Nox

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view post Posted on 1/10/2021, 20:32
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chapter one: a thiny blue velvet
Tutto era principato qualche giorno addietro quando, tra le tumultuose viuzze di Hogsmeade, Lucien era stato avvicinato da un'elfa domestica avvolta in un mantello. Un incontro che aveva creduto casuale, salvo poi comprendere che la fragile creatura puntava proprio a lui - e con ogni probabilità ne aveva studiato i movimenti per poterlo avvicinare indisturbata. Trasudante premeditazione, l'episodio si era risolto in breve tempo con domande inespresse, nessuna risposta ed un mistero che avvolgeva una lettera che l'elfa gli aveva recapitato. La missiva si era contornata della medesima aura di mistero che aveva avvolto la piccola elfa la quale, adempiuto al suo compito, si era congedata senza proferir parola, smaterializzandosi con uno schiocco delle piccole falangi ossute. La missiva era anonima e conteneva un breve messaggio: Stamberga Strillante, 21 agosto, 23.00. A lungo Lucien aveva tentennato sulla questione, conscio di quali rischi implicasse presentarsi ad un incontro con uno sconosciuto, senza conoscerne il motivo e in un luogo isolato dove nessuno, eventualmente, avrebbe potuto aiutarlo o soccorrerlo. Ma chi lo aveva mandato a cercare aveva fatto leva su un punto debole del francese, ossia l'attrazione per i misteri. D'altronde la sua vita era satura di enigmi ed il richiamo era troppo ammaliante per essere ignorato. Era una sfida alla quale non si sarebbe sottratto.

***

La calura estiva ammantava il suo corpo di un opprimente strato di sudore e nemmeno qualche refolo d'aria riusciva a lenire quella fastidiosa sensazione. Ad essa s'intrecciava l'inquietudine data dall'ignorare cosa celasse quell'incontro, a braccetto con l'adrenalina che gli fluiva spiccia nelle vene. Un mantello realizzato con pelliccia di camaleonte mascherava i suoi tratti tra le ombre mentre a passo sostenuto raggiungeva la sua meta. Lo spettro della Stamberga si stagliava solenne su una piccola collinetta, ponendosi come osservatore silenzioso del cheto assopimento del villaggio magico. Gemme luminose dardeggiavano nel manto di inchiostro sopra al suo capo e, con un ultimo saluto, lo osservarono varcare la soglia della casa.
Il tiglio argentato pulsava nella sua ferrea presa, pronto ad offrirgli il supporto che mai gli aveva negato. Cigolii scomposti accolsero il suo incedere lento e calibrato, i nervi tesi pronti a reagire a qualsiasi suono potesse suggerire un'altra presenza oltre alla propria. Ma, a parte qualche suono naturale, sembrava essere il solo ospite - ad eccezione di due knarl che appena lo videro si dileguarono in un punto impreciso della dimora fatiscente.
Assicuratosi di essere solo, dopo una verifica meticolosa di ogni anfratto ospitante i suoi ricordi adolescenziali, egli si sistemò su un divano poco distante dalla porta d'ingresso. Le piccole orbite che levitavano sopra il quadrante dell'orologio astronomico da polso gli confermarono di essere in perfetto orario.
Mettendo in conto di veder spuntare lo sconosciuto non necessariamente dalla porta d'ingresso, il mago prese tra le mani un piccolo portachiavi ancorato ai passanti dei pantaloni. Lo liberò dall'incastro obbligato e, mediante un colpo di bacchetta, lasciò che la piccola maschera di ceramica si ingrandisse per poterla indossare.
Con un movimento fluido della mancina fece scivolare il cappuccio del mantello sulle ampie spalle e calò sui propri tratti la maschera. Non avendo una lunga durata, qualora chi desiderava incontrarlo fosse stato puntuale, si sarebbe trovato di fronte una testa (il corpo mimetizzato dal mantello) le cui fattezze non erano quelle che si sarebbe aspettato, se aveva ben impressa la fisionomia di Lucien Cravenmoore. La peculiarità della maschera dell'amore celato, infatti, stava nel cambiare timbro di voce e rendere completamente irriconoscibile agli occhi altrui chi la indossava; un'illusione che lo avrebbe fatto apparire come un enigmatico, perfetto sconosciuto.
L'effetto sorpresa del credere di non trovarsi di fronte chi si aspettava, avrebbe potuto avvantaggiare Lucien di qualche secondo per valutare il da farsi e reagire. Qualora il mittente della lettera gli forse parso pericoloso, sarebbe stato pronto ad usare la bacchetta per difendersi, differentemente si sarebbe tolto la maschera senza aspettare che il suo effetto svanisse, rivelando così la propria identità.

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chapter zero: nothingness
Credo nel nulla — nella fagocitante essenza del vuoto.
Lo sento respirare, dischiudersi e contrarsi al ritmo delle mie pene. Vuole inghiottirmi e, in effetti, ci è già riuscito. Non è questo che rimane di me, del resto? Un coacervo di inutilità senza più anima né colore.

