The end., Colloquio di Erich Ravenloft

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view post Posted on 15/5/2021, 14:32
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Il Fato

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L’atmosfera è cupa nell’ufficio di Eleanor Ashee, almeno quanto lo è l’espressione sul suo volto stanco. Della donna determinata e inflessibile che tutti al San Mungo conoscono, sembra essere rimasto il calco incerto realizzato dalle mani di un artista disattento.
Ha l’incarnato grigio, Eleanor, e vistose ombre violacee sotto gli occhi cangianti. Tiene i capelli bianchi e lunghi raccolti sulla nuca in uno chignon disordinato e lo sguardo perso nel vuoto alla ricerca di una soluzione che continua a sfuggirle. Se non fosse per il petto che si alza e abbassa ritmicamente o per i movimento ripetitivi con cui l’indice picchietta nervosamente sul dorso di una cartella, la si potrebbe scambiare per una statua. O per l’infelice scherzo di un collega, che abbia voluto burlarsi del suo carattere autoritario inviandole una copia di cera.
Del resto, la vita di Eleanor trascorre tra una corsia e l’altra del San Mungo come se non conoscesse altro luogo in cui esistere. Non ha mai preso un giorno di ferie, né uno di malattia. Non è mai venuta meno ai suoi doveri e, soprattutto, non si è mai permessa il lusso di abbassare la guardia. Il suo lavoro ha le sembianze di una missione più che di un’occupazione.

La donna sospira pesantemente e getta il capo all’indietro, poggiando la nuca sullo schienale della poltrona. E, per la prima volta in trentasei ore, chiude finalmente gli occhi. Le palpebre sono così disavvezze al riposo che, nel movimento, le provocano uno strano fastidio. E sarebbe indotta a riaprirle, se quelle non avessero deciso di stringere un intreccio di ciglia per impedirglielo. È stanca, certo, ma ancora di più è esasperata.
Meno di una settimana prima, hanno ricoverato un bambino di nove anni con una sintomatologia lieve ma del tutto contraddittoria. Nulla di grave, almeno all’apparenza. Al di là del senso di spossatezza e delle chiazze di varie colorazioni sulla pelle morbida, Jonathan è sempre rimasto responsivo. Lui ed Eleanor hanno scherzato, sgranocchiato qualche schifezza insieme e parlato dei fantasmi, dei draghi e delle puffole pigmee.
Nel presente, un sorriso solleva appena i margini della bocca della dottoressa al pensiero della conversazione sui sogni del piccolo paziente: avere l’allevamento di puffole pigmee più grande al mondo e diventare “Jonathan, il barone delle puffole pigmee”. Poi, la realtà torna a travolgerla e un tremore le fa vibrare la mascella. Come hanno potuto le sue condizioni precipitare così rapidamente?

Un rumore secco alla porta la salva dall’insorgere di un pianto frustrato. Così, Eleanor si sistema sulla sedia, mette su un lato la cartella del suo giovanissimo paziente e getta uno sguardo alle poche pagine in suo possesso su Erich Ravenloft. L’ultima cosa che vorrebbe, onestamente, è vedere anima viva al momento, ma il dovere chiama e lei non è mai stata capace di sottrarvisi.
Quando la porta si schiude e la luce del corridoio invade la grande stanza avvolta nella semioscurità che è il suo ufficio, Eleanor socchiude gli occhi d’istinto. Quel gesto involontario, atto a proteggerla dall’eccesso di luminosità, dà al suo viso un’espressione indagatrice, come di chi sia pronta a mettere sotto inchiesta la persona colpevole di aver interrotto quel suo blando momento di solitudine e riposo.
E, del resto, non siamo poi così distanti dal vero. È questo che deve fare col candidato che aspira a diventare membro del suo gruppo di esperti. E, se c’è una cosa di cui Eleanor non è mai stata prodiga, è la pietà: non assumerà uno sciocco o un incerto. Il mondo della medimagia è complesso e richiede polso. Se Erich desidera ricevere un sì da parte sua, è bene che non sia soltanto preparato sulla teoria ma che abbia il fegato di sporcarsi le mani e giocarsela sul campo senza mai risparmiarsi.
Lo attende con questo spirito, dunque, mentre lo osserva fare ingresso nell’ufficio cupo, fiocamente illuminato da qualche candela fluttuante e con le pareti occupate da libri e provette, provette e libri.

«Buongiorno, signor Ravenloft! Chiuda la porta dietro di sé e si accomodi, prego.»

Benvenuto al tuo colloquio, Erich!

Nei giorni precedenti l'incontro, sei stato raggiunto da una missiva del San Mungo, dove venivano indicati data e luogo del colloquio per una possibile assunzione. È giorno (metà mattina, le 10 circa), ma l'atmosfera che vige nell'ufficio è cupa come se fosse una tarda notte nel pieno dell'inverno. Ad attenderti, trovi Eleanor Ashee: è il primario del secondo piano, nonché la donna che determinerà il tuo futuro in base al successo o all'insuccesso di questo colloquio. Ne conosci il nome perché è stata proprio lei a inviarti la lettera in cui ti veniva richiesto di presentarti in ospedale.

Descrivi pure come preferisci il modo in cui ti prepari al colloquio, l'arrivo al San Mungo e tutte le emozioni collegate a questo avvenimento. Nel tuo primo post, potrai altresì già ruolare la parte in cui bussi ed entri nell'ufficio su invito di Eleanor. Ti lascio la libertà di scegliere come ci sei arrivato: se con l'assistenza di qualche medimago o infermiere che ti ha indicato la via, o se da solo dopo qualche difficoltà. In ogni caso, alla fine del tuo primo post, dovrai essere già in stanza e avrai sentito l'invito di Eleanor, cui potrai reagire come meglio si confà al tuo PG.

Se dovessi avere bisogno di chiarimenti, scrivimi pure. Rimango a tua disposizione.

