22 anni | infermiera | words of magic
Lo sguardo interrogativo di Jolene si focalizzò su Casey, uno dei prefetti di Grifondoro. Se da un lato le parole della ragazza spiegarono la confusione che si era creata, dall'altro aprivano la strada ad ancora più domande: un quadro era sparito, a quel che pareva e, in un certo senso, proprio da sotto il naso dell'infermiera. Jolene setacciò la memoria degli ultimi giorni, ma nessuno le aveva mai accennato un imminente spostamento dei dipinti.
«Che quadro?» domandò, avanzando ancora di pochi passi fino a quando non si ritagliò uno spazio proprio di fronte alla parete. Gli studenti si fecero da parte, fissando su di lei occhi carichi di curiosità: si aspettavano che lei avesse delle risposte.
Il viso della donna, però, palesò solamente sconcerto di fronte al rettangolo di intonaco spoglio, che notava allora per la prima volta. Era passata di fronte a quel preciso punto così tante volte da conoscere bene i personaggi raffigurati dalle tele, e non fu di certo sorpresa di vederli bisticciare: Diana, il cui gatto faceva le fusa all'indirizzo di un Rodrigo che non avrebbe potuto essere più terrorizzato nemmeno di fronte ad un Ungaro Spinato; Bernadette, come al solito, sembrava più interessata al sartiame della propria nave che ai drammi da condomini degli altri due; e poi, il grande assente...
«...Eustachio!»Jolene sbatté le palpebre. La voce stentorea di Bernadette riusciva a farsi udire anche quando la donna borbottava tra sé e sé, come in quel momento.
«Era una lagna e non gli andava mai bene niente, ma non si sarebbe mai spostato di sua spontanea volontà. Figurati se avrebbe mai rischiato di cadere dalla padella alla brace, con dei vicini ancora più rumorosi!»«Perdonami?» Diana suonava indignata.
«Non sono io che strillo ogni volta che Bessy cerca di avvicinarsi. Non è vero, Rodrigo?»«Non strillerei se questa bestiaccia non mi minacciasse... Guardala! Guardala, si sta affilando gli artigli!» Rodrigo puntò un dito tremante contro alla gatta, che non sembrava intenzionata ad abbandonare la sua tela: incurante, continuò ad affondare le zampe in una poltrona, prima di acciambellarvisi sopra.
A Jolene non interessava assistere a quell'ennesima scenetta; la scomparsa di Eustachio, invece, era tutta un'altra storia. Le braccia incrociate al petto, la donna cercava di ricordare quando gli avesse parlato l'ultima volta. Non dovette scavare tanto a lungo nella memoria: la sera addietro, mentre tornava ai propri alloggi dopo una passeggiata nel giardino, aveva scambiato un paio di battute con il Corvonero. Normalmente, lo si trovava mollemente sdraiato sulla sua ottomana di velluto blu, con il naso adunco al cielo e un'aria tragica, come un vecchio Amleto alle prese con i grandi problemi dell'esistenza. Quella sera, invece, la sua lunga veste da mago si perdeva nella penombra della biblioteca in cui era ritratto, dove egli sembrava intento a cercare qualcosa mentre borbottava tra sé e sé. Jolene, che ben conosceva le abitudini del mago, si era stupita di quell'insolita attività.
Jolene sapeva che cosa avrebbe dovuto fare in quel momento: congedare gli studenti, assicurarsi che andassero tutti a lezione ed in seguito interpellare Gazza, o qualche altro membro del personale, sulla curiosa faccenda. Tuttavia, l'opzione più ragionevole non era altrettanto allettante. Strappata al mistero che permeava la sua lettura, Jolene era incline a rivedere la medesima atmosfera al di fuori delle pagine stampate. Qualcosa non tornava, in quella faccenda: dubitava che lo spostamento di Eustachio fosse stato previsto, dal momento che in quel caso gli altri tre ne sarebbero stati informati – per di più, simili operazioni non si facevano nel cuore della notte, come sembrava essere il caso presente.
«Ieri sera...» cominciò a dire, ancora sovrappensiero. Nello scorrere i tanti volti che la circondavano, fu naturale soffermarsi ancora una volta su Casey, l'unica che l'avesse interpellata direttamente.
«...ieri sera mentre passavo di qui l'ho visto stranamente agitato. Andava di qua e di là per il quadro, come se non riuscisse a stare fermo. In due anni che passo di qui ogni giorno, credo di non averlo mai visto così attivo.» L'aveva trovato curioso, ma non così tanto da pensare che vi fosse motivo di soffermarvisi a lungo. Per di più, Eustachio aveva liquidato le sue domande con un gesto impaziente della mano, chiarendo subito che non si sarebbe messo a chiacchierare con lei. Jolene si era stretta nelle spalle ed era entrata in Infermeria. D'altronde, la fama di Eustachio era quella di essere un mago lunatico, a tratti scontroso, incline ad infinite elucubrazioni sulla mancanza di senso dell'esistenza: chi lo conosceva non si stupiva della sua eccentricità.
Questa volta, Jolene si rivolse direttamente ai tre quadri:
«Non ha voluto dirmi niente, avete visto anche voi che nemmeno ha risposto al mio saluto. Non è che voi invece ne sapete qualcosa di più?»«Ti sbagli di grosso, se credi che si confidasse con noi» dichiarò Bernadette.
«Il vecchio corvo si teneva i suoi segreti ben stretti.» soggiunse Diana.
«Ne sappiamo tanto quanto voi. Però...»«Però?»«Oh, ecco, è una sciocchezza, ma questa notte mi è sembrato di udire dei passi qui, in corridoio. Mi stavo addormentando, non ricordo con precisione... E poi, sì, insomma, non è poi così raro che passino di qui anche a quell'ora, per le ronde.»Gli occhi di Jolene si illuminarono: quella aveva tutta l'aria di essere una pista. Gli studenti sembravano pensarla allo stesso modo: le chiacchiere esplosero, qualcuno stava già alzando la voce per far prevalere le proprie congetture.
«Basta così!» esclamò Jolene, cercando di zittirli.
«Andate subito a lezione, siete già in ritardo.» Qualcuno protestò, ma presto i più cominciarono ad allontanarsi, sebbene con ritrosia. Jolene voleva avere calma e silenzio; le interessava che rimanesse una sola persona tra i presenti.
«Casey?» Chiamò il Prefetto Grifondoro, facendole cenno di aspettare ancora.
«Sai qualcosa delle ronde di ieri sera?»