È a questo che penso a ridosso della finestra, al piano superiore della Stamberga Strillante, mentre osservo il paesaggio esterno attraverso una feritoia tra le assi logore. Tilly, la mia piccola elfa domestica, siede su ciò che rimane di una seggiola. Le sue gambe esili pendono mollemente oltre il bordo e i piedi grandi oscillano al ritmo dell’attesa. Ubbidiente, aspetta un mio comando e fissa il mio profilo fragile con apprensione. Sebbene mi segua fedelmente e non obietti mai a ciò che le chiedo, posso leggere nel suo sguardo il timore che serba per le mie sorti. Vorrebbe aiutarmi, ma non sa come fare.
Ho deciso di fissare questo incontro sulla scia di un’esigenza che origina dal mio Caos interiore. Nella testa, i pensieri si rincorrono alla rinfusa, inciampano e ruzzolano senza alcuna grazia. Così, io mi trovo a seguirne il percorso anche quando non so individuarne il senso, semmai ce ne fosse uno. Invitare il guardiacaccia a incontrarmi così vicino a Hogwarts è un esempio del modo in cui prendo le mie scelte senza curarmi davvero del loro significato.
Essere qui mi turba, ho realizzato presto. Un’inquietudine insopportabile titilla i miei nervi e irrigidisce quel po’ che rimane dei muscoli sviluppati col Quidditch. Sono troppo vicina a una vita che ho deciso di dimenticare e ne sento il richiamo come un marinaio col canto di una sirena. C’è così tanto oltre i confini del castello: Thalia per cominciare, i Grifondoro per continuare e la sensazione di essere davvero a casa per finire. Pochi giorni e, allo scoccare del primo di Settembre, le abitudini riprenderanno come da sempre accade, tra i corridoi ampi e i verdeggianti cortili interni.
Quante cose devo essermi persa! I G.U.F.O. della mia migliore amica, il ballo di fine anno e l’assegnazione della Coppa delle Case, i saluti sempre più sconclusionati del Preside, la tensione degli esami, il calore della Sala Comune e le risate con le mie ragazze, la spilla da Prefetto. Finora, ho respinto la tentazione di accostarmi a questi pensieri nel timore che potessero turbarmi e, in effetti, constato di non essermi sbagliata. Adesso che sono qui, a un passo dal luogo dove ho trovato il mio posto nel mondo, una malinconia prepotente mi prende le viscere e le stringe in una morsa crudele.
Vorrei... Vorrei tornare a prima, prima di tutto: a quando correvo smargiassa su e giù per le scale, a quando presidiavo i corridoi e raramente punivo i trasgressori per avere in comune con loro lo stesso rigetto delle regole, a quando stuzzicavo i Serpeverde per il solo gusto di fargli notare che avevo battuto il loro campione al Barnabus. Vorrei tornare a quando non sapevo della morte di Astaroth e la mia preoccupazione più grande era assicurarmi che Weiss stesse lontano da Thalia. Chi la proteggerà ora che non ci sono io?

«È qui, padrona. L’ospite è qui.»

La voce di Tilly argina il fiume in piena che quell’ultima domanda ha generato. Mi volto verso di lei, dunque, e annuisco in silenzio. Dopodiché avanzo con lentezza lungo la stanza e fino alle scale. Ogni passo rimbomba nell’ambiente vuoto e, per ciascun gradino che discendo, lo scricchiolio del legno si fa annunciatore dei miei movimenti. Del resto, non voglio nascondermi.
Il cappuccio del mantello scuro giace sotto l’argentea coltre di capelli che ricalcano il profilo della schiena, giù fin oltre le ginocchia. Il viso pallido e gli occhi di luna spiccano nella penombra desolante della dimora, rendendo impossibile non notarmi come a dire che, se anche volessi azzardare il tentativo di passare inosservata, non ci riuscirei.
Mi fermo a metà della gradinata, la bocca schiusa per la sorpresa e la punta delle dita che sfiora il corrimano. La maschera sospesa è una novità nell’ambiente del primo piano. Sono certa che l’avrei notata al mio arrivo, se fosse stata già lì. Tilly, che mi segue da vicino, si sporge appena oltre il mio fianco e osserva con sospetto la scena. È già pronta a intervenire, quando la magia svanisce e il viso giovane di Lucien Cravenmore appare agli occhi di entrambe. Le mie labbra si ricongiungono e formano un sorriso, così lieve che potresti pensare di averlo solo immaginato.
Lo raggiungo senza fretta, finché non sono di fronte a lui. So poco o niente della persona che ho di fronte, ma so perfettamente cosa voglio ottenere. È tutto qui — nella necessità prevalsa sulle altre nella lotta sconclusionata al dominio di me — il senso del nostro incontro. Non m’importa che mi riconosca, né che possa provare a convincermi a tornare a Hogwarts. Non m’importa nemmeno che il mio aspetto possa destabilizzarlo. Mentre fisso le iridi di neve nelle sue, è uno il pensiero che attraversa la mia mente e lo vocalizzo.

«Sei qui!»

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chapter one: a thiny blue velvet
L'attesa si spogliò di secondi preziosi, attraverso i quali Lucien antepose aspettative, timori ed una palpabile curiosità. Basta aspettare. Basta, aspettare. Bastava una virgola per cambiare il senso di una frase, era sufficiente un dettaglio infinitesimale per cambiare una situazione. L'imprevedibilità della vita era uno dei tanti fattori per i quali Lucien amava viverla come meglio poteva, cercando di delineare un proprio cammino nella speranza di non perdersi lungo il percorso. Era uno dei fattori che avevano contornato quell'incontro e che, unito ad una genuina curiosità alla quale non aveva potuto sottrarsi, gli aveva imposto di non mancare. Sebbene l'ingresso della strega e dell'elfa non manifestasse a primo acchito un monito di pericolo, Lucien non abbassò troppo la guardia: com'era successo con l'escamotage della maschera, anche le sembianze della strega potevano non appartenerle, stesso discorso valeva per l'elfa, e in ogni caso la sua padrona avrebbe potuto celare abilità o conoscenze potenzialmente pericolose di cui gli era concesso solo di ipotizzare l'esistenza. Tenendo a mente questi dettagli, ed augurandosi di essere in errore, egli si concentrò sul candore innaturale che risaltava sulla figura femminile. I tratti giovanili della nota campionessa del Torneo Barnabus Finkley erano stati addolciti da tinte chiarissime che la facevano somigliare all'albina che Lucien non ricordava che fosse; per non parlare delle iridi. A cosa era dovuto quel mutamento? Una ricerca di novità tipicamente adolescenziale o qualcosa di diverso? Conscio di non possedere la riposta, percosso da altre domande e nuove valutazioni - da diverso tempo non la vedeva tra le mura del castello - confermò l'affermazione di Nieve con un unico secco scatto del capo.
Designato come "ospite" dalla piccola elfa che Lucien riconobbe come emissaria della lettera, si domandò quale ruolo potesse giocare la sua presenza, fintanto che se era effettivamente Nieve il mittente, poteva riconoscere da sola le fattezze del guardiacaccia. Oltretutto, gli elfi domestici disponevano della capacità di materializzarsi in luoghi in cui ai maghi non era concesso, cosa che le avrebbe permesso di avvicinare Lucien direttamente a Hogwarts senza dare nell'occhio. Fu quando il filo di pensieri lo ricondusse alla scuola di magia che qualche tassello prese a muoversi. Che fosse quello o un altro luogo, il mago poté supporre che Nieve fosse andata o fosse intenzionata ad andare laddove le capacità magiche dell'elfa potevano tornarle utili per il tragitto e, chissà, forse anche per altro. Scaduto il tempo di utilizzo, la maschera tornò delle dimensioni di un portachiavi - che Lucien provvide a rimettere al proprio posto. Riprese la posizione eretta ed il divario d'altezza si palesò in pochi istanti, facendogli apparire l'elfa ancor più piccola di quanto la ricordasse. I nervi erano ancora tesi, la patina di sudore li rivestiva di un ingombro aggiuntivo e fastidioso. Per natura, Lucien esercitava la pazienza quando riteneva fosse necessario, altrimenti cercava sempre di raggiungere il nocciolo della questione in tempi brevi.
«Cosa vuoi da me?»
Era evidente che se una (quasi) sconosciuta aveva cercato di incontrarlo, doveva volere qualcosa da lui. Marginale, ma non per questo di minor importanza, la riservatezza di quell'incontro. Nieve avrebbe potuto fargli recapitare la missiva potenzialmente intercettabile via gufo, invece aveva scelto di mandare quella che suppose fosse la sua elfa domestica, quasi volesse assicurarsi che la ricevette. O che nessun altro oltre a lui ne leggesse il contenuto. Senza contare il luogo dell'incontro che, ancor dai tempi in cui era lui studente, godeva della fama di offrire riservatezza a qualunque affare non si desiderasse sbandierare alla luce del sole. Qualcosa aveva spinto la Grifondoro a volerlo incontrare in un luogo appartato che non fosse quello più logico e scontato, dato che in teoria entrambi spendevano la maggior parte del tempo a Hogwarts. Dove, ricordava, non l'aveva vista per diversi mesi.
Cosa poteva mai volere da lui Nieve che non potesse essere trascritto su una pergamena?


