria, quello a cui ambiva ha subito un cambiamento che pare lasciarla ancora in dubbio. Vedo ostacoli e problematiche cui lei ha dovuto far fronte per riallineare il suo cammino e la sua scalata verso la situazione presente, quella in cui si trova ora. Aveva forse il sogno di avere un’occupazione diversa? In ogni caso, la croce evidenziata dai puntini di tè sparsi nella sezione relativa al passato e le cui linee toccano e percorrono il presente, dimostrano che nonostante tale deragliamento tutto ciò che lei ha ottenuto è arrivato attraverso il duro lavoro ed un impegno costante. Pare proprio sia una grande lottatrice! Tra questi sedimenti ho già notato due simboli che mi piacciono molto e che mi danno modo di mostrarle la mia attitudine alle arti divinatorie. Parlo di algiz sovrastato da un cerchietto nero e della linea che potrebbe rappresentare anche isa. Già. Sono rune. Spesso le nozioni di un divinatore possono essere combinate, non è un caso che spesso utilizzi tarocchi e rune congiuntamente. Ad ogni modo, la runa algiz rappresenta che nel presente lei gode di protezione, a lei decidere se sia da un capo, dal divino o dall’universo, in base alle sue credenze. Un volatile ad ali dispiegate vola verso sinistra, questo potrebbe indicare che le sono arrivate, o stanno per arrivare, delle comunicazioni importanti per qualcosa che attendeva speranzosa… L’uccello è rivolto verso dei sedimenti perlopiù rappresentanti quadrati e rettangoli. Qualsiasi cosa stia aspettando, sembra possa avere a che fare con lettere o pacchi. Tre di questi sono in arrivo, un altro pare subirà dei ritardi. Inoltriamoci quindi nelle possibilità del futuro. Il manico ha grande importanza in questa sezione, poiché più ci allontaniamo da esso, in senso orario, più nel futuro si troveranno gli eventi rappresentati dai simboli. Ecco, nel futuro vedo una situazione cui le consiglio di prestare attenzione. La combinazione di questa linea, se considerata come Isa, in concomitanza con il triangolo capovolto evidenziato dall’unione dei tre puntini, rappresenta la possibilità d’incappare in circostanze nelle quali potrebbe scivolare. Isa è la runa del ghiaccio, su di esso si può scivolare cadendo o esibirsi in leggiadre danze acrobatiche. Il consiglio è quello di rimandare decisioni importanti perché potrebbero risultare affrettate… Proprio a riguardo, troviamo qui il collegamento con quanto visto nel suo piattino, quella che sembrava essere un’offerta. Queste figure indistinte tra presente e futuro mi fanno credere che tra circa sette mesi potrebbe ricevere una richiesta e sembra che la persona coinvolta sia parte del suo presente. È qualcuno che lei conosce, probabilmente sa anche già quale sarà la sua richiesta o la sua offerta. Dall’immagine che vedo nella tazza è come se questa persona le stesse porgendo un dono, una sorta di token… Le richiede la sua attenzione? Vuole un favore? Sembra quasi che la stia pregando… Ha idea di chi possa essere? La invito a pensarci su e, qualora tutto ciò dovesse accadere, di ponderare bene la sua risposta. Tutto dipenderà da lei… “

Lasciai che anche la tazza prendesse il suo posto sulla scrivania di Lucille, era giunto il momento di farla finalmente riposare dalla presa calda della mia mano stretta attorno ad essa. Una lieve secchezza si fece largo nella gola. Per quanto avevo parlato? Le mie pupille saltarono dapprima su Lucille e poi su Mr. Rickford. Chissà cosa stessero pensando. Nuovamente puntai lo sguardo sulla segretaria.

“Se volesse chiedere conferme o approfondimenti rispetto una qualsiasi tra le cose dette nella sua lettura, non esiti a chiederlo… Potrei estrarre qualche carta dal mio mazzo per mostrarle come le mantiche possano essere combinate tra loro per darci la soddisfazione di dettagli, consigli e vie alternative per districarci al meglio nelle situazioni che ci si presentano innanzi!”

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Mi sono permesso di aggiungere la posizione del manico e la configurazione del piattino per la tasseomanzia, spero non sia un problema e che sia gradita l'immagine con i simboli.
 
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view post Posted on 23/1/2021, 20:14
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Il Fato

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La donna rimase impassibile ad osservare il suo interlocutore.
Non sorrise, non commentò; restò ad osservare in silenzio.
Il silenzio che tanto odiava Francis, per Lucille era stato utile per affrontare il suo passato e portare il suo presente a quello che era ora.
Mentre spiegava lo scrying e la funzione del numero tre nella divinazione, la donna appurò come quel ragazzo avesse le capacità professionali per essere un professore.
Certo mancava capire come fosse da un punto di vista umano, percepire le sue skills relazionali, ma per quello c’era tempo e poteva anche aspettare.
Avvicinandosi assieme a Mr. Rickford ai residui del Tè nel momento dell’analisi, la donna rimise in ordine le sue idee.
Il ragazzo aveva ottime conoscenze divinatorie, le sapeva ben collegare ad altre materie presenti nel castello, ma si trovava giusto un filo in dubbio in merito ai suoi interessi.
Aveva notato nell’uomo un certo piacere nel parlare di Negromanzia ed Esoterismo, che fosse incline all'oscurità? Questo non lo poteva ancora dire, ma di certo il dubbio si era insinuato nella sua mente.

Sentendo l’uomo parlare del suo presente, passato e futuro, la donna in parte si rispecchiò in quanto venne raccontato. Il passato con lei non era stato clemente, anzi le aveva dato solamente beghe da risolvere, beghe che però lei era riuscita a superare e che avevano temprato il suo carattere, rendendola solida, indefinibilmente sadica sotto alcuni aspetti.
Alla fine del discorso, avvicinandosi alla tazza, le diede una leggera bottarella, facendola cadere sul tavolo. Il tonfo sordo aveva sancito la fine di quel discorso, la conclusione dei monologhi, di quei discorsi che indubbiamente avevano creato un muro complesso da scalare per il candidato.

- Ops-

Disse con aria innocente. Quel gesto, quel semplice tocco, stava ad indicare che il futuro lo decideva la persona, non il suo leggere i residui. Come diceva Francis, ognuno era il fautore del suo futuro e questo tanto bastava per lei per ritenerlo una persona accorta e non uno dei tanti esaltati che si presentavano per la cattedra.

- Da questa lettura, ho capito molto e penso che abbia capito molto Mr. Rickford…
Giusto Arthur?-


L’uomo al sentirsi appellato in quel modo, arrossì leggermente, come preso alla sprovvista.
In quel luogo, dove la divinazione era stata il punto di forza, qualcosa era stato indirettamente indovinato.

