Punto. E a capo., Role retrodatata

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view post Posted on 23/7/2021, 22:28
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Quella sera si era intrattenuto più del solito a cena ed ora, suo malgrado, ne stava pagando tutte le conseguenze del caso. Doveva ammetterlo; servirsi ben due porzioni di pancetta affumicata ed aver abbondato con la consueta torta di mele era stata una pessima idea. Ora si trovava lì, affannato e appesantito, a percorrere i lunghi corridoi che l’avrebbero portato al quarto piano, verso il suo nuovo ufficio.
La recente nomina, premio all’intraprendenza e all’affidabilità mostrata in quegli anni, era giunta inaspettata come una piacevole brezza estiva, ed ora Mike stava iniziando a scoprire e a misurarsi con tutti quei nuovi aspetti.
Anche se la cosa non lo infastidiva più di tanto, in quei primissimi giorni gli era parso di notare che, al suo passaggio, i mormorii e i bisbigli fossero notevolmente aumentati tra gli altri studenti; certo, i motivi lo incuriosivano molto e sarebbe stato disposto a dare qualsiasi cifra per conoscerli nei dettagli. In uno di quei momenti si era persino immaginato ad interrogare un primino, con cipiglio minaccioso, per fargli confessare i veri motivi di tutti quei sussurri.
Tornando ai suoi compiti, avrebbe avuto molto da imparare. Ed era proprio per questo che, nonostante l’abbondante pasto, aveva scelto di salire fin lassù prima del coprifuoco. Con un po’ di calma avrebbe voluto esplorare e conoscere al meglio il nuovo ufficio, capire i consueti metodi di lavoro dei suoi colleghi e leggerne i rapporti conclusivi. Insomma, si sarebbe comportato niente meno che come un nuovo scolaretto modello.
Sorrise a quel pensiero, dandosi la carica per proseguire nella sua salita.

Contrariamente a quelle che potevano essere le sue aspettative, l’ambiente assomigliava più ad un vecchio quartier generale. A stento illuminato da un caminetto acceso e carico di legna, Mike avrebbe avuto il suo bel daffare ad accenderne tutte le torce, posizionate strategicamente in diversi punti della stanza. Lungo tutte le pareti erano presenti diverse mensole ma il prezzo forte era la libreria, loro riservata, che ben risaltava in fondo alla sala. A catturare la sua attenzione fu tuttavia il grande tavolo centrale, che immaginò fungere anche da scrivania nel corso delle eventuali riunioni.
Chiuse la porta dietro di sé prima di avanza oltre, verso uno dei tanti registri poggiati su quel grande tavolo. Ne lesse appena il titolo prima di afferrarlo. Tanto valeva mettersi comodi e iniziare da quella lettura, prima di indagare sugli altri aspetti e manuali contenuti nella stanza. Così, dopo aver individuato una comoda poltroncina nei pressi della parete di destra, si sarebbe lasciato pesantemente andare su quei morbidi cuscini.
Non avrebbe potuto chiedere di meglio! Rilassato, socchiuse gli occhi per un istante lasciandosi andare a quell’odore di legno e pergamena che sembrava saturare l’intera la stanza. Gli sembrava di essere tornato nel tepore e nelle comodità della Sala Comune, qunado sprofondava nella comoda poltroncina nei pressi della biblioteca di Casata.
Quel momento non sarebbe durato che un semplice secondo, visto il desiderio di ritagliarsi una posizione il più possibile confortevole prima di iniziare la serata. In fondo, lì sarebbe stato completamente solo. Lesto, sarebbe andato a slacciare le eleganti scarpe per poi proseguire verso la pesante cintura che avvolgeva i lunghi pantaloni.
Era quasi pronto per partire in quella nuova avventura, ma prima si sarebbe sbottonato anche i rigidi polsini della camicia.
In quelle condizioni ci mise forse più tempo del previsto ma, infine, poteva finalmente definirsi pronto, libero e a suo agio: da dove cominciare?
L’attenta lettura sarebbe cominciata da pagina 3…



Edited by MikE Mino - 24/7/2021, 10:27
 
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view post Posted on 24/7/2021, 10:19
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Non è di certo la sua settimana migliore e non lo sarebbe nemmeno se sua sorella non l’avesse resa oggetto di un suo compito per il corso di Divinazione: ornitomanzia, cartomanzia… ha provato di tutto su di lei, pronta per essere la migliore vittima sacrificale sull’altare del destino; ed è con un certo cordoglio dipinto negli occhi marroni, che Fiona le ha chiesto di prestare attenzione a certe cose, a quelle più insignificanti perfino, perché l’avrebbero portata su una strada che a lei non sarebbe di certo piaciuta.
Ha un bel dire, aveva riflettuto lei: per fare attenzione avrebbe dovuto sapere almeno che cosa aspettarsi, ma Fiona non è nata per essere una persona precisa e, come tale, adora una disciplina nebulosa quanto le parole usate per esprimerne gli ammonimenti.
Che cosa avrebbe dovuto fare, in fondo? Fare attenzione al gradino pericolante del terzo piano? Evitare accuratamente la zuppa di pesce del martedì sera per non incappare in qualche spina? O forse doveva insegnare ai ragazzini Tassorosso quale botte non bisogna assolutamente toccare per entrare in Sala Comune? L’ha chiesto e Fiona ha semplicemente fatto spallucce.
Così, si è ben guardata dal porre il piede sul gradino, di favorire alla zuppa di pesce l’arrosto e perfino dal restare nei pressi delle matricole imbranate. Ha persino aggirato Pix, che da qualche tempo non la tormenta più nei suoi sporadici giri di ronda. Eppure, non ha preso in considerazione pienamente - e consapevolmente - il fatto che la minaccia possa arrivare da altro… o altri.
Ha lasciato la Sala Grande chiedendo ai Prefetti della sua Casa di non disturbarla, a meno che non sia estremamente necessario: una le ha rivolto il suo sguardo più innocente e una smorfia maliziosa delle labbra; l'altra ha annuito vigorosamente, più intimorita che convinta. Aggirandosi tra i corridoi e salendo le numerose rampe si è resa conto di quanto sfiancanti siano i giri a cui i Prefetti sono costretti e che lei, già da qualche tempo, ha avuto il merito e il privilegio di potersi risparmiare. Nonostante la fatica di aggirarsi come cani da guardia fino al coprifuoco, quella routine le manca. Al dinamismo e al cameratismo creatosi tra Prefetti ha sostituito la solitudine di un Ufficio occupato a rotazione secondo un calendario ben definito. Non è un caso, dunque, che si stia recando proprio lì.
Ha la sua borsa a tracolla e i suoi libri, una pergamena di Storia della Magia da terminare per l’indomani e tutta l’intenzione di occupare il proprio tempo alla ricerca di qualcosa di fantasioso da propinare a Peverell. Che cosa mai potrà succedere in una serata come quella? Il quarto piano è straordinariamente silenzioso, piacevolmente immerso nella semioscurità di poche torce accese a breve distanza le une dalle altre. Non ha fatto caso alla lama di luce che, dall’interno dell’Ufficio, illumina debolmente il corridoio e la parete opposta. Spinge la porta socchiusa e solleva lo sguardo. La mano stringe ancora il pomello, pietrificata in uno stato di incredulità misto a terrore: l’ufficio non è vuoto e l’occupante della poltrona nell’angolo è l’unica persona che sa di essere destinata ad incontrare presto o tardi, ma è anche l’unica che non vorrebbe vedere.
Non così. Non… da soli.
La porta non ha cigolato, grazie al cielo, e c’è quindi una percentuale di fortuna dalla sua parte, al netto di tutte le funeste previsioni operate dalla sorella: può sempre fare marcia indietro, fingere di non essere mai stata lì e simulare un malore improvviso.
Simulare. Non che sia difficile fare finta di aver la sensazione di essere sospesa nel vuoto e di sudare freddo per il disagio. E sarebbe anche meglio se riuscisse a mantenere il pallore cadaverico che, all’improvviso, le ha schiarito le guance dapprima accaldate.
Non è che ho sbagliato giorno?
Che domanda idiota. Certo che non ha sbagliato, ma... ormai lui è lì e non può cacciarlo, lei dovrebbe restare e non se ne può andare. Forse, i presagi di Fiona non sono poi campati per aria e la Divinazione, sotto sotto, ha le sue doti. Non essere ridicola, è solo una casualità.
Per quanto si sforzi di restare immobile come un cerbiatto abbagliato da una luce intensa ed improvvisa, Thalia non riesce a non guardarlo interamente: rannicchiato sulla poltrona di velluto, le scarpe abbandonate in un angolo, i polsini della camicia bianca arrotolati sui gomiti e lo sguardo assorto tra le pagine di un libro. Così assorto da non accorgersi immediatamente di essere osservato. Sfoglia le pagine con lentezza, carpendo i segreti nascosti da ogni parola e, nel vederlo, riconosce il ragazzo attento ed ambizioso che, alla fine, ha trovato la strada per raggiungerla. La spilla da Caposcuola è diventata sua solo da qualche giorno, ma è come se l’avesse da sempre. Alla fine ci è riuscito, pensa, e non c’è orgoglio più grande - per lui e un po’ per lei - nel sapere che il suo sforzo è stato premiato.
Istintivamente, gli guarda la mano dove sarebbe dovuto restare l’anello gemello a quello che lui le aveva regalato: l’indice è libero da qualsiasi ninnolo e quello che più la sorprende nello scoprire quel dettaglio, è quanto questo le faccia male. Eppure, non dovrebbe stupirsi. Lei ha tirato la corda troppo a lungo e quella si è sfilacciata tra le sue dita fino a spezzarsi. E' naturale che lui non voglia avere a che fare con lei, indossare uno stupido anello quando l'altro gli è stato restituito. Non dovrebbe sorprendersi di provare un vuoto allo stomaco, visto che tra i suoi ripassi, si è cimentata di nuovo nell’Amortentia; quello stupido intruglio, dà ancora lo stesso risultato. Pergamena e inchiostro, il profumo dell'aria elettrica dopo un temporale ed erba tagliata. Non basta prendere scorciatoie miracolose o evitare spazi comuni: lui è ancora lì, lo è sempre stato e chissà per quanto ancora dovrà fare i conti con i suoi rimorsi. Vorrebbe fare marcia indietro, ma non può. Deglutisce e nel farlo lascia che il pomello ruoti con uno schiocco secco attirando la sua attenzione: è l’unico mezzo per non essere la prima ad aprir bocca.
Thalia J. Moran | 18 Y.O. | Hufflepuff Headgirl