Per il resto, in bocca alla puffola pigmea! (;

Scadenza: 21 Maggio


Edited by MasterHogwarts - 26/5/2021, 17:15
 
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view post Posted on 18/5/2021, 17:01
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Ha guardato quella lettera per giorni dopo averla aperta, ripassando le parole ivi descritte con minuzia quasi metodica, con una fissazione assolutamente personale. Il primo passo in direzione di un lontano obiettivo, così difficile da prendere, così duro da metabolizzare e sostenere. E’ tutto lì dentro, e perché si sente così? Non lo capisce, sente tantissime cose, tutte insieme, e non ha idea di cosa farci. A cosa servono tutti quei pensieri, quelle strane morse alla bocca dello stomaco, lo sfarfallio degli occhi?
Non l’ha mai imparato in tutti questi anni, eppure di tanto in tanto succede: è sempre preceduto da un evento, un qualcosa. Si sente così anche quando finisce un libro, eppure - nonostante legga da quando ha otto anni - non ha mai capito il perché. Perché quelle storie lo fanno sentire così?
Perché, ora, la sua storia lo fa sentire nello stesso identico modo?
Come se si fosse fatto un’iniezione di adrenalina, come se una tazzina di caffè si fosse riversata direttamente nelle sue arterie senza passare dallo stomaco.
Ora è mattina, sono le sette, e lui non è riuscito a prendere sonno per tutta la notte. Il mondo è strano, sapete? Non c’è mai stato davvero nulla del suo essere umano, dell’essere umani degli altri, che sia riuscito a spiegarsi fino ad oggi. Nulla, a parte la fisiologia, la chimica, tutte quelle scienze così vicine alla perfezione dall’essere un dato di fatto, un qualcosa che è così e basta.
Per quello adora i libri, adora il suo mestiere: non può esserci una risposta da sbagliare, ci sono sintomi, ci sono indizi: c’è una sola risposta, e lui si impegna sempre a conoscerla. Ma non sarebbe davvero umano se non sentisse certe cose, anche inconsapevolmente, come insetti che strisciano sotto la sua pelle. Come la strana sensazione del tepore di un camino il giorno di Natale.
Umano, troppo umano.

Gatto, il cibo è nella tua ciotola, ed anche nella tua seconda ciotola.
Idem per l’acqua.
Non comportarti male, non sporcare. E non uscire di nuovo dalla finestra.


Le frasi che tutti dicono ai propri gatti, no?
Infila la bacchetta nella borsa a tracolla che si è già sistemato addosso: è pronto, vestito, deciso ad uscire presto per poter essere perfettamente in orario come al solito. Impeccabile, un orologio svizzero pronto a spaccare il minuto ad ogni singolo appuntamento. Il suo completo cade perfettamente sul suo corpo perfettamente bilanciato dall’esercizio fisico, un semplice abito elegante grigio antracite, con una cravatta azzurra e scintillante che sembra quasi brillare sulla camicia bianca che porta lì sotto. Ai piedi delle scarpe eleganti e laccate, nere, mentre i capelli leggermente arruffati ed arricciati gli donano un’aria strana, come quella di un bambinone infilato negli abiti degli adulti.
[...]
Per più di due ore aspetta seduto su un muretto vicino al S.Mungo con una bottiglietta di succo alla pesca fra le mani, dosando ogni singolo sorso quasi fosse perfettamente diviso per ogni minuto, per ogni ora. Osserva chiunque passi con attenzione, allungando lo sguardo ogni cinque minuti esatti in direzione dell’orologio.
L’ultimo quarto d’ora lo passa a fissare la porta dell’ufficio della dottoressa Ashee e chiunque capiti di passare di lì, dai dottori ai pazienti. Con sé ha semplicemente una tracolla con dentro la sua bacchetta, un paio di documenti e qualcosina da mangiare e da bere perché, insomma, il nostro giovane aspirante medimago è un tipo previdente.
Ci ha messo un po' per arrivarci, fra indicazioni di altri medici e le scritte dei reparti, però la sua camminata non è stata poi così spiacevole. Ogni cosa sembra generare la sua curiosità, in un modo o nell'altro. Una semplice luce negli occhi, un'espressione che potrebbe sembrare apatica ad un primo sguardo, ma che nasconde un entusiasmo muto e sincero.
Una volta dentro, dopo aver bussato, ci mette qualche secondo prima di compiere un paio di passi all’interno della stanza, abituandosi lentamente alla scarsità di luce e prendendosi qualche secondo per osservare i dintorni e, ovviamente, la sua interlocutrice. Occhi che indagano, osservano, sostano sui dettagli minimi ed inconsistenti. I piedi sembrano quasi muoversi da soli quando raggiunge la sedia: si sbottona leggermente la giacca prima di sedersi, rigido e dritto.

Buongiorno dottoressa Ashee, la ringrazio per l’opportunità.

Annuisce lievemente ed abbozza un sorriso che sembra forzato, impacciatissimo come quello di qualcuno che sorride raramente. Ma non perchè abbia il muso o l’espressione irata, anzi, sembra quasi essere una glaciale e stoica presenza, con un livello d’attenzione così tesa da sembrare la corda di un violino.

Mi permetta di dirle che ha l’aspetto stanco, se è un problema posso tornare un altro giorno.

Ignorando il fatto che possa aver detto una cosa assolutamente scortese, pur senza volerlo, quella voce seria sembra nascondere un pizzico di preoccupazione ed apprensione involontarie, un qualcosa che anche la dottoressa potrà notare nello sguardo di Erich e nel tono della sua voce apparentemente meccanica.



Edited by JaggerK. - 18/5/2021, 18:37
 
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view post Posted on 26/5/2021, 13:56
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Erich Ravenloft non è uno tra le centinaia di aspiranti medimaghi che Eleanor ha avuto già occasione di incontrare. Ci sono molti, forse troppi, contrasti in lui che lo rendono una figura difficile da inquadrare. È puntuale e ben vestito in ossequio ai gusti della moda babbana, ha una bella presenza e non c'è nulla nel suo curriculum che possa indurla al sospetto. Eppure, un'incertezza nello sguardo lo tradisce. Sembra dire di lui che c'è altro da scoprire oltre la superficie laccata delle scarpe e il tessuto ben stirato dell'abito color antracite.

«Non si preoccupi per me» risponde seriamente Eleanor, dando l'impressione di non aver gradito l'uscita del ragazzo. In realtà, non ha nulla contro Erich nello specifico. È che, in generale, non le è mai piaciuto essere oggetto di preoccupazione. È così abituata ad essere lei il soggetto alla ricerca di un sintomo che la mette a disagio trovarsi all'altro capo della barricata. «Ho dato una rapida occhiata al suo curriculum, ma non è nelle carte che spero di trovare ciò che mi dirà se è idoneo al ruolo o meno. Sarà d'accordo con me, immagino».

