Il Canto del Mare, Quest Vocazione - Parte I

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 22/1/2022, 10:57
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,915

Status:


La notte è un mantello di velluto nero avvolto intorno al giardino di Hogwarts – ne ammorbidisce i contorni, riduce i suoni a lontani ricordi delle cose. Sotto alla coltre di stelle sconosciute, tutto sembra deserto. Eppure, in qualche modo, sai di non essere solo. Lo percepisce il tuo corpo, attraversato da quel peculiare formicolio alla nuca, e tutto il tuo essere si tende verso una presenza che puoi intuire, ma non individuare.
Una brezza fredda risveglia il mormorio degli alberi ed increspa le placide onde del lago. Attirato dal gioco di piccoli frammenti di luce sulla superficie dell'acqua, il tuo sguardo ti trasporta un po' più vicino alla riva. E, anche se non c'è niente che possa fartelo pensare, improvvisamente sei certo che qualcosa si nasconda lì sotto, e che ti osservi – no, che
ti aspetti.
Il timore non ti impedisce di muovere i primi passi. Metti un piede davanti all'altro ma hai la sensazione di scivolare sull'erba bagnata di rugiada, attirato come da una calamita verso la promessa nascosta tra le onde. Arbusti di cui non ti eri accorto in precedenza ti tagliano il cammino, ma tu scosti il fogliame sempre più fitto e prosegui, incapace di arrestarti. Devi raggiungere l'acqua, devi sentire il suo tocco gelido.
Ed ecco che, dopo esserti fatto strada tra alcuni rami che ti coprivano interamente la vista, capisci di trovarti sul fondale del Lago Nero, le alghe alte come arbusti che ti solleticano le braccia nude prima che tu te le lasci alle spalle. Avvolto in uno strano chiarore verdognolo, il mondo sottomarino è meno freddo di quel che ti saresti aspettato. In lontananza la vista si perde tra le ombre, ma per qualche ragione sai che proprio in quelle zone innumerevoli occhi di pietra sono puntati su di te. Ma non è la loro presenza millenaria quella che hai percepito poco prima, e la loro ostilità indecifrabile non basta a soffocare il richiamo di qualcos'altro – qualcosa di vivo, e che al di là della sua estraneità appartiene ai tuoi ricordi e al tuo avvenire. Anche se il tuo sguardo non ha niente a cui aggrapparsi, sai che devi cercare, non ne puoi fare a meno.
Infine, giunge: il canto più bello che tu abbia mai udito. Non è solo un suono, ma un'intera gamma di sensazioni – una carezza liquida, dolce e amaro mescolati sulla lingua, un'emozione così forte da far sussultare il cuore. Ad udirlo si potrebbe impazzire, o si potrebbe diventare felici. Non è una lingua che tu conosca – forse non è nessuna lingua, ma solo lente armonie in grado di vibrare nelle ossa.
Cominci a muoverti, ad inseguire i contorni lontani di qualcosa che si definisce man mano che la cantilena prosegue languida. Ma l'acqua ti ostacola i movimenti, e sai che gli occhi di pietra nascosti nell'ombra non vogliono che tu raggiunga il fulcro della musica. Non puoi cedere, però, perché ha bisogno di te – lei ha bisogno di te, e il canto è il suo richiamo. Perché è così lontana?
L'ultima cosa che senti, prima che il buio si chiuda su di te, è un'unica parola articolata da una voce inconfondibile:
Oriveh.

Ti svegliasti di soprassalto, gli occhi improvvisamente aperti sul buio del dormitorio. Nel silenzio della notte fonda, la voce del sogno continuava a riverberare solo per te: Oriveh, ti aveva chiamato Kàlha. Pensavi di riconoscere in quel ricordo l'urgenza di una richiesta di aiuto.
Divenisti sorprendentemente consapevole del ticchettio di un orologio che da qualche parte nella stanza segnava le ore tre e quarantasette – i secondi incalzavano con insistenza, rimbombavano come passi nel cuore della notte.
Ricordavi il sogno con vividezza, ogni dettaglio si incastrava al proprio posto in una visione precisa. Un mago ordinario si sarebbe forse interrogato su un'illusione tanto curiosa, perdendoci qualche minuto in attesa di ritrovare il sonno; ma tu non eri un mago ordinario, Oliver, e sapevi fin troppo bene come l'irrazionale poteva irrompere nel tessuto fragile del presente per farsi portavoce di sentieri che sarebbe stato possibile imboccare, di altri che si stavano già dipanando.



Benvenuto nella prima parte della tua quest! Come dice il titolo stesso, si tratta più che altro di un prologo: saranno pochissimi post utili ad introdurti al meglio alla vera avventura che ti aspetta.
Temporalmente, ci troviamo nel mese di gennaio, poco dopo il rientro dalle vacanze. La situazione dovrebbe essere chiara: siamo nel dormitorio di Grifondoro, nel cuore della notte, quando ti svegli in seguito ad un sogno particolarmente vivido, forse addirittura significativo. Considera quanto descritto e muoviti come più ritieni opportuno.
Resto a disposizione per qualsiasi domanda. Divertiti!
 
Web  Top
view post Posted on 5/3/2022, 20:06
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
19,264
Location:
TARDIS

Status:



hEIXSPa
La mano sinistra sfiorò il petto ad altezza cuore. «Oliver» scandì, e lo fece lentamente, come a voler precisare sillaba dopo sillaba di un nome così semplice.
[...] e si lasciò andare ad un canto leggero, quasi dolceamaro. C'era tristezza in quella musica, c'era al contempo attrazione. Parlava di abbandono e di ritrovo, accennava agli Abissi. [...] Cantava di nostalgia, in una lingua che soltanto la Sirena avrebbe compreso.
«Il Canto del Mare»
3cAKJAW
2TKC3JM
Condanno le mie parole al vuoto, avvinte alla prigionia della carta che straccio una volta, e un'altra, e infinite volte. È una pagina violenta, quella che si presenta all'assenza: un nome, il tuo, ne interrompe il silenzio e spalanca, spalanca vertiginosamente ogni mia rivelazione. Un nome, il tuo, così vivido sulla pergamena – porta con sé il sussulto che di tanto in tanto torna a fare capolino, il singhiozzo di un pianto che diffida a sua volta: di me, di quel che potrebbe offrire, di quel che potrebbe... guarire. Sei relegata nel taccuino che stringo con me, via via dolcemente – tra le mani che tremano, sulla pelle brillante d'inchiostro. Sei nelle gocce che scivolano lontane, nel sentiero che tracciano ancor prima d'asciugarsi. Non c'è altro, su questo foglio di carta; non c'è altro, da tempo. Non scriverò nulla, nulla di più – il tuo nome, soltanto il tuo nome. E il canto della tua voce, la promessa che ho pronunciato e che tuttora, miserabile, non ho mantenuto. Condanno la tua storia al segreto, e me ne pento. Questo è il rimorso peggiore di tutta una vita, la consapevolezza d'aver peccato fin nel profondo. Avrei voluto parlare di te, avrei voluto raccontare di noi – ad amici, a familiari, alle statue. Nella mia mente s'infiamma la gloria del tuo volto, e non sei più, non sei qui, non sei che memoria. E in ogni momento felice, ho temuto d'aver fatto un torto a te, più che a chiunque altri – come posso essere felice, mi interrogavo, quando tu non ci sei. Allora sì, avrei voluto parlare di te. Del modo in cui ci siamo incontrati, del modo in cui ci siamo avvicinati, del modo in cui le nostre vite sono cambiate. Forse... forse avrei dovuto. La mia ricerca è iniziata già dopo aver abbandonato la grotta, già pronto a tornare indietro. La mia colpa, mi ripeto, è stata quella di abbandonarti – per necessità, è pur vero... ma forse, con il senno del poi, avrei potuto trovare una soluzione che non fosse drastica. E di te, ora, non ho che il ricordo, e la pietra, e l'idea di aver vissuto un sogno tramutato in incubo. Di te, ora, non ho che la paura di non vederti più. Sei via, lo sei da così tanto: il tempo, meschino, è troppo lento per seguirti. Ho indagato confini più grandi di me, appellandomi al sangue, all'acqua, al divenire. Mi sfugge quello che la mente tenta furiosamente di proteggere – di te, ora, perfino il pensiero è condannato. E sei sbiadita, e sei sfuggente, e sei una goccia d'inchiostro dispersa nel lago. Alla rimessa delle barche, qui e ora – non ci sei, dove sei. La pioggia è scrosciante, la tempesta imperversa. Chiamano il mio nome, non sei tu. Chiama il mio nome, ti ordino. Chiama il mio nome, ti prego. Nell'assalto del vento, raffiche gelide scuotono la barca – ancorata ad un nodo di tela, è tutto quel che mi resta. Il Lago Nero rinnega la mia presenza, la pergamena che ho tra le mani è bagnata, è sale, è pioggia, è gelo. Questo è il mio posto, mi dico. Un giorno, un altro, un altro ancora, il tempo infinito di chi non è abituato a contare – ed ero qui, in compagnia della mia solitudine; ed ero qui, e sono qui, e sarò qui finché ne avrò modo, finché non chiamerò il tuo nome e finché tu, tu non chiamerai il mio. Condanno le mie parole al vuoto, la carta è oramai a brandelli: il temporale ne porta via alcuni, in alto, più in alto. Una lettera che non ha messaggio, la rinuncia in partenza di chi ha perso ogni ispirazione – non sei qui, è un grido che mi spezza. E per un attimo anelo all'assenza a mia volta, e per un attimo chiudo gli occhi e scivolo, scivolo in avanti – la barca mi disprezza, pretende che vada via, mi spinge lontano. Nell'impatto che ne consegue, schegge di legno graffiano la pelle, e gli ultimi frammenti di carta filano via. No, no, no. C'era il tuo nome, sulla carta restante; il tuo nome in macerie, lettere disperse su pezzetti di pergamena. La pioggia aumenta terribilmente al punto da impregnare il mio cappotto, ed è pesante come il macigno nel cuore. Sognavo te, e di te non ho nulla. Quando tiro la fune che unisce la barca, tremo da cima a fondo – poco dopo, ferito, bagnato, disperato. Potrei apparire come uno spettro, una figura vestita di nero, un'ombra illuminata da sprazzi di tempesta. E tuoni, e lampi, e scoppi di luce e di suono, e lo sciabordio delle onde, e la mia voce che si consuma, e il tuo nome che chiamo, chiamo una volta, chiamo per l'ennesima volta. Il Canto del Lago è memoria, e tu non ci sei.
«Kàlha» Nella melodia che vibra nella lingua che appartiene al tuo nome, c'è una nota stonata che offende la bocca, perché tu non sei qui, non più. Chiudo gli occhi, ho paura – l'unica pace che mi concede il tempo è nella tua immagine, nell'etereo riverbero delle tue squame, nel profumo delle alghe e delle pietre marine. L'immagine di una casa brilla impossibile, perduta tra i confini in attesa, e in quelli – ci spero – in arrivo. E allora c'è un'ultima domanda, la stessa che mi porta alla rimessa delle barche ogni giorno, ogni singolo giorno.
Cos'è che sogni? E sei tu, in ogni sogno celeste.

