Sogni d'oro, Privata

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view post Posted on 21/2/2021, 18:37
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You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

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Alice Wagner
Era stata una settimana di scherzi, di quelli architettati per filo e per segno, dove si vanno ad elaborare i piani e le strategie più furbe per far finire il diretto interessato in tranelli e trappole appositamente studiati per la situazione. L'aria di carnevale si faceva sentire, insieme purtroppo a quella irritante scia di cuoricini e sospiri innamorati. L'assurdità che vedeva ospiti due feste così diverse proprio nello stesso giorno; San Valentino e la domenica di Carnevale. Alice ovviamente, da grande dispettosa qual era aveva finito per sposare la filosofia del carnevale, da un paio di giorni a quella parte non aveva dato tregua a nessuna delle sue compagne di stanza, povere vittime delle sue burle. Di scherzi gliene erano anche tornati indietro e anche più pesantemente di quanto si aspettasse. Aveva finito per mangiare vermi vivi infilati nel suo panino, i capelli le si erano colorati di blu e sulla faccia le erano spuntati una quantità enorme di brufoli; ma questi erano solo alcuni se si escludevano tutte le volte che Pif l'aveva fatta finire in punizione. Insomma ne aveva combinate di tutti i colori e solo oggi sembrava essersi ripresa dagli effetti disastrosi delle beffe altrui. Era mattina presto e la giovane Grifondoro si era alzata con lo scopo di aver abbastanza tempo per poter elaborare il suo ultimo scherzo, poco poteva sapere che presto la vittima di una burla sarebbe stata proprio lei. Si era infilata la divisa e pettinata i capelli rossi un po' alla rinfusa, le erano cresciuti così tanto da arrivarle fino a metà schiena, stava seriamente pensando di doverci dare proprio un taglio. Il viso era al solito caratterizzato dalla sua espressione allegra e spensierata, grossi occhi verdognoli sempre curiosi sbucavano al di sopra di una montagna di lentiggini. Alice si accasciò quasi sul tavolo della sala comune, ancora assonnata. Tutto quel pianificare non le dava modo di dormire abbastanza, inoltre doveva tenere il passo con le lezioni ora che era al secondo anno. Le cose sembravano essersi fatte ancora più difficili. Decise di ordinare un caffè piuttosto forte, nel quale affondare mezzo litro di latte, così per tentare di riprendersi. La lezione mattutina iniziava con Peverell e Storia della Magia, motivo per il quale doveva almeno provare a svegliarsi per non finire addormentata di nuovo sui libri e di conseguenza in punizione. Il caffè arrivò con una velocità disarmante, ma Alice non si fece troppe domande, decise di mandar giù quella bevanda calda al più presto e potersi beare dei suoi effetti energetici. Non sospettava minimamente di ritrovarsi ancora una volta sotto il tiro di Pif e delle sue goliardate. Nel suo caffè mattutino infatti, il maledetto Poltergeist aveva disciolto una pozione che le avrebbe dato un bel po' da sognare. Almeno per una buona oretta. Poco ne sapeva l'inconsapevole Grifondoro che ora, con ancora il bibitone tra le mani, si dirigeva lentamente verso le scale e quindi verso la sala di storia della magia.
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view post Posted on 1/3/2021, 18:45
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Draven Enrik Shaw
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Sarebbe stata una giornata come qualsiasi altra se i cuoricini volanti sparsi per ognuno dei corridoi della scuola non gli avessero ricordato in che periodo dell’anno si trovasse, rendendolo più nervoso di quanto non fosse già normalmente. Tutto quell’impegno in una magia così fastidiosa, per una festa stupida e consumistica, come se l’aria carnevalesca non fosse di per sé sufficiente a rendere gli studenti isterici. Nonostante fosse ormai al terzo anno, non si poteva dire che Draven si fosse abituato a tutte le tradizioni della scuola; odiando il Carnevale, la quintessenza degli scherzi, semplicemente cercava di non attirare l’attenzione di nessuno. Nonostante ciò, comunque, era già finito vittima di un paio di caccabombe nascoste vicino all’entrata nei sotterranei della Sala Comune dei Serpeverde. Nemmeno a dirlo, non gli serviva alcun tipo di conferma, era sicuro che certi scherzi futili fossero opera dei Grifondoro. Poi, c’era quel maledetto Poltergeist a cui dover prestare attenzione, perché con lui i trucchetti del ‘cerchiamo di passare inosservati’ non funzionavano: più uno studente era taciturno e introverso, più si divertiva a inseguirlo e tormentarlo. In poche parole… Draven era la vittima perfetta.
Dribblando cuori volanti, coriandoli incantati e chissà cos’altro su cui non aveva soffermato la propria attenzione, Draven si era diretto spedito verso la Sala Grande per fare colazione. Si era seduto al suo posto preferito - sotto l’enorme vetrata alle spalle della tavolata Serpeverde - e, rispondendo a monosillabi ai suoi compagni di corso, aveva iniziato a mangiare la sua consueta tazza di cereali. Forse nel succo di zucca, nel caffè o proprio nel latte che versò sui cereali, Pif aveva lasciato colare qualcosa. Draven, inconsapevole, aveva continuato a fare colazione. Come se nulla fosse, forse ancora troppo addormentato per prestare attenzione a quel maledetto Poltergeist, finì il succo di zucca e il caffè, prese addirittura una seconda tazza di cereali e, solo a quel punto, si diresse per raggiungere l’aula di Pozioni. Era un bene che non avesse quasi mai Storia della Magia alla prima ora, visto che ci metteva sempre un po’ a svegliarsi e ci teneva troppo a quella materia per lasciare che la propria pigrizia gli impedisse di seguirla con la dovuta attenzione, ma gli piaceva anche Pozioni e non gli era mai capitato di avere problemi di attenzione… Verso la seconda metà della lezione, iniziò a sentirsi strano, frastornato. Forse gli stava venendo la febbre? Con non poca fatica, quando finalmente finì la lezione, pensò addirittura all’ipotesi di prendersi il resto della giornata e tornare ai dormitori per riposare, o fare prima un salto in infermeria, ma conoscendosi, il pensiero sparì veloce così come era arrivato: non avrebbe mai permesso a niente o nessuno di fargli mancare una lezione di Storia della Magia, ci teneva troppo. Così, prima di chiunque altro, si avviò verso l’aula di Storia della Magia. Le gambe camminavano a fatica e pensò che se si fosse affrettato a rimettersi subito seduto, con un po’ di fortuna, si sarebbe sentito meno male… Peccato che, qualsiasi cosa gli avesse versato Pif nella colazione, aveva iniziato a fare effetto. A pochi passi dall’aula di Storia della Magia, Draven si accasciò verso la rientranza di un muro e lì si addormentò.


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view post Posted on 7/3/2021, 20:24
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Alice Wagner
A pochi passi dall'aula di Storia della magia, Alice finì per accasciarsi a terra. Aveva troppo sonno. Non riusciva a stare in piedi. Prima di perdere lucidità però aveva avuto come una rivelazione, aveva capito che qualcuno doveva averle fatto uno scherzo ma ormai era troppo tardi per fare qualsiasi cosa. Gli occhi si fecero pesanti e tutto diventò buio per qualche secondo. Quando li riaprì si rese conto di avere un terribile mal di testa, come da post-sbornia pur non avendone mai presa una. Cosa cavolo poteva essere stato? Faticò a ritrovare la luce ma quando finalmente mise a fuoco la situazione si rese conto di non trovarsi più al terzo piano, né ad Hogwarts in generale. Dove diavolo era finita? Sembrava stare in un parco, c'erano alberi, verde sparso e un parco giochi non troppo lontano. Intorno a lei quella che doveva essere una grande città, sembrava tipo uno di quei posti negli Stati Uniti con i palazzoni alti e ampi stradoni<< Ma dove cavolo....sono finita?!>> si alzò in piedi e iniziò a massaggiarsi la testa, che stesse sognando? Eppure sembrava tutto così reale. Iniziò a guardarsi intorno e la prima cosa che la colpì fu l'assoluto silenzio. Nessun rumore di sottofondo che fosse un clacson, un vociare uno scorrazzare di macchine, assolutamente nulla. Indossava perfino dei vestiti diversi, non aveva più su la divisa ma dei semplici jeans con una maglietta a maniche corte ed una felpa. Fece qualche passo in avanti, giusto per avere un'idea più ampia dello scenario, si avvicinò al parco giochi e vide gente distesa a terra. Le prese immediatamente il panico. Gente a terra, magari ferita, doveva essere successo qualcosa. Doveva aiutarli immediatamente. Si diresse correndo verso il corpo steso a terra, quasi fino a perdere il fiato, quando un pensiero le attraversò la mente, si bloccò. Dove diamine era finita la sua bacchetta? Cercò tra le tasche del pantalone con una certa urgenza, poi in quelle della felpa, niente. Non c'era. Cosa poteva fare senza i suoi poteri, senza un cellulare? Forse nulla ma doveva almeno provarci. Una volta arrivate nelle prossimità del corpo si ritrovò di fronte ad una scena piuttosto raccapricciante, un uomo stava disteso a terra mentre due o tre altri lo stavano letteralmente mangiando. La cosa assurda era che i due che si stavano nutrendo dell'uomo non sembravano esseri umani, sembravano dei cavolo di zoombie << .....ECHT??!!!>> urlò la Grifondoro, ancora sconvolta per quella scena disgustosa che le si apriva sotto gli occhi. Degli zombie stavano divorando il corpo di qualcuno e lei era a due passi da loro. Ma come aveva fatto a ritrovarsi lì? Da quando esistevano gli zoombie? E perché quella sembrava esattamente una puntata di The Walking Dead? Gli urli ovviamente attirarono i due corpi senza vita, desiderosi di carne fresca da divorare e la povera Alice, senza nessun potere e nessuna arma tra le mani non aveva alcuna chance di vittoria. L'unica cosa era darsela a gambe e quindi prontamente prese a correre via, dirigendosi ora all'interno di quel parco gigante, senza nessunissima meta. Il fiatone iniziava a farsi sentire e dopo un po' decise di ripararsi dietro una schiera di alberi, mentre si accasciava ad uno di questi per riprendere fiato si graffiò lievemente il braccio e vide zampillare gocce di sangue. Ma allora non stava sognando, era reale, insomma stava sanguinando. << Das kann nicht sein.....das ist definitiv unmöglich.....>> che scherzo poteva essere mai quello?
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Disclaimer: Viene utilizzata da entrambi la pozione Sognisvegli Brevettati