-Stando a quanto dice il ragazzo possiamo risentirci tra sette mesi, alla fine dell’anno scolastico.
Ho troppi impegni ora per poterti dare una possibilità. Ti chiedo la cortesia di uscire, dovrei parlare a tu per tu con il signor Drake-


Da come si poteva notare, la donna non aveva peli sulla lingua, nemmeno sulla sua intimità. Nella realtà dei fatti Mr. Rickford non era assolutamente un candidato a quella cattedra, ma un mero spasimante della donna, ora sicuramente confuso.
L’uomo, al sentir quella risposta arrossì completamente, diventando simile ad un pomodoro. Quella situazione avrebbe spiazzato chiunque, ma non lui il quale alzandosi lentamente dal trespolo salutò con la mano per poi uscire.
Al chiudersi la porta, Lucille, si alzò dalla sedia per osservare la credenza dietro di lei. Libri di diverso tipo erano presenti, ma non erano rilevanti in quell’istante che forse gli serviva per assorbire il colpo e pensare nuovamente come agire durante quell’incontro.
Il silenzio durò poco, forse una decina di secondi, tempo che la donna si girò nuovamente verso il candidato per poi domandargli.

- Mi dica, come mai è interessato a diventare professore della nostra scuola?-




Non so se ci eri arrivato oppure no, ma hai trovato l’ennesimo tranello di Lucille nel suo colloquio.
Questo era difficile, quindi se ci eri arrivato non posso far altro che complimentarmi con te.
Proseguiamo sempre allo stesso modo.
Se hai dubbi, MP.
 
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view post Posted on 24/1/2021, 03:39
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Francis Dhevan Drake
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Narrato / "Parlato" / *Pensato*

Ci sono eventi che sono davvero fuori dal nostro controllo eppure ne siamo inevitabilmente parte integrante e creatrice. In essi non siamo soli ma siamo uniti ad altri da una sottile rete invisibile, tessuta ad hoc al dispiegarsi delle volontà dell’universo. Un libero arbitrio che ne incontra un altro, una scelta che porta a delle conseguenze. Non si tratta di compiere un’azione giusta o sbagliata, semplicemente di agire e rispettare ciò che il nostro agire causa. Tuttavia, esistono anche eventi inspiegabili. Situazioni che vanno al di là della casualità o causalità e che si presentano nel mondo sotto forma di simboli, enigmi, segni… Coincidenze? Io non credo.

Alla mia proposta, Lucille Darmont, fece cadere la tazza appena esaminata sul tavolo in un tonfo sordo ma ricco di significato: Per il momento le vie del passato, del presente e del futuro avrebbero subito un blocco. Portai istintivamente una mano in vita dove vi era legato il mio mazzo di tarocchi. In parte fui contento di non dover forzare una lettura con le carte, considerati gli ultimi sviluppi del Giappone; in parte provai dispiacere. Difatti, se la tasseomanzia poteva essere per me fonte di entusiasmo, i tarocchi creavano in me un senso di eccitazione ancor più prominente. Tuttavia, estrassi dal sacchetto un foglietto che avevo portato, quello sul quale avevo appuntato distrattamente le indicazioni per districarmi nel labirinto dei corridoi. Tenendolo discretamente tra le dita di entrambe le mani, presi a giocherellarci con fare disinvolto. Se Lucille o Mr. Rickford si fossero accorti di quei movimenti, avrebbero potuto pensare si trattasse di un mero sfogo d’ansia, un anti-stress fattosi carta. Non ebbi nemmeno il tempo di pensare, appunto, a Mr. Rickford che la voce di Lucille proruppe impartendo all’uomo l’ordine, non troppo zuccherato, di dileguarsi e di rifarsi vivo… passati sette mesi.

E dunque era Mr. Rickford, o meglio Arthur, la figura intravista nella tazza. Effettivamente il pensiero che l’uomo avesse un legame con la donna aveva fatto capolino nella mia intuizione facendone suonare il campanello d’allarme, ma avevo volutamente preferito la via della discrezione. E pensare che stavo per proporre una lettura di coppia! Fortunatamente la segretaria aveva provveduto a togliermi dall’imbarazzo che avrei potuto creare per me stesso e per il povero pelato innamorato. Tutto, però, tornava. Dai silenzi di Rickford durante i miei discorsi accorati, alla mia lettura della tazza. Quando i miei occhi si posarono inavvertitamente sul secchio accanto alla scrivania ogni pezzo del puzzle andò ulteriormente al suo posto. A quanto pare i pacchi in arrivo avevano un volto ed un mittente ma iniziai ad aver dubbi sulla possibile speranza che Lucille potesse nutrire nel riceverli. Che stesse nascondendo un animo più romantico e dolce di quel che dava a credere? A giudicare dal contenuto del secchio, cioccolatini e fiori non sarebbero bastati a conquistare la bionda segretaria. Ad ogni modo rimasi contento del non aver azzardato ipotetici legami tra i due e che lei avesse fatto da sé il collegamento necessario. Era esattamente quello il motivo per cui preferivo accompagnare i consultanti attraverso le letture tra simboli e riflessioni, cosicché siano loro stessi a trarre le proprie conclusioni. Senza influenzarli in maniera forzata o evidente. Fu comunque merito della lettura stessa se l’arcano venne svelato.

Così, mentre Arthur arrossiva e si dileguava tornandosene sconsolato da dov’era venuto, lanciai lui degli sguardi di spassionata comprensione, senza proferire parola. Intanto Lucille prese ad aggirarsi attorno alla credenza alle sue spalle. Quest’ultima conteneva diversi libri ma ebbi l’impressione che l’osservarli fosse solo un modo per pensare al da farsi. Non tanto con il pelato, quanto con il sottoscritto.

La porta nuovamente chiusa sancì, quindi, l’inizio di un vis à vis tra me e Lucille Darmont. Le braccia ripiegate sulle ginocchia. Le mie mani giocherellavano distrattamente col foglietto di carta.


“Mi dica, come mai è interessato a diventare professore della nostra scuola?”

Sollevai lo sguardo, solo per poterlo puntare in direzione dei piccoli occhi della donna. Sembravano quasi dei chiodi, pronti a puntellare il muro dei miei pensieri. Chissà se con quella domanda volesse aiutarmi dandomi sostegno, o se fosse un altro modo per mettermi alla prova. La sua domanda mi sembrò comunque ragionevole. Si era parlato molto della materia per cui mi ero presentato, ma poco delle motivazioni che mi avevano spinto a ricoprire quella posizione. Ciò non mi avrebbe comunque distolto dal mio intento di parlare fino allo sfinimento né di continuare a rimpinzare i miei discorsi di nozioni varie. Perciò, ingoiai quello che rimaneva di saliva nella cavità orale e, con fare filosofico feci una domanda di rimando.

“Lei crede nei segni?”

Non era una domanda che necessitava di risposta. Era più che altro un modo per dare inizio ad un altro - forse lungo - monologo. Una domanda introduttiva all’argomento che avrei trattato nel risponderle, dandole occasione di valutare più sfaccettature della mia persona.

