These violent delights have violent ends, Arruolamento Ordine della Fenice

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view post Posted on 13/7/2021, 09:44
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Capitolo uno4u9MHBY
Diecimila mondi in una strada




Una volta l'anno nelle zone residenziali di Diagon Alley i cittadini allestiscono una delle più belle fiere del libro della Londra Magica. Ciò avviene solitamente in maggio, quando il profumo dei fiori sbocciati sui balconi si espande nel denso reticolo di stradine, e la mente percepisce l'estremo bisogno di cominciare qualcosa di nuovo, come un libro, mentre l'anno lavorativo è ancora in procinto di terminare.
Anche quest'anno, l'evento non si manifestò come una fonte di disturbo per i residenti, che si bearono dell'attenzione e della cura per la quiete che solo i veri amanti dei libri riescono ad apprezzare. Sembrava infatti di vivere il sogno di una libreria all'aria aperta: le vecchie stradine del quartiere furono ridotte a un labirinto di scaffali, impreziositi in onore della primavera da rampicanti dai boccioli variopinti, e da tavolini disposti qua e là per dar modo ai lettori di passaggio di accomodarsi a leggere, magari in pausa dal lavoro col pranzo a sacco o con un calorico gelato di Florian Fortebraccio.

jFXAD6VPersino gli antichi palazzi di Diagon Alley passavano in secondo piano di fronte all'evento del libro, anche se non vi poteva esser sfondo migliore di colonnine, gargoyle e artistiche facciate secolari per la lettura. La vasta scelta di titoli, inoltre, chiamava bibliofili di ogni categoria. Vi erano i tascabili così come i grandi libri illustrati dalle pagine spesse, i manuali, le antologie, i romanzi e libri in lingua straniera. C'era una sezione dedicata ai libri di seconda mano, poi un'altra dove i libri potevano essere scambiati invece che acquistati, e inoltre parecchi reparti dedicati a singoli autori. Infatti, dato che la fiera conteneva perlopiù titoli di autori babbani, si poteva sostare nell'angolo dedicato ai gialli di Agatha Christie, Arthur Conan Doyle, a Charles Dickens e George Orwell. Ogni angolino veniva apparecchiato in maniera diversa, tentando di rappresentare lo stile del letterato che rappresentava. Vi era una lente d'ingrandimento magica che cercava nei libri della Christie le parole chiave dei discorsi delle persone più vicine, e persino un grande occhio incastonato fra i volumi che smetteva di fissare i passanti solo se si appostavano a leggere i libri di Orwell.

Fra tutti gli stand il più sofisticato ed elegante era senz'altro quello dedicato al sommo poeta William Shakespeare. Un intreccio di arazzi ne avvolgeva le librerie, già colme di tomi dalle copertine riccamente decorate e dal sapore antico. Si trovava sotto un piccolo arco con una cascata d'edera, all'incrocio della via principale con un vicolo, accanto ad uno dei palazzi abitati dalle famiglie più facoltose del quartiere. L'edera si insinuava fra i libri, e nei buchi fra di essi e il legno, dove si iniettava l'ombra, volteggiavano delle lucciole multicolore a richiamar una dimensione di fiaba lontana ma, per un'unica eccezione proprio quel giorno, da toccar con mano.
RIQcJJiA rigore di tale scelta, nel piccolo spazio circolare che si frapponeva alle librerie del reparto del Sommo, un leggio in marmo sosteneva un grosso e pesante volume le cui pagine spalancate si rivelavano illustrate da una mano sopraffina, amante dei colori e dalla spiccata tendenza al romanticismo. Nonostante tutto sembrava un normalissimo libro - un libro babbano -, posto lì da un lettore di passaggio e poi dimenticato.
C'era da dire che paradossalmente quell'angolo era il più solitario di tutti, nonostante fosse all'esatta entrata della via, la prima porzione di fiera vicina al muro d'ingresso dal Paiolo Magico. Nessuno sembrava interessato alle tragedie e alla commedie shakespeariane, argomenti forse triti e ritriti per un inglese ad hoc. Forse l'occhio dell'angolo Orwell era sin troppo insistente e si era accaparrato più lettori di tutti, oppure era fin troppo presto per una vera folla di clienti, dato che erano le otto e mezza del mattino.
Ciononostante un giovane visitatore proveniente dall'altro capo della strada si appostò agli arazzi e all'edera per cogliere un tascabile dagli scomparti, dando le spalle al leggio. Anche se non sembrava esser stato attratto dalle illustrazioni raffinate, il suo passaggio fece sobbalzare il grosso volume che si attivò, nella speranza di essere letto.

«Ah, ho capito: da te c’è stata la regina Mab.»
«Regina Mab? Chi diavolo è costei?»



All'improvviso due voci sorsero dalle pagine e il ragazzo, colto di sorpresa, fece cadere per terra una pila di libri. A danno fatto scosse la testa, per la vergogna oppure perché ad una fiera del libro doveva comunque aspettarsi di non essere solo, oltre che persino i libri potessero parlare. Si chinò dopo aver posato il suo tascabile, "Sogno di una notte di mezza estate", per porre rimedio alla frittata di pagine appena fatta.
Nel mentre le illustrazioni sul leggio ripresero a parlare, del tutto inconsapevoli di cosa accadesse nelle dimensione alternativa al di fuori delle loro scene.

«La mammana del regno delle fate;
e si presenta sempre in una forma
non più grossa d’una pietruzza d’agata
al dito indice di un assessore;
viaggia su un equipaggio trainato
da una muta di piccoli esserini,
e si posa sul naso di chi dorme;
i raggi delle ruote di quel traino
sono formati da zampe di ragno,
il mantice dall’ali di locuste,
le briglie da sottili filamenti
d’esili ragnatele; i pettorali
dai rugiadosi raggi della luna;
la frusta ha il manico d’osso di grillo...»

Benvenuta Unconsoled. Il tuo arruolamento nell'Ordine della Fenice sta per cominciare. Ti prego di postare assieme alla tua risposta le statistiche aggiornate e l'inventario di Jolene.
La situazione è chiara e puoi decidere come muoverti. Lo stand di Shakespeare è il più vicino da raggiungere entrando a Diagon Alley dal Paiolo Magico, come scritto nel testo. Fai la sua entrata e mettiti a tuo agio: sarà lunga ma potremmo anche divertirci. Ragion per cui vorrei optare per delle scadenze che ruotano attorno ai dieci giorni per entrambi. Se sforo senza avviso mandami pure un up via MP senza problemi, e se hai dei dubbi su questa scelta parliamone pure e troviamo la nostra soluzione. Allo stesso modo sentiti libera di chiedere proroghe, anche perché sarà necessaria tutta la tua attenzione soprattutto nei momenti cruciali di riflessione del tuo PG.
Detto ciò, buona avventura!

Prossima scadenza: 23/072021 ore 23.59



Edited by Master Chiaro - 10/8/2021, 10:58
 
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view post Posted on 19/7/2021, 19:55
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Tra tutti gli innumerevoli volti di Diagon Alley, quello ammantato dal profumo dei libri e dei fiori di maggio era uno dei tuoi preferiti. Ogni anno aspettavi quel momento come se fosse stato la tua festa e, anche se non te lo eri perso nemmeno una volta, non mancava mai di stupirti. Le stesse vie e le costruzioni tra le quali avevi passeggiato in tante occasioni divenivano un po' più incantevoli, quando si stagliavano a sfondo delle bancarelle cariche di libri. Il tuo sguardo, allora, dardeggiava luminoso da uno scaffale all'altro, incapace di decidere su quale sfumatura di quell'enorme caleidoscopio soffermarsi. Eri sempre stata un'osservatrice curiosa, forse un po' troppo incline a farsi prendere dalla frenesia. Non sapevi regolare quell'avidità di cose belle che ti contraddistingueva.
Quell'anno in particolare, però, eri quantomeno intenzionata a provarci. Quando uscisti dalla penombra in cui era avvolto il Paiolo e ti affacciasti sulla strada, tenevi tra le mani la macchina fotografica come il simbolo dei tuoi buoni propositi. Continuavi a passare i polpastrelli ora su un bottone ora su un altro, misurando quella forma a cui non ti eri ancora del tutto abituata. Ti eri fatta insegnare qualcosa da Ariel e, anche se non era molto, pensavi che sarebbe bastato per corredare di alcune foto decenti l'articolo che avresti mandato in stampa alla Gazzetta. Un evento come quello non poteva di certo sfuggire alla rubrica letteraria.
I passi ti portarono quasi automaticamente verso lo stand più vicino, una nicchia pittoresca circondata dagli arazzi ed interamente dedicata a nient'altri che William Shakespeare. Un sorriso appena accennato ti incurvò le labbra alla vista delle lucciole colorate: come in un sogno, danzavano tra le fessure lasciate libere dai libri, e così non v'era spazio dove l'ombra potesse insinuarsi indisturbata. Non poteva capitarti un inizio migliore.
L'incanto si dipanava in una solitudine quasi perfetta, interrotta dall'unica presenza di un altro giovane lettore che non ti curasti di esaminare. D'altronde era l'isolamento che cercavi, e non a caso avevi scelto quell'ora del mattino: ti stavi dimostrando sempre più abile nel calcolare i tuoi spostamenti così da evitare eccessivi affollamenti.
Come una bambina, tendesti una mano per sfiorare l'edera che si arrampicava tra i libri, la macchina fotografica ancora stretta nell'altra. Non avevi fatto in tempo a pensare di mettere in pratica i tuoi buoni propositi e sollevare l'obiettivo, che due voci presero improvvisamente a parlare. Avesti un sussulto, per un istante gli arti vennero attraversati dal caratteristico formicolio del panico. Ma ti calmasti non appena riconoscesti le battute di Romeo e Giulietta. Capisti in seguito che esse provenivano dal tomo aperto sul leggio, e mentre proseguivano non impiegasti molto ad identificare la scena da cui erano tratte. Amavi tanto quel monologo, la cui bellezza, a tuo avviso, non veniva intaccata dal messaggio funesto di cui si faceva portatore. Ogni parola si incastrava perfettamente in un vivido mosaico, ed era così facile immaginarsi la minuscola figura di Mab, la fata regina dei sogni beati e vuoti. Quante volte avevi chiesto a tua madre di rileggerti quel preciso passaggio? Poco importava che, poco più di una ragazzina, all'epoca non avesti compreso a pieno il cinismo che si nascondeva dietro al guscio cavo di noce del cocchio della minuscola carrozza – per tanto tempo ti eri beata del potere immaginifico di una penna raffinata, semplicemente.
Simili considerazioni sfiorarono appena la tua coscienza, perché l'unico altro cliente era stato meno fortunato di te e nello spavento aveva fatto crollare a terra una pila di libri. Non riuscisti a trattenerti: una piccola risata ti era già sfuggita prima di renderti conto che, se ti avesse udita, lo sconosciuto avrebbe potuto prendersela a male. Sentisti il calore salirti alle guance, mentre un leggero rossore vi si diffondeva a testimoniare il tuo imbarazzo. Non importava che l'altro ti badasse o meno: per te fu istintivo infilare in borsa la macchina fotografica e subito muoverti per potergli dare una mano a sistemare i libri.
«Lascia che ti aiuti» dicesti gentile nell'abbassarti accanto a lui. Gli lanciasti appena un'occhiata, resa insolitamente timida dal pensiero di essere stata maleducata. Avevi già abbassato gli occhi sui libri quando aggiungesti: «Ogni angolo riserva una nuova sorpresa, non è vero?». Di certo avevi tutte le intenzioni di esaminare quel curioso libro parlante, non appena aveste rimesso in ordine gli altri.


