Check mate, w: Horus

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view post Posted on 11/4/2021, 01:35
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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Anthony Sullivan amava della pensione la libertà di aggirarsi per i centri urbani senza dover dare peso al tempo.
Non c’era nessun ufficio ad aspettarlo e nessun superiore pronto a bacchettarlo se in ritardo. Da quando aveva scoperto che un gruppo di sui coetanei si riunivano di tanto in tanto fuori Florian Fortebraccio per giocare a scacchi magici nei tavolini all’esterno del locale, aveva preso l’abitudine di uscire di buon ora con la sua vecchia scacchiera per passare qualche ora in compagnia. Tutto bello fino a quando non incrociò lo sguardo con tale Ariel Vinstav.

Troppo giovane per omologarsi alla massa di pensionati dietro le pedine, troppo energica e frizzante per andare d’accordo con la sua riservatezza e fin troppo attenta per i suoi gusti.
Era sotto di due cavalli e cinque pedoni rispetto ai suoi calcoli e sebbene stesse venendo stracciato dalla ragazzina, questa gli sorrideva come se fosse affascinata e ammirata da lui.

Anthony si sentiva preso per i fondelli, insomma.

«Eeee scacco matto!»

Per questo quando la spada del Re Bianco cadde con un tonfo sulla scacchiera, segnando la sua sconfitta, il buon vecchio Anthony non si sprecò in strette di mano o commenti, ma si alzò di scatto berciando una serie di commentacci sulle note del “Dannati francesi”, “Venuti a rovinare la mia domenica mattina” e così via.
In poco tempo la scacchiera era stata chiusa e l’anziano con l’oggetto sotto braccio scoccò un’ultima occhiataccia ad un Ariel sorridente, prima di allontanarsi in una marcia serrata.

«CIAU CIAU MR. SULLY»

Scosse le braccia a destra e manca, salutando l’uomo le cui illazioni per fortuna non risultarono udibili.
Così, la giovane rimaneva da sola ad uno dei tavoli liberi, circondata da un gruppo di altri dieci anziani ben vestiti che le donarono sorrisi compiaciuti o raddolciti dalla solarità della loro inusuale compagnia.
«Bisogno che qualcuno di noi venga a darle del filo da torcere, Miss?»

Uno degli uomini più vicini si sporse da sotto il suo ombrellone, mostrando un sorriso dolce e nascondendo con difficoltà il principio di una risata, presumibilmente nata dall’aver assistito alla disfatta di Anthony.

«Ooh. Lei è un tesorin, ma penso che proverò a convincere qualcun altro! Non si disturbi e torni alla sua guerra!»

Ariel rimase al suo posto, sola per qualche minuto, intrattenuta solo dalla ricerca nella sua tracolla della sua scacchiera portatile in legno.
Una volta terminata la preparazione e disposizione dei pezzi, decise di tornare a studiare la via con lo sguardo.
Fu una decina di minuti più tardi che una figura colse il suo sguardo.
Non era ben chiaro cosa avesse attirato la sua attenzione, ma Ariel si ritrovò a puntargli il dito contro, stendendo totalmente il braccio sinistro verso l’uomo di passaggio.

«EHI EHI EHI EHI
Ti va una partita a scacchi? Si?
Ti offro qualcosa da Fortebraccio!
Ho una bella scacchiera in legno!
Accetto tutti: folletti, mezzi giganti, licantropi e persino gallesi!»


Qualcuno dietro di lei scoppiò a ridere mentre continuava a giocare ed altri si permisero di commentare a voce il tutto con un divertito “poverino”.
Horus, il poverino in questione, aveva appena incrociato il suo percorso con una giornalista eccessivamente entusiasta.