“Sa, a volte accadono cose a cui non sappiamo dare una spiegazione. Circostanze apparentemente prive di significato ma che, in realtà, hanno un significato molto profondo. Fino a poco tempo fa, non ero molto sicuro del ruolo che avrei potuto ricoprire in questa società. Come avrà notato, potrei sembrare un tipo fuori dagli schemi e, di questo, ne sono conscio. Tuttavia sono anche conscio del fatto che nella vita non importa quanto si possa sembrare assurdi agli occhi degli altri finché si è disposti a guardarsi dentro, analizzarsi, accettarsi e crescere. Non parlo di una crescita meramente fisica. Parlo anche di una crescita… spirituale. Io credo molto nei segni e, in parte, sono questi che mi hanno condotto qui davanti a lei…”

I polpastrelli si muovevano silenziosi ma frenetici, la carta si piegava sotto la volontà delle mie dita decise senza che la guardassi. Era impossibile capire se i miei occhi si riflettessero in quelli di Lucille ma mi chiesi se nel parlare riuscisse a leggerci qualcosa, se notasse qualcosa in me mentre parlavo.

“… spesso però siamo ciechi davanti a questi segni. È come se non volessimo realmente vederli, anche se ne veniamo costantemente bombardati. Gliene parlo perché ne ho fatto esperienza sulla mia stessa pelle. Il voler diventare docente è stata una consapevolezza giunta all’improvviso ma che, tutto sommato, giaceva da sempre sopita dentro di me. Forse è stato uno schiaffo a farmene rendere conto. Forse un concatenarsi di fortuite coincidenze. Io preferisco chiamarle sincronicità. Mi permetta di spiegarmi meglio: la cara anima di Jung aveva coniato questo termine per riferirsi proprio a questo fenomeno che sto cercando di esplicarle. Jung lo usava per riferirsi ad una coincidenza che, però, nasconde un significato molto più importante e profondo per la persona che la osserva. È una sorta di legame tra due eventi che avvengono in sincrono e che sono connessi tra loro ma non in maniera causale. Come quando si pensa a qualcosa e in quel preciso istante la persona che abbiamo accanto esprime in parole ciò che fino a poco prima era solo nella nostra testa. Ma non solo. Anche il voltarsi e vedere un numero per poi ricordarsi di averlo sognato, avere incontrato un determinato animale che senza motivo ci sbarra la strada per poi ritrovarlo pochi giorni dopo, o anche più, in un altro punto, di un’altra strada, di un altra regione. Più si inizia a fare attenzione a questi segni, più sembra esserne attorniati. Ci danno l’impressione che ci sia una connessione tra tutti noi, qualcosa di più grande e di inspiegabile. Questi eventi, apparentemente privi di significato, sono in realtà connessi tra loro da significati profondi e complessi che condividono il fine… ma non la causa. È il riflesso della nostra mente, del nostro mondo interiore che si manifesta nel mondo esteriore attraverso simboli che richiedono una nostra personale interpretazione. Sono segni che possono indicarci la via quando ci sentiamo persi o quando siamo ossessionati da una particolare domanda. Sono eventi assurdi, ci sembrano irrazionali, ma ci risvegliano dal torpore della routine se, guardandoli nelle costellazioni che hanno disseminato nel nostro percorso, uniamo i puntini e guardiamo l’immagine più grande. Mi rendo conto di quanto questo possa sembrare irrazionale alle sue orecchie, ma è su questo che in fondo si basa anche la divinazione. È qualcosa che non si può spiegare in maniera razionale o oggettiva perché richiede un atto di fede… Tuttavia, quando si compie questo atto di fede capiamo nel profondo di noi stessi che il mondo non è nient’altro se non un’estensione di noi stessi. Ed è questa sensazione che mi ha portato qui a richiedere la cattedra di divinazione. La mia intera vita è stata disseminata di segni che non ero disposto ad osservare e riconoscere. Una persona a me molto cara mi chiamava sempre ‘Prof.’, una sciamana pazza mi ha invitato a guardare dentro di me durante un mio viaggio in Giappone dicendomi che lì avrei trovato la mia ambizione, una collega rivista di recente mi ha tirato un ceffone e… nella sofferenza di quel colpo è arrivata l’illuminazione. Era tutto collegato, era l’universo - o chi per lui - a dirmi che la mia strada era già spianata nel mio inconscio. Dovevo presentarmi qui come docente di arti divinatorie.”

La spiegazione era stata lunga. La gola riarsa avrebbe volentieri bramato un goccio di acqua. Tuttavia, non ero ancora soddisfatto. Avevo ancora parole d’aggiungere al discorso. Serviva una contrapposizione, un altro peso che facesse pendere i piattini della bilancia in un equilibrio stabile e pari. Riflettei su quanto gli ultimi eventi elencati potessero dare l’idea di essere io il pazzo, oltre la sciamana e oltre il mio essere fuori dagli schemi. Ma non aveva rilevanza.

“Chiaramente non vi è solo una ragione spirituale dietro questa mia volontà. Diventare docente sarebbe per me un modo molto conveniente per continuare a studiare ed ampliare le mie conoscenze, non solo attraverso la lettura di libri e ricerche, ma anche grazie allo scambio che nasce e si crea con gli studenti. Inoltre, ho in cantiere il progetto di un libro che spero di poter portare al pubblico un giorno o l’altro… La docenza sarebbe un ottimo trampolino di lancio per questo. Sono interessato a diventare professore nella vostra scuola perché vorrei poter portare tra i banchi tutta l’esperienza accumulata nei miei anni di studio e di viaggio e poterne fare buon uso, poterla condividere. La divinazione è una materia certamente affascinante, ma spesso snobbata e ritenuta poco idonea nello sviluppo personale di uno studente… Eppure, stando a quanto le ho detto finora, io penso il completo contrario. Le arti divinatorie, se considerate criticamente e osservate dalla giusta prospettiva, possono indirizzare verso una crescita spirituale e psicologica. Come l’uomo nella carta dell’appeso: non è impiccato come si crede - pende infatti da una gamba - ma vede semplicemente il mondo con altri occhi, da un altro punto di vista. Non è inerme al destino, è concentrato sulle infinite possibilità di co-creazione che possiede, le esamina in una stasi illuminata ed illuminante. Vorrei diventare docente per portare questo… una nuova prospettiva!”

Trasportato da un impeto di passione, mi sentii ardere. La carta veniva ancora modellata ma, per un istante, ebbi paura che potesse incendiarsi nel calore che sentivo emanare dal mio corpo. Quei discorsi per me erano davvero importanti. Non sarebbe bastata nemmeno una settimana di colloquio per poter esprimere in parole tutto ciò che quella carica e quella materia potessero significare per me. E Lucille? Riusciva a vederlo quell’ardore nei miei occhi o nel mio corpo?

