The milky way, Colloquio di Katherine Amelia Keller

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view post Posted on 3/3/2021, 17:32
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Il Fato

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La quiete pomeridiana dei primi di marzo aleggiava, signorile, sulla via principale di Diagon Alley, che attendeva l’arrivo della primavera.
Tra le botteghe variopinte, la gelateria di Florian Fortebraccio risaltava per i suoi colori pastello. A guardarla, ancor prima che a entrarvici, era possibile assaporare con la vista la dolcezza dei suoi prodotti e immaginare — non senza una certa difficoltà — il momento in cui fosse stato necessario scegliere tra una miriade di prelibatezze diverse, rimandando a un altro giorno l’assaggio di quelle scartate.
Comodamente posizionati sul selciato, le sediole e i tavolini oramai vuoti attendevano di essere riposti all’interno del locale, dove avrebbero trovato riposo fino all’indomani. Le piccole sciccherie di abbellimento sui tavoli — coppette di gelato cangiante, piccoli muffin levitanti e fette di torta scomponibili —, a loro volta, occhieggiavano ai pochi passanti rimasti sulla strada, quasi che volessero dire “se non siete venuti oggi, fareste bene a venire non appena sorgerà il sole per scoprire quanto di buono c’è da offrire qui”.

La porta d’ingresso era chiusa e, sui suoi vetri, stava poggiato un cartello che segnalava la chiusura a grandi e simpatiche lettere.
La gelateria, tuttavia, non era vuota, né ancora perfettamente in ordine. Tra gli espositori, infatti, si aggirava un omone tutto d’un pezzo, alto quasi quanto era largo. Indossava una maglia chiara sul petto imponente e sul ventre rotondo; lunghi calzoni di un azzurro tenue e un grembiule verde acquamarina legato sulla curva abbondante dei fianchi.
Sul viso giocondo, portava un paio di folti baffi neri arricciati alle punte, che gli donavano un’aria a tratti severa e a tratti compagnona. Curatissimi per il vezzo della vanità, rimanevano fieramente pettinati nello spazio tra il naso a patata e le labbra carnose nell’uomo.
Erano una delle ragioni per cui chiunque avesse incontrato Fernando Fortebraccio difficilmente si sarebbe dimenticato di lui.

Aveva deciso di attardarsi nella risistemazione della bottega, quel giorno, per un motivo ben preciso. Benché gli affari andassero appena più a rilento che nei mesi estivi, la gelateria Fortebraccio teneva ritmi incalzanti per tutto l’anno. E, se di solito i garzoni non mancavano, l’approssimarsi degli esami di fine anno aveva reso più complicato trovare la manodopera volenterosa nei figurini degli studenti di Hogwarts.
Era una fortuna che, non molti giorni prima, l’applicazione di una giovane fosse giunta alla sua attenzione. Katherine Amelia Keller: tanto riportava il curriculum, insieme a qualche altra informazione di cui, in verità, Fernando non sapeva che farsene.
Era quel genere di persona, invero, che preferiva valutare una risorsa dopo averci trascorso del tempo insieme faccia a faccia. Gli piaceva notare i dettagli nell’atteggiamento degli altri, che si manifestavano solo in un clima di spontaneità. E gli piaceva ancora di più fidarsi del suo sesto senso; e quello non avrebbe di certo potuto attivarsi dinanzi a un misero pezzo di carta.
Per questo, le aveva dato appuntamento quel pomeriggio alle 17, una volta che avesse chiuso la bottega al pubblico e si fosse potuto dedicare a fare la conoscenza della ragazza con serenità e proprio nell’ambiente che, se le cose fossero andate bene, le avrebbe fatto da luogo di lavoro.

Deponendo lo strofinaccio e passandosi una mano sui baffi, ecco che Fernando imboccava la via della porta d’ingresso, l’apriva e si accomodava su una delle seggiole del patio esterno. Al sole oramai intiepidito, la sua pelata brillava come una sfera di cioccolato bianco temperato, donandogli un aspetto di vitalità e calore.
Giacché mancava ancora qualche minuto all’ora designata, egli estrasse dalla tasca dei pantaloni quel che rimaneva di un tozzo sigaro alla vaniglia. Il fumo non lo esaltava; era, piuttosto, una di quelle abitudini alle quali si rimane legati per affezione e non per dipendenza. Perciò, quando suo marito Adolf non era nei paraggi per rimproverargli di attentare alla propria salute, Fernando si concedeva il lusso di una sfumacchiata ribelle.
Inalò una boccata di tabacco e la lasciò scivolare sulla lingua ruvida per la sete, dopodiché espirò ad occhi chiusi.

Era una bella giornata per conoscere qualcuno.