 
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view post Posted on 8/8/2021, 16:04
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Nonostante l’ambiente ancora estraneo di quell’ufficio, Mike era subito riuscito a ritagliarsi un suo angolo di pace. In fondo, a volte basta davvero poco se si può contare su un comodo appoggio e su un buon manuale.
Le pagine scorrevano veloci, semplici e lineari come i concetti che vi erano impressi. Aveva già abbondantemente terminato i primi due capitoli e nell’affrontarli si era subito reso conto di quanto fosse portato per quel nuovo ruolo. Certo, le insidie sarebbero state molte, pronte a coglierlo di sorpresa da dietro un qualsiasi angolo del Castello.
Nell’intuire quelli che potevano essere i comportamenti più inopportuni per un caposcuola Mike aveva fatto spallucce, come se la cosa non lo potesse riguardare da vicino. Equilibrato e riflessivo, non amava gli eccessi ed aveva sempre avuto una buona propensione a far rispettare le regole di pacifica convivenza tra i corridoi, cosa non sempre facile viste le notevoli differenze di età e di carattere tra le varie casate.
Complici la calma e la serenità che continuavano a regnare in quell’ufficio, in prima battuta non si sarebbe accorto del lento schiudersi della porta d’ingresso. In fondo, chi poteva mai salire fin lassù in orario serale?
Aveva da poco iniziato un nuovo appassionante capoverso quando uno scatto metallico lo fece sobbalzare di netto. Alzò subito il viso verso quell’improvvisa fonte di rumore immaginandosi Pix, il caotico Poltergeist che amava creare scompiglio in tutti i luoghi apparentemente più tranquilli della Scuola.
Aveva già allungato la mano sinistra verso le scarpe, pronto a metterle al sicuro, quando la vista sembrò restituirgli una figura slanciata ed elegante, dai capelli rossi e dagli inconfondibili occhi grigi.
Tutto accadde in un attimo, mentre il tempo sembrò fermarsi.
Sopraffatto da una serie di ricordi e di sensazioni non sempre positive, sentì mancare la poltrona sotto di sé. Stupito, socchiuse più volte gli occhi mentre un senso di confusione sembrò rallentarne i pensieri. Incoscientemente, restò per qualche istante a bocca spalancata, mentre i primi ricordi andavano verso quel doloroso pomeriggio all’Hyde Park; la triste realtà dei fatti era emersa così in fretta che da quel giorno aveva solamente cercato di seppellire l’angoscia del momento in un angolo buio e remoto della sua mente, senza mai affrontarla. Non era stato facile, almeno inizialmente.
Il grande legame che li aveva visti uniti aveva prodotto un fiore molto bello, raro e prezioso, quanto fragile. Poi, il lento ma inesorabile scorrere del tempo aveva fatto ingiallire la prima foglia dell’arbusto e, passo dopo passo, Mike era riuscito almeno in parte a metabolizzare l’inevitabile, scendendo a patti con se stesso e con la normale quotidianità. Da quel momento non l’aveva più cercata né vista; il neo-caposcuola voleva credere nella casualità del destino ma la realtà dei fatti era ben diversa. Da quel giorno si era ritrovato ad evitarla come se si trattasse di una sorta di contrappasso, preoccupato e spaventato di vedere e conoscere la reale condizione di quello che un tempo era il meraviglioso rapporto nato e coltivato dai due. Si era così ritrovato a scegliere degli orari particolarmente inconsueti per andare in biblioteca o anche solo per salire e consumare una rapida colazione. Quell’isolamento forzato, tuttavia, sembrò infrangersi irrimediabilmente proprio in quel momento. Ed ora, come reagire?
Oh, ehm, ciao Thalia. Visibilmente preso in controtempo, avrebbe cercato di bofonchiare qualcosa di molto simile ad un saluto per spezzare l’apparente gelo sceso nella stanza e perché, in fondo, era giusto così.
Dopo tanto tempo, non avrei immaginato di rivederti proprio qui.
Senza le consuete scarpe, con la cintura da parte e le maniche della camicia arrotolate, Mike si sarebbe sentito in difetto rispetto all’elegante portamento della Tassorosso in quel luogo, simbolo dei loro rispettivi successi.
Istintivamente, ritrovandosi con il solo libro ancora aperto in mano, l’avrebbe portato a protezione del corpo prima giustificare la sua presenza lassù, come se vi fosse poi qualcosa da giustificare; era suo diritto recarsi in quell’ufficio così come da Prefetto aveva avuto il privilegio di usufruire dell’elegante bagno posto al quinto piano.
Io… ero in cerca di una lettura serale e penso proprio di averla trovata. Insomma, da qualche parte bisognerà pur cominciare.
Aveva l’espressione dell’imbarazzo dipinta sul viso ma cercò comunque di dedicarle l’accenno di un sorriso ormai tirato. Non più abituato a rivolgerle la parola, gli sembrò che l’espressione fosse stata detta da qualcun altro e non da lui. Sì, forse era il caso di sciogliersi un po’ prima di andarsene.
E lei perché era lì? Non le avrebbe mai fatto una domanda diretta ma, indugiando per un ulteriore istante su di lei, avrebbe cercato di comprenderne il motivo, prima di lasciarle eventualmente campo libero. Le scarpe, in fondo, erano sempre a portata di mano.