Ariel se ne stava a puntarlo con l’indice mostrando un sorrisone divertito e giocoso, come ci si aspetterebbe di vederlo sul volto di un bambino nel bel mezzo di una marachella. Alla vista sarebbe potuta sembrare più giovane della sua età, ma il fatto che si trovasse di domenica mattina a Diagon Alley nel bel mezzo dell’anno scolastico poteva rendere più difficile pensare fosse una studentessa di Hogwarts. L’accento francese, poi, era difficile da non notare dopo la sequela di frasi che aveva espresso per attirare l’attenzione di Horus.
Una volta tanto la stranezza non stava negli abiti, sorprendentemente selezionati con una parvenza di logica: un lungo vestito verde percorso da decori dorati a tema botanico e un paio di stivaletti di pelle nera, graffiati su più punti.
Forse sarebbe risultata finalmente nella norma se non fosse stato per il rametto di fiori bianchi che nel parlare aveva deciso di poggiare sul suo labbro superiore, arricciandolo per far finta fosse un baffo.

«DIRESTI FORSE DI NO AD UN UOMO ANZIANO?»
Ah beh. Credibilità.



Edited by petrichor. - 20/4/2021, 16:44
 
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Era una bella giornata di sole in Diagon Alley, insolitamente calda per gli standard inglesi. Gli uccellini cantavano, le persone si salutavano allegramente per strada e Horus imprecava come un disperato, in cuor suo, perché quell’infame di BinchiBonchi o come diamine si chiamava quel goblin del cavolo, aveva ben pensato di non accettare il suo mandato di Spezzaincantesimi, nuovo di zecca.
« Come sarebbe a dire “falso”? » Horus contò fino a dieci, trattenendo a stento il tremito di rabbia che animava la sua voce e che era invece chiaramente percepibile nella sua indignazione. Il Goblin, dall’alto del suo scranno, gli rivolse un cenno infastidito, senza nemmeno degnare di un’occhiata la pergamena —ancora sigillata— che aspettava sul suo tavolino, tra un grosso rubino scheggiato e una manciata di cristalli non più grandi di un pence.
« Io sono autorizzato ad accedere a quella Camera Blindata. Leggete il mandato, perlomeno. » Ripeté Horus, con più calma, infilandosi le mani nelle tasche per non strozzare la creatura indisponente. Era il suo primo incarico e Etsuko, il suo superiore, aveva aspettative così alte su di lui, che solo il pensiero di fallire ancor prima di cominciare gli faceva montare una rabbia che avrebbe volentieri raso al suolo quella stupida banca e i suoi stupidi dipendenti.
« Signor… »
« Sekhmeth. »
« Sì, Sekhmeth, senta. » Il Goblin arricciò le labbra carnose in uno sgradevolissimo sorriso e Horus immaginò di tirargli un pugno direttamente fra moccio e bava.
« Soltanto un paio di giorni fa un suo… ehm… presunto collega, si è presentato qui con il medesimo foglietto e si è rivelato un falso. L’accesso alla Camera Blindata settecentoventisette è consentito solo agli Spezzaincantesimi autorizzati. » Con supponenza, la creatura continuò a sorridere, scoprendo denti piccoli e aguzzi. Quanto doveva godere di quella posizione di superiorità?
*Figlio di Morgana schifoso maledettissimo* « Lo comprendo, ma vi ripeto che io sono autorizzato. Non può saperlo se non legge il… » « EGREGIO! » Lo interruppe il Goblin, alzando la voce e facendo girare tutti i presenti nell’ingresso di marmo. « Come le ho detto, deve venire con un superiore. » Aggiunse mellifluo. Cinquanta sfumature di rosso illuminarono gli occhi grigi dell’uomo che gli stava di fronte.
« Inviate un gufo al Ministero allora. » Sibilò, caustico, sillabando ogni lettera in faccia all’infame.
« Oh, no no no no! » Gorgheggiò quello, unendo le punte delle lunghe dita appuntite. « È il Ministero quello che è interessato alla Camera Blindata settecentoventisette, non noi. »
« Ma voi ci avete convocati! » Ormai al limite della sua pazienza, Horus era sul punto di attaccare. Mai avrebbe pensato che trattare con i Goblin sarebbe stato tanto difficile e il solo pensiero di tornare al Ministero e dire ad Etsuko: “No guarda quelli vogliono che mi accompagni” era abbastanza avvilente da spingerlo a preferire l’arresto per aggressione, a una simile umiliazione.
« Non io personalmente! Torni con un suo superiore che confermi l’autorizzazione e le darò la chiave. Buongiorno. »
*Un cazzo.*
Riprendendosi di malagrazia il rotolo di pergamena ancora intonso, Horus uscì dalla Gringotts ponderando quanti Bombarda sarebbero serviti per far saltare in aria BinchiBonchi e tutta la sua razza. Quando si fermò sulle scale della banca, sospirò, socchiudendo gli occhi al sole, ravvivandosi i capelli lunghi. Non poteva tornare al Ministero, non dopo quella sconfitta patetica, così decise che sarebbe tornato non appena quello stronzo avesse finito il suo turno; a costo di attendere tutto il giorno e di rientrare a notte fonda, avrebbe recuperato quella stramaledettissima —letteralmente— spilla etrusca.
Niente affatto sereno, però, Horus si incamminò per Diagon Alley con l’intenzione di smaltire la rabbia. Sarebbe forse stato più complesso se di punto in bianco, mentre passava di fronte Florian, non gli piombò davanti la ragazza più stramba che avesse mai visto. 
« EHI EHI EHI EHI! Ti va una partita a scacchi? Si? Ti offro qualcosa da Fortebraccio!
Ho una bella scacchiera in legno! Accetto tutti: folletti, mezzi giganti, licantropi e persino gallesi!»

