Generalmente il mattino è il momento migliore della giornata: il silenzio che precede il risveglio, la quiete che permea l'ambiente e il lento fruscio delle piccole piante in vaso sparse per la Sala Comune. Dura pochi istanti, ma è l'attimo in cui riesce ad esaminare i programmi per la giornata, le lezioni da frequentare, i compiti da svolgere e le piccole riunioni a cui presenziare. Rivede la sua
agenda mentalmente, ultimamente tende a focalizzarsi molto sulla memoria fotografica: scioccamente pensa che le sarà utile per superare gli esami e le impedirà di lasciare in giro, alla mercé di chiunque, dettagli di estrema importanza. Qualcosa come la lista delle parole d'ordine per l'accesso al Bagno dei Prefetti, ad esempio.
Non è più la prima ad uscire dalla Sala Comune al mattino: qualcosa le impedisce di abbandonare il fortino se prima non si è assicurata che tutto sia in perfetto ordine. Sciocche manie di perfezione dure a morire, si dice, ma per quel che può valere, non le serve una colazione abbondante.
Quando arriva nella Sala Grande, quella brulica di studenti vocianti; l'accoglie un chiacchiericcio un po' assonnato - a volte un po' troppo vivace - e lo scontro-incontro delle posate e dei calici contro il legno massiccio dei lunghi tavoli. Fatta qualche eccezione, i Tassorosso sono generalmente i più quieti: trova posto in uno spazio libero e si accomoda, servendosi di pancetta e uova strapazzate, una fetta di pane tostato e un calice di succo d'arancia. Un'occhiata al quadrante dell'orologio da polso l'avverte dell'imminente arrivo della posta. Non si aspetta di ricevere nulla di più della missiva settimanale di Connor Moran, suo nonno. Ogni giovedì, puntuale come sempre, arrivano una scatolina di latta con un bel nastro infiocchettato - premura di sua nonna, che probabilmente crede che gli Elfi non la nutrano abbastanza - e una spessa busta col sigillo di famiglia. Le lettere dei suoi genitori, solitamente, arrivano la domenica. «
Eccoli che arrivano!» esclama qualcuno e, istintivamente, il suo sguardo cerca Larys - il barbagianni di casa Moran. Quando i rapaci smettono di volteggiare sopra le loro teste e lasciano cadere in grembo ai padroni i doni e le corrispondenze, Thalia quasi abbandona l'idea di cercare l'imperioso barbagianni del nonno; tuttavia, di sfuggita scorge qualcosa che attira la sua attenzione: un gufo, più piccino degli altri, sta puntando proprio lei. Distanzia allora il busto dal tavolo e protende le braccia: forse, Larys non sta bene e Connor ha usato un gufo diverso questa volta.
Quanto le finisce tra le braccia non è la scatola di biscotti di Shyneid né la consueta lettera del giovedì. E' una copia del Profeta e una lettera è allegata al quotidiano. Osserva stranita la copia del giornale e si chiede se non ci sia un errore. Lei non ha un abbonamento alla Gazzetta del Profeta...
«
Mia sorella ha due colonne solo per lei.»
Fiona, silenziosa come un gatto, le affiora alle spalle e sbatte la sua copia del Profeta sul tavolo con teatralità. «
Non ti avevo dato il permesso di nominarmi così apertamente, ma... ti perdono. Questo Lucas Scott ha parlato così bene di te che sono quasi orgogliosa!»
Per un attimo le prese in giro di Fiona sono attutite dall'ottundimento che quella notizia porta con sé: immediatamente, le tornano alla mente i minuti trascorsi col giornalista del Profeta, le parole pronunciate e i sottintesi. Se sua sorella ha gradito le sue posizioni, forse l'avranno fatto anche i genitori. Del resto, di Strillettere nemmeno l'ombra.