 
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view post Posted on 9/8/2021, 19:18
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Quante volte si è immaginata quel momento? Innumerevoli versioni della stessa identica scena, ripetute in loop e riavvolte per cercare l'esito migliore - o forse solo l'occasione di sistemare le cose. Si appiglia al pomello come all'unico sostegno possibile, il freddo del metallo che piano piano assorbe il calore della sua mano. Se non fosse per la porta aperta quel tanto che basta a mettere in risalto la sua figura, tra l'uscio e il corridoio, probabilmente la tensione la farebbe crollare sul pavimento.
Ci sono stati molti momenti in cui si è sentita vulnerabile, ma mai come in quell'istante vorrebbe prendere e correre lontano. Le servirebbe Nieve, adesso, per darle quella spinta da dietro capace di mandarla avanti quanto basta per chiudere la porta e aspettare in silenzio gli strepiti, i rimorsi e le rimbeccate. Eppure, Nieve non c'è e le resta solamente la scelta di compiere quel passo da sola. Il più difficile da quando il pomeriggio ad Hyde Park ha dato un nuovo significato al rapporto tra lei e Mike.
Le labbra del Caposcuola Serpeverde si schiudono lasciando spazio alla sorpresa - forse perfino al fastidio - di trovarla lì. E' la stessa espressione che le si è dipinta in volto, ma che per ovvie ragioni ha dovuto evitare di sostenere.
«Mike.»
Il suo nome le risale tra le corde vocali, bruciandole quasi, fino a che il suono non si esaurisce in una fermezza che sa di non avere. Muove un piede in avanti, per stabilizzarsi, e si rende conto che quella situazione è assurda tanto per lei quanto per lui. Il linguaggio del suo corpo manda un messaggio chiaro: mi hai trovato e sorpreso in un momento in cui la mia guardia non è al alzata come al solito. *Vale lo stesso per me*
Deglutisce e distoglie lo sguardo, trafficando con qualcosa nella sua borsa. Senza rendersene conto, copre lo spazio che separa l'ingresso dal tavolo principale. Ai due estremi della stanza, lei non osa abbracciarne lo spazio con lo sguardo. Non riesce nemmeno a guardarlo.
«Quello è solo... burocrazia.» commenta, indicando il volume stretto tra le mani di lui «Esiste anche un piano pratico col quale organizzarsi... tra noi.»
L'uso del pronome è ovviamente riferito ad altri, ma per qualche assurda ragione si convince che possa applicarsi anche al loro caso. Loro hanno bisogno di capire come stabilire dei confini, senza dover per forza cambiare strada, variare gli orari di pranzo e cena o addirittura rinunciare alla Biblioteca.
Abbandonata la borsa sul pavimento, gli mostra un foglio vergato con calligrafie diverse. Spiccano quella di Oliver e quella di Megan, uno spazio vuoto e subito dopo la sua firma, tondeggiante e in un bel corsivo ordinato.
«Ce n'è una copia appesa dietro alla porta. Funziona un po' come per i turni dei Prefetti.» spiega, lasciando il foglio sul legno lucido del tavolo «Dobbiamo essere a disposizione per loro, quando sono di ronda, almeno un paio di sere a settimana.»
*Ma nulla ti vieta di restare, adesso* pensa, alzando finalmente lo sguardo.
Non si è mosso di un millimetro per tutto il tempo in cui ha parlato, forse ripensando al loro ultimo incontro o, forse, all'ultima volta che avrebbero dovuto vedersi e non l'hanno fatto.
I palmi appoggiati al piano si spostano, uno scostando la sedia che le è accanto, l'altro afferrando il bordo solido del tavolo. Lo stringe così tanto che le nocche sbiancano, mentre fatica a sostenere il suo sguardo. Ora che la conversazione si è più o meno assestata su un terreno neutrale, la sua mente si concede il lusso di ripercorrere gli ultimi minuti. Le cose che lui, imbarazzato, le ha detto. Quello che i suoi occhi sorpresi cercavano invece di farle capire.
In un attimo, la calma da maestrina - pronta a spiegare le regole di quel gioco di ruolo - è stata sostituita da una forma di rabbia che non ha ragion d'essere. Sa di averlo spinto nella direzione che lui ha preso senza remore, ma sa anche di non aver meritato - forse non del tutto - i suoi silenzi. Ed è l'innocenza con cui l'ha accolta che le sta facendo ribollire il sangue. Come se nulla in quegli ultimi mesi fosse accaduto.
Si accomoda spinta dall'esigenza di avere un sostegno maggiore, dal desiderio di non cedere alle emozioni che la pervadono. Come si parla a qualcuno a cui non si è mai detto tutto, non fino in fondo? E come si può recriminare qualcosa - se proprio deve - quando lei per prima ha agito a torto? Trattiene a stento le domande che le invadono la testa, mute in un silenzio che solo per miracolo riesce a mantenere. La paura che lui le chieda qualcosa, qualsiasi cosa, è troppo forte. Non fare domande se non vuoi che anche lui ficchi il naso dove non deve.
Le pare di sentirla, Nieve, mentre pronuncia quelle parole. Le due anime della sua migliore amica - quella che vorrebbe vederla felice e con qualche risposta e quella che, invece, la spingerebbe a tenergli testa - le parlano da distanze siderali. Quasi come se avesse due versioni di Nieve, una a destra e l'altra a sinistra, a suggerirle che cosa fare oppure no.
Le scaccia metaforicamente con un sospiro, che allenta i nervi e la presa sul tavolo, e comincia a prepararsi per la lunga serata che l'attende. Il volume di Storia della Magia, dunque, fa capolino dalla borsa e con aria concentrata - ma del tutto lontana dall'argomento di studio - si mette a sfogliarne le pagine fitte di informazioni. Quando finalmente si assesta su uno stato mentale leggermente meno teso, si permette di scoccargli uno sguardo in tralice, come per osservare le sue mosse senza dargli l'impressione di essere in attesa di qualcosa.
In realtà, sono mesi che aspetta di sapere perché non si sia fatto vivo ad Hyde Park. Perché darle appuntamento al solo scopo di lasciarla lì ad aspettare invano? Stringe le labbra per trattenere le domande che si è posta e le risposte che si è voluta dare nel corso delle settimane. Non può sostituirsi a lui, non in questo. E il Fato, in fondo, ci ha messo lo zampino.
Thalia J. Moran | 18 Y.O. | Hufflepuff Headgirl


 
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view post Posted on 21/8/2021, 10:12
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Era innegabile; nessuno dei due si sarebbe voluto trovare lì, in quella stanza. L’iniziale sorpresa e imbarazzo di Mike, tuttavia, stava lentamente scemando ed ora, eccolo lì, pronto a lasciare temporaneamente in disparte la sua lettura per iniziare ad infilarsi nuovamente le scarpe. Le aveva già avvicinate a sé e dunque non avrebbe nemmeno dovuto alzarsi da quella morbida e soffice poltrona.
L’intenzione iniziale, infatti, era proprio quella di lasciarle campo libero dopo quella prima serie di convenevoli. Thalia, al contrario, sembrò intenzionata a spostare il confronto su un campo particolarmente impervio e accidentato per il giovane inglese. Come un novizio pieno di belle speranze alle prese con una guida decisamente più esperta, Mike avrebbe incassato il colpo sentendo definire la sua appassionante lettura come una mera “burocrazia”.
Il concetto della prevalenza della sostanza sulla forma era uno dei primi criteri che aveva appreso nella sua lunga esperienza ad Hogwarts e così, suo malgrado, si sarebbe ritrovato ad osservare lo schema lasciato sul tavolo. Per un istante il suo sguardo sembrò perdersi in quel modello e lungo lo spazio vuoto, tra le firme dei suoi colleghi. Per la gran parte del tempo se ne sarebbe stato lì, solo e chiuso in un ufficio invece che a gironzolare qua e là per il Castello, in compagnia di qualcuno. Si ritrovò ad indugiare, forse più del dovuto su quel punto, perché quando si costrinse a tornare con la mente al presente Thalia stava già sfogliando un pesante libro scolastico.
A stento riuscì a trattenere un energico gesto di disappunto; era addirittura diventato meno interessante di un libro di Storia della Magia? Quel gesto l’aveva infastidito e nell’osservarla, ma senza farsi notare eccessivamente, sarebbe tornato a riflettere su tutti i momenti di sospensione vissuti in quel periodo. Che fosse giunto il momento di prendere coraggio e di rimuovere parte della polvere finita sotto il tappeto?
Si concesse il tempo di un sospiro, prima di cimentarsi nell’inevitabile; ma come iniziare? Arroccato all’interno della propria linea difensiva, avrebbe provato a partire da quella che gli era da sempre sembrata la causa di tutti i mali.

Terrò presenti le tue indicazioni, grazie. Se hai altri consigli, sono davvero benaccetti e questo potrebbe essere il momento giusto.
Semplice, lineare e coinciso, finì di legarsi le scarpe proprio nel momento in cui si sarebbe deciso a dare una svolta alla serata.
Comunque, mi sa tanto che per questa sera cambierò lettura e forse riuscirò addirittura a finire la fiaba di Harold, la conosci? È già da qualche giorno che mi aspetta, poggiata sul comodino.
Dalla trama piuttosto semplice, la storiella narrava dell’esperienza di un piccolo magonò al quale viene regalato un seme di Cespuglio Farfallino, che dovrà far germogliare per essere ammesso alla Scuola di Magia. Nonostante le numerose cure e attenzioni che dedica al semino, notte e giorno per un intero anno, all’interno del vaso non sembra essere nato nemmeno un filo d’erba. Abbattuto, il ragazzo si presenta al Preside con il risultato del suo fallimento…

Ho trovato la raccolta in un inserto estivo e sono giunto al quarto capitolo: chissà perché l’anziano mago ha voluto bollire il seme in un calderone in peltro, prima di lasciarlo alle cure del ragazzo…
Ovviamente Mike poteva ben immaginare l’epilogo della storiella, anche se le sue parole sembrarono velate da un sentimento di tristezza e malinconia. Molto probabilmente il Preside aveva voluto mettere alla prova le doti del ragazzo con una prova apparentemente impossibile per testarne la virtù morale; dopotutto le strade della conoscenza magica sono varie e numerose e il ragazzo si sarebbe potuto comunque distinguere in materie "meno" pratiche.

Credo proprio che questa sia la serata giusta per arrivare a leggerne le motivazioni. Sicuro per quanto appena affermato, non avrebbe mai pronunciato la parola "sincerità", lasciandola implicita nelle sue parole e nella morale della fiaba. Nel finale si scopre infatti che quella era una sorta di “prova” di ammissione e che Harold, grazie al duro lavoro e all’onestà, riuscirà comunque a ritagliarsi il suo spazio all’interno della società magica in campi quali l’erbologia, l’astronomia e la storia.
Alzatosi in piedi e riposto il manuale esattamente dove l’aveva trovato in precedenza, Mike combatté l’impulso di guardarla, almeno in quel momento, preferendo il ricordo del suo viso.