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La donna rimase con sguardo impassibile ad osservare il suo interlocutore.
L’imbarazzo che era stato possibile assaporare pochi secondi prima, era stato ben sotterrato dalla signora, la quale, imperterrita, continuò il colloquio come se nulla fosse successo.
Quella era una sua caratteristica, una dote accolta fin dalla nascita: era in grado di estraniarsi dal concetto di persona e personalità, così da carpire ciò che era oggettivamente rilevante.
Forse, era anche per questa sua dote che era rimasta impassibile dinanzi il monologo di Francis.
In molti si sarebbero potuti dispiacere della stravaganza del ragazzo e per la sua fase di accettazione, in tanti si sarebbero potuti proclamare empatici e dare man forte all’uomo mentre diceva parole chiare, ma non lei, a lei non interessava.
Era da notare bene però un dettaglio importante, non è che non era interessata perché non gli interessava, ma non era interessata perché non era quello che gli interessava capire della persona che aveva davanti; lei era lì per esaminare e non per giudicare il prossimo.
Sedendosi nuovamente, unendo le sue mani in una stretta, quasi a formare una cupola sotto al suo mento, disse con tono semplice e diretto.

- Splendido.-

L’ inflessione della voce risultò asettica, priva di alcuna emozione.
Se quell’aspirante docente era arrivato a loro solo per una mera sensazione questo scombinava le carte presenti sulla tavola.
Stava per dire la sua, era pronta ad agire sulla persona, pronta a dargli una stilettata con le sue parole al veleno, quando la seconda parte del discorso la colpì lasciandola sufficientemente soddisfatta.
Quell’uomo gli stava offrendo degli spunti interessanti su cui colloquiare ed era giusto sfruttarli.
Poggiando la mano sinistra sulla scrivania osservandola un secondo, disse senza filtri:

-Ma lei parla così tanto perché vuole fare bella impressione o perché con questo suo continuo parlare cerca di nascondermi qualche sua insicurezza?-

La domanda balenò rapida davanti a loro, lasciata lì proprio per conoscere l’uomo e i suoi risvolti caratteriali.
Gli sembrava essere sicuramente un essere gentile e ambizioso, ma era in grado di andare più in fondo alla sua personalità? Era in grado di tirare fuori la sua vera essenza alla segretaria?
Senza dar modo di parlare al ragazzo, alzando la mano prima poggiata in aria disse:

-Prima che risponda a questa domanda, vorrei porle anche un altro quesito. Lei mi parla della sua materia come una delle materie maggiormente non prese in considerazione dagli studenti. Avrebbe per caso qualche modo per renderla interessante ai loro occhi?-


 
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view post Posted on 4/2/2021, 16:34
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Francis Dhevan Drake
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Narrato / "Parlato" / *Pensato*

Il delicato odore dei ciliegi in fiore solleticava piacevolmente le narici. Lo sguardo, in contrasto con la delicatezza che mi circondava, saettava febbricitante da un’ala all’altra del Byodoin. Avevo deciso che il mio viaggio in Giappone, come ogni viaggio, mi avrebbe condotto da sé attraverso le sue magiche vie. In fondo ero lì soltanto perché un sogno mi ci aveva portato. Trovare ciò che cercavo non sarebbe stato semplice e avrebbe necessitato quel pizzico di esplorazione randomica da cui molti viaggiatori si lasciano punzecchiare. Un lieve pizzicotto sulla pelle che sembra pervaderti in un unico comando, dettato forse dalla stessa curiosità che portò Pandora ad aprire quel vaso. Chiaramente è incerto il risultato della sua apertura, la curiosità può portare beneficio ma anche svantaggio. Eppure, in Giappone, l’eleganza di ogni elemento non poteva che condurti inevitabilmente ad incantevoli e suggestive esperienze, la cui profondità trascende ogni realtà fisica per disperdersi nell’esaltazione dello yuugen*.

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Il piccolo tempio buddhista si ergeva riflettendosi narciso nello specchio di un lago, incorniciato dagli alberi di ciliegio. Ogni tanto delle carpe, dalle squame tanto riflettenti quanto variopinte, facevano capolino al mio passaggio, forse perché anche loro curiose o forse perché in cerca di un bocconcino. I pochi turisti presenti e la mite giornata primaverile rendevano l’atmosfera, se possibile, ancor più godibile penetrando in ogni anfratto della mente creando un ricordo incancellabile. Poi, su un lembo di terra, vidi una donna seduta in eterna contemplazione di un albero il cui tronco svettava sublime al di fuori della superficie del lago. Ero talmente estasiato dall’analizzare quell’immagine dal non essermi reso conto di essermi avvicinato ed accovacciato accanto a lei, come se stessi fotografando quella scena, ma senza alcuna macchina fotografica tra le mani. Quella donna trasudava magia da ogni poro e non mi ci volle molto nel capire che anche lei fosse una maga.

“Gli occhi sono fatti per guardare, non ne abbia vergogna.”

Mi disse senza scomporsi, seduta com’era a gambe incrociate, gli occhi sempre diritti innanzi. Il suo accento giapponese emergeva tra le parole pronunciate in inglese insieme ad una gentilezza sovrumana che in alcun modo mi fece sentire in imbarazzo. Sorrisi.

“E lei cosa sta guardando?”

Domandai divorato dalla curiosità.

“Osservo il passato, il presente e il futuro scritto tra i Sakura*…”

Tre petali di ciliegio volarono a lei come se li avesse richiamati con la sua bacchetta, li prese tra le mani e li osservò minuziosamente ad uno ad uno come se fossero stati dei tomi di biblioteca dimenticati dal tempo ma ricchi di importanti scoperte.

“Un uomo alla scoperta di sé attraverso le arti divinatorie stesse. Omoshiroi ne.”

Come potesse saperlo non mi stupì affatto. Io stesso ero parte di un mondo fatto di spirito e irrazionalità. Non ci volle molto perché io e quella donna finissimo davanti ad una tazza fumante di matcha* raccontando ciascuno la propria storia. Lei, Ayumi, era una fedele che da tempo si occupava di particolari arti divinatorie ormai cadute nell’oblio. I monaci vedevano in lei un bodhisattva* poiché grazie alle mantiche era stata in grado di guidare molti fedeli, ed anche turisti, ad intraprendere la strada della consapevolezza e dell’accettazione di sé. In quelle poche ore che passammo insieme, e che a me sembrarono una vita condensata in veloci attimi fugaci, mi illustrò senza remore le sue specialità con l’unica condizione che io le parlassi delle mie. Affare fatto. Nel poco tempo che avevamo a disposizione, la mia mente assorbì avida ogni piccolo dettaglio sulla Dendromanzia e sulla Papiromanzia, l’una l’arte di leggere e guardare foglie ed alberi, l’altra di leggere e guardare i fogli di carta. Ma non finì lì, perché in pochi e veloci scatti di dita costruì un origami a forma di gru. Prese le mie mani, lo pose tra di esse e disse: “Stropiccialo”

Rimasi interdetto. Avevo sentito bene?


“Avanti, faccia pure Mr. Drake. Stropicci l’origami e lo riapra completamente… Le dirò dove può cercare la sua ambizione!”

***

“…Con questo suo continuo parlare cerca di nascondermi qualche sua insicurezza? Prima che risponda a questa domanda, vorrei porle anche un altro quesito. Lei mi parla della sua materia come una delle materie maggiormente non prese in considerazione dagli studenti. Avrebbe per caso qualche modo per renderla interessante ai loro occhi?”