Spiccia, dà per scontato che non ci saranno obiezioni da parte del giovane. Con la mano, indica distrattamente una cartella dove ha lasciato le poche pagine sulla storia professionale di Erich. Le scartoffie sono importanti ed Eleanor, in qualità di primario del secondo piano del San Mungo, lo sa bene: posso tirarti fuori dagli impicci quando le cose si mettono male e sanno darti conto di ciò che è stato compiuto per garantire la salute di un paziente. Allo stesso tempo, non sono sufficienti... come nel caso del piccolo Jonathan.

«Lei è giovane, signor Ravenloft. Non è passato troppo tempo da quando ha lasciato le classi di Hogwarts, ma ne è passato abbastanza da farmi pensare che qualcosa l'abbia vista. Chiunque opera nel nostro settore non scampa ai grattacapi nemmeno a impegnarsi.»

I modi della donna sono sicuri. Rimane seduta con la schiena poggiata alla poltrona di pelle e lo osserva col piglio del cacciatore che studi ogni movimento della sua preda. Si fa avanti, allora, e porta entrambi i gomiti sulla superficie della scrivania. Dopodiché, adagia il mento sulle nocche intrecciate. I suoi occhi sono seri e la sua espressione imperscrutabile.

«Cosa l'ha spinta a scegliere questo percorso professionale? Perché si trova qui, oggi, seduto di fronte a me con la viva speranza di ottenere un posto nel mio reparto e nell'ospedale del direttore Dwight? Mi risparmi le chiacchiere inutili sulla vocazione medica che arriva quando meno te l'aspetti e sulla fama del San Mungo, per favore. Mi faccia capire, invece, cos'è che l'ha portato a sviluppare un interesse così specifico per questa branca della medimagia e, soprattutto, cos'è che continua a tenerlo in vita.»

Un paio di piccole precisazioni tecniche sulla quest:

1. Non è concesso modificare i post senza aver prima ricevuto il mio espresso consenso. Questo significa che, laddove volessi editare il tuo scritto, dovresti prima contattarmi per MP e assicurarti di avere il mio beneplacito.
2. Se dovessi avere problemi con le scadenze, ti è concesso richiedere delle proroghe. Anche in questo caso, ti invito a scrivermi per MP per metterci d'accordo a riguardo.

Per il resto, rimango sempre a tua disposizione nel caso di dubbi o necessità.

Scadenza: 1 Giugno


Edited by MasterHogwarts - 16/6/2021, 14:19
 
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view post Posted on 5/6/2021, 22:27
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I suoi occhi continuano a puntellare la figura della dottoressa Ashee con un curioso interesse ed una sorta di anticipazione che non sa spiegarsi. Segue ogni suo movimento, come se ciò l’aiutasse a concentrarsi sulle parole, rimane in attesa che l’altra prenda fiato e faccia una pausa prima d’inserirsi nel discorso con un tono di voce apparentemente neutro.
Eppure, sembra nascondere curiosità ed un entusiasmo di sottofondo, quasi sopiti.

Mi hanno detto fosse utile e necessario, anche se sono d’accordo con lei.
In effetti chiunque potrebbe scrivere quello che vuole su un pezzo di carta, o su un documento redatto.


La sua è una semplice constatazione, un tono apparenemente monotono tradito dalla vibrazione della sua stessa voce. E’ sempre stato così, con il signor Ravenloft: un aspetto di gelo che nasconde lava viva e pulsante che non è mai riuscita a sciogliere quel freddo, non del tutto.

Sissignora, ho lavorato qualche anno come apprendista in diverse botteghe di alchimia e pozioni, ho studiato erbologia ed ho approfondito la mia conoscenza degli incantesimi di cura e purificazione. Per un anno ho lavorato all’interno di un ospedale completamente per babbani come tirocinante, nel reparto di tossicologia.

Spiega con fare rapido, preciso, come se le sue parole fossero nate da una lista letta da qualcun altro, analitiche ed inconfutabili. La sua esperienza è lì, sotto il vaglio della sua memoria e con i ricordi di chi pazientemente ha dovuto comprendere che genere di persona fosse. Continua a guardare gli occhi della donna con un’espressione sicura, eppure a modo suo curiosa, come un gattino che guarda una creatura più grande di sé con la sicurezza di un predatore che non conosce le sue stesse dimensioni, eppure è sicuro che i suoi denti siano affilati nonostante tutto.

Io non… a me non piace troppo parlare di me.
Posso aiutarla nel suo giro quotidiano all’interno del reparto? Posso dimostrare con la mia conoscenza quello che non riesco a dire con le parole. Posso dire mille parole e potrebbero non bastare. Ho studiato, mi sono esercitato, ho lavorato sodo.
Aiuto le persone da che ne ho memoria, e le formule, l’alchimia mi aiutano a concentrarmi e rimanere focalizzato sul mio obiettivo.
Non c’è un motivo specifico. Questa branca della medicina, della medimagia, mi affascina e basta. E non mi interessa altro che poter aiutare con quello che so fare, quello che ho imparato durante tutta la vita.
Mi permetta di essere utile, non un semplice cicero dal petto troppo gonfio.


C’è una sicurezza quasi stoica nelle parole e nello sguardo. Quelle, miste ad una sorta di muta richiesta di poter agire, poter mostrare quello che con le parole non riesce e non è mai riuscito a dire. Non potrebbe mai ammettere come ami immergersi per giorni fra formule, antidoti, soluzioni, se non traducendo tutta la sua passione con il termine “affascinato”.
Rimane lì, fermo e con la schiena dritta, le mani fra le gambe, il piede destro che si muove su e giù contro il terreno e traduce silenziosamente tutto quello che il suo corpo vorrebbe urlare.
Vorrebbe muoversi, girare, guardare tutto, parlare.
Ma, per ora, aspetta.

 
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view post Posted on 16/6/2021, 14:37
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Del tutto inconsapevolmente, Eric riesce a guadagnare un punto nella tabella mentale del primario, che si concede un sorriso sopra il profilo delle nocche ossute. Non ha dimenticato il fervore della giovinezza, Eleanor, e apprezza ancora la genuinità. Non può di certo dire di conoscere il ragazzo che ha di fronte, ma il suo istinto e lo studio approfondito che ha compiuto nei pochi minuti in cui sono stati insieme le rinviano una sensazione positiva. L'istinto le dice che il signor Ravenloft non è uno dei tanti che hanno provato a spacciarsi per luminari, attirati dalla tentazione di un posto stabile e remunerativo sotto la guida di Paul Dwight.
Con un colpo di reni, perciò, la donna allontana la poltrona dalla scrivania e si separa da essa per recuperare la posizione eretta. Erich ha solo anticipato le sue intenzioni, proponendole di metterlo alla prova sul campo. Eleanor lo avrebbe comunque fatto, sicché apprezza che l'iniziativa sia giunta proprio dal candidato. Le dà qualcos'altro da appuntarsi sul suo personale taccuino di valutazione: “non si tira indietro di fronte all'azione, non lo spaventa essere messo alla prova”.