 
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view post Posted on 30/8/2021, 15:57
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Finge di concentrarsi sui suoi compiti, sulle pergamene da consegnare, sui quadri storti alle pareti e, se potesse, perfino sugli invisibili Nargilli. Qualsiasi cosa, pur di non pensare a lui e quello che è stato. Si è impegnata parecchio a costruire quel meccanismo di difesa, fallace in ogni parte, per un anno intero. Tutto per non doverci pensare. Qualsiasi cosa, pur di non dovergli parlare. E adesso?
Adesso Mike è lì, segue i suoi movimenti con la coda dell’occhio e finge che non le importi, perché ogni volta che un suo gesto è presago di sguardi di rimando, lei distoglie velocemente il suo. Non dovrebbe soffermarsi sul capitolo che riguarda i Goblin e il sistema bancario del mondo magico, quello lo ha già rivisto e contemplato la sera prima, ma si comporta come se fosse il più importante ed interessante di tutti. Perché, semplicemente, non può affrontare lui.

«No, non direi.»
La risposta le risulta fin troppo spontanea perché possa simulare un vero disinteresse; pur essendo pacata e diretta, Mike deve sapere nel profondo che non ha smesso per un secondo di percepire la sua presenza e il tono, carico di sfida, con cui ha pronunciato quelle parole. Per orgoglio, però, non solleva lo sguardo e continua a sfogliare le pagine del suo manuale; dentro di sé, sa benissimo di non poter continuare con quella farsa ancora a lungo. Niente avrebbe potuto prepararla all'incontro di quella sera, nemmeno le previsioni di Fiona e i suoi esercizi divinatori.
Ciononostante, Mike continua a parlare, come se l'argomento rivestisse un'importanza fondamentale e lei, scioccamente, non ne coglie il senso. E' forse con un misto di stupore e amara incredulità alla chiosa finale che, in ultima, solleva lo sguardo. Sta riponendo il volumetto e non si azzarda nemmeno a guardarla. Come sono arrivati a questo punto?
Lo sai benissimo come ci siete arrivati. la solita voce si fa insistente nel rivelare le verità scomode, ormai sedimentate nel suo cervello. Lo sa eccome, ma non ammetterlo è più semplice. In fondo, è quello che sta facendo anche lui: cercare colpe altrove, pur di non pensare alle proprie. «Se devi dirmi qualcosa è bene che tu lo faccia.»
Quando e se dovesse voltarsi, Mike la troverebbe totalmente rilassata contro lo schienale, le braccia conserte ed appoggiate al tavolo, il libro di Storia chiuso e lo sguardo completamente rivolto a lui, in attesa. Nasconde la rabbia, o almeno ci prova, nel cogliere il senso di quelle accuse velate. Le motivazioni per i suoi silenzi non sono nulla in confronto all'assenza di lui, quel giorno ad Hyde Park. Se sta cercando di darle la colpa di qualcosa, almeno, che lo faccia a volto scoperto e senza troppi giri di parole. Per la prima volta, si rende conto di avere di fronte un Mike che non riconosce. Il ragazzo che adorava non le avrebbe mai taciuto nulla, tantomeno le avrebbe usato quel tono nel chiedere spiegazioni. Se una ragione per il loro allontanamento esiste davvero, Thalia ora lo vede chiaramente: sono cresciuti e sono cambiati così tanto, non soltanto nell'aspetto, da non riconoscersi più. E' così semplice da essere lampante e una punta di dispiacere la coglie impreparata; se lui non fosse così concentrato su se stesso, forse, noterebbe la sua espressione cambiare in un secondo. Tristezza negli occhi, ora lucidi, e le labbra schiuse come a voler dire qualcosa senza averne tuttavia la forza. Per accorgersene, però, Mike dovrebbe voltarsi e avere il coraggio di guardarla negli occhi.
Thalia J. Moran | 18 Y.O. | Hufflepuff Headgirl


 
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In quel momento, in piedi nel bel mezzo della stanza, Mike si sarebbe sentito completamente vulnerabile. Non aveva ceduto al desiderio di guardarla in viso ma gli era comunque sembrato di percepire tutta la sua indifferenza e il suo distacco. Era quasi certo che non avesse colto il significato delle sue parole e, senza degnarlo nemmeno di uno sguardo, alla sua presenza stava continuando a preferire la compagnia di un libro di testo.
Legittimo, certo, ma questo non gli avrebbe impedito di percepire un primo moto di rabbia e di rammarico. Dietro quella metafora ricca di significati si celava, infatti, una richiesta rimasta nascosta per troppi mesi. Inutile tergiversare, dovevano lasciarsi andare alla sincerità come elemento imprescindibile. Le poche parole che ne seguirono l'avrebbero fatto sentire ancora più indifeso, in quella nuova circostanza.
*Se devi dirmi qualcosa è bene che tu lo faccia.*
Quella voce continuava a risuonare nella sua mente, cadenzata e penetrante come il suono di un gong. Colpito nell’orgoglio, sentimento probabilmente predominante in entrambi, per un istante Mike avrebbe maledetto l’idea di essersi fermato lì, in mezzo a quell’ufficio. Ma che gli era saltato in mente?
Forse avrebbe dovuto davvero andarsene, ma prima di compiere un qualsiasi altro gesto un fiume di ricordi iniziò ad occupare la sua mente, trascinandolo in un lungo vortice di sensazioni che culminarono con la sofferenza provata nel corso del Ballo delle Ceneri.
Doveva essere più diretto? Bene, lo sarebbe stato, sfidando anche l’eventuale risentimento che l’irlandese avrebbe potuto maturare nei suoi confronti.

Agosto. In un primo istante il tono sarebbe sembrato impersonale e distaccato, come a voler raccontare la vicenda da un punto di vista prettamente oggettivo.
La temperatura è decisamente calda ma nel centro di Londra c’è una lievissima bava di vento; l’ideale per una passeggiata all’ombra di una pianta o nei pressi di un laghetto. Mi avvicino al cancello dell'Hyde Park e non ti nascondo di aver provato una certa emozione. Inizialmente sento un bisogno fisico di vederti, ma là, nei pressi di una panchina all’ingresso del parco, noto una ragazza diversa, in attesa di qualcosa o di qualcuno.
È il rovinoso crollo di una montagna quando… quando capisco, inconsciamente, che quel qualcuno non sono io.

Nel corso del racconto il tono sembra rompersi in qualche punto, facendosi struggente. Ogni parola gli scosta un’immensa fatica perché porta con sé il segno di un fallimento del tutto inatteso, seppur preannunciato da una lunga serie di silenzi e da un forte vuoto che aveva finito per nutrirsi di tutte le sue forze.
Rassegnato all’inevitabile, si sente come a dover rivivere tutto quel dolore. Si era sentito trascurato, messo da parte, coperto da omissioni e tradito nelle promesse che si erano scambiati.
Eravamo vicini, ma mai così distanti. In quel momento non sono più riuscito ad andare avanti perché… perché non ti ho riconosciuta. Dov'era finita, nel frattempo, la persona che aveva scelto di stare al suo fianco?
Avrebbe cercato il suo volto ma, impossibilitato a raggiungerlo, si sarebbe soffermato sul libro che teneva lì, ora chiuso dinanzi a lei. Ora come all’ora il cuore del Serpeverde si sarebbe fatto più pesante e lento, come a volersi definitivamente trasformare in un blocco di pietra. Gli torna alla mente quanto ha passato negli ultimi mesi, all’enorme sfiducia per il futuro che lo ha accompagnato per lungo tempo, e viene colto da profondo senso di solitudine e di malinconia.
Vorrebbe scomparire da quella stanza per trovare il conforto di un amico o il porto sicuro di un affetto. Per quanto ancora sarebbe riuscito a resistere, dopo quella confessione? Vorrebbe dar sfogo ai suoi sentimenti, liberare tutta l’energia negativa rimasta sopita per tutti quei mesi e lasciarsi andare ad un pianto liberatorio. Impossibilitato ad andare avanti nel racconto e incapace di aggiungere altri dettagli, l’inglese rivive solo nella sua mente i secondi successivi di quella storia, quando era riuscito a sedersi sul marciapiede di una via cieca con le ginocchia raccolte a nascondere il viso.
Se fino a quel momento, pur con enorme fatica, era riuscito a mantenere il controllo sulle sue emozioni, ora si sentiva come un calderone che ribolle sopra un vortice di fiamme incandescenti.
Cercando di distogliere lo sguardo dal punto imprecisato che si era ritrovato a fissare, Mike lo abbassa, conscio di aver appena rotto l’equilibrio difensivo che fino a qualche istante prima sembrava regnare nella stanza. Ora però, anche il compiere un qualsiasi e semplice gesto sarebbe stato difficilissimo. La salvezza era lì, a pochi passi da lui, apparentemente irraggiungibile.