 
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view post Posted on 16/6/2021, 14:38
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Draven Enrik Shaw
Studente, III° anno ‹ 14 anni ‹ Garzone da Magie Sinister

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Riaprire gli occhi sembrava un’impresa titanica. Rimase completamente immobile, a contemplare la pesantezza delle proprie palpebre non appena riprese coscienza di sé. Chissà che diamine gli era successo… Non gli era mai capitato di svenire per un malore. Qualsiasi cosa avesse, l’aveva presa sottogamba. L’orgoglio gli aveva impedito di andare in infermeria, ma se non fosse stato così stupido a quest’ora si troverebbe su un comodo letto a riposare e smaltire quell’improvvisa fiacchezza. Invece, era presumibilmente disteso su un terreno duro e scomodo, perché ne sentiva il freddo attraverso il tessuto della tunica scolastica.
Ancora a occhi chiusi, si sforzò quantomeno di sollevarsi e mettersi seduto. In quella posizione, le palpebre gli sembrarono meno pesanti e cominciò, gradualmente e lentamente, ad aprirle. La luce dei lampioni gli diede subito fastidio agli occhi e se li coprì con una mano… ma…
Lampioni? Non c’erano lampioni a Hogwarts.
Scostò la mano, ignorando il mal di testa e strizzando gli occhi per abituarsi gradualmente a quella luce. Davanti a lui si palesò un’ambientazione che non aveva niente a che fare con Hogwarts: si trovava sotto quello che aveva l’aspetto di una galleria. Davanti a entrambe le uscite, poteva scorgere solo alberi a vista d’occhio. Dove diamine era finito? Ma soprattutto, come c’era finito?
La sua mente complottista non potè fare a meno di pensare che qualche maledetto ragazzino gli avesse rifilato un qualche tipo di pozione soporifera per portarlo lì e fargli uno scherzo. O, peggio, per farlo materializzare direttamente in quel posto. Ma non ci si poteva materializzare all’interno delle mura di Hogwarts. Quindi, forse, era un sogno? Un’allucinazione? E se solo la sua mente fosse stata catapultata lì mentre il suo corpo si trovava ancora nella scuola e si muoveva come una marionetta seguendo i movimenti dei propri pensieri?
Ogni ipotesi sembrava plausibile quanto assurda. E, improvvisamente, la rabbia ebbe la meglio sul panico. Ovunque si trovasse e indipendentemente dal come o dal perché, doveva uscire da lì in fretta e andare a uccidere chiunque avesse avuto la brillante idea di prendersi gioco di lui.
Da dove iniziare, però? Destra o sinistra? Richiuse gli occhi e cominciò a girare su sé stesso, fermandosi dopo qualche secondo. Tanto aveva già mal di testa… poco più o poco meno non gli cambiava molto. E quello era l’unico modo per prendere una decisione su dove andare che gli era venuta in mente.
Dato che quella galleria non aveva nemmeno un mattone di diverso rispetto a tutto il resto, quando riaprì gli occhi non seppe dire dove quel giochino avesse deciso di farlo andare, ma s’incamminò. Andare da qualche parte era comunque meglio che restare fermi ad aspettare.
Solo camminando si rese conto di non avere più la divisa scolastica: indossava dei jeans e una felpa a zip sopra una t-shirt a maniche corte. Chiunque gli avesse giocato quel brutto scherzo, aveva pensato quantomeno alla scomodità della tunica. Con la sparizione della tunica, però, era sparita anche la bacchetta.
Si tirò su le maniche della felpa e proseguì, bofonchiando imprecazioni varie tra sé e sé.
Una volta superato l’ingresso della galleria, si ritrovò immerso in un parco. Aveva visto troppi film horror nella sua vita per essere così sciocco da entrare in un parco sconosciuto, poco illuminato, senza bacchetta o qualcosa con cui difendersi. L’unica cosa saggia da fare, era seguire il percorso tra gli alberi, dato che non c’erano strade limitrofe.


Ma perché proprio a me… - disse, borbottando, tra un’imprecazione e l’altra. E sbuffando, proseguì a camminare, con le mani nelle tasche dei jeans e lo sguardo attento a seguire qualsiasi movimento di quel posto così inquietante.
Così come nella galleria in cui si era risvegliato non sembrava esserci un inizio e una fine, di quel parco non riusciva a vederne l’uscita: erano solo alberi, dietro alberi, dietro ad altri alberi.


Ma che palle!esclamò, infastidito, mettendosi a sedere a terra, contro uno dei tanti tronchi che lo circondavano.
Bastò un attimo di disattenzione… Si portò le mani a sfregare il viso, spazientito, e in quel frangente si sentì afferrare una caviglia. Sgusciò via dalla presa con una velocità che sorprese anche sé stesso e, in un attimo, si ritrovò di nuovo in piedi. Puntò lo sguardo a terra, lì dove era stato toccato da qualcosa o qualcuno: era una persona, o per meglio dire, sembrava una persona… appena uscita dalla tomba in cui era rimasta per almeno cinquant’anni. C’era rimasto poco o niente delle carni e gli occhi erano così vitrei che bastava il semplice guardarli per un istante per avere brividi sulla schiena sufficienti per tutta la vita.
D’impulso, diede le spalle a quella cosa e cominciò a correre. Non era da lui reagire senza pensare, ma c’era poco da pensare se era stato appena catapultato in Resident Evil.
Corse talmente velocemente e senza badare a dove stesse andando, che non si accorse nemmeno della ragazza nascosta dietro uno di quei tanti alberi. E la prese in pieno, buttando entrambi a terra.
Sbattè la testa sul terreno, fortunatamente reso meno duro dall’erba alta, e gli ci volle qualche secondo per capire dove si trovasse e cosa gli stesse accadendo. Dato il dolore per la testata, intuì che fosse tutto reale e non seppe dirsi se fosse un bene o un male.


Scusa. Stai bene?esordì, rimettendosi in piedi e porgendo una mano verso la ragazza per aiutarla ad alzarsi. Schiuse le labbra per dirle altro, probabilmente che non l’aveva vista, che non si aspettava di trovare lì qualcun altro, che non aveva idea di cosa stesse succedendo e se lei, invece, ne sapesse qualcosa, ma davanti a loro vide avanzare quella che sembrava un’orda di zombie.

Corri!urlò alla ragazza, stringendole di forza una mano per spronarla a correre. Da qualche parte. Ovunque andava bene, purché si fossero allontanati da lì.

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Alice Wagner
Alice osservò per alcuni minuti la corteccia dell'albero a cui era appoggiata, non poteva crederci. Aveva appena visto uno zombie in carne ed ossa. Cioè più ossa che carne. Era tutto così reale, poteva sentire chiaramente il vento passarle attraverso i vestiti o la luce del sole premere sulla pelle chiara, inoltre riusciva ad afferrare gli oggetti e a camminare normalmente, non sembrava un sogno ma come se qualcuno l'avesse trasportata da qualche parte. Non era la prima volta per lei finire in un tipo di avventura del genere, ma l'ultima volta le dinamiche erano più chiare. Si portò una mano sul capo scompigliando la chioma rossa, pochi secondi prima era vicino all'aula di storia della magia, come era finita in un parco pieno di mangia cervelli? La cosa che le dispiaceva meno era il fatto che avrebbe perso la noiosissima lezione di Pev, al momento però aveva altro di cui occuparsi. Doveva pensare a come uscire da lì o almeno evitare di diventare la colazione di qualcuno. Il fatto che non avesse la bacchetta con sé non era confortante, doveva provare ad afferrare almeno un ramo, giusto per avere l'illusione di potersi difendere con qualcosa.