Il ricordo del Giappone sfumò davanti ai miei stessi occhi, sgretolandosi in un pulviscolo che, una volta diradatosi, cancellò la visione lasciando il posto agli aguzzi scalini dell’ufficio di Lucille Darmont. Le mie dita stringevano leggere la carta. Non mi ero reso conto di aver viaggiato nel tempo della memoria, preso dalla costruzione di quella che doveva essere una gru. Fui sorpreso, però, nel constatare che non avevo centrato l’obbiettivo finale. Che fosse anche quello un segno? Una sincronicità?

Tornando alla realtà, la domanda di Lucille risuonò nella mia mente in un riverbero latente. Che avessi saltato una parte di discorso? Perché improvvisamente chiedeva delle mie insicurezze? Pensai che, effettivamente, Lucille doveva nascondere un animo molto più dolce e comprensivo di quello che mi aspettavo. Era chiaro che con quella domanda volesse approfondire lati più personali di me, lati in cui difficilmente una persona poco empatica avrebbe voluto addentrarsi. E quindi la segretaria era davvero un piccolo dolce bignè glassato al cioccolato, un profiterole dalla scorza amara e fondente il cui ripieno non è che pastosa crema, mantecata come burro fuso.


“Mrs. Darmont, la ringrazio per il suo accorato interessamento. È davvero una donna molto dolce! Non mi stupisce affatto che Mr. Rickford le corra dietro così…”

Dissi con estrema genuinità.

“Sa, io amo parlare! Soprattutto di ciò che più cattura il mio interesse. Nel caso della divinazione, ad esempio, tendo ad estraniarmi così tanto nel parlare da perdere il filo del discorso… è come se non riuscissi mai a finire di dire tutto quello che vorrei. Pensi che mio padre, quando ero piccolo, diceva fossi una macchinetta. Si riferiva a quei giochini babbani, non so se ha presente, delle micro riproduzioni di macchine che, se azionate e posate per terra, corrono via alla velocità della luce. Ecco. Credo sia stata da sempre una mia caratteristica…”

Ridacchiai al pensiero di mio padre che, dopo ore di discorsi ed elucubrazioni, non smetteva mai di essere paziente né di ascoltare interessato ogni mio pensiero, per quanto infantile o maturo potesse risultare. Mia madre, invece, faceva lo slalom nei corridoi di casa, soprattutto quando aveva da scrivere qualche suo romanzo. Mi son sempre chiesto il perché. Mi evitava?

“Però ho anche molte insicurezze, certo. Il parlare molto non figura tra queste. Mi faccia pensare… beh sì, nutro insicurezza, ad esempio, nel non riuscire ad avere abbastanza tempo o memoria per apprendere tutto ciò che c’è da apprendere in questo mondo oppure, come questa mattina prima di venire qui, di non riuscire a vestirmi in modo… Pazzesco! Sa, ciò che indossiamo è il nostro biglietto da visita e dice molto della nostra personalità.”

Gesticolai e feci dei cenni con la testa, col fare sicuro di chi sa di cosa sta parlando, per poi allargare le braccia e posare lo sguardo sul mio fantastico outfit di piume di struzzo rosso abbinato all’eleganza del classico maglione al di sotto. Un perfetto connubio tra una scoppiettante estetica moderna ed una pacata classicità mai datata. Non poteva definirmi meglio di così.

Distesi nuovamente le labbra in un sorriso e tirai un sospiro compiaciuto, presupponendo che la segretaria non potesse che apprezzare il mio gusto estetico.


“Se poi volesse approfondire e, chissà, parlarmi anche lei delle sue insicurezze… per me sarebbe un onore Mrs. Darmont! Immagino che in questa sede però debba fare il suo lavoro di segretaria esaminatrice… Quindi qualora le andasse, potremmo fare tutto in separata sede. Davanti ad una tazza di tè che, giuro, non le leggerò a meno che non lo chieda lei stessa. Nel frattempo la ringrazio per la domanda e penso che questo stia meglio nel suo ufficio che sul comodino di casa mia…”

Tesi la mano sulla scrivania poggiando l’origami che avevo creato mentre mi perdevo tra i miei stessi discorsi e le visioni del Giappone. Che fosse stata o meno una gru, l’avrei comunque lasciata a quella dolce segretaria che stava dedicando il suo prezioso tempo al mio possibilmente grosso grasso strano colloquio. Ponderai sul chissà come fosse stato possibile finire le pieghe non su delle ali, ma proprio su degli… scalini. Il potere della meditazione contemplativa è molto forte e ci porta a risultati inaspettati. Lo avevo letto in qualche libro di Dorodisky.

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“Tornando invece alla sua seconda domanda… Beh, avrei molte idee per catturare l’interesse degli studenti. E non solo. Mi piacerebbe molto coinvolgere anche il corpo docenti, con delle lezioni congiunte. In fondo le arti divinatorie ben si sposano con altre materie che si affrontano durante un percorso qui ad Hogwarts: Incantesimi, Difesa contro le Arti Oscure, Erbologia, Astronomia… solo per nominarne alcune. Come le dicevo, vorrei portare una nuova prospettiva. Vede, io credo siano finiti ormai i tempi delle megere che vedono il gramo sul fondo delle tazze, ormai siamo nell’era della consapevolezza! Perciò un punto dal quale inizierei, qualora mi venisse permesso, sarebbe togliere la polvere dal programma, mi consenta, un po’ datato e dare una bella rimodernata. Per dirne una, sarebbe interessante parlare non solo di Freud ma anche di Jung e delle sue sincronicità, in fondo non c’è psicologo che più di lui abbia affrontato i temi del sovrannaturale e della magia, tra spiritualità e scienza. Poi gradirei approfondire quelle mantiche che, spesso, vengono erroneamente accostate a pratiche oscure, come la Necromanzia. Questa, difatti, non è che una mantica come un’altra, semplicemente ha a che fare con qualcosa che la maggior parte di noi conosce ben poco e, come sappiamo, la gente tende a temere ciò che non conosce più di ciò che conosce. È un peccato, però, se questo porta ad una censura di una pratica che, come ogni altra, può essere utilizzata tanto a scopo di bene quanto di male. Penso possa concordare con me nel pensare che la magia, in fondo, non sia fatta di colori, non c’è bianco e non c’è nero, esistono solo le intenzioni di chi la pratica. La magia è nel cuore, non nel colore che le si affibbia. Un diffindo può essere castato per graffiare, così come per aprire una busta da lettera. Allo stesso modo pratiche come la Necromanzia possono offrire messaggi e protezione al pari di risvolti meno piacevoli… Perciò, quale cosa migliore se non portare l’argomento in classe esponendone rischi e benefici. Questa, come altre arti divinatorie, necessita di una preparazione non indifferente e, mi creda, anche un mago oscuro se non centrato nel suo corpo e nel suo spirito, finirebbe solo per fare danni a sé stesso e agli altri se la utilizzasse. Riprende un po’ il discorso che le facevo poc’anzi sullo scrying. Oltre a questo la mia mente pullula di idee… Punterei molto sull’interattività delle mie classi, il dotare gli studenti di una pratica tangibile e non solo teorica, magari svolgendo anche lezioni all’aperto dove la natura non può che offrire un campo ricco di spunti per la divinazione. Vorrei trasmettere allo studente la consapevolezza che la divinazione non è solo uno strumento per leggere il futuro, ma anche per riscoprire il passato e approfondire il proprio presente. È una pratica che, se sfruttata nel modo giusto, può permettere di conoscerci meglio, di tuffarsi nel sé più profondo per raggiungere una stabilità. In questo senso, pensi all’importanza di una domanda in un consulto. Perché chiedere se si otterrà o meno un determinato obbiettivo, quando si potrebbe invece chiedere come ottenerlo o cosa abbiamo in nostro potere per raggiungerlo?! Ecco… vorrei fare luce su questo e molti altri aspetti di cui si tiene poco conto in questa affascinante materia…”