Benvenuta al tuo colloquio, Katherine!
Tutto quello che c'è sa sapere, per quanto riguarda l'ambientazione in cui verrà a svolgersi l'incontro, lo trovi nel post. Ciononostante, se dovessi avere dei dubbi, sentiti libera di contattarmi via MP.
Per il resto, ti faccio alcune raccomandazioni:
Posta le tue statistiche e un inventario plausibile, considerate le circostanze.
Non modificare i post. Se volessi modificare qualcosa, è necessario che tu prima proceda a contattarmi. Solo se ti darò un parere positivo, potrai procedere alla modifica, non prima.
Rispetta le scadenze. Se dovessi avere bisogno di una proroga, contattami almeno 24 ore prima. Sarò felice di concedertele senza problemi.
Divertiti e usa la fantasia. Il gioco serve a questo! (;

In bocca all'acromantula!

Scadenza: 9 Marzo alle ore 23:59
 
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view post Posted on 6/3/2021, 10:41
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Katherine Amelia Keller
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Potresti aspirare ha qualcosa di meglio, lo sai questo? Ormai era un’abitudine consolidata quella di sua nonna, impicciarsi era un difetto che Katherine non riusciva più ha sopportare. Che le facesse domande su dove fosse stata tutto questo tempo, andava bene, in fondo era una genuina preoccupazione che aveva nei suoi riguardi; che le domandasse chi avesse conosciuto nei vari viaggi e se magari da qualche parte qualcuno l’avrebbe potuta aspettare; come se sua nonna non la conoscesse e non capisse perfettamente cosa pensasse sulla questione uomini e che di quest’ultimi non ne voleva sentir parlare, se non in ambito di amicizia, era già abbastanza imbarazzante e un tantino terribile parlarne con lei, figurati se le avrebbe detto qualcosa, ma ora di certo si stava esagerando. Girandosi col capo ha guardare la donna seduta elegantemente sulla sedia posta vicino al tavolinetto del salottino, proprio alla sua destra decise di rispondere e porre fine alla questione. Nonna sai perfettamente che è ciò che voglio e che quello che avevi programmato, per me non era per nulla gradevole. Lavorare al Ministero, chissà cosa le era passato nella mente, storse il naso pensando che semplicemente voleva che portasse avanti la tradizione nel lavorare in quell’luogo ma certamente lei l’avrebbe spezzata e proprio in quello stesso pomeriggio. Sospirando prese in mano la tazza di porcellana bianca e decorazioni rosate. *Le preferite della mamma.* Pensare a sua madre ormai era qualcosa di giornaliero e chissà cosa lei avrebbe detto in questa occasione, forse sarebbe solo stata orgogliosa di lei e della fermezza nelle sue decisioni. Chiuse gli occhi e prendendo un piccolo sorso con delicatezza, diede con calma un colpo all’orologio che portava al polso e che indicava le quattro e mezza. Forse e il caso di andare, non vorrei fare tardi. Tirandosi su, lascio che la tazzina scivolasse dalle sue mani, al tavolino di fronte a lei e poi si voltasse per uscire dal salone, prima però passo vicino a sua nonna per darle un delicato bacio sulla guancia come saluto.

Smaterializzarsi lasciava sempre una strana sensazione allo stomaco, non le piaceva molto ma era di certo un metodo veloce per spostarsi da un posto all’altro senza affaticarsi molto. Alzò lo sguardo, puntandolo con gioia al cielo sereno e al sole e i suoi raggi che quel pomeriggio illuminavano tutta Diagon Alley e la gente che fluiva con passo veloce nella stradina. Sorrise con calore per poi allungare la mano verso la borsa che portava e tirare fuori un paio di occhiali, facendolo fece per sbaglio sfilare anche la lettera che qualche giorno prima aveva ricevuto; quella in cui si accettava la sua candidatura come garzona alla Gelateria Florian Fortebraccio WizCafè. Mordendosi un labbro prese la lettera da terra e la infilò alla svelta nella borsa per poi inforcare gli occhiali da sole babbani e con passo avanzato dirigersi verso il luogo designato, di certo non premeva per fare tardi e magari far avere una cattiva idea a chi avrebbe incontrato per quel pomeriggio. Avvicinandosi poté notare una persona comodamente seduta al di fuori della Gelateria, che fumava quello che ha lei parve un sigaro e sembrava avere un'aria serena.
* Chissà se sarà lui a farmi il colloquio.* Il pensiero le attanaglio lo stomaco ma cercando di ritornare in se stessa si avvicinò a quest'ultimo cercando di mettere sù, la sua solita faccia neutra e con voce gentile ma ferma esordire verso l'uomo. Salve sarei qui per un colloquio e lei con cui devo parlare? e allungando la mano forse per farsela stringere e presentarsi a dovere continuò; Piacere Katherine Keller.

3bkRz
‹ PS: 160 ‹ PC: 110 ‹ PM: 110 ‹ EXP: 23

Inventario

- Bacchetta di Legno di Frassino, Crine di Thestral, 12 pollici e ¼, rigida.