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Odo la domanda e provo a mettermi nei panni del mio interlocutore, senza tuttavia riuscirci. Suppongo che non sia semplice venire scomodato da una ragazzina per una ragione non meglio precisata. Per quello che ne sa Lucien Cravenmore, potrei essere in vena di bizze e pretendere ch’egli assecondi i miei capricci.
Per sua fortuna, o forse no, non sono gli umori adolescenziali a muovermi, bensì un bisogno radicato nelle profondità di ciò che rimane della mia anima — se mai ne ho avuta una. E ho intenzione di condividere con lui le informazioni necessarie per evitargli qualsiasi lungaggine. Non voglio che perda tempo e, ovviamente, non voglio perderne neppure io.

«Thestral» rispondo, laconica, con gli occhi ancora fissi nei suoi. La mia voce risuona bassa e roca, come di chi non sia abituato ad usarla per più di poche battute. Provo a schiarirla, ma non ho successo. «Ci sono delle domande che vorrei porti sui thestral» spiego meglio. «Lo chiedo a te perché ho bisogno del tuo aiuto, non delle tue premure. Voglio soltanto portare a termine qualcosa, sapere se è fattibile ed eventualmente farlo insieme a te per essere certa di non commettere errori. Lo chiedo a te perché sei uno sconosciuto e non ti importa nulla di me. E così dev’essere.»
La franchezza nella mia voce è quasi spiacevole. Non perché non mi sia presa la briga di chiedere se sia disposto a farlo, non perché non gli abbia parlato ancora di un compenso, non perché stia temporeggiando nel dirgli quale sia in effetti il mio piano. È la compostezza apatica che emana dalla mia figura, il rigore gelido che mi ricopre a mettere a disagio. Se mai sono stata la Nieve Rigos che tutti hanno conosciuto a Hogwarts, quella che si trova adesso davanti a Lucien Cravenmore è la gemella altolocata ma senz’anima.
Probabilmente, non giova alla conversazione il fatto che abbia dato per scontato cosa provi l’altra persona nei miei confronti. Non è protervia, la mia, quanto semplice logica. Il Guardiacaccia non è soltanto uno sconosciuto, ma è giovane ed è un uomo: in base al mio vissuto, questo può significare soltanto disinteresse. Un adulto — ammesso che non abbia la mente storpiata dalla depravazione — vorrebbe riportarmi sulla via che mi sono lasciata così brutalmente alle spalle. Una donna vorrebbe accudirmi. Un mio pari sarebbe spinto dall’empatia a sposare la mia causa, a volermi bene quasi gratuitamente. Un ragazzo nel fiore degli anni, pieno di obiettivi e col mondo ai suoi piedi, può vedere in me soltanto una scocciatura. E mi appaga che sia così.
Compio un accenno di piroetta e avanzo di qualche passo verso la mia sinistra, oltrepassando l’arco che conduce in quel che rimane di un salotto. La bocca del camino è vuota come quella di un vecchio i cui denti siano marciti. La finestra, parzialmente coperta da alcune assi, permette ai raggi lunari di rischiarare le tenebre della casa.
«Voglio sapere se i Thestral vivono per forza in gruppo coi loro simili e cosa comporti per loro essere allontanati dal luogo in cui stazionano. Possono davvero affrontare viaggi lunghi senza sentire fatica? E quante persone possono portare in groppa?»
La valanga di domande con cui la mia voce di flauto l’ha investito scivola nello spazio che ci separa con insolita leggiadria. Mentre parlo, riesco a immaginare perfettamente le fasi di ciò che vorrei si compisse stasera. Al mio fianco, vedo proprio lo sconosciuto verso il quale puntano di nuovo i miei occhi, adesso. Sul suo viso, scorgo un’intensità che mi affascina come la luce fa con le falene: non riesco più a vivere col medesimo abbandono, ma ricordo di averlo fatto e ricordo quanto mi piacesse. A tratti, provo invidia per Lucien Cravenmore e la brama di cui sembra impastata la sua aura.
«Oh! Grazie per essere venuto, soprattutto.»
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chapter one: a thiny blue velvet
Nieve gli sembra un unicorno trasfigurato in un umano, sul volto ancora spiccano flebili indizi che ne suggeriscono le origini magiche. Ma Lucien può solo lasciarsi ammaliare dalle proprie fantasiose impressioni, giacché di lei non conosce praticamente nulla. Lascia che le suggestioni solletichino il suo interesse senza farsene sopraffare; la propria natura gli impone cautela perciò la squadra con un misto di curiosità e prudenza, come farebbe con qualsiasi sconosciuto, o un potenziale nemico. Avrebbe potuto scegliere di non presenziare all'incontro ma così non è stato e qualcosa gli dice che potrebbe aver compiuto la scelta migliore, ma si riserva del tempo senza azzardare conclusioni affrettate. In lei rivedere la crudeltà dell'adolescenza, scevra di compromessi ma piena di provocazioni e di coraggio. Come un rotolo di pergamena stretto da un nastro di seta, il contenuto segreto, il motivo di quell'incontro, si srotola più rapidamente di quanto avesse sperato attraverso una voce limpida e piacevole all'udito. Molto bene: lui apprezza chi non gira intorno alle cose arrivando subito al nocciolo della questione, ancor più se lo fa con chiarezza e senza sottaciere i dettagli; non na particolare fretta, basta arrivarci. La schiettezza che anima le parole della strega è l'eco della sua giovinezza, ma la rigida freddezza abbraccia una lucidità che lascia intendere quanto dietro possa celarsi. Il suo modo di porsi non è il classico che normalmente guida l'approccio dei suoi coetanei e sicuramente lo incuriosisce. Non gli è totalmente nuovo, visto che da tempo sua sorella minore Océane ne è preda compiacente e si domanda se le due possano aver un qualche tipo di legame; tra simili ci si riconosce, si dice.
Il francese scandaglia le parole di Nieve, memorizza i punti salienti e, silente, resta in attesa di sentirla approfondire punto per punto. A differenza di lei non muove un arto, preferendo restare per il momento nel punto esatto dove si è fatto trovare. Quando incatena il proprio sguardo al suo, finalmente un sorriso agrodolce si dipinge sul suo volto atono e solo allora decide di riprendere parola.
«Sono creature sociali che vivono in branchi presieduti da una gerarchia molto indulgente, atta a prevenire il caos. Se se ne staccano, godendo di discrete doti di adattabilità possono vivere anche in solitudine, purché in un ambiente che rispecchi il più possibile i loro biomi naturali. Parliamo di luoghi bui e silenziosi dove è improbabile che vengano disturbati; come grotte, giungle e paludi. Alla lunga, però, se l'esemplare è giovane cercherà di riprodursi, quindi di raggiungere un suo simile.» Leggi della natura erano insindacabili e piegarsi risultava necessario tanto ai Therstal quanto a qualsiasi altra creatura. Era implicito che si sarebbe potuto evitare che la creatura cercasse un altro esemplare per riprodursi, con la conseguenza di intaccare la sua serenità psichica e, diametralmente, fisica. Travolgente, Lucien si bea di pochi respiri di aria viziosa prima di proseguire. «Maggiore sarà il tempo trascorso assieme ad un branco, commisurato sarà l'impatto derivante dal distacco. Cruciale per una rapida adattabilità sarà il luogo dove dovrà vivere, eventuali creature che lo popolano e che potrebbero affaticare emotivamente o fisicamente il Therstal, ad esempio a fronte di eventuali scontri per il dominio del territorio o opportunità di prede. Un minor affaticamento fisico ed emotivo più fare davvero la differenza, non a caso quelli che dimorano a Hogwarts che non devono necessariamente procacciare cibo o scontrarsi con creature ostili risultano sereni e mansueti. Parlando invece di uno spostamento di massa, potendo avvalersi degli stessi compagni di branco, il cambiamento avrà un impatto molto più lieve e potrebbero necessitare di pochi giorni di assestamento. Si aiuteranno vicendevolmente, con una devozione che altre creature possono solo invidiare.»
La Dama Bianca, questo il nome attribuito alla sigaretta di pergamena pressata nelle tasche dei pantaloni strizzaboccini che Lucien indossa quella sera. Una delle sue ultime creazioni, tra le tante che l'hanno preceduta, miscela erbe che inducono uno stato di euforia, vigilanza e prudenza: una catarsi dei sensi, come la piega che ha preso la sua vita da quando ha intrapreso la strada che lo ha confinato nella piccola capanna a Hogwarts. Da quel giorno molte cose sono mutate, più rapidamente di quanto avesse preventivato, e non c'è stato giorno in cui abbia rimpianto la sua scelta. La pesca e puntandovi contro il catalizzatore l'accende con gesti metodici, lasciando che una scia di fumo si disperda nella stanza.
«Possono affrontare viaggi lunghi senza accusare eccessiva fatica, si, a patto che al momento della partenza siano ben nutriti e psicologicamente sereni. Chiaramente, se lo spostamento avviene in massa sarà anche più piacevole per loro e sentendosi motivati renderanno il doppio, garantendo un viaggio rapido e senza intoppi da parte loro. Un'abilità estremamente importante che li distingue è la capacità di volare a velocità incredibili, forse più veloci perfino di una Firebolt, a causa della loro struttura leggera. Inoltre, le loro ali creano uno spazio sufficiente per essere cavalcati da due passeggeri.»
La sigaretta se ne sta ammollata tra le sue labbra, scossa da tremiti in accordo ai movimenti che la spostano pigramente da una parte all'altra, le parole fluiscono copiose assieme al fumo dall'odore pungente.
«Spero di essere stato abbastanza esaustivo.» Un ghigno mefistofelico gli indurisce i tratti, ben conscio di non poter ottenere risposta negativa. È pronto a zittirsi nuovamente, così da ascoltare nello specifico ciò che Nieve ha fino a quel momento solo sbocconcellato. Avido di scoprire cosa la studentessa desideri portare a termine e in che modo eventualmente possa includerlo. Si domanda perché non abbia commentato la sua credenza di non importargli minimamente. Forse crede non le importi di lei nell'accezione più dolce del termine e potrebbe aver ragione, ma sicuramente ha stuzzicato in lui una curiosità che la rende, ai suoi occhi, decisamente una figura di valore.

