| Camille Donovan ✦ 14 anni Dette un ultimo lungo sorso rigenerante al tè. Ascoltò con attenzione le parole della Docente e delle altre studentesse, non senza evitare di mostrare, per una frazione di secondo, un’espressione stupita quando vennero assegnati dei punti alla sua Casa. La Luna aveva molte cose interessanti da rivelare, dalla sua influenza sul comportamento umano, al suo stesso aspetto. In particolare, le peculiarità dei crateri e dei mari era ciò che riguardava il loro compito. Ne osservava curiosa e assorta i chiaro scuri che contraddistinguevano gli uni e gli altri, i loro contorni definiti sulla mappa lunare messa in mostra dalla Docente. A quanto pare, diverse vecchie mappe lunari come quella erano state manomesse per gioco da degli studenti decisamente malandrini. Mari e crateri aggiunti a casaccio, nomi inventati posizionati dove palesemente non dovrebbero stare, insomma, richiedeva un’accurata comparazione tra la mappa assegnata e l’Astro in roccia e polvere celeste tramite telescopio. Non sapeva cosa aspettarsi, non ne aveva mai utilizzato uno. Era nervosa all’idea e allo stesso tempo affascinata, si sarebbe impegnata al cento per cento per non combinare guai. Lo avrebbe maneggiato con la massima delicatezza, a discapito della sua solita, ma spesso celata, goffaggine. Timore verso il fragile strumento a parte, non aveva dubbi a riguardo, si sentiva abbastanza sicura. «Tutto chiaro, professoressa!» fremeva dalla voglia di procedere. Sperava che i giorni che la separavano dalla notte di Luna Piena passassero velocemente. Se anche le altre non avevano domande da fare, avrebbe posato la tazza da tè ormai vuota, prendendo poi la mappa a lei designata. Infine, una volta arrotolata con attenzione quest’ultima in modo da non rovinarla, si sarebbe rispettosamente congedata, avrebbe rimesso al suo posto l’ombrellino seguendo le compagne fuori dall’ufficio. Il sorriso sulle labbra, vogliosa di fare quella nuova esperienza. «Oh, è così…così…meraviglioso!» riuscì a dire solo questo alle altre, mentre percorrevano il corridoio. Una reazione spontanea, ma che comunque non esprimeva al meglio il mix di emozioni che provava. A breve si sarebbero divise, le giornate sarebbero tornate alla solita routine. Tutto questo, almeno, finché non fosse giunta la notte di Luna Piena. Che l’Astro avesse già cominciato a condizionarla? Così come condiziona il dilagare o il ritirarsi delle masse d’acqua?
Torre di Astronomia Erano trascorsi un paio di giorni dalla lettura dell’annuncio e dall’incontro con la Docente. In Sala Grande, al mattino, aveva raccontato del colloquio a Price, giusto per far capire al ragazzo cosa s’era perso non accorrendo assieme a lei. «Ti rendi conto! Osserveremo la Luna al telescopio, non lo trovi meraviglioso?» in risposta ottenne solamente un mugolio sommesso, del tutto disinteressato, da parte dell’altro, che era intento a leggere un articolo di Quidditch sulla Gazzetta del Profeta «Deduco che preferisci lo sport all’Astronomia, ma, ripeto, non sai cosa ti perdi!» Passò la giornata in fibrillazione, a mano a mano che il momento fatidico si avvicinava era sempre più emozionata. Toccò a malapena la cena, non vedeva l’ora di correre alla Torre. Quella sera avrebbe lasciato la Sala Comune, come d’abitudine a quell'ora, ma stavolta era diverso. Non era di ronda, gli studenti fuori dal letto per una volta non le competevano, no. Doveva incontrarsi con Gwen in Biblioteca, dopodiché assieme a lei si sarebbe recata alla Torre di Astronomia, pronta a portare a termine il compito assegnatole dalla Professoressa McLinder, nonché loro Capocasa. Lasciatasi alle spalle la Sala Grande era passata a prendere il necessario in dormitorio: la mappa (fondamentale), una piuma, una boccetta d’inchiostro