So che anche per te è stato così… era cambiato qualcosa.
Solo in quel momento, dopo quell’ultima constatazione pronunciata con un filo di voce, seppur ferma e decisa, avrebbe cercato lo sguardo di lei.

 
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Esistono molti modi in cui una conversazione come quella può proseguire o terminare, ma Mike - non troppo dissimilmente da quanto ricorda - sceglie la via del dialogo, non fosse altro per il bisogno di avere l’ultima parola.
Non muove un muscolo, nemmeno il volto si contrae nell’udire l’incipit del suo discorso: da quell’unica parola capisce fin troppo bene che cosa stia cercando di fare e dove voglia andare a parare. Immediatamente è l’ingiustizia di quel tono che lui le usa a scaturire una contrazione dello stomaco, ben protetto dalle braccia conserte; fa di tutto per esimersi dal mostrare apertamente la sofferenza che si dirama dal centro esatto del suo corpo e si irradia piano piano a tutte le altre terminazioni nervose. Conosce bene quella sensazione, quella stretta che le rende impossibile respirare e fa di tutto perché un singhiozzo possa erompere da un momento all’altro, scoprendo le sue carte anzitempo.
Lo ascolta e capisce di aver avuto ragione: di aver mentito così bene negli anni da avergli saputo dare una versione dei fatti che fosse aderente a quanto lei desiderava; di quanto fosse distorta l’idea di lei che lui si era costruito e dei motivi per i quali tutto era finito. Hanno troncato così bruscamente il loro rapporto che le spiegazioni sul come, il quando e il perché non sono mai state nemmeno affrontate. Se solo potesse, pensa, gli spiegherebbe tutto. Eppure non può, perché farlo significherebbe dare seguito a qualcosa che non può e non deve essere, che rischierebbe inutilmente di infrangere un equilibrio precario. Il suo e quello di Mike.
Lo ascolta e quasi le viene voglia di sorridere di fronte alle allusioni che lui costruisce con cura, il tono dispiaciuto di chi abbia capito tutto e, invece, non ha capito niente. La disillusione, ora, si fa palese sul volto di lei, che lo scruta dalla sua sedia e sposta il baricentro in avanti, sciogliendo le braccia e intrecciando le dita sul tavolo. Lo sguardo si è fatto attento, adesso, cercando di cogliere i segnali che - presto o tardi - le daranno ragione di quanto è davvero successo ad Hyde Park e di che cosa, invece, sta accadendo proprio lì.
«Agosto.» gli fa eco, una volta che lui ha terminato il suo monologo. E’ certa di indispettirlo e lo desidera, sotto sotto. Perché sa che, facendolo, lo allontanerà da lei ancora di più. E l’obiettivo - sin dall’inizio - è proprio questo.
«Agosto.» ripete e non gli stacca gli occhi di dosso. L’attesa, quasi teatrale tra una ripetizione e l’altra, è capace di far saltare i nervi alla persona più paziente sulla faccia della Terra.
«E’ una bella giornata, lo ricordi bene. Ricordo anche un babbano in tenuta sportiva, una nonna con la nipote e persino una ragazza col proprio cane a passeggio. E, ora che mi ci fai pensare, c’era anche una sciocca che, se non ci avesse tenuto abbastanza, sarebbe andata via subito. Ed invece è rimasta per ben due ore, seduta da sola su una panchina ad Hyde Park, ad aspettarti.»
Non vuole ammetterlo, ma quelle parole sono condite dallo stesso veleno che ha infettato e, poi, lasciato suppurare una ferita che credeva chiusa. Non ci mette molto a capire quanto fosse sottile lo strato di pelle rimarginata.
«Che cosa era cambiato? Dimmi. Mi avevi chiesto di parlare, quindi… parliamone. Perché sappi che anche tu non sei la persona che io aspettavo quel giorno.»
Quelle parole, al contrario, bruciavano di sensi di colpa. E’ una accusa che sa non avere fondamento, ma che deve gestire come se si trattasse di verità assoluta. Non farlo significherebbe usargli una violenza diversa: costringerlo a restare con lei di fronte ad un futuro dalle linee più incerte che mai. E costringerlo a perderla, questa volta, per sempre.
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In piedi, con le braccia lungo i fianchi, Mike cercava di darsi una spiegazione su quanto stava avvenendo in quella stanza. Era rivolto verso di lei e per un attimo era pure riuscito a scrutare quelle misteriose iridi grigie. L’aveva vista protesa verso di lui ma non era riuscito a riconoscere in quel tono una voce familiare. Le sue parole pesavano come macigni appena franati dal costone di una montagna; inutile indugiare ulteriormente, la rottura si era ormai consumata, inevitabile, lasciando sul campo solo cocci taglienti e appuntiti. Se in condizioni normali avrebbe anche potuto sentirsi un minimo in colpa per averla lasciata là, all’Hyde Park, dopo quello scambio di insinuazioni si sentiva solamente infastidito.
“Che cosa è cambiato? Tutto, o quasi, temo.” Gli occhi si erano stretti in piccole fessure perché lui a quel rapporto ci aveva creduto per davvero; i suoi sentimenti erano sempre stati sinceri e ciò l’aveva perfino portato ad accettarne la Legimanzia, ma Thalia non era più quella conosciuta un po’ per caso al campo di Quidditch, la ragazza dolce ma determinata incontrata nei sotterranei o quella sarcastica e spensierata con cui amava confrontarsi quotidianamente.
“Possiamo parlare di quanto è accaduto nel corso del ballo delle Ceneri, possiamo confrontarci su quante volte a parole stava andando tutto bene, ma posso anche accennarti a come mi sono sentito nell’immaginare che dietro quel cambiamento si potesse celare una tua mancanza di fiducia verso di me.”
Nonostante il tono si fosse mantenuto calmo e controllato, l’orgoglio si era tuttavia macchiato con quell’ultima affermazione perché, a suo dire, anche lui non era più la persona che l’irlandese stava aspettando quel giorno. Ma cosa si sarebbe aspettata?
Forse non aveva ben compreso le reali intenzioni della Tassorosso o forse per tutto quel lasso di tempo si era ritrovato a vivere nell’illusione, non arrivando mai a conoscerla veramente. Investito come da un bolide in pieno petto, l’inglese avrebbe lasciato sfuggire una smorfia di amarezza perché, in fondo, sapeva di aver fallito in qualche modo anche lui; un concetto ben difficile da assimilare e da digerire.
Alla luce di quell’ultimo evento, la gioia che aveva sempre provato nel rivederla si stava pian piano trasformando in un malessere generalizzato, la felicità in distacco e l’affetto in ruggine. Ma ora, come salvare il salvabile?
Partiti da angoli opposti, il ragazzo non avrebbe mai soprasseduto su quella mancanza di sincerità e trasparenza, pur conscio che in un modo o nell’altro si sarebbero dovuti dare un nuovo equilibrio. Nonostante quel rapporto ormai incrinato, erano pur sempre due Caposcuola, di figure di rilievo, e non poteva permettersi che l’astio corrodesse in maniera definitiva la sua figura agli occhi dell’irlandese.

Avvicinatosi lentamente e con grande fatica fino al bordo del tavolo, avrebbe cercato di dissimulare il suo vero stato d’animo in favore di un tono più conciliante. Non avrebbe mai rinunciato a far valere le sue ragioni ma, per convenienza o per quieto vivere, si sarebbe impegnato per smorzare qualche eventuale eccesso in favore della consueta cordialità. Accennò quindi un sorriso che, molto probabilmente, non si sarebbe allargato al resto del viso.

“Se vuoi posso rimanere qui e tornare a sedermi con comodo, ma molto probabilmente quanto accaduto non è necessariamente colpa di qualcuno… più semplicemente, con il tempo siamo cambiati. Verosimilmente in peggio, perché il mondo a quindici anni può essere decisamente più semplice e interessante!" Non era certo di essere riuscito a far passare quel messaggio sotto la lente dell’ironia ma un piccolo tentativo andava fatto. Non era sua intenzione passare per subdolo o cinico, ma nella sua mente non poteva esserci più spazio per un muro contro muro. Non oggi, né tantomeno domani, ma forse un giorno sarebbero tornati a vedersi sotto una diversa prospettiva. Se per Mike sarebbe stato difficile lasciarsi andare, almeno per il momento, verso nuove basi che non fossero l’evoluzione diretta di quell’amarezza malinconica che l’aveva già largamente provato nel periodo precedente, almeno Thalia avrebbe potuto mantenere un ricordo ben più felice e corrispondente alla realtà sul loro rapporto.
Ce l’avrebbe fatta?