*
Dopo aver trascorso i due giorni precedenti a rimuginare sul loro incontro trascorso, Thalia non può fare a meno di chiedersi se quel suo formale e impersonale
Accetto il suo invito sia stato una mossa saggia. La mattina del sabato, così diverso dagli altri giorni della settimana, lo trascorre inquieta sul divano della Sala Comune, con gli appunti di Storia della Magia sulle ginocchia e il manuale aperto alla sinistra. Dovrebbe davvero studiare per gli esami, ma il pensiero di incontrare nuovamente il giornalista in via non ufficiale, perché di questo si tratta, la intimorisce un poco. Sbuffando infastidita dalle sensazioni scaturite da quella situazione - che la sua mente analizza, sminuzza e rivive continuamente - decide di lasciar perdere lo studio e di fare una passeggiata nei giardini. Non può arrivare ai Tre Manici col suo solito anticipo e l'espressione di chi stia andando al patibolo.
Diamine, è solo un giornalista.*
Circondata da ragazzini in libera uscita, Thalia si fa trascinare lungo la via principale; il suo cappotto, di un bel color ciliegia, risalta indubbiamente nella schiera di mantelli neri coi baveri sollevati. Non ode il chiacchiericcio di sottofondo, mentre ripercorre mentalmente l'invito del signor Scott. Per qualche assurda ragione, poi, nella sua testa combattono strenuamente le due versioni della stessa persona: il signor Scott, il giornalista che ha sviscerato la sua vita, i suoi sogni e la sua natura in due colonne d'inchiostro ove tutti possano prenderne atto, e Lucas Scott, il ragazzo con gli ideali e il coraggio di invitarla a prendere una Burrobirra. Non aveva dubbi sullo scopo dell'incontro: altre domande, con ogni probabilità, atte a sondare in profondità non solo la sua vita, ma anche quelle dei suoi parenti. In fondo, se aveva scoperto della sua appartenenza al C.R.E.P.A. senza che lei la menzionasse, il ragazzo doveva avere le proprie fonti... ma non si sprecava mai l'opportunità di tastare il terreno con un informatore d'eccellenza. Quel pensiero l'aveva tormentata per tutto il giorno e ora che si trovava a pochi passi dal locale, con qualche minuto di ritardo, il desiderio di fare retromarcia si era fatto impellente. Immobile come uno stoccafisso si chiedeva che cosa la obbligasse a tener fede alla promessa di essere presente all'incontro e la risposta era troppo, troppo semplice: la sua piuma aveva scritto parole gentili, ma poteva rivoltarsi contro di lei in qualunque momento.
Già che sei in ballo, ti conviene ballare, bella mia.Nieve glielo ripeteva ogni volta che il suo sguardo sagace incontrava il suo, meno deciso di quanto avrebbe dovuto. Presto o tardi avrebbe fatto i conti anche con lei e coi suoi silenzi: adesso aveva un'altra gatta da pelare ed era meglio sbrigarsi.
Spinge la porta d'ingresso con decisione, fortunatamente senza travolgere nessuno, e si guarda attorno sperando di non incrociare lo sguardo dell'uomo che l'aspetta. Il lusso di scegliere il tavolo è un diritto di nascita, per così dire, ma la Fortuna - è così evidente - le ha voltato le spalle: seduto tra due tavoli vuoti, lontano dalla finestra che dà sulla strada principale, Lucas Scott è già arrivato. La fronte rivolta alla porta, lo sguardo ora chino sulle mani, ora proteso ad esaminare l'ambiente. Di certo, si sarebbe accorto di lei in pochi secondi, tanto valeva risparmiargli la fatica.
Si muove agile tra gli avventori, sfilando le mani dalle tasche del cappotto dal colore vistoso e gli si para dinanzi con l'espressione cordiale che gli ha riservato al primo incontro. Non è proprio un sorriso, ma nemmeno una smorfia seriosa; a dire il vero, non ha idea di quale sia il modo più giusto di cominciare una conversazione tanto informale.
«
Chiedo scusa per il ritardo, è giorno di gita.» spiega, mentre le dita trafficano con i bottoni neri e lucidi, accennando al panorama della strada, appannato dalla condensa.
«
Mi auguro che non sia qui ad aspettarmi da molto.»
Finalmente, posta la giacca sullo schienale, prende posto di fronte a lui e nasconde il viso tra le dita intirizzite dal freddo un po' fuori stagione. E' nervosa, ma non un muscolo la tradisce.