Mentre rifletteva rapidamente sul da farsi una botta improvvisa la spinse sul terreno. Non si rese immediatamente conto di cosa o chi fosse riuscita farla cadere per terra, ma l'idea che gli zombie fossero riusciti a trovarla le procurò un momento di panico. Per fortuna a causare lo scontro era stato un ragazzo decisamente troppo umano per sembrare uno zombie, Alice fu molto sorpresa di vederlo, pensava di essere l'unica in quel posto. Sgranó gli occhi sorpresa e allungò una mano afferrando la sua, si tirò su rapidamente << Ehi ma tu come hai fa--->> non riuscì a finire la frase però perché l'altro la trascinò via, spingendola a correre via da lì. Essendo di spalle Alice non aveva notato l'orda di zombie, ma nel mentre della corsa fece per girare il capo, dire che erano in una brutta situazione era dir poco. Anche se avessero corso non sarebbe stato facile scampargli. Dovevano trovare un posto dove nascondersi. Alice strinse la mano che li teneva ancora legati, per quanto la situazione fosse critica si sentiva lievemente sollevata di non essere completamente da sola. Dopo aver corso per una buona decina di minuti, adocchió quello che sembrava essere un edificio abbandonato, una specie di casale per metà diroccato. Fece un cenno al ragazzo, indicandoglielo. Forse se si fossero nascosti per abbastanza tempo da confonderli sulle loro tracce avrebbero potuto elaborare un piano decente.
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Draven Enrik Shaw
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Non capitava di certo tutti i giorni di poter assistere, men che meno prendere parte, a un’apocalisse zombie in piena regola. Insomma, è una di quelle situazioni di fantasia a cui nessuno crede davvero, ma per la quale un po’ tutti si preparano in caso di necessaria sopravvivenza. Draven, dal canto suo, aveva una gran cultura a riguardo, tra giochi e film. Una volta, durante una fiera, aveva avuto modo di sperimentare l’adrenalina scaturita da una situazione simile attraverso un videogioco in realtà aumentata… Era morto malissimo dopo cinque minuti. Aveva anche insistito parecchio per farsi rimborsare dato che, per quanto aumentata fosse quella realtà, gli aveva dato l’impressione di avere i paraocchi e una visione incompleta dello scenario. Chiaramente, la sua era stata solo una scusa per giustificare il suo essere stato un pessimo giocatore e non volerlo ammettere per orgoglio. Chiaramente, non era stato rimborsato. Era tornato a casa livido di rabbia, perché era uscito illeso in innumerevoli missioni nei videogiochi classici sugli zombie. Non si considerava un pivellino e le ore spese davanti alle consolle e alla tv non potevano essere state così inutili. L’unico pregio dell’essere per metà babbano era la tecnologia! Più conoscenza, più esperienza!
Eppure, essere spediti in mezzo a un’orda di zombie nella realtà non aveva niente a che fare con tutto ciò che aveva visto o a cui aveva giocato nel corso degli anni. La testata presa rovinando a terra gli aveva fatto capire che, sì, era tutto reale e ben più terrificante rispetto a qualsiasi forma di finzione. Improvvisamente, si era reso conto dell’odore pestilenziale che proveniva da quelle creature; quando aveva tirato a sé quella sconosciuta con tutta la forza di cui disponesse e aveva iniziato a correre a perdifiato, si era reso conto di quanta fatica stessero sostenendo le sue gambe e di quanto forte gli stesse battendo il cuore nel petto; correndo così, senza una meta precisa, poteva sentire la paura procurargli brividi ghiacciati lungo la schiena. Era tutto troppo vero. Non aveva idea del perché o del come si fosse ritrovato in una situazione simile ed era abbastanza sicuro che non avrebbe mai trovato un fucile carico per terra, nascosto nell’erba in attesa di essere afferrato dal malcapitato di turno, come succedeva nei videogiochi. Non aveva la bacchetta, presumibilmente non l’aveva nemmeno quella ragazza, e intorno a loro c’erano solo alberi, nessuna possibilità di afferrare un qualsiasi cosa che potesse fungere da arma. Un bastone o un ramo, per quanto resistenti, non sarebbero serviti a molto. Portarsi dietro qualsiasi peso inutile, li avrebbe rallentati e basta. Non potevano far altro che correre.
Incredibilmente lucido, nonostante il panico lo avesse assalito in un primo momento, riuscì a percepire la stretta della ragazza farsi più forte. Si voltò a guardarla per un istante, per assicurarsi che stesse bene, ma da un solo rapido sguardo non poté intuirlo. Immaginò, comunque, che come lui stesse pensando a un modo per uscire vivi da lì. O almeno, lo sperava. Non era per niente bravo a capire le persone e, per un istante, mentre la sua testa andava a duemila, quasi volesse competere con la frenesia delle proprie gambe, alla ricerca disperata non solo di un qualcosa da fare per evitare di essere seguiti e mangiati, ma anche di un piano d’azione vero e proprio, maledì il suo essere così tanto asociale. Come poteva combattere un’orda di zombie, quando non sapeva avere a che fare nemmeno con le persone normali?!
Se avesse avuto fiato da sprecare, probabilmente avrebbe sbuffato. Vista la sua situazione, però, si impose di risparmiare ossigeno e incanalare tutte le proprie energie solo a correre.
L’odore di quelle creature continuava a tormentargli le narici e non c’era bisogno di voltarsi a cercarli con lo sguardo per capire che fossero ancora troppo vicini.
Non avrebbero resistito ancora a lungo a correre, perlomeno lui. Non ce la faceva più, andava avanti per inerzia. E quando la ragazza gli indicò un edificio abbandonato, il primo vero edificio che aveva visto da quando era stato catapultato in quella giungla, si sentì invadere di speranza.
Se fossero entrati subito lì, però, gli zombie, o qualsiasi cosa fossero quegli esseri, li avrebbero raggiunti facilmente seguendo il loro odore. Quindi, nella speranza che almeno quella di intuizione potesse essere veritiera come nei videogiochi, si chinò a raccogliere della terra: fece perno sulla mano della ragazza per evitare di perdere equilibrio continuando a correre e raccolse terra e erba fino a farsi sanguinare le unghie. Tanto era il dolore al petto per la mancanza di fiato, che tutto il resto passava in secondo piano.


Sporcati ovunque. Dobbiamo provare a nascondere il nostro odore.le disse, passandole quella specie di melma erbosa che, sperava con tutto il suo cuore, servisse allo scopo. Per la prima volta da quando era iniziata quella corsa disperata, si trovò costretto a lasciar andare la mano della ragazza e un po’ di panico lo assalì; non la conosceva e, sinceramente, poco gli importava di cosa le sarebbe capitato, ma l’idea di non essere da solo in quel putiferio lo aveva rincuorato parecchio… Non voleva perdersela per strada.

Continua a correre, verso l’edificio.riuscì ad aggiungere, col fiato corto e ormai allo stremo delle forze, mentre prese a spalmarsi addosso quello schifo. Ci avrebbe fatto la figura dell’idiota se quell’idea non avesse allontanato gli zombie, facendoli confondere in mezzo agli odori della natura, ma era meglio che non fare nulla. Dovevano almeno provarci e raggiungere l’edificio per riprendere fiato e riordinare le idee.