PS: 257 / 257 | PC: 205 / 205 | PM: 242 / 242 | PE: 35

Bacchetta (nell'apposito fodero del cappotto)

Gioielli indossati:
Anello Vegvisir: aiuta chi si è perso a ritrovare la strada, infondendo coraggio e fiducia in se stessi.
Anello della Gorgone: se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
Bracciale Yūrei: porta incastonato in una piccola sfera di vetro infrangibile un fluido argenteo in grado di percepire la presenza degli Spiriti. Se colui che lo indossa si trova nei pressi di uno di essi, il fluido diviene gassoso e si connota di sfumature dal bianco al rosso, attraverso tonalità intermedie, che ne certifica la pericolosità.
Bracciale di Damocle: concede la possibilità di lanciare un "doppio incanto", ovvero due incantesimi in un solo post/azione, ma non più di una volta ogni 6 post di Quest/Evento.

In borsa:
Macchina fotografica magica
Spettrocoli: permettono di vedere creature invisibili o immaginarie. Se indossati per troppo tempo possono provocare stordimento.
Essenza dell'Elfo (x1 boccetta)
Taccuino
Penne biro (un paio)
Sacchetto con 10 Galeoni

Vestiario: jeans, camicia, anfibi e un cappotto leggero.
INVENTARIO

Fino alla IV classe di incantesimi, esclusi i proibiti.
VI classe: Adduco Maxima.

Vocazione: Animagus inesperto (rondine).
CONOSCENZE


Modifica concessa dal master.

Grazie per l'introduzione meravigliosa ♡




Edited by Unconsoled - 14/8/2021, 09:52
 
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view post Posted on 10/8/2021, 09:55
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Capitolo due4u9MHBY
Sguardi




In genere la sua ancor breve vita non aveva sovente assaporato le delizie della gentilezza spontanea. Uno sguardo rivolto a terra, a partire dagli angoli degli occhi che cadevano verso il basso consegnandogli un volto piangente, caratterizzò buona parte della sua adolescenza fino a quel giorno. Rughe scavavano solchi nella pelle ramata del suo viso, dileggio di un'età che di poco superava i diciott'anni. La stanchezza ne poteva essere la madre onnipresente, il fallimento il padre severo.

RIQcJJi«Basta, via, Mercuzio, basta! Stai parlando del nulla!»
«Sì, di sogni,
che sono i figli d’un cervello pigro,
fatti solo di vana fantasia,
che sono inconsistenti come l’aria,
più incostanti del vento, che ora scherza
col grembo gelido del settentrione,
ed ora, all’improvviso, in tutta furia,
se ne va via sbuffando e volge il volto
alle stillanti rugiade del sud.»


Fu proprio dal giorno in cui Ieremias venne espulso da Hogwarts, un paio d'anni fa, che la sua giovinezza sfiorì. Diseredato e rinnegato dai genitori purosangue, ridotto al lavoro manuale, deprivato della sua bacchetta in salice, la vita non era stata più tanto semplice quanto al suo inizio.
Il tono tenue della voce che gli carezzò la fronte raccogliendo il suo sudore, gli giunse al petto come un soffio di vento caldo, che a quell'ora del mattino e del vissuto era pari allo sbocciare di un fiore raro in un giardino incolto. Ieremias percorse con lo sguardo le onde dei capelli rossi per poi sbattere palpebre sonnolente sul viso delicato della ragazza. Danzò sulle sue lentiggini e le sfiorò con dita invisibili per raccoglierle nella memoria come il souvenir di un sogno.
Sorriderle fu quanto di più naturale ci potesse essere.
«Grazie. Lo giuro, di solito non sono così impacciato. Non mi aspettavo di trovarmi ad una rappresentazione teatrale a cielo aperto. La maggior parte delle volte in mezzo ai libri trovo silenzio e pace.»
Si piegò sulle ginocchia per aiutarla. Impilò alcuni volumi l'uno sull'altro e, rialzandosi, li mise al loro vecchio posto.
«Dammi pure gli altri. Li sistemo sopra.»

Sopra il parlottare in versi del libro e la quiete mattutina, i passi di un gruppo di tre uomini catturarono la sua attenzione. Passarono dietro la ragazza, senza interessarsi ai banchetti e alle librerie. I suoi occhi parvero offuscarsi nuovamente della tristezza originaria quando colsero la loro presenza. Uno di loro lo ricambiò con un'occhiataccia: alto, corpulento senza capelli e dall'espressione arcigna. Non sembrava il tipico frequentatore di una fiera del libro. La rossa avrebbe potuto notare il termine di questo scambio, quando l'omone voltò il capo sulla strada percorsa per poi scomparire assieme ai suoi compagni. Si infilarono in una porta di servizio dell'edificio di fianco, sulla destra.
Gli occhi di lui tornarono a illuminarsi spostandosi su quelli di lei.
«Io sono Ieremias. E' un piacere conoscere altri amanti di Shakespeare.»

«Signori, benvenuti in casa mia!
Le dame senza calli ai lor piedini
faranno un giro di danza con noi.
Ah, ah, mie belle dame, e chi di voi
si potrà rifiutare di ballare?
Giuro che quella che fa la ritrosa
qualche calletto ai piedi deve averlo.
Ci ho colto bene, vero?… Avanti, avanti!
Benvenuti! Ho conosciuto anch’io
il tempo quando nascondevo il viso
dietro lo schermo d’una mascherina,
e sussurravo a qualche bella dama,
all’orecchio, galanti paroline…»


Prossima scadenza: 20/08/2021 ore 23.59

 
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view post Posted on 20/8/2021, 19:25
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Il sorriso dello sconosciuto arrivò a sciogliere la leggera tensione che ti aveva resa esitante – il nervosismo se ne andò con la stessa rapidità con cui era arrivato, lasciando il tuo sguardo libero di indagare il viso del ragazzo. Doveva avere appena qualche anno in più rispetto a te, pensasti nel percorrere velocemente un solco sulla pelle bronzea. Non avresti saputo indicare una ragione precisa, ma i tuoi occhi erano attratti dalla sua fisionomia, su cui avresti indugiato più a lungo se solo non avessi temuto ancora una volta di risultare maleducata. Poteva trattarsi delle origini lontane suggerite da alcune linee marcate, o solo dello sguardo malinconico, la cui profondità si traduceva in magnetismo; forse, semplicemente, eri contenta di incontrare qualcun altro allo stand di Shakespeare. Fatto sta che fu immediato, per te, mutare espressione fino a rispecchiare il sorriso dell'altro, ed una breve risata seguì al suo primo commento. «Se fossi stava vicino agli scaffali avrei fatto cadere il doppio dei libri.»
Cominciasti a raccogliere i primi tomi. Seguirono così alcuni momenti di silenzio, in cui ti limitasti a scorgere le copertine alla ricerca di titoli conosciuti, prima di passare i volumi nelle mani dello sconosciuto. Le battute di Romeo e Giulietta continuavano a rincorrersi sopra alla quiete mattutina, ogni verso ritmato come nella più bella delle poesie. Ascoltavi con un certo interesse le parole ad un tempo familiari e nuove – non avresti saputo recitarle a memoria, ma ogni sillaba si sovrapponeva al ricordo che ne avevi, rendendolo vivido.
Non desti importanza ai passi di qualcuno che transitava dietro di te. Solo per caso sollevasti lo sguardo in tempo per vedere un omone corpulento voltare la testa in un'altra direzione, come se prima avesse guardato voi. Seguisti i passi suoi e dei suoi due compagni fino a quando non sparirono dentro ad un edificio, chiudendo dietro alla porta anche un leggero senso di disagio che ti aveva invasa all'idea che avessero visto i libri per terra.
Ad ogni modo, ormai era tutto sistemato, così non tardasti a tirarti di nuovo in piedi. Sistemasti meglio la tracolla sulla spalla, ricambiando lo sguardo del ragazzo mentre questi dava il via alle presentazioni. Ieremias ti ripetesti mentalmente, traendo da quei suoni stranieri un altro indizio di un'origine forse lontana che, ad ogni modo, non avresti saputo indicare con esattezza.
«Jolene» dicesti a tua volta, lasciando poi intercorrere una breve pausa. Condividevi l'entusiasmo espresso da Ieremias – ti si leggeva nello sguardo, che, se possibile, era ancor più vivace di quando eri appena arrivata al mercatino. «È un piacere anche per me. La lettura sarà anche un'attività solitaria, ma il confronto la rende ancora più speciale. Tra tutti, poi, a Shakespeare il silenzio non si addice così bene.» Il buon umore si traduceva in voglia di chiacchierare, e le parole fluivano con naturalezza dalle tue labbra mentre cercavi di spiegarti. Eri stata abituata a sentire le pièce teatrali recitate – da Virginia, a casa, o dagli attori nelle occasioni in cui vi recavate a teatro. Erano parole nate per la scena, la loro musicalità poteva essere apprezzata davvero solo quando giungeva all'orecchio, e in quel senso la presenza di un libro parlante non poteva essere più azzeccata, a dispetto dell'iniziale sorpresa. Una volta che eri venuta a patti con quella novità, la piccola nicchia formata dagli scaffali carichi d'edera ti parve ancora più idilliaca: creava l'illusione di uno spazio intimo, un'isola dai confini precisi in cui nulla avrebbe più potuto prenderti alla sprovvista. Accoglievi con piacere la presenza di Ieremias, lì, a condividere quel piccolo luogo con te – ne aveva pieno diritto, glielo conferiva il suo apprezzamento per Shakespeare. Ti eri già scordata degli uomini che qualche minuto prima ti avevano intimidita, il loro passaggio non era stato che una breve parentesi in un mondo che, altrimenti, sembrava interamente fatto su misura per te.
Mentre la recita senza attori proseguiva – ora nel discorso di Capuleti –, decidesti di osservare più da vicino il libro singolare in grado di inscenare un intero dramma per conto proprio. Ti voltasti verso il leggio, cominciando nel mentre a rovistare nella borsa alla ricerca della macchina fotografica – avrebbe dovuto essere semplice trovarla, viste le dimensioni. Prima di avvicinarti, però, rivolgesti un altro sguardo a Ieremias. «Stavi cercando un libro in particolare? Magari Romeo e Giulietta La tua attenzione venne nuovamente catturata dalla recita. «Oh, sta per arrivare una delle mie scene preferite!» esclamasti con voce deliziata, muovendo qualche altro passo verso il leggio, decisa a scattare alcune foto al libro.


