No rain, No flowers - Group:
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| I Whisperwind sono un'antica famiglia purosangue scozzese. Rabastan e Andromeda Whisperwind hanno avuto una discendenza numerosa, tra cui Ewan -padre di Helena- e Juls -donna transgender nata di sesso maschile (MtF), sorella minore di Ewan-. Poco dopo l'arrivo ad Hogwarts di Helena, grazie ad una lettera anonima e ad una breve e confusionaria confessione di suo padre, la giovane Tassorosso scopre di avere una sorella(stra) ad Hogwarts, di cui mai aveva saputo l'esistenza. Passa così mesi di silenzio, rabbia, tristezza, paura, finché finalmente trova il coraggio di affrontare la realtà e decide di incontrare suo padre per chiarire la situazione. | PuroSangue
| «Ciao tesoro» «Ciao papà» Un abbraccio frettoloso, più per imbarazzo che per anaffettività. «Come stai?» «Bene, tu?» «Abbastanza bene.» Silenzio. «Come va a scuola? Ti trovi bene tra i Tassorosso?» «Sì, molto.» La laconicità degli adolescenti feriti sapeva mettere a disagio chiunque, da sempre. Ewan tentò di eluderla, introducendo un po’ di ironia rompighiaccio. «C'è ancora quella piantina carnivora che morde le dita, lì in sala comune?» Helena abboccò e si sciolse in un sorriso, in memoria di quella volta in cui Ingrid fece una scommessa con un concasato del quinto anno. Si fece mordere tutto l'indice della mano destra e restò immobile senza fiatare, per oltre 5 minuti. Perse poi qualche ora in infermeria, ma sicuramente ci guadagnò in rispetto. «È quasi arrivata a toccare il quadro di Tosca. Spero non morda anche lei...» Ewan sorrise mostrando appena i denti, gli occhi come due mezzelune. «Allora, volevi parlarmi di qualcosa?» «Sì... Io....» Spostò il peso sul lato destro del corpo, abbassando leggermente lo sguardo. Lo rialzò per cercare quello del padre, lo riabbassò una volta trovato. «Volevo chiederti qualcosa di più su mia...sorella?» L'ultima parola fu pronunciata con un volume decisamente più basso rispetto a quello delle precedenti, con una nota di indecisione e inquietudine. «Immaginavo. Cosa vorresti sapere?» Il suo tono era calmo, sereno. Lei non proferì parola, ma la sua espressione parlò al suo posto. “Tutto”, avrebbe voluto rispondere. Ma suo padre la precedette, leggendoglielo negli occhi. «Va bene.» Ewan accompagnò Helena con un gesto delicato, verso il raccolto parchetto urbano qualche metro oltre Zarathustra. La panchina di legno bruno che scelse per loro era situata proprio sotto un grosso ginkgo biloba dalle foglie ingiallite e ballerine. Una volta accomodati, i piedi destri inclinati da un lato e le ginocchia sinistre piegate ad angolo acuto, resero le posture involontariamente gemelle. «Al termine della mia carriera scolastica ad Hogwarts, ho iniziato a studiare e a girare il mondo per diventare Magizoologo. In uno dei miei viaggi ho conosciuto una donna, una strega, con cui ho avuto una relazione. Siamo stati insieme per 3 anni, mi pare, e in questo periodo abbiamo avuto una bambina.» «Questo più o meno lo sapevo…» Le ginocchia di Helena si andarono a scontrare, le caviglie ad aprirsi lateralmente. «Cos’altro vuoi sapere?» «Lei chi è?» «La strega? Una donna…purosangue» «Non lei, la ragazza» Inspirò forte per garantirsi l’ossigeno sufficiente per domandare tutto il necessario in una volta sola. Tre…due…uno… «In che Casa è stata smistata? Quanti anni ha? Come si chiama? Vi vedete?» Mentre lei gli vomitava addosso domande, a lui comparve un’espressione quasi stordita sul