***

Condanno il mio corpo all'abbandono, al tepore delle coperte di rubino; una goccia, un'altra, un'altra ancora, e il sonno s'incastra alla necessità del riposo. C'è una routine di suoni, visioni, intrecci che considero di continuo – il respiro del mio migliore amico, il dischiudersi delle foglie delle mie piante, il frusciò delle ali di Cassandra, tutto è cantilena, tutto è déjà-vu. La notte inneggia alla codardia che non ho mai creduto – e sperato – di avere. Le mie mani scivolano nell'intreccio che avvolge una conchiglia, l'unica testimonianza che mi rende lucido nella ricerca che non ho mai concluso: è stretta tra le dita, è sul petto – ascolta i battiti del cuore, ne è custode e chissà, mi piace immaginare possa portarli lontano, così lontano. Mi piace immaginare possa portarli a te, e sentire, sentirmi, sentirti. Alla rimessa della barche, oggi. E ieri, e domani.
Vorrei vederti, ovunque tu sia. Perché nei miei ricordi stai sbiadendo, e questo fa male più di ogni altra sensazione. Nel respiro del mio amico, così vicino, percepisco il ritmo della vita. E comincia a cullare anche me, fin quando tutto è buio. Ho paura dei miei sogni, così profondamente da non ricordare quando sia stata l'ultima volta ad aver dormito senza interruzioni. Il mattino, per me, ha il senso di una salvezza che ammiro e disprezzo allo stesso modo; questa notte, però, è diverso. C'è un'aspettativa che ha condizionato il mio animo nei giorni precedenti, la stessa aspettativa di visioni prossime alla realizzazione. Ma non ti vedo ancora, non ci sei – nell'ascesa del sonno, nella discesa del sogno. C'è acqua, intorno a me. C'è buio, c'è solitudine, ne ho paura. Mi accorgerò soltanto in seguito dei segni rosei sulla pelle, di come abbia stretto la conchiglia convulsamente – presago, forse, di un incubo. Nella violenza delle alghe che mi si avvinghiano contro, nelle pietre che stridono lungo il mistero, tutto in me grida di te. Ne ho consapevolezza, come un brivido lungo la schiena. Avanzo, avanzo, avanzo – dove sei, vorrei dirti; dove sei, dove sono. Ed è così breve, tutto, che per un attimo temo d'essere sempre stato sveglio: un battito di ciglia ti porta via, porta via la tua voce, porta via il tuo canto. Non ci sei, è il primo pensiero che mi attorciglia il cuore; non ho visto la tua figura, sei in dissolvenza – eppure, eppure so che sia tu, che nessun'altro possa essere stato. Cassandra è sveglia, le ali purpuree attirano l'unico riflesso degli stemmi d'oro del baldacchino; mi scruta, gli occhietti vispi – mi sporgo dal letto in cui mi trovo, il cuore è in tumulto. Allungo la mano destra per carezzarne le piume, e lei mi becca dolcemente. Sei sveglio, Oliver. Sei sveglio, ne ho certezza. Nel silenzio del mio dormitorio, è il respiro del mio migliore amico che mi guida realmente – volgo a te il mio sguardo, e sappiamo, sappiamo che sia giunto il momento. Questo, mi dico, non è un sogno. Non può esserlo, non deve. Scivolo via dalle coperte come in tensione, ogni nervo nel visibilio del ricordo avvenuto. Dove sei, penso. Dove, dove, dove. Come un'ombra, è uno zaino quello che recupero da sotto il mio letto; è la maledizione di chi come me, la certezza che tutto possa avvenire. Sarò pronto, mi dicevo. Per un giorno, per un altro, per troppo tempo – è una premonizione che ha vibrato nel profondo, mi ha distratto a lungo. Nella tracolla c'è lo stretto indispensabile, una boccetta di foglie spente è l'unica aggiunta che recupero dal comodino e infilo in una tasca; è pesante, le tavole di pietra – incastrate alla meglio – sono quello che di te mi resta, in questo zaino di promesse. Ho il timore di dimenticarti, qualora non faccia in fretta. Ho l'improvvisa percezione di ogni dettaglio, così mi sembra: il ticchettio dell'orologio, il tempo che finalmente s'arresta per noi; il borbottio di uno studente, che si gira tra le coperte; il battito di ali del Fwooper, che mi osserva incuriosito ancora una volta. E una bolla, limpida, traslucida, ad attirare spicchi di luna dalle finestre più vicine – una bolla d'acqua, è incantata, è lì dove un pesciolino mi segue, sospeso a mezz'aria. Non ho tempo, vorrei urlare. Non ho tempo, non più. Con lo zaino alle spalle, sul pigiama, recupero il primo cappotto dell'appendiabiti, è probabile che non sia mio: gli occhi sono spalancati sul buio, le ultime avvisaglie del sonno rendono tutto appannato. Ma è un'altra Vista, quella che cerco. Silenziosamente sguscio via dal dormitorio, non ho scarpe, e il contatto dei piedi sul pavimento è gelido. All'esterno, sulle ultime scale che portano al pianterreno della sala comune, mi siedo rapidamente; è quasi come lasciarsi cadere, abbandonarsi ancora. Le mani sembrano incerte quando aprono la cerniera dello zaino, tentano così di catturare l'oggetto più circolare. E tastano alla rinfusa, al buio, nonostante la bacchetta sia in una di quelle stesse tasche; non ho luce, non la voglio. Pretendo di vederti, e di vederti al buio – ho bisogno di sapere che sia tu, che sia stata davvero tu. Ho bisogno di sapere che non sia stato un sogno, perché – di me – non mi fido più. Il Cristallo è tra le mie mani, altrettanto gelido nell'incanto pericoloso che detiene. Seduto scompostamente sulla scala dei dormitori, sono da solo. Chiamo il tuo nome, di nuovo. Indago il tempo, chiudo gli occhi – è buio, è notte, tutto è assenza. Perché se tu non ci sei, non voglio luce. Perché se non sei stata tu, allora non voglio più dormire. Rivelati, impongo. Il contatto dell'indice sulla sfera di cristallo, il turbinio delle spirali del tempo – mischiatevi, distruggetevi, formatevi.
Mostrati, ordino. Mostrati, mostrati adesso. Attingo alla Vista, al buio. Alghe, pietre, canto. Ripercorro le memorie recenti nella mia mente, e accompagno il dono alla preghiera, alla più intima, vivida possibilità. Voglio tornare da te, devo tornare. Hai chiamato il mio nome.
«Kàlha» Ed io canto il tuo.