«Se freme così tanto dalla voglia di gettarsi nella mischia, non sarò io di certo a fermarla. Mi segua.»

Il commento e l'invito del primario sono flemmatici; non tradiscono emozione né giudizio. È solo la constatazione a voce alta e senza sfumature di una persona che ha preso l'abitudine di parlare con se stessa. Per comodità, sia chiaro, e non certo per un pur ventilato decadimento sinaptico.
Dunque, Eleanor attraversa la stanza e raggiunge la porta. Sicura, la spalanca. Quando la luce la investe, si attarda un attimo. Quel breve indugio passerebbe sicuramente per un gesto di cortesia nei confronti del candidato, se la dottoressa non fosse rapida a oltrepassare la soglia dell'ufficio un minuto più tardi. Non lo attende, insomma. Non è la mamma chioccia che si prende cura dei pulcini. E Erich Ravenloft deve imparare a camminare sulle sue gambe, se spera di avere un futuro in un ospedale che lei, spesso, sente anche un po' suo.

«C'è un caso che vorrei sottoporre alla sua attenzione» dice, quando è certa che l'altro sia riuscito ad affiancarla. Un lampo di sorpresa passa nei suoi occhi, come se non avesse mai pensato all'ipotesi se non nel momento stesso in cui ha pronunciato quelle poche parole. «Una settimana fa, abbiamo ricoverato un bambino di nove anni con una sintomatologia particolare: affaticamento, intenso pallore, febbricola. Il motivo per cui l'hanno portato da noi e non l'hanno trattato in casa è che il bambino versava in questa situazione già da cinque giorni e nessuno dei rimedi soliti sembrava avere effetto permanente. La febbre tornava e, con essa, la spossatezza e il pallore». Entrambi camminavano placidamente lungo un ampio corridoio semideserto. Di tanto in tanto, incrociavano un'infermiera affaccendata o un parente dall'aria avvilita, ma proseguivano. «Mi dica dov'è che avrebbe ricoverato un paziente con questa sintomatologia se fosse stato portato alla sua attenzione il caso. E quale sarebbe stato il suo primo sospetto. Passo passo, le dirò come sono andate le cose».

O forse sarà lei a dirmelo e l'assumerò, rifletté.

Scadenza: 22 Giugno
 
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view post Posted on 22/6/2021, 08:22
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Le sue parole vengono colte esattamente per quello che vorrebbero essere: un’esortazione a fare qualcosa, a rompere quella costrizione di immobilità che sta così tanto scomoda al nostro giovane ragazzo. Non che volesse mettere fretta alla dottoressa, eppure l’esito delle sue parole sembra lasciarlo particolarmente soddisfatto.
Scatta in piedi.
Esce subito dalla stanza.
Non se lo fa ripetere neanche mezza volta, si alza immediatamente e recupera la sua valigetta con la mano destra, mentre gli occhi attenti scrutano giusto mezzo istante la dottoressa Ashee prima di farsi avvolgere dalla luce del reparto, senza strabuzzare gli occhi.

Nella mischia? Spero non ci sia da fare a botte?
Non sono molto bravo in quello, credo.


E se voi pensiate che il nostro giovane aspirante medimago stia scherzando dovete rivedere i vostri conti, perché lui ed i modi di dire proprio non vanno d’accordo, anzi, prendere ed analizzare tutto alla lettera è decisamente una delle sue inclinazioni più… peculiari, se così possiamo chiamarla.
Il tono serissimo sul suo volto potrebbe essere un qualche tipo di indizio, per quanto l’espressione vada leggermente a corrucciarsi e contrarsi pensosa: le parole della dottoressa Ashee scivolano attorno a lui come acqua, s’insinuano nelle orecchie come una melodia dissonante.
Gli ingranaggi di quella testa cominciano a girare mentre la mano sinistra, libera, corre al mento per grattarlo leggermente. Gli occhi indugiano sulla figura del medico prima di tornare a guardare davanti a sé.

Avrei pensato inizialmente ad un virus alquanto resistente, però se mi dice che la famiglia ha provato tutti i rimedi convenzionali senza nessun risultato avrei in mente solo altre due idee.
Una malattia autoimmune, improbabile, oppure intossicazione. Suppongo abbiate chiesto ai genitori se il piccoletto ha mangiato qualcosa di strano? O ha parlato magari di qualche animaletto con il quale ha giocato? O se si è avventurato in una qualche zona particolare.


Rimane per un secondo in silenzio, sospirando silenziosamente mentre lascia che tutte e sue idee possano fluire liberamente fuori dalla bocca, un brainstorming per ora disordinato ma che piano piano mette i pezzi del puzzle uno accanto all’altro con precisione.

Ma se è ricoverato qui suppongo che anche lei abbia pensato subito ad un qualche tipo di agente esterno. In fin dei conti, i rimedi vanno ad intaccare solamente il sintomo, e non la causa, quindi tutte le conseguenze si ripresenteranno sempre. L’origine è sicuramente da qualche parte e sta scorrendo nel sangue di quel ragazzino, a mio parere.

Nel corso di anni di praticantato, apprendistato, ha potuto ben vedere come spesso agenti esterni possano essere molto più infidi e silenziosi rispetto ad infezioni e malattie.

Per quanto credo sia altamente improbabile, si potrebbe trattare anche di una variante particolarmente forte di qualche morbo, ma suppongo che dopo le prime analisi e test potrebbe essere facilmente escludibile. Non ha nessuna macchia, segni di morsi o zone contaminate sul corpo? La mia tesi potrebbe essere quella di un parassita particolarmente coriaceo o, ipotesi ancora più plausibile, di una tossina particolarmente infida.
La sua bocca… è tutto nella norma?