viso, che fece corrucciare quello di Helena. «In realtà non so dirti. Noi non… no, non ci vediamo.» Se la prima negazione urtò leggermente la tassorosso, l’ultima fu egoisticamente rincuorante. Il breve spiraglio di luce però venne subito oscurato da una domanda più che lecita. «Scusa ma, com’è possibile?» Lo osservò intensamente, le ginocchia che fino ad allora si erano ripetutamente scontrate, si bloccarono. «È tua figlia…» «Io…Non lo so. Io e…» Una pausa, sguardo vacuo, poi riprese. «Ci siamo lasciati. Non ho più rivisto né lei, né la bimba…» «”Lei”, la “bimba”...» Gli fece eco Helena «Ce l’avranno un nome queste due, o no?!» Non avrebbe voluto apparire così spazientita. Ma quel vuoto le dava sui nervi. «Io..non…» Di nuovo, il nulla sul volto dello scozzese. «Non è andata a finire bene. Abbiamo litigato, ognuno ha preso le sue strade. Non ho più saputo nulla.» Lei strisciò i piedi a terra, sollevando una piccola nuvoletta di polvere bianca. Non sapeva se essere più seccata per quelle risposte o se per il fatto che suo padre avesse una figlia e poi se la fosse dimenticata chissà come o perché. «Ma non t’importa di sapere chi è, come sta, cosa fa, che faccia ha?» Ewan arretrò col busto, come colpito da uno schiaffo. Lei quasi si stupì di ciò che disse. In un certo senso stava spingendo suo padre, l’uomo il cui affetto desiderava solo per sé, a cercare la persona che tanto aveva odiato nell’ultimo periodo. Odiato ma ardentemente desiderato conoscere, dopotutto. «Certo. Ho provato a cercarla. Ho contattato la segreteria di Hogwarts, i registri dell’anagrafe, San Mungo, il Ministero, persino Olivander e chiunque potesse aiutarmi a trovarla. Niente. Non risultano Whisperwind, a parte i tuoi cugini e le tue cugine. Non è stata registrata col mio cognome. E non capisco come questo sia possibile, dato ricordavo diversamente…» Sospirò. Una foglia giallo oro si lasciò andare e pigramente ondeggiò verso il basso, interrompendo poi la sua danza sulla spalla dell’uomo. Lui non sembrò accorgersene, perso com’era a ripescare memorie da cassetti vuoti. «Non ho idea di chi possa averti mandato quella lettera all’inizio dell’anno. Forse sua madre. Forse qualcuno che sa, sicuramente più di me. Credimi, le ho provate tutte. È come se si fossero entrambe volatilizzate…» «Ma perché non mi hai mai detto nulla?» «Non sono esattamente cose di cui parlare ad una bambina, specialmente la domenica pomeriggio dopo il Quidditch o la sera all’ora di cena, dopo aver passato la giornata ad ispezionare escrementi di mooncalf selvatici…» i folti baffi si mossero un poco, segno che le sue labbra si stavano inarcando in un lieve sorriso. «Stavo aspettando il momento giusto, ecco.» «E comunque io non sono più una…» si zittì. Avrebbe pestato persino i piedi a terra, ma certo in questo modo non avrebbe avvalorato la sua tesi. Si morse l’interno della guancia, distogliendo lo sguardo. «Lo so. Ormai sei grande, vai anche a lavorare!» Helena lanciò uno sguardo al grosso orologio civico a coronamento della facciata di un vecchio ma ben tenuto edificio di pietra. Era in ritardo di quasi cinque minuti per il suo turno a Zarathustra. «Sono in ritardo! Devo scappare papà. Se poi mi licenziano non potrò nemmeno più vantarmi di essere una strega indipendente!» Non che lo fosse al momento, ma le piaceva pensarlo. «Buon lavoro, Lena.» Tutti i dubbi rimasti furono spostati dalla vista e riposti momentaneamente in seconda fila, dietro un affetto ritrovato e un abbraccio frettoloso.
