Weird cigarettes, weird closeness, Per Lucien

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view post Posted on 5/9/2021, 21:04
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Elizabeth uscì dalla Testa di Porco, per una volta senza barcollare: del resto aveva solamente cenato. Avrebbe potuto approfittare del camino e tornarsene direttamente a Londra, ma era ancora presto e non aveva alcuna voglia di tornare a casa, a prendere a pugni il sacco finché non le fosse venuto sonno. S'incamminò in una direzione a caso, a passo svelto: nonostante la magia del suo mantello, faceva maledettamente freddo. Aveva riscaldato gli stivali con un Calidus, prima di uscire dal locale, ma a contatto con il pur sottile strato di neve i benefici della cosa stavano rapidamente svanendo. Ben presto si lasciò alle spalle le finestre illuminate, insieme alle voci e all'acciotolìo di stoviglie, per ritrovarsi nel silenzio della periferia. In tutto quel silenzio, non ci volle molto perché lo sentisse. La strega si fermò all'istante e rimase così, immobile in mezzo alla strada, in ascolto. Eccolo di nuovo: una specie di ticchettio, prima regolare e poi confuso. Tic, pausa, tic, pausa, tic, pausa più lunga, tic-tic-toc, puff, silenzio. E poi di nuovo, ma da una direzione diversa: tic, pausa, tic, toc-tic-stock, puff, silenzio. Elizabeth cercò di seguire il rumore, finendo solo per ricalpestare le proprie stesse orme più e più volte. Imprecò, anche, più e più volte. Stava per mandare definitivamente a farsi bollire passeggiata e strani rumori, quando un fruscio inaspettatamente vicino la convinse ad un ultimo tentativo.

DiricawlRapidamente si girò e accovacciò insieme e aguzzò la vista, scrutando tra le foglie della siepe che separava un cortile dalla strada. Tic. Finalmente. Tic. Il grosso uccello, con la zampa destra incastrata in una boccetta panciuta quasi quanto lui, mosse un ultimo passo – tic – e si fermò. Guardò in giù, presumibilmente senza riuscire a vedere il vetro, quindi scrollò stizzosamente la zampa facendo sbattere la boccetta in terra: stock-toc-tomp. Infine svanì in un puff, per ricomparire sulla strada, qualche metro più avanti. Mentre la scena si ripeteva, Elizabeth cominciò ad avvicinarsi, aiutandosi con le mani per restare accovacciata e non risultare minacciosa, attenta a non produrre il minimo rumore. Era ormai vicinissima, quando la creatura scomparve di nuovo. «Per il sedere peloso di Merlino» commentò la strega alzandosi in piedi, e maledicendosi per non essere tornata dritta a casa quando ne aveva avuto la possibilità. L'ormai familiare rumore la guidò fino a un vicolo un poco più indietro, appena in tempo per vedere l'uccello svanire e riapparire in fondo alla stradina, per poi svoltare l'angolo ticchettando con convinzione. Beh, se non altro pareva aver stabilito una direzione precisa. Elizabeth partì di corsa, veloce ma silenziosa, fermandosi proprio dietro l'angolo. «Eccoti... Ora stai fermo lì, da bravo, fatti aiutare» sussurrò. Superò in uno scatto i pochi metri rimasti e si gettò sulla creatura, decisa ad acchiapparla.
Puff.
«Dannato pennuto!» L'imprecazione fu seguita da un calcio a un mucchietto di neve, mentre Elizabeth, alzatasi, realizzava che il dannato pennuto in questione si era allontanato più delle volte precedenti e non era più in vista. Scrollò via un po' di neve rimasta appiccicata ai pantaloni e si girò, decisa a tornarsene a casa con il primo caminetto disponibile. Un deciso grugare*, però, richiamò nuovamente la sua attenzione.

Shrieking ShackCon un sospiro sollevò lo sguardo, voltando un po' la testa verso destra: l'uccello era lì, bello tranquillo sul vialetto che portava all'ingresso sul retro della Stamberga Strillante, con l'aria di aspettare proprio lei. «Se ti stai prendendo gioco di me giuro che ti faccio alla brace» borbottò la strega incamminandosi su per la collinetta.
Non l'aveva nemmeno raggiunto, quando l'animale pensò bene di spostarsi con un altro puff su un davanzale al primo piano della casa fatiscente, per poi entrare con un saltello dalla finestra rotta. «Ci faccio un engorgio, a quella boccetta.» grugnì Elizabeth, prima di smaterializzarsi a sua volta con un pop. Ricomparve senza problemi sul pianerottolo a cui quella finestra dava accesso: da adolescente aveva trascorso molto tempo nella Stamberga, luogo ideale per la banda di sconsiderati teppisti che erano all'epoca, e naturalmente l'edificio non era cambiato granché. Si ritrovò proprio accanto al buffo animale, che per la sorpresa di trovarsela accanto così dal nulla non fece in tempo a svanire prima che la strega lo acciuffasse. Infilatoselo sotto il braccio, Elizabeth estrasse lesta la bacchetta e la puntò contro la boccetta muovendo circolarmente il polso: «Evanesco». Quindi lasciò andare l'uccello ormai libero, che grugò offeso, si scrollò, si sistemò col becco il piumaggio arruffato e sparì in un ultimo puff. «Non c'è di che, razza di piccione ingrato.»
Raggiunse le scale per andarsene finalmente per la sua strada, ma un mormorare sommesso la fermò: c'era qualcuno. Tornò sui propri passi, imboccando silenziosamente il corridoio, e si avvicinò all'unica porta dietro cui si intuiva un tenue chiarore. Impugnò di nuovo la bacchetta, per ogni evenienza, spinse il battente con una leggera pressione delle dita della mano libera ed entrò cauta nella stanza.



*Il diricawl è il dodo, il dodo era un columbiforme (basicamente un piccione) troppo cresciuto, i piccioni tubano o grugano, ergo il diricawl gruga anche lui, I guess.

Prova Words of Magic: Soul 5.
Il tuo PG si imbatte in un animale magico fino a XX in cattive condizioni di salute (ferito, malattia) o in difficoltà. Cosa fa?
 
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view post Posted on 12/9/2021, 21:04
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lr0WhrAP7vQES7Un velo di nebbia ammantava il panorama desolato che accoglieva lo sguardo di chi, come Lucien, aveva appena abbandonato la Foresta Proibita diretto ad Hogsmeade. La scarsa visibilità celava allo sguardo gli ultimi raggi del sole morente, che appesantito dalle ore intercorse procedeva ad inabissarsi per lasciar posto alle tenebre. A quel cambio di colori si aggiunse una pennellata di bianco offerta da piccoli fiocchi candidi che presero a vorticare dal cielo.
Da quel punto periferico, Lucien avrebbe dovuto scorgere in lontananza il profilo del ridente villaggio magico, ma la nebbia gli concedeva a stento di capire la direzione che stava prendendo il proprio cammino.
Leviosa, il Diricawl che aveva acquistato al Serraglio mesi prima, aveva manifestato il desiderio di accompagnarlo in un cammino che si era protratto più del previsto, e nonostante la notevole distanza percorsa (specie per le sue piccole zampette) riusciva ancora a superare l'andamento del padrone.
Ad un certo punto, con un suono caratteristico tipo "puff", scomparve alla vista di Lucien. Abituato al tratto più peculiare del pennuto, non se ne curò troppo e proseguì finché alla propria destra non comparve una sequela di querce dalle peculiari foglie alterne, talvolta lobate, talvolta dentate.
Se non avesse percorso quel tratto di strada diverse volte, al mago sarebbe sembrato che quei tronchi rivestiti di fogliame ramato fossero spuntati dal nulla, come il sentiero che stava percorrendo e che si rivelava pian piano sotto la nebbia. Con una sfumatura di sorpresa sul volto, bloccò la propria avanzata a causa di un ramo che gli era frusciato sul volto, impedendogli parzialmente la visuale. Non avrebbe mai potuto attribuire intenzionalità a quel gesto, come se si trattasse di una sorta di scherzo volto ad accaparrarsi il suo interesse.
Fu però ciò che avvenne e, nell'osservarli con maggiore attenzione, Lucien notò qualcosa che con la coda dell'occhio non era riuscito a cogliere. Ritenne fosse plausibile relegare l'effetto ottico alla nebbia, eppure per un attimo gli sembrò che quei tronchi fossero privi di consistenza, come il corpo di uno spirito. Uno scherzo visivo dato dai colori e dalla nebbia? Eppure, di punto in bianco, il mago si rese conto che due di quegli alberi stavano rapidamente svanendo davanti ai suoi occhi.
Che magia era mai quella?
Era la prima volta che diveniva spettatore di un evento del genere ed impiegò un po' a riesumare dai propri ricordi una lezione di Erbologia del sesto anno che trattava i cosiddetti alberi spettrali.
Sebbene all'epoca ne fosse rimasto affascinato, la mole di interessi adolescenziali di maggior interesse lo aveva indotto a preferire altri passatempi e non approfondire l'argomento. Si ripromise di farlo con maggior serietà quando avesse avuto tempo, mentre cercava con lo sguardo dove potessero riapparire i due esemplari. Cos'avrebbe dato per scoprire cosa li d'asse propendere per riapparire in un posto anziché un altro? Quante ore avrebbe speso nella loro ricerca, spendendosi in un gioco mai provato prima? Ma aveva altri piani quella notte e, soprattutto, prima o poi avrebbe dovuto cercare di ricongiungersi alla sua creatura.
Attese, poi riprese il cammino, ma di loro nessuna traccia.
Chissà dove sarebbero riapparsi... sicuramente in un altro luogo apparentemente deserto dove la loro presenza risultava inaspettata. Con un sorriso a fior di labbra immaginò di vederli riapparire quando meno se lo fosse aspettato, auspicando che ciò avvenisse in un moto di curiosità malcelata. O magari non li avrebbe più rivisto ed avrebbero colto di sorpresa altri passeggeri regalandogli una manifestazione di magia davvero singolare.
A proposito di ricomparire ... dove si era cacciata Leviosa? L'aveva informata dell'intenzione di recarsi alla Stamberga Strillante, ragion per cui sperava che lo avrebbe raggiunto lì, ma se così non fosse stato avrebbe dovuto andare a cercarla ad Hogsmeade e dintorni ... una prospettiva che gli fece riempiangere di non aver acquistato un Guinzaglio Infinity al Serraglio o aver portato con sé il trasportino magico regalatogli da Camille.