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Hogwarts mi manca.
Me ne rendo conto a mano a mano che le parole fluiscono dalla bocca dell’altro e riportano a galla, nitidi come sorrisi messi a fuoco da una cinepresa, i ricordi della mia vita scolastica. Percepisco il profumo della radura di Cura delle Creature Magiche, la solidità minimale della Firebolt stretta tra le cosce, il sapore amarognolo delle bacche consumate in solitudine nella Foresta Proibita… Be’, non proprio in solitudine!
Una mezza smorfia sghemba raggiunge la mia bocca e ne arriccia gli angoli all’insù. Chino lo sguardo verso il basso, umetto il labbro inferiore con la lingua e scuoto il capo. La criniera d’argento mi segue, distrubuendosi con dolcezza sulle spalle e attorno al mio viso.

«Nieve Rigos, il Caos fatto persona, prova un fascino quasi ancestrale per creature che lo rifuggono. Se non fosse una gran bastarda, amerei l’ironia della sorte.»
Il commento viene al mondo con naturalezza, come se stessi parlando con un vecchio amico e potessi permettermi il lusso di esprimermi senza riserve. Il fatto è che io, di amici, non ne ho più né mi è concesso di averne. Forse è questo a rendermi così distesa in presenza di Lucien. Non abbiamo dei trascorsi, pur avendo frequentato lo stesso istituto sotto ruoli differenti. Di lui, ora che ci penso, ricordo soltanto qualche pettegolezzo pronunciato a fior di labbra da alcune ragazze invaghite.
Questo frammento di memoria mi induce a risollevare lo sguardo e a scrutarlo con più attenzione. Finora, l’ho osservato a malapena, vedendo in lui non una persona in carne e ossa ma un mezzo da usare per raggiungere un obiettivo. Quando una boccata di fumo induce la combustione e la punta della sigaretta sparge di una calda luce arancione i suoi lineamenti, convengo che, sì, una volta tanto le dicerie hanno un fondamento; sicuramente più di quelle sul Midnight.
Lo trovo affascinante più che bello — maliardo.
«Ti sono grata per la spiegazione» dico ed è soltanto il preludio di un discorso assai più denso. Con un movimento secco delle dita, apro la spilla di preziosi che allaccia il mantello al collo e me ne disfo. Leggera, la cappa scivola sulla mia pelle diafana e si deposita con un tonfo sul pavimento polveroso. «Immagino che te ne aspetti una altrettanto accurata». Abbozzo un cenno d’intesa con le sopracciglia e un ghigno. L’abito di seta color perla che copre il mio corpo crea un contrasto ambiguo con l’ambiente in cui ci troviamo: è troppo prezioso per essere portato in questo bugigattolo dimenticato da Dio. Io, però, appartengo ai bassifondi ed essi mi si addicono al punto da rendermi perfetta esattamente dove sono, così come sono. «E l’avrai».
Taglio la stanza con una sfilata posata, priva di pretese. Non ho consapevolezza di quanto le mie movenze ricordino quelle di Astaroth. Più passa il tempo e, per ogni capo di vestiario suo che indosso, più perdo un pezzetto di me stessa e lo sacrifico alla memoria di lei. Non voglio emularla, perché non mi sentirei mai alla sua altezza. È solo che è così presente nei miei pensieri — nella mia carne — che non so più dove finisco io e dove incominci lei.
«Sempre che tu sia disposto a condividere» concludo, quando ho raggiunto l’arco che ci separa e sono abbastanza vicina da mostrargli ogni sfumatura d’espressione. Gli permetto di vedere, l’ho sempre fatto, ma non gli spiego l’enigma che sta sotto. Allungo la mano, richiudendo appena anulare, mignolo e pollice dimodoché risalti la posizione di indice e medio. «Per favore, ovviamente.»
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Sibillina, la frase con cui Nieve sciorina una personale considerazione di sè ha un retrogusto teatrale e d'impatto. Di nuovo Lucien seziona le sue parole, ne artiglia alcune, ne allontana altre, vi riflette e le rivolge un'espressione soddisfatta. Lo attrae lo specchio delle emozioni umane, così come il fatto che ciascuno possa avere una visione del prossimo che può coincidere o meno con quella che i diretti interessati hanno. È una caccia al tesoro fatta di indizi, il premio la comprensione dell'individuo - mmesso che sia possibile giungere davvero ad una conoscenza così completa ed intima. Lucien apprezza l'apertura che Nieve mostra senza accenno di incertezza, tale da farla apparire talmente a proprio agio in sua presenza, da permettersi dettagli spiccatamente personali; il mago sa di non poterla ricambiare, d'altronde non è nella sua indole svelare dettagli intimi che i suoi interlocutori potrebbero apprendere con fatica e pazienza. Perciò si limita ad un cenno del mento acuminato, espirando più a lungo di quanto sia normale fare.
«Non avevo precise aspettative prima e non ne ho adesso. Stupiscimi» Cristallino quanto un Hyalinobatrachium pellucidum, nota anche come rana di vetro, lascia che la punta della lingua frizioni lungo la superficie ruvida della pergamena, in un gesto invisibile alla sua interlocutrice che denota un momento di riflessione. Nemmeno Lucien saprebbe asserire cosa si aspetti da lei. Non gli servono papiri di spiegazioni, né frasi ermetiche: gli basterebbe solo capire fino alla fine quale ruolo potrebbe avere nelle questioni personali di Nieve Rigos. La sua altro non è che una mite esortazione a renderlo partecipe della femminee intenzioni, in modo da capire quale ruolo potrebbe avere e decidere se assecondarla.
Nel frattempo, la figlia di Godric gli assicura che avrà quanto desidera e, in risposta, Lucien si limita a schiudere le labbra ed accentuarne le curve che formano piccoli avvallamenti oscuri. Impreziosisce la promessa con un altro tipo di rivelazione, stavolta più materico che rivela un corpo fino a quel momento celato dal drappeggi del mantello. Ad occultare il dovuto, un abito di seta color perla che stride in quell'ambiente fatiscente. «La principessa di ghiaccio» Un bisbiglio arrochito offre un titolo a quella che, per l'esteta che alberga in Lucien Cravenmoore, è una rappresentazione molto gradevole della realtà. Non è chiaro se l'allusione al ghiaccio sia imputabile al rigore targato Rigos o più banalmente alle tonalità opaline del suo incarnato, agli occhi di luna ed in generale ad un aspetto che non era quello che ricordava, e non si spende in spiegazioni.
L'improvviso quanto inaspettato avvicinamento ha l'effetto di far apparire ai suoi occhi lo scheletro della vecchia casa vittoriana rischiarato. Il gesto che ne consegue si macchia di sottintesi che non gli sono nuovi, specie da chi condivide con lei la divisa scolastica. Immediato lo colpisce il ricordo della Lynch durante la festa a Villa Scott, quando Lucien le offrì il fumo e lei di rimando e giocosamente la manipolò affinché animasse ulteriormente la festa sfruttando la Buopesto senza che fosse lui a doversi sporcare le mani.
Con uno scatto improvviso il francese accorcia ulteriormente la distanza che li separa, dopo aver aspirato con rinnovata voracità il fumo dalla sigaretta e ghermita con la mancina. Lo lascia rincorrersi nella bocca per qualche istante, poi lo espira con impeto e studiata mira verso Nieve, con la speranza che ella lo risucchi. È un gioco puerile che era solito fare quando indossava lui la divisa di Hogwarts, i più lo chiamavano Bacio della morte e, se si era fortunati, poteva instillare una sorta di eccitazione particolare con giramento di testa e tachicardia. Dunque si ritrae, tornado a far combaciare le scapole contro il divano impolverato che cigola sotto il peso dei suoi movimenti. A quel punto gli basta allungare il braccio come una marionetta sproporzionata per incastrare la sigaretta tra l'indice e medio della ragazza.
«Sono tante le cose che si possono condividere e vi sono differenti modi per farlo» Come da esempio fumoso. Gli occhi limpidi come acqua di torrente e insidiosi, la piega beffarda delle labbra piene, radi i movimenti che ancora animano il suo corpo. «Di preciso cosa vorresti condividere con me?» L'accenno di un cipiglio fa il proprio ingresso tronfio sulla parte superiore del viso «...e è pratico quel vestito per portare a termine quel qualcosa che posso presumere centri con i cavalli alati?»