PS: 257 / 257 | PC: 205 / 205 | PM: 242 / 242 | PE: 35

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Anello Vegvisir: aiuta chi si è perso a ritrovare la strada, infondendo coraggio e fiducia in se stessi.
Anello della Gorgone: se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
Bracciale Yūrei: porta incastonato in una piccola sfera di vetro infrangibile un fluido argenteo in grado di percepire la presenza degli Spiriti. Se colui che lo indossa si trova nei pressi di uno di essi, il fluido diviene gassoso e si connota di sfumature dal bianco al rosso, attraverso tonalità intermedie, che ne certifica la pericolosità.
Bracciale di Damocle: concede la possibilità di lanciare un "doppio incanto", ovvero due incantesimi in un solo post/azione, ma non più di una volta ogni 6 post di Quest/Evento.

In borsa:
Macchina fotografica magica
Spettrocoli: permettono di vedere creature invisibili o immaginarie. Se indossati per troppo tempo possono provocare stordimento.
Essenza dell'Elfo (x1 boccetta)
Taccuino
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Sacchetto con 10 Galeoni

Vestiario: jeans, camicia, anfibi e un cappotto leggero.
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Fino alla IV classe di incantesimi, esclusi i proibiti.
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view post Posted on 28/8/2021, 21:19
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Capitolo tre4u9MHBY
Sogni infranti, sogni nascenti




Ieremias credeva nelle affinità elettive. Credeva nel potere dei sentimenti e che le emozioni fossero i colori che tingevano l'esistenza delle persone. Ciononostante, quando si guardava dentro i suoi pensieri si tingevano di nero riconoscendo di aver chiuso quei colori in uno scrigno segreto, lontani dai possibili rischi che avrebbero potuto graffiargli ulteriormente il cuore. Guardandosi allo specchio della sua coscienza sosteneva fosse buffo che volesse proteggere i propri sogni senza svelarli al mondo e senza porli su un palcoscenico, quando le scelte prese dal giorno della rottura con quella che fino a poco tempo prima considerava la vita vera non facevano altro che distruggere ogni sua possibilità di redenzione.
Quante volte avrebbe voluto dire di no. Quante volte avrebbe voluto fuggire lontano. Chiuso nel suo guscio d'ombra si era dimenticato della profonda bellezza della semplicità e della chiara luce che avvolgeva il mondo. Bastò il puro tocco gentile del calore umano donatogli da una sconosciuta, l'ingenuità di un incontro nuovo, l'affanno creato dall'emozione di trovare un proprio simile e che tale affinità si confermasse in ogni parola sussurrata a labbra schiuse per il sentimento crescente. Jolene.
«Jolene.» ripeté ancorandosi a quel nome. «Io stavo...» gli occhi scuri vagarono sui libri, tristi. «Stavo cercando Macbeth in realtà.»

«Chi è quella damina
laggiù, che con il tocco di sua mano
fa ricca quella del suo cavaliere?»
«Mi dispiace, signore, non lo so.»
«Oh, ch’ella insegna perfino alle torce
come splendere di più viva luce!
Par che sul buio volto della notte
ella brilli come una gemma rara
pendente dall’orecchio d’una Etiope.
Bellezza troppo ricca per usarne,
troppo cara e preziosa per la terra!»


Accolta come implicita richiesta, fece silenzio per ascoltare la voce del libro. Romeo, vinto dall'amore, compiva i primi passi fra le braccia della morte.
«Sai» si intromise con timida voce. «Quando andavo a Hogwarts...» sospirò «quando andavo ad Hogwarts facevo parte di un piccolo club di teatro e ho preso parte proprio a questa scena. Eravamo dilettanti, o forse sarebbe più giusto dire un disastro. Ma... quell'emozione mi fece desiderare più di ogni altra cosa di ritrovarmi ancora in quei panni un giorno, e magari sempre in panni diversi come può fare solo un vero attore.»
In fondo, perché no? L'assaggio di una vita di nuovo vera gli aveva pungolato la lingua fino a quel punto. Shakespeare, ancora Shakespeare, amore, teatro, emozione. Non quella farsa, non quell'abominio di palco su cui era costretto a recitare. Sembrava che il Fato l'avesse voluto, mostrandogli il passato risorgere dalle sue ceneri tramite un libro, la sorpresa di un incontro fortunato. Stava a lui cogliere i messaggi, ed era una questione di tempistiche.
«Sei mai stata a teatro, Jolene?»

I pensieri e lo spettacolo in atto dominavano la scena, eppure il pubblico sa che la magia del teatro è dovuta soprattutto a chi si nasconde dietro il telo del fondo. Passi silenti percorrono i retroscena, spingendo un occhio di bue dove si desidera far riporre lo sguardo degli astanti. Nessuno parla ad alta voce; ci si sussurra o si recita a memoria un copione di mosse: dare lo scialle alla co-protagonista, far cadere la neve sullo stagno di cartapesta, muovere le onde del mare, spingere le poltrone e il tavolino del salotto non appena cala il sipario per sparire prima che esso si riapri.
Per quanto fosse diverso lì, fra gli stretti corridoi di libri, passanti estranei si univano intoccati dagli sguardi a un mercato che lentamente prendeva vita. D'altronde era normale: le ore scorrevano, le persone uscivano di casa e chi passava per la via rimaneva incastrato nel dedalo di librerie. Uomini e donne si approssimavano agli stand, inoltrandosi perlopiù nella fiera. Poco distante, vicino alla sede di Shakespeare, un uomo dava le spalle al duo appena incontratosi. Capelli corti e neri, nuca scura, una lunga giacca color cammello. Rivolto a un libro del baracchino di Christie, mentre la lente si animava per compiere la sua ricerca, ripeteva le stesse parole con una mano davanti alla bocca.
«Tesoro, il libro è già stato comprato. Te lo ripeto, il libro è già stato comprato.»

«Ragazzo, la mia spada!
Come! Il furfante ardisce venir qui,
coperto da una maschera grottesca,
a farsi beffa della nostra festa?
Ebbene, per l’amore del mio sangue
e per l’onore della mia famiglia,
non credo di commettere peccato
a stenderlo qui morto, con un colpo.»
«Che c’è che t’agita tanto, nipote?»
«Questi è un Montecchi, zio, nostro nemico;
un furfante, venuto qui a dispetto,
per beffarsi di questa nostra festa.»
«Il giovane Romeo?»
«Sì, proprio lui,
quel furfante del giovane Romeo.»


Prossima scadenza: 06/09/2021 ore 23.59

 
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view post Posted on 3/9/2021, 16:55
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Aperto su un leggio di marmo, il libro di Romeo e Giulietta offriva alla vista le sue pagine splendidamente illustrate. Le figure incantate prendevano forma attraverso colori sgargianti impiegati con maestria, definendo l'artefatto come un'opera certamente preziosa. Ti guardasti bene dallo sfiorare le pagine anche con un solo dito – a dirla tutta, avevi qualche riserva perfino a respirare sopra di esse, vinta com'eri da una riverenza che ti era spontanea al cospetto di un oggetto tanto bello. L'unico modo in cui avresti osato appropriarti di quel manufatto era attraverso la fotografia: ed infatti sollevasti l'obiettivo, facendo alcuni scatti nel mentre che continuavi ad ascoltare ciò che aveva da dire Ieremias. Prestavi più attenzione a lui, a dire il vero, perché la conversazione aveva preso una piega inaspettata capace di risvegliare il tuo interesse.
Al pari del suo sguardo, anche i discorsi di Ieremias sembravano vivere di malinconia. Quel ragazzo aveva qualcosa dell'eroe tragico, pensasti: i suoi sospiri, il modo in cui disponeva le parole secondo una discreta musicalità. Bastarono quei piccoli indizi ad ispirare la tua immaginazione, che immediatamente ti fece scorgere un intero mondo a partire dalle poche pennellate tracciate dall'altro. Le emozioni erano così rapide a risvegliarsi, ed infatti erano esse a popolare la tua fantasia: la gioia di una sensibilità che sa apprezzare l'arte, resa ancora più permeante dall'idea che la propria strada si dipanasse in quello stesso mondo di bellezza. E poi? Non era chiaro se in seguito Ieremias avesse perseguito la propria passione per il teatro ma, quantomeno a giudicare dal suo sospiro iniziale, era più probabile che non si fosse preso la briga di farlo. In quel caso, non sarebbe stato né il primo né l'ultimo a rigirarsi in testa, come un oggetto sconosciuto e affascinante, le possibilità che non aveva mai esplorato fino in fondo.
Così, ti sentivi piena di emozioni che non ti appartenevano quando ti voltasti per poter rispondere alla domanda di Ieremias.
«Sei mai stata a teatro, Jolene?»
«Sì, i miei mi ci portavano spesso quando ero ragazzina. L'ho sempre amato, anche se non sono mai stata più di una spettatrice, al contrario di te.» Era distinguibile, nella tua voce, una punta dell'ammirazione che sempre riservavi a coloro che osavano mettersi in gioco direttamente nelle proprie passioni. Poco importava che Ieremias avesse recitato in una compagnia di adolescenti senza grande talento: il semplice fatto di rendersi parte attiva in un processo creativo, quel passo in più che portava sulla scena, tutto ciò suscitava la tua meraviglia, perché tu non avevi mai osato viverlo. Non avevi mai voluto rinunciare al conforto di chi si perde tra le poltrone del pubblico. Anche quel giorno, ormai adulta, non potevi dire di aver mai preso delle decisioni che avrebbero potuto fare di te la protagonista di qualsivoglia palcoscenico. Volevi sapere di più di chi aveva osato più di te – volevi sapere che aveva avuto successo, a dispetto di ciò che l'intuizione ti suggeriva. «Poi hai recitato ancora?»
Distrattamente facevi correre i polpastrelli sulla scatola della macchina fotografica; avevi già perso l'interesse nell'obiettivo, che così diventava semplicemente un oggetto come un altro con cui tenere impegnate le mani. Ricorrevi spesso a quel tipo di piccole distrazioni, quasi inconsciamente, quando conversavi o davi libero sfogo ai pensieri. In quel momento, mentre facevi correre un'unghia nell'incastro di uno dei bottoni, cercavi al contempo di ripescare nella memoria l'esistenza di un gruppo di teatro a Hogwarts. «Se vi esibivate per gli studenti, forse vi ho visti, anche se ora come ora non saprei dire. Se eravate così disastrosi dovrei ricordarvi, ma chissà.» Sorridesti. «Quando hai dato i MAGO? Magari siamo davvero stati a Hogwarts negli stessi anni.»