Lo spettro della Stamberga si stagliava solenne su una piccola collinetta, ponendosi come osservatore silenzioso di tutto ciò che accadeva nel villaggio di Hogsmeade. Spolverata di candida neve, attendeva che la piccola tormenta si acquietasse per tornare a porgere il suo occhio solenne su ogni cosa dotata di movimento. Un nuovo moto, repentino e sfuggevole, squarciò l'oscurità immobile assumendo la forma di un mago appena materializzato di fronte dalla porta d'ingresso.
Gli anfibi affondarono nella soffice coltre lattiginosa e lì vi rimasero per alcuni secondi mentre Lucien posava lo sguardo circospetto sullo scheletro vittoriano.
Picchiettò i guanti in pelle di drago su cui si era già posato qualche fiocco per ripulirli e con un rapido gesto della mancina aprì la porta cigolante. Ad inondare il suo campo visivo non fu solo una tenue oscurità, ma anche un movimento fin troppo ravvicinato di un pipistrello che planava nella sua direzione. Se fosse stato immerso in torbidi pensieri, molto probabilmente gli sarebbe risultato impossibile schivare la sua virata, ma tendeva per natura ad avere i nervi sempre tesi e guizzanti. Con un gesto repentino curvò il busto di trenta gradi, accompagnato dal fruscio del mantello che sfiorò appena l'animale in movimento il quale trafisse l'aria e scomparve nella neve oltre una finestra cigolante.
Acquattato nell'oscurità, lo sfinimento ed il dolore si fusero a poco a poco in un'inebriante sensazione di nostalgia e le sue labbra disegnarono un abbozzo di sorriso. Le dita lunghe e magre del guanto accarezzarono la punta insanguinata di un chiodo che spuntava da un'asse spezzata, ammorbandolo di ricordi che si facevano via via sempre più nitidi.
L'impenetrabile espressione che assumeva quando lo assalivano attacchi di malinconia si fece largo in lui man mano che immagini sbiadite gli occuparono il campo visivo: la Stamberga si era fatta promotrice del suo trascorso studentesco così come altri scenari.
Si portò il polpastrello ad altezza delle narici, inspirando un odore sepolto dal tempo.
Un tempo trovava quel luogo enorme; credeva fosse talmente ampio da poterlo inghiottire, una sorta di labirinto infinito che lo avrebbe tenuto lontano da scomode lezioni e occupazioni meno piacevoli di quelle con cui si trastullava lì.
Un rantolo si mescolò ai vari scricchiolii scomposti che animavano lo scheletro di vecchie travi deteriorate e segreti inconfessabili. Finalmente abbassò il cappuccio del mantello rivelando il volto stanco ed una vistosa bruciatura che si diramava sulla pelle lattea all'altezza della guancia sinistra. Mentre si liberava dei guanti, l'indice della mancina saettò incurante verso il punto menomato. Scrollò le spalle possenti e con quel gesto si liberò di altri sprazzi di neve.
Vi premette un pò della neve raccattata dal mantello, avvertendo istantaneamente una sensazione piacevole. L'adrenalina che gli scorreva nelle vene aveva mitigato il dolore fino a trasformarlo in un battito sordo e distante, gli occhi brillavano mentre occupava il palmo della mancina con la dodici pollici e prendeva posto in una stanza spoglia.
Le finestre erano talmente malmesse da permettere l'intrusione di spiragli di luce esterna, stanze polverose, carta da parati scollata dai muri, pavimento macchiato e mobili rotti e fatiscenti erano solo alcuni dei dettagli sinistri che la caratterizzavano.
Circoscrivendo il buco sul pavimento ed aiutandosi con qualche sporgenza, Lucien riuscì senza troppe fatiche a raggiungere una stanza e a lasciarsi crollare su un divano rattoppato. Fu investito da una serie di ricordi che provvide a scacciare tracannando ciò che restava della bottiglia di liquore afrodisiaco che aveva stappato con Jolene e Ariel durante un pic-nic a Hogsmeade. Preso un secondo generoso sorso, mosse il catalizzatore in due semicerchi consecutivi e puntandolo contro il pavimento impolverato, scandì in maniera decisa la formula Lacarnum Inflamare" facendo scaturire piccoli fuochi. Rimase tranquillo per svariati minuti, prima di avvertire dei rumori in avvicinamento. Con i nervi tesi e pronti a scattare, Lucien si rese conto di non essere più solo come aveva auspicato e puntò il catalizzatore verso la porta che si stava riaprendo.
«...Liz?»
Con le pupille sbarrate per lo stupore, osservò i tratti della vecchia amica leggermente mutati nel tempo: capelli più corti e qualche ruga ad infrangere l'incarnato spianato. Ne radiografò la silhouette fasciata da tessuti torbidi come l'ambiente che li accoglieva. La vecchia compagna di bravate e litigate ai tempi della scuola, riapparsa dopo così tanto tempo. E, dietro di lei, la buffa figura del Diricawl fece capolino a sua volta nella stanza grugando.
«Ecco dove ti eri cacciata.. stasera a nanna senza cena.»
Il volatile non sembrò toccato dalla ridicola e poco credibile minaccia, dunque zompettò fino a raggiungere uno dei fuochi “portatili”. Virando lo sguardo verso la strega, Lucien fece saettare le sopracciglia verso l'alto. «Quante leggi hai infranto in questi anni?»


Words of Magic: Soul
Racconta di come il tuo pg incappa negli alberi spettrali.
Apparentemente del tutto simili ai normali alberi, queste piante magiche hanno alcune caratteristiche tipiche degli spettri, come la tendenza a diventare intangibili o comparire a scomparire in qualsiasi luogo e senza preavviso.
Un esemplare particolarmente pericoloso è il Cipresso Funesto, che infesta soprattutto i cimiteri. Al suo interno vi è uno spirito maligno che può anche impossessarsi degli incauti (per liberare le vittime è necessario l'incanto Absolvianimus. Attenzione! Non può essere eseguito su se stessi).



Edited by Atonement. - 15/12/2021, 14:58
 
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view post Posted on 14/9/2021, 18:57
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Elizabeth

Tutto si sarebbe aspettata, aprendo quella porta, meno che trovarsi faccia a faccia con il proprio passato. Le ci volle una frazione di secondo per riconoscere quel volto, che sembrava non volerne sapere di mostrare gli anni passati, ma la sorpresa fu tale da ghiacciarla sulla soglia, la bacchetta ancora spianata davanti a sé, almeno finché la voce del mago non la riscosse. «Lucien» disse in un tono rarefatto, come se non fosse del tutto consapevole di quel che osservava. Riportò il braccio armato lungo il fianco, mentre un verso accanto ai suoi piedi annunciava l'ingresso dell'uccello appena soccorso. «Avrei potuto immaginarlo, suppongo, che il pennuto sfuggente c'entrasse con te.» Era così strano, vederlo stravaccato proprio su quel divano, lo stesso divano sfondato che durante la loro adolescenza era stato testimone di tante sbronze, di tanti piani malandrini, di tante chiacchierate notturne. Come un tuffo nel passato. «Meno di quante avrei voluto, più di quante avrei dovuto» rispose con un sorriso lieve, ancora troppo stranita per ridere. Ripose la bacchetta. I suoi piedi si mossero da soli, con naturalezza, per portarla vicino al vecchio amico, e nello stesso modo le sue ginocchia si piegarono e si ritrovò seduta sulle assi mangiate dalle tarme, con la schiena contro il muro su cui poggiava il bracciolo del divano. Solo quando stese le gambe in avanti, parallele al vetusto pezzo di arredamento, realizzò di aver occupato lo stesso posto che era stato suo dieci anni prima: aveva passato così tanto tempo su quell'angolo di pavimento che se si fossero potuti togliere uno ad uno gli strati di polvere, probabilmente a un certo punto si sarebbe trovata l'impronta delle sue chiappe ossute. Guardò Lucien, il cui volto era ora a meno di mezzo metro dal suo, e quasi ebbe l'impulso di chiedergli i compiti della settimana, come faceva sempre dopo aver saltato qualche lezione a cui invece lui, più studioso e più coscienzioso di Elizabeth nel non attirare troppo l'attenzione dei docenti, aveva diligentemente presenziato. Quasi tutte le volte Lucien sbuffava, la rimproverava per la sua scarsa cautela, lei impulsiva come sempre gli dava del lecchino, lui la accusava di stupidità. Finivano per litigare, un paio di volte si erano quasi messi le mani addosso. O meglio, Elizabeth faceva per mettergli le mani addosso, lui derideva il suo sangue caldo, lei si arrabbiava ancora di più e a quel punto, di solito, un paio degli amici più grandi smaterializzavano a forza lei da una parte, lui dall'altra, e li facevano tornare nella stessa stanza solo una volta sbolliti. Nessuno dei due aveva mai chiesto scusa: si guardavano circospetti, si passavano una bottiglia o una sigaretta, e più tardi tornavano insieme al castello come se nulla fosse successo. Il giorno dopo, accanto al suo piatto a colazione, trovava un foglietto con le consegne richieste scritte in bell'ordine. Un occhiolino scambiato da un capo all'altro della Sala Grande e si tornava complici, almeno fino alla prossima litigata. «E tu quante ne hai rispettate?» chiese, con un sorriso ora più sicuro, come a voler riportare in vita un vecchio gioco. «Cosa ci fai qui?» aggiunse poi. «Ti sapevo in Francia.»