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view post Posted on 18/11/2021, 16:04
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Inspiro a occhi chiusi, le labbra congiunte con garbo.
Se Lucien si era aspettato di mettere in atto lo stesso gioco dei suoi anni da adolescente, devo proprio averlo deluso e la cosa non mi stupirebbe, se solo avessi contezza delle intenzioni di lui. Sono sempre stata la nota stonata dello spartito, la figura fuori posto nel gruppo con le altre.
So bene che i miei modi e la scena che si sta consumando possono dare una certa impressione, ma non c’è volontaria malizia nelle azioni che ho compiuto finora. Una fiammella sgargiante si accende sul fondo del mio ventre solo quando Lucien si azzarda a sfiorarmi, con quel suo gioco di sottintesi sulle plurime declinazioni del condividere.
Una risata bassa e roca risuona nella mia mente; e un calore denso si espande dentro di me, poco alla volta, mentre porto la sigaretta alla bocca. Delle droghe che ho usato negli ultimi mesi, il sesso rimane la migliore: sprigiona il necessario per alleviare le mie pene senza ottundermi completamente i sensi. Quando ho chiesto a Tilly di recapitare il messaggio al giovane Cravenmore, non avevo valutato la possibilità che la nostra collaborazione potesse diventare… fruttifera su più fronti. Adesso, mi si dischiude una realtà nuova, arricchita, che una parte di me già brama di possedere.
«Se dovesse non rivelarsi pratico, mi limiterò a toglierlo» dico, flemmatica, col tono di una considerazione ovvia. Le ultime tracce del fumo che ho inspirato svaniscono sotto il mio sguardo ora liquido. «Sono una persona molto pratica» aggiungo per completezza d’informazioni.