PS: 257 / 257 | PC: 205 / 205 | PM: 242 / 242 | PE: 35

Bacchetta (nell'apposito fodero del cappotto)
Macchina fotografica magica (in mano)

Gioielli indossati:
Anello Vegvisir: aiuta chi si è perso a ritrovare la strada, infondendo coraggio e fiducia in se stessi.
Anello della Gorgone: se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
Bracciale Yūrei: porta incastonato in una piccola sfera di vetro infrangibile un fluido argenteo in grado di percepire la presenza degli Spiriti. Se colui che lo indossa si trova nei pressi di uno di essi, il fluido diviene gassoso e si connota di sfumature dal bianco al rosso, attraverso tonalità intermedie, che ne certifica la pericolosità.
Bracciale di Damocle: concede la possibilità di lanciare un "doppio incanto", ovvero due incantesimi in un solo post/azione, ma non più di una volta ogni 6 post di Quest/Evento.

In borsa:
Spettrocoli: permettono di vedere creature invisibili o immaginarie. Se indossati per troppo tempo possono provocare stordimento.
Essenza dell'Elfo (x1 boccetta)
Taccuino
Penne biro (un paio)
Sacchetto con 10 Galeoni

Vestiario: jeans, camicia, anfibi e un cappotto leggero.
INVENTARIO

Fino alla IV classe di incantesimi, esclusi i proibiti.
VI classe: Adduco Maxima.

Vocazione: Animagus inesperto (rondine).
CONOSCENZE


Per la descrizione del libro mi sono rifatta al primo masteraggio, sperando che nel frattempo le cose non siano cambiate.


 
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view post Posted on 6/10/2021, 21:20
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Capitolo quattro4u9MHBY
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Le menzogne sono delle amiche infime, alla pari degli strozzini. Quel che momentaneamente ti rendono risana un buco, ma dopo poco chiedono in cambio il doppio, il triplo, il quadruplo di quel che tu stesso hai chiesto fino ad erigere un enorme castello di falsità dalle fondamenta fragili.
Ieremias, a partire dallo scintillio dei suoi occhi mentre parlava di teatro, poteva apparire solo sincero. La sua passione per il palco, i suoi sentimenti nutriti da quel momento, erano sinceri e sgorgavano dalla sua ingenua essenza senza far caso a niente. Ma poi, di fronte alla curiosità e alle domande del fiore all'occhiello dai capelli rossi della sua ennesima fantasia romantica, la menzogna si palesò e appestò il sogno con la sua lurida essenza. Poi hai recitato ancora? Quando hai dato i MAGO? Magari siamo davvero stati a Hogwarts negli stessi anni. «Io...» Era la sua stessa vita ad essere una menzogna, e ora l'infida amica gli sussurrava di dover ricorrere a una copertura per reggere ancora il sogno sull'unica colonna crepata rimasta.

Non vi fu tempo di elaborare pensieri. Il suono assordante di un Incanto Gnaulante invase la via, una nota in crescendo a ripetizione di emissione che otturava le orecchie dei passanti. Ieremias si destò dall'idillio e dall'interiore battaglia morale per vedere degli uomini riunirsi tutt'intorno a loro. Indossavano un passamontagna, mentre in mano avevano bacchette e sacche e bloccavano le vie d'uscita dello spiazzo in cui la coppia si era fermata, l'unico apparentemente protetto dallo sguardo di esterni. Uno di loro afferrò Jolene bloccandole le braccia. Oltre il dedalo di librerie si percepiva lo scalpitare furioso dei passi dei clienti che fuggivano nascondendosi nei negozi al chiuso o smaterializzandosi direttamente a casa. L'uomo in cappotto di cammello di fronte al baracchino della Christie era sparito.
Vi furono ben pochi secondi per ragionare, poco da fare. Scappare forse, smaterializzarsi, ma un uomo grosso, alto e rude, piombò su Ieremias prendendolo per le spalle.
«Non credevo di aver assoldato un idiota per fare da palo!» Si tolse il passamontagna. Era l'uomo che poco prima avevano visto passare nel vicolo alle loro spalle. «Mi hanno detto: "fa l'attore, è bravo a fingere". Mi sembri bravo solo a metterci tutti nella merda.» Lo schiaffeggiò con violenza e il ragazzo si piegò. Fu in quel momento che notò Jolene. «Ah, ecco perché... Vedi di stare dalla parte giusta, ragazzo. Nessuno ti verrà a cercare se ti scaricherò sul fondo del Tamigi in un barile. Fa il tuo dovere.»
Fu con reticenza che il ragazzo si rialzò, sebbene con le spalle ricurve, ed estrasse la bacchetta. Lo sguardo sul cemento e in fuga da quello tradito di Jolene. L'impacciataggine era sua nemica, se non la vita stessa. La furia di pensieri gli si era congelata in un turbine nel cervello e, contro ogni aspettativa, alzò la bacchetta tremante per puntarla contro la ragazza.
Una serie di sonori crac lo fecero sobbalzare, schizzando in giro le sue goccioline di sudore.
«Fermo.» L'ordine fu impartito da una voce esterna al gruppo. «Abbassa la bacchetta, non fare stupidaggini, ragazzo.»
L'uomo col cappotto di cammello era di nuovo di fronte a loro ma di faccia, a debita distanza ma abbastanza vicino per poter tenere Ieremias sotto scacco. Altri uomini li racchiudevano in cerchio, chi su un balcone, chi dietro le librerie, e come due centri concentrici si fissavano, si stringevano ancor più verso il loro fulcro, l'uno nel tentativo di imprigionare, l'altro di non farsi tangere.
«Melchior, è finita. Hai finito con le tue rapine.» Continuò l'uomo. Bruno, abbronzato e dai tratti esotici; il suo volto serio, di incorruttibile calma, permetteva di rado alle palpebre di sbattere, cementificato su colui che era apparentemente il capo. Il bandito calvo che aveva schiaffeggiato Ieremias. «Lascia andare la ragazza. Ce la vedremo fra di noi e con la legge.»
Il libro ancora recitava i versi dell'idillio, sfocandosi nella menzogna in un estremo ossimoro. Goliardica, la Morte avrebbe scelto e seguito gli amanti proprio allo scoccare del loro primo bacio.

«Se con indegna mano
profano questa tua santa reliquia
- è il peccato di tutti i cuori pii -,
queste mie labbra, piene di rossore,
al pari di contriti pellegrini,
son pronte a render morbido quel tocco
con un tenero bacio.»
«Pellegrino,
alla tua mano tu fai troppo torto,
ché nel gesto gentile essa ha mostrato
la buona devozione che si deve.
Anche i santi hanno mani, e i pellegrini
le possono toccare, e palma a palma
è il modo di baciar dei pii palmieri»
«Santi e palmieri non han dunque labbra?»
«Sì, pellegrino, ma quelle son labbra
ch’essi debbono usar per la preghiera.»
«E allora, cara santa, che le labbra
facciano anch’esse quel che fan le mani:
esse sono in preghiera innanzi a te,
ascoltale, se non vuoi che la fede
volga in disperazione.»
«I santi, pur se accolgono
i voti di chi prega, non si muovono.»
«E allora non ti muovere
fin ch’io raccolga dalle labbra tue
l’accoglimento della mia preghiera.»