 
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view post Posted on 19/9/2021, 13:56
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lr0WhrAP7vQES7«Poche, devo ammettere. Sai che sono allergico alle regole.» ammise arricciando il naso, che apparve ancor più grande di quanto già era. Un tempo tale peculiarità, se così la si voleva chiamare, non era importata a Lucien, troppo preso ad affrontare il proprio percorso di crescita facendo a cazzotti con ormoni e scomode imposizioni. L'inclinazione lo aveva accpagnato anche una volta affacciatosi nel mondo adulto dove però, specie in ottemperanza alla lunga lista delle norme che si vedeva costretto a seguire sul lavoro - e che non sempre rispettava, con le dovute accortezze. Le uniche che tassativamente non mancava di rispettare erano le proprie, quelle che aveva scelto e che spesso nascevano dalla sua personalità.
Osservatorvò la vecchia compagna di marachelle prendere posto dove, un tempo, erano nate le idee più stravagante e pericolose assieme agli altri amici di cui Lucien ormai non sapeva più nulla. E Liz, aveva notizie recenti, era ancora in contatto con qualcuno oppure aveva voltato pagina, terminata la lettura e riposto il libro del suo passato in un angolo buio e dimenticato?
«Da circa un anno mi sono trasferito qui e lavoro come guardiacaccia del castello. Buffo, non credi?» Scosse il capo lasciando che la zazzera frusciasse lungo le ciglia. Le loro bricconate non avevano risparmiato neppure il guardiacaccia di allora e Lucien suppose che Elizabeth collegasse tranquillamente la sua frase a quegli episodi.
Trasse da una tasca interna del mantello la canna che gli aveva regalato Eloise durante la festa a Villa Scott, inalandone l'aroma pungente e provvedendo ad accenderla grazie al fuoco. Al primo tiro i i neuroni dopaminergici segnalarono il piacere e la riluttanza a smettere; mosse le labbra per formare dei piccoli cerchi di fumo che la povera Leviosa scambiò per giocattoli e tentò di pinzare con il becco. Stizzita, mosse qualche passo attorno alle fiamme crepitanti e nuovamente scomparve alla vista.
I suoi ricordi di quindicenne erano incastonati da qualche parte nella sua memoria, pronti ad essere ripescati all'occorrenza. Tutto aveva avuto inizio grazie ai suoi spacci che gli erano valsi una certa nomea tra coetanei e concasati, oltre a non poca rabbia da parte degli insegnanti che desideravano beccarlo in flagrante. Ma il più delle volte era stato abbastanza astuto da sviare qualsiasi sospetto, altre aveva avuto fortuna. O sfortuna.
Il succo di Fagiolo Sopoforoso e quello giallastro di Levitisco erano stati la miccia per fabbricare il distillato sviante, una variante dell'Intruglio Confondente, capace di infiammare la mente e produrre stati di eccitazione maniacale. Creava una visione distorta della realtà a chi assumeva la pozione per via orale o ne sentiva l'odore e induciva visioni, opera dell'immaginazione, o provare la sensazione della classica confusione associata alla febbre. «E tu? Qual buon vento ti porta dove tutto è iniziato? Sei di passaggio o intendi restare?» La scia di domande si disperse nell'aria viziosa, contaminata dalla coltre di fumo sprigionata dalla sigaretta che Lucien allungò alla strega.

 
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view post Posted on 11/12/2021, 13:30
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Elizabeth

«Spero tu non abbia la sventura di avere a che fare con gente come noi» rispose infatti prontamente la strega.
Il vecchio guardiacaccia non era mai stato un vero e proprio bersaglio, ma capitava che si trovasse nel posto sbagliato al momento sbagliato quando Elizabeth, dapprima sola e in seguito con Lucien, sgusciava fuori dal castello per raggiungere Hogsmeade, o quando si spingevano tra gli alberi della Foresta Proibita in cerca di un ingrediente per qualche intruglio o di un animaletto particolarmente disgustoso per qualche scherzo. La volta che si era intrufolata con Dewie e Marcail in una serra - ancora non frequentavano il Corvonero - il poveretto si era preso due Confundus e un Conjuctivitis tutti insieme e aveva finito per passare due giorni in infermeria.
In effetti, la sua prima interazione con Lucien era stata poco dopo: grazie alle piante rubate e alle mani d'oro di Rigel le ferite di Shedir avevano iniziato a guarire, ma il dolore non la lasciava dormire. Elizabeth aveva sentito dire dai Corvonero con cui di tanto in tanto giocava a Quidditch che quel ragazzo studioso e riservato spacciava distillati di grande qualità, tra cui un potente calmante. In seguito, passata l'emergenza, l'aveva nuovamente cercato per scopi più ludici e nel giro di qualche mese Lucien era diventato un menbro aggiunto della banda.
La catena dei ricordi fu bruscamente interrotta dalla domanda del mago. Scandagliò con gli occhi sgranati quel viso rilassato, senza trovarvi la minima consapevolezza. Accarezzò l'idea di sviare il discorso, di rimandare il momento in cui avrebbe dovuto dargli la brutta notizia e riportare così a galla tutto il dolore che, dentro di lei, non si era mai davvero sopito. Ma sapeva che non sarebbe stato giusto.
«Non hai saputo, quindi» esordì, fissandosi le dita intente a giocherellare con l'elaborato anello d'argento che portava al medio della mano sinistra. Inspirò, deglutì, si morse il labbro e espirò lentamente. «Mi ero stabilita a Belfast, ma qualche anno fa-», si interruppe e trafficò nelle tasche finché non trovo le sigarette. Ne prese una, la portò alla bocca e dopo averla accesa con un colpo di bacchetta fece tre rapidi tiri, uno dopo l'altro, prima di rirendere a parlare fumando con più calma. «Dewayne è morto» comunicò atona. «Jules era incinta di sua figlia. Sono venuta per il funerale e sono rimasta per lei.»
Un ultimo tiro della sigaretta ormai esaurita, la spense sul pavimento mentre esalava con un sospiro una nuvoletta di vapore grigio. «Vivo a Londra da due anni ormai, lavoro lì, ma nei giorni liberi sono spesso qui al villaggio.»
Accettò grata la canna dalle mani di Lucien e solo allora ne incrociò di nuovo lo sguardo, lasciando che calasse un silenzio più denso del fumo che ormai li avvolgeva.

 
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view post Posted on 15/12/2021, 14:50
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lr0WhrAP7vQES7 Un ghigno gli sporcò i tratti, quando udì le parole di Elizabeth. Aveva apprezzato i suoi modi schietti e rugginosi sin dal loro primo incontro. «Naaa finora sono stato fortunato. Non è facile eguagliare ciò che siamo stati.» Non mentiva, operare in sordina era più difficile che uscirsene con bravate plateali e ne era sempre andato fiero. Lui, Liz, Dewayne, Julia, Marcail, Hermes, Shedir e Rigel, i gemelli: un gruppo di adolescenti propensi a prendere le decisioni sbagliate infischiandosene delle conseguenze. Fosse stato da solo a compierle, Lucien avrebbe cercato con astuzia escamotage per evitare di farsi beccare in flagrante, ma con loro le cose avevano preso una piega del tutto ingestibile. Lui e Liz litigavano tre volte si è una a causa delle differenze caratteriali e nel rapportarsi con l'autorità, lei dandogli del lecchino e lui della suicida; di fatto nessuno dei due era nel giusto a dipingere l'altro con quegli epiteti, almeno non del tutto, giacché erano sottili i ricami che mostravano le loro azioni in un modo quando poi non era così. Eppure insieme divenivano micce pericolose per sé stessi e per chi gli stava accanto e poco gli importava. Una volta si erano fatti sgamare uscendo dal castello di notte per andare alla Testa di Porco per incontrare gli altri del giro e farsi una bevuta. Il professore che li aveva beccati li aveva trovati fatti persi, con una prepotente ridarola a sconquassargli i corpi acerbi. Poco importavano le conseguenze, importava solo vivere come gli istinti gli suggerivano.
Di punto in bianco il silenzio calato come una spessa coperta fu interrotto; la strega sgranò le iridi volta di sorpresa. Proferì qualche parola che irrigidì il mago che rimase in silenzio, in attesa che lo mettesse al corrente di ciò che gli era ignoto. Fece cozzare i canini gli uni sugli altri in un lieve moto di angoscia derivato dalla reazione di lei, tutt'altro che serena. «Ho cercato di rintracciarti...» quanto, qualche mese? Poi aveva gettato la spugna, si era arreso, succube della catena di eventi che aveva tenuto le redini della sua vita dopo l'allontanamento di Elizabeth. Lei, che era stata l'anello di congiunzione con la compagnia, non risiedeva più a Hogwarts e lui pian piano aveva smesso di frequentare gli altri, perdendoli progressivamente di vista fino a non avere più loro notizie una volta conclusi gli studi a Hogwarts e trasferitosi in Francia.
Poi sopraggiunse la notizia, come un bolide scagliato alla velocità di una Firebolt nello stomaco, in grado di creare un cratere. Le labbra spaccate si dischiusero e le iridi cobalto si spalancarono a sua volta. Non vedeva nessuno di loro da molti anni e l'affezione nutrita era legata ad un passato ormai lontano, ma questo non gli evitò di stare male come un cane per la notizia. Imprecò a denti stretti e Leviosa lo degnò di uno sguardo curioso che virò presto verso le fiammelle.
«Mi spiace...io..non so cosa dire..» ammise infine con un filo di voce, gli occhi bassi, le mani sudate intrecciate come radici. «Come...?» scusse il capo; saperlo non avrebbe riportato Dewayne nel mondo dei vivi. Si prese del tempo per cercare di metabolizzare la notizia, irrigidendosi ancor di più, mentre una sequela di ricordi gli bombardavano il cranio.
«La aiuti con la bambina e le faccende oppure vivi con proprio con loro? Mi piacerebbe fare a Jules le mie condoglianze di persona, se fosse possibile. Capito spesso a Londra, ho un'amica che vive lì. È..successo da molto? Posso fare qualcosa?» Improvvisamente voleva riapparire nella vita di una strega che non vedeva da un botto di anni e che magari a stento avrebbe riconosciuto? Con che diritto poteva pensare che la sua presenza, ora, potesse importare a lei e alla figlia? La loro era stata una compagnia come tante, di quelle che costellano il periodo turbolento dell'adolescenza e che come nascono si allegano per i più disparati motivi, lasciando giusto ricordi di esperienze di vita condivise.