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Alice Wagner
Alice era abituata a correre, lo faceva ogni mattina prima di scendere giù nella sala grande e divorarsi metà buffet. Quel tipo di corsa però era totalmente diversa da un semplice allenamento. Sebbene non fosse fisicamente stanca, psicologicamente era distrutta. Non riusciva ancora a pensarci, le sembrava ancora di star catalogando gli eventi che si erano succeduti e cercar di trovar loro un senso logico. Aveva le pulsazioni a mille e un senso di angoscia che le premeva sul petto. Il problema principale era sentirsi completamente inutile, non aveva idea di chi fosse il suo nemico, né come combatterlo.
Non era una fan dei film horror o zombie sebbene fosse di origine babbana, per cui non aveva idea di cosa usare per contrastarli. Mentre correvano notò l'espressione del ragazzo, preoccupata e angosciata come la sua.
Ora che ci pensava le pareva di averlo visto da qualche parte ad Hogwarts, anche se non riusciva a ricordarsi bene dove. Sicuramente era uno studente e quasi sicuramente era un serpeverde, poteva forse essere....l'amico di Casey che aveva visto al ballo? Purtroppo l'occasione del ballo fu una delle più irritanti dell'intero anno scolastico per colpa della perfida Narcissa che aveva totalmente rovinato l'umore a tutti, per questo motivo le era riuscito abbastanza difficile anche parlarci. In realtà sospettava fosse un tipo piuttosto taciturno, che preferiva starsene per i fatti suoi, cosa che cozzava totalmente con il suo carattere esuberante. Erano due persone diversissime che si erano ritrovate in una situazione assurda e per qualche motivo, nonostante non si conoscessero minimamente né provassero alcun tipo di simpatia per l'altro (anzi solo per essere una serpe Alice gli avrebbe sottratto dall'inizio dei punti amicizia) sembravano trovare conforto nella presenza dell'altro. Alice si guardò alle spalle per qualche secondo, mentre l'altro si accasciava a terra scavando come un matto. Le parole del ragazzo suonavano chiare nella sua mente, ma in qualche modo il suo corpo sembrava non rispondere immediatamente agli impulsi che la ragazzina cercava di mandargli. Non era stata abbastanza lucida da pensare alla soluzione migliore, l'unica idea che le era venuta in mente era di prendere a sberle quelle carcasse di mangia cervelli. Ovviamente Alice non era una tipa che rifletteva troppo, era troppo impulsiva e questo spesso finiva per avere conseguenze spiacevoli, però l'idea di mimetizzarsi le sembrava decente. Dopo qualche secondo di confusione prese a spalmarsi la melma sulla faccia e sulle braccia, quasi meccanicamente, come se nemmeno lei stesse esattamente capendo cosa stesse facendo. Poteva sentire i suoni inquietanti che gli zombi emettevano avvicinarsi e in qualche modo il battito del suo cuore stava raddoppiando. Sperava solo di non dover vedere altra gente morta o meglio, squartata da quei cosi. Era coraggiosa, ma senza la bacchetta si sentiva persa, certo era brava a prendere a sberle i bulli della sua classe ma con delle creature del genere temeva non sarebbero bastati.

Stavano correndo da un bel po' e il fatto di aver trovato una casetta per metà diroccata era stata come una manna dal cielo. Alice annuì nella direzione di Draven e corse velocemente verso l'edificio chiudendosi, una volta dentro, la porta alle spalle. Potevano prendersi un secondo per prendere fiato, l'ossigeno sembrava così rinfrescante.
L'ambiente all'interno era piuttosto buio, non c'erano luci, sebbene qualche raggio solare riuscisse a penetrare tra i buchi tappezzati delle finestre. Parte delle pareti erano ricoperte di erbaccia e assi di legno inchiodate, quasi come se qualcuno avesse voluto nascondersi al mondo, un forte tanfo di acqua putrida sembrava dominare l'aria. Alice cercò di riprendere fiato e per diversi minuti non disse assolutamente nulla, l'unica cosa che riusciva a sentire era il rumore del petto alzarsi e abbassarsi e il battito rumoroso del suo cuore. Draven le stava a poca distanza e nonostante la penombra riusciva a riconoscerne i tratti del viso, anche se ricoperti dalla terra. L'odore di terra le ricordava casa, quindi non le dispiaceva esserne ricoperta. Si accovacciò prendendosi le gambe tra le braccia e lasciando i capelli appicciarsi in parte sul volto.
La voce che proruppe nel silenzio totale era bassa e sussurrata quasi da non sembrare nemmeno la sua << Stai....stai bene?>> c'erano tante altre cose che avrebbe voluto chiedergli, tipo come facesse a trovarsi lì, se anche lui era stato trasportato magicamente in questo scenario, se aveva la bacchetta dietro o conosceva qualcun altro, ma invece continuò dicendo << Io sono Alice. Alice Wagner.>> Forse scambiarsi i nomi poteva essere utile nel caso si fossero persi o in caso di pericolo, non sapeva bene perché ma umanamente era la prima cosa che le era venuta in mente. Era strano ritrovarsi in una situazione del genere così all'improvviso ma stare uniti le sembrava l'idea migliore per non morire. In tutti i film horror (non molti) che aveva visto quelli che si separavano finivano per crepare malissimamente.

Le sembravano passati attimi infiniti mentre rimaneva lì ferma, quasi immobile, ad ascoltare i suoni esterni. Passi cadenzati sembravano allontanarsi e in qualche modo si convinse che l'orda fosse passata. Ora avevano bisogno di un piano. Si alzò lentamente in piedi e provò a fare qualche passo verso il centro di quella stanza. Ora che metteva a fuoco pareva si trattasse di un soggiorno. Appeso ad una delle pareti c'erano quello che sembravano delle corna di cervo, sul pavimento una pelliccia di orso piuttosto consumata. Sembrava la casa di un cacciatore, poteva dirlo per esperienza dato che suo padre ne era uno. Assurdamente proprio per questo aveva deciso di diventare vegetariana. Un vecchio divano era buttato nell'angolo destro, era piuttosto rovinato e avvicinandosi si poteva avvertire un altro tipo di puzza. Grosse macchie di sangue infatti macchiavano i braccioli e proseguivano più in avanti, Alice provò a sfiorarne la superficie e la macchia finì per colorarle la punta delle dita. Un'espressione schifata le comparve sul viso, quelle macchie erano fresche.

L'odore del sangue sembrava ora diventare ancora più forte. Alice trattenne un conato, avrebbero sicuramente trovato il corpo di qualcosa, ma magari insieme ad esso potevano esserci delle armi? Non sperava in pistole o fucili, una balestra o un arco avrebbe fatto al caso suo. Forse avrebbe potuto provare a creare una fionda, era brava a costruire oggetti piccoli ma non di certo a riprodurre un arco. Nonostante la nausea immediata, la ragazzina rimase in piedi, quasi pronta a scoprire il resto della storia, si voltò verso Draven interrogativa come a dire "vieni anche tu?" Per qualche motivo avere compagnia le alleggeriva il peso della situazione in cui si trovava. E poi non voleva accadesse qualcosa mentre lei cercava di andare verso la rampa di scale pericolante, non avrebbe di certo potuto aiutarlo in caso di attacco zombie. Era difficile riuscire a vedere dove mettere bene i piedi ma la rossa era convinta nel voler andare avanti, forse quella poteva essere l'unica occasione per trovare qualcosa di utile.
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Draven Enrik Shaw
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Si era convinto, ormai, da diversi minuti che non potesse essere un sogno. Anche perché, nonostante si vantasse di aver letto presumibilmente più libri di qualsiasi coetaneo e di aver visto altrettanti film e giocato ad altrettanti videogiochi, comunque la sua mente era troppo pigra per poter elaborare un incubo così concreto e pregno di dettagli. Dal suono dei propri passi che frustavano l’erba e le foglie secche nel tentativo disperato di allontanarsi il più possibile da quelle creature, al bruciore dei propri polmoni che annaspavano alla ricerca di ossigeno sufficiente a concedergli la forza necessaria per continuare a correre verso la salvezza. Era tutto reale. E lui era troppo razionale e riflessivo per concedersi il lusso di sperare che, di punto in bianco, quell’inferno potesse finire così all’improvviso com’era iniziato. Doveva fare qualcosa. Doveva trovare il modo di tirare sé stesso e quella ragazza fuori da lì. Ma la spossatezza fisica e lo shock mentale gli rendevano impossibile ragionare lucidamente. Aveva bisogno di fermarsi, regolarizzare il proprio respiro e concedere un po’ di ordine ai propri pensieri, bevendo un grosso bicchiere d’acqua. L’acqua… era la prima volta che si ritrovava a pensare a quanto fosse caro quel bene pubblico. Nemmeno dopo una partita a calcio o a quidditch, coperto di fango e sudore, aveva mai sentito come in quel momento il forte desiderio di farsi una doccia. E di bere. Bere tantissimo, tanto quanto un pesce nell’oceano… che gran fortuna avevano i pesci a vivere nell’acqua e a berne a volontà…
Stava decisamente delirando, ne era consapevole, ma la sua mente aveva deciso di agganciarsi saldamente a tutti i vari dolori che il corpo di Draven stava percependo in quel momento, deviando la concentrazione dall’ambiente circostante. Non aveva mai pensato che correre a perdifiato per chissà quanti minuti di fila potesse sortire un tale effetto su un essere umano poco allenato.
Il suono di una porta che si chiuse alle proprie spalle fu come una manna dal cielo, in grado di riportarlo alla realtà. Poteva fermarsi, finalmente, e concedersi un minuto per ragionare… La gola gli bruciava immensamente, ma ostinato a riprendere il controllo sia delle proprie emozioni che dei propri pensieri, proibì a sé stesso di pensare all’acqua o al bere o a qualsiasi cosa correlata. Il petto gli faceva male e, per assurdo, ora che si era fermato, respirare gli risultava ancora più difficile. Un sospiro, più profondo degli altri, anticipò le parole della ragazza… Per un attimo si era scordato di lei e si sentì terribilmente a disagio nel non essere nemmeno in grado di risponderle, ma non appena aprì bocca, sentì l’impulso di rimettere tutto ciò che gli era rimasto nello stomaco dalla colazione di quella mattina. Ebbe giusto il tempo di voltarsi verso un angolo e chinarsi. Per fortuna, almeno i riflessi sembravano funzionare alla grande…
Fu questione di pochi attimi, ma si accorse subito di sentirsi decisamente molto meglio. Anche il respiro sembrava aver iniziato a regolarizzarsi, in concomitanza con i battiti del proprio cuore. Era vivo, stava bene ed era riuscito a scappare da un’orda di zombie. Niente male. Ma in quell’istante promise a sé stesso che una volta tornato nella sua quotidiana realtà, avrebbe ripreso a fare sport con più costanza e dedizione.