Domanda, cercando di recuperare più informazioni possibili a riguardo, non avendo ancora il piccolo paziente davanti a sé. Sembra quasi una macchinetta instancabile mentre pensa, formula, si lascia accompagnare da pensieri silenziosi e gesti che di tanto in tanto fendono l’aria con dolcezza, come se stesse disegnando e scrivendo nell’aria con inchiostro invisibile.
C’è una strana apatia nella voce: un’apatia che è stranamente molto più calda di quanto ci si aspettasse, come se ci fosse una radice sotto la superficie di ghiaccio pronta a rompere la lastra e spuntare fuori, ma non ancora troppo coriacea e forte per farlo.

 
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view post Posted on 30/6/2021, 15:35
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La stanchezza, d'un tratto, lascia spazio all'energia. Ad Eleanor è sempre piaciuto essere attorniata da persone anagraficamente più piccole di lei. Come un parassita, è convinta di poter prendere da loro l'entusiasmo che talvolta le manca. Ed è quello che accade col candidato. Mentre Erich snocciola ipotesi alle sue orecchie attente e disegna schemi invisibili davanti a sé, la dottoressa Ashee riesce quasi a sentire lo stridore degli ingranaggi dentro il suo cervello che tornano a funzionare dopo una momentanea immobilità.
È sorpresa, molto. Le valutazioni del giovane sono ordinate, ben ponderate, corrette. Lei stessa ha ragionato in questi termini, quando le è stato sottoposto dai colleghi il caso di Jonathan. Ha percorso gli stessi identici sentieri con eguale smania alla ricerca di una soluzione. Per questo, si consente di rilassare le spalle, quasi che avesse al suo fianco un vecchio amico o uno studente preso sotto la sua ala da mentore.

«Ci sono dei segni visibili, sì, ma non alla bocca. Si tratta di bubboni con una diffusione sospettosamente circoscritta. All'inizio, la famiglia non li aveva notati e neppure il personale medico. È stato un puro caso se un collega li ha individuati: erano presenti solo tra le dita dei piedi del paziente.»

I dettagli sono tutto nella professione di medimago. Eleanor lo sa ed è pressoché certa che anche Ravenloft ne sia consapevole. Intanto, le mattonelle sotto le suole delle scarpe continuano a susseguirsi e scorrere.

«Non ha ancora risposto alla mia domanda» gli fa notare con voce atona. «Dove lo avrebbe ricoverato? E perché, a questo punto?»

Scadenza: 6 Luglio
 
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view post Posted on 11/7/2021, 14:09
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La situazione è più infame di quello che sembrasse e, neanche a dirlo, la dottoressa Ashee aggiunge dettagli alle speculazioni mentali di quel giovane che - di riflessioni - ne ha da vendere: la sua testa è come una macchina sempre in moto, con gli ingranaggi sempre in funzione, oliati, instancabili.
Alza entrambe le sopracciglia a sentire quel dettaglio non così irrilevante, e mentre i suoi piedi scorrono lungo il corridoio la mano sinistra si muove in direzione del mento per strusciarsi leggermente, lasciando che la cortissima barba ispida la graffi senza lasciar segni.

Credo sia un dettaglio non così trascurabile. Bubboni: vesciche, eruzioni cutanee? Riesce ad essere più precisa in merito? Sono ormai abbastanza sicuro che il campo si possa restringere ma, suppongo, vedere il ragazzino potrebbe portare alla luce dettagli che altri occhi possono non aver colto.

Pigola il ragazzo con quel suo tono che sembra piatto e glaciale, nonostante le vibrazioni della sua voce tradiscano una sorta di leggera eccitazione, un suono quasi percettibile che pervade ogni sua parola e la fa sembrare più frizzante, più gustosa di semplice acqua naturale.

Suppongo che, ad una prima e rapida analisi, l’avrei collocato nel reparto di malattie magiche, batteri ed infezioni magiche. Sarebbe, suppongo, la prima opzione che verrebbe in mente un po’ a chiunque. Sperando che non sia così oneroso spostare un paziente, poi, eventuali analisi potrebbero essere utili a capire se la scelta sia stata giusta o meno.

Fa una piccola pausa, sospira, mentre a far attenzione si può immaginare anche i rumori che potrebbero fare gli ingranaggi in quella testa rumorosa e mai dormiente.

Ho pensato in primis alla Spruzzolosi, dottoressa Ashee. Affaticamento, eruzioni cutanee… Però non si spiegherebbe come, effettivamente, gli altri membri della sua famiglia non ne siano stati contagiati. Dottori inclusi. Potrebbe essere una forma lieve che ha colpito un organismo particolarmente fragile?

Domanda ancora, ipotizzando quello che può ricordare sui suoi studi e sulle esperienze che ha avuto sul campo.

Non ha mangiato niente di insolito? Piante particolari o… magari… Crostacei tossici che i genitori han spacciato come aragoste, erroneamente?

E la dottoressa Ashee potrà ben intendere di come stia parlando degli infidi Malaclaw, bestie simili alle aragoste ma decisamente non commestibili. Rimane in attesa, sospirando di tanto in tanto, ma con gli occhi attenti, nella speranza che possa dare un’occhiata da vicino al piccolo ragazzetto in pericolo di vita.

 
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view post Posted on 19/7/2021, 14:02
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«Nulla del genere, ahimè» gli concede Eleanor, mettendo fine alle speculazioni in merito.

Quell'ultima parola ha un suono pesante, come di anatema. Ed è con la stessa gravità che la dottoressa la pronuncia, del resto. Se il piccolo paziente avesse ingerito qualcosa di non commestibile, approntare un rimedio sarebbe stato più semplice, perfino con tutti i ritardi del caso. Soprattutto, non sarebbe stata interpellata lei come primario di infettivologia.

«Se si trova in questo reparto del San Mungo, signor Ravenloft, è improbabile che si tratti di avvelenamento. Non trova?» gli dice, aiutandolo a fare chiarezza tra le sue congetture. Eleanor, d'altra parte, non si aspetta che il candidato sia perfetto. Se lo fosse, non avrebbe nulla da insegnargli e, invece, è sicura di poter giocare un ruolo – e, insieme a lei, altri suoi colleghi – nella vita professionale di Erich. «Quanto all'aspetto del bubbone, è quello solito: è un'escrescenza tumefatta per via dell'infiammazione sottostante.»

È stata delicata, la Ashee. Avrebbe potuto far notare palesemente al ragazzo che i bubboni hanno un aspetto che difficilmente può essere confuso con un'eruzione cutanea o una vescica. Invece, ha preferito una linea più morbida, che continui a indirizzare Erich senza mortificarne l'intelletto. Il tempo per consolidare le conoscenze non manca, del resto. È da verificare se ci sono le abilità.