e delle pergamene su cui prendere appunti. Pronta, raggiunse in poco tempo il Quarto Piano, attendendo la concasata in corridoio, appena fuori dalla porta. «Andiamo? Non vedo l’ora, lo confesso!!» l’accolse raggiante, eccitata e piena di aspettative positive. La sua “attrezzatura” che traboccava dalle braccia. Da lì, s’incamminarono verso la piccola, galattica, avventura. Aveva percorso con calma apparente il tragitto fino alla Torre di fianco alla concasata, evitando di accelerare il passo lungo la scalinata che portava alla cima. Fremeva, era vero, ma allo stesso tempo voleva gustarsi ogni istante di quell’esperienza unica. Il cielo, visto attraverso le finestre a sesto acuto che adornavano la facciata, era limpido e trapuntato di stelle. Al centro esatto di quella cornice di pietra si trovava la Luna. La vera protagonista. L’oggetto delle attenzioni delle tre ragazze. Proseguirono fino ad arrivare al punto prestabilito con l’insegnante. Come preannunciato, gli strumenti erano in posizione. Se Emma fosse già arrivata, o le avesse raggiunte in un secondo momento, l’avrebbe salutata con calore prima di rivolgersi ad entrambe con elevato entusiasmo «Siete emozionate? Io, devo essere sincera, molto!» lo si percepiva anche dal suo tono di voce «Spero di non combinare danni, hanno l'aria di dover essere maneggiati con cura…» detto ciò, si avvicinò all'oggetto della sua preoccupazione, ovvero uno dei tre telescopi. Per prima cosa distese la mappa, poggiandola poi sul pavimento di fianco a lei, accompagnata dal suo lieve fruscio. Su due angoli opposti di essa, per tenerla ferma, sistemò il resto. Adesso veniva la parte più importante: l’osservazione. Con molta cautela, dritta come un fuso di fronte ad esso, leggermente in soggezione, cominciò a studiare il telescopio che aveva scelto. L'intento era capire dov’era situata la manopola per la messa a fuoco. Quando la trovò, vi avvolse attorno, con molta delicatezza, le dita affusolate, in modo da non dover distogliere lo sguardo per muoverla in un secondo momento. Dopo essersi assicurata di quale fosse la posizione della Luna rispetto alla sua, accostò, infine, l’occhio destro all’oculare socchiudendo di riflesso il sinistro. Il freddo metallo a contatto con la pelle le provocò un brivido. Lentamente spostò il tubo ottico fino ad allinearlo con precisione all’astro ed allora, solo allora, regolò il tutto fino ad avere una visuale ottimale del corpo celeste nella sua interezza. Era meraviglioso, doveva ammetterlo. Il fascino di sentire la Luna vicina, seppur lontana migliaia e migliaia di km, come a poterla toccare quasi, avvertirne le asperità delle rocce con un rapido tocco. Qualche babbano, parecchi anni addietro, lo aveva fatto davvero e, con sincerità, in quel momento provava un pelino di sana invidia. Chissà com’era esplorare il satellite? Purtroppo ci avrebbe riflettuto un’altra volta, magari prima di addormentarsi guardando attraverso l’oblò della sua stanza. Doveva accantonare, suo malgrado, lo stupore infantile e la sua voglia di avventura per tornare a concentrarsi sul motivo per cui si trovava lì. Fece rapidamente mente locale per orientarsi e facilitarsi il più possibile il lavoro. Lo schema che voleva seguire era molto semplice: eseguire un controllo non random, ma perlustrare la superfice dettaglio per dettaglio andando in senso orario. Si mise all’opera, dapprima un po’ tentennante, piano piano prese confidenza e maggior sicurezza. Passò diverso tempo, non sapeva dire quanto, concentrata sul quadrante Est dell’Astro senza riscontrare anomalie. Aveva scrutato attentamente, partendo dal Nord fino ad arrivare al polo opposto, ovvero il Sud, confrontando ciò che le saltava all’occhio con la mappa. Zoomò all’occorrenza per verificare la correttezza