 
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view post Posted on 21/12/2021, 00:27
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Elizabeth

Si sforzò di piegare le labbra in un sorriso di circostanza: «Ti ringrazio, ma no. Sono passati più di due anni, suppongo si possa dire che il peggio è passato».
Non ci credeva granché nemmeno lei, chiaramente, ma era vero che il guardiacaccia non poteva fare nulla per cambiare le cose: cambiare il fatto che il dolore era ancora fresco come il primo giorno, che Jules metteva ogni sera qualche goccia di Amortentia sul cuscino perché ancora non si era abituata a dormire senza l'odore di Dewie, che Ripley non avrebbe mai conosciuto suo padre. Elizabeth, comunque, non disse nulla di tutto ciò e decise invece di rispondere a quella prima domanda rimasta tronca: sentiva di doverlo a Lucien, che dopotutto aveva tutte le ragioni di essere sconvolto da una notizia tanto terribile data così a bruciapelo.
Lei stessa aveva riflettuto a lungo su quella domanda, senza poterne parlare con nessuno: Jules non aveva certo bisogno di aggiungere il sospetto al dolore e gli altri non si fermavano mai in Gran Bretagna abbastanza a lungo da poter inquinare il tempo passato assieme con discorsi così tetri. Ricordava vagamente di aver accennato, da ubriaca, qualcosa ad Astaroth, che però, estranea alle persone e agli eventi, aveva solo potuto ascoltare le sue confidenze senza davvero parteciparvi. «È stato-» esitò, si passò una mano sulla bocca: un gesto inconscio a denunciare un tormento che mai avrebbe dichiarato a parole. «Un incidente, così hanno detto». Sapeva che non era il caso di proseguire oltre, che già aveva detto troppo, ma i primi effetti dello spinello che ancora reggeva tra le dita le scioglievano la lingua: Lucien aveva ancora l'erba migliore, evidentemente. «Non ci ho mai creduto fino in fondo, sai, e ultimamente...»
Una pausa e un lungo tiro prima di proseguire: «Ultimamente ho avuto conferma di quello che prima era solo un dubbio, ho avuto conferma che qualcosa non quadra.»
La parte ancora sana e razionale dentro di lei ebbe finalmente la meglio e: «Oh, è solo la mia mente che lavora in modo strano, mi conosci» concluse con una breve risata forzata e un vago gesto della mano libera che voleva disperdere tanto il discorso appena fatto quanto il fumo denso della canna.
Si morse il labbro inferiore e scosse la testa, come a darsi della sciocca, prima di passare oltre: «Jules e Ripley - sua figlia - vivono qui a Hogsmeade. Penso tornerò da loro stasera, ho le chiavi naturalmente. Se vuoi passare già domani, o la prossima volta che sei libero... Le farebbe piacere, ne sono certa. È stata molto assorbita dalla bambina e, beh, dal dolore, per un po', ma sta ricominciando a uscire finalmente.»
Sempre sulla difensiva e pronta a schiantare qualsiasi uomo osasse avvicinarla, certo, ma non le si poteva dare torto: era semplicemente impensabile che qualcuno o qualcosa potesse reggere il confronto con la relazione che aveva avuto con Dewie.
«E naturalmente io sarò felice di offrirti una birra una volta o l'altra che passi per Londra.» aggiunse ripassando al mago la sigaretta.
«Mi spiace non aver provato a contattarti, per il funerale e tutto. Non ci sentivamo più da così tanto che non ci ho proprio pensato.»
Dopo Azkaban Elizabeth era tornata ad Hogwarts solo una volta, in un pomeriggio assolato, per recuperare le proprie cose. Si era imbattuta in Lucien e l'aveva salutato, per sempre per quanto la riguardava: aveva già deciso di tagliare i ponti, per paura che eventuali comunicazioni tra loro potessero essere intercettate e costare l'espulsione anche a lui. Inoltre, meno altruisticamente, non voleva più sentir parlare della scuola, travolta com'era da un misto di astio e rimpianto. Quando in seguito aveva saputo che Lucien aveva brillantemente conseguito i propri MAGO, comunque, si era congratulata con se stessa per l'insolita prudenza e ora che lo ritrovava guardiacaccia di quella stessa scuola aveva ulteriore conferma di aver tutto sommato agito per il meglio.

 
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view post Posted on 24/12/2021, 21:41
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lr0WhrAP7vQES7Nel suo stato di shock febbricitante, Lucien arrivò ad una conclusione sensata: mai avrebbe voluto mettersi nei panni della vecchia amica e si domandò quanto labile divenisse la percezione del tempo in caso terribili come il suo. Due giorni, due anni, una vita, che differente impatto poteva avere su una perdita del genere verso chi era rimasto in vita a convivere con una perdita tanto atroce o, nel caso del bambino, una figura paterna mai conosciuta. Egli odiava non avere risposte e sentire di non avere la padronanza di un qualche argomento che stava a cuore, tanto più brancolare nel buio come in quella situazione. Si stava ancora riprendendo, ammesso che fosse possibile, perché sebbene Dewayne fosse appartenuto al suo passato e non avesse avuto più alcun contatto con lui, non si sentiva meno male per questo. Nemmeno riusciva a capire se si sentiva lieto di non essere più all’oscuro di quella faccenda o se avrebbe preferito rimanere nell’ignoranza. Due anni in cui non aveva sospettato nulla ed anzi aveva smesso di pensare a quel gruppo di scapestrati con cui aveva vissuto disavventure ai limiti del consentito supponendo che anche loro avessero dimenticato quel mezzosangue conosciuto quasi per caso. Cercò suo malgrado di schiodarsi da quel senso di malessere acuito dalla sigaretta che lo intorpidiva, reagendo in qualche modo. Fece segno a Leviosa di avvicinarsi e, quando fu a portata di mano, immerse le mani nel suo folto piumaggio in un gesto distensivo e catartico.
«Posso supporre che hai fatto qualche indagine personale. Non sei il tipo di strega che se ne sta con le mani in mano, specie di fronte a questioni che ti toccano da vicino.» Eppure, si domandò non appena ebbe chiuso la bocca, Liz era davvero come la ricordava oppure il tempo l’aveva cambiata? Fino a che punto la maturità e gli ostacoli della vita potevano aver smussato il carattere che l’anima a da ragazzina? Lui, dopotutto, se gli fosse stata posta la domanda non avrebbe saputo cosa rispondere, ritenendosi non molto diverso dallo studentello di un tempo. Chissà da quando tempo Jules e la figlia vivevano lì e non si erano mai incrociati tutte le volte che Lucien aveva calcato quelle strade per diletto personale o incombenze lavorative. O magari era successo e nemmeno si erano riconosciuti. Si morse il labbro inferiore con veemenza, forse troppa.
«Passerò domani nel tardo pomeriggio» asserì quasi con ansia, non appena Elizabeth ebbe serrato le labbra ben cesellate. Non appena terminate le mansioni che gli competevano a Hogwarts, avrebbe montato in sella alla sua bicicletta cielsereno e avrebbe raggiunto le vecchie amiche. «Qual’è il vostro indirizzo?» Bombardato da domande sciocche come “quanto somiglierà Ripley a suo padre?” o più serie “come potrò dare il mio contributo alla ricerca della verità e per aiutare a mia volta madre e figlia?” riprese possesso della sigaretta e si beò di un tiro al limite del disperato. Sapeva che non sarebbe stata sufficiente e che, una volta tornato alla capanna, avrebbe cercato di soffocare quei suoni ridondanti con qualcosa di più forte.
«Passo spesso da Londra, a dire il vero. Ho un’amica che vive lì. Sono proprio curioso di vedere dove vivi. Pensa, allora ci sembrava impossibile anche solo pensare di avere una casa tutta nostra…che lavoro fai?» Sentiva di necessitare di un discorso più disteso, ammesso che fosse possibile farlo dopo la bimba sganciata dalla vecchia amica. Smise di accarezzare il Diricawl e fece scivolare lo sguardo verso le fiammelle, perdendovisi per un attimo. Con uno scatto fulmineo della mancina lasciò intendere a Elizabeth che non aveva motivo di scusarsi; aveva detto bene, non si sentivano da tanto tempo, e naturalmente lui aveva la propria parte di colpe in questo.
E lo sapeva.