salute 396/396 • corpo 330/330 • mana 411/411 • exp 79
Inventario
Bacchetta magica
Algabranchia – in ampolla
Ciondolo Pinna di Sirena – per respirare sott'acqua per un'ora, unico
Gigantisticca, Nanosticca – in mokessino impermeabile, ingrandisce e rimpicciolisce per un turno
Fango Caldogelo – fango dei Maridi di Inverness; spalmato sul corpo prima di un’immersione in acqua e/o in luoghi gelidi all'esterno, permette di non avvertire il freddo per un’ora, max. cinque applicazioni.
Tavole di pietra – con segni incisi in lingua antica, recuperate dal Lago Nero
Anelli – tutti alla mano sinistra: Anello del Potere (blocca due turni); Anello con Acquamarina; Anello delle Sirene (dal Lago Nero, rende resistenti alle fatture)
Bracciale di Damocle – permette di lanciare un doppio incanto in un solo post, ogni sei post
Medaglione Pirata – al collo; ritrovato in una grotta marina, brucia sulla pelle per avvertire di immediato pericolo

uB3uFnI
grF9X3n
Incantesimi
I, II, III, IV Classe completa
V Classe • Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Incanto Patronus
VI Classe • Perstringo
Chiari • Stupeficium, Rituale Perfetto

Abilità & Vocazioni
Divinatore Esperto, Maridese
Materializzazione
Code • Oliver
 
Top
view post Posted on 1/5/2022, 16:47
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,915

Status:


Quanto può protrarsi un'attesa? Fino a dove si spingono la fiducia e la speranza, quanto è possibile tendere i confini del ricordo prima che esso sbiadisca nel naturale scorrere del tempo? Sarebbe stato fin troppo facile dimenticare, ma non per te, che ancora chiamavi il nome di Kàlha alla ricerca di una risposta che non arrivava mai.
Alla fine, dunque, fu lei a cercare te. Ti trascinò fuori dal sonno, ti mise in piedi e ti convinse a prepararti come per un lungo viaggio. La notte tingeva gli oggetti di ombre bluastre e nascondeva gli angoli più lontani, ma i tuoi occhi si abituarono presto. Complice l'ambiente familiare, ti muovevi con sufficiente sicurezza – qualcuno avrebbe pensato che avevi provato e riprovato quella partenza decine di volte, così da essere pronto quando finalmente lei ti avesse chiamato. Ed eccoti quindi, figura di viaggiatore curiosamente scalzo, seduto nella solitudine di un mondo addormentato. I tuoi movimenti non avevano destato nessuno, così ora potevi concentrarti senza distrazioni sull'unica visione che poteva interessarti in quel momento.
La sfera di cristallo luccicava fredda nella poca luce proveniente dalle finestre. Inizialmente, l'unica immagine distinguibile sulla sua superficie fu la tua stessa mano, bianca e spettrale. Per lo spazio di un battito di cuore o due, non avvenne nulla. Poi, le trame del tempo cominciarono a dipanarsi nelle profondità del cristallo.

È lì, davanti a te, la sua figura flessuosa un'ombra tra le tante del fondale. A farle compagnia, i contorni di una creatura più piccola, dalla grossa testa schiacciata e i tentacoli mobili.
Viaggiano, nuotano veloci in acque dolci e salate, attraverso stretti e immense distese prive di ostacoli. Ogni colpo della coda è uno strattone doloroso ad un filo che la vorrebbe ferma, vicina, ma lei sa che è suo dovere andare avanti.
Quando giungono a destinazione, nel moto regolare delle onde si può quasi percepire il canto di un mare lontano. Appeso in un cielo futuro, il primo quarto di luna ne ascolta le note. Placido, l'astro veglia su ciò che sarà – un semicerchio perfettamente illuminato di bianco, un semicerchio perfettamente nascosto dall'ombra.


La visione si interruppe, lasciandoti sulle labbra il retrogusto amaro di un incontro troppo breve, di uno scorcio fugace e indistinto, come preso da una distanza eccessiva. Non eri riuscito a distinguere i dettagli del suo viso, ma sapevi per certo che fosse lei – i suoi capelli erano cresciuti, ora fluttuavano ancora più voluminosi e selvaggi intorno alla sua testa, come una morbida corona. Si sarebbe allontanata, forse era già in viaggio: in qualche modo, aveva individuato la giusta direzione. Per quanto si allontanasse, però, sapevi che aveva chiamato il tuo nome. Non era possibile che il sogno avesse mentito, come avrebbe potuto Kàlha, laggiù nei fondali, dimenticarti? Mentre la visione parlava di abbandono e il sogno di ricerca, il punto d'incontro poteva ancora una volta rivelarsi l'attesa – solo che, questa volta, era Kàlha ad attendere te.
Ti attendeva nel futuro, oltre una distanza di tempo e di spazio. Doveva aver scelto un luogo in cui avresti potuto raggiungerla, che avresti individuato anche senza di lei. Gli unici indizi in cui potevi cercare erano i tuoi ricordi e quanto di solido ti era rimasto dopo il vostro primo e unico incontro.
Fuori dalla finestra, il primo quarto di luna gettava una luce fredda su tutte le cose.



Qualora volessi fare un'ipotesi sulla destinazione di Kàlha, non è necessario che tu mi nomini un luogo preciso già nel prossimo post: mi basta anche soltanto sapere come hai intenzione di scoprirlo.
Hai gli indizi necessari per decidere per bene la prossima mossa, quindi sfruttali al meglio.
 
Web  Top
view post Posted on 14/6/2022, 20:39
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
19,264
Location:
TARDIS

Status:



hEIXSPa
La mano sinistra sfiorò il petto ad altezza cuore. «Oliver» scandì, e lo fece lentamente, come a voler precisare sillaba dopo sillaba di un nome così semplice.
[...] e si lasciò andare ad un canto leggero, quasi dolceamaro. C'era tristezza in quella musica, c'era al contempo attrazione. Parlava di abbandono e di ritrovo, accennava agli Abissi. [...] Cantava di nostalgia, in una lingua che soltanto la Sirena avrebbe compreso.
«Il Canto del Mare»
3cAKJAW
2TKC3JM
All'apparenza, soltanto per me, è una notte pallida ad ingentilire il ricordo che ho di te. Oltre il vetro, in attesa, s'infrange la luce della luna – è un mare anche quello, sospiro. Mi piace immaginare vi siano stelle celate alla vista, nel nascondino di nubi, tinte di buio e creature d'oltre. Mi piace immaginare vi sia anche tu, in qualche luogo lontano: una costellazione, un pianeta, un punto fisso nel tempo. Mentre la mano solleva le trame future, somiglio ad uno spettro e ad un tessitore, allo stesso modo, in contemporanea: è un profilo esangue, di segni sotto e sopra la pelle, di promesse che scappano via, via da me, via da te. Segreti, una volta indelebili, che oggi perdono contatto... via da noi.
Sono stato vivo, Kàlha. Ho gustato la vita, ne ho assaporato l'indomita bellezza fin da bambino: e di chi sono stato, di chi non sono più, ora resta appena un'impronta. Mi sveglio nell'agonia di chi s'accorge d'essere spento, e di spegnersi, spegnersi giorno dopo giorno; per chi come me, Kàlha, è la disgrazia peggiore: ho perduto il sapore delle cose, sono io stesso perduto. Nell'incauta giovinezza che mi travolge, è un incedere cadenzato quello che germoglia lungo ogni passo: è una routine, è un déjà-vu, è un eterno ripetersi di volti, di sensazioni, di pianto e di grida, di silenzio. Sono stato vivo, lo sono stato: nel paradosso di chi non abbia compiuto neanche vent'anni, sento d'essere già andato, d'essere sempre meno. Adduco la colpa a chi, come te, abbia saputo cambiare me – talvolta vorrei non averti mai incontrata, vorrei non aver conosciuto il mare. Vorrei cambiare il passato, al confronto del quale oggi non c'è altro, non c'è niente.
Oggi non ci sei tu. E allora, Kàlha, di me cosa resta?