dei confini e della quantità di mari segnalati, ossia le parti che risaltavano in toni più scuri. Lo stesso per i crateri. Ingrandì l’inquadratura un paio di volte quando si trovò nella zona inferiore, lì dove, presumibilmente, non lontano dal Mare Australe, sulla mappa erano segnati i crateri Stevino e Furnerius, evidentemente tra i più grandi ed importanti presenti. La posizione corrispondeva all’area che aveva preso in esame. Le manomissioni non riguardava quindi quella specifica porzione, salvata da strambe aggiunte o sottrazioni. Quando zoomò ancora un po’, muovendo con la punta delle dita la manopola avanti ed indietro quanto bastava, senza eccedere, le due macchioline luminose mostrarono i primi timidi cenni dei bordi frastagliati. Essi delineavano la parvenza di strutture circolari, straordinariamente quasi perfette. Ritornò poi ad una visione globale, spostandosi successivamente sempre più verso l’Antartide lunare. Lì qualcosa la colpi improvvisamente, o meglio fu l’assenza di qualcosa. Sulla mappa era presente una macchia nerastra, senza nome. Presumibilmente un piccolo mare, ma nella realtà che le si stava palesando davanti attraverso la lente non era presente. Per un’ulteriore verifica zoomò di nuovo, ma continuò a vedere quella zona immacolata, candida, o meglio grigiastra come la neve depositata sui marciapiedi in inverno. Non c'era nessun mare. Prese piuma e pergamena e si affrettò ad appuntarselo. Con calligrafia frenetica, tutta ghirigori, scrisse:
1. Aggiunto un mare a Sud, la posizione sulla mappa è tra il cratere Tycho ed il punto cardinale.
Il numero di “errori” riscontrati dalla Docente era solitamente tre, quindi, teoricamente, non restava che scovare i restanti due. Presa nota proseguì la ricerca. Toccava al quadrante opposto. L’osservare in modo così dettagliato, avere un contatto così vivido con la Luna le fece venire in mente le nozioni fornitele dalla madre. Le fasi, come esse influenzassero la corretta crescita delle sue preziose erbe. Se la figurava nella sua amata serra, a recuperare le delicate foglie o i ramoscelli. Se ricordava bene, il giorno del Plenilunio era il momento perfetto della raccolta. Le piante alla loro massima efficienza, le loro proprietà erano al culmine dell’efficacia. Pensieri fugaci a parte, doveva andare avanti. Tornando verso Nord, non ci mise molto a constatare una seconda incongruenza. La mappa segnava correttamente crateri e mari fino ad un certo punto, per la precisione fino a quello che era etichettato come “Mare Humorum”. Infatti, il sovrastante “Oceano Procellarum” ad Ovest sembrava avere una piccola appendice a forma di goccia, che sulla mappa però mancava. Un’appendice che, tra l’atro, stando sempre alla mappa in suo momentaneo possesso, conteneva un cratere. Quest’ultimo, però, non pareva essere stato cancellato dai malandrini, ma solo privato della sua “custodia”. Zoomò, in maniera ormai automatica, per verificare. Una volta avuta la conferma, come in precedenza, si segnò anche quel dettaglio.
2. Sparita una piccola porzione dell’Oceano Procellarum, per la precisione quella che circonda il cratere Grimaldi.
Soddisfatta, si apprestò ad andare avanti con la sua indagine. I rimanenti mari e oceani erano al loro posto, nessun frammento rimosso o aggiunto. Li controllò uno ad uno, aumentando o diminuendo l'ingrandimento quando serviva. Poi passò anche ai crateri che vi erano incastonati. Riuscì a confermarne la presenza di tre su quattro, il che significava che uno era stato messo lì per confondere il lettore, come un accessorio che stona con ciò a cui è abbinato. Il cratere incriminato era “Anularis”. Infatti, tramite il telescopio, non era visibile la tipica aura biancastra, che spiccava e cozzava con quella dei mari sullo sfondo.