 
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view post Posted on 1/1/2022, 20:43
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Elizabeth

Il pennuto si avvicinò a Lucien senza farsi pregare e si lasciò accarezzare mitemente, come se fosse stato conscio del bisogno del mago di cercare conforto nel calore e nella morbidezza del suo piumaggio. Lo sguardo di Elizabeth era incatenato al modo in cui il manto dell'uccello, smosso dalle dita di Lucien, rifletteva in disegni sempre nuovi la luce delle fiammelle, e vi rimase anche mentre rispondeva: «È la vecchia casa di Dewie, l'ha ereditata anni fa. Non ricordo se ci sei mai stato, ma possiamo incontrarci sul sentiero, vicino alla stazione, e ti ci porto io. Devo fare un paio di acquisti in zona in ogni caso.»
Era stato strano al suo ritorno, ricordò Elizabeth, frequentare i pub e i negozi del villaggio comportandosi da adulta: portare la merce in cassa invece di infilarsela semplicemente in tasca, scegliere le vie principali al posto dei vicoli segreti e addirittura percorrerle a passo controllato invece che correndo a rotta di collo, lasciare la mancia alla Testa di Porco invece di sgraffignare quella di qualche altro avventore. Il vecchio Aberforth era stato l'unico, tra i negozianti di Hogsmeade, a riconoscerla: chi l'avrebbe mai detto, che avesse fatto tanto caso al suo viso mentre in certe serate movimentate cacciava dal pub l'intera combriccola. Appena l'aveva vista entrare, arrivata quel giorno stesso e sconvolta dalla notizia appena ricevuta, aveva versato tre bicchierini di acquavite: «Al giovane Dewayne», aveva detto soltanto, scolando il proprio liquore e versando quello in più sul pavimento già lurido del locale. Non ne avevano mai più parlato, ma Elizabeth gli sarebbe sempre rimasta profondamente grata per il modo in cui l'aveva consolata senza dirle, né chiederle, nulla.
Si riscosse e guardò il vecchio amico dritto negli occhi: «So che è difficile, ma cerca di non sentirti a disagio nel parlare con Jules: se ne accorgerebbe e non le farebbe bene.» gli disse decisa. «Dopo le condoglianze passa oltre velocemente: parla del tè, del tempo, del tuo piccione azzurrino se vuoi,» un cenno del mento a indicare l'animale, «purché cambi argomento. Per te è ora, lo capisco, ma per noi sono passati due anni durante i quali abbiamo faticosamente medicato la ferita: non voglio che a Jules venga l'impulso di grattarsi la crosta». Si sporse in avanti e gli posò una mano sul braccio, solo per qualche secondo, in una presa delicata ma ferma: «Perdona la schiettezza, ma è mio dovere proteggerla. Confido che tu sia ancora il ragazzo che conoscevo e ti parlo come avrei fatto allora». Tornò ad appoggiare la schiena al muro e assunse un tono più rilassato: «Se vorrai parlarne avremo modo di farlo a Londra, naturalmente.»
Sorrise, sinceramente lieta di poter alleggerire la conversazione: «Ti spetta una visita guidata, allora, ma non aspettarti chissà cosa: non è che un minuscolo monolocale a Camden Town. Un affitto ridicolmente alto, se vuoi saperlo: è una vera fortuna, per me e gli altri inquilini del palazzo, che ogni tanto il landlord si confonda e si dimentichi di riscuoterlo» specificò, scoccando uno sguardo significativo all'ex compagno di marachelle. «Penso non ti stupirà sentire che lavoro da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch. Devo molto al vecchio Morgan, il proprietario: mi ha assunta senza alcun tipo di titolo o referenza e mi ha aperto molte porte, su sua raccomandazione scrivo da freelance per la rubrica sportiva della Gazzetta e ormai ho un posto garantito a qualsiasi partita di Quidditch o gara di volo. Chi l'avrebbe mai detto, eh?» concluse con aperta ironia: una corsa clandestina aveva ridotto la sua vita in pezzi anni prima, e ora non c'era corsa ufficiale cui non fosse invitata ad assistere.
Se Lucien sapeva ancora riconoscere i toni della vecchia amica, avrebbe di certo individuato anche una nota di orgoglio, simile a quella che traspariva dalla sua voce quando, adolescente, vinceva una corsa contro maghi più grandi che non pensavano di dover temere il confronto con quella ragazzina magra. Elizabeth era orgogliosa dei suoi risultati, certo, con la ferocia di chi aveva ben sperimentato cosa volesse dire non avere nulla: a soli diciassette anni si era ritrovata senza casa, senza diploma, senza prospettive né opzioni e le aveva sentite, oh se le aveva sentite, le frasi sussurrate di gente che discuteva sul considerarla una povera ragazza o una pericolosa criminale - e comunque tra le due Elizabeth preferiva la seconda - ma concordava unanime sulla brutta fine che di certo avrebbe fatto.
E lei gliel'aveva fatta vedere, a tutti quanti, aveva dimostrato che il valore di una strega andava al di là delle sue origini, del suo sangue, del suo titolo di studio, della sua fedina penale: la carta è solo carta, e la carta può bruciare.
Ne andava fiera, a dispetto di quella parte di lei, quella più fragile che ancora tremava di paura e umiliazione, che la rendeva recalcitrante a parlare di quell'affare, come lei e Jules chiamavano, nelle loro chiacchierate, l'intera faccenda dell'arresto, e decisamente contraria a rimettere piede a Hogwarts.
«Com'è lavorare al castello?» chiese, sull'onda di quei pensieri. Chissà se tutto era ancora come l'aveva lasciato, se quell'infame di Manticora insegnava ancora ed il suo vecchio amico ne era - che pensiero agghiacciante - collega. Chissà se c'erano ancora, magari dimenticate e sbiadite, tracce del suo passaggio.



Quell'infame di Manticora è un docente che ho inventato di sana pianta e che nomino in qualche one shot: insegnava Rune Antiche ai tempi di Elizabeth, un bigottone che cercava con un accanimento al limite del piduismo di liberare la zona dalla presenza di una certa banda di scapestrati.
In generale, se dovessi far riferimento a persone o avvenimenti del passato comune di Lucien e Elizabeth e dimenticarmi di aggiungere una nota, scrivimi liberamente!
 
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view post Posted on 3/1/2022, 21:54
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lr0WhrAP7vQES7 Qualsiasi dettaglio emergeva dalle parole di Elizabeth, portava Lucien indietro con la memoria ad un tempo su cui di rado focalizzava i propri pensieri. Forse una parte di lui rinnegava di essere stato quel tipo di adolescente, forse la vita attuale era troppo frenetica e ricca di impegni perché riuscisse a permettersi di farlo, ma infondo erano tutte scuse per rifuggire qualcosa di scomodo e doloroso. Kira, ad esempio, l’unica relazione stabile che avesse mai avuto e l’unica strega che fosse riuscita a spezzargli il cuore. Lasciò che la voce di Elizabeth interrompesse la scia di immagini che si erano materializzate davanti ai suoi occhi, annuendo col capo.
«Ci sono stato solo una volta, facciamo prima a fare come hai proposto tu. Mi farò trovare verso le 18.00, prima non credo di farcela» ammise vagliando i vari impegni lavorativi che lo avrebbero tenuto occupato nelle aree di Hogwarts il giorno seguente. Colse la richiesta della strega e si limitò a scrollare le spalle. «Non garantisco di riuscirci, ma farò del mio meglio» Fece cadere il mozzicone sulle assi scricchiolanti che fungevano da pavimento e la schiacciò con la suola dello stivale. Abbozzò un mezzo sorriso udendo Elizabeth appellare a piccione azzurrino la povera Leviosa, che non comprese o ignorò volutamente la cosa lasciandosi coccolare dal padrone.
«Già cambiare eventualmente argomento sarà più facile. Ho un arsenale abbastanza nutrito e comunque non medito di immergere il dito in una ferita scoperta» Non era mai stato provvisto di tatto, ma vi erano situazioni in cui riusciva anche lui ad avvalersene. Più complicato sarebbe stato approcciarsi alla bambina, a conti fatti. Si domandò se volesse davvero parlarne o se farlo avrebbe solo peggiorato lo stato di malessere che aveva portato la notizia della tragica morte del vecchio amico. Aveva bisogno di tempo per elaborare la cosa e già accettare di rivederne la compagna e la figlia così presto era un passo da non sottovalutare.
Con uno scatto si rimise in piedi e prese a camminare nella stanza, le dita appese alle tasche dei pantaloni.
«Interessante il tuo metodo di risparmio. Anch’io, pur di risparmiare qualche galeone, mi sono scelto una professione che dotasse di un tetto sopra la testa compreso nel pacchetto» commentò sardonico, manco la sua scelta fosse stata circoscritta a quella possibilità è così fidava che Liz non lo credesse tanto stupido. «In effetti è davvero buffa come cosa.» Il sopracciglio sinistro s’inarcò verso l’alto mentre velatamente faceva riferimento alle corse clandestine che avevano cambiato radicalmente la vita della strega. «Non mi stupisce che sei finita a lavorare nel mondo del Quidditch, ne sai una più di Merlino sull’argomento. Però addirittura in un negozio tanto rinomato come Accessori di Prima Qualità per il Quidditch… davvero devo farti i miei complimenti; non deve essere stato facile entrare nel loro team» osservò quasi stesse facendo una considerazione personale ad alta voce. Era davvero colpito nell’apprendere quella notizia nonché fiero della vecchia amica. «Hai qualche sconto dipendente? E puoi farne agli amici ritrovati?» Di nuovo quell’espressione da prendere a schiaffi «Non sono diventato un amante del volo sulla scopa durante gli anni che ci hanno visti divisi, ma resto un grande fan del Quidditch e ho amici che lo praticano e potrebbero gradire un regalo a tema.» Era un vero peccato che quel negozio non disponesse di articoli come maglie autografate ed altri oggetti sul genere per i fans dello sport magico.
Osservò una Elizabeth orgogliosa e si trovò ad esserlo di lei. La buona vecchia Liz, sola contro tutti, niente e nessuno poteva (ab)batterla.
Si prese qualche minuto prima di rispondere alla domanda della Ashton; poggiò il capo contro la parete scrostata e conficcò le iridi cristalline sul soffitto cadente. «Più divertente di quanto si pensi. Faticoso, non posso dire il contrario, ma molto gratificante. Ricordi tutte le volte che ci siamo intrufolati nella Foresta Proibita timorosi di essere beccati? Ora posso scoprirne i segreti legittimato e pure pagato per farlo.» Non era propriamente così ma il senso di quelle parole di certo Elizabeth lo avrebbe colto e, chissà, magari le sarebbero tornate alla mente le storie sulla fantomatica Catapecchia che stava “dappertutto, e in nessun luogo”* «Avevamo scoperto qualche passaggio segreto nel castello e nei dintorni, come quello che conduce qui, e conto di scoprirne di nuovi. Vivere Hogwarts dall’altra parte è strano e non mi dispiace, ogni giorno so che potrei potenzialmente imparare o scoprire qualcosa di nuovo.» Non credeva vi avrebbe lasciato le cuoia, ma per il momento era una soluzione lavorativa appagante sotto molteplici aspetti tanto quanto confidava essere per Liz la propria. «Ti è mai venuto il desiderio di tornarci?»