Prossima scadenza: 16/10/2021 ore 23.59

 
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view post Posted on 24/10/2021, 17:17
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Ciò che seguì fu una serie di avvenimenti tanto rapidi ed imprevisti da non lasciarti nessuno spazio di reazione. Un momento stavi parlando con Ieremias, accorgendoti appena di come esitava di fronte alle tue domande; quello dopo, ogni cosa si era capovolta, e voi eravate stati gettati impreparati in pasto ad un pericolo totalmente inaspettato. Udisti lo scalpiccio frenetico dei passanti in fuga e gli schiocchi secchi delle Smaterializzazioni, ma il senso di quei suoni andava a perdersi nella scena irreale di cui eri entrata a far parte tuo malgrado: uomini col viso nascosto dai passamontagna, armati, stringevano il cerchio intorno a quello che solo fino ad un attimo addietro ti era sembrato un angolo idilliaco. Uno di loro ti bloccò le braccia prima che potessi impossessarti della tua bacchetta; la macchina fotografica sfuggì alla tua presa, incapace di impedirle di cadere a terra. A malapena ti accorgesti del peso che ti era scivolato dalle dita. Dovevi gridare ad Ieremias di scappare, di cercare aiuto, lui che era ancora libero, prima che quell'omaccione enorme bloccasse anche lui, prima che vi riducessero del tutto inermi...
L'ironia della realtà ti colpì come uno schiaffo. Come Ieremias che si piegava sotto alla pesante manata dell'uomo, la tua mente vacillò di fronte all'innegabile fatto di essere stata ingannata. Le cose erano state spogliate del loro senso, a partire dal fatto che quel ragazzo che avevi intuito sensibile e tragico – uno sconosciuto, è vero, di cui nondimeno avevi riconosciuto le emozioni –, che Ieremias lavorava per quegli aguzzini.
Respira. Eri da sola contro un manipolo di delinquenti armati e
respira
e il cuore ti batteva in gola, non in petto, con lo stomaco annodato in quella stretta che ti faceva riconoscere il panico. Era come quando si erano uditi i primi boati a Hogsmeade – proprio come allora, la minaccia impellente sottraeva al tuo controllo il tuo stesso corpo, e cos'era quello? Ti sembrava di riconoscere la puzza polverosa delle macerie, anche se niente stava crollando intorno a te – dovesti ripetertelo, niente stava crollando intorno a te.
Non eri estranea alla paura – conoscevi quella diffusa come un'infinita nota di sottofondo in ogni situazione che minacciava di sfuggire al tuo controllo, così come il panico feroce che ti opprimeva il petto nei momenti peggiori. Pensavi di aver ormai imparato ad evitare il peggio, riuscivi a tenere a bada i pensieri più spaventosi; ma in quel caso non era solo la tua testa a giocarti brutti scherzi, perché le mani intorno alle tue braccia stringevano davvero, e niente era più reale del gesto con cui Ieremias puntò contro di te la propria bacchetta. Avresti tanto voluto avere qualcuno lì, accanto a te, un volto in cui poter riconoscere un alleato; ma gli unici due visi scoperti ti erano nemici: l'omone calvo che avevi già visto poco prima, lo riconoscesti, e poi Ieremias, che non potevi davvero credere ti avrebbe fatto del male, ma quanto era saggio fidarti?
Poi, d'improvviso, non fosti più sola. Le battute del copione cambiarono ancora, e nuovi attori fecero la loro comparsa sulla scena come dopo un segnale convenuto. Ciò ti restituì un frammento di coraggio. Guardavi l'uomo nel cappotto di cammello, il cui tono di voce ti permetteva di ricostruire, anche nella distanza, la sicurezza che doveva leggersi nei suoi occhi. Così come l'omone calvo che aveva minacciato Ieremias doveva essere il capo dei delinquenti, quell'altro sembrava guidare le forze che avrebbero potuto aiutarti.
Riuscisti a strappare i tuoi pensieri al circolo vizioso della paura, ritrovando così l'altro lato della medaglia, le forze che spingevano per sfuggire al pericolo. Ti trovavi in una posizione decisamente sfavorevole: la nicchia creata dagli scaffali, che prima aveva costituito un confine protettore, in quel momento limitava significativamente le tue possibilità di fuga. Avresti potuto liberarti dell'uomo che ti bloccava, la magia dell'anello che indossavi ti avrebbe permesso di rallentare i suoi movimenti; ma poi che cosa avresti fatto? Non avresti avuto il tempo di estrarre la bacchetta, che già quelle degli altri delinquenti ti avrebbero presa di mira. In quel momento non eri un pericolo, disarmata e immobilizzata, e loro potevano concentrarsi sulla minaccia diretta delle forze dell'ordine; ma non appena avessi dato segno di voler contrattaccare, avresti attirato su di te ulteriori attenzioni indesiderate. Per di più, Ieremias ti teneva sotto tiro. Non credevi che ti avrebbe davvero fatto del male – non volevi crederlo –, ma era chiaramente vulnerabile, e non sapevi come avrebbe reagito in quella situazione di stress estremo.
Camminavate sul filo del rasoio, sentivi nelle ossa che presto la situazione sarebbe precipitata. Il caos avrebbe potuto offrirti qualche secondo in più per muoverti, così nel frattempo studiasti la situazione, nella speranza di individuare il punto migliore da cui fuggire. Cercasti di rimanere il più possibile ferma, evitando di strattonare perché l'uomo che ti teneva le braccia non stringesse la morsa, o sarebbe stato più difficile liberarti di lui al momento opportuno. Ti sforzasti di mantenere una parvenza di calma, per quanto difficile potesse essere – ti dicevi che presto saresti stata al sicuro, e anche se quelle deboli rassicurazioni non bastavano a farti sentire meno opprimente il battito impazzito del cuore, in qualche modo riuscisti a trovare la voce.
«Ieremias!» Il nome ti raschiò la gola, uscendo strozzato dal nodo che la stringeva. Non sapevi cosa fare, se quella fosse la mossa giusta, ma non avevi nessun altro a cui rivolgerti. «Tu non sei questo, non sei costretto a farlo. Sei un attore, non un delinquente che colpisce qualcuno che nemmeno si può difendere! Sei migliore di così.» Stavi pregando, ma sorprendentemente scopristi la rabbia a macchiarti la voce. Rabbia per il tradimento, e per la piega che disperatamente volevi veder prendere agli avvenimenti. Guardavi lui, e nel frattempo immaginavi la tasca in cui custodivi il Larice – ti sarebbe bastato allungare la mano, se solo avessi avuto quei pochi secondi che ti servivano.


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Bacchetta (nell'apposito fodero del cappotto)
Macchina fotografica magica (caduta)

Gioielli indossati:
Anello Vegvisir: aiuta chi si è perso a ritrovare la strada, infondendo coraggio e fiducia in se stessi.
Anello della Gorgone: se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
Bracciale Yūrei: porta incastonato in una piccola sfera di vetro infrangibile un fluido argenteo in grado di percepire la presenza degli Spiriti. Se colui che lo indossa si trova nei pressi di uno di essi, il fluido diviene gassoso e si connota di sfumature dal bianco al rosso, attraverso tonalità intermedie, che ne certifica la pericolosità.
Bracciale di Damocle: concede la possibilità di lanciare un "doppio incanto", ovvero due incantesimi in un solo post/azione, ma non più di una volta ogni 6 post di Quest/Evento.

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Spettrocoli: permettono di vedere creature invisibili o immaginarie. Se indossati per troppo tempo possono provocare stordimento.
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Proroga concessa dal master.


 
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view post Posted on 29/11/2021, 22:49
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Capitolo cinque4u9MHBY
Il Viaggio dell'Eroe




Spesso accade che la nostra vita ci sfugga di mano. Le cose accadono e noi, inermi, guardiamo e ci lasciamo trasportare passivi dalle correnti. Non sappiamo se il fiume degli accadimenti sfocerà in un lago o in mare, se verrà bloccato da una diga o se si proietterà in una cascata. Viviamo e basta, passivi, inabili di fare le nostre pretese.
Ieremias, impotente di fronte alla sua bacchetta spezzata, dall'espulsione fu trascinato come un corpo morto dalle acque mobili del fiume della vita. Accolse ciò che gli venne dato, divenne ciò che gli fu richiesto, e mai si sognò di poter anche solo immaginare di riuscire ad andare controcorrente o di appigliarsi a una radice che sbucava dai margini.
La sua esistenza, il suo io, si riduceva a un ricordo: il teatro, la sua libertà.

«Santiago Balmaceda. Dovevo aspettarmelo.»
Melchior sputò a terra. «Il tuo culo Auror freme ogni volta che scatta un Incanto Gnaulante. Pensi subito a me, nemmeno fossi la mia innamorata.»
L'intera brigata rise, a parte Ieremias. Lui continuava a tenere il volto diretto a terra, con l'intenzione di non spostare lo sguardo su quello di Jolene. Tremava, sudava. Chiudeva le palpebre con forza mentre il suo catalizzatore veniva sconquassato dagli spasmi nervosi delle dita. Aveva una bacchetta puntata contro. La bacchetta di un Auror.
«Non fare l'ingrato. Le mie attenzioni sono tutte per te e per i tuoi crimini.» L'Auror, invece, non si scompose, così come il resto dei suoi. In uno stallo alla messicana, nessuno perdeva di vista l'altro. «Ti consiglio di farla finita. Questo è un posto altamente frequentato, e immagino che non vorresti sul tuo curriculum da ladruncolo qualsiasi uno o più omicidi. Basta un incantesimo a zonzo per la via e seppelliamo te e i tuoi sotto i pavimenti di una cella ad Azkaban.» Minacce pesanti, ma una realtà fin troppo palpabile. La libreria a cielo aperto era un labirinto, le persone, anche se spaventate dall'allarme, ci avrebbero messo un po' per scappare. Un solo passo falso di chiunque e sarebbe stato troppo tardi.
Jolene, intrappolata nell'empasse, sentiva chiaramente l'aura di pericolo emanata dalle persone che la circondavano. Bloccata, minacciata, presa in ostaggio, null'altro poteva tornarle in mente se non il trauma più fresco, più vivo della sua storia: l'attacco terroristico ad Hogsmeade. Tali ricordi sono ardui, se non persino impossibili, da trasformare e da non rievocare. Ieremias non poteva conoscerli ma non ignorava la paura che Jolene potesse star provando in quel momento. Contrasse il volto, gli occhi, le membra quando lei lo chiamò. La morsa allo stomaco era più forte di prima, e percepì una lontana carezza al cuore. Si chiamava stupore, e fu come ricongiungersi all'idillio e indossare ancora i panni dell'Eroe tragico. In effetti era così: sulla scena i personaggi compivano i loro percorsi straordinari, ma il susseguirsi delle peripezie e delle evoluzioni della mente sono tali e quali alla vita dell'uomo vero. Lei, nonostante la realtà terribile del ladro le si fosse schiusa davanti agli occhi, voleva continuare a credere ch'egli non fosse davvero del tutto corrotto.
Quello era il suo viaggio, il viaggio dell'Eroe: dritto verso un mutamento, dritto verso il lieto fine.
«Mi sembra che quelli in vantaggio siamo noi, Balmaceda. Nessun incantesimo volante, ma abbiamo la ragazza e il suo bel visetto potrebbe rimanere sfregiato al primo vostro roteare di bacchette.»
Ieremias sentendo quelle parole chiuse le labbra e arrestò il respirare frenetico. Conosceva Melchior, non era un criminale da quattro soldi, e se faceva una promessa, pur quanto assurda e orribile che fosse, la manteneva.
«Faremo in modo che non accadrà niente. Noi scompariremo nel vicolo» disse il ladro calvo indicando la stradina alle loro spalle. Era infatti l'unica vera via libera. Tutt'intorno vi erano bancarelle e altre librerie che rendevano il passaggio difficile oltre al fatto che quel labirinto era controllato dagli Auror smaterializzati sui balconi; di fronte, sul marciapiede opposto, Balmaceda e alcuni dei suoi facevano da diga. «Invece voi ve ne starete buoni qui e aspetterete che la ragazza torni con-»