Torno a percorrere la stanza a piccoli passi. Una sensazione sconosciuta risale dal mio petto su fino alle tempie. Qualunque sia la sostanza contenuta nel sottile involto di pergamena che brucia ancora tra le mie labbra, è evidente che Lucien Cravenmore sappia come trattarsi bene. Le variabili di quest’equazione, realizzo, stanno cambiando in fretta e in direzioni che non avevo preventivato — mi piace.
Un lampo della vecchia me mi strappa una smorfia amara: Thalia impazzirebbe a non avere il controllo di sé e della situazione. È un pensiero nel quale non posso permettermi di indugiare, però. Né ora né mai.
«Un anno fa, ho incontrato un thestral nella Foresta Proibita» inizio e un velo di meraviglia cosparge le mie parole, come se non riuscissi a credere al mio stesso racconto. «Ero andata lì di notte perché…» Condividere i dettagli del mio mancato suicidio non mi sembra il giusto modo per riuscire a ottenere la collaborazione di Lucien, realizzo, «... avevo fatto un incubo e sono andata in uno dei pochi posti in cui riuscissi a sentirmi non giudicata» devio con una riflessione inattesa perfino alle mie orecchie. «Sai come funziona a scuola: si aspettano certe cose da te e, se finisci sotto i riflettori, è la fine. Non ti liberi più dell’attenzione delle persone. Io, in quel periodo, ero nel mirino per via del Barnabus» “e delle scopate che facevano supporre continui intrallazzi amorosi, anche se io volevo soltanto una valvola di sfogo momentanea” tralascio di aggiungere, zittendo la voce che rievoca il nome di Kurt, «e avevo la sensazione di non essere mai da sola o lasciata in pace. Quindi, mi rifugiavo nella Foresta Proibita per ovviare al problema. Giusto per darti un po’ di contesto!»
Sorrido, smargiassa, prima di aspirare un’altra boccata di fumo e restituire la sigaretta al suo legittimo proprietario. Il mio sguardo incrocia quello di Tilly e non posso fare a meno di notare l’attenzione con la quale ascolta il racconto. Sa poco o nulla della mia vita prima di Villa dei Gigli e ogni nuova informazione la aiuta a farsi un’idea più chiara su di me. Non m’importa. So che non mi giudicherebbe mai. È legata a me da un giuramento che le impedisce di farlo, ma c’è di più. L’avermi accudita nei mesi immediatamente successivi alla morte di Astaroth ha rinsaldato il nostro legame. Io non vedo in lei una serva, del resto, e non l’ho mai trattata come tale. Dopo anni di invisibilità come domestica di una famiglia altolocata, dev’essere una novità non da poco per lei. Le vedo nei suoi occhi grandi quando mi parla, le radici dell’affetto che ha attecchito là dove le batte il cuoricino.
«Non è stato un incontro fine a sé stesso. Sono riuscita a cavalcarlo altre volte dopo la prima. C’era una sorta di muto accordo tra di noi, che ci spingeva a trovarci l’un l’altra e a tenerci compagnia nella sicurezza data di una solitudine condivisa. Non l’ho mai visto in compagnia di altri esemplari e ha…» Stringo il pugno e una lama di luce investe le cicatrici a raggiera sul dorso della mia mano. «Ha delle cicatrici su tutto il corpo. Penso che gli abbiano fatto del male». “Come ne hanno fatto a me” potrei aggiungere, se non pensassi di essere la carnefice nella storia di qualcun’altra e non fossi convinta di essere una sciagura che meriti ogni stilla di sofferenza patita. «Voglio portarlo con me nel posto in cui abito» taglio corto, creando un nuovo incastro tra i miei occhi e quelli di Lucien. Distendo la posa della mano, incurante dei solchi lasciati sulla carne dalla pressione delle unghie. Le ombre si rincorrono sul mio viso, attorno alle iridi lunari. «È qui che entri in gioco tu!»
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view post Posted on 29/11/2021, 14:03
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chapter one: a thiny blue velvet
Granitica, non v'è modo di sondare ciò che danza nella mente della giovane strega, anche se Lucien potesse avvalersi della Legilimanzia. Non gli resta che richiudersi nell'ignoranza imposta, che tanto aborrisce, traslocando l'umore verso il positivo interesse che la figura di Nieve, con i suoi molteplici misteri, sta smuovendo in lui. Prima in un modo, poi in un altro. Impiega poco a collocarlo e, come di consueto, non è capace di ignorarlo, percependo l’affanno montargli nel petto. Già, perché prima che Nieve e la sua elfa facessero il loro ingresso nella Stamberga, il francese aveva paventato un distacco e disinteresse totale da parte propria nei riguardi di una situazione che riteneva potenzialmente pericolosa. Ora si rende conto non essere più così e le novità che non rientrano in uno schema logico mentale lo destabilizzano un poco. La stizza gli ottunde la mente, scomoda e implacabile.
«Anch'io» le fa eco a denti stretti, carezzando un ben più vasto pragmatismo che sembra affluire in entrambi. L'ipotesi che la seta smetta parallelamente di evidenziare e celare gli avvallamenti di quel corpo sconosciuto non incide la fetta più razionale del suo essere e per quel decoro che tanto gli è difficile mostrare, evita commenti superflui. Si rende conto che anche lui, esageratamente coperto vista la calura che impera in quel periodo dell'anno, può apparire singolare quanto Nieve con quell'abito pregiato stagliata come una dea contro le pareti dell'Inferno.
Si limita ad osservarla mappare lo spazio angusto, restio ad immolarsi in movimenti di cui non sente necessità e restio a rischiare di incrinare il fragile equilibrio che sembra la stia inducendo ad aprirsi.