Adesso si… E scusa… per… - iniziò a rispondere alla ragazza, che disse di chiamarsi Alice, mozzando a metà la frase per non dover esplicitare quanto appena accaduto. Si allontanò rapidamente dall’angolo della vergogna e le si avvicinò, felice almeno di essere riuscito a evitare di vomitarsi addosso; dato che la situazione faceva già abbastanza schifo di suo, ci mancava solo quello.

Io sono Draven, Shaw. disse poi, distrattamente, iniziando a guardarsi intorno. Nel tempo che gli ci era voluto a riprendere coscienza di sé, i suoi occhi si erano già abituati all’oscurità di quella bettola. Dall’ingresso, che si apriva a una grande sala, non c’erano altre stanze o corridoi vicini, ma riuscì a vedere in lontananza delle scale che portavano a un piano superiore. I muri intorno a loro erano rovinati e le finestre chiuse da assi barcollanti di legno. Sembrava davvero lo scenario a basso budget di un episodio di poco conto di The Walking Dead. Ma ora che aveva smesso di correre e che la sua mente aveva ripreso a ragionare con lucidità, si sentiva meglio anche emotivamente. C’era ancora l’incognita di come sarebbe riuscito a farli tornare nella “reale realtà”, ma potevano combattere. Kant diceva che si misura l’intelligenza dalla quantità di incertezze che l’essere umano può sopportare, no? Non avrebbe permesso a dei morti viventi di sottometterlo.
Mentre la sua mente ragionava sulle possibili varianti di quella situazione e su cosa avrebbero potuto fare per averla vinta, incrociò lo sguardo di Alice e le si affiancò. Sul divano di fronte a lei c’era del sangue e, guardando meglio, lì di fianco a terra e sulle scale proseguivano scie lucide che non presumevano nulla di buono. Ormai, era entrato in modalità sopravvivenza, mettendo in secondo piano i pensieri sul come fosse stato possibile per entrambi arrivare in quel posto assurdo. Dovevano combattere: spinse il divano contro una delle pareti e ci salì sopra, in modo da poter raggiungere la testa di cervo appesa al muro. Staccò, con non poca difficoltà, entrambe le corna e scese poi dal divano. Passò una delle due armi provvisorie ad Alice e la superò per avvicinarsi alle scale.


Se ci fosse stato uno di quei così, ci avrebbe già scoperti a quest’ora. Ma è meglio salire a controllare. Cercare altre armi, cibo e acqua, tutto ciò che ci può servire.esordì, voltandosi a cercare il suo sguardo, nella speranza di trovarci della complicità. Era assurdo, lo era davvero, ma non avevano altra scelta che stare a quel gioco malsano…

Preferisci andare per prima o guardarci alle spalle?le chiese poi, scrollando le spalle, come a dire silenziosamente che per lui la scelta era totalmente indifferente. La paura più grande, in quel momento, non era tanto il ritrovarsi ad affrontare degli zombie, ma degli esseri umani pienamente coscienti. Aveva visto davvero troppi film horror per non avere paura di un essere umano in preda al panico.
E, in quell’esatto istante, fece un’altra promessa a sé stesso: avrebbe smesso di guardare film horror.


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Non so se cogli la citazione, ma Draven sta tipo così :ihih:

 
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Alice Wagner
I sensi della Grifondoro erano decisamente offuscati. Da quando si erano messi a correre Alice aveva fatto fatica a capire cosa stesse succedendo per davvero. Quello che la circondava non le sembrava reale, come se fossero ombre proiettate dal danzar di una candela, parti anch'esse di uno squallido teatrino il cui burattinaio sembrava voler rimanere sconosciuto. Il corpo atletico era scattato accendendo ogni muscolo, risvegliando ogni impulso e le gambe che la muovevano sembravano essersi staccate dal suo stesso corpo. Il suo spirito dall'altra parte era stato alterato da ciò che aveva visto, spezzato quasi dalla visione di quel cadavere che giaceva a terra. Il respiro non era regolare come doveva essere e lo stomaco continuava a lanciargli pugnalate improvvise. Alice non aveva mai visto un cadavere in vita sua e nella sua mente ancora la fissavano quegli occhi di donna, vitrei e senza vita. Era un'immagine che faceva fatica a distinguere dalla realtà e dagli occhi chiari di Draven, che erano vivi e pieni di vita e le dicevano di cospargersi di fango e di muoversi.
Il tanfo di chiuso all'interno di quella catapecchia le ricordava il ripostiglio nella cantina di suo nonno, dove l'odore di pelle di animale scuoiato era forte e disgustoso. C'erano varie ragioni per le quali aveva deciso di diventare vegetariana e questa era una di quelle. Il battito del suo cuore stava tornando regolare, mentre i respiri si facevano profondi e misurati. Concentrarsi, doveva concentrarsi. Chiuse gli occhi per qualche istante e si concentrò sul proprio respiro. Ognuno si riprendeva come poteva, il ragazzo di fronte a lei sembrava essere nella sua stessa posizione, spaventato e traumatizzato ed Alice non poteva che comprendere a pieno ogni incertezza.

Dopo essersi scambiati due parole, quasi sussurrate con il respiro rimanente, Alice si alzò in piedi, pronta ora ad affrontare qualsiasi cosa si trovasse di sopra. Non riusciva a spiegarsi cosa avvenisse precisamente dentro di lei, ma era come se di fronte alle situazioni di pericolo si accendesse, riusciva a far leva sulle proprie paure e proprio quelle sembravano riuscire ad accendere la fiamma del suo stoppino; era più di un mero istinto di sopravvivenza era quasi come un impulso naturale. Più si avvicinava alla scalinata più l'odore di sangue di intensificava, lanciò un'occhiata fugace a Draven che le porgeva ora delle corna di cervo come arma. Una buona idea a cui non aveva pensato, annuì come a volerlo ringraziare, inoltre il suo piano sembrava buono, forse la persona il cui sangue macchiava il divano era riuscita a fuggire e mettersi in salvo << Vado avanti io. >> affermò sicura, poteva farcela. Mentre pronunciava quelle parole una scarica di adrenalina attraversava il suo corpo, ogni muscolo, ogni arto pareva ora caricarsi di una buona dose di elettricità. Doveva essere silenziosa ma attenta, dietro quella porta poteva nascondersi qualsiasi cosa. Lo scricchiolio del legno degli scalini la fece sobbalzare ma nonostante ciò proseguì, si stava preparando mentalmente alla scena che si sarebbe aperta di fronte ai suoi occhi.

La verità è che certe scene nemmeno riesci ad immaginartele. Forse se sei tipo da videogiochi e film horror potresti riuscire ad avvicinarti, ma la realtà, quella è tutta un'altra cosa. Alice sfondò la porta con un calcio, non c'era modo di aprirla delicatamente, non con l'impazienza e l'angoscia che attorcigliava lo stomaco ad entrambi. Di fronte a sé due corpi senza vita, un uomo sulla cinquantina a cui avevano tirato fuori le budella e una donna dai capelli chiari voltata di schiena a cui sembravano mancare degli arti. Una pozza enorme di sangue circondava entrambi, così come le pareti strisciate da segni evidenti di lotta. Alice si portò una mano alla bocca, cercando di trattenersi dal riversare sul pavimento tutto il suo sgomento, fece qualche passo indietro finendo probabilmente per urtare lievemente Draven. Erano morti. Entrambi. Erano stati squartati vivi. Gli occhi chiari della ragazza non riuscivano a smettere di fissare la scena, i dettagli anche minimi di quelli che un tempo dovevano essere state normalissme persone. La camice boscaiola simile a quelle che portava sua padre, la barba rossiccia, la collana che segnava il polso sottile della donna e che rifletteva l'unico raggio di sole nella stanza.
Nonostante la scena piuttosto agghiacciante Alice si avvicinò alla pozza, alla ricerca di qualche arma o qualsiasi cosa potesse aiutarli a contrastare quei mostri. La rabbia prese a montarle addosso, improvvisamente sembrava che le andasse a fuoco la testa << Scheiße!>> sbottó irritata tirando un pugno sul muro, si fece anche male ma al momento non ci badó troppo. Erano arrivati troppo tardi, non avevano potuto salvarli, non avevano potuto fare un bel nulla. Si chinò ai piedi della donna, i suoi occhi potevano specchiarsi in quelli di lei, assenti e vitrei. Alice provó una tristezza e un'impotenza mai provate prima, era frustrata, era furiosa. Il suo compito in quanto strega era quello di proteggere gli innocenti e invece cosa aveva fatto? Cosa era riuscita a fare? Una lacrima rigò il suo volto giovane mentre con le due dita della destra andava a chiudere gli occhi della defunta in segno di rispetto. Seguì un istante di silenzio decisamente sinistro.