 
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Le sembra che le interiora si avviluppino su loro stesse, mentre la verità piano piano risale in superficie; ha peccato di superbia, ora se ne rende conto, nel pensare che Mike potesse non aver colto il nocciolo dell’intera questione.
Dando la colpa alla Profezia, al suo coinvolgimento con l’Esercito o più semplicemente appassionandosi alla missione del Comitato cercava giustificazioni per un comportamento che ha radici ben più profonde e gravi.
Non ha mai creduto che Mike possa stare al suo passo, condividere i suoi ideali fino in fondo e rischiare con lei quella vita preziosa che - almeno nella teoria - deve essere vissuta perseguendo uno scopo.
Lo scruta in silenzio, ripercorrendo con lo sguardo i tratti di quel volto che ha imparato a conoscere così bene e che ha visto cambiare nel corso del tempo trascorso insieme. Si rende conto con orrore che dietro a quegli occhi può nascondersi una verità che potrebbe non riuscire ad accettare pienamente: se Mike non condivide i suoi ideali, può essere colpa di disinteresse puro e semplice o del suo contrario? Per assurdo, non hanno mai parlato di nulla del genere e, adesso, sente che avrebbero dovuto. Facendolo, forse, si sarebbe convinta di quanto sua nonna aveva cercato di dirle nella cucina dell’appartamento di Londra: dopotutto, Mike sarebbe anche potuto restare al suo fianco, nonostante tutte le avversità e i dubbi. A stringerle lo stomaco in una morsa ancor più feroce è la consapevolezza che il desiderio di saperlo accanto a sé in quel futuro dalle tinte fosche svanisce di fronte alla realtà dei fatti, nel presente assurdo che stanno vivendo: Mike non è un giocatore d’azzardo, non rischia a meno che non sia costretto a farlo. E, di nuovo, prova quella sensazione di sollievo che scioglie la tensione: non sarebbe rimasto con lei, non avrebbe potuto, e lei ha preso la decisione giusta. Eppure, il dubbio sorge spontaneo, ha scelto davvero?
La menzione al Ballo delle Ceneri coincide con quei pensieri e la voragine si spalanca di nuovo, lasciandola sul baratro di decisioni avventate, atti subiti e mai davvero razionalizzati. Quella notte lo ha lasciato solo, lo ha tradito nella fiducia che lui ha sempre riposto in lei; gli ha taciuto troppe cose e dirle adesso peggiorerebbe soltanto la situazione, acuendo il rancore e generando un odio di cui sa che non potrebbe liberarsi.
Ai fini della loro separazione, forse, avrebbe più senso parlare; in fondo, però, lo ha già ferito abbastanza. Gli permette di sfogarsi, di sputare quella rabbia travestita da mere e pacate considerazioni, pur sapendo di non potersi arrogare alcun diritto sulla sua libertà di parola. Del resto, è l’unica cosa che gli è rimasta.
«Hai perfettamente ragione.»
Presume di spiazzarlo con quella frase, ma mentalmente si prepara già a quanto sta per accadere. Non vuole dirgli la verità su quanto sia caotica la sua vita, di come voglia risparmiargli quanto invece potrebbero condividere. Vorrebbe dirgli che non c’è mai stato un momento migliore di quello, per lui, di rinascere e trovare la sua strada… senza di lei. E nonostante sia davvero parte dei suoi pensieri, quelle parole non riescono a trovare voce. La separazione da lui ha causato una rottura che non ha previsto, che ha pensato per mesi di poter sopportare, ma in realtà non ha né la forza né il coraggio di reggere. La sensazione di vuoto che lui le ha lasciato dentro non può essere colmata nemmeno dalla consapevolezza di aver compiuto la scelta più saggia. E cosa le resta da fare, adesso, visto e considerato che non dovrebbero riappacificarsi, ma qualcosa la spinge a desiderare un riavvicinamento? Come si decide tra la cosa giusta - che ti scava dentro per quanto sia sbagliata nelle sue fondamenta - e quella più semplice e pericolosa al tempo stesso?
«Se fossi venuto, quel giorno, forse le cose sarebbero state diverse. Avremmo parlato, mi avresti odiata e io avrei fatto altrettanto.» risponde piano, quasi con la paura nel cuore di dire davvero quanto per mesi ha taciuto perfino a se stessa.
«Quando ti ho parlato della Legilimanzia ti ho anche detto che ci sono cose non potevo dirti e che avresti dovuto accettare tutto questo senza fare domande… fidandoti di me. La situazione non è cambiata.» inspira a fondo, si riempie i polmoni di ossigeno per non lasciare che un ulteriore vuoto la possa sopraffare all’improvviso. Immagina che, adesso, Mike non possa e non voglia ascoltare altro, ma forse deve. Perché se le avesse dato prova di poter sopportare tutto il carico che grava sulle sue spalle, lei - forse - l’avrebbe condiviso.
«Quella sera ho visto la paura nei tuoi occhi Mike, l’ho vista nel modo in cui ti sei allontanato da me. Ti spaventava l’idea che potessi abusare di qualcosa che non comprendi, che non vuoi conoscere e vuoi evitare.»
Non può nascondere la sofferenza che rivangare quel ricordo le causa e sa benissimo di avergli inflitto lo stesso trattamento, anche se lui - ancora - non lo sa per certo. «Puoi fingere con te stesso che non sia stato importante, ma non ti sei fidato di me da quel giorno. E se ora ti dicessi che io, invece, non ho mai perso la fiducia nei tuoi confronti… non mi crederesti. So che è così.»
Al contrario, desidera sbagliarsi come di rado ha fatto in vita sua, ma sa che di fronte a quel ricordo Mike non può mentire. Dal canto suo, preferisce non rispondere alle velate insinuazioni sul Ballo delle Ceneri: per uno stupido gioco di parole e di coincidenze affatto casuali, tutto ciò che li univa si era dissolto nell’aria come polvere e non sarebbe mai tornato.
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Mike, che fino a pochi istanti prima si era aspettato una tranquilla e calma serata, non avrebbe mai immaginato di trovarsi come protagonista di uno scenario tanto insolito e conflittuale.
A mente fredda, se si fosse ritrovato a pensare a quell’imprevisto in un secondo momento, si sarebbe pentito per l’atteggiamento di sfida che, seppur celato dal racconto di una fiaba, poteva aver manifestato in un primo momento nei riguardi della collega. Certo, il tono si era mantenuto calmo e controllato, ma il suo atteggiamento doveva aver posto Thalia in una situazione di allerta e di forte stress.
Nell’ascoltarne le parole, infatti, l’inglese si era sentito dapprima spiazzato e stizzito ma, successivamente, quella versione l’aveva incuriosito in maniera sincera; era innegabile, la psiche umana era un meccanismo complesso, delicato ma assolutamente imperfetto. O, per lo meno, così si augurava.
Pur partendo da un fatto puramente oggettivo, le memorie e le emozioni dei due ragazzi sembravano infatti divergere, con Mike che iniziava a credere ad un’intenzionale omissione negli stessi ricordi dell’irlandese.
Non voleva credere all’ipotesi che quello potesse essere il reale ricordo di Thalia per quanto accaduto nel corso dei vari appuntamenti e, più precisamente, di quanto si erano confidati all’interno del "loro" bagno.
Certo, ripensando a quel momento, in un primo istante si era sentito smarrito e minato nella segretezza della sua mente, ma l’incertezza non era durata che un secondo, scacciata via dal sincero abbraccio che i due si erano scambiati vicendevolmente, ripromettendosi di agire sempre come un’unica entità. Da dove era nata, dunque, la paura nei suoi occhi? E poi, come dimenticare quel progetto eversivo volto a minare la reputazione del Midnight. Nel volto dell’inglese fece capolino una piccola smorfia nel ripensare alla sorte dell’ormai ex vicepreside.

Arrivando a sfiorare la superficie del tavolo con la mano sinistra, Mike si decise a fare un po’ d’ordine tra tutte quelle congetture. Dentro di sé sentiva il dovere di respingere quella tesi che lo dipingeva come la persona che non era mai stato e, allo stesso tempo, voleva cogliere la ragione di quell’inatteso flusso di coscienza dell’irlandese.

“Thalia.” Non sarebbe stato facile controllare la voce e l’emozione del momento, ma si sarebbe imposto di andare avanti.
“Quante persone hai allontanato dalla tua vita con la scusa del meglio che gli altri non lo sappiano?” Conosceva sin troppo bene quella sua caratteristica, irremovibilmente testarda e ferma nelle sue convinzioni.
“Io quella sera mi sono fidato di te. Ho creduto in quell’abbraccio e in tutto ciò che ne è seguito, per lo meno fino a quest’estate.”
Per un istante la guardò dritta negli occhi, pronto ad indagare fino a che punto si era spinta l’alterazione dolosa di quel ricordo. Lui era ancora fermo, immobile, anche se una parte del suo istinto l’avrebbe spinto a tornare sui suoi passi per raggiungere il pomello della porta. Voleva andarsene, ma l’altra parte, invece, era ancora lì, pronta a continuare un chiarimento che di chiaro aveva ormai poco o nulla.
“Pian piano siamo cambiati, è innegabile. Ma non è andata come pensi di ricordare.
Forse non c’è sempre stata la dovuta onestà, ma alcuni momenti…”

*…sono stati terribili* “…mi hanno portato a non riconoscere più la persona che avevo di fronte. E di mezzo non c’era una semplice Legilimanzia.”
Il tono si era fatto sempre più basso, malinconico e triste, perché in alcuni momenti di quel recente passato il suo orgoglio era vacillato in più di un’occasione. A tratti si era sentito perfino inadeguato, tanto da non identificarsi più in quello stretto legame che li aveva uniti.
In fondo, quell’autocontrollo di facciata che aveva cercato di utilizzare nell’ultimo periodo si contrapponeva ad un senso di vuoto e inquietudine che continuava a persistere, ben dall’essere metabolizzato e superato.