Proprio quando Helena trovò le chiavi del negozietto e di fretta tentò di inserirle nella serratura del portone, una mano leggera dalle lunghe dita si posò sulla sua spalla. Juls Whisperwind, sorella minore di Ewan, fece scivolare il cappuccio scuro rivelando la sua cascata di riccioli rossi. Aveva l'aria stanca, seria, ma vigile. I suoi lineamenti marcati vennero accarezzati dalla luce morbida del tramonto, che la fece apparire quasi eterea, come appena uscita da un dipinto preraffaellita. «Come stai, Lena?» «Zia, ciao!» La abbracciò con forza, inspirando pienamente il residuo del suo profumo, così familiare, così tipicamente suo. «Ma che ci fai qui? Ero con papà! Forse c’è ancora, aspetta, magari…» Juls la fermò, intromettendosi con garbo nel suo entusiasmo. «Lo so. Vi ho visti, da lontano. Volevo assicurarmi che stessi bene. Vieni…» «Devo entrare in turno» «Non ti preoccupare, ho parlato con Jamila, ti copre per mezz'ora.» Hel abbozzò un sorriso, riconoscendo per l'ennesima volta quanto l’ex corvonero fosse sempre un passo avanti. Qualche mentre oltre il viottolo sul retro del negozio, una passaporta, una vecchia cabina, una strada trafficata e poi un irish pub babbano. All'interno persone di ogni genere, vestite nei modi più bizzarri ed eccentrici. Persone sole, coppie variegate e gruppetti mangiavano, chiacchieravano, bevevano e ridevano, rendendo l’atmosfera del locale vivace e frizzante. Sicuramente nessuno lì dentro avrebbe badato a loro. Si accomodarono ad un riservato tavolino all’angolo della sala principale, una di fronte all’altra. Un cameriere con un’imbracatura di pelle nera, borchiata, su una attillatissima camicia bianca perfettamente stirata, sì avvicinò a loro con un sorriso magnetico. Juls lo osservò per un attimo, in silenzio. Fu negli occhi profondi dell’uomo, che trovò ispirazione. «Per me un French 75.» «Per me una limonata, grazie.» Lui chinò leggermente il capo per confermare quanto ordinato e tornò dietro il bancone per preparare il tutto. «Allora, com'è andata?» Si concesse un ultimo sguardo e poi tornò a dedicarsi alla nipote. «Bene, credo.» «Hm. Che ti ha detto?» «Che ha avuto una relazione prima di conoscere mia madre e che hanno avuto una bambina» «E questo già lo sapevi. Ti ha detto altro? Ad esempio come mai è finita, questa relazione?» «No, in realtà.» Juls sospirò. Lasciò vagare lo sguardo verso la profondità della sala e poi tornò a dedicarsi ad Helena. «Credo tu ormai sia abbastanza grande per conoscere tutta la storia.» L’ex corvonero l'aveva sempre trattata come una persona capace di intendere e volere, persino da bambina. Non si era mai rivolta a lei con le stupide vocine che gli adulti riservavano ai più piccoli. Aveva un modo particolare di volerle bene, non vezzeggiativo ma protettivo e maturo, come in un rapporto tra pari e non tra alto/adulto e basso/bambino. E questo Helena l’aveva sempre apprezzato. La osservò, in quegli occhi proprio identici ai suoi. Una stretta allo stomaco fu il segnale che anche il suo corpo era pronto. Annuì leggermente col capo, pronta a farsi sommergere dalla verità. «Tuo padre è a conoscenza solo di una piccola parte dei fatti, quella che gli è rimasta nel profondo, che non è stata intaccata, né rimossa. Ma non è tutto.» Fece una pausa, cauta, per accertarsi di trovare le parole migliori. «È stato vittima di Amortentia e, con ogni probabilità, di Imperio.» Senza fronzoli, il dardo scoccò dell’arco. Lo sguardo vacuo di Hel, però, fu l’invito a spiegare meglio. «L'Amortentia è il filtro d'amore più potente del mondo. È una pozione che crea un fortissimo desiderio o ossessione per una persona, ma non il vero amore, che ovviamente non può essere creato artificialmente.» Non aveva idea di quanto la dodicenne ne sapesse dell’amore, ma sembrava seguire il suo ragionamento con attenzione, perciò proseguì «La Maledizione Imperius è invece un terribile incantesimo di Magia Oscura. Permette di avere un controllo totale sulla vittima, piegarla al proprio volere senza che nemmeno se ne renda conto.» Il cameriere fece ritorno con il cocktail in una flûte e la