Chiaramente non aveva tenuto in considerazione un dettaglio fondamentale, qualcosa che probabilmente non si poteva che apprendere in prima persona. Quei cosi non erano affatto morti. Un secondo esatto prima che si accorgesse di quello che sembrava un arco accanto al corpo della donna, la sua caviglia venne bloccata. Il polso esile non sembrava voler mollare e si strinse tenace intorno alle ossa della Grifondoro. Alice urlò sobbalzando dallo spavento. Ma quindi... Si erano trasformati in Zombie? Lottò per divincolarsi, affondando il corno al centro della mano dello zombie con tutta la forza che possedeva. Gli occhi corsero verso Draven << CORRI! Vai VIA! >> ovviamente lei era stata così stupida da avvicinarsi senza tener conto del fatto che quei corpi potessero risvegliarsi e ora erano fatti suoi, non avrebbe mai permesso ai suoi errori di recidere un'altra vita. Si liberò velocemente dalla stretta, afferrando l'arco e un paio di frecce sparse per la stanza, l'uomo con il ventre sventrato però sembrava starsi risvegliando insieme alla donna. L'unica cosa dalla sua parte era che la donna non riusciva a mettersi in piedi, causa mancanza di gambe e l'uomo sembrava far fatica a tirarsi su. Se si fosse giocata bene le sue carte forse sarebbe riuscita a fuggire via in tempo. Ignoró il dolore alla caviglia e si tirò su, l'unica cosa che poteva fare era tentare la sorte e fuggire via di lì.
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La sigla di sottofondo della role click:cool:
 
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view post Posted on 31/8/2021, 16:23
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Draven Enrik Shaw
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Sebbene il suo fosse stato un gesto onesto, pensandoci un po’ meglio, non aveva alcuna intenzione di salire quelle scale per primo. Non che gli mancasse il coraggio, ma non potevano sapere cosa ci sarebbe stato oltre quelle porte e si sentì piuttosto sollevato della risolutezza di Alice. Salendo le scale con una lentezza quasi disumana, il suo cervello – che ormai aveva ripreso la sua regolare iperattività razionale – si era ricordato di quella volta in cui, durante una caccia al tesoro, una ragazza che andava alle scuole medie con lui gli aveva chiesto di non andare per ultima perché non le piaceva essere colta di sorpresa… Ringraziò mentalmente chiunque fosse l’artefice di quel mondo assurdo per non aver costruito stanze anche al piano inferiore, concedendogli il grande lusso di salire al piano superiore di quella catapecchia senza doversi preoccupare troppo di un attacco alle spalle. Comunque, ciò non significava che potesse abbassare la guardia.
Con i sensi in allerta, non poté fare a meno di notare che, a ogni gradino che salivano, il tanfo di morte e sangue si accentuava. Non sapeva dire se nel lasso di tempo che era passato da quando era stato catapultato lì avesse sviluppato una sorta di superpotere in grado di farlo resistere alla nausea o se il fatto di aver appena svuotato lo stomaco lo avesse reso in qualche modo immune a quell’odore pestilenziale, ma in ogni caso, ora che aveva anche ripreso fiato, si sentiva bene e in forze. Nonostante le circostanze.
Raggiunto il piano superiore, si affiancò subito ad Alice quando la vide aprire la porta proprio di fronte alle scale. Non poteva esserci nessun altro oltre loro, c’era troppo silenzio e, mentre Alice avanzò nella stanza, lui si distrasse a osservare il resto del piano. Considerando la grandezza della sala al piano inferiore, aveva immaginato molte meno stanze, invece, ebbe l’impressione che la vera abitazione fosse proprio quel piano. Con un po’ di fortuna, avrebbero trovato un bagno con acqua ancora corrente e una cucina con qualche scorta di cibo.
Si voltò con l’intenzione di chiamare Alice e avvisarla di voler ispezionare da cima a fondo quel piano, quando la ragazza finì per sbattergli addosso. Istintivamente, portò la mano libera a fermarla, per evitare che facesse inciampare entrambi indietreggiando di un altro passo, ma poi si spostò da dietro di lei per tornare di nuovo al suo fianco. Le parole gli si bloccarono in gola. Lo sguardo si posò inevitabilmente sulla scena di fronte a loro e rimase immobile sul ciglio della porta, mentre la ragazza avanzò verso i due cadaveri mutilati e riversi a terra.


Io non mi avvicinerei, se fossi in te.si limitò a commentare, una volta ripreso il controllo di sé. Per quanto reale fosse, e lo era, quella non era la sua realtà. Lui era a Hogwarts. In qualche modo sarebbe tornato al suo mondo e alla sua quotidianità, lasciandosi alle spalle quel brutto incubo; c’era solo da sperare che non fosse una di quelle situazioni in cui per “risvegliarsi bisogna morire” perché non aveva alcuna intenzione di darla vinta a quei così in maniera così banale. Se fosse stato necessario per tornare alla normalità, li avrebbe sterminati tutti, uno ad uno.

Alice, non… - provò a insistere, prima di vederla scagliarsi rabbiosamente contro un muro e si zittì, con una lieve smorfia sul viso che non riuscì proprio a contenere.

Non farei casino, almeno. - sentenziò nervosamente tra sé e sé, lanciando un rapido, ma accurato, sguardo intorno a sé e verso le scale per essere sicuro che l’impulsività della ragazza non avesse attirato brutte sorprese. Chissà di che casata era una così.
Sembrava amareggiata, forse addirittura triste. Era sul punto di piangere, lo si capiva chiaramente dall’espressione che aveva sul viso… ed era impensabile, per Draven, che in una situazione del genere la ragazza potesse provare pietà per due carcasse.
Restare lì dentro era una perdita di tempo. Era una camera da letto, senza più nemmeno il materasso. Non avrebbero trovato niente di utile in quel posto. Alcuni angoli della stanza erano troppo al buio, dal ciglio della porta, per poterne essere certo, ma non ci teneva proprio a scandagliare quella stanza tra tutte le altre.
Ma Alice sembrava di un’altra opinione. Addirittura, ebbe il coraggio di toccare uno di quei corpi. Questo era troppo.


Io vado a… - iniziò a dire, con l’intento di farle capire che non sarebbe rimasto lì un minuto di più, ma di nuovo le sue parole furono interrotte dalla ragazza che gli urlò di scappare. Non era uno che entrava in panico per uno spavento improvviso, sebbene quel suo grido gli avesse fatto prendere un colpo, per cui restò immobile dov’era a cercare di capire cosa diamine l’avesse spaventata così tanto. Forse era troppo razionale per far sì che l’istinto di sopravvivenza agisse di sua spontanea volontà, ma a volte ragionare aiutava più dell’agire.
Ma comunque, non appena notò che il braccio dell’uomo si era mosso, gli si avvicinò proprio grazie al suddetto istinto e gli trafisse la faccia, incastrando le corna di cervo fin dentro il pavimento in legno. Un conato di vomito lo avvisò di quanto fosse stato stupido da parte sua non dar retta ai propri suggerimenti e si voltò, per evitare di guardare ulteriormente quella scena disgustosa, ritrovandosi Alice pronta a combattere il male con un arco e delle frecce…
Arco e frecce? Dove cavolo le aveva prese quelle cose? Perché mai quei due morti avrebbero dovuto avere un arco e una freccia in camera da letto?


Ma che cazzo… - bisbigliò tra sé e sé.
Ma allora era per davvero come un videogioco?
Con uno scatto rapido, incurante del fatto che Alice fosse ancora alle prese con l’altro cadavere, uscì di corsa dalla stanza e si fermò davanti a un’altra delle porte chiuse su quel piano.
Strinse la mano sul pomello e chiuse gli occhi, pensando intensamente e ripetutamente a quanto avessero bisogno di acqua. Tanta acqua. Tantissima.
Era un’ipotesi a dir poco azzardata, ma se involontariamente Alice avesse creato l’arco affinché potesse aiutarla nella stanza? A quel punto, avrebbe significato che erano loro due gli artefici del loro destino lì. Se fosse stato questo il caso, significava che erano in grado di crearsi una via d’uscita semplicemente elaborandola!
Aprì la porta. Infuso d’immensa speranza, fece un passo avanti ancor prima di riaprire gli occhi… E ritrovarsi dentro un’altra camera da letto.
Forse non funzionava proprio così: pensare a qualcosa di cui si aveva bisogno, non la faceva magicamente apparire. Doveva esserci qualche altro trucchetto. Forse, l’apparizione di un bene dipendeva da una serie di azioni? Come una sorta di ricompensa. Se era questo il caso, si meritava di bere. Porca miseria.
Tornò indietro, affacciandosi alla camera da letto in cui aveva lasciato Alice da sola.