Un botto assordante, fumo e una dozzina di luci levarsi e viaggiare da un capo all'altro della strada.
Le mani che la cingevano lasciarono andare Jolene al secondo zero, il suo corpo invece venne spinto all'indietro. Venne colpita in fronte da un ciocco di legno e sbatté il lato sinistro contro l'asfalto (-10PS, -5PC). Le palpebre sfarfallando captavano solo la massa di polvere grigia, i timpani grida dei clienti lettori allontanarsi. Nonostante questo Jolene poté ricordare bene le brevi immagini precedenti.
Ieremias l'aveva finalmente guardata. Le sorrise con gli occhi lucidi e un sentito ringraziamento sulle labbra. Queste si mossero mimando una parola: scappa. Ma al suo via dopotutto. Egli roteò all'improvviso il braccio, forse stupidamente, cogliendo di sorpresa non solo i suoi ma anche la controparte. Puntò la bacchetta contro il temuto capo e mormorò uno Schiantesimo.
Se solo il labiale fosse stato comprensibile unicamente a Jolene, se solo Balmaceda non avesse tenuto sotto il mirino Ieremias rispondendo a qualsiasi suo micromovimento, forse ora le polveri sarebbero state ancora uno strato immobile sulla terra.
Il carceriere di Jolene se ne accorse e fu pronto a difendere Melchior. Gli Auror invece cominciarono a scagliare incanti di incatenamento e di difesa sui ladri. La voce di Balmaceda tuonò un Incarceramus e colpì Ieremeias, mentre il carceriere lo disarmò con un Expelliarmus. Ma non fu questo a creare il botto e la nuvola di detriti. Dietro, in mezzo alle librerie, i membri più nascosti del gruppo di malviventi cominciò a sferrare colpi assetati di vendetta contro gli Auror. Bombarda, Incendio, Everte Statim, si accavallarono e si susseguirono al compiersi di quel valoroso, temerario gesto dell'Eroe. Navigarono nella nube come piccoli aerei, lucine e raggi dai colori diversi in base alla natura dell'incanto, dritti verso un destinatario. Gli Auror si smaterializzarono nella calca, pronti all'assalto, i ladri dopo il violento attacco tentavano la fuga codarda nel vicolo inseguiti dai rappresentanti della legge.
E ora che Jolene finalmente poteva mettere a fuoco, saltò subito all'occhio il divampare del fuoco a una decina di metri su un cumulo di librerie e volumi accatastati ai lati della strada, lì dove prima gli stand di Agatha Christie e di George Orwell vivevano dei loro incantesimi. Il labirinto presto sarebbe stato raggiunto, e si trattava di legno e carta, cartone, combustibile, sebbene prezioso e riversi gli uni sopra gli altri come pedine del domino, per poi diventare cenere.
Se a ore quattro la pira era in fase di crescita, a ore undici, a circa trenta metri da lei, grazie al depositarsi progressivo delle polveri Jolene riuscì a scorgere un corpo riverso di faccia per terra. Un mobile lo schiacciava fino alla vita, una vetrina, le cui ante spalancante erano state spaccate in centinaia di cocci su di lui. I capelli scuri e lunghi, la testa, il busto e le braccia vi spuntavano da sotto ma non davano alcun segno di muoversi. Eppure dei suoni sembravano provenire proprio da quel luogo, sovrapponendosi al bruciare del fuoco, pari a dei gemiti e a un borbottare.
A ore nove, invece, lo stretto vicolo riluceva come fonte di salvezza, lontano dall'antico pericolo del fuoco e dai cattivi pensieri.

Siamo esattamente nel vivo della quest. Anzi, potremmo dire che inizia da qui dato che fino ad ora abbiamo solo costruito le sue basi. Perdonami se ti ho manovrato e lasciato poco libero arbitrio in questi ultimi due turni, ma era necessario che Jolene vedesse e provasse. Da ora in poi tutte le tue scelte saranno fondamentali per stabilire quale sarà il punto d'arrivo del tuo cammino. Non vi è giusto e sbagliato, ma affine e non affine.

Jolene White
PS: 247/257
PC: 200/205
PM: 242/242
Prossima scadenza: 8/12/2021 ore 23.59



Edited by Master Chiaro - 30/11/2021, 08:59
 
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view post Posted on 8/12/2021, 17:40
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Attendevi, i muscoli tesi come corde di violino pronti a reagire al segnale di via. Ripassavi mentalmente la sequenza di gesti che ti avrebbe liberata: usare l'anello per bloccare l'uomo alle tue spalle; piantare bene i piedi a terra e dargli uno spintone, mentre le mani veloci sarebbero già corse alla bacchetta. Lì le tue idee si fermavano, anche solo poter usare la magia appariva come una libertà troppo lontana dal tuo stato attuale.
Intorno a te gli uomini continuavano a parlare, ma i loro discorsi ti attraversavano senza impigliarsi nella rete della tua comprensione. Avrebbero anche potuto disquisire in una lingua straniera, per quel che ti concerneva. Ti rimase impresso un unico termine, un nome, Santiago. Capisti che a chiamarsi così era l'uomo dai capelli scuri a capo delle forze dell'ordine, sillabe lontane per tratti altrettanto estranei.
Anello. Spintone. Bacchetta. Una cantilena che ti ancorava debolmente alla realtà, ti ci aggrappavi perché consapevole di come fosse la tua unica possibilità di uscire da lì.
Così come la mente tornava su quelle poche parole, gli occhi avevano trovato in Ieremias il loro punto di appoggio. Lui faceva di tutto per evitarti, la sua agitazione gli impediva di mantenere ferma l'impugnatura sulla bacchetta. Potevi quasi sentire le forti emozioni che lo sconquassavano, in una battaglia da cui dipendeva tanto, forse troppo. Quanto poteva rimanere tra le mani incerte di un ragazzo così giovane e fragile, prima di andare inevitabilmente in pezzi?
Sarebbe stata una scena così bella, su un palcoscenico o tra le pagine fitte di inchiostro di un libro di avventura: la tensione che corre piacevolmente lungo la schiena di uno spettatore, di un lettore, l'illusione di essere in pericolo a stagliarsi sullo sfondo rassicurante di un ambiente controllato. Solo pochi minuti prima avevi pensato di non essere mai veramente salita sul palcoscenico – una constatazione carica di rammarico, che ora lasciava spazio alla gelida concretezza del pericolo, perché il capo dei malavitosi stava parlando di te, all'improvviso comprendevi anche fin troppo bene le sue parole.
Anello. Spintone. Ba...
La sequenza si interruppe, mentre un nodo si stringeva intorno alla tua gola ad anticiparti il pericolo che era stato messo a parole. Ti sentisti piccola, dispersa, improvvisamente le coordinate del tuo piano non avevano più così tanto senso. Ieremias scelse proprio quel momento per ricambiare il tuo sguardo.
Fu quello l'inizio del caos a cui credevi di essere preparata. Quell'unica parola a fior di labbra, scappa.
Se pure si trattò di una vittoria, fu una particolarmente amara. Il tuo sguardo carico di gratitudine fece appena in tempo incontrare la figura di un Ieremias disarmato e bloccato, che una spinta violenta ti fece cadere a terra. Il bruciore della pelle ferita si propagò sul tuo viso, ma dietro alla smorfia di dolore il pensiero era uno solo: sono viva.
Eri viva, e terrorizzata, perché le lancette dell'orologio si erano improvvisamente mosse all'indietro – senza preavviso, i fogli del calendario erano tornati sul trentuno di agosto, che riprese a vivere nelle grida di chi aveva paura, nei botti assordanti che cercavano di soffocarle assieme alla polvere che portava l'odore delle macerie appena crollate. Avevi paura di aprire gli occhi – quante volte si può vedere il disastro e sopravvivere?
La mano destra si mosse quasi a scapito della tua volontà – perché non corse alla bacchetta, come sarebbe stato più opportuno, bensì al polso sinistro, là dove portavi il bracciale che era divenuto un piccolo talismano*. Ariel te lo aveva regalato perché ricordassi che i fantasmi erano solo nella tua testa, non intorno al tuo corpo. Te lo eri ripetuto tante di quelle volte, e in ognuna di quelle occasioni avevi sfiorato la superficie fredda della sfera di cristallo – così tanto spesso che ormai anche solo quel gesto sapeva riportarti alla realtà, almeno un po', quel poco che bastava perché resistessi all'istinto di rannicchiarti a terra e farti più piccola che potevi.
Un respiro profondo, e ti alzasti a sedere. Era difficile distinguere qualcosa nella nube di polvere, ancor di più lo era capire da quale punto preciso arrivasse ogni attacco che sfrecciava nell'aria verso bersagli ugualmente ignoti. Temevi che uno di essi colpisse te, ma ancor di più avevi il terrore che l'aria polverosa si riempisse di grida di dolore, degli ululati delle vittime in agonia. Era quello che ti portava a spezzarti, ogni volta.
Cercasti di armarti, e mentre ti accucciavi facesti correre lo sguardo tutto intorno. Vicino – troppo vicino –, il fuoco aveva preso a divampare tra i libri. Ti allontanasti istintivamente, indietreggiando come un animale che temesse di essere ferito; dovesti alzarti in piedi, ma rimanesti leggermente china – ti sentivi ingombrante, esposta a qualsiasi pericolo. Le fiamme avrebbero presto divorato un libro dopo l'altro, si sarebbe esteso tra gli scaffali vicini come una piaga mortale; sarebbe stato più semplice estinguerlo ora che era ancora contenuto, ma in nessun modo avresti saputo comandarti di avvicinarti. Affrontare l'incendio era fuori discussione, già le tue gambe tremavano, frementi della necessità di scappare. Non sapevi con precisione quando avevi rinunciato ad essere coraggiosa, ma in qualche momento era accaduto, e non eri ancora pronta a tornare sui tuoi passi.
Ti voltasti da un'altra parte, alla ricerca di una via di fuga. La trovasti: ecco il vicolo da cui i delinquenti avevano progettato di scappare, ecco la via verso la tua amata tranquillità. Muovesti un passo, poi un altro, ma qualcosa non era corretto. Ieremias. Dov'era? Cosa ne era stato di lui, dopo che attacchi congiunti lo avevano reso completamente incapace di difendersi? Lui aveva saputo prendere la decisione giusta; rivedevi il luccichio nei suoi occhi umidi, sulle labbra quel mormorio che aveva preceduto la confusione: scappa. Potevi farlo?
La risposta ti arrivò quando, abbassato lo sguardo, individuasti la figura di un uomo riverso a terra e schiacciato sotto al peso di uno scaffale. Le tue gambe si mossero prima della tua consapevolezza, in un istinto ormai radicato nel tuo essere tanto quanto la paura. Barcollasti sui primi passi, ma poi ti sforzasti di correre, di coprire il più velocemente possibile quelle poche decine di metri che ti separavano dall'uomo. Cercasti allo stesso tempo di mantenere gli occhi aperti per non finire sulla traiettoria di qualche incantesimo.
Se fosti riuscita a raggiungere la vittima riversa a terra, avresti esitato solo pochi istanti sopra al suo corpo. Gli interrogativi attraversarono la tua testa veloci some i lampi di luce che si susseguivano intorno a te – chi era? Un Auror, un civile, un delinquente? Domande inutili. Era un ferito, e i suoi gemiti erano l'unica identificazione di cui avevi bisogno.
«Ti aiuto io» mormorasti con la poca voce che riuscisti a trovare, forse abbastanza forte per farti sentire, forse no.
Puntasti il catalizzatore contro al mobile che lo schiacciava dalla vita in giù. Un tempo aveva accolto dei libri che avrebbero potuto fare la piccola felicità di un passante, ora, rovesciato, si era tramutato in una trappola di dolore. I vetri della vetrina erano andati in mille pezzi, altrettante piccole e insidiose ferite nella carne. Ti concentrarsi sul legno massiccio, la punta della bacchetta a tracciare con precisione un cerchio in un unico movimento continuo. La motivazione era più forte della paura, per una volta, perché sapevi con precisione cosa dovevi fare – qual era il tuo ruolo, al di là di qualsiasi fazione e perfino dei tuoi incubi ricorrenti. In fondo non vi erano fantasmi, lì intorno a te – non per il momento, per lo meno.
E-VA-NESCO! avresti scandito in tre sillabe taglienti, mentre al contempo muovevi la bacchetta. Immaginasti di far sparire quel peso ingombrante, di lasciare al suo posto solo l'aria e la possibilità di ridare una parte della libertà a chiunque giacesse in quel momento ai tuoi piedi.
Come Ieremias, sapevi di aver fatto la scelta giusta.