È come una tela, è un mito antico: tessere, sfilare, e l'uno e l'altro. Sei nel ricordo che si dissolve, è una cucitura che ormai non regge, non più. Anche quando la mano sfiora il cristallo, è un contatto che mi ferisce terribilmente: quante volte ho interrogato la sfera, quante volte mi sei sfuggita. Nel battito del cuore che si risveglia, è un torpore atipico – per me – ad abbandonarmi subito. Guardami, vorrei dirti. Guardami, guardami adesso. Oltre il tempo, oltre chi siamo. Guardami, Kàlha. Guardami. A cercarti, invece, sono nuovamente io, e non posso fare a meno di chiedermi se anche tu l'abbia fatto, almeno una volta; se anche tu, sporgendoti dal fondale, abbia tratteggiato il mio volto lungo la superficie dell'acqua; se anche tu, ad ogni sassolino lanciato ad increspare l'onda, abbia creduto che fosse il momento del ritrovo. Ho piantato radici, di pietra e di lacrime, sulle rive nere – quando il ghiaccio ha coperto interamente il lago, ho profanato la voce in sortilegi imprevedibili pur di spezzarne il legame, e una lastra, una lastra dopo l'altra, ho inseguito la tua memoria. Ho odiato l'inverno, Kàlha. Più di quanto non abbia mai fatto in tutta la mia vita: era una beffa continua, nell'insistenza di neve che si placava sull'acqua, e nella sfida invece che tormentava il mio cuore. Il Canto del Lago è mutato in preghiera, e in un grido, infine estinguendosi.
Ho odiato tutto di te. E ho amato tutto, tutto di te. La solitudine mi ha rovinato, perfino adesso sento d'essere cambiato: la promessa che avevo fatto a te, d'altronde, è un patto che non ho mantenuto con me. Quale misero uomo sono stato. Pur nei tentativi compiuti – di tuffi violenti, spesso disperati – non ho mai saputo cercarti, forse non ho mai voluto farlo davvero. Una parte di me ha creduto che fosse un'illusione, un sogno che non avrei dovuto più condividere – e la nostra storia è stata un segreto, forse è di questo che più mi pento.
Alla fine sei stata tu a trovarmi. Nell'eco della tua melodia, torna la bellezza di chi siamo stati e di chi io stesso potrò tornare ad essere. Ho paura, Kàlha. Ho paura di vederti per davvero, e di condannarti com'è già stato: ho paura che la sfera ti faccia male, che il cristallo avvizzisca l'unicità che ti contraddistingue; ho paura che il tempo ti uccida. Nelle occasioni in cui ho violato l'equilibrio in divenire, mi accorgo ad oggi di essere stato sempre... cauto. Codardo, forse, all'idea di indugiare in qualcosa che non avrei potuto più cambiare – finché non ti vedo, resti al sicuro. Questa notte, però, hai chiamato il mio nome. Ed io il tuo, nell'armonia di una lingua che mi è infinitamente preziosa. Sento l'angoscia dell'ignoto, è il solo tratto che mai cambia in me: la sfera tace, il cristallo è opaco nella notte distante, e io... traggo un sospiro dapprima di sollievo, e poi di blocco. Finché non ti vedo, resti al sicuro – è una frase che suona sciocca, oramai; è l'occasione per cercarti come avrei dovuto fin dall'inizio. Mi spingo oltre, oltre quanto non abbia mai avuto coraggio di fare.
Guardami. Le palpebre calano lentamente, brillano in visioni di smeraldo, d'azzurro e di notte marina; è un nuoto che sfuma in frenesia, quello che l'Occhio insegue: dove sei, dove sei, dove sei.
Il futuro è un tentacolo pericoloso: s'avvinghia alla pelle come una cicatrice, brucia costantemente pur di lasciare un marchio, una vera presenza. Lascio che m'inondi, che mi travolga come le onde del mare celato. Per un attimo sono incastrato dove già sono stato, nel tempo in cui una benda copriva lo sguardo, e un letto di sabbia mi strappava il respiro: sono oltre, oltre ogni confine. Ho creduto che la presa sulla sfera potesse farsi ferrea, a quel punto ancorandosi energicamente – invece è un contatto delicato, quello che mi porta a te. Nuoto anch'io, figura astratta. Nuoto verso te, com'è già stato. È Kherné, il primo tassello: è familiare, non potrei sbagliarmi; sulle caviglie sfavillano segni di fuoco, nel ricordo di un corpicino che stringe, stringe, stringe fino a portarmi via, fino a portarmi a te.
«Shà, Kàlha.» Canto il tuo nome, ancora una volta. Con l'attenzione all'Avvincino, sono preda di un'incredibile, mistica gratitudine: se c'è lui, ci sei tu. Diventa per me un'esclusione di dubbio, e allora gli occhi tremano, e la vista s'offusca appena – è come un'onda di mare, e io sono sabbia, e pietra, e conchiglie. Nel guizzo di coda che ti porta lontana da me, sferzo il futuro affinché non ti perda di nuovo: il corpo, spoglia mortale di chi sono, non regge il peso cui mi sto costringendo; avverto l'allarme del respiro, delle mani, della pelle ridente, e di come la veemenza dell'incontro sia un privilegio di cui non abusare. Il battito del mio cuore s'adagia alla tua rotta, e per un attimo ti sono accanto – la mia pelle sfiora la tua, è un contatto che ho sognato e che mi obbliga all'astratto. Soltanto la luna, maestosa e maledetta, rimanda alla concretezza: sei tu, siamo noi. Quando la notte s'impasta alla vista, il cristallo umilia ogni speranza nell'intreccio di nubi lattiginose, soltanto in attesa; copro gli occhi, la fronte, la bocca – la sfera mi scivola accanto, e il tintinnio mi conferma d'essere qui, d'essere ora. Resto seduto sulle scale del dormitorio, mentre il buio si veste di forme, e rinnova la promessa del giorno in cui ci incontreremo: è uno scatto, allora, quello che condiziona il movimento seguente; il volto è un fascio di nervi, è un sorriso che si disprezza nella tristezza dell'abbandono ripetuto. Cosa mi resta di te? Capisco quello che occorra fare ben prima che il cuore abbia placato il tormento. Cerco un blocco di pietra, nello zaino vicino: in fretta, così tanto da temere di strapparne la stoffa; è la bacchetta magica che giunge in soccorso, l'Abete mi sussurra parole sicure. Cosa mi resta di te? Soltanto pietra. Il ricordo di un distacco, è questo che ho di te. Eppure, nel corso del tempo, è stata questa lastra di pietra a renderti vivida in me. Non sei stata un'illusione, sei stata reale – la grotta dalla quale hai strappato il blocco, la grotta da cui sono fuggito, è l'ultima tappa del nostro viaggio. Ho sondato il segreto di simboli antichi, tracciati sulla roccia che ora stringo tra le mani: la porto al petto e ne cullo il peso, muovendomi anch'io come tante volte. Ho lasciato che incantesimi in schiera s'abbattessero sulla superficie, talvolta intenzionato a spezzarla pur di scoprirne il contenuto: è pietra, dicevo; è solo pietra. Hai voluto che fosse mia, prima che il pericolo ci separasse. Non posso dimenticare che questa pietra, questa, sia casa tua.
Scopro il sapore del mare, sulla mia bocca. Come salsedine, brucia la pelle. Mi piace credere possa essere un tuo segno, ancora un altro – potranno mai bastarmi? Con un fremito di stupore, quasi di speranza, mi stacco dalla pietra e affido all'ombra l'indagine ultima. Il mare, invece, è dentro di me: è una goccia di pianto, quella che disprezzo finché non scivola sulla bocca. Il dolore... il dolore, Kàlha, è straziante. In te, d'altronde, c'è parte di me.
Poggio la lastra sulle ginocchia piegate, volgo lo sguardo alla fine dei gradini: è la luna che mi porta da te. Nello spicchio che annuncia il futuro, è un semicerchio che non è completo – credo lo sarà, desidero lo sia con tutto il mio cuore. Vorrei interrogare le mappe di stelle, ammantarmi del velo della notte, e sparire, sparire definitivamente. Finché tremo alla possibilità che tutto sia sempre stato con me, in questa lingua d'incanto. La bacchetta, gentile, è una bussola. Non è sul palmo della mano, che l'adagio. È sulla pietra, è sull'enigma lì intrappolato. Favorito dalla certezza che ci incontreremo – il pregio del tempo svelato – mi affido alla fiducia che porta entrambi vicini. Guardami, dico. Oltre il tempo, oltre il mare, oltre la terra. Guardami.
«Guidami.» Canto, dolcemente – un suono tribale, mistico, che s'amalgama ad una poesia. Parlo nella tua lingua: di te non ho che pietra, ricordo e melodia degli abissi. Allora sì, torno da te.
E tu, Sirena, guidami.
salute 396/396 • corpo 330/330 • mana 411/411 • exp 79
Inventario
Bacchetta magica
Algabranchia – in ampolla
Ciondolo Pinna di Sirena – per respirare sott'acqua per un'ora, unico
Gigantisticca, Nanosticca – in mokessino impermeabile, ingrandisce e rimpicciolisce per un turno
Fango Caldogelo – fango dei Maridi di Inverness; spalmato sul corpo prima di un’immersione in acqua e/o in luoghi gelidi all'esterno, permette di non avvertire il freddo per un’ora, max. cinque applicazioni.
Anelli – tutti alla mano sinistra: Anello del Potere (blocca due turni); Anello con Acquamarina; Anello delle Sirene (dal Lago Nero, rende resistenti alle fatture)
Bracciale di Damocle – permette di lanciare un doppio incanto in un solo post, ogni sei post
Medaglione Pirata – al collo; ritrovato in una grotta marina, brucia sulla pelle per avvertire di immediato pericolo

uB3uFnI
grF9X3n
Incantesimi
I, II, III, IV Classe completa
V Classe • Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Incanto Patronus
VI Classe • Perstringo
Chiari • Stupeficium, Rituale Perfetto

Abilità & Vocazioni
Divinatore Esperto, Maridese
Materializzazione
Code • Oliver
 
Top
view post Posted on 23/3/2023, 13:51
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,915

Status:


Un’autrice babbana affermò tempo addietro in una delle sue poesie:
“Una gioia perfetta, paralizzante | e quieta come la disperazione.”
Così è per te la visione di Khàla. Gioia di una speranza che il tempo aveva ammorbato, escoriato e ridotto a quella che ora si mostra a te come disperazione.
L’angoscia del dubbio, il mellifluo e mortifero abbraccio di una speranza che se violata, spezzerebbe il tuo cuore.