Ancora una volta le parole tracimarono dalle mie labbra come un fiume in piena, smettendo ormai di chiedermi cosa potesse pensare la segretaria. Parlavo e parlavo e avrei continuato a parlare, talvolta dimenticando che fosse la mia tattica o che fosse una strategia perché, in fondo, stavo parlando di ciò che amavo di più nella vita.

Per un attimo avvertii lo sguardo di quegli scalini che io stesso avevo plasmato. L’origami a forma di scala si sposava davvero bene con ogni dettaglio presente in quel singolare ufficio.


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*Yuugen: è un concetto filosofico che influenza molte delle arti del Giappone. Consiste nel senso di profondo mistero che ci pervade nell’osservare un oggetto, un evento, uno scenario attraverso la sua bellezza. Una bellezza che non esiste nel suo senso letterale, non è visibile in modo diretto. Se ne fa esperienza attraverso l’incertezza di cosa quella stessa bellezza possa celare, come nell’ammirare un cielo ammantato di nuvole e domandarsi cosa possano nascondere oltre.
*Sakura: fiore di ciliegio
*Matcha: tè verde giapponese, utilizzato nella cerimonia del tè.
*Bodhisattva: essere che rinuncia al nirvana per condurre una vita dedita all’altruismo.
*Omoshiroi: interessante.


Edited by Dhevan - 6/2/2021, 19:04
 
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view post Posted on 10/2/2021, 20:43
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Lucille osservava l’uomo come un lupo osserva la preda che vuole sbranare.
Silenziosa, guardava quell’essere dai lineamenti gentili dal basso verso l'alto, come a volerne studiare il gozzo, il punto maggiormente letale per quell’essere.
Gli occhietti, piccoli e lucidi, velocemente ne assaporavano la pelle, le emozioni, le smorfie, vogliosi di colpire nell’intimo così da scoprire chi si parasse davanti a lei.
Rimase in silenzio.
Sapeva che in quei frangenti l’uomo stava pensando, ma a cosa? Che passava per quella testa piena di ricci?
Il volto non fece trapelare alcuna espressione all’affermazione su Arthur. Sapeva bene che aveva lanciato il sasso, di certo non si poteva aspettare l’assoluto silenzio da parte dell’uomo, specialmente ora che gli aveva domandato se fosse insicuro.

Della prima parte del discorso che aveva enunciato l’uomo di poche cose era convinta.
Lei era assolutamente certa che le parole dovessero essere dosate, sempre. Erano un dono, qualcosa di speciale e il ridurle all’osso permetteva di essere maggiormente incisivi, specialmente in un dialogo come quello.
Oltretutto, non condivideva l’essere poco sicuri nel gestire il tempo, così da poter apprendere tutto. Era certa che quella voglia di conoscenza poteva essere parzialmente appagata, ma mai completamente soddisfatta, quindi tanto valeva non crucciarsi troppo su di essa.
Certo però era che condivideva il ragionamento per cui il vestirsi rappresentava un po’ la propria personalità; infatti fin da piccola, aveva studiato le scarpe di chi si avvicinava a lei, notando delle somiglianze tra i modelli di calzature e le personalità dei padroni delle stesse.
Sentendo la nuova stilettata arrivare a lei, prendendo il dono lasciato dal suo interlocutore disse:

- Sa, non credo sia il momento di parlare delle mie insicurezze, specialmente ora che la sto esaminando.
Tuttavia potrei darle una chance nei prossimi mesi, nel caso in cui venisse assunto.-


Una nota dolce nella sua voce si fece avanti, come se risultasse soddisfatta da quanto avesse appena detto.
Per un occhio disattento quello poteva risultare un comportamento assolutamente scorretto, un vero e proprio abuso di potere ma nella realtà dei fatti era tutt’altro; lei era soddisfatta perché sapeva che con quell’affermazione avrebbe potuto mettere nuovamente alle corde il suo interlocutore.

Sentendo l’uomo parlare delle infinite possibilità di rendere appetibile quella materia, un po’ si rilassò.
Francis sembrava avere del sale in zucca, quella dote di cui tutti spesso straparlavano e che in pochi sembravano avere.
Era certo che avesse toccato dei punti salienti, dei piccoli dettagli rilevanti, come la multidisciplinarietà, la Necromanzia e il pensiero di Jung.
Quell’uomo non era uno sprovveduto, tutt’altro. Si era studiato il programma scolastico e ne aveva tirato fuori le sue criticità.
Sorridendo, osservando il pensiero di carta che gli era stato offerto, disse:

-Le scale sono fantastiche, non trova?
Sono un’elegante incontro di materiali, che necessità di un equilibrio perfetto per sussistere.
Uno scalino troppo grande, uno troppo piccolo o l’assenza di uno di questi, renderebbe tutta la struttura instabile, priva di senso.
Con questo voglio dire che le sue parole sono meravigliose, delle idee oserei dire interessanti, ma sono tutte legate tra di loro.
L’assenza di una parte di quanto ha detto potrebbe rendere il tutto inutile, parzialmente completo.-


Poggiando nuovamente l’origami sul tavolo, proseguì:

-Indubbiamente il pensiero di Jung si lega bene all’Astronomia, come quello della Necromanzia a Difesa contro le arti oscure, ma se volessimo andare ancor di più fuori dagli schemi e pensare a dei collegamenti tra Divinazione … Incantesimi e… Pozioni... cosa potremmo inventarci?-

Un sorriso divertito apparve nuovamente sul volto della segretaria.
L’obiettivo era metterlo alla prova, studiarne i limiti e le capacità di pensiero. Ci stavano quasi, doveva solamente resistere e controbattere affrontando quelli che agli occhi di molti potevano risultare ostacoli.


