CASEY BELLvs. Mike T. Minotaus
• PS:215/239 •
• PC:212/217 •
• PM:234/237 •
LA GIORNATA DEL DUELLANTESfruttare il proprio dolore per dare una pronta risposta all'esterno è cosa comune, e Casey non era esente da questa piccola caratteristica umana. Ognuno sfrutta i mezzi che ha, soprattutto con la consapevolezza che gli appartiene. Di norma, quando gli input generano reazioni intense, in un modo o in un altro si tenderà a rispondere in maniera del tutto caotica e impulsiva; persino quando ci si sforza a mantenere il controllo, la mente e il corpo bruceranno quell'energia di troppo che altrimenti li devasterebbe.
Quel gesto del passare la palla, raccogliere il proprio "dolore" per lasciarlo rimbalzare verso l'obiettivo, avvenne in maniera del tutto casuale. Il
Confundo si tramutò mentalmente in un
Lucis Ambitus, non per i suoi sostanziali effetti, ma per ciò che il primo le aveva lasciato dentro. Confusione, disorientamento, una totale tabula rasa dei pensieri tramutabile in puro candore della luce bianca; infine frustrazione.
Realizzò ciò che aveva fatto non appena la bacchetta partorì l'incanto, e si sentì illuminarsi, cogliendo motivazioni e pensieri che fino a quel momento non erano mai stati in grado di affiorare dal suo raziocinio.
La vera vittima delle sue fiamme non erano Ariel né Mike. Vi avrebbe dato il nome di Drinky, se solo ce l'avesse avuta di fronte in quei momenti. Ma non si trattava di lei né di nessun altro, e per inciso non aveva un volto a meno che il dolore stesso non si incarnasse in una forma antropomorfa. Quel dolore aveva l'aspetto di un calderone, e dentro bollivano e si rimestavano i mille fatti e pensieri che avevano caratterizzato la sua vita fino a quel momento. Ed erano odio, rancore, rabbia, aggressività, solitudine, ferite aperte ancora sanguinanti che lei, impacciata, tentava di ricucirsi da sola mentre altri mille fatti e pensieri la rincorrevano e la prendevano per il collo nel Presente. E l'unica risposta che lei era in grado di dare ad essi era composta da odio, rancore, rabbia, aggressività, solitudine, nell'infinito girotondo di un cane che si morde la coda.
L'urto dell'acqua fu assai doloroso, specie per le parti molli del volto. Chiudere gli occhi brucianti non bastò per attutire il colpo, e lo assorbì a denti stretti. La manica funse da asciugamano: nell'esatto istante in cui il getto sarebbe finito, il tessuto del braccio sinistro sarebbe passato lesto sulle palpebre bagnate per permetterle di riaprirle. In fondo non si trattava di nulla di che, nemmeno di un taglio. Forse un po' di fastidio, di tempo perso e mancato focus sull'obiettivo.
L'improvvisa illuminazione non aveva fatto altro che spronarla. Guardato, anche se per un attimo lungo quanto un baleno, il suo interno dall'alto, la nuova consapevolezza la spinse ad agire repentina per darsi da sola conferma alle proprie teorie. Avrebbe puntato immediatamente la bacchetta contro il petto di Mike, e avrebbe flesso il braccio verso di sé in uno scatto per poi ridistenderlo con prontezza nuovamente contro il petto di lui. E mentre l'ultimo movimento si sarebbe svolto, il fragore dell'odio, del rancore, della rabbia, dell'aggressività e della solitudine confluì nel suono deciso della sua voce, ferendo l'aria:
«STUPEFICIUM!!!»Queste sensazioni, queste emozioni, questi sentimenti, erano cose di cui non poteva privarsi. Se nulla si crea e nulla si distrugge, nemmeno il suo dolore può scomparire col colpo di una bacchetta di nocciolo. Può tramutarsi - in magia, magari - e dissiparsi così nell'aere, creando o distruggendo. Il miglior modo, però, rimaneva farlo consapevolmente. Aprire il rubinetto all'occorrenza, sfogarsi in un gioco, e lasciar correre l'acqua finché l'
Incendio non veniva tramutato in cenere e vapore. Veicolando, non essendo veicolati. Reagendo, ma senza esplodere.
Casey, figurandosi il raggio scarlatto fuoriuscire dal catalizzatore, avrebbe aperto il rubinetto per attingere al dolore che ella stessa doveva infliggere: una palla di cannone in picchiata sul bersaglio. Non se ne sarebbe pentita questa volta, perché ora, forse, sapeva come ammaestrare le fiamme inestinguibili del suo inconscio.