«Ha detto di aver lavorato come tirocinante presso un ospedale babbano» continua il primario, ripescando dal fascicolo immaginario di Ravenloft ciò che sa di lui e che si è sentita confermare nelle prime fasi del colloquio, pochi minuti prima. «Saprebbe dirmi qual è una delle cause principali di morte negli ospedali babbani?»

Un cenno sicuro del capo in direzione di un infermiere non troppo distante e un assenso in risposta. Poco dopo, quello stesso infermiere li ha raggiunti con alcune tute, ne ha consegnata una a ciascuno di loro e si è congedato con un "Prego, dottoressa Ashee".

«La indossi!»

Scadenza: 25 Luglio
 
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view post Posted on 24/9/2021, 20:45
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Più che a disagio, o messo alle strette... il ragazzo sembra intrigato. Intrigato da come tutte le sue risposte al momento siano sbagliate, non abbiano un filo conduttore che possa condurlo alla soluzione.
Arianna, in questo momento, non ha ancora visto il fil di lana rossa per terra, ahimè.

Tutto questo non ha senso.

Si gratta il capo, il ragazzo, abituato fin troppo a soluzioni logiche e che la semplice ragione possa carpire. E invece no, le sfide si presentano senza che lui sia pronto ad affrontarle... almeno in teoria.
La determinazione del ragazzo, invece, sembra spingerlo oltre i confini della sua stessa apatia e dell'apparente disinteresse verso qualsiasi cosa. Sembra completamente spento, ma di tanto in tanto un guizzo della mano, uno sguardo curioso negli occhi, sembrano come vivificare la sua figura, renderla viva e reale.

Ironicamente - non ho mai capito perché si tratti di ironia, semmai di disgrazia - si tratta delle infezioni. Ho avuto modo di constatare come le infezioni falcino più vittime negli ospedali babbani di quanto non lo facciano effettive malattie.

Ed afferra fra le mani il suo camice, continuando a muoversi finché la dottoressa Ashee non lo condurrà dove vuole. La stessa nel mentre potrà notare come l'indossare quell'indumento medico sembri essere una sorta di rituale per il ragazzo. Lo indossa con precisione, come se ogni centimetro coperto fosse una trasformazione, un momento da ricordare e tenere impresso nella memoria.

Se è un infezione c'è qualcosa che la causa. E' proprio impossibile che ci sia un qualche organismo, parassita, all'interno del suo corpo che causa infiammazione ed infezioni perché il corpo prova ad espellerlo e combatterlo?
O un patogeno magico immune ai normali mezzi di individuazione?

 
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view post Posted on 9/10/2021, 13:48
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Il Fato

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L'infermiere torna per un breve momento, seguendo il richiamo del primario di infettivologia. Non vuole che la borsa che Raveloft porta con sé venga lasciata incustodita, né ritiene saggio portarla all'interno della stanza in cui stanno per introdursi. Per questo, Eleanor l'affida alle cure premurose del sanitario, rassicurando il candidato circa il fatto che gli sarà consegnata prima che lasci il San Mungo. Ci tiene alla precisione e, del resto, negli anni ha conosciuto ben di peggio che qualcuno legato ai propri averi. Non si stupirebbe se Eric fosse quel genere di persona.
Lascia in sospeso le riflessioni finali del giovane, guidandolo attraverso due ingressi: il primo immette in un'anticamera, il secondo nella stanza del paziente. Sul volto della donna capeggia l'ombra di un sorriso di soddisfazione, che viene presto cancellato dalla vista di Jonathan sul grande letto dalle lenzuola spesse. Ha l'incarnato cereo, gli occhi contornati da ombre grigiastre e filamenti di magia che entrano ed escono dal suo corpo. Ricorda una marionetta, vittima dei capricci del burattinaio. Ha perso coscienza da giorni, ma Eleanor ricorda ancora il suono della sua voce e il brillio nei suoi occhi infantili. Piangerebbe con il capo tra le mani, se fosse da sola nel suo ufficio.

«Lui è il paziente di cui le parlavo» esordisce con una nuova sfumatura di rigidità nella voce. Non è semplice tornare da Jonathan. Non lo è mai. «I babbani la chiamano sepsi, sì. Si tratta di un'infezione che insidia l'organismo e lo conduce alla morte, anche se un intervento è andato a buon fine. Per questo, si sconsiglia di trascorrere troppo tempo negli ambienti ospedalieri. Si è inevitabilmente soggetti alla diffusione delle infezioni, anche se il personale è attento al limite del maniacale. È meno frequente negli ospedali magici, ma nemmeno noi siamo immuni a questo genere di inevitabili complicazioni. Fa parte del mestiere.»

La sicurezza con cui parla può far supporre a Eric che anche la dottoressa Ashee abbia, come lui, fatto esperienza presso una realtà babbana prima di arrivare dove si trova. E, in effetti, così è. Anzi, a voler essere precisi, Eleanor ha fatto di più che aggirarsi in incognito tra i corridoi della popolazione non magica ammalata. Ne ha diretto uno di presidio ospedaliero, passando attraverso una lunga gavetta come chirurgo. A differenza di molti colleghi maghi, a lei non serve la magia per aiutare un paziente. Ecco perché è arrivata dov'è arrivata.

«Jonathan è un bambino molto sfortunato. Ha ereditato una malattia che nessuno si augurerebbe di avere. È probabile che lei ne abbia sentito parlare più spesso durante la sua esperienza presso i babbani, ma esiste anche una variante magica. Sto parlando di leucemia. Noi maghi, di solito, non moriamo di leucemia. Il nostro organismo regge abbastanza bene, ma siamo più soggetti alle complicazioni di altre malattie. Jonathan avrebbe potuto vivere a lungo, stando attento a evitare di esporsi ad attacchi virali. Peccato che abbia preso lo Scrofungulus. Sa dirmi di cosa si tratta, signor Ravenloft?»
 
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view post Posted on 2/11/2021, 20:03
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Non sembra avere particolare premura di tenere con sé la sua valigetta, anzi, l'unica cosa che pare recuperare è la sua bacchetta, che con un movimento rapido viene semplicemente sfilata dalla borsa ed appesa alla cintura con un piccolo fodero di pelle.
Non bada alcuna premura a quello che succede alla sua roba dopo, anzi, semplicemente si infila il camice e tutto ciò che potrebbe tornare utile e che gli verrà fornito per proteggere sé e gli altri, seguendo la dottoressa Ashee in religioso silenzio, con gli occhi leggermente aggrottati assieme alle sopracciglia, le labbra chiuse in un'espressione accartocciata e pensierosa.

