«
Price, fermati. Price, così lo accechi il topo!» il ragazzo stava agitando malamente la bacchetta, nel tentativo di trasfigurare il suo famiglio in un calice. Quel giorno, anziché ripassare Storia in biblioteca, preferirono esercitarsi in Trasfigurazione nella più tranquilla Aula 21.
«
Sono un’incapace.» stava iniziando ormai a scoraggiarsi.
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Non sei incapace, semplicemente pensi troppo. Meglio se per oggi finiamo qua, ci riposiamo e riprendiamo domani» provò a consolarlo meglio che poté. Erano lì da un paio d’ore e la stanchezza, soprattutto mentale, si faceva sentire.
«
D’accordo, ci vediamo più tardi in Sala Grande.»
«
A dopo!» una volta congedati, ognuno recuperò le proprie cose ed occupò il tempo che restava prima della cena a modo suo.
Non aveva voglia di tornare in Sala Comune, troppo affollata a quell’ora e lei aveva bisogno di tranquillità. Le venne in mente un’alternativa decisamente più allettante:
il Bagno del Prefetti.
Uno dei privilegi di cui non aveva ancora usufruito. Era giusto al piano di sopra, quindi non doveva fare troppa strada per raggiungerlo. Senza indugiare oltre, imboccò le infide scale.
Raggiunto il Quinto Piano, si diresse verso la statua di Boris il Basito, il “guardiano” del famoso bagno. Contò quattro porte a partire dalla sinistra della statua, la quarta era la sua meta. Si ritrovò davanti una porta in legno imponente e massiccia che, stando a quanto le avevano riferito, non si sarebbe aperta con una semplice spinta, serviva una parola d’ordine. Cercò rapidamente di ricordarla, di certo non voleva far scattare chissà quale misura di sicurezza. Riportata alla memoria, prima di pronunciarla si guardò attorno per assicurarsi dell’assenza di orecchie indiscrete.
«
Frescopino!»
Con un sonoro clangore, la porta si spalancò liberando il passaggio. La stanza che le si palesò davanti era enorme, la più grande e spaziosa che aveva visto fino a quel momento. Completamente realizzata in marmo bianco, era fiocamente illuminata dai candelabri posti lungo le pareti.
La luce esterna in parte filtrava timidamente attraverso le tende in candido lino, che incorniciavano dolcemente le finestre. La vasca al centro, che per le dimensioni sembrava più una piscina, aveva ai lati vari rubinetti dorati, scintillanti e corredati di pietre colorate. Il bagno era deserto, quindi decise di approfittarne. Con passi decisi si avvicinò e iniziò ad armeggiare per aprirli.
Mentre aspettava che la vasca si riempisse, cercò un asciugamano. Ne identificò alcuni non troppo lontano, impilati in un angolo. Ne prese uno grande, morbido come una nuvola, poggiandolo ancora perfettamente ripiegato sul bordo della vasca ormai quasi piena. Si spogliò della divisa, lasciandola in un mucchietto sul pavimento. Mantenne solo la leggera canottiera e la biancheria come fosse un costume. Con i piedi nudi verificò la temperatura dell’acqua. Era calda, piacevole. Soddisfatta s’immerse. L’aroma pungente del bagnoschiuma aleggiava nell’aria, assieme ad una nube di etereo vapore mista ad una nebbiolina di colore violetto. I raggi del sole giocavano con le bolle di sapone che in breve la circondarono, rendendole simili a cristalli e regalandole qualcosa di unico. Come quando era piccola iniziò a scoppiarle, creando uno sorta di melodia composta da blip, blop e blup, accompagnata da piccoli schizzi. Si mise a ridere di gusto e la Sirena stranamente silenziosa di fronte a lei, stilizzata nell’unico dipinto che decorava l'ambiente, sembrava fare altrettanto mentre intrecciava placidamente i lunghi capelli biondi. Magari, se solo ne fosse stata in grado, avrebbe cantato su quelle note improvvisate. Che spettacolo assurdo avrebbero messo in scena.
Quello era ciò che le serviva per distendere i nervi, lentamente si rilassò. Il tran, tran quotidiano che l’assorbiva totalmente le stava scivolando addosso, diventando un ricordo distante. Lo scorrere costante dell’acqua dai rubinetti la cullava. Seguendo quel ritmo ipnotico come una ninna nanna, chiuse gli occhi, respirò a fondo e, senza pensarci troppo, scivolò giù. Non esisteva sensazione più bella. Si sentì isolata dal mondo, letteralmente in una bolla tutta sua, come quelle che danzavano sulla superficie. Allargò le braccia per tenersi in equilibrio, i capelli le fluttuavano attorno al volto. Così, beata, rimase in apnea assaporando ogni istante di solitudine che il liquido le concedeva.