Stai bene? Tutta sana? Se stai bene, controlliamo le altre stanze.esordì, cercandola con lo sguardo.

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Alice Wagner
Magari aveva esagerato. La cosa ideale sarebbe stata rimanere calma ed immobile, controllata, un po' come era stato Draven. Riflettere, pensare bene a cosa fare prima di buttarsi in una situazione e finire per creare più confusione che altro. Ma Alice non era così. Alice viaggiava alla velocità dei suoi battiti e quando aumentavano perché presi dalla rabbia, Alice non si fermava ma andava spedita come un treno. Le sue emozioni finivano per controllarla ed avere il sopravvento. Questo era uno dei suoi peggiori difetti ma era anche, sorprendentemente, la sua caratteristica migliore. Infatti se non fosse stata così compassionevole e coraggiosa nonostante il pericolo, forse non sarebbe finita tra i Grifondoro. Ed essere in quella casata per lei era simbolo di un grandissimo orgoglio.
Certo se avesse pensato due secondi prima di agire si sarebbe evitata un mezzo infarto e la caviglia che le pulsava piuttosto fastidiosamente.

Draven comunque l'aveva aiutata e questo non era qualcosa di scontato. Alice non lo conosceva per niente, non sapeva cosa aspettarsi da lui, eppure in qualche modo gli aveva dato la sua fiducia. Era stato qualcosa di istintivo e probabilmente dettato più dalla situazione di emergenza che da altro, ma insomma si era appena fidata di un Serpeverde per la miseria. E anche lui cercava di parlare e assicurarsi che non fosse diventata uno zombie a sua volta morta. Alice cercò di riprendersi dal trauma di aver visto quella donna tentare di ucciderla e uscire dalla pozza di sangue. Tra l'altro la somiglianza con sua madre era impressionante. In mano aveva ancora l'arco e le frecce che dio solo sapeva come cavolo aveva fatto a trovare. Tra l'altro anche quelle le ricordavano terribilmente quelle che aveva a casa sua. Qualcuno li stava per caso prendendo in giro?

<< Sì. Ahm sto bene. Tutta intera->> aggiunse frettolosamente, come a voler dire qualcosa in più, una specie di "Grazie" che però non continuò lasciandolo lì in aria. Era meglio tirarsi su e proseguire. Continuò ad ignorare il fastidio alla caviglia e seguì Draven all'interno delle altre stanze magari avrebbero trovato qualcosa << Però... ho una sensazione strana. Come se questo posto lo avessi già visto. Quella donna assomigliava a mia--->> si fermò, scuotendo il capo. Era tutto incredibilmente inquietante, faceva perfino fatica a raccontarlo, quegli occhi la perseguitavano << ....a qualcuno che conosco. E quest'arco. Giuro che ne ho uno a casa identico.>> cosa poteva voler dire tutto ciò? Si trovavano forse nel sogno di qualcuno? C'era una specie di regista che stava si stava divertendo a vederli impazzire? Cos'altro c'era sul menu, come affrontare i propri traumi di una vita?
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Sì, era tutto assurdo, ma non meno assurdo del ritrovarsi catapultati in un videogioco apocalittico. Anzi, ora che le proprie funzioni mentali sembravano aver ripreso la loro regolare attività, trovava addirittura coerente con quello scenario l’ipotesi che, tutto ciò a cui loro pensavano, potesse rivelarsi utile e concretamente tangibile all’interno di quel mondo. O meglio… Aveva appena constatato che non funzionava con i propri pensieri, ma aveva ancora come ultima speranza che, invece, i pensieri di Alice influenzassero tutto ciò che li circondava. Non gli veniva in mente nessun’altra possibilità al momento, se non questa e non poteva far altro che aggrapparcisi con tutto sé stesso. Ammesso che avesse ragione, anche questa peculiare condizione, però, doveva avere dei regolamenti: quindi, senza condizionarla troppo, per far sì che “la costruzione intorno a loro” fosse sinceramente convinta che fosse tutto frutto della mente di Alice, avrebbe dovuto convincerla a pensare ad acqua corrente e ad altre armi, così da farle comparire e facilitare la loro sopravvivenza lì. Fin quando non avessero trovato un piano per uscirne.
Non per metterle fretta, ma un po’ anche si, dato che stava smaniando all’idea di essere riuscito ad hackerare quel mondo e non vedeva l’ora di averne la conferma, fece cenno ad Alice di seguirlo.

Bene. Bene. Vieni con me. Forse ho capito come funziona questo posto, ma ho bisogno del tuo aiuto. le rispose poi, un po’ troppo disinteressato riguardo al come effettivamente dovesse sentirsi la ragazza in quel momento, sia emotivamente che fisicamente.
Non avrebbe di certo abbassato la guardia, ma si sentiva al sicuro lì dentro. La propria ansia era svanita nel momento in cui si era reso conto di poter combattere con le proprie capacità e, insieme alle proprie preoccupazioni, improvvisamente era svanita anche l’empatia nei confronti di Alice… Era semplicemente fatto così.
Si fermò con lei davanti a una delle porte chiuse che non aveva ancora toccato nessuno dei due. Prima di farla interagire con la porta che nei minuti precedenti gli aveva dato un accenno di delusione, non facendo comparire nulla di ciò a cui aveva pensato, preferì farla interagire con una “stanza vergine”.
Fu sul punto di dirle di pensare intensamente alla cosa che più avrebbe desiderato avere in quel momento, prima di aprire la porta, quando le parole della ragazza lo spiazzarono per un istante, lasciandolo in silenzio a fissarla.
Prima ancora che potesse rendersene conto, la propria mente aveva già elaborato l’importanza di quelle parole. Doveva rivalutare le caratteristiche della precedente ipotesi, perché, per qualche motivo a lui oscuro, improvvisamente ebbe la sensazione che tutto ciò potesse essere stato creato sulla base dei ricordi di Alice. Quantomeno il mondo circostante e non la questione degli zombie. Ciò, in realtà, aveva molto senso anche per spiegare come mai, di tutte le persone che bazzicavano in giro per Hogwarts, ci fosse proprio lei lì… Continuava a non avere senso il perché, invece, ci fosse finito lui lì, ma per il momento decise di accantonare quel pensiero e concentrarsi sulla compagna d’avventura.


Alice… - pronunciò il suo nome che era ancora un po’ sovrappensiero, ma perfettamente consapevole di ciò che avrebbe dovuto dirle.
L’ipotesi era cambiata, ma le presumibili regole riguardo la gestione di quel ‘potere’ potevano continuare a essere ritenute valide. Quindi, senza condizionarla troppo, doveva spronarla a pensare e, di conseguenza, creare ciò di cui avevano bisogno… O meglio: ammesso che nella sua testa fosse tutto già costruito e sistemato, doveva indirizzarla per portare entrambi a ottenere ciò di cui avevano bisogno.


Facciamo un gioco… Se dovessi provare a indovinare, così, seguendo il tuo istinto, quale porta apriresti per entrare in cucina?

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Alice Wagner
Quello che aveva appena vissuto l'aveva decisamente scossa e in qualche modo si chiedeva come fosse possibile che Draven fosse perfettamente tranquillo. Non sembrava preoccupato per un possibile attacco dato tutto il casino che avevano piantato in quella camera, urla e rumori vari, sembrava come attirato da qualcos'altro. Alice ancora non aveva capito o meglio non si era resa conto di poter in qualche modo influenzare l'ambiente circostante e non essendone cosciente non aveva nemmeno idea di cosa fare esattamente. La cosa che il Serpeverde non sapeva era che avendo bevuto la pozione anche lui, era stato anche il suo sub conscio a creare quell'universo horror. Era come se quel posto attingesse dalle loro paure anche se lo scenario apocalittico di zombie mangiacervelli non era proprio mai stato nei pensieri di Alice prima d'ora. La rossa sollevò un sopracciglio seguendolo, non riuscendo a capire che senso potesse avere quella domanda << Mi prendi in giro vero? Hai idea di cosa ci è appena successo? Ti pare il momento di fare giochi? >> lo disse anche un po' irritata, perché in fondo lei voleva andarsene da quella casa, con l’odore di corpi in putrefazione, di certo non preparare un piatto gourmet in cucina. Sollevò il braccio indicando la porta centrale << Boh quella.>> L'unica cosa che voleva davvero era scendere le scale e tornare a respirare aria pulita, allo stesso tempo il Serpeverde sembrava così convinto di voler trovare una fonte d'acqua. Alice lo guardò ancora un po' interrogativa, aspettando che lui aprisse la porta.
Gryffindor ◆ 14 ◆ II anno ◆ Scheda
 
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view post Posted on 22/12/2021, 00:42
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw
Studente, III° anno ‹ 15 anni ‹ Garzone da Magie Sinister

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Qualcun altro, al suo posto, avrebbe tenuto conto del trauma che la ragazza aveva appena vissuto, o che lui stesso aveva vissuto, fracassando la testa di un mostro semi-umano, ma l’adrenalina aveva avuto la meglio e, sebbene il cervello fosse ormai perfettamente funzionante e settato sulla sopravvivenza estrema, non aveva potuto far altro che farsi trascinare dalle circostanze. In qualsiasi survival game che si rispettasse vigevano delle regole di sopravvivenza, altrimenti sarebbe stato impossibile per chiunque completarli e non avrebbe avuto senso nemmeno crearli; già appurato, ormai, da almeno un paio d’ore, che erano stati catapultati in una specie di realtà virtuale, sentì il bisogno impellente di verificare al più presto la propria teoria. Perché era un dato di fatto che se fossero riusciti a sbloccare la modalità di aiuto, sarebbe riusciti anche a trovare una via d’uscita.