*riferimento alla quest Everywhere and Nowhere

 
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view post Posted on 8/1/2022, 20:39
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Elizabeth

Intuì il disagio di Lucien, e del resto anche un troll cieco e sordo ci sarebbe riuscito: la voce, il modo in cui schiacciò a terra il mozzicone, quel camminare su e giù per la stanza. Aveva sempre avuto un ottimo autocontrollo, di gran lunga più di quanto Elizabeth avrebbe mai potuto raggiungere, ma nemmeno lui poteva reggere una botta del genere senza tradirsi un minimo.
Lasciò cadere con sollievo l'argomento morte del migliore amico, rifugiandosi volentieri sui binari meno dissestati del vecchio lavoro e quotidianità.
Accettò con un sorriso e un cenno del capo le congratulazioni: «Uhm, non quanto penseresti» disse però lentamente, tornando col pensiero al colloquio che le aveva aperto le porte del negozio di Quidditch piu rinomato del mondo magico. «Una volta capito come ragiona il signor Morgan si tratta solo di stargli dietro. È importante non tenere troppo al proprio nome, questo sì, visto che lo sbaglia continuamente». Già, per quanto assurdo pareva che il requisito principale per lavorare da Accessori fosse proprio quello. «Sul serio, ha una tale perseveranza nel storpiare i nomi altrui che a volte mi chiedo se non lo faccia apposta. No, il difficile è stato tenere i precedenti penali fuori dalla conversazione». Tirò fuori il portasigarette dalla tasca e se lo rigirò tra le dita, insensibile al metallo freddo sulla pelle. «Ho passato praticamente tutto il colloquio a chiedermi se lo sapesse, se volesse mettere alla prova la mia onestà, cose così: una tortura» concluse ridendo con leggerezza ed estraendo finalmente il sottile cilindro di carta e tabacco. Alla domanda del mago seguì una risata più piena: «La solita faccia tosta! Il mio sconto dipendenti non è granché, ma sì, penso di poter arrangiare qualcosa per un amico. Che è successo Cì? Ti sei improvvisamente riscoperto giocatore?» chiese provocatoria, aspettandosi il diniego che infatti arrivò puntuale. «Ah ecco, ora torna. Peccato ti sia perso l'assortimento speciale che abbiamo messo su per lo scorso campionato: un sacco di fan merch, è andato a ruba.»
Accese la sigaretta e aspirò i primi tiri con calma, ascoltando Lucien e lasciandosi sfuggire di tanto in tanto una risatina. «Insomma sei partito avvantaggiato grazie alle scorrerie di un tempo, così come del resto anch'io. Vedi, l'illegalità fa curriculum, non è che ti hanno assunto per quello?» suggerì con un occhiolino. «Dev'essere strano, poter girare dove e quando vuoi… Se incroci un professore in orario di coprifuoco non devi nasconderti, dici "buonasera collega" e torni agli affari tuoi, fossero anche coltivare erba. Merlino sa cosa non darei per vedere la scena» concluse divertita.
La successiva domanda del mago le strappò il sorriso dalle labbra: «No.» rispose secca, senza un attimo di esitazione. I ricordi si avvicendavano nella mente di Elizabeth, cominciava a sentire il solito peso che tornava a schiacciarle il petto ogni volta che ripensava alla scuola.
...prostrata sul pavimento della Sala Grande, cercava di nascondere il proprio volto rigato di lacrime di umiliazione.
...i piu stronzi semmai, altro che stimati...
...con il loro maledetto modo di guardarla, come se fosse stata un mostro mitologico peraltro piuttosto sgradevole...
Le sue membra immobilizzate mentre un ago incantato incideva quella parola sulla pelle sottile di quattordicenne.
«Mi dispiace molto, cara: purtroppo non ho potuto cancellarlo. Erano passate troppe ore e con quel tipo di magia...»
Non ne aveva avuta abbastanza di solitudine in tutti quegli anni?
...la derisione, il compatimento...
Per deriderla e vanificare con la magia il suo lavoro, talvolta addirittura per procurarle piccole abrasioni e bruciature...
«Allora, Mudblood? Qualcuno si è forse preoccupato per te, mentre languivi nella lurida cella che meriti?»
Ho già avuto a che fare con gente fissata con il sangue puro.

Si sfregò la coscia sinistra, come faceva ogni volta, istintivamente. «No» ripeté. «Non è solo l'espulsione, non è quella che mi ha tenuta lontana anche dopo, tutti questi anni». Tirò una lunga boccata di fumo, approfittandone per dissimulare il respiro profondo di cui sentiva di aver bisogno. «Ci sono altre cose...» sussurrò. Si inumidì appena le labbra, si schiarì la gola e dopo un altro tiro di sigaretta riprese, di nuovo padrona della propria voce che infatti ora suonava salda e pacata: «Cose che non sai, piu vecchie di quanto potresti pensare. Avrei potuto chiedere di essere reintegrata, sai, probabilmente ci sarei anche riuscita. Tu sai che ero una studentessa sveglia» accennò con un sorrisetto, alludendo alle molte volte in cui Lucien stesso l'aveva vista eseguire perfettamente incantesimi in cui non si era esercitata o inventare di sana pianta interpretazioni aritmantiche che poi si rivelavano corrette. «Ci ho pensato, ma a quelle condizioni non sarei mai arrivata in fondo.» concluse. Non sarebbe mai arrivata in fondo viva considerando le minacce che aveva ricevuto, intendeva, ma preferì omettere quell'ultima parola.
«E tu?» domandò, sinceramente curiosa. «Come ti è venuto il desiderio di tornare?»





Il pezzo in corsivo è composto esclusivamente di frasi prese da altre role, da cui traspare come la vita di Liz a Hogwarts non sia mai stata rose e fiori. Nello specifico, anche se - e non è detto - Lucien avesse notato, nei primi anni, gli insulti e il bullismo "basic", di certo non può sapere della scritta "mudblood", impressale con la forza sulla coscia sinistra quando aveva quattordici anni, né di quando, mentre scontava la pena alternativa, alcuni studenti approfittarono del suo essere senza bacchetta: da qui il "cose che non sai".
Edit: ovviamente a meno che non sia venuto a saperle per vie indipendenti da Elizabeth, cosa comunque non facile visto che oltre a lei e ai responsabili solo l'allora infermiere sa del tatuaggio, senza comunque sapere di preciso cosa sia successo, e anche per quel che riguarda il post espulsione in pochi conoscono l'effettiva entità dei fatti.

Ho scritto da android, perdona i probabili refusi!