“Guidami” sussurri, ma nella tua gola fa eco una preghiera, una richiesta che riverbera nel tintinnio della sfera di cristallo che trova solo adesso riposo in una nicchia di pietra.
Sotto la luce lunare filamenti lattiginosi risalgono la punta della tua bacchetta, riunendosi in una forma cuspidata.
Come un ago di bussola la magia si magnetizza e devia verso dove sei certo si trovi il nord, oltre le torri del Castello.
Per un attimo ti chiedi se le emozioni ti abbiano privato del senno, se non c’era altro che il raziocinio ti avrebbe potuto suggerire di fare per poter scavare ancora e ancora in quel frammento di visione.
L’ago devia.
E’ un movimento leggero che forse potrebbe inizialmente sfuggirti, ma qualcosa cambia.
Il magnete naturale della tua magia viene disorientato e poi rimanipolato: la volontà delle tue intenzioni trova terreno fertile proprio nella pietra che tieni fra le dita.
L’ago devia, sì, lontano dalla cresta di colline che circondano le valli scozzesi, curvando verso la stele fra le tua dita fino a immergersi al suo interno, fra le incisioni.
Un secondo, due, tre e senti il respiro venire gradualmente meno, soffocato dal battere frenetico del tuo cuore.
Sotto le tue dita la tavola comincia a curvarsi e dove l’ago del Guidami era scomparso, un tenue balunginio azzurro ve ricreando la forma cuspidata della tua nuova guida.
La punta della tavola di pietra ora ti indica una nuova direzione: verso gli ultimi gradini della sala comune, verso l’uscita da questa.
Eccola, eccola la tua speranza!
Fredda come la pietra, ma luminosa come la luna che ti osserva dalla finestra della Torre.
Proprio quando senti sia giunto il momento di lasciare il tuo nascondiglio un lamento ti riempie le orecchie.

La sensazione dell’acqua gelida ti avvolge, portandoti a inarcare la schiena nella disperata ricerca della superficie che rapida ti abbandona, mentre scivoli sempre di più verso il fondo.
E’ un pianto sottile e rauco che risale la tua gola, bruciandola come fuoco vivo, bollente nonostante il gelo che avviluppa la tua pelle e che ti urla di uscire da qui, ovunque tu sia e di tornare indietro davanti al calore del camino sempre acceso nella Sala Comune.
Al tuo secondo lamento strozzato si unisce ora un secondo, più forte, più acuto.
Dagli abissi mani umanoidi si allungano verso di te, senza che una figura riesca ad affiorare dal buio.
Una sottile membrana lega le dita tra di loro, piegandosi appena contro la corrente, mentre la sensazione di polpastrelli sulle tue guance ti porta a spalancare gli occhi contro l'acqua dolce.
«Oriveh aiuto Kàlha sa?»


Quando volti lo sguardo, sei nuovamente sul gradino di pietra lo sguardo rivolto oltre la finestra, verso le sponde del Lago Nero rischiarate dallo spicchio lunare.
La stele magnetizzata si muove leggermente in avanti, spronandoti al movimento.

La stele ottenuta nella quest "Il Canto del Lago" è temporaneamente magnetizzata dall'incanto Guidami e invece di puntare al nord come fatto inizialmente dalla bacchetta, indica una via alternativa, fuori dal comfort del castello.
 
Web  Top
view post Posted on 24/4/2023, 19:21
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
19,264
Location:
TARDIS

Status:



hEIXSPa
La mano sinistra sfiorò il petto ad altezza cuore. «Oliver» scandì, e lo fece lentamente, come a voler precisare sillaba dopo sillaba di un nome così semplice.
[...] e si lasciò andare ad un canto leggero, quasi dolceamaro. C'era tristezza in quella musica, c'era al contempo attrazione. Parlava di abbandono e di ritrovo, accennava agli Abissi. [...] Cantava di nostalgia, in una lingua che soltanto la Sirena avrebbe compreso.
«Il Canto del Mare»
3cAKJAW
2TKC3JM
La notte è un'onda, un nuoto famelico che immerge – indistintamente – stelle e sensi. Avvolge il fianco, instilla l'illusione di una presa d'abbraccio, e sale, sale fino ad avvinghiarsi alla pelle. Stride in dolore, estasi e abbandono di pari modo, e profana il respiro. La mia lingua anela alla preghiera, si scontra sotto il palato e morde la pelle della bocca: gocce ferrose, di sangue e di nefandezza, scivolano freneticamente lungo la gola. Ho paura d'essere altrove, ho paura d'essere... in ritardo. Il tempo, stanotte, scortica l'incubo che ha imbrattato l'insonnia, mi fa tremare come mai prima di oggi. L'idea di aver perduto anche te, Sirena, è una maledizione che cicatrizza ogni confine. Forse sei più vicina di quanto possa lontanamente credere e per un attimo assecondo l'istinto di cercarti oltre ogni confine. Chiudo gli occhi con una tale forza da macchiare il buio, condizionandolo in un'esplosione luminescente. Le palpebre serrano il ricordo – che sia passato, che sia futuro, per me non ha più importanza. Il rimorso d'essere stato incapace di trovarti, ora, è un pugno allo stomaco. Somatizzo il timore, ancora una volta: la pelle è tesa allo spasmo, la schiena s'inarca alla percezione della tua vicinanza, ogni intima partecipazione è violata. Dove sei, ti chiedo. Dove sei – ti prego, ti prego, che tu possa essere ovunque.
Il cappotto in cui mi stringo è una trappola. Inspiro profondamente, catturo il profumo familiare dell'ambrosia e del muschio boschivo, le note che mi rimandano a Penny. Mi sembra di tradirti, nella banalità di un abito che non appartiene al tuo regno. Inspiro ancora, e ancora, e ancora – è il lago a tornare da me. L'essenza vischiosa, di alghe e di pietra, mi manda in visibilio. Abbandonarsi è semplice, lo è sempre stato per me. Dimenticare, dimenticarmi – chi sono, chi sarò mai. Il tempo è un capogiro, si concretizza in così tante forme: eppure, è il tuo volto che cerco in conclusione. Non desidero altro, non più. La verità, Sirena, è che in te vi sia parte di me: credevo che l'amore fosse condivisione, e invece... è egoismo, Kàhla. Perché senza di te, ora, io non sono che assenza. Mi sento incompleto, e forse credo d'esserlo stato fin dall'ultimo incontro. Il cruccio di averti lasciata alla grotta, alle intemperie della guerra oltre i fondali, è imperdonabile. Hai voluto che scappassi più in fretta del previsto, hai guidato le onde affinché mi sospingessero in alto. Hai voluto che divorassi me stesso, relegandomi in questo modo alla codardia che mai m'appartiene.
Sei tu, Sirena. Sei tu che mi hai logorato, sei tu che hai corroso ogni mia certezza. Era una battaglia che spettava anche a me, benché inesperto. Hai permesso che il cambiamento, in me, si tingesse in modo incauto. Hai preteso che comprendessi la differenza tra vita e morte e che, privo di scelta, acconsentissi al tuo unico volere. Ed io, miserabile, sono fuggito. Il mio corpo anelava aria, il respiro mi pregava, mi obbligava a risalire in superficie. In sfida, ho potuto portare via con me questa pietra, con la promessa di tornare da te.
La roccia, adesso, reca l'onta della speranza. Brilla fiocamente, oltre le palpebre strette e tuttora calate. Ne percepisco il bagliore come sopraffatto, incerto circa l'esito del richiamo. La tavola, però, è concreta. Stretta tra le mie mani come cimelio infinito, mi riporta – in sospiro, in anelito sottile – verso di te. Carezzo la superficie, riapro gli occhi: è il tempo presente che mi sospira segreti. Le linee di parole e simbologie occulte, sulla stele, consolano la prigionia del cuore. Indifferente al tormento, l'Occhio mi prende d'assalto – il corpo è sferzato in modo drastico, il petto è in presa d'assalto. Intorno a me, rapido, il buio sovrasta la notte, tinge i contorni d'acqua violenta. Invano, mi dico, posso controllarmi: il tempo non è mai stato così imprevedibile come oggi e ti accuso, ti accuso con tutto me stesso. Le tue mani – tutto, in me, è spinto a credere alla tua presenza – solleticano le guance, imprimendovi il sigillo di una vita che non si è spenta in modo definitivo. Sei tu, Sirena. E sei presente.
La visione, infine, si spezza. La sfera di cristallo svela una patina, come nebbia, che reca tuttora il tuo volto. Vi lascio scorrere l'indice, inseguendo – invano – i tratti della tua figura. Potrei rintracciare, in memoria, la chioma dei tuoi capelli sospesi in acqua, il guizzo brillante delle tue squame. La tua coda, la mutazione d'oltre del tuo corpo.
Per me sei sempre stata incanto. La tua voce è un ordine sul mio cuore, mi spinge a riprendere dimestichezza con il momento. Sospiro, concedendomi soltanto una ripresa veloce. Poco dopo, la sfera è nella tasca del cappotto. Non posso più indugiare in questi futili, sciocchi tentativi. Ho bisogno di agire concretamente, fino ad oggi non vi sono mai riuscito. Non credere che non ti abbia cercata. Non credere, neanche una volta, che ti abbia veramente dimenticata. Forse è la visione, forse è il tuo appello, ora però sono più incline alla fiducia. C'è energia, in me. Mi spinge in movimenti fulminei – la sfera nella tasca, lo zaino che ho preparato da molto già dietro la schiena, la bacchetta magica nuovamente nella mano destra. Scatto in piedi, accorgendomi d'essere tuttora scalzo. Non ho tempo, non più. Non è paradossale, per chi è come me? Non m'importa. Non m'importa neanche d'essere in pigiama, mi avvolgo così nel cappotto. Invoco le ombre, invado la mente del velo pressante che offusca le cose, le persone, il tempo stesso. Somiglia alla notte, la disillusione che permea tutto. La magia, in me, è in divenire – mi affido all'esperienza, al desiderio. Tornare da te, Sirena, è il traguardo.
La bacchetta è volta contro me, ferma, in attesa del suo comando.
«*Sèocculto grido in memoria subito dopo, vestendo la pronuncia in modo uniforme, le due parole amalgamate con dedizione, l'accento necessario sulla prima, importante vocale. Perfino il sortilegio, ora, è silenzioso, poiché nella variante non verbale: chiedo di scomparire, di celarmi alla vista d'ogni ostacolo. In momenti come questo rimpiango i tempi da Caposcuola, quando la notte mi era favorevole. Eppure, non mi ferma più nulla. Né il buio né il tremito lungo il corpo. Qualora la disillusione sia in atto, il corpo risponderà all'istinto più vivido. Correre, correre via. Oltre i gradini, oltre il ritratto, oltre le scale. Sceglierò i cunicoli che ronde notturne, per anni, mi hanno svelato. E sentieri singolari, solitamente meno battuti perfino dagli spettri. Via, via con furia. La bacchetta stretta tra le mani, antichi sortilegi pronti a difendermi. Nessuno, stanotte, mi terrà più lontano da te. La pietra è stretta al petto, è l'unica guida che mi resta. Ovunque tu sia, Sirena.
salute 396/396 • corpo 330/330 • mana 411/411 • exp 79
Inventario
Bacchetta magica
Algabranchia – in ampolla
Ciondolo Pinna di Sirena – per respirare sott'acqua per un'ora, unico
Gigantisticca, Nanosticca – in mokessino impermeabile, ingrandisce e rimpicciolisce per un turno
Fango Caldogelo – fango dei Maridi di Inverness; spalmato sul corpo prima di un’immersione in acqua e/o in luoghi gelidi all'esterno, permette di non avvertire il freddo per un’ora, max. cinque applicazioni.
Anelli – tutti alla mano sinistra: Anello del Potere (blocca due turni); Anello con Acquamarina; Anello delle Sirene (dal Lago Nero, rende resistenti alle fatture)
Bracciale di Damocle – permette di lanciare un doppio incanto in un solo post, ogni sei post
Medaglione Pirata – al collo; ritrovato in una grotta marina, brucia sulla pelle per avvertire di immediato pericolo