limonata in un bicchiere con ghiaccio, e li porse alle streghe con gentilezza. Entrambe ringraziarono e Juls riprese a parlare non appena lui si fu allontanato. «Quando tuo padre era più giovane sparì dalla circolazione per un po’. Inizialmente per perseguire i suoi obiettivi professionali, poi a causa di quell’arpia. Era un periodo in cui anch’io ero persa. Stavo cercando di capire chi fossi davvero; non ero di certo la persona che conosci oggi…» Sospirò, lievemente malinconica. Il periodo a cui si riferiva era quello di transizione, quando ancora il corpo femminile non le apparteneva. «Tuo padre è stato l’unico che mi ha sempre capita davvero e non mi ha mai giudicata.» Portò alle labbra il bicchiere alto, prendendone un piccolo sorso e poi posandolo sul tavolo con delicatezza, senza fare alcun rumore. «Ogni tanto ci scambiavamo dei gufi. Solo che più il tempo passava, più lui mi sembrava strano. Ho capito che qualcosa non andava quando gli dissi che avevo deciso di dirlo ai nostri genitori, ma che avevo paura di farlo perché sapevo come sarebbe andata a finire…e lui mi rispose con qualcosa come “penso che dovresti lasciar perdere e smetterla con queste sciocchezze”.» Sbuffò, gli occhi azzurri sgranati. «Ewan non mi avrebbe mai detto una cosa del genere. Non il vero Ewan.» Helena ascoltava, silenziosa ma attiva, cercando di cogliere ogni minima mutazione d’animo della strega dai capelli ribelli. Sapeva che quella storia non preannunciava nulla di buono, ma sapeva anche che era arrivato il momento di esserne a conoscenza. «Dopo quella volta, per testarlo, ho iniziato a parlare di cose assurde, cose che sapevo che lui non avrebbe mai condiviso: il fatto che dovessimo andare fieri di essere maghi purosangue, che dovessimo impegnarci a preservare la purezza, la razza, il sostentamento dell’unica comunità magica degna di esistere… insomma, tutto ciò che abbiamo sempre ripudiato. E sai poi cosa trovavo scritto nelle sue lettere di risposta? “È vero”, “Hai ragione”, “Quegli animali non meritano nemmeno l’ossigeno”, “I sanguemarcio dovrebbero estinguersi” e altre oscenità che non sto qui a ripetere. Poi un giorno ha raggiunto l’apice: “conosco una strega che vorrei presentarti. È una donna per bene, purosangue ovviamente. Sono sicuro che potreste formare una bellissima famiglia!”» Si portò una mano alla fronte e scosse il capo con forza. «A me? Dire una cosa del genere A ME? Che assurdità!» «Persino i sassi sanno che a te non importa nulla di queste cose!» «Infatti! Non c’erano più dubbi sul fatto che quelle lettere non erano scritte da tuo padre. Decisi allora di stare al gioco e far finta di desiderare quell’incontro più di ogni altra cosa al mondo, chiedendo però che fosse presente anche lui per fare le dovute presentazioni. Ci furono parecchi tira e molla, indecisioni, temporeggiamenti, scuse assurde, ma poi finalmente accettò e dopo circa due settimane ci incontrammo in un villaggio poco distante da Aberdeen, per un pic-nic fuori porta. C’era la tizia che voleva essere ingravidata, un’altra donna, una bambina di circa 2 o 3 anni… e tuo padre.» Una involontaria scossa alle spalle la fece rabbrividire. Helena, tesissima, ascoltava sporgendosi in avanti sul tavolo. «Tuo padre che non era ancora tuo padre. Ma non era nemmeno più mio fratello. Era un pupazzo di gomma. Non parlava, non mi guardava, non sorrideva, non reagiva. Sai com’è lui, molto emotivo, reattivo, timido ma presente. Ecco, non era niente di tutto ciò.» H. si portò una mano alla bocca, chiudendola poi a pugno per nascondere le labbra semi aperte per lo sbigottimento. La discussione stava iniziando a diventare pesante e non era sicura di riuscire a reggerla del tutto. «Non è stato difficile sbarazzarmi della tizia più giovane. Con la scusa di “conoscerci meglio”, ci siamo appartati e l’ho schiantata. Quando poi raggiunsi gli altri, facendo finta di averla persa, la donna che stava con tuo padre mi lesse sul viso che qualcosa non andava. Era la prima volta che schiantavo una persona in ambito non scolastico e ne rimasi abbastanza scossa. Ci fu una discussione