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Bacchetta
Macchina fotografica magica (caduta)

Gioielli indossati:
Anello Vegvisir: aiuta chi si è perso a ritrovare la strada, infondendo coraggio e fiducia in se stessi.
Anello della Gorgone: se utilizzato contro un avversario umano blocca totalmente o parzialmente i suoi movimenti per 1 turno, non pietrificandolo.
Bracciale Yūrei: porta incastonato in una piccola sfera di vetro infrangibile un fluido argenteo in grado di percepire la presenza degli Spiriti. Se colui che lo indossa si trova nei pressi di uno di essi, il fluido diviene gassoso e si connota di sfumature dal bianco al rosso, attraverso tonalità intermedie, che ne certifica la pericolosità.
Bracciale di Damocle: concede la possibilità di lanciare un "doppio incanto", ovvero due incantesimi in un solo post/azione, ma non più di una volta ogni 6 post di Quest/Evento.

In borsa:
Spettrocoli: permettono di vedere creature invisibili o immaginarie. Se indossati per troppo tempo possono provocare stordimento.
Essenza dell'Elfo (x1 boccetta)
Taccuino
Penne biro (un paio)
Sacchetto con 10 Galeoni

Vestiario: jeans, camicia, anfibi e un cappotto leggero.
INVENTARIO

Fino alla IV classe di incantesimi, esclusi i proibiti.
VI classe: Adduco Maxima.

Vocazione: Animagus inesperto (rondine).
CONOSCENZE


* Mi riferisco al bracciale Yūrei.
 
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view post Posted on 27/12/2021, 12:51
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Capitolo sei4u9MHBY
Il Bacio




Jolene White fino all'istante in cui si alzò dall'asfalto ebbe lo stesso ruolo di un manichino ai lati del palco. Gli attori duellarono di spada - o meglio, bacchetta - di fronte ai suoi occhi senza che lei potesse fare niente, sfondo della scena. Non era stata inutile: così come il mare di cartapesta sull'ipotetica riva di una spiaggia contestualizza gli eventi la sua presenza era stata cruciale per lo svolgimento dei fatti. Che i furfanti possedessero un ostaggio era l'aggravante della situazione agli occhi degli Auror. E in ogni caso, s'ella in questa metafora era davvero il mare del teatro, come una ninfa si era palesata agli occhi dell'Eroe, messaggera e mentore per riportarlo sulla sua strada del cuore.
Ma ora i ruoli si invertivano. Ben presto le sarebbe stato passato il testimone.
Avvicinarsi alla vittima schiacciata permise a Jolene di riconoscerne piano piano le fattezze. I capelli lunghi, mossi e morbidi e la pelle color del miele di castagno di Ieremias. I suoi occhi erano spalancati. Le palpebre sbattevano fievolmente, come se il solo loro movimento richiedesse un enorme dispendio di energia. Infatti il volto del ragazzo pareva disperso. La bocca era schiusa sopra una grossa pozza di sangue che si dilatava sull'asfalto. Produsse un rantolo non appena egli si accorse della presenza di qualcuno.
La sua bacchetta era persa, volata chissà dove nella parapiglia, e non sarebbe stato tanto semplice recuperarla in mezzo ai detriti dell'esplosione. Tuttavia, mentre Jolene si era avvicinata al corpo schiacciato e martoriato, un altro dettaglio si era palesato con chiarezza. Il suono della voce del libro di "Romeo e Giulietta" che era stato scaraventato con Ieremias verso la vetrina e che ora giaceva aperto all'ingiù accanto a lui, bagnato dal sangue. Nel volo le pagine erano state voltate, e cadendo sulla strada si era spalancato nuovamente. Ora il quinto atto della tragedia declamava gli ultimi sospiri dell'amore.

«Com’è vero che gli uomini, morendo,
hanno un fugace tratto di letizia:
uno sprazzo, che quelli che li vegliano
soglion chiamare “il lampo della morte”.
Oh, ma poss’io chiamare questo tuo
soltanto un lampo?… Amore mio, mia sposa!
La morte che ha succhiato tutto il miele
del tuo fiato, non ha ancor trionfato
di tua beltà, non t’ha ancor conquistata!
Ancor sulle tue labbra e le tue guance
risplende rosea la gloriosa insegna
della bellezza tua: su te la Morte
non ha issato il suo pallido vessillo…»



Fare un tentativo era dovuto. Così Jolene, ancora prima di scorgere il volto della vittima, aveva deciso. Alzò la bacchetta con l'intento di far scomparire la macchina di tortura. Ci riuscì, e sotto la sua integerrima volontà la vetrina sparì lasciando il corpo inerme e cosparso di orrori in piena vista. Un coccio di vetro lungo trenta centimetri conficcato all'altezza del fegato attraverso le costole, un altro poco meno grande nei pressi della milza, oltre a mille altre schegge schiacciate contro la schiena dall'impatto. Ieremias tossì sangue, molto sangue, all'alleggerirsi del peso. Non compì altri movimenti, non gli era possibile. E mentre il rivolo di sangue si affievolì egli alzò gli angoli della bocca in un labile sorriso. Poi un velo gli coprì gli occhi e il rantolo si fermò. Ieremias morì dopo aver dato un ultimo bacio alle sue speranze.
Il fuoco dietro Jolene ma ancora lontano, invece, continuò a divampare scoppiettando furioso e divorò i resti dei libri e delle librerie che ne accesero la miccia. E infine un altro gemito si palesò alle sue orecchie, a destra, dove una catasta di macerie legnose facevano angolo.


Jolene White
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view post Posted on 7/1/2022, 20:16
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Alla fiera del libro a Diagon Alley, le parole bruciavano disperdendosi in fumo soffocante. Parole di coraggio d'amore d'avventura, mescolate ad un intero dizionario di violenza dolore morte, che da sempre nutrivano con il loro orrore le opere più belle. Tutte quelle storie erano solo un inganno. Facevano credere che fosse possibile descrivere l'improvvisa irruzione della morte, ma la verità era un'altra: il tessuto rarefatto del verbo cedeva assieme a quello della vita.
Non possedevi parole per elaborare ciò che si dipanava di fronte ai tuoi occhi. Le uniche due che ti restavano – Ieremias, morto – erano prive di senso, galleggiavano mollemente sopra alla tua testa senza che tu riuscissi a farle tue. Sì, quello riverso ai tuoi piedi era indubbiamente Ieremias, suo il corpo da cui spuntavano, come maligne escrescenze, le forme irregolari dei vetri. Suo era il sangue spanto sull'asfalto, quella pozza che cresceva si muoveva come una cosa viva, là dove di vita non ce n'era. Morto. Morto accanto ad un libro imbrattato di sangue i cui versi continuavano ad essere sciorinati come un canto funebre. Morto sotto ai tuoi occhi sbarrati, che ne potevano osservare nel dettaglio la figura che presto si sarebbe irrigidita – quando ti eri inginocchiata accanto a lui? A malapena ti eri resa conto del «Grazie» che avevi mormorato a fior di labbra poco prima, appena avevi fatto scomparire lo scaffale e avevi sentito e visto come tossiva fiotti di sangue. Morì prima che avessi il tempo di aggiungere le tue scuse.
Chiunque avrebbe percepito l'ombra gelida che gravava sul suo corpo, ma tu dovevi controllare per accertartene oltre ogni dubbio. Così la mano libera avrebbe scostato delicatamente i capelli neri dal collo, le dita avrebbero cercato una qualsiasi traccia di battito cardiaco. Ma era tardi, e quelle mani che cercavano la vita già grondavano del rosso della colpa. Le parole che erano venute a mancarti tornarono d'un tratto ad assalirti con lingua mordace.
Omicidio. Assassinio.
Non era quello l'epilogo giusto, qualcuno doveva aver sbagliato una mossa senza accorgersene. Ad un'azione giusta sarebbe dovuto seguire un premio, quantomeno la pietà. Non quello.
Omicida. Assassina.
Cosa potevi fare? La realtà – niente, non potevi fare assolutamente niente –, troppo difficile da accettare, venne scacciata con rabbia disperata dai tuoi pensieri. Eri o non eri un'infermiera? Avevi o no la magia a tua disposizione?
(Nemmeno la magia può compiere miracoli.)
Sapevi distrattamente che gli avvenimenti proseguivano il loro corso, ma li ignorasti, perché Ieremias riempiva tutto lo spazio che potevi guardare. Inutilmente sollevasti la bacchetta, inutilmente le facesti compiere un semicerchio concluso in una stoccata verso l'alto, il cui obiettivo – corpo morto – giaceva immobile, incurante della tua cieca ostinazione. «Innèrva!» Sapendo che non sarebbe accaduto niente. Sapendo che avevi già fallito – quando, da qualche parte nel caos scoppiato all'improvviso, un attacco mirato o un incidente avevano tranciato il filo che legava Ieremias a questo mondo.
Incidente? No, non si trattava di nessun incidente. Dovevi chiamare le cose col loro nome, e ammettere che si era trattato di omicidio, qualunque fosse stata la circostanza particolare che aveva sepolto Ieremias sotto alla vetrina. Anche se non ce lo avevi spinto tu, non potevi fare a meno di darti la colpa. Se solo avessi agito meno egoisticamente, rimanendotene zitta anziché sollecitare una sua ribellione. Forse a quel punto non si sarebbe arrivati allo scontro; però, invece di riflettere, avevi agito preda della paura per la tua incolumità. Ecco dove ti aveva portata – a chinarti su un cadavere stringendo impotente il larice, immobilizzata ancora una volta dal manifestarsi innaturale della violenza che non guardava in faccia nessuno. Ad attendere l'esito di un'azione inutile al pari di qualsiasi rimorso – nessuno dei due avrebbe portato indietro i morti, ma come accettarlo?