uB3uFnI
grF9X3n
Incantesimi
I, II, III, IV Classe completa
V Classe • Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Incanto Patronus
VI Classe • Perstringo
Chiari • Stupeficium, Rituale Perfetto

Abilità & Vocazioni
Divinatore Esperto, Maridese
Materializzazione
Code • Oliver
 
Top
view post Posted on 5/7/2023, 15:35
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,915

Status:


È insistente il richiamo che avverti.
È il richiamo di Kahla, ormai ti è chiaro.
Sembra ascoltarti la Sirena, a sua volta scandisce il tuo nome nei fumi della sfera di cristallo. E tu, moderno Ulisse, non avere timore e segui la sua voce senza indugiare.
Cercala.
Trovala.
Trovarla ti suona come un'urgenza, ti toglie il respiro ed il sonno stanotte. Sai che non puoi più rimandare – lo hai fatto già abbastanza –, è un imperativo che fa muovere il tuo corpo d’istinto.
Un gesto, una parola ben articolata – Sèocculto – e ti celi nella notte, diventi solamente un’ombra come tante per coloro che popolano Hogwarts. Ti confondi alla perfezione con ciò che ti circonda e, come uno spettro, t’insinui nella ruvida pietra. Stretti corridoi e passaggi, che solo tu e pochi eletti avete avuto la fortuna di scovare nel corso degli anni, ti attendono.
Nessuno può vederti, puoi agire indisturbato.
A farti inizialmente compagnia è solo il fitto chiacchiericcio che proviene dai quadri appesi fuori dalla Sala Comune, che lascia presto il posto al soffio della brezza appena devii dal percorso classico. Spifferi che attraversano i mattoni, oltrepassano le giunture e carezzano la pelle del tuo viso. Una volta imboccati i cunicoli nascosti comincia paradossalmente a svelarsi la tua destinazione: la strada che ti si pone davanti è un invito ad abbandonare la sicurezza delle quattro mura e ad uscire fuori, all’aria aperta. La stele ti sprona a svoltare a sinistra, poi a destra, infine giù, giù tra rampe e scale – più o meno malmesse – che in segreto scendono piano dopo piano finché non arrivi al terreno. La bussola qui infatti non spinge più verso il basso, ma s’impunta in avanti, a sud del Castello.

Prosegui finché riesci ad intravedere l’ambiente esterno. Gli alberi spogli spiccano come sentinelle, incorniciati dalle finestre ad arco che ornano la parete del corridoio principale. L'uscita è ad un passo, l'unica cosa che si frappone tra voi è la figura di Gazza. Senti i suoi passi avvicinarsi, a poca distanza il suono felpato di quelli della fedele Mrs. Purr. Hanno terminato la loro ronda personale, stanno tornando nei loro alloggi per riposare.
«Maledetti mocciosi!» come al solito è di malumore, i suoi immancabili improperi echeggiano nel silenzio.
«Se potessi punirli come dico io quei figli di Morgana!» borbotta aspramente. La sua comparsa potrebbe allarmarti, ma non è di lui che ti devi preoccupare.
Un miagolio ti giunge alle orecchie.
Due occhi come fiammelle accese, vispi, ti fissano intensamente.
La gatta avverte la tua presenza, al contrario del padrone ha una mente più acuta e lesta ed è in grado di penetrare le tue difese – per quanto ben costruite.
«Cosa c’è principessa?» il tono si addolcisce, si fa melenso.
La micia miagola in risposta, ma senza distogliere lo sguardo da te.
«Su, andiamo, non possiamo dare la caccia ai Nargilli!» lui pensa che comunichi con il vuoto, ignora ciò che sta realmente accadendo. L’altra reclina la testolina, scuote le vibrisse, e controvoglia si allontana assieme al padrone.
Puoi tirare un sospiro di sollievo, la via è liberà, non c’è più nessuno in giro che può impedirti di raggiungere il tuo scopo.
Il cammino intrapreso ti porta finalmente in giardino, qui l’erba umida ti solletica i piedi – lasciati nudi nella fretta – e l'aria frizzantina di Gennaio ti accoglie dolcemente nel suo freddo abbraccio. L'ago della bussola incantata ora indica senza alcun dubbio il Lago Nero, trasformato in una distesa di pece dall’oscurità che vi si riflette. Ti tira verso di esso con veemenza, mirando ai liquidi confini della sponda nord.
La stele, convinta di aver svolto il suo compito, si smagnetizza di colpo. Trema leggermente tra le tue mani, perdendo così la magia con cui l'hai permeata.
Adesso sei tu – e tu soltanto – la guida di te stesso.

La stele ti conduce fino al Lago Nero, dopodiché si smagnetizza. Puoi scegliere se incantarla nuovamente, oppure affidarti all'istinto. In ogni caso non abbandonarla, ti servirà!
 