Apprende così i contorni di quella che appare una fiaba solo perché narrata da una voce cristallina ma che racchiude, nelle pieghe più marcate, sentimenti e scomodità che non gli sono nuovi. «Grazie» replica sardonico mentre si riappropria della sigaretta tirando una boccata più impetuosa del previsto. In antitesi alle ondate di parole che gli stanno solleticando le orecchie, il mutismo di Lucien rivela il suo totale interesse verso ciò che la studentessa ha da rivelargli. Tace finché non assimila ogni spazio fra le sillabe ed ogni attesa dovuta. Quando si riappropria del silenzio, decide di divorarlo partendo da un punto diverso da quello raggiunto dalla strega; descrivendo parallelamente un arco di fumo trascinando la sigaretta con indice e medio.
«Lei è Clair de Lune. Rappresenta il tempo rubato e gioca su diversi contrasti che forse stai già percependo in maniera lieve. L'armonia delle piante che la compongono è fortemente suggestiva e crea un'atmosfera rarefatta, in bilico sull'attesa di qualcosa di più, un dardo di luce che rischiari le tenebre della mente» Servile, ella si lascia risucchiare dalle labbra del mago e sbuffa in piccole volute di fumo ad anello. «A suo tempo ho attribuito anch'io alla Foresta Proibita, per quando pericolosa potesse essere, la valenza di rifugio e sebbene le mie motivazioni fossero differenti dalle tue, so cosa vuol dire voler rifuggire le indesiderate attenzioni altrui; per indole e necessità. Lo ritenevo tempo sottratto a me e a chi lo spendeva per qualcosa di non richiesto.» Nolente, da studente si era trovato spesso nel mirino della gente, tra docenti che non sopportavano quella che consideravano albagia - mentre altro non era che una mente brillante e forse troppo preparata che evidenziava inesattezze e vomitava domande calibrate per la sola sete di conoscenza - e la fama derivata dal commercio sottobanco di pozioni e sigarette, scomodi interessi per nulla illibati da parte di coetanei e qualche significativo traguardo personale, la sua indole solitaria aveva accusato e preteso un'azione tempestiva, sebbene non risolutiva.
La confessione, se così la si vuole appellare, non desidera farsi carico di empatia verso il vissuto di Nieve, semplicemente si sposa con l'essenza della creazione che hanno condiviso, e desidera farglielo sapere.
«Mi stupisce e rincresce che tu sia riuscita a vedere un Therstal e sono ancor più colpito dal fatto che sia riuscita a cavalcarlo!» Sbatte le palpebre e scruta i suoi occhi d'avorio, leggendovi una sfumatura di spacconaggine giovanile. L’aria, satura dell’attesa di dare un motivo a quell'accatastarsi di eventi, è ora sazia della rivelazione di Nieve. È la curiosità che sobbolle in lui a spingerlo metaforicamente a compiere un altro passo verso di lei, in favore della causa appena espressa. Sospira rumorosamente, lasciando che il fumo spiri dalle piccole narici. «L'esemplare che hai descritto non credo appartenga al branco di Hogwarts. Se in passato è stato diversamente, deve essersene staccato prima del mio arrivo» oppure allontanato, ipotizza «I maschi dominanti spesso combattono per stabilire il dominio su un branco e quello sconfitto viene relegato nei ranghi inferiori della gerarchia. Non tutti lo accettano e possono allontanarsi. Il tuo amico potrebbe non essere stato pronto per affrontare da solo i pericoli concernenti la foresta e aver fatto brutti incontri che hanno lasciato il segno. Comunque, sono più propenso a credere che non sia appartenuto al gruppo che controllo quotidianamente; le recinzioni sono piuttosto sicure» seppur non infallibili, ammette tacitamente a sé stesso. La sua è più una riflessione a voce alta che una condivisione di informazioni utili, sicché passa rapidamente al cuore della questione. Non è tipo da tergiversare e, se può, arriva subito al nocciolo spolpando il resto.
«L'estensione della Foresta Proibita è notevole, ma dovrei riuscire a trovarlo senza troppi problemi. Il fatto che abbiate già instaurato un legame agevolerà e velocizzerà le cose» Come li avrebbe recuperato, Nieve lo avrebbe scoperto una volta raggiunta la macchia d'alberi d'alto fusto, arbusti, suffrutici ed erbe. Arriccia le labbra, qualche diramazione sulla fronte si evidenzia ed i pensieri fluiscono decisi. Le passate richieste della ragazza circa le potenzialità della razza acquisiscono un senso stabile che ben si incastra nel puzzle che sta prendendo forma, e cui comprende come può farne parte. «Non passeremo per il castello, che sebbene piuttosto spoglio di vita umana non essendo ancora riprese le lezioni, rappresenta ugualmente un'incognita. Sfrutteremo il passaggio che da qui conduce alla base del Platano Picchiatore, da lì ci inoltreremo nella foresta» Lancia uno sguardo al mantello di cui Nieve si è disfatta, abbandonato sulle assi marcescenti: sembra quello della disillusione che indossa anche lui. Si augura che lo sia, dacché sottrarsi alla vista di umani e creature risulterebbe più semplice. Con uno scatto ferino Lucien ritrova la posizione eretta e con poche falcate raggiunge la giovane strega, sovrastandola in altezza come accade praticamente con chiunque. «..in cambio del mio aiuto, qualche galeone mi farebbe comodo» La mancina sfiora la pregiata fattura che compone l'abito che Nieve indossa; è opinabile chiedere soldi ad una ragazzina, ma non sembra povera in canna come lui, quindi... In principio aveva pensato di chiederle di poter studiare il Therstal, ma l'idea è sfumata per i troppi impegni che gli renderebbero difficoltosa l'attuazione del proposito, che di buono implicava anche la possibilità di rivedere quella curiosa ragazza.
«Abbiamo un accordo?» La mano risale rapida, il palmo disteso in cerca del gemello per suggellare l'intesa, qualora lei accetti.
Un favore per un favore, queste le sue condizioni.