« Cos?!» Colto di sorpresa dall’insolita richiesta —ma anche dalla comparsa improvvisa— Horus si guardò intorno, convinto che non stesse parlando proprio con lui. Non vide nessuno, ad esclusione di un anziano mago che si andava allontanando borbottando a gran voce.
« Ah! N-no ecco… non mi pare proprio… » Ok sì, ce l’aveva con lui e così portò le mani avanti, agitandole. Solo allora si accorse del capannello di vecchietti che attorniava la ragazza che, divertiti, patteggiavano per lei e compativano lui.
E proprio quando la situazione non poteva farsi più assurda, eccola lì, che si piazzava un rametto sopra le labbra e si fingeva un baffone. Nel mentre un uomo tarchiato, con una lucente pelata e una barba quadrata gridava, tra gli ombrelloni: “Suvviaaa giovanotto! Come si fa a dirle di no!”
Horus, che era palesemente a disagio nel ritrovarsi improvvisamente al centro di quell’assurda situazione, la guardò sorpreso con un’espressione ambigua dipinta sul viso giovane.
Poi scoppiò in una risata così grande che se ne stupì persino.
« Ma sì, perché no? Ho del tempo da perdere. » Si arrese, con ancora il riso sulle labbra e seguendo la ragazza al tavolo. La sconosciuta indossava un abito scuro che risaltava in maniera incredibile la capigliatura candida. Per un folle, assurdo momento gli ricordò Nieve e da quanto tempo non la vedeva, né sentiva. Ma lei in quel momento doveva essere a scuola e Horus dubitava di esser cambiato così tanto da non essere riconosciuto.
« Ma ti avverto, se vinco io… mi dovrai un favore. » L’idea balzana gli era venuta in mente nell’esatto momento in cui si era seduto al tavolo e aveva guardato nei grandi occhi la sua sfidante. Un sorriso furbo gli illuminò il volto, mentre lasciava a lei la scelta del color delle pedine. .