Si, lo so, hai ragione. A volte manco di tatto. Stai al gioco, per favore?fu la risposta secca che diede alla ragazza, ancora esitante davanti a lui. Era comprensibile, la capiva e non poteva darle torto, le avrebbe chiesto scusa, ma aveva troppo bisogno di una piccola gioia – e di acqua potabile – per poterle dare retta.
E, finalmente, la ragazza si decise a scegliere una porta. L’entusiasmo fu tale che, senza nemmeno pensarci, si catapultò verso la porta per aprirla, ma prima di poter vedere cosa ci fosse dietro di essa, realizzò la possibilità di aver influito con la scelta di Alice nel gioco, avendo lui girando la maniglia…
Chiuse gli occhi e avanzò di un passo, sperando con tutto sé stesso di non aver fatto casini. In situazioni normali non era impulsivo e nemmeno così elettrizzato; quel mondo gli stava dando alla testa!
Inspirò ed espirò lentamente. Si concesse qualche secondo. Non poté capire, a occhi chiusi, se Alice fosse già entrata superandolo o no, ma dopo pochi secondi si decise a riaprire gli occhi.


La cucina! Hai trovato la cucina, Alice! esclamò, più entusiasta di quanto non fosse mai stato prima nella vita, al punto da avvicinarsi alla ragazza e stringerle le spalle per coinvolgerla in quella esultanza. L'espressione del proprio viso era cambiata radicalmente, le fossette sulle guance si erano palesate di conseguenza all'ampio sorriso che Draven rivolse alla ragazza, come per ringraziarla di essersi fidata, o quantomeno di essere stata al gioco.
Ci aveva sperato tantissimo e, alla fine, avevano trovato un tesoro, ne era sicuro: lì avrebbero trovato tutto ciò di cui avrebbero avuto bisogno.
Si catapultò verso il bancone della cucina e ci salì sopra in piedi, iniziando ad aprire tutti i ripiani della dispensa: pacchetti di patatine, merendine, frutta e altro cibo in barattoli. Ma soprattutto: acqua in bottiglia! Non contaminata da alcun agente zombiesco!


Dobbiamo trovare uno zaino in cui mettere tutte queste cose.disse poi, iniziando a posarle sul bancone della cucina così che potessero essere più accessibili.
Da quando avevano fatto fuori i due zombie nella camera da letto, nella casa vigeva il silenzio e, per quanto piacevole fosse, immaginò che dovesse essere come il ritrovarsi nell’occhio del ciclone. Se quel mondo gli stava concedendo un attimo di respiro, doveva essere solo perché, a breve, avrebbero dovuto affrontare una difficile sfida. Quindi, meglio godersi il momento…
Lanciò una merendina e una bottiglietta d’acqua ad Alice. Svuotata la dispensa, non c’era altro da fare che rifocillarsi.
Scese dal bancone solo per potercisi sedere sopra, con le gambe a malapena ciondoloni. Era abbastanza alto da toccare il pavimento con la punta dei piedi.


Sei stata forte, di là, con l’arco… - esordì, dopo essersi scolato un’intera bottiglietta d’acqua.

Sei cresciuta tra i babbani, vero? Un purosangue avrebbe pensato agli inferi, piuttosto che agli zombie…continuò poi, consapevole di dove quella conversazione avrebbe potuto portare. Esternare la propria curiosità nei suoi confronti, l’avrebbe inevitabilmente resa curiosa di lui e lui non amava parlare di sé, o parlare in generale, proprio a dirla tutta… ma non sapendo per davvero cosa gli sarebbe capitato di lì a poco, l’idea di fare una normale conversazione con una coetanea lo mise, stranamente, di buon umore. E batté con una mano sul bancone, come a farle cenno di andare a sedersi lì di fianco a lui.
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view post Posted on 22/12/2021, 19:02
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You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

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Alice Wagner
Alice doveva semplicemente andare avanti, dimenticarsi degli occhi della donna zombie che aveva cercato di farla fuori e provare a sperare in qualcosa che potesse aiutarli. Come una cucina. Quello sembrava bastare per il Serpeverde, per fargli dimenticare tutto. Alice però si chiedeva perché fosse convinto che lei potesse avere un benché minimo impatto sulla loro fortuna, cosa poteva saperne lei dove cavolo era la cucina? Decise di accettare la sua richiesta, nonostante l'irritazione fosse palese nella sua voce, Draven sembrava avere davvero bisogno di una buona notizia, tanto che come un bambino al mattino di natale, avanzò cauto con chi occhi chiusi e probabilmente un certo nervosismo a fargli da seguito. Alice avvertiva ancora un certo ribollire dentro, ma non poteva non trovare la scena colorata da un velo di tenerezza inaspettato. Soprattutto quando effettivamente entrarono in quella che era una vera e propria cucina e l'altro esultò con entusiasmo tanto da avvicinarsi a lei e stringerla nelle spalle. Un sorriso nascosto sotto i baffi comparvi sul viso della Grifondoro, come di rimando a quello di Draven, che l'aveva coinvolta in qualche modo da quella festa << Tu hai trovato la cucina!>> lasciò che l'altro l'avvolgesse per qualche secondo, sfiorando appena le mani che cingevano la stretta, era incredibile come si fosse illuminato, il suo viso era cambiato, era disteso e allegro e un grosso sorriso aveva preso il posto del broncio che aveva visto fino ad allora, in qualche modo Alice non riusciva ad avercela ancora con lui. Così mentre Draven si metteva ad aprire tutti i cassetti esistenti nella cucina, Alice si diede un'occhiata intorno, ancora non riusciva a rilassarsi completamente. C'era troppo silenzio e questo non era mai un buon segno. Vagò per la cucina alla ricerca di una borsa o uno zaino che avrebbero potuto utilizzare per trasportare le provviste e chinandosi nell'angolo a destra trovò quello che doveva essere stato un tempo una specie di borsone frigo. Era però consunto dal tempo e aveva diversi strappi. Si chinò quindi per raccoglierlo, era sotterrato da strati di polvere. Starnutì mentre lo sollevava verso Draven << Dici che può andare? >> aveva un'espressione semi schifata ma nonostante ciò portò con se quella carcassa di zaino, poggiandolo verso il bancone dove l'altro era seduto.
Rimase in silenzio per qualche secondo, osservando il suo viso, mentre si complimentava con lei. Non si aspettava nemmeno quello, quindi spostò lo sguardo su una merendina di quelle lanciatogli da lui, la studiò a fondo prima di appoggiarsi sul bancone con la schiena e montare su, mugulò un << Sì anche tu. Hai avuto fegato.>> decise di scartarla, era al cioccolato ma chissà da quanto tempo era esattamente lì? Le gambe penzolavano nel vuoto accanto a quelle del Serpeverde che però la batteva in altezza. Non sapeva bene se quello che provasse al momento fosse sollievo, ma l'atmosfera si era rilassata ed era piacevole conversare senza troppe preoccupazioni. Mentre lasciava un morso sul dorso di quel tronchetto al cioccolato scoppiò a ridere, le parole di Draven avevano dipinto qualcosa che trovava ridicolo. La sua risata cristallina avvolse la cucina, spandendosi in tutta la sua lunghezza. Gli lanciò uno schiaffo sul braccio, in maniera scherzosa << Piantala di farmi ridere mentre mangio. Chiaro che non ho pensato agli inferi.>> scosse il capo. Come cavolo poteva qualcuno pensare agli inferi? Quella risata era stata liberatoria e mentre inquadrava il viso di Draven notò l'anello che portava al dito della mano sinistra. Strizzò gli occhi, allungando una mano per sfiorarne la superficie, il contatto con la sua mano era freddo, lesse senza nemmeno pensarci << Der Wille tuth’s ...? >> una voce interrogativa a fine frase lo fece sembrare una domanda, gli occhi chiari inquadrarono i suoi verdi << La volontà lo fa. >> tradusse senza aggiungere altro, dopotutto era la sua lingua madre. Era curiosa ora però, perché indossava un anello del genere?
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