 
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view post Posted on 11/2/2021, 16:57
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Francis Dhevan Drake
Corvonero - Mago Adulto - Hogwarts

Narrato / "Parlato" / *Pensato*

Non appena terminai di parlare mi venne in mente che avrei dovuto ricercare un nuovo libro da odorare. Oltre che leggere ovviamente. L’ultimo sapeva di pure cellulosa ma aveva pure un leggero sentore di incenso, probabilmente dovuto al fatto di esser stato riposto a lungo in una cesta dove alcuni coni, stecchi e resine - depredati nei viaggi - riposavano in attesa della loro accensione. Dopo il colloquio avrei di certo fatto un giro a Diagon Alley per ricercare il nuovo libro prescelto, il libro che oltre ad accompagnarmi attraverso la sua storia romanzata, mi avrebbe anche accompagnato nel mondo dei sogni col suo peculiare profumo. Spesso, in base ai periodi, mi permettevo di cospargere i miei libri di un profumo distintivo, naturale, magari ponendoci delle foglie di salvia o di lavanda. La lavanda era davvero perfetta per conciliare il sonno, ma al mattino mi lasciava sempre degli strascichi di inebetita sonnolenza. Anche nella storia del Giappone era pratica comune donare un profumo a carte o lettere, l’odore veniva scelto - insieme a delle decorazioni - in base alla stagione. Spesso nelle corti di periodo Heian i cortigiani si dilettavano perfino in giochi nei quali, a turno, si tentava la sorte indovinando a cosa appartenesse l’odore di suddette carte. Chissà cosa si vinceva. Avrei dovuto approfondire. Forse un libro sui costumi e le abitudini legati ai profumi in Oriente avrebbe potuto fare al caso mio.

Fu questo il pensiero che elaborai nel silenzioso tempo che intercorse tra le mie ultime parole e le successive di Lucille Darmont, la segretaria che in quel momento teneva stretto tra le mani il filo del mio destino. Lo avrebbe reciso o avrebbe continuato a filarlo?

Difficile a dirsi, sulla base di quanto stesse accadendo. Tuttavia, era chiaro che la donna mi stesse studiando con fare attento e minuzioso. I suoi piccoli occhi penetravano come spilli sempre più appuntiti nel mio corpo e nella mia anima, come delle invisibili mani pronte ad eviscerare ogni piccolo dettaglio potesse risultare utile e, così, discernere se assumermi o meno. A volte pareva quasi in attesa di un passo falso che potesse farla ricredere. Non avevo dubbi o incertezze rispetto quanto avessi enunciato fino ad allora. Poi, che fosse stata d’accordo o meno sulle mie opinioni o modi di esprimermi sarebbe stato un altro paio di maniche. Avere la stessa visione delle cose non era poi così funzionale ad un possibile diniego della posizione che richiedevo. Ero lì per dimostrare la mia preparazione in fondo, e non mi sembrava di mancare nel farlo.


”Sa, non credo sia il momento di parlare delle mie insicurezze, specialmente ora che la sto esaminando. Tuttavia potrei darle una chance nei prossimi mesi, nel caso in cui venisse assunto.”

Lucille Darmont espresse in poche parole quanto io stesso le avevo detto poc’anzi. Non arrivarono a me con grande sorpresa, per cui mi limitai ad inarcare un lato delle labbra in un sorriso, facendo un cenno d’assenso con il capo. L’avrei invitata volentieri nel mio futuro ufficio e, per quanto potesse riguardarmi, sapevo di meritarmelo. Potevano esistere candidati migliori di me, chiaro, ma nessuno sarebbe stato pazzesco come il sottoscritto. In quel frangente non potevo che immaginarmi già docente tra gli studenti, docente nella vita, docente nel mio ufficio a correggere pile di compiti. Riflettei. Se all’inizio di quel colloquio nutrivo ancora dei dubbi su come sarebbe stato, ora sentivo soltanto che tutto quel parlare ed esprimermi mi aveva portato ad una consapevolezza profonda del fatto di meritare appieno ciò per cui mi ero presentato. Sapevo sarei stato un buon professore.

Lo sguardo pungente della donna parve rilassarsi per un attimo quando lo posò sull’origami a forma di scala che le avevo donato. Fui colpito dal modo in cui proferì parlando delle scale, un elemento che sembrava intrecciarsi a lei come i tarocchi s’intrecciavano a me. Mi portò a immaginare le avventure o le esperienze che avesse potuto vivere per far sì che proprio delle scale diventassero il suo culto, il suo simbolo, magari la sua sincronicità.

Posò l’origami sulla scrivania.


”Indubbiamente il pensiero di Jung si lega bene all’astronomia, come quello della Negromanzia a Difesa contro le arti oscure, ma se volessimo andare ancor di più fuori dagli schemi e pensare a dei collegamenti tra Divinazione… Incantesimi e… Pozioni… cosa potremmo inventarci?”

Decisi di partire da un'affermazione sul discorso relativo alle scale, ritenendo opportuno mostrare il mio interesse verso la particolare passione della segretaria.

“Anche a me piacciono molto le scale, Mrs. Darmont. Tra le mie preferite ci sono quelle di tronco naturale e quelle di pietra appena ricoperta di muschio. Negli interni, invece, preferisco quelle a chiocciola, trovo affascinante il loro elevarsi in spirali verso il piano superiore cui si collegano. Sa, le scale sono molto rappresentate anche nei tarocchi ed hanno grande rilevanza nell’interpretazione della carta in cui si trovano. Per esempio nell’arcano maggiore dell’Imperatore, possiamo vedere chiaramente come il trono su cui siede sia elevato rispetto al terreno su cui poggia. Non è propriamente una scala, ma è un gradino importante. Un gradino che indica la capacità dell’Imperatore di elevarsi al di sopra delle trivialità e guardare l’immagine in grande per poter regnare con disciplina sul suo regno. Anche il Re e la Regina di bastoni sono sopraelevati attraverso un gradino, anche se nel loro caso è un elevazione tanto sul piano pratico che quello dello spirito. Il Re di Coppe invece è posto su una piattaforma galleggiante, uno dei suoi piedi sporge dal gradino che lo separa dal mare indicando la sua stabilità e maturità nel controllo delle emozioni. A volte, però, le scale possono assumere anche un significato di tradimento ed inganno, vi si può salire, vi si può scendere… Ma qualcuno potrebbe anche darci una sgambettata per farci rotolare giù… Questo è il caso del 7 di spade, che in alcuni mazzi viene rappresentato appunto con una scala ad indicare possibili inganni o tradimenti oppure nel 9 di bastoni in cui la scala rappresenta le difficoltà del consultante… Ma non la tedierò oltre con i significati dei tarocchi…”

Pausai.

”Mi faccia pensare…”

Finsi teatralmente di pensarci su - alla sfilza di domande poste - come se per una volta non avessi qualcosa da dire. Poteva essere un buon modo per non risultare un arrogante saputello. Una pausa di pochi secondi, giusto per fare assaporare alla donna la sensazione di aver toccato un tasto dolente, di aver trovato una falla e avermi colto impreparato su qualcosa. Presi poi a parlare, sulle note di un incerto “beh” per poi riprendere con naturale disinvoltura frantumando una possibile soddisfazione che - in qualche modo - quella donna potesse nutrire nel vedermi arrancare. Non pensavo realmente che volesse questo, però. Ero certo che le sue domande fossero legittime ed atte a valutare chi si trovasse innanzi a lei. La docenza era un ruolo importante ed era un bene che non a tutti venisse consentito di interagire con le menti facilmente plasmabili di giovani studenti.