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view post Posted on 20/4/2021, 16:12
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Dopo BinchiBonchi e la sua vena bisbetica da goblin, persino Ariel e la sua capacità d'invadenza di una bambina di tre anni potevano risultare affabili.
Bastò sentirlo e vederlo scoppiare a ridere perché sul volto della giornalista si dipinse un sorriso enorme, largo abbastanza da sostenere da solo senza sforzo il rametto fiorito che teneva premuto contro il volto.
I piedi cominciarono a dondolare sotto il tavolo e la sedia, scalciando l'aria per cercare di smorsare l'euforia e l'improvviso rush di buon umore che il semplice riso dello spezzaincantesimi le avevano trasmesso.
Aveva qualcuno con cui giocare e lo aveva già fatto ridere: inutile dire che solo per questo momento la giornata di Ariel era già diventata la migliore di sempre.
«Yeeeh! Ha sentito Mr. Tibb?» Si voltò di scatto alla sua sinistra, adocchiando lo stesso uomo tarchiato che aveva spronato Horus ad accettare la buffa richiesta di Ariel.
Tiberius, chiamato da Ariel "Mr. Tibby", era un abitué del gruppo di scacchisti della domenica e nelle settimane dall'ingresso della giornalista nella loro comitiva si era abituato in un colpo d'occhio alle sue stramberie. Non a caso sollevò la mano destra per fargli un cenno d'approvazione, mimando con le labbra un "Good Job" che rese lo spostamento frenetico dei piedi di Ariel più rapido.
Un bene che Horus si sarebbe seduto subito dopo, o avrebbe rischiato di beccarsi un colpo di stivale contro la caviglia alla faccia dell'invito a scacchi.
«Un favore?»
Sollevò le sopracciglia di scatto. Le gambe si fermarono e i piedi trovarono ancoraggio contro le gambe della sedia, incastrando le caviglie dietro queste.
«Dipende: se perdo devo offrirti le famose Cioccofarfalle del menù primaverile?»
Come quello potesse essere un valido favore da chiederle lo sapeva solo lei.
Si guardò attorno, poi, fingendo un fare circospetto che nella resa sarebbe sembrata più un'imitazione fatta molto male di una spia nei vecchi film noir dei babbani.

Sfilò il rametto da sopra il labbro e se lo portò contro il mento, strofinandolo con i fiori con fare pensoso.
«Devo tirare fuori lo stacco coscia?»
Accusò, puntando i boccioli contro il volto di Horus con uno scatto del braccio e un rapido ruotare del polso, nemmeno quella fosse una bacchetta.
"Tirare fuori lo stacco coscia", poi, era un'analogia pessima per qualunque strano pensiero perverso e molesto immaginabile.
«O ancora peggio, qualcuno ha spifferato e sai della mia collezione segreta di foto di zampine di gatto?»
O gosh, le scabrosssime e illegali zampine di gatto!
Sarebbe stato tutto molto divertente - più o meno - non fosse che sarebbe sembrata e suonata particolarmente seria e convinta.
«Nell'ultimo caso, citando le famose parole di mio nonno: "Ho moglie e figli, prendi loro".»
Forse era meglio tornà indietro a farsi insultare da BinchiBonchi, BongoBongo e la sua famiglia di goblin onomatopeici.