 
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Ammettere di aver sbagliato non piace a nessuno e su di lei quel discorso vale doppio. E’ così abituata a dubitare prima, che il semplice fatto di farlo dopo non l’ha mai sfiorata veramente. Non pensa nemmeno di avere sempre ragione, ma crede fermamente che dietro ad ogni decisione vi sia una chiara correlazione tra causa ed effetto: se prende una strada, Thalia non guarda mai indietro. Questo per il semplice fatto che non si può risolvere tutto con un controincantesimo e quel che è fatto è fatto. Non c’è soluzione per tutto, questo lo ha capito, ma accettarlo è un altro paio di maniche.
Quello che è successo - e sta succedendo - con Mike rientra in quei rari casi in cui vorrebbe poter dire qualcosa, ma non lo fa sapendo che non servirebbe a niente. L’incantesimo si è rotto, il loro tempo si è fermato all’estate di un anno prima e le cose sono andate avanti senza che loro potessero, o volessero, farci qualcosa.
«Quell’abbraccio era per rassicurare me oppure te stesso?»
Se le ricorda eccome le braccia di Mike attorno al corpo, il calore del contatto e la promessa sottesa al silenzio. Lei non aveva avuto bisogno di rassicurazioni, non nel momento in cui aveva deciso di dirgli che cosa sarebbe stata in grado di fare; voleva essere onesta con lui, almeno per una volta. Niente filtri, niente omissioni. Nonostante questo, anche l’essere Legilimens è una di quelle cose a cui non avrebbe potuto e - ora cominciava a crederlo davvero - voluto rinunciare.
Per certi versi, è una capacità che sa cambiare la prospettiva sulle cose. In tutti i sensi.
Eppure, la stoccata di apertura pare stracciare il telo di sicurezza che sembra essersi avvolta attorno: la sente lacerarsi, lasciandola scoperta alle insinuazioni di Mike. Realizza in quel momento quanto sia stato bravo ad interpretare i segnali, codificarli a sua volta e a restituirle l’impressione che nulla avesse causato turbamenti.
«La Legilimanzia non è semplice.» mormora, distogliendo lo sguardo. Pesa troppo la sua colpa e non sopporta di sentirsi esaminata in quel modo. Non da lui.
Inspira e il silenzio per un momento invade lo spazio come il terzo incomodo ad un primo appuntamento. Come se in tutti quegli anni non avessero imparato davvero a raccontarsi la verità.
«Omettere non significa mentire. Quello che potevo dire te l’ho sempre detto.» si ferma, mordicchiandosi il labbro. Non dovrebbe dargli ragione, non quando la verità è appesa ad un filo e il suo castello di carte inizia a cedere.
«E se c’è qualcosa che non ti ho detto, beh… puoi avercela con me per questo. Detesti non sapere le cose, lo capisco. Però...»
Però?
«...l’ho fatto perché, ad eccezione della mia famiglia, tu se- eri il mio punto fermo. Se ti avessi raccontato del mio attivismo o di altre cose che non ti riguardavano direttamente e che chiaramente ti spaventavano… mi avresti lasciato indietro.»
Ha parlato velocemente, desiderosa soltanto di porre fine a quella tortura. Sentirsi vulnerabile non è nelle sue corde, non più di dover ammettere di aver sbagliato. Ha parlato di sé come una ragazzina incapace di gestire l'abbandono, in grado di costruire con l'immaginazione una realtà che non esiste, soltanto per non vedere la verità sottostante.
Ciò che le resta di quella finzione sono un sorriso amaro e una risata senza vitalità sulle labbra e negli occhi.
«Alla fine lo hai fatto comunque, quindi… deduco che sia colpa mia in ogni caso.»
Quando solleva lo sguardo, si sofferma dapprima sulla mano appoggiata al tavolo e solo dopo qualche secondo al viso del Serpeverde. Farebbe carte false per poter sapere che cosa pensa mentre la ascolta. Non è mai stata tanto trasparente con lui... e questo la spaventa a morte.
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view post Posted on 24/11/2021, 00:20
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Era innegabile; Thalie era quel tipo di persona che, in un modo o nell’altro, avrebbe potuto continuare ad esercitare su di lui un certo ascendente, anche dopo molto tempo. Nonostante la dura contrapposizione che li aveva visti protagonisti, era bastato quell’improvviso cambio di registro per far allontanare un denso strato di cupi cumulonembi dall’animo del ragazzo.
Ora, ben più leggero e distanziato dall’irlandese soltanto da un sottile strato di foschia, Mike stava pian piano tornando a vederla in maniera più nitida e chiara. La sincerità stava finalmente emergendo, mettendo a nudo nuove problematiche a cui, probabilmente, anche il ragazzo non aveva mai prestato la dovuta attenzione.
La Legilimanzia non era semplice, certo, ma dopo la promessa racchiusa in quel forte e stretto gesto d’affetto non erano seguiti altri ed ulteriori momenti di condivisione. Mike, in ogni caso, c’era, o meglio c’era stato, ma non aveva mai preso l’iniziativa per ricordarle quel tipo di vicinanza, anche se dall’altra parte non sembravano essere giunti segnali o richieste in tal senso.
Dietro la forza dettata dalla logica, verosimilmente, si celava uno spazio ancora inesplorato e straordinariamente sfaccettato nell’animo dell’irlandese. E quell’area, Mike, non l’aveva mai vista.
Le sincere e profonde confessioni che seguirono quel momento, poi, riuscirono ad intimorirlo fin quasi ad imbarazzarlo; Thalia non si era mai spinta tanto in là, ed ora lui si trovava come sospeso, racchiuso in un inatteso vortice di verità. Difficile, almeno in quel contesto, riordinare tutti i cocci.
Il vaso, splendido e maestoso, si era rotto sotto i colpi di una mancanza di fiducia e questo, lui, non l’aveva mai accettato. Non dopo che l’aveva messa al primo posto, per molto tempo.

“Sì, penso proprio che alla base di tutto questo ci sia stata una mancanza di fiducia.” Con sguardo e tono basso, Mike avrebbe cercato di far ordine tra le mille emozioni che lo stavano circondando, pronto a far valere le sue impressioni.
“E, in tutta onestà, non credo di essermelo meritato, così come non credo di essermi meritato il silenzio su eventuali argomenti per te prioritari.”
Insomma, non si trattava di vero e proprio attivismo ma tra piani sovversivi contro docenti particolarmente altezzosi e feste a sorpresa tra associati al C.r.e.p.a., Mike pensava di non aver mai dato adito a grossi dubbi su un suo eventuale supporto. Eppure, non era stato così. Qualcosa si era rotto perché, in un modo o nell’altro, non era riuscito a convincere l’irlandese a fidarsi completamente di lui.
*Mi avresti lasciata indietro. *
Quella frase continua a tormentarlo come una ferita ancora aperta perché, in cuor suo, sapeva di non essere stato interpellato. “Immagino tu non mi abbia creduto all’altezza di un qualcosa che mi è ancora nebuloso e indefinito. Perché?”
Una domanda destinata a rimanere senza risposta, ma nel constatare quell’ipotesi lo sguardo di Mike si stava facendo via via più rigido e cupo.
“Hai pensato che, in un modo o nell’altro, avrei potuto rallentare i tuoi progetti? Che avrei potuto smussarne le parti più impraticabili? Che non sarei stato in grado di tenerne il passo?
Non credo di averti mai forzata a condividere con me un qualsiasi tipo di esperienza, ma credo che il punto sia diverso… nel momento in cui mi sarei aspettato condivisione, dialogo e sincerità, mi son ritrovato dinanzi ad una parete fatta di normalità, ma solo apparente. Avevi già scelto, e a me non restava che un’opzione... ”
*...anche se mi dispiace per come è andata all'Hyde Park.*
Il messaggio, duro e rigoroso, era implicito, ma le ragioni erano ancora ben lungi dall’essere chiarite: perché Thalia aveva sempre cercato di agire da sola, rilegandolo ad una posizione marginale?
Pur con evidenti difficoltà, e con una confessione evidenziata soltanto da un atteggiamento non verbale, i progressi raggiunti nel corso di quella sera erano evidenti e sotto agli occhi di tutti. Dopo un lungo periodo di silenzio e di reciproca diffidenza Thalia e Mike erano tornati a parlarsi e, con un po’ di fortuna, sarebbero persino giunti a porre le basi per un nuovo ed eventuale chiarimento.
O per un nuovo e più distinto conflitto.