3. Aggiunto un cratere nel “Mare Imbrium”.
Preso anche quell’ultimo appunto si apprestò a fare un’ultima verifica. Ripassò nuovamente e metaforicamente attraverso il mare “Serenitas” ed il mare “Tranquillitas”, così gli avevano battezzati gli Astronomi. In fondo non sembravano nomi casuali, le sensazioni che trasmettevano, così come l’Astro intero d’altronde, erano proprio di pace e tranquillità. Chissà cosa si provava a passeggiare indisturbati lassù, in assenza di gravità. Oltre la naturale leggerezza, il non sentirsi schiacciare a terra, immaginava quanto potesse essere divertente e rilassante. Poteva avvertire il petto meno oppresso, libero persino dalle ansie quotidiane, ormai spazzate via lontano nello spazio infinito. Si perse nelle sue riflessioni finché non si ricongiunse una seconda volta con il Nord, lì dove era situato il mare “Frigoris”. L’esperienza era definitivamente conclusa. Sospirò mesta, conscia di dover rientrare. Non aveva avuto sviste e mancanze di sorta, lo aveva appurato con certezza. Silenziosamente, con gesti lenti e cadenzati, ripose le sue cose e attese che anche Gwen terminasse, in modo da tornare in Sala Comune assieme. Emma, invece, l’avrebbe rivista direttamente l’indomani nell’ufficio della Docente.
Corridoio I Piano Finalmente il termine delle lezioni arrivò. Arrivò lentamente, come se il tempo non volesse scorrere. Nonostante la libertà e lo svago, forse, promessi dalle ore successive, in realtà per lei non era ancora il momento di riposare. Doveva ancora riportare le informazioni raccolte alla Professoressa McLinder. «Price, dovevi esserci, non smetterò di ripetertelo!» si lasciò sfuggire al compagno di corso. Stavano uscendo dall’aula di Pozioni, l’odore dell’ultimo intruglio preparato ancora avvolgeva entrambi. Un aroma strano e dolciastro, quasi stomachevole impregnava le divise «Lo sai ormai, sono troppo impacciato per queste cose, avrei finito sicuramente per rompere qualcosa!» la Tassorosso roteò gli occhi al cielo, quel ragazzo aveva bisogno di aumentare la sua autostima «Tanto per cominciare, oggi non hai fatto esplodere il calderone…è già un enorme passo avanti, credimi!» un semplice occhiolino, una lieve gomitatina amichevole ed incoraggiante nelle costole per poi incamminarsi, dopo averlo salutato, verso il noto ingresso della Tana. Le botti e quel tanto familiare ritmo da scandire l’attendevano. Con i polpastrelli lo batté in maniera piacevolmente automatica. Recuperò rapidamente in dormitorio le pergamene e la mappa lunare e, con calma, si diresse all’ufficio. Le scale, con suo estremo fastidio, cambiarono un paio di volte, costringendola a fare il giro più lungo. Come se non fosse già abbastanza agitata per conto suo. Aveva fatto un buon lavoro? Oppure era stato tutto inutile, così come riporre fiducia in lei? Il risultato era semplicemente un disastro? Il silenzio dei corridoi a quell’ora era assordante, faceva stranamente eco a quelle domande caotiche nella sua mente. Regnava una calma surreale. E, doveva ammetterlo, lei apprezzava. Il ticchettio delle scarpe sulla pietra del pavimento le faceva compagnia e la rilassava, il respiro nervoso e scostante si regolarizzò. Perché si stava facendo tutte quelle paranoie? Aveva fatto del suo meglio, certamente non poteva negarlo. Quando raggiunse la porta dell’Ufficio aveva di nuovo l’immancabile sorriso sul volto. Attese l’orario di ricevimento e che le altre la raggiungessero. Se, al contrario, fossero state già lì, le avrebbe comunque accolte con entusiasmo «Allora, che dite? Vi è piaciuto utilizzare il Telescopio? Io non vedo l’ora di rifarlo, anche se forse è troppo presto per riprogrammare una cosa del genere…credo» si sentiva di nuovo bambina, la stessa gioia di scoprire qualcosa di nuovo tra ciò che la circonda «Come pensate sia andata? Siete riuscite a trovare ciò che non andava nelle mappe? O meglio, siete pronte a scoprirlo…» fece un cenno verso la porta, pronta ad annunciare la loro presenza con i canonici tre colpetti di nocche e a varcare la soglia appena le altre si fossero sentite pronte.
Eccociiiiiiiiiii Allora, risultati in arrivo : - Mappa contraffatta (con gli errori cerchiati) - Mappa originale
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