Web  Top
view post Posted on 18/7/2023, 20:26
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
19,264
Location:
TARDIS

Status:



hV5oGN9
La mano sinistra sfiorò il petto ad altezza cuore. «Oliver» scandì, e lo fece lentamente, come a voler precisare sillaba dopo sillaba di un nome così semplice.
[...] e si lasciò andare ad un canto leggero, quasi dolceamaro. C'era tristezza in quella musica, c'era al contempo attrazione. Parlava di abbandono e di ritrovo, accennava agli Abissi. [...] Cantava di nostalgia, in una lingua che soltanto la Sirena avrebbe compreso.
«Il Canto del Mare»
Zd5nzJZ
Nf4BM3N
Per te, Sirena, divento ombra. Mi copre un mantello intessuto di magia, di ricami notturni e spettrali. In appello, ora, gli spettri – sinistri, silenziosi, di ogni natura. Mi circondano, è un passo che profana la pietra circostante finché il loro respiro collima con il mio. Non mi distinguo, non catturo più nulla di me. I miei occhi vagheggiano soltanto una volta, l'ultima, prendendo di mira gli anelli alle dita della mano: ti raffigurano, chi più e chi meno, nell'estro artistico di orefici che hanno voluto, invero, trattenere l'impronta della tua identità. Pinne argentee, squame bronzee, una gemma marina ad incastonare il tuo volto, un volto che non sa ancora d'essere bello. È istintivo, in me, volgere allora verso la tua memoria. Ovunque tu sia, ti troverò. Non mi darò pace, più di quanto abbia fatto fino ad ora. Dimentico tutto, di me – le scarpe, il maglione, tratti e accessori che mi faranno presto stridere i denti. D'altronde, il freddo invernale è poco misericordioso, l'ho scoperto e vissuto in passato sulla mia pelle. Avvolto in un cappotto celato in tenebra, a sua volta, non mi fermo né torno indietro. Ho il passo celere di chi sfida l'impazienza, man mano che mi getto come dardo lungo le scale. E via, via da un piano all'altro, percorro vicoli, statue e archi che mi sono familiari.
La pietra, stretta convulsamente tra le dita della mano sinistra, è una guida, un faro per un marinaio quale oramai sento d'essere. Quasi mi perseguita l'idea di essere osservato, e forse lo sono per davvero: è impossibile ignorare lo scricchiolio dei gradini, i guizzi di quelli che immagino essere fantasmi, benché erroneamente; soprattutto, è impossibile per me dissociarmi dai singulti, borbottii e convivi dei dipinti che supero velocemente. Ogni sillaba – dietro, avanti, in ogni direzione – è un colpo al cuore. Non ho paura di essere scoperto, stanotte potrei violare ogni etica, così come ogni cortesia pur di raggiungerti. Antiche maledizioni, in effetti, stridono tra un pensiero e l'altro, e si accostano in un plotone pronto all'occorrenza.
La nostalgia, Sirena, mi divora – è una frenesia che coinvolge l'intero corpo, che respinge lo sforzo cui costringo i polmoni, le gambe e gli stessi battiti, lungo la corsa. Dovrei avanzare con accortezza, farmi strada tra i pericoli e gli agguati che governano il maniero; dovrei essere al sicuro, nel mio letto a baldacchino: perché se è vero che Hogwarts mi appaia per la prima volta misericordiosa, il mondo là fuori – quello che mi aspetta, il lago nero, gli abissi, il viaggio per arrivare a te – è un mistero che si tinge d'oscuro. Cos'è che mi preme sulle spalle, cos'è questo macigno? Oltre l'ingresso, il portone è il baluardo che dovrebbe spingermi, infine, a tentennare.
L'aria notturna punge le guance, accentua il disagio dolorante che lo scatto, dalla torre ai giardini, ha saputo fomentare. Mrs Purr, poco dopo, mi coglie in disarmo, ha occhietti che mi risultano più luminosi di un demone, e crollo per un istante che pare un'eternità. Le mie gambe tremano, trattengo involontariamente il respiro. Mettere fuori gioco gatta e padrone, ora che sono favorito dalle ombre, è la soluzione che divampa in mente. Controllo la tensione in atto, impongo dissolvenza ad ogni mia reazione: Mrs Purr, mi dico, è una creatura cui non ho mai fatto nulla, quando era presenza consueta in notti di ronde scolastiche. Io, che ho avuto un gesto gentile perfino per lei, mi consolo – forse erroneamente, con una punta vanesia – di aver lasciato il segno, di aver fatto la differenza. Perché, per fortuna, passano entrambi via. Chiudo gli occhi di scatto, solo per un istante. Non mi volgo indietro, non una volta. Non faccio nulla.
Il mio traguardo, ora, è il Lago Nero. Quasi non ho bisogno della stele di roccia per averne consapevolezza, credo – nel profondo – d'esservi stato destinato fin dal principio; è uno spicchio di luna che mi torna in mente, in visione. Vorrei raccogliere il tuo richiamo, renderlo mio, imprimerlo in voce. Mi accorgo di rabbrividire, di nuovo. E non so bene, Sirena, se per te, per il freddo, per l'aspettativa. Le rive, per me, sono confini conosciuti. Ho interrogato le onde, sviscerandone arcani con ogni strumento a mia disposizione; per molto, fino ad oggi, sei stata silenziosa, e solitaria. Cos'è che ti è accaduto? Intimamente, ecco, ho paura di cosa mi attenda. La nostra separazione porta con sé il ricordo vivido della pattuglia maridese, è un monito. Sono consapevole che non sarà facile, non lo è mai stato, ma sono preparato: più dell'ultima – prima – volta. I movimenti, infatti, si rendono scattanti. Cerco l'angolo più riparato: che sia una quercia, una roccia massiccia, una rientranza vicina, là dove posso celare lo zaino e il cappotto di cui voglio liberarmi. Non m'importa di restare in pigiama, rinuncio alla maglietta per restare rapidamente in pantaloni; anelli, bracciali, medaglioni e mokessino, vesto sola magia. Né m'importa del gelido inverno, freneticamente cerco un sacchetto che ho con me. Poggio la pietra in basso, soltanto per un attimo: non abbandono la bacchetta, la stringo tra le labbra (in parte, mi auguro, per reprimere i denti che stridono al gelo). Ancor più velocemente, allora, mi concentro sul fango che ho acquistato mesi addietro ad un evento importante, al San Mungo. Vi tento di recuperarne grosse manciate, in entrambi i palmi, per distribuirlo così lungo la pelle – il torace, le spalle, le gambe sotto il pigiama. Non è granché come lavoro, immagino. E sembra curioso, tutto sommato. Mi fido di quanto i Medimaghi abbiano rivelato: il fango, originario proprio dei fondali dei Maridi di Inverness, dovrebbe sottrarmi alla presa d'inverno. Riscaldarmi, concedermi un atto di coraggio, l'ultimo. In ogni caso, sono pronto. Con la bacchetta nuovamente nella mano destra, la pietra infine nella sinistra, ho monili e protezioni sufficienti – o forse no, non è più tempo di rimuginarvi. Avanzo, a tentoni, oltre il buio, verso le onde. Stringo sempre con la destra un'ampolla con un miscuglio d'erba brillante, almeno per me: è l'Algabranchia, che tento di stappare e di porre controluce. Regolo il respiro, invoco il tempo. Le dita della sinistra solleticano la superficie del lago, lasciano che la stessa stele vi si bagni appena: tornerà all'origine, e io – lo spero, ci credo davvero – seguirò la scia.
«Mostrati a me, Sirena.» La mia voce stride contro la notte, è un canto che si spezza nella tua stessa lingua. Il mio sguardo è all'Algrabranchia: è l'ultimo tassello, ti cerco ancora.
salute 396/396 • corpo 330/330 • mana 411/411 • exp 79
Inventario
Bacchetta magica
Algabranchia – in ampolla
Ciondolo Pinna di Sirena – per respirare sott'acqua per un'ora, unico
Gigantisticca, Nanosticca – in mokessino impermeabile, ingrandisce e rimpicciolisce per un turno
Fango Caldogelo – fango dei Maridi di Inverness; spalmato sul corpo prima di un’immersione in acqua e/o in luoghi gelidi all'esterno, permette di non avvertire il freddo per un’ora, max. cinque applicazioni.
Anelli – tutti alla mano sinistra: Anello del Potere (blocca due turni); Anello con Acquamarina; Anello delle Sirene (dal Lago Nero, rende resistenti alle fatture)
Bracciale di Damocle – permette di lanciare un doppio incanto in un solo post, ogni sei post
Medaglione Pirata – al collo; ritrovato in una grotta marina, brucia sulla pelle per avvertire di immediato pericolo

oJR5TMk
Qpz0Zvy
Incantesimi
I, II, III, IV Classe completa
V Classe • Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Incanto Patronus
VI Classe • Perstringo
Chiari • Stupeficium, Rituale Perfetto

Abilità & Vocazioni
Divinatore Esperto, Maridese
Materializzazione
Code • Oliver
 
Top
view post Posted on 5/8/2023, 21:41
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,915

Status:


Siete solo tu, l’oscurità ed il silenzio della notte puntinata di stelle. Tutto sembra trasmettere pace, mentre lo sporadico fruscio delle fronde degli alberi scandisce il lento passare del tempo. Ma non riesci a godere fino in fondo di questa magia con cui l'ambiente ti omaggia, hai una ricerca da portare a termine. Abbandoni ciò che ti è superfluo, lo nascondi diligentemente ad occhi indiscreti. Il freddo dell’inverno è pungente, te ne rendi presto conto. Morde con violenza le carni, ora prive di vesti calde e pesanti atte alla stagione. Inevitabilmente, tremi. Tremi, ma non ti arrendi e riesci a difenderti. Il gelo ti concede una tregua, non può vincere la battaglia contro lo scudo protettivo costruito con perizia dal fango spalmato sulla pelle.
Una semplice falcata e sei a tu per tu con lo specchio d’acqua, ti rifletti in esso in cerca di risposte. Risposte che non tardano a raggiungerti.
Il tuo respiro rallenta, la gravità preme su di te e distende i muscoli, ti senti cadere nel vuoto. È il tempo, lo invochi come invochi Lei, con il medesimo desiderio e concentrazione. La chiami nella sua stessa lingua e ti ascolta, è più vicina di quanto credi. Una scossa scuote la spina dorsale. Tutto si perde e si fa sfocato, sulle iridi scende un velo. La Vista – croce e delizia – ti sorprende e ti rende nota la via.