Edited by Elizabeth Ashton - 13/1/2022, 18:55
 
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view post Posted on 12/1/2022, 15:05
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lr0WhrAP7vQES7La portata dell’informazione offertogli da Elizabeth continuava a bruciare dentro l’animo di Lucien e non sapeva quanto ancora sarebbe riuscito a parlare più o meno tranquillamente del più e del meno. Aveva bisogno di far suo quell’accadimento, macinare gli aghi che gli punzecchiavano il cuore, accettare i sentimenti che ribollivano in lui e per farlo avrebbe dovuto ricercare la solitudine. Elizabeth, oltretutto, senza che potesse farci nulla, con la sola presenza rendeva ancor più impattante la notizia della morte del vecchio amico.
In un altro momento avrebbe riso sapendo che il signor Morgan sbagliava continuamente il suo nome, ma non quella sera. La ascoltò in silenzio, attento ad ogni frase che diceva e solo quando ebbe ultimato il racconto si azzardò a riprendere parola. «Allora doppi complimenti. Già senza questo ostacolo aggiuntivo suppongo non sarebbe stato facile ottenere un posto ambito da non si sa quanti altri maghi e streghe.» Lui aveva avuto più fortuna, doveva riconoscerlo. Si chiese a sua volta se il capo di Liz sapesse dei suoi pregressi e non seppe darsi risposta; forse se avesse avuto presente il tipo ed i modi di fare, avrebbe potuto avanzare qualche ipotesi. «Beh, ora che ci siamo ritrovati voglio sperare che la prossima volta che vi forniranno di articoli e gadget vari, avrai premura di avvisarmi con un gufo» Un mezzo sorriso gli si dipinse in volto: una scusa come un’altra per rivedersi e per entrambi di fare buoni affari. Alla fine le sarebbe bastato indirizzare un gufo a Hogwarts a suo nome o presso la sua capanna e il gioco era fatto e glielo specificò senza troppi problemi, giusto per essere sicuro di non perdere un’altra occasione.
«Sospetto mi abbiano assunto perché l’esaminatrice aveva un debole per le mazze» le rispose con un’alzata di spalle, ricordando come Lucille, sia al primo che al secondo colloquio, avesse lasciato intendere una certa simpatia nel suoi riguardi. La sua dialettica aveva fatto il resto. Ridacchiò alle sue successive parole, il groppone in gola che si allentava un poco. «Se ne vedono di belle, lo ammetto e se all’inizio mi faceva strano, ormai mi sono abituato. Ecco, ho ancora qualche difficoltà a dare del Lei agli studenti perciò cerco di circoscriverlo negli orari di lezione e evitarlo con alcuni.» Quanto aveva…otto anni di differenza con alcuni? Era strano anche se faceva ovviamente parte dell’etichetta.
Si accorse di aver smosso qualcosa in Liz con le proprie parole e si guardò bene dall’indagare, rispettando la sua scelta di non approfondire la questione. Chissà cos’erano queste altre cose, forse un giorno gli sarebbe stato accordato il permesso di conoscerle.
«Sveglia è un eufemismo. Brillante già si avvicina di più a cosa sei stata e rimani tutt’ora» specificò allontanando la mancina dal manto piumato di Leviosa. Il Diricawl sembrava non trovare più interesse per quel luogo, ormai mappato fino all’ultimo angolo e se la conosceva bene, a breve sarebbe svanita nel suo classico “Pop” per riapparire chissà dove, imponendogli di smuoversi dal giaciglio improvvisato. «Ho varie motivazioni che mi hanno spinto a farlo. Scoprire i segreti del castello che non sto riuscito a far miei quando ero un semplice studente, essere presente qualora mia sorella minore si cacci nei guai - cosa che accade fin troppo spesso - ed abbia bisogno del mio aiuto, la possibilità di avere un impiego che mi permetta di stare a contatto con la natura e con mansioni sempre diverse, quelle legate alla figura del guardiacaccia, parlo più.» Ve n’era un altro ancora ma come aveva fatto Elizabeth, Lucien scelse di tenerlo per sè.
Si interruppe, quindi, guardandola accigliato. «Prima che Leviosa ti portasse qui, stavi andando a casa di Jules oppure eri in procinto di tornare a Londra?» Una domanda come un’altra, il pensiero di Lucien che volente o nolente tornava a focalizzarsi su Jules e ciò che le era capitato. Non lo fece apposta è quasi non se ne rese conto ma restava lì, ancorata nei suoi pensieri.

 
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view post Posted on 13/1/2022, 19:02
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Elizabeth

Non fu un problema promettere: «Sarai il primo a saperlo, tanto più che Shedir ed Hermes sono fuori portata.»
Ascoltò attenta, ora ridendo ora inarcando le sopracciglia, quanto l'amico le rivelava sul proprio lavoro. Lo interruppe solo in una circostanza: «Già, avevo dimenticato che hai una sorellina». Il pensiero volò a Eden, ma Elizabeth era ormai abituata a gestire l'affiorare fin troppo frequente di quel nome e non lasciò che la sviasse dalla conversazione. «Troppo piccola per esserci incrociate a Hogwarts, ho ragione? Ma se tiene alto l'onore dei combina guai non posso che ammirarla.»
Lucien aveva sicuramente ponderato la propria professione più di quanto avesse fatto lei e in effetti quel ruolo gli si addiceva. «Aspetta che scriva a Shedir cosa fai» commentò. «Ne sarà entusiasta.»
Lucien e Shedir, in effetti, avevano avuto in comune fin dall'adolescenza la passione per le creature magiche e si erano sempre intesi sull'argomento, anche se il ragazzo, più prudente, aveva talvolta rimproverato all'amica il preferire nettamente le creature più pericolose e il gestirle con la massima cura per loro e nessuna per se stessa e la propria pella.
La domanda, invece, le strappò un sospiro. «In verità non sapevo dove stavo andando. Forse da Jules, non eravamo d'accordo ma non è raro che mi presenti a casaccio. Forse avrei fatto un giretto per poi riapprodare alla Testa di Porco. Sicuramente non a casa, al limite in qualche pub babbano di Camden, tanto per fare a botte. Ad ogni modo il tuo pennuto dispettoso non mi ha distolta da chissà quali impegni» concluse, con un sorrisetto all'indirizzo di Leviosa. «Mi ha fatta diventare matta: se ne andava a spasso con una zampa incastrata in una boccetta, ma non voleva saperne di farsi aiutare.»
Ma sentiva che non era della bestiola, né del lavoro, che Lucien voleva parlare. Era comprensibile ed Elizabeth decise di assecondarlo, almeno per un po': «I primi tempi», non c'era bisogno di dire dopo cosa, «non avevo simili indecisioni: stavo appiccicata a Jules come un francobollo.»
Piegò la gamba destra stringendosela al petto, una mano sopra il ginocchio e l'altra ad avvolgere la caviglia. «Da un certo punto di vista, è strano: pensavo che la nascita della bambina l'avrebbe fatta soffrire, invece è stata sensibilmente meglio dall'istante in cui ha avuto Ripley.»
Si alzò, quasi a seguire le orme del mago, ma si portò invece davanti alla parete: «Gli somiglia» affermò, rivolta alle consunte assi di legno. Ancora una volta, non c'era bisogno di specificare a chi. «So che te lo stavi chiedendo: me lo domandavo anch'io, quando era ancora una cosina minuscola che assomigliava più che altro a un tubero bitorzoluto». Sollevò lentamente il braccio sinistro e grattò con l'unghia un pezzetto di vernice. «C'è la voglia, quella era evidente da subito, ma più Ripple cresce più si notano tanti altri dettagli. O forse sono io che inconsciamente cerco Dewie.»
Ecco: due anni e ancora faticava a dirne il nome. Sapeva che l'incrinatura della voce suonava lievissima all'esterno, praticamente impercettibile, ma lei il nodo nella gola lo sentiva bene.
Tutta la solitudine accumulata durante l'infanzia aveva avuto un suo contrappunto e ce n'erano di persone che amava e che amavano lei, ma con Dewie era stato diverso: identici nell'indole più di quanto i gemelli lo fossero nell'aspetto, erano stati più che amici, più che fratelli. Non serviva nemmeno leggersi nel pensiero, perché pensavano le stesse cose, nello stesso modo. "Se fossi nata purosangue sarei te", gli aveva detto Elizabeth una volta. "Se fossi nato orso sarei te" aveva risposto lui.
Si morse le labbra, inspirò silenziosamente e quando tornò a voltarsi verso la stanza e verso Lucien il suo viso era impassibile. «Ma i primi tempi», esordì riprendendo il filo iniziale del discorso, «Jules voleva intorno solo me: penso avesse bisogno di avere vicino la persona più simile a lui, per prendersi il tempo di elaborare il lutto un po' alla volta.»
Si stirò, sollevandosi sulle punte e stendendo le braccia sopra la testa, e in pochi passi tornò vicino al vecchio divano. «Vieni spesso qui o è per caso che sei finito a fumare proprio in questa stanza?»




Note:
- Shedir e Hermes sono gli altri grandi amanti del volo, gli unici, insieme ad Elizabeth, a gareggiare direttamente nelle gare clandestine.
- Eden è la sorella di Elizabeth, nata dopo che questa se n'era definitivamente andata di casa e della quale Elizabeth ha scoperto l'esistenza solo di recente. Non si è rivelata, ma la tiene d'occhio.
- Dewayne aveva una voglia sull'avambraccio destro, ereditata dalla figlia

Per admin e mod: il messaggio cancellato è questo stesso messaggio, che era partito per sbaglio incompleto.
 