E' così... piccolo.

Sembra una constatazione quasi ovvia, la sua, se non fosse che dalla sua voce - forse per la prima volta da quando ha cominciato a parlare con la dottoressa - in maniera più palese di prima viene fuori una nota di umanità e d'afflizione che sembra essere quasi stonata su qualcuno di controllato e metodico come lui.
Gli occhi rimangono aperti ed attenti ad osservare il paziente mentre rimane al fianco della dottoressa Ashee, rispettoso e silenzioso nell'ascoltare la spiegazione e la descrizione clinica del paziente.

Lo scrofungulus.

Lo ripete un paio di volte, come se volesse esserne sicuro. Ed ora è certo del perché dell'isolamento e della distanza, del destino atroce che ha avvolto in maniera così violenta quell'anima innocente e minuta.

E' un'infezione per lo più sconosciuta, ahimè. Estremamente contagiosa, si pensa si tratti e nasca da un parassita o insetto dalle proprietà magiche. Agisce come un fungo, nel paziente.

Cerca di mantenere un certo autocontrollo, per quanto le pupille scure e luminose rimangano incollate sulla figura del ragazzino, la testa leggermente piegata mentre i suoi riccioli danzano lentamente e leggermente su quel capoccione.

Non esiste neanche un incantesimo di purificazione capace di liberarlo dallo Scrofungulus? Comprendo sia un morbo per lo più sconosciuto, ma non è scientificamente possibile non esista una cura.
Deve.
Deve esistere.


E rimane lì, coi pugni chiusi, col destro che stringe il legno della bacchetta.

Devo ammettere il mio limite, dottoressa Ashee. Non ho mai affrontato una cosa del genere ed è di mia estrema vergogna l'esser colto impreparato.
Non... non posso fare proprio niente, vero?


O una dottoressa in gamba come la Ashee l'avrebbe già fatto, no?

 
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view post Posted on 5/11/2021, 09:29
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Il Fato

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L'umanità è ciò che ci distingue come esseri non solo senzienti ma anche pensanti. È una vocazione primitiva e, insieme, assai elaborata. È una condizione apparentemente semplice, eppure complessa. Lo diventa ancora di più quando si decide di intraprendere la via della medicina.
Le reazioni di Erich vengono registrate da Eleanor con attenzione. Vede il modo in cui osserva il paziente, la scrupolosità con cui snocciola le informazioni sullo Scrofungulus e, da ultimo, la desolazione con cui comprende di essere di fronte a un impasse. Una parte di lui, è evidente, non riesce a capacitarsi della risoluzione cui è arrivato, la peggiore per un medimago: l'impotenza. Com'è possibile, del resto, che migliaia di anni di conoscenza tramandata di generazione in generazione non offrano nulla per salvare la vita di quel bambino?
Se lo è chiesta anche la Ashee, all'inizio con rabbia e poi con rassegnazione. Si è anche domandata quale fosse il senso del suo ruolo di fronte all'accanimento del Fato - alla sua ingiustizia. Non trova una ragione valida che spieghi il senso di un finale tanto tragico, vergato sulla pelle di un innocente. Non lo trova e non lo troverà mai, come Erich.

«Non è del tutto vero. Una cosa può farla» dice, accodandosi all'interrogativo del candidato. La sua voce è leggermente ovattata per la bolla che la protegge dal contagio, ma il suo sguardo è fermo come la roccia di una montagna, fisso in quello di Ravenloft. «Può mettere fine a tutto questo» rivela, atona.

Se mai ne ha escogitate di prove balorde per testare gli aspiranti medimaghi, quella che ha appena sottoposto a Erich è una delle peggiori. Gli sta chiedendo, in sostanza, di fare quello che ogni buon dottore dev'essere in grado di fare nella propria carriera: arrendersi all'evidenza e accompagnare il paziente fin proprio alla fine. Eleanor nasconde perfino a se stessa che, in un certo senso, sono ragioni personali ad averla sospinta in quella direzione: distaccare Jonathan dai fili che lo tengono in vita è un risultato di cui ancora non si capacita, non con il cuore. Ravenloft ha dimostrato di possedere l'empatia giusta per adempiere a quel compito con rispetto e dedizione e con quella punta di distacco professionale che a lei, al momento, manca.

«I genitori non presenzieranno sia per una questione di sicurezza, sia per una questione personale. È bene esporre il minor numero di figure non professionali agli effetti del virus ed è anche bene accettare che il dolore di un genitore per la perdita del proprio figlio sia intollerabile alla vista. È compito nostro stare insieme a Jonathan nell'ultima parte del suo viaggio e farlo con gentilezza». La rabbia che prova sobbolle dentro di lei senza troppo impeto ma in modo costante. Le trasmette una sensazione di strappo al diaframma, come di una smaterializzazione precaria, anche quando è altrove dall'ospedale. «Mi dica come intende procedere».

Scadenza: 11 Novembre
 
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view post Posted on 11/11/2021, 22:09
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Lo spettacolo, con tutta la solennità con il quale è cominciato adesso giunge ad una fine non tanto inaspettata, quanto indesiderata. Rimane fermo ed in silenzio mentre gli occhi nocciola vagano lentamente su quella piccola figura in fin di vita. Le parole della dottoressa Ashee carezzano le sue orecchie come carta vetrata sui palmi delle mani. Un suono leggerissimo cigola nella sua testa mentre continua a rimanere lì fermo ad osservare la scena.
La voce della dottoressa sembra sempre più lontana, fin quando il gelo nella stanza non sembra diventare meno pesante, la pelle pungere di meno con la consapevolezza d'aver raggiunto un accordo con se stesso.

Lo farò io. I genitori di questo bambino non meritano - ho sempre trovato difficile capire cosa c'entri il merito in tutto ciò - vedere il loro figlio in queste condizioni, e non meritano di vederlo morire.

Fa una pausa e sospira con la pesantezza del piombo che si posa sul suo petto, una sensazione he non conoscere e della quale avrebbe fatto volentieri a meno, nella sua vita.

Tuttavia, credo che lui meriti ancora di meno di sopportare tutto questo. Merita un po' di pace. Io rimarrò qui, ma lui ha un percorso da seguire, e non è quello che lo porterà a giocare di nuovo nei prati.
Non in questi, almeno.