Scorgi con chiarezza una città in lontananza, alte colonne di pietra finemente lavorata spiccano come giganti nell’immensità del blu. Sai di conoscerle, ci sei già stato anni addietro.
E infine, come un miraggio, appare Lei.
Lei è lì che ti attende paziente, è cresciuta dall’ultima volta in cui l’hai incontrata, i tratti del volto lo lasciano intendere. In cuor tuo, però, e sempre la medesima Kàlha. Si tiene a distanza dallo sfondo abitato, un luogo che le è stato precluso dai suoi simili. La sua figura sinuosa nuota vicino ad un arco naturale, ad est rispetto ai cancelli invalicabili e custoditi da vigili sentinelle. Le alghe che la circondano danzano ad ogni suo movimento, un passo a due che si armonizza con il passare del tempo. Non è sola, ad accompagnarla – in disparte – c’è una sagoma più piccola. Si ferma solo quando ti nota. Ti riconosce e sorride, allunga una mano verso di te anelando un contatto. È proprio lì, ce l’hai fronte.
«Oriveh aiuto Kàlha sa?» una semplice richiesta, decantata con dolcezza. La sua voce è miele, scivola – liquido contro liquido – fino alle tue orecchie.


La realtà ti ricade addosso come un macigno, l'immagine si dissolve rapidamente come un banco di nebbia e ti lascia spiazzato. Sei ancora sulla riva, le dita strette con forza attorno alla stele umida. Il battito del cuore è accelerato, ali di colibrì nel petto. Il respiro adesso è affannoso, brami l’aria come un assetato nel deserto. Piano piano però riprendi il controllo del tuo corpo, con la consapevolezza di avere un barlume di speranza da seguire.

L’ultimo pezzo del puzzle è l’algabranchia. La boccetta in cui la conservi è aperta, sul collo un metaforico biglietto con su scritto “mangiami”. Prima di assumerla, assicurati di essere lambito dall’abbraccio del Lago; e quando la porterai alle labbra ti accorgerai di quanto sia amara, eppure dolce allo stesso tempo. Quel dolce che si assapora quando si è ad un passo dall’obiettivo. Ora hai tutti gli elementi per raggiungerlo, sfruttali al meglio. Improvvisamente i tuoi polmoni – contro natura – desiderano l’acqua. Ai lati del collo avverti una fitta, è simile ad una stilettata. Lì dove tocca la misericordiosa lama, scoprirai essere spuntate delle branchie: quattro linee sottili a destra e quattro a sinistra che increspano la pelle come trina. Le dita – di mani e piedi – formicolano, finché avverti tirare tra l’una e l’altra se proverai a discostarle. Una delicata membrana ha preso infatti vita tra gli interstizi, gli arti sono palmati come quelli dei Maridi. Una caratteristica fisica che ti sarà utile appena inizierai a nuotare, gli spostamenti saranno più rapidi ed aereodinamici del normale.
La trasformazione è completa, adesso sei pronto.
Cercala.
Raggiungila.
Hai solo un’ora a tua disposizione.

 
Web  Top
view post Posted on 6/8/2023, 18:08
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
19,264
Location:
TARDIS

Status:



hV5oGN9
La mano sinistra sfiorò il petto ad altezza cuore. «Oliver» scandì, e lo fece lentamente, come a voler precisare sillaba dopo sillaba di un nome così semplice.
[...] e si lasciò andare ad un canto leggero, quasi dolceamaro. C'era tristezza in quella musica, c'era al contempo attrazione. Parlava di abbandono e di ritrovo, accennava agli Abissi. [...] Cantava di nostalgia, in una lingua che soltanto la Sirena avrebbe compreso.
«Il Canto del Mare»
Zd5nzJZ
Nf4BM3N
Io ti invoco, Sirena. Voce che spezza l'equilibrio del vento, canto che trasfigura in sé ogni preghiera. Indugio oltre, perduto – di nuovo – in confini che sento prossimi, benché consunti da un pericolo più grande di me: l'ignoto. Perché è facile cercarti, non ho desiderato altro fin'oggi. Interrogare l'Assenza, sviscerarne i misteri, e sventrarla come un assassino. Per te ho superato limiti cui mai, neanche lontanamente, avrei creduto d'accostarmi. Il tempo, tra noi, è soltanto un ostacolo – o una promessa. La paura di inseguirti oltre trame incerte porta con sé il riverbero di un cuore che ha pianto il distacco, reso ebbro del rimorso peggiore. Ho dovuto abbandonarti, lo so bene. Ma in me, giorno dopo giorno, si è insinuato il dubbio di aver avuto una scelta differente, che io – privo di consapevolezza – non ho saputo né voluto cogliere. Non è così.
Forse è questo pensiero di riscossa, Sirena, che mi spinge a non fermarmi. La frenesia è devastante, percuote il corpo in sensazioni disumane: profana l'Occhio, respinge l'incertezza e il dramma che ho imparato ad associarvi; che sia un futuro in frammenti o meno, è un futuro che vedrà te. Tanto basta per osare, osare di più. Le dita sfidano il cerchio d'acqua, il Lago Nero si fa profeta: ricorda una sfera di cristallo, il chiaro di luna in riflesso. Danza, danza di continuo, e s'intrappola in contorsione. Diventa un principio che non ha fine, una geometria che t'avvinghia al presente – il mio. Mi accorgo d'avanzare, un passo, un altro ancora, finché le onde tentano di sottrarmi alle rive. Ora possono lambire i fianchi, allungare dita gelide come tentacoli d'ombra, e attirarmi, invitarmi oltre. Vogliono catturare tutto, di me. Il mio cuore, il mio spirito, il mio corpo. Cos'è che mi resta?
Città infrante – in memoria, passato e futuro – si sgretolano al peso dell'avanzare. Per un attimo ho l'impressione che sia soltanto una reminiscenza, una beffa che punge più del freddo d'inverno. Il luogo che offusca il velo segreto, infatti, mi è familiare. Non ho dimenticato le colonne, gli archi di pietra: dimore, queste, di una civiltà affatto estinta, e tuttavia misteriosa. Non per me, non oggi. Mi sembra di tornare indietro, di essere nuovamente con te. Di navigare, cercatore di tesori e d'avventure. E nuotare, un po' in difetto contro il caotico incedere dell'acqua. La tua figura, Sirena, è come un colpo al cuore. Sei tu, vorrei gridare. Sei proprio tu. La domanda è intima, silenzio profondo. Ti trovo d'incanto, com'è sempre stato. Eppure, sarà il lago, sarà il ritrovo, sarà la speranza di essere ora con te... è come se fossi perfino più bella, di un tempo che ha sedotto anche te.
Mi sembra di scorgere Kherné con te. La pelle brucia, un ricordo tattile di tentacoli che mi hanno respinto e poi accettato, fino a guidarmi verso gli abissi. Sentire la tua voce – sentirti. Non chiedo altro, è una conferma che mi spezza il respiro. Non mi sorprende, allora, di esserne mancante: il petto è in difficoltà, compromesso dall'Oltre e dal dolore di averti vicina, e tuttavia irraggiungibile. Mi spingo oltre, lascio che il lago s'increspi man mano che procedo. Non voglio più attendere, non voglio più tornare indietro. Cerco l'ampolla d'Algabranchia, il tappo scivola via. Con un colpo secco, palmo contro vetro, m'avvinghio alla stessa come un condannato all'ultimo miraggio. Tutto, in me, è vinto dalla determinazione assoluta, non c'è più titubanza. Non c'è mai stata, non per te. Il gusto dell'Algabranchia è atipico, una cura che mi è necessaria e cui anelo con ogni parte di me; non perdo tempo, l'addento, mastico, mordo come una bestia oltre gabbia, finché la trasformazione s'inerpica lungo il mio corpo. Lascio cadere l'ampolla in acqua, via, via da me. L'ultimo punto di luce, mentre stringo la bacchetta alla mano destra e la stele alla sinistra. Avanzo, avanzo veloce. Il respiro si spezza, la pelle tirata in una trasfigurazione che mi strappa un gemito di dolore. Digrigno i denti, una preda che è cacciatore a sua volta. Il moto dei piedi oltre le rive, oltre i sassolini, già privi d'appoggio al fondale. Mi sembra che gli occhi s'annebbiano, che il cuore s'affretti in disastro, finché le branchie m'implorano ossigeno. Mi immergo, completamente. Ancor prima che gli ultimi strascichi condizionino il