Incantesimi & Abilità

- Terza Classe di Incantesimi (COMPLETA) esclusi i Proibiti
- Pozioni Facili e Medie

Riassunto & Status delle Ferite

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view post Posted on 8/3/2021, 18:14
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Il Fato

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Katherine raggiunse il luogo dell’incontro, ché Fernando era immerso in un’intricata serie di riflessioni. Il punto focale della grande matassa che ne stipava il cranio era il rapporto col marito Adolf e l’enigma che si era recentemente insinuato tra loro.
Un paio di sere prima, di ritorno dal lavoro, Fernando aveva trovato Adolf in salotto con espressione cupa. D’istinto, per come lo conosceva bene, si era subito immaginato di avere la responsabilità della cappa di negatività che aleggiava sopra l’altro, sebbene non sapesse spiegarsi né il come né il perché.
Suo marito era un uomo umorale e sensibile ben oltre la media. Si era innamorato di lui per quello, del resto: per l’incredibile capacità che aveva di immedesimarsi negli altri e di dire sempre la cosa giusta al momento giusto. Come contrappeso a questa sua dote speciale, c’era tuttavia il fatto che bastasse davvero poco a turbarne gli equilibri.
Non che fosse mai stato un problema. Fernando, di contro, aveva un’indole bonaria e semplice; era una persona alla mano, gentile e capace di suscitare una risata sulla scia della spontaneità. A volte mancava di tatto, certo, e alcuni ragionamenti gli erano proprio preclusi, ma il suo radicamento alla realtà e la sua immunità ad alcune emozioni troppo profonde erano il segreto che riportava a terra Adolf, sottraendolo alle nubi di tempesta dei suoi pensieri.
Erano perfetti per stare insieme e lo avevano sempre saputo. Di recente, però, qualcosa era cambiato. Ogni volta che posava lo sguardo sul viso del marito, Fernando coglieva sfumature illeggibili che lo turbavano: era un sentimento a metà tra il terrore e la ferocia, quello che leggeva sui lineamenti dell’altro. E non capitava di rado che avesse proprio lui, Fernando, come destinatario prediletto.
Aveva fatto qualcosa di male? Aveva mancato una data importante o non dato peso alle reprimende di Adolf? Se l’era inimicato con la sua goffaggine emotiva, pronunciando parole superficiali che l’avevano ferito?

Stava passando in rassegna i suoi comportamenti dell’ultimo trimestre — quelli che riusciva a ricordare, insomma — nell’istante in cui la voce di Katherine lo raggiunse e infranse la bolla nella quale era rimasto intrappolato.
Era questo il motivo per cui la osservò, dapprima, come istupidito, battendo le palpebre senza spiccicare parola mentre un rivolo di fumo gli abbandonava le labbra e s’inerpicava su per un ricciolo dei baffi. Dopodiché, le rivolse un caldo sorriso, agganciò il mezzo sigaro tra i denti e le prese la mano con la sua.
«Signorina Keller… Certo, certo, eccola qui! Benvenuta!» Ancora parzialmente intontito, sciolse la stretta decisa in cui aveva avviluppato le dita della giovane e la guardò dall’alto del suo metro e novantacinque. Si era alzato come gesto di galanteria. Con fare pratico, le indicò la sedia che stava allo stesso tavolino dove era rimasto accomodato fino a meno di un minuto prima. «Sono proprio io quello con cui si farà quattro chiacchiere. Ma, prego, sieda!»
Stando bene attento a non risultare sgradevole o inopportuno, non perse occasione di studiarla nei modi e nel vestiario. L’apparenza poteva dire tutto o nulla di una persona, ma era sicuramente qualcosa che valeva la pena di appuntarsi per formare il quadro in continuo divenire di una nuova conoscenza. Avrebbe di certo perso peso via via che fossero entrati nel vivo del colloquio.
«Oggi è proprio una bella giornata, non trova? Una di quelle soleggiate che non si vedono tanto spesso qui a Londra. A proposito, lei vive in città o è una pendolare?» chiese con semplicità, in parte mosso dalla curiosità e in parte dal desiderio di indagare il genere di impiegata che ella avrebbe potuto essere. «Mi dica un po’, se le va, com’è che le è venuto in mente di presentarci il suo curriculum» continuò, salvo poi rendersi conto che il suo parlare lasciava spazio a interpretazioni. Ridacchiò. «Non mi fraintenda, la prego! La nostra gelateria è una delle più famose di Londra e sicuramente la migliore — le strizzò un occhio, aspirando una boccata di fumo —, ma voglio sapere di più. Quali sono le sue aspirazioni? Cosa l’ha condotta da noi e cosa si aspetta di ottenere da questo impiego, se dovessimo prenderla?»

Fernando, com’era nel suo carattere, era andato dritto al sodo, saltando a piè pari uno o due passaggi di dovuta formalità che ai suoi occhi erano troppo. Non gl’interessava girare attorno al nocciolo della questione e vedere entrambi riempirsi la bocca di riferimenti curricolari. A lui importava conoscere la persona che aveva di fronte e capire quale percorso avesse in mente di intraprendere, non ciò che aveva già fatto ed era parte di un intangibile passato.
Forse, non avrebbe messo a suo agio Katherine con quella prima fase d’interrogatorio, ma confidava che si sarebbe sciolta presto… Certo, ammesso che fosse stata quella giusta per il ruolo!
 
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