Annuncia con un tono che pare quasi atono, freddo, e senza vita, ma lo sguardo di Erich sembra nascondere tutt'altro che indifferenza: si sta palesemente trattenendo, sta tenendo con sé e dentro di sé una sensazione che poche volte nella vita ha percepito con così tanta chiarezza: la disperazione.
Potrebbe essere un po' più facile se fosse una persona capace di gestire e conoscere quello che prova.
Potrebbe... ma non è così.
Non è abituato.
Non sono cose che ha provato.
Non sono cose che sa gestire.

Mi dia solo un minuto, ho dimenticato una cosa... erhm... Importante nella valigetta.
Mi scusi, con permesso dottoressa Ashee. Tornerò subito.


E con dei movimenti meccanici si volta in direzione dell'uscita, in silenzio, le labbra serrate in una smorfia che sembra essere di cemento. Non basta qualche rapido passo prima che lacrime silenziose macchino quelle guance e si tuffino nella barbetta corta e sistemata che gli copre il volto. Non emette un suono, né un rumore, cammina semplicemente verso l'uscita ma non viene fuori da quella stanza, non si toglie la tuta. Si ferma sull'uscio con il respiro meno controllato di prima.

*cough*
Forse non importa, non era così importante.


E rimane voltato per un minuto buono ad ascoltare il rumore dei macchinari, il silenzio della stanza d'incubazione ed eventualmente i rimproveri della dottoressa Ashee... o i suoi sospiri. Riprendere il controllo quando non hai idea di cosa stia succedendo è difficile, ed è per questo che ci mette un minuto prima di voltarsi con gli occhi arrossati, serio come prima.

Dicevo.
Quando vuole possiamo procedere Dottoressa Ashee.
Non credo che indugiare farebbe alcun bene a nessuno. Anzi, tutto il contrario.
Suppongo che per procedere serva comunque il consenso dei genitori, corretto?
E poi immagino dovremo staccare quei fili dal suo corpo... Possiamo dargli un anestetico potente ed evitare che soffra più del dovuto? Non credo meriti una briciola in più di quello che sta passando.


E fissa per qualche secondo di nuovo la figura del ragazzino, deciso ormai ad intraprendere un percorso che lo porterà, probabilmente, a vedere o sentire una delle cose più dolorose della sua vita. Probabilmente, se la dottoressa Ashee lo guiderà per evitare di fargli compiere errori, il ragazzo andrà a richiedere, con tutte le accortezze del caso, il permesso scritto dei genitori cercando di spiegare la situazione nella maniera più chiara e cristallina possibile. Il passo successivo sarebbe quello di staccare quei fili magici e lasciare che il ragazzino possa trovare un po' di riposo, si spera, in un posto migliore rispetto alla terra.
Coscientemente lo sa, sa bene cosa comporta essere un medico.
Quello che si vede.
Quello che si vive.
Ma, in fondo, chi è mai pronto per quello che la vita ci mette davanti?



Edited by JaggerK. - 10/12/2021, 19:42
 
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view post Posted on 27/12/2021, 14:44
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Il Fato

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Non c'è nulla che Eleanor si perda di quanto segue, né che dia per scontato. Riesce a percepire l'incertezza nei modi, nelle parole e perfino nei silenzi di Eric Ravenloft. È un valido candidato, ma la sua gavetta deve avergli risparmiato una tragedia del calibro di quella cui la Ashee lo ha testé sottoposto.
Se non fosse consapevole della difficoltà del loro mestiere, la donna si dispiacerebbe per lui e rimpiangerebbe di aver intrapreso una direzione tanto imperdonabile. Invece, così non è. Ha piena coscienza dei perché e dei percome della prova e non ce n'è uno che trovi discutibile. Molti colleghi probabilmente arriccerebbero (e arricceranno) il naso, messi al cospetto della sua decisione. "Eleanor, così rischi di creare un alone di terrore attorno al San Mungo e nessun giovane promettente vorrà venire a lavorare qui!" lamenterebbero, in un certo senso a ragion veduta. Eppure, a lei non importa.

«Abbiamo già il consenso firmato dei genitori» gli comunica, dopo aver confermato con un secco cenno del capo la correttezza della procedura illustrata da Ravenloft. «E tra le sue mani troverà il sedativo che useremo per evitargli ulteriori sofferenze» aggiunge, agitando la bacchetta. Una fiala panciuta si depositerà tra le mani del candidato: al suo interno, un liquido di un verde smorto. «Bevanda della Pace, signor Ravenloft. Nelle giuste dosi, placa ogni forma di agitazione. In altre dosi, conduce dolcemente alla morte». È asciutta, stavolta più delle altre, ed evoca a parole il grande esito che nessuno ha potuto evitare. «Si accorgerà, guardando bene la boccetta che tiene in mano, che ci sono dei piccoli aghi sulla sommità chiusa della fiala. Si tratta di un metodo di somministrazione più rapido, perché fa entrare direttamente in circolo nel sangue la bevanda, invece di aspettare che venga assimilata mediante la digestione. Questo significa che, nell'arco di pochi secondi, indurremo il coma irreversibile nel paziente e lei potrà procedere a sospendere le procedura per il mantenimento in vita. Se dovesse incontrare difficoltà, io sarò pronta a intervenire».

Non scherza, la Ashee, e il momento della verità sta per arrivare. Ora che il via è stato dato, sta tutto nelle abilità di Erich Ravenloft il risultato del suo colloquio.

Siamo nella fase finale del colloquio. Come ha fatto intendere la Ashee, dando tutte le comunicazioni del caso, è tempo che Erich agisca e metta fine alle sofferenze di Jonathan.
Ti faccio una piccola nota: nei miei post, io non ho mai parlato di macchinari che tengono in vita il paziente, bensì di fili. Questo perché ci muoviamo in un contesto prettamente magico, dove certe risorse non avrebbero senso. Devi, quindi, immaginare che attorno (e dentro) Jonathan ci siano dei filamenti magici, scaturenti da una parete iridescente da cui tutti quanti si dipartono e che sta dietro la testata del letto. L'intervento di Erich, perciò, dovrà avvenire mediante modalità che si convengono ad un mago. Ti lascio libertà di stabilire come, prendendo spunto da ciò che sappiamo del mondo di Harry Potter e dai dettagli che ho messo nei post.

Scadenza: 10 Gennaio
 
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14 replies since 15/5/2021, 14:32   470 views
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