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Edited by Atonement. - 14/1/2022, 08:51
 
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view post Posted on 5/12/2021, 20:00
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È particolare rispetto ad altre cose che ho provato» commento, adesso incuriosita. Un senso di leggerezza piacevole serpeggia tra le mie sinapsi, favorendo il rilassamento. «Ha un effetto leggero ma non al punto da non sentirsi. Buongustaio!»
La concessione è accompagnata da un sorriso, una lama di luce nella penombra della Stamberga. L’edificio, temuto da molti, è per me quasi confortevole per avere vissuto la mia infanzia in una costruzione simile; in un certo senso, ancor più fatiscente. Adesso, invece, trascorro le mie notti su un soffice letto tra lenzuola di seta in una villa sontuosa che mi appartiene di diritto. Almeno, secondo la legge.
Se lo chiedete a me, rispondo che sono un’estranea in casa d’altri. Non soltanto non credo che mi si addica questo tenore di vita, ma la consapevolezza di averlo guadagnato a scapito di una persona che amavo me lo rende insopportabile. Fa male, adesso, il ricordo delle reprimende di Astaroth: mi biasimerebbe, come mi ha biasimata in passato, per questo mio ostinato sottovalutarmi. Eppure, ai miei occhi, è così evidente la stonatura da risultarmi caricaturale. Io non vedo l’agio che gli altri scorgono in me nello scrutarmi, la raffinatezza perfetta che Lucien attribuisce alla mia sagoma senza ch’io lo sappia. Ancora una volta, sento di essere la barzelletta sulla bocca di un clown.

Le spiegazioni del ragazzo catturano il mio interesse, ravvivandolo. Bevo le informazioni che mi fornisce e, per ogni scorcio di notizia che ottengo, aumenta in me la consapevolezza di essere un passo più vicina a ricongiungermi con l’esemplare che non vedo da mesi. Di tutto il bagaglio di nozioni che apprendo, a sbigottirmi di più è il riferimento a un passaggio segreto capace di condurre all’interno di Hogwarts.
Guardo Lucien con le labbra schiuse e il respiro appena più rapido, velocizzato dall’adrenalina. La miscela di erbe che ho fumato poc’anzi ne attizza i carboni, tramutandola in fuoco vivo. Il mio corpo è già teso nello sforzo dell’azione, pronto alle fasi successive che ci vedranno entrambi protagonisti. Inavvertitamente, contraggo i muscoli delle cosce per il desiderio ardente che ho di montare il Thestral. E, forse, non solo quello.
Nel mio sistema imperfetto e fuori rotta, le emozioni forti — rabbia, aspettativa, senso di sfida — si accompagnano naturalmente a un desiderio carnale perché di esso ho fatto l’unico appiglio alla mia umanità. Al momento, però, le mie brame non sono ancora rivolte verso Lucien. È l’idea di violare impunemente i confini di Hogwarts e di riappropriarmi di qualcosa di mio ad accendere le mie viscere di un calore che quasi mi dà alla testa.
Ho gli occhi liquidi quando mi rivolgo di nuovo al guardiacaccia, la bocca ridente: «Avrai il tuo compenso in monete tintinnanti, non temere» lo rassicuro con l’atteggiamento di chi sia sempre vissuta nella bambagia e non come la povera orfana che sono stata e sempre continuerò a sentirmi. La mia mano, fredda, scivola sinuosamente in quella di Lucien, poi l’aggancia con forza. «Abbiamo un accordo!»
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Edited by ~ Nieve Rigos - 5/12/2021, 22:39
 
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