accesa, poi dalle parole si passò ai fatti e poi persino alle bacchette. Fu uno scontro breve ma intenso. Non so nemmeno io come ho fatto ad uscirne viva. Fatto sta che proprio mentre stavo per evocare un incantesimo che mai avrei pensato di utilizzare -ti prego, non chiedermi quale-, la donna capì che non avrebbe potuto uscirne bene, così afferrò la bambina per un braccio e si smaterializzarono.» Juls bevve un altro sorso, Helena il primo. «La cosa più devastante però non fu lo scontro in sé… proprio nell’istante prima che le due sparissero, un pianto e quello straziante “PAPÀ!” urlato dalla nanetta, mi mandarono in tilt.» Socchiuse gli occhi, per deglutire quel boccone amaro. L’immagine della bambina che piangeva disperata era ancora fissa nella sua mente, seppure avesse cercato di dimenticarla più volte. «Tuo padre osservava il vuoto come un ebete. Nemmeno si era reso conto di tutto quello che era appena accaduto. Era talmente fatto di quella fottutissima Amortentia che nemmeno si ricordava che fossi sua sorella. O meglio, fratello, all'epoca.» Helena dovette reggersi la testa con una mano, perché stava iniziando a girare e ad essere pesante. Pesante ma fluttuante. Una sensazione strana, mai provata. Come potevano entrare tutte quelle informazioni, tutte quelle emozioni e rivelazioni nella piccola testa di una dodicenne? Come potevano poi fermarcisi tutte quante, senza causarle opprimente dolore? La terra sotto i piedi sembrava venire meno, ogni minuto sempre più intensamente. Juls, che percepì quella forte tensione, cercò di stemperare un po’ quel gelo. «Ero talmente scossa e arrabbiata che ad una certa gli sferrai persino un pugno!» Un riso amaro. «Mi ci vedi, fare a pugni?» La tassorosso, che nel frattempo aveva chinato il capo e lo reggeva con entrambe le mani, arricciò il naso esibendo un tiratissimo sorrisetto. «Scusami tesoro. Mi sto spingendo troppo oltre…» «No. Ti prego, vai avanti.» Juls sorseggiò nuovamente il suo drink. Posò la mano sinistra al centro del tavolo, con il palmo rivolto verso l’alto, pronto ad accogliere quello della nipote. Rimase vuoto per un po’, finché poi una mano minuta, fredda, andò a scaldarsi in quel porto sicuro. Due sorrisi si incontrarono, illuminando i visi scossi per qualche attimo prezioso. «Tu padre venne ricoverato al San Mungo e restò lì per alcuni mesi. Fu poco dopo essersi riabilitato che proseguì gli studi per diventare Magizoologo e durante una missione incontrò tua madre.» Helena arrossì, apprezzando l’introduzione di sua madre nel discorso come una boccata d’aria fresca in un pomeriggio di inizio agosto. «Ma perché quella donna ha voluto rapire mio padre?» «Non so. Troppo bello pensare che se ne fosse semplicemente innamorata.» Una smorfia, poi riprese. «C'era un tempo in cui nelle nostre zone giovani maghi e giovani streghe purosangue sparivano e venivano incantati per generare eredi di sangue puro.» «Veramente?» «Sì. Ma ti parlo di anni e anni fa. Credo che persino i nonni abbiano combinato l'unione tra i miei genitori, per lo stesso scopo, ma senza questi infimi mezzi. Diciamo che ai loro tempi era quasi normale, il matrimonio combinato. Sono sempre stati misteriosi a riguardo e sai bene che di certo non sono la prima persona a cui vorrebbero fare delle confidenze.» Si mosse appena, mentre una rughetta ai lati delle labbra carnose increspò momentaneamente il suo volto diafano. «Pensi sia successo lo stesso a mio padre? Un rapimento per "preservare la purezza del sangue"?» Virgolettò le ultime tre parole con un gesto delle dita e un tono sprezzante. «Questo non so dirtelo. Non conosco l'identità della donna e non so come possa essere arrivata a tuo padre. Ma non lo escluderei. Anzi… molto probabilmente è andata così.» «E chi pensi possa averla introdotta a lui?» «Una famiglia tristemente tradizionalista, forse? Ho cercato di indagare, parlare coi miei e tentare di capire. Si sono sempre dichiarati estranei e anzi, hanno fatto fuoco e fiamme quando ho solo provato ad introdurre l'argomento. Penso che tu non abbia mai visto tuo nonno veramente incazzato. Mi auguro che non