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view post Posted on 14/1/2022, 14:13
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lr0WhrAP7vQES7Quel fuori portata riferito ad Shedir ed Hermes poteva significare tante cose e nuovamente a Lucien non fu dato sapere quale nello specifico, ma ciò non lo infastidì. Anzi, evidenziò ancora più chiaramente quanto fosse ormai lontano il gruppetto di scapestrati che avevano lasciato una scia di casini dietro di sè. Il discorso si spostò su Océane e il mago si stupì della constatazione di Elizabeth a riguardo. Di cosa si stupiva, infondo? A suo tempo la piccola di casa Cravenmoore era una bambina e Lucien adolescente aveva ben altro di cui parlare, ci stava che a malapena avesse informato il gruppo della sua esistenza. O forse aveva detto loro qualcosa di più? Proprio non lo ricordava.
«Hai ragione» confermò a bruciapelo «Abbiamo parecchi anni di differenza, ma buon sangue non mente» Una smorfia che poteva dire molto, se ben interpretata. «Diciamo, però, che abbiamo caratteri molto diversi e che, a differenza mia, a lei non interessa che le sua malefatte vengano alla luce ed i rischi implicati, perciò non fa niente per evitare casini» concluse quelle spiegazione che lasciava molti spazi grigi alla sua interlocutrice. Un’altra sostanziale differenza tra i due era che il fratello maggiore era estremamente metodico mentre la minore agiva di pancia, spesso senza riflettere, seguendo la scia dei propri sentimenti.
«Shedir cosa fa per vivere?» domandò accantonando rapidamente l’argomento precedente. I suoi passi produssero nuovi cigolii tra le assi e la sensazione di non avere qualcosa di effettivamente stabile a sostenere il proprio peso.
Inevitabilmente si tornò a parlare di Jules e se da una parte la cosa gli fu d’aiuto, dall’altra lo affossò ulteriormente. L’incidente di Leviosa con la boccetta lo udì appena, sebbene in circostanze normali gli avrebbe strappato un sorriso.
«Più che a un tubero bitorzoluto, ho sempre associato i bambini alle Mandragole frignanti» Anche il suo accostamento non era dei più clementi ma sul pianto non si poteva dire che quelle creature e i cuccioli d’uomo non fossero pressoché identici. Cercò così di stemperare nuovamente la pesantezza del clima creatosi, conscio però di non avere alcun potere di riuscirci davvero. Ascoltò quanto aveva da confidargli l’amica, attento ad ogni particolare. «Ha senso» commentò l’ultima frase. Non aggiunse altro, riflettendo sulle similitudini di mago e strega mentre prendeva posto sul vecchio divano impolverato e faceva cenno all’ex compagna di scuola di sedersi accanto a lui.
«C’è poco di casuale nelle mie azioni, Liz» A quelle parole seguì una lunga riflessione durante la quale Lucien si domandò se dovesse aprirsi così tanto con lei. Non era solito farlo, nemmeno con chi aveva a cuore, non era insito nel suo carattere perciò di rado cambiava direzione. Alla fine cedette.
Il lungo braccio soggetto alle fatiche lavorative si tese ad indicare il divano su cui era seduto, poi un letto a due piazze dal materasso sfondato sistemato contro la parete opposta. «Ci venivo spesso con Kira, quando volevamo starcene soli e sicuri che nessuno ci disturbasse» D’altronde chi si avventurava nella casa più infestata di spiriti della Gran Bretagna? Per lo più ragazzini che volevano celare i propri affari al resto del mondo, ma le frequenze non erano così assidue da rischiare di incontrarsi.
Quando aveva conosciuto Elizabeth, Lucien e Kira si erano già mollati da tempo e lui aveva iniziato a passare di strega in strega come se non volesse indossare gli stessi abiti due volte. Però le aveva parlato spesso di lei, l’unica studentessa di cui si fosse mai innamorato e con cui aveva intrecciato una relazione stabile - anche uscito da Hogwarts aveva deciso di rifuggire questi due aspetti per paura di soffrire di nuovo. Poi lei era stata espulsa e avevano perso i contatti, perciò non poteva sapere che durante il settimo anno di lui erano tornati insieme e la fine terribile che la sua lucertola aveva fatto, investita dal gelido soffio della morte.
«Sono venuto tante volte qui a chiamare il suo nome invano. Lei non mi ha sentito, è caduta da una scogliera quando io mi trovavo in un altro fazzoletto di terra e ha lasciato che una coperta d’acqua inghiottisse la sua vita spezzata per sempre.» Era calato il sipario non sul ricordo, ma su un amore talmente veemente da sopravvivere alla morte e all'implacabile scorrere del tempo.
Kira avrebbe sempre avuto un posto nel suo cuore e niente e nessuno avrebbe potuto occuparlo, dovendosi dunque accontentare di ciò che restava.

 
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view post Posted on 15/1/2022, 21:13
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Elizabeth

Non riusciva proprio a riportare alla memoria il nome di quella sorella, eppure a un certo punto doveva averlo saputo. Men che meno ricordava altri particolari, perciò ascoltò attenta quanto le veniva detto, incuriosita dal vedere Lucien manifestare esplicitamente preoccupazione: non era da lui, sempre così controllato. «Mi ricorda qualcosa» sorrise Elizabeth, ricordando ancora una volta l'analogo conflitto che aveva caratterizzato il loro rapporto. «Spero tuttavia sia almeno un po' più prudente della sottoscritta» soggiunse, sempre ironica ma abbastanza seria da lasciar intendere una certa disponibilità, eventualmente, ad aiutare o ascoltare. Anche questo senza dubbio colpa, per così dire, di Eden. Si rese conto un attimo dopo che quell'analogia poteva suonare tutt'altro che rassicurante, vista la spiacevole conclusione del suo mettersi nei guai. «Anche se, in verità, non ne ha nemmeno bisogno: lei ha accanto un fratello maggiore scaltro e premuroso, non un gruppetto di scapestrati che incoraggiano qualsiasi colpo di testa.» annotò. Non che avesse mai rimpianto alcunché, ma se Lucien ricordava anche solo qualcosina del carattere di lei non serviva nemmeno specificarlo. Non si oppose al cambio di argomento, del resto si erano appena ritrovati dopo quasi dieci anni e stavano ancora calibrando quanto aprirsi l'un l'altro, quanto scendere in particolari privati e quanto omettere.
Sapeva che la carriera di Shedir avrebbe risvegliato l'interesse di qualsiasi buon guardiacaccia: «Draghi» rivelò senza troppi preamboli. «Ha fatto la gavetta qui e poi in Galles, ora è qualche anno che sta in Norvegia ma non è raro che la chiamino altrove per casi difficili, si è fatta un certo nome». Si chiese se il mago volesse sapere anche degli altri e decise che non c'era motivo di non approfondire: «Rigel vive in Germania, fa il guaritore - immagino ricorderai quanto era dotato - e ha quattro bambini. Sì, lo so, sono dannatamente tanti. Marcail è in italia, lavora nella moda: vedessi com'è tirata, non la riconosceresti mai, almeno finché non apre bocca ed esce il solito turpiloquio tutto scozzese. Hermes è primo assistente di un professorone di archeomagia, passa da uno scavo all'altro, per lo più in Sudamerica.» riassunse. «Ci siamo sparpagliati, ti lascio immaginare la bolgia infernale di lettere che volano su è giù per l'Europa e attraverso l'Atlantico. Ho provato a proporre il telefono, ti prego dimmi che almeno tu sai cos'è, ma non c'è stato verso.»
Un breve divagare, che ritardò solo di poco il ritorno della conversazione su un terreno più personale e a tratti scivoloso, come denunciò il cambio di tono e il lungo silenzio del mago. Elizabeth era stupita dalla rapidità con cui riprendevano confidenza e recuperavano, un pezzo alla volta, quello che non si erano detti nel lungo periodo in cui non si erano più visti né sentiti. Era stata un'amicizia tutto sommato breve la loro, ma significativa, a dispetto del diverso approccio al mondo: la calcolata deferenza di lui e l'incauta sfrontatezza di lei non avevano mai ostacolato confidenze e consigli.
Annuì alla menzione di Kira. Ricordava bene la storia, così come la strega in questione. Non ci aveva mai scambiato mezza parola, ma Lucien gliel'aveva indicata, dopo averne parlato a lungo, e da allora Elizabeth non aveva mai mancato di notarla quando la incrociava nei corridoi o in Sala Grande. Aveva sempre osservato con una certa tristezza il modo in cui Lucien viveva le proprie frequentazioni e non certo per la loro brevità: del resto lei stessa e gli altri, con l'ovvia eccezione di Dewie e Jules, si comportavano in modo molto simile, solo che loro sfarfallavano con assoluta leggerezza, sia all'interno che all'esterno del gruppo, mentre Lucien, beh, lui sembrava considerare ogni incontro più che altro un diversivo. Proprio per questo, perché sapeva quale traccia indelebile Kira aveva lasciato nell'animo del mago ancora da viva, apprendere della sua morte la addolorò profondamente.
«Merda» sussurrò espirando piano e abbassando le palpebre per qualche secondo. «Cì, mi dispiace tanto» aggiunse con calore, inconsciamente sporgendosi appena in avanti.
Tacque, immersa in riflessioni cupe: aveva creduto di proteggere l'amico, sparendo completamente dalla sua vita, si era persino congratulata con se stessa per esserci brillantemente riuscita. Scopriva, invece, di avere così mancato proprio il momento in cui Lucien avrebbe probabilmente avuto più bisogno di affetto e vicinanza. Nemmeno gli altri avevano saputo di quell'enorme perdita, ne era certa, o l'avrebbero sicuramente avvisata, e se anche lui avesse voluto cercarla direttamente non avrebbe potuto, perché si era ben guardata dal lasciare che sapesse dove era scappata.
«Anche di non esserci stata» aggiunse quindi al termine di tale sgradevole ragionamento, conscia che un piccola frase non poteva cancellare il suo errore di giudizio. Sapeva che Lucien aveva altre amicizie e sperava quindi che avesse avuto comunque qualcuno accanto.
Avrebbe voluto chiedere di più, come fosse successo, cosa fosse accaduto prima e dopo, ma non osava. Con Jules aveva sempre istintivamente saputo come muoversi, quando parlare e quando tacere, ma con Lucien era diverso, un po' perché non era certo un libro aperto come la scozzese, un po' perché semplicemente era passato tanto tempo da quando si vedevano e parlavano quasi ogni giorno. «Ora però sai dove trovarmi» aggiunse d'impulso «se mai ti servisse una vecchia amica.»

 
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