| Elizabeth uscì dalla Testa di Porco, per una volta senza barcollare: del resto aveva solamente cenato. Avrebbe potuto approfittare del camino e tornarsene direttamente a Londra, ma era ancora presto e non aveva alcuna voglia di tornare a casa, a prendere a pugni il sacco finché non le fosse venuto sonno. S'incamminò in una direzione a caso, a passo svelto: nonostante la magia del suo mantello, faceva maledettamente freddo. Aveva riscaldato gli stivali con un Calidus, prima di uscire dal locale, ma a contatto con il pur sottile strato di neve i benefici della cosa stavano rapidamente svanendo. Ben presto si lasciò alle spalle le finestre illuminate, insieme alle voci e all'acciotolìo di stoviglie, per ritrovarsi nel silenzio della periferia. In tutto quel silenzio, non ci volle molto perché lo sentisse. La strega si fermò all'istante e rimase così, immobile in mezzo alla strada, in ascolto. Eccolo di nuovo: una specie di ticchettio, prima regolare e poi confuso. Tic, pausa, tic, pausa, tic, pausa più lunga, tic-tic-toc, puff, silenzio. E poi di nuovo, ma da una direzione diversa: tic, pausa, tic, toc-tic-stock, puff, silenzio. Elizabeth cercò di seguire il rumore, finendo solo per ricalpestare le proprie stesse orme più e più volte. Imprecò, anche, più e più volte. Stava per mandare definitivamente a farsi bollire passeggiata e strani rumori, quando un fruscio inaspettatamente vicino la convinse ad un ultimo tentativo. Rapidamente si girò e accovacciò insieme e aguzzò la vista, scrutando tra le foglie della siepe che separava un cortile dalla strada. Tic. Finalmente. Tic. Il grosso uccello, con la zampa destra incastrata in una boccetta panciuta quasi quanto lui, mosse un ultimo passo – tic – e si fermò. Guardò in giù, presumibilmente senza riuscire a vedere il vetro, quindi scrollò stizzosamente la zampa facendo sbattere la boccetta in terra: stock-toc-tomp. Infine svanì in un puff, per ricomparire sulla strada, qualche metro più avanti. Mentre la scena si ripeteva, Elizabeth cominciò ad avvicinarsi, aiutandosi con le mani per restare accovacciata e non risultare minacciosa, attenta a non produrre il minimo rumore. Era ormai vicinissima, quando la creatura scomparve di nuovo. «Per il sedere peloso di Merlino» commentò la strega alzandosi in piedi, e maledicendosi per non essere tornata dritta a casa quando ne aveva avuto la possibilità. L'ormai familiare rumore la guidò fino a un vicolo un poco più indietro, appena in tempo per vedere l'uccello svanire e riapparire in fondo alla stradina, per poi svoltare l'angolo ticchettando con convinzione. Beh, se non altro pareva aver stabilito una direzione precisa. Elizabeth partì di corsa, veloce ma silenziosa, fermandosi proprio dietro l'angolo. «Eccoti... Ora stai fermo lì, da bravo, fatti aiutare» sussurrò. Superò in uno scatto i pochi metri rimasti e si gettò sulla creatura, decisa ad acchiapparla. Puff. «Dannato pennuto!» L'imprecazione fu seguita da un calcio a un mucchietto di neve, mentre Elizabeth, alzatasi, realizzava che il dannato pennuto in questione si era allontanato più delle volte precedenti e non era più in vista. Scrollò via un po' di neve rimasta appiccicata ai pantaloni e si girò, decisa a tornarsene a casa con il primo caminetto disponibile. Un deciso grugare*, però, richiamò nuovamente la sua attenzione. Con un sospiro sollevò lo sguardo, voltando un po' la testa verso destra: l'uccello era lì, bello tranquillo sul vialetto che portava all'ingresso sul retro della Stamberga Strillante, con l'aria di aspettare proprio lei. «Se ti stai prendendo gioco di me giuro che ti faccio alla brace» borbottò la strega incamminandosi su per la collinetta. Non l'aveva nemmeno raggiunto, quando l'animale pensò bene di spostarsi con un altro puff su un davanzale al primo piano della casa fatiscente, per poi entrare con un saltello dalla finestra rotta. «Ci faccio un engorgio, a quella boccetta.» grugnì Elizabeth, prima di smaterializzarsi a sua volta con un pop. Ricomparve senza problemi sul pianerottolo a cui quella finestra dava accesso: da adolescente aveva trascorso molto tempo nella Stamberga, luogo ideale per la banda di sconsiderati teppisti che erano all'epoca, e naturalmente l'edificio non era cambiato granché. Si ritrovò proprio accanto al buffo animale, che per la sorpresa di trovarsela accanto così dal nulla non fece in tempo a svanire prima che la strega lo acciuffasse. Infilatoselo sotto il braccio, Elizabeth estrasse lesta la bacchetta e la puntò contro la boccetta muovendo circolarmente il polso: «Evanesco». Quindi lasciò andare l'uccello ormai libero, che grugò offeso, si scrollò, si sistemò col becco il piumaggio arruffato e sparì in un ultimo puff. «Non c'è di che, razza di piccione ingrato.» Raggiunse le scale per andarsene finalmente per la sua strada, ma un mormorare sommesso la fermò: c'era qualcuno. Tornò sui propri passi, imboccando silenziosamente il corridoio, e si avvicinò all'unica porta dietro cui si intuiva un tenue chiarore. Impugnò di nuovo la bacchetta, per ogni evenienza, spinse il battente con una leggera pressione delle dita della mano libera ed entrò cauta nella stanza. *Il diricawl è il dodo, il dodo era un columbiforme (basicamente un piccione) troppo cresciuto, i piccioni tubano o grugano, ergo il diricawl gruga anche lui, I guess. Prova Words of Magic: Soul 5. Il tuo PG si imbatte in un animale magico fino a XX in cattive condizioni di salute (ferito, malattia) o in difficoltà. Cosa fa?
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