 
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view post Posted on 24/11/2021, 21:08
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Goccia dopo goccia, il ghiaccio va sciogliendosi, divenendo un rigagnolo d’acqua che con fatica discende il versante della montagna; muta nell’aspetto e nella forza, s’ingrossa e dall’essere un comune ruscelletto diventa un fiume placido, ma sicuro del percorso che compie. Al primo temporale non accade nulla, gli argini sono saldi e nulla può scalfirli. L’usura del tempo, però, si abbatte su di essi e, mentre il temporale muta in tempesta, non c’è barriera che possa contenere la furia di quella che un tempo era soltanto un goccia.
Così si potrebbe riassumere il loro rapporto, forse uguale a qualunque altro. Per lei, però, è diverso.
Perché, se da un lato l’usura e la tempesta sono a volte inspiegabilmente effetto di cause ignote, dall’altro - nel loro caso - è stata lei a condurre sfacelo là dove esisteva solamente qualcosa di bello che doveva essere protetto.
Sì, è per questo che ora si trovano in quella stanza a rivangare un passato le cui ceneri emanano ancora calore.
Se potesse esprimere a parole il senso di vuoto che prova in questo momento lo farebbe, ma non servirebbe a niente; non si può far funzionare qualcosa che si è irrimediabilmente rotto. E non è propriamente certa che quel qualcosa di rotto sia il loro rapporto.
Più le parole fiducia, rispetto e condivisione si fanno strada nel monologo che è la risposta di Mike, nel suo petto la minuscola increspatura delle sue emozioni si allarga, diventa via via sempre più grande come una minuscola crepa che diventa voragine; la pelle freme di un brivido che si origina dall’interno, viaggia attraverso il petto e risale il collo, via via espandendosi al volto, che - per quanto provi a mascherare chinando il capo - abbandona il colorito esangue. Stringe le labbra tra loro, vorrebbe urlare ed è un bisogno del tutto nuovo che non vuole assecondare. Non è capace di esternare quello che sente e si rende conto di non poterlo fare nemmeno adesso.
Persino ora che Mike è lì davanti a lei.
Col silenzio amaro di Mike il brivido che la pervade cessa di colpo ed il vuoto che lascia agisce come il risucchio di un gorgo in mezzo al mare: ogni certezza e ogni reticenza svaniscono, lasciando risalire in superficie le emozioni che così a lungo ha tentato di soffocare. Riesce a malapena a coprire completamente il volto con le mani, quando quello che a tutti gli effetti è un singhiozzo viene attutito dai palmi premuti su naso e bocca.
Non è per ambizione che lo ha allontanato ogni giorno di più.
Non è per amore di un altro.
Non è stato nemmeno per il suo bene.
Più ci pensa e più vorrebbe essere altrove e, nello stesso momento, proprio in quella stanza.
Vorrebbe dirgli tutto, ma non può. Forse potrebbero raccontarsi ogni cosa e poi…
Il pensiero di quello che dovrebbe fare dopo è così disarmante da farle perdere la poca stabilità che la posizione seduta le concede; si appoggia al tavolo con entrambi i gomiti, le mani affondano tra i capelli rossi e vi si aggrappano, fino a che il dolore fisico non copre quello che sente arrivare da dentro.
Scopre solo parzialmente il volto, gli occhi arrossati fissamente orientati al tavolo di quercia.
Che cosa sta diventando? O per meglio dire… chi?
Il pensiero di dire tutto, sfogare ogni frustrazione e cancellare ogni singolo ricordo di quella sera è allettante. Troppo perché possa permettersi di indugiarvi oltre. Eppure il bisogno di espiare, di essere capita e non più giudicata sarebbe bastevole per afferrare la bacchetta, mentre la lingua si scioglie dai nodi che lei le ha imposto.
Non è questo che vuole. E potrebbe scegliere di non farlo.
Adesso i respiri si fanno profondi, a labbra schiuse, e il silenzio calato su di loro non è altro che un mero spettatore di una tragedia annunciata: sua nonna aveva ragione e lei, stupida che non era altro, aveva perso tutto. Anche se stessa.
Thalia J. Moran | 18 Y.O. | Hufflepuff Headgirl


 
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view post Posted on 19/12/2021, 16:17
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Da quell’apparente momento di calma sembrarono giungere le prime conferme alle sue supposizioni. Una magrissima consolazione, ma ciò gli permise di assimilare quell’ultima constatazione che, imperterrita, continuava a martellarlo ad intervalli regolari. *Avevi già scelto. E a me non restava che un’opzione. *
Restio a cambiare le proprie ipotesi, Mike era ormai convinto di aver agito al meglio per preservare se stesso da quel disequilibrio che si era andato a creare. La scossa era stata forte, violenta e inaspettata, ma ora che il tempo cominciava a far sedimentare quel ricordo lui era pronto a ricominciare, in un modo o nell’altro.
Certo; visto che ormai erano arrivati a mettere a nudo le divergenze del passato, Mike avrebbe desiderato ascoltare e veder approfondite anche le ragioni dell’irlandese, se non altro per provare a comprenderne il vero punto di vista.
Il silenzio, tuttavia, era il vero protagonista di quel momento così carico di attesa.
L’inglese, infatti, stava facendo fatica a capire cosa ci fosse dietro quell’atteggiamento così netto, quasi distaccato e fermo, che stava caratterizzando la ragazza. Pronta a coprirsi il volto, vide le sue lunghe dita affondare tra i capelli fin quasi a scomparire tra quelle ciocche vermiglie. Incerto su come interpretare quel comportamento, si sarebbe preso qualche istante per provare a cogliere il motivo di quel gesto. Gli occhi leggermente arrossati, poi, sembravano rappresentare lo specchio di un processo interiore molto travagliato e complesso. Ma cosa stava realmente passando tra i suoi pensieri?
A memoria, non l’aveva mai vista in quel modo. Apparentemente debole e indifesa, senza nemmeno la volontà di replicare o di ricorrere al consueto sarcasmo, non aveva più pronunciato una parola né si era lasciata sfuggire un lamento; la prova che qualcosa non stava andando nel modo giusto era manifestata soltanto dallo sguardo, rivolto verso il basso.
Forse, nonostante qualche nota di risentimento che aveva offuscato quella serata, Thalia aveva finalmente compreso le sue ragioni, arrivando a cogliere la principale motivazione dietro quel repentino cambiamento che c’era stato tra loro.
Mike, per quanto non si fosse mai definito come un ragazzo modello e del tutto irreprensibile, aveva sempre cercato di mostrarsi trasparente nel condividere con lei emozioni ed eventuali difficoltà, sin dal loro primo incontro. Tra una passeggiata distensiva ed una riflessione ad alta voce, infatti, il giovane serpino si era subito fidato dello sguardo vispo e attento della Moran che, con estrema dolcezza e cautela, era riuscita a farlo sentire al sicuro già nel corso del loro primo incontro, portandolo a confidarsi come non aveva mai fatto prima. Le prime difficoltà, le angosce e le paure che si erano acutizzate nell’affrontare il Molliccio erano diventate improvvisamente più leggere, proprio perché condivise con lei.
Poi però, tra un cambiamento e l’altro, l’individualità sembrava aver prevalso su tutto il resto, persino sui bellissimi momenti che c'erano stati.
Mike, che non avrebbe mai accettato un ruolo secondario o meramente di facciata, non se l’era più sentita di proseguire sotto quei nuovi presupposti e si era pericolosamente esposto all’amarezza e al risentimento per un ricordo ormai lontano. Ora, con la serata che si stava pian piano rasserenando dopo l’importante temporale che si era appena consumato, ci sarebbe stato il tempo per un ultimo sincero consiglio prima che le loro strade tornassero a dividersi, almeno per il momento.

“Supposizioni a parte, spero che in futuro non sia più necessario nascondere una parte di te a chi cercherà di volerti bene.”
Le parole uscirono sincere dalle sue labbra, seppur velate da una nota di amarezza. In fondo, tutte le sue ragioni potevano essere riassunte così, da quella semplice frase. Forse si sarebbero ritrovati sotto un nuovo equilibrio, ma al momento le emozioni più disparate e opposte continuavano a mischiarsi tra loro, alimentate da quell’irreale silenzio che l’aveva bloccato lì, a metà strada tra il tavolo dei Caposcuola e l’unica via d’uscita da quella stanza.
Lo stallo continuava a persistere, ma la voce dell’irlandese avrebbe potuto spezzarlo da un momento all'altro.

 
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