 
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view post Posted on 12/5/2021, 11:14
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Se era rimasto colpito dall’esuberanza travolgente della misteriosa ragazza che l’aveva letteralmente accalappiato per una partita di scacchi, non rimase deluso nemmeno quando s’accomodarono al tavolino. Circondati dal solito capannello di vecchietti curiosi (che più osservava, più pensava fossero una specie di tifosi della ragazza), Horus osservò per un momento la sua sfidante. Se un momento prima era convinto di aver fatto la cosa giusta a seguirne l’invito, l’attimo dopo un terribile dubbio, suscitato dall’aspetto di lei, si era fatto largo nella sua coscienza. Con apparente tranquillità —cercando di ignorare i vecchiardi— dispose le pedine rimaste, come da prassi, sulla scacchiera.
« Le cioccococosa? » Si ritrovò a rispondere perplesso, sollevando un sopracciglio. Poi si ricordò improvvisamente di dov’erano: Fortebraccio. Piegò il collo all’indietro, guardando con fare scettico l’entrata della gelateria. L’abbordaggio era stato così improvviso che aveva seguito la stramba piratessa sulla sua nave senza prestare la minima attenzione di dove stesse andando. E se era un’improbabile trovata pubblicitaria del vecchio Florian?
« Oh! Quelle!» Eh, sì, quelle, ma quelle che cosa?
Spaventato all’idea (più che probabile) di ritrovarsi sommerso da un mezzo quintale di zuccherose farfalle al cioccolato, s’affrettò ad alzare le mani, in segno di difesa. « No no, niente roba dolce, grazie. » E si era appena convinto d’essersi salvato, quando ecco arrivare due proposte assolutamente assurde una dopo l’altra che lo lasciarono sorpreso e divertito come era accaduto già pochi secondi prima.
« Potrei essere tentato dalle zampine di gatto, ma lo stacco coscia? » Esclamò ridendo, fingendosi indignato con la mano sul cuore. « Per chi mi hai preso? »
Per un gran furbone!” gridò con voce incredibilmente acuta un nonnetto vicino a Mr. Tibb. Seguì qualche risata bonaria e un borbottio infastidito di quest’ultimo che rifilò al mago una bella gomitata nelle costole. Fu un miracolo che non si udì il vetro infranto delle ossa.
Zitto tu! Lasciali giocare! Vai, Ariel, straccialo!” Ululò in risposta Mr Tibb, le mani grinzose a coppa davanti la bocca sottile come se i due ragazzi fossero a trenta metri da lui, quando invece ne distavano meno di uno.
Ancora più divertito dall’insolita situazione, Horus si chinò leggermente in avanti, nel tentativo di non farsi udire dai vecchi; una vana precauzione, visto che la sordità era piuttosto diffusa, fra il pubblico.
« Oh no, ho come l’impressione che se solo ti chiedessi di mostrare una caviglia, finirei linciato dalle tue groupies. »
Attese quindi la prima mossa, ma ancora colpito dall’aspetto della giovane, non riuscì a seguire il primo pedone zampettare sulla casella designata. Piuttosto, con fare attento, Horus osservava il viso sottile e particolare della ragazza: il pallore quasi sbiadito di tutta la sua figura era smorzato dall’espressione vivace e allegra dei grandi occhi azzurri. Le smorfie, l’arricciamento delle labbra, la voce squillante, tutto andava in contrasto con l’aspetto algido che, se fosse stata in silenzio (e completamente immobile) avrebbe potuto comunicare: delle sembianze che, ad essere sincero, aveva incontrato forse più volte del normale ad Hogwarts, tanto ormai eran divenute comuni. Forse per questo era stato colpito tanto facilmente: era un contrasto totalmente nuovo.
Oh, ma che se guarda?!”
Il commento dell’amico di Mr Tibb, pronunciato con l’intento (fallito) di risultare discreto, distolse Horus da quel momento di stasi. Scosse leggermente il capo, quasi a voler tornare al presente e poi, lasciando ancora immobili i propri pezzi sulla scacchiera, puntò un dito contro Ariel.
« Ma tuuuu… » Esordì trascinando un po’ la vocale finale in una palese incertezza; l’indice sempre puntato contro il volto della ragazza.
Era lecito chiedere, si ripeté Horus in quella pausa infinitesimale, perché altrimenti di guai ne avrebbe passati a iosa.
I vecchiardi si guardarono tutti, nessuno escluso, aggrappati alla suspance del momento. Cosa passava nelle loro teste spelacchiate non era lecito sapere, ma sembrarono tutti capirsi in un lampo, neanche fossero stati Legilimens. Qualcuno sghignazzò, ma Horus non sembrò nemmeno farci caso. Invece, con l’espressione più seria e corrucciata sul volto baciato dal sole, assottigliò gli occhi, scrutando con fare critico la sospettata.
« Ma tu. » Ripeté più sicuro, l’altra mano sul bracciolo della sedia, pronto a filarsela.
« Sei maggiorenne? » Sembrò rilassarsi istantaneamente nel momento esatto in cui aveva liberato quel fondamentale dubbio, poi tornò sulle spine, le sopracciglia contratte, mentre i vecchi serravano le labbra per non scoppiargli a ridere in faccia.