lo veda mai.» Helena socchiuse gli occhi, incerta se domandare o no. La testa sempre più pesante, bruciante, pulsante. «Ma tu... Gli credi?» Juls inarcò un lato delle labbra, l’amarezza palese sul suo viso. Inspirò profondamente, prendendo un altro sorso. «Vorrei poterti rispondere di sì. Ma conoscendo mio padre non mi sento di escludere nulla.» La più giovane deglutì con forza, mentre l'altra, notando il suo disagio, le strinse la mano, rassicurante. «Le idee di alcuni maghi sono veramente oscure, Lena. C’è chi ucciderebbe per raggiungere i suoi assurdi scopi. C’è chi l’ha fatto. E c’è chi ha venduto suo figlio, o sua figlia, per un posto al Ministero o una bella somma di galeoni. Non t’immagini lo schifo che c’è dietro un bel vestito e un’eredità apparentemente impeccabile.» «Ma tu e papà, come avete fatto a… ?» non concluse la frase, non riuscendo nemmeno a capire che cosa volesse domandarle. Juls proseguì con il suo discorso, cercando di decifrare la domanda di Helena. «Io e tuo padre non siamo così. Tu padre, beh, sta con tua madre per amore, amore vero. Non t'immagini il caos quando ha comunicato alla famiglia la volontà di sposare una babbana. Con alcuni zii non si sono parlati per mesi, con papà -Rabastan- addirittura per quasi un anno. Ma Ew se n'è fottuto allegramente del loro giudizio e con la testa alta e l’animo ferito, ha seguito il suo cuore.» Hel sorrise appena, orgogliosa del coraggio di suo padre. «Quanto a me... beh, io scopo con chi mi capita e il mio sangue lo dò a tutti. Non vale più di quello di chiunque altro...» L’uomo al tavolo accanto con due enormi occhi nocciola alzò lo sguardo e rivolse un’occhiata a Juls. Una remota espressione maliziosa sembrò materializzarsi sul suo viso squadrato; sembrò stesse per alzarsi, ma notando Helena fece finta di nulla e si rimise comodo. Osservò nuovamente Juls, bramoso, ma si girò di spalle e non si intromise più in quel mondo che non gli apparteneva. Helena arrossì, totalmente a disagio, mentre la strega adulta glissò, facendo finta di nulla. «Quando gli hai chiesto maggiori dettagli non ti ha saputo rispondere, vero?» «Vero. Che rabbia, sembrava mi stesse prendendo in giro!» «Non è così, Hel. Lui non ricorda davvero. Per guarire è stato obliviato. Alcuni dei suoi ricordi sono stati ricostruiti mentre altri semplicemente oscurati. Non è colpa sua. Non ha mai voluto mentirti.» La tassorosso ascoltava con attenzione. Ogni parola apriva dei mondi dolorosi ed inesplorati nella banca dei suoi pensieri. Aveva riversato così tanta rabbia in suo padre, nella sorella sconosciuta…mentre loro in realtà non erano altro che due vittime degli sporchi giochi di una donna folle. Suo padre era stato un burattino tra le mani di una donna malvagia, un pupazzo da muovere, spingere, violare a piacimento. E quella sorella, che prezzo aveva dovuto pagare per avere un sangue prezioso? Com’era stata stupida, ad odiarla, a serbare rancore, a rimuginare e ingoiare rabbia. Avrebbe potuto parlare con suo padre e Juls da subito, chiarire la questione, indagare, aprirsi e raccontare i suoi dubbi…e invece aveva passato mesi con l’animo avvelenato, tra incubi terribili e insonnia straziante. «Ma poi, che fine hanno fatto la donna e la bambina?» «Non ne ho la minima idea. La donna è ricercata dal Ministero della Magia e ha una cella ad aspettarla ad Azkaban. Della bambina invece non si è mai saputo nulla.» «Pensi che sia davvero ad Hogwarts?» «Sì, è molto probabile.» «E la lettera che ho ricevuto ad inizio anno, chi pensi possa averla scritta?» «Non ne ho idea. Ma chiunque l’abbia scritta, credo che sappia molto più di quanto ne sappiamo noi.» Milioni di domande, milioni di risposte non pervenute. Come avrebbe trovato sua sorella, se di lei non sapeva praticamente nulla? E aveva ancora senso odiarla, dopo quanto appreso? Dopotutto non aveva alcuna colpa. Solo la sfortuna di essere nata da una relazione fittizia, dall’imitazione dell’amore ma che amore non fu mai.
| Contest a tema: novembre 2022 | Edited by Helena Whisper - 14/5/2023, 11:43
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