| .23yrs old || .CurseBreaker || .Diagon Alley Era una bella giornata di sole in Diagon Alley, insolitamente calda per gli standard inglesi. Gli uccellini cantavano, le persone si salutavano allegramente per strada e Horus imprecava come un disperato, in cuor suo, perché quell’infame di BinchiBonchi o come diamine si chiamava quel goblin del cavolo, aveva ben pensato di non accettare il suo mandato di Spezzaincantesimi, nuovo di zecca. « Come sarebbe a dire “falso”? » Horus contò fino a dieci, trattenendo a stento il tremito di rabbia che animava la sua voce e che era invece chiaramente percepibile nella sua indignazione. Il Goblin, dall’alto del suo scranno, gli rivolse un cenno infastidito, senza nemmeno degnare di un’occhiata la pergamena —ancora sigillata— che aspettava sul suo tavolino, tra un grosso rubino scheggiato e una manciata di cristalli non più grandi di un pence. « Io sono autorizzato ad accedere a quella Camera Blindata. Leggete il mandato, perlomeno. » Ripeté Horus, con più calma, infilandosi le mani nelle tasche per non strozzare la creatura indisponente. Era il suo primo incarico e Etsuko, il suo superiore, aveva aspettative così alte su di lui, che solo il pensiero di fallire ancor prima di cominciare gli faceva montare una rabbia che avrebbe volentieri raso al suolo quella stupida banca e i suoi stupidi dipendenti. « Signor… » « Sekhmeth. » « Sì, Sekhmeth, senta. » Il Goblin arricciò le labbra carnose in uno sgradevolissimo sorriso e Horus immaginò di tirargli un pugno direttamente fra moccio e bava. « Soltanto un paio di giorni fa un suo… ehm… presunto collega, si è presentato qui con il medesimo foglietto e si è rivelato un falso. L’accesso alla Camera Blindata settecentoventisette è consentito solo agli Spezzaincantesimi autorizzati. » Con supponenza, la creatura continuò a sorridere, scoprendo denti piccoli e aguzzi. Quanto doveva godere di quella posizione di superiorità? *Figlio di Morgana schifoso maledettissimo* « Lo comprendo, ma vi ripeto che io sono autorizzato. Non può saperlo se non legge il… » « EGREGIO! » Lo interruppe il Goblin, alzando la voce e facendo girare tutti i presenti nell’ingresso di marmo. « Come le ho detto, deve venire con un superiore. » Aggiunse mellifluo. Cinquanta sfumature di rosso illuminarono gli occhi grigi dell’uomo che gli stava di fronte. « Inviate un gufo al Ministero allora. » Sibilò, caustico, sillabando ogni lettera in faccia all’infame. « Oh, no no no no! » Gorgheggiò quello, unendo le punte delle lunghe dita appuntite. « È il Ministero quello che è interessato alla Camera Blindata settecentoventisette, non noi. » « Ma voi ci avete convocati! » Ormai al limite della sua pazienza, Horus era sul punto di attaccare. Mai avrebbe pensato che trattare con i Goblin sarebbe stato tanto difficile e il solo pensiero di tornare al Ministero e dire ad Etsuko: “No guarda quelli vogliono che mi accompagni” era abbastanza avvilente da spingerlo a preferire l’arresto per aggressione, a una simile umiliazione. « Non io personalmente! Torni con un suo superiore che confermi l’autorizzazione e le darò la chiave. Buongiorno. » *Un cazzo.* Riprendendosi di malagrazia il rotolo di pergamena ancora intonso, Horus uscì dalla Gringotts ponderando quanti Bombarda sarebbero serviti per far saltare in aria BinchiBonchi e tutta la sua razza. Quando si fermò sulle scale della banca, sospirò, socchiudendo gli occhi al sole, ravvivandosi i capelli lunghi. Non poteva tornare al Ministero, non dopo quella sconfitta patetica, così decise che sarebbe tornato non appena quello stronzo avesse finito il suo turno; a costo di attendere tutto il giorno e di rientrare a notte fonda, avrebbe recuperato quella stramaledettissima —letteralmente— spilla etrusca. Niente affatto sereno, però, Horus si incamminò per Diagon Alley con l’intenzione di smaltire la rabbia. Sarebbe forse stato più complesso se di punto in bianco, mentre passava di fronte Florian, non gli piombò davanti la ragazza più stramba che avesse mai visto.
« EHI EHI EHI EHI! Ti va una partita a scacchi? Si? Ti offro qualcosa da Fortebraccio! Ho una bella scacchiera in legno! Accetto tutti: folletti, mezzi giganti, licantropi e persino gallesi!» « Cos?!» Colto di sorpresa dall’insolita richiesta —ma anche dalla comparsa improvvisa— Horus si guardò intorno, convinto che non stesse parlando proprio con lui. Non vide nessuno, ad esclusione di un anziano mago che si andava allontanando borbottando a gran voce. « Ah! N-no ecco… non mi pare proprio… » Ok sì, ce l’aveva con lui e così portò le mani avanti, agitandole. Solo allora si accorse del capannello di vecchietti che attorniava la ragazza che, divertiti, patteggiavano per lei e compativano lui. E proprio quando la situazione non poteva farsi più assurda, eccola lì, che si piazzava un rametto sopra le labbra e si fingeva un baffone. Nel mentre un uomo tarchiato, con una lucente pelata e una barba quadrata gridava, tra gli ombrelloni: “Suvviaaa giovanotto! Come si fa a dirle di no!” Horus, che era palesemente a disagio nel ritrovarsi improvvisamente al centro di quell’assurda situazione, la guardò sorpreso con un’espressione ambigua dipinta sul viso giovane. Poi scoppiò in una risata così grande che se ne stupì persino. « Ma sì, perché no? Ho del tempo da perdere. » Si arrese, con ancora il riso sulle labbra e seguendo la ragazza al tavolo. La sconosciuta indossava un abito scuro che risaltava in maniera incredibile la capigliatura candida. Per un folle, assurdo momento gli ricordò Nieve e da quanto tempo non la vedeva, né sentiva. Ma lei in quel momento doveva essere a scuola e Horus dubitava di esser cambiato così tanto da non essere riconosciuto. « Ma ti avverto, se vinco io… mi dovrai un favore. » L’idea balzana gli era venuta in mente nell’esatto momento in cui si era seduto al tavolo e aveva guardato nei grandi occhi la sua sfidante. Un sorriso furbo gli illuminò il volto, mentre lasciava a lei la scelta del color delle pedine. .
.Never regret anything that made you smile Code © Horus
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