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Proroga concessa dal master.
Questo post non esprime nemmeno la metà di quello che avrei voluto raccontare, però era necessario. Non avrei potuto muovere Jolene diversamente.
 
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view post Posted on 3/2/2022, 19:25
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Capitolo sette4u9MHBY
Eredità




Il libro si spense. La storia era terminata. Romeo e Giulietta in qualche modo sarebbero potuti tornare e avrebbero potuto rivivere il loro speciale amore. Ieremias no. Ieremias era solo morto, era solo un cadavere, un ricordo che piano piano sarebbe andato dissolvendosi. Forse i suoi cari ne avrebbero custodito la memoria finché anch'essi non sarebbero morti. Forse Jolene avrebbe continuato a ricordarlo con dolore, amarezza, rimpianto, senso di colpa e asfissia per il gravoso peso che si stava dando.
Era stata davvero colpa sua?
Le lastre di vetro conficcate negli organi interni del ragazzo parlavano chiaro: la sua condanna era già stata firmata. La vetrina aveva solo avuto il compito di fermare parzialmente la fuoriuscita del sangue col suo peso. Una volta sollevata, il Destino si sarebbe compiuto solo qualche secondo prima, e nemmeno uno dei Medimaghi più esperti avrebbe potuto salvarlo. Nemmeno la magia avrebbe potuto recuperare quanto perso.
Jolene non se ne capacitava. Lo shock era tale da segnarla sin nel profondo, da farla inveire contro se stessa. Tentò l'ultima azione, un Innerva ben motivato dall'incapacità di accettare l'accaduto. Ma fu il nulla più assoluto. Ieremias già camminava per altre lande; Ieremias era andato, morto, e ogni tentativo di riportarlo indietro sarebbe stato solo vano.
Qual era il suo lascito?
L'aver salvato Jolene, colei che per prima salvò lui con una semplice parola gentile. Colei che innescò la miccia in grado di fargli riaccendere la fede nella vita, nella sua arte, nella sua più istintiva essenza di attore. Colei che, in certo modo, lo fece ricredere sul fatto che compiuto un errore si poteva solo cadere più in basso e mai più ricominciare.
L'eredità di Ieremias stava tutta nelle mani dell'unica persona che aveva potuto osservare i mutamenti nei suoi occhi e nel suo spirito; che condivise con lui il breve istante in cui la sua mente riuscì finalmente a spezzare le catene che lo stringevano. Stava tutta nelle mani di Jolene, e a lei la scelta se continuare a combattere contro l'autocommiserazione o combattere per qualcosa di più da allora in poi.
I gemiti si trasformarono in un vero e proprio lamento, che si innalzò sopra lo scoppiettare del fuoco sempre più nutrito. Qualcuno provava un forte dolore. Qualcuno di vivo.


Jolene White
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view post Posted on 13/2/2022, 18:15
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Ieremias rimase immobile, e nulla poté il tuo rifiuto disperato: la parola morte era già stata scritta sulla sua storia, impressa nella carne a lettere scarlatte. Fu allora che le lacrime cominciarono ad offuscarti la vista, quando perdesti la spinta ad opporti all'inevitabile. Costretta ad affrontare il devastante peso della realtà, rimanesti inerme. Abbandonasti le mani lungo i fianchi, in un gesto di resa.
Ma dentro di te il dolore non accennava a sedimentarsi. Troppe emozioni vorticavano incontrollate; su tutte, la rabbia bruciava con impeto crescente, trascinando ogni cosa nel proprio incendio – la morte di Ieremias, il terrore di essere stata fatta prigioniera, e mesi interi di incubi con cui non eri mai scesa a patti. Avevi passato il tempo a fuggire, rifugiandoti di volta in volta in nascondigli diversi: gli stessi di tutta una vita, il seno confortante della famiglia, e le storie di altri, di cui ti nutrivi così avidamente; e poi le consolazioni dalla dolcezza ancora fresca, le braccia di Ariel e le sue labbra, la comprensione che ti offriva in un involucro di gioia ora spensierata, ora consapevole. Tutto, tutto ciò avevi scambiato per guarigione. Se solo ti fossi immersa fino in fondo in quelle acque così placide – così ti dicevi –, allora tutto il male sarebbe sparito dalla tua testa. Credevi di poter trascinare avanti un oblio da ubriaca e chiamarlo serenità, ma quanto ti sbagliavi.
Ora, arrivata un'altra volta sul punto di rottura, riconoscevi come molte scelte passate fossero state sbagliate. E il fuoco divampava, fuori e dentro di te, bruciando ciò che era familiare e confortante; dopo un incendio si ricostruisce e tu, così vicina a perderti nel tuo dilagante senso d'impotenza, desideravi altro.
Perché, ti veniva naturale chiederti. Perché una fiera del libro si era tramutata nell'inferno, perché la sorte aveva colpito chi aveva avuto il coraggio di essere eroico, almeno una volta. Avresti potuto porti queste e altre domande all'infinito, e probabilmente non avresti mai trovato una risposta soddisfacente. Forse Romeo e Giulietta avrebbero potuto venire risparmiati, ma le pagine erano state vergate una volta e per sempre, così tanto valeva accettare la loro morte cruenta e darle il nome di destino. Forse non era sempre stata inevitabile; forse alcuni errori avevano pesato più di altri nella sua definizione, ma non esisteva modo di tornare indietro.
Tu, al contrario, eri ancora viva. Tu, Jolene, a cui Ieremias aveva permesso di scappare. In un altro scenario, con un pizzico di fortuna in più, o forse uno in meno di crudeltà, forse avreste potuto vivere entrambi. Ma, così come stavano le cose, il peso del futuro gravava solo su di te. Le vostre storie si erano sfiorate per lo spazio di pochi minuti, ma il lascito di un tempo così breve si sarebbe dipanato per sempre – per lui, nell'infinità della morte, per te, forse, in qualcos'altro. Lui morto, tu viva; era ancora possibile rispondere ad un perché, dopotutto.
Qualcuno stava gemendo di dolore, abbastanza vicino perché i suoi lamenti ti arrivassero con chiarezza. Quando infine prendesti una decisione, innanzitutto ti asciugasti gli occhi con la manica del cappotto impolverato. Dovevi stringere le labbra per impedire a tutto il dolore, a tutta la rabbia di sgorgare ancora – la tua bocca si fece linea livida, muta, mentre dentro di te rivolgevi un'ultima promessa al cadavere di Ieremias. Gli avresti portato giustizia. Non sapevi come, probabilmente erano solo parole vane, più grandi di te e sconosciute a questo mondo; ma erano anche l'unico addio accettabile.
Ti parve che rialzarti in piedi richiedesse una forza sovrumana. Le fiamme continuavano a divorare Diagon Alley, trovando nella carta e nel legno nutrimento a volontà. Il terrore davanti alle lingue di fuoco sembrò infine risvegliare i tuoi muscoli, ancorandoti saldamente alla realtà. In un altro momento, con meno determinazione, forse saresti semplicemente fuggita, ma ora l'opzione non era più contemplabile. Ingoiasti un groppo di paura mentre stringevi più forte la bacchetta, fino a farti sbiancare le nocche. Scandagliasti con lo sguardo l'ambiente devastato, in cerca della persona ferita; ti saresti lasciata guidare dai suoi gemini per raggiungerla, decisa a strappare al flusso degli eventi un po' della sua ineluttabilità, così da farti carico di un grammo di quel peso immane. Ora potevi reggerlo, dovevi esserne in grado.


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view post Posted on 3/3/2022, 12:27
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Capitolo otto4u9MHBY
Ironia




La sorte spesso non combacia con i nostri desideri. Talvolta pare scherzare. Osa deriderci per i nostri sentimenti, appendendo le speranze al muro con un chiodo come un trofeo - la testa di un morto assassinato con le sue stesse mani.
Nel dedalo di macerie letterarie, in fuga da un Minotauro di fiamme, Jolene era il personaggio principale di una commedia condotta dal Fato. Seguiva l'unico tassello che la sua mente, ora brutalizzata dagli incessanti colpi, era in grado di percepire. Il senso dell'udito le parlava di un ferito, analizzando la nenia lamentosa di gemiti proveniente da oltre le mura di libri. Dovette svoltare a destra. Poi, scoperto un vicolo cieco, comprese che la voce proveniva da oltre la catasta di legno e cellulosa che le ostacolava il cammino. Così circumnavigò l'isola di rottami e finalmente, ben lontana dal corpo del compagno di naufragio, scorse l'unica vittima ancora in vita oltre a se stessa.

Melchior. Il capo della banda di banditi giaceva sui sanpietrini col busto sorretto da quella che fu la bancarella di gialli della Christie. La testa riversa di lato, occhi chiusi e bocca spalancata da cui fuoriuscivano respiri rauchi, colpi di tosse e destabilizzanti lamenti di pura sofferenza. Dalla spalla sinistra dell'uomo, proprio sotto lo sterno, fuoriusciva la gamba di legno spezzata del tavolo della bancarella. Circa sei centimetri di diametro, abbastanza solida da sfondare strati e strati di membrane carnose con le sue molteplici punte acuminate. Aveva beccato giusto uno spazio vuoto in cui infilarsi, senza danneggiare organi interni e vasi sanguigni preziosi. L'effluvio all'esterno di umori infatti pareva bloccato.
Non era l'unico danno. Il ginocchio destro si era spezzato. La gamba era girata al contrario, costruendo un'orribile silhouette.
L'uomo, percepiti dei passi, aprì gli occhi e la vide. L'iniziale sfocatura non gli permise di riconoscerla, ma dopo poco capì. Non osò dire nulla, schiudere le labbra in un altro gemito o distogliere lo sguardo. L'ironia della sorte, dal suo punto di vista, aveva voluto che lui si ritrovasse ferito e inerme alla mercé del suo vecchio ostaggio maltrattato. Dal punto di vista dell'altra, però, la stessa ironia si rifletteva nel fatto che la Morte si fosse presa Ieremias, lasciando in vita un uomo malvagio.


Jolene White
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