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view post Posted on 13/9/2021, 16:07
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«Le Cioccofarfalle.»
Ribatte ugualmente perplessa a Horus. Sollevò le mani aperte portandole ai lati della testa e scuotendo le dita su e giù. «'che poi volano e fanno, uiii così.»
"uii così" era appunto il gesto del volare della farfalla che a modo tutto suo stava cercando di riprodurre con le mani.
La sua preoccupazione (genuina, eh, perché le Cioccofarfalle a quanto pare sono un'affare molto importante!) sfumò rapidamente quando Horus deviò furbamente l'argomento altrove.
«Ah ma va bene allora, quello posso capirlo, allora ordina pure qualcosa da bere come caffè o tè se vuoi! Pago io! Su su, ti servirà!»
Nemmeno a dirlo apposta in quel momento alla sua offerta seguirono il commento sulle cosce e le urla di un coinvoltissimo Mr. Tibb.
Invece di smentire la questione groupie, la pronta reazione della giornalista fu quella di darsi una spinta con il piede per girare sulla sedia e spalancare le braccia portandole al cielo, tendendo le gambe in avanti. Mancava urlasse "tadaan" e sarebbe sembrata una posa scenica di inizio spettacolo. «Vi amo anche io, miei fan. Combatto per voi!»

Il rametto fiorito, caduto sul tavolo per tutti i movimenti che aveva fatto, venne recuperato a quel punto per puntarlo contro Horus verso cui cercò a sua volta di chinarsi. Sussurrava complice alcune rassicurazioni «Non ti preoccupare, gli ho già detto di aver promesso le mie caviglie ad un'altra persona. Sei salvo!»
Grandi rassicurazioni al tavolo tre.
Quando venne osservata e squadrata, lo spezzaincantesimi si ritrovò rapidamente dedicato della stessa attenzione.
Anzi, per stare comoda decise persino di poggiare il mento contro le mani, sfruttando i palmi a coppa come piedistallo.
Sorrise, mentre nell'attesa faceva oscillare sempre i piedi avanti ed indietro.
«Siii?»
Trascinò la voce a sua volte, mentre inclinava il capo di lato e si sporgeva appena dal suo posto per cercare di guardare meglio il dettaglio del wedjat all'orecchio sinistro.
"E' trucco? Un tatuaggio? Woah che figo fighissimo, mi ricordano le cose che mi faccio con il nonno. Ma che magari potrei truccarlo? L'eyeliner gli starebbe da Dio."
Ecco, si era distratta di nuovo.
Andiamo bene.
«Eh?»
Mr. Tibb si stava tenendo con tutte e due le mani al tavolo per cercare di non esplodere a ridere. Qualcuno al tavolo accanto si era girato di scatto per cercare di non svelare la figuraccia con l'espressione imbarazzata e divertita dei loro volti.
«Se non fossi maggiorenne dovrei essere ad Hogwarts o a Hogsmeade la domenica, no? O una roba simile? Non ho ben capito come funziona la scuola di voi inglesi.»
Improvvisamente aveva smesso di sorridere e l'espressione incuriosita si era trasformata in un battito di ciglia in un ritratto di indisposizione infantile: fronte corrucciata e labbra arricciate nell'ennesimo broncio da bambini; se voleva suonare grande con le sue parole, la sua faccia la stava tradendo.«Sono super grandissimissima, Signor "Mi devi un favore". Non ho la traccia addosso da ben sei anni, grazie.»
Al danno la beffa: non solo non era minorenne, ma aveva ventitré anni come lui.
«Sono un lavoratore. Un francese e un islandese onesto: devi portarmi rispetto per ben due nazionalità.» Ma che significa, ma che sta dicendo.
Gli avrebbe puntato il ramo contro il naso, cercando di punzecchiargli la punta con alcuni dei boccioli bianchi.
«E ora per punizione ho diritto a dirti di no al favore anche se giochiamo.» Le regole le stava inventando tutte a sua convenienza sul momento, ma viste le guance gradualmente sempre più rosse e la parlantina frenetica che non riusciva né a filtrare, né a fermare, era certo che il fattore età fosse un tasto sensibile che la mandava facilmente in tilt.
A difesa di Horus, però, c'era da dire che una ragazzina lo sembrava spesso.
Mr. Tibb nello sfondo si poteva intravedere nascondere la faccia dentro una tazza vuota di tè, imitato dal suo compare chino su un fianco.
Almeno qualcuno rideva.

 
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