“Nel caso degli incantesimi, ne abbiamo un paio tra quelli canonici che ci danno un’indicazione del loro collegamento alle arti divinatorie. Da un lato abbiamo l’incanto Posterum Velo Dirumpo che permette di catapultarsi attraverso una superficie d’acqua in un dato luogo nel futuro. È un incantesimo che richiede molta energia e può lasciare senza forze, personalmente preferirei una seduta di scrying all’utilizzo di questo particolare incantesimo, forse più indicato per chi non ha dimestichezza con gli strumenti divinatori. Dall’altro abbiamo Istante Specus Vedo, anch’esso incanto di difficile esecuzione, il quale aiuta ad osservare cosa sta accadendo in un preciso luogo se si punta la bacchetta su di uno specchio. Ma esistono numerosi altri collegamenti tra gli incantesimi e la divinazione: alcune scuole di magia come Uagadou in Africa utilizzano delle particolari posizioni delle mani per permettere di acuire i sensi della vista ed anche in India esistono incantesimi simili da eseguire senza l’ausilio della bacchetta. Prendono il nome di mudra. Anche le mudra sono gesti delle mani e possono avere varie funzioni. Nell’ambito divinatorio possono essere utilizzate per placare o svuotare la mente per prepararla a determinati tipi di visioni o pratiche specifiche. Ad esempio la yoni mudra, che si esegue unendo le punte dei pollici all’insù verso il mento e quelle degli indici giù verso i piedi con le altre dita ripiegate che si toccano internamente, può aiutare ad ottenere la calma in stati di ansia, riducendo lo stress e placando una mente annebbiata. A livello simbolico rappresenta l’utero, la forza creatrice. L’unione tra le polarità di maschile e femminile…”

Mi fermai giusto il tempo per posizionare le mani nella mudra, per mostrarla a Lucille.

smQAtUR

Poi tolsi l’intreccio, riprendendo il discorso.

“Invece… Per quanto riguarda Divinazioni e Pozioni potremmo davvero entrare in un campo sconfinato. Sono due branche che si sono spesso abbracciate ed intersecate. Sono in molte le persone che, pur non possedendo il dono della Vista, vogliono avere un assaggio di quello che può essere il futuro o fuggire ai reami della realtà per raggiungere un’ispirazione o un segno attraverso stati alterati della mente. Ma non solo, nelle varie culture si è spesso fatto ricorso a pozioni per entrare in contatto con mondi altri come nel caso dei sacerdoti africani che preparano miscele a base di datura fastuosa. Pongono il miscuglio in conchiglie e lo amministrano ai novizi che si accingono ad apprendere i più profondi misteri della vita. Dopo energiche danze, musiche di tamburi e rituali ben precisi, l’assunzione di questa pozione porta chi la beve ad udire le voci degli spiriti. Gli sciamani nativi americani, invece, utilizzano una miscela di piante nota come Ayahuasca sia a scopo di guarigione che per scopi divinatori. La preparazione originale prevede il solo utilizzo di quella che in lingua Quechua si chiama, appunto, ayawaska che ha il significato di ‘vite dell’anima’. Questa pozione viene assunta dallo sciamano e dona la capacità di eseguire diagnosi e trattamento di una data malattia. Ma viene usata anche a scopo cerimoniale per celebrare speciali eventi o, ancora, per raggiungere stati alterati della mente al fine di apprendere le realtà infinite che si celano nell’universo. Tornando, invece, in contesto europeo ci sono molte pozioni che vengono utilizzate per raggiungere questi stati alterati della mente e spesso richiedono l’utilizzo di piante estremamente velenose per il nostro corpo e che, se dosate male, possono portare anche alla morte. Come nel caso della Belladonna. Onestamente, continuo a preferire l’uso del proprio corpo e del proprio spirito per attivare la vista o per utilizzare gli strumenti divinatori… Anche se, una volta nella vita, queste pozioni potrebbero essere un’esperienza singolare per avvicinarsi alla griglia interpretativa di culture altre. Nei contesti appropriati, chiaramente. Parlarne a lezione sarebbe interessante a livello teorico ma... penso potremmo evitare il possibile contrabbando di queste miscele tra gli studenti, non crede?”

Pronunciai quell’ultima domanda alzando un sopracciglio e lanciandomi in una risata. Certo, avrei provato volentieri qualcuna di quelle pozioni a scopo meramente accademico, per una ricerca empirica. Ma mi chiesi quanto potesse essere appropriato portare quelle conoscenze tra gli studenti. Poi presi a guardarmi le mani, come a ripassare mentalmente qualche altra mudra, qualora Lucille ne avesse chieste delle altre come esempio.


{ Solo la follia può prolungare la giovinezza e tenere lontana la vecchiaia. }


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view post Posted on 17/2/2021, 20:09
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Il Fato

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Assaporò il silenzio.
Godette di quegli istanti di quiete, che erano utili a lei per pianificare la nuova mossa ed a Francis per elaborare qualcosa di nuovo, maggiormente attrattivo.
Passata quella fase, la donna, rimase ad ascoltare il giovane, rimanendone piacevolmente colpita.
Era una persona colta, che conosceva quello di cui stavano parlando, ma anche creativa, che riusciva a muoversi con tranquillità tra i tranelli da lei posti.
Sorridendo - questa volta spontaneamente - disse:

- Il suo pensiero è corretto. Dobbiamo dosare le nostre conoscenze con questi alunni, centellinarle e donarle quando hanno la maturità per possederle.
Solo in questo modo possiamo evitare le grandi sparizioni di scorte di ingredienti magici.-


Puntellando le punte delle mani alle tempie, come se queste fossero dei picchetti per una tenda da campeggio, alzò lo sguardo per osservare il giovane.
Era la persona giusta? Era ciò che faceva al caso di quella Scuola così blasonata?
Le narici incameravano aria con energia, così da donare all’organo cerebrale la possibilità di formulare qualche nuovo quesito, qualche ostacolo in grado di mettere i bastoni tra le ruote del personaggio dinanzi a lei.

-Sa, io continuo a domandarmi costantemente se questo suo essere così gentile sia in grado di farsi rispettare dagli studenti. I giovani sono spesso smaniosi di attenzioni, di apparire, di sembrare al di sopra di tutti, anche del docente stesso; avrebbe un modo per gestirli e imporre la sua autorità? -

Senza aggiungere altro, consapevole di aver inviato indirettamente una nuova stilettata all’avversario, aggiunse.

-Immagino che abbia un’arte divinatoria che predilige alle altre. Me ne può parlare? -

Concluse.
La domanda era stata indirizzata con particolare precisione.
Era consapevole delle capacità dell’uomo, delle sue conoscenze, ma non dei suoi gusti e pratiche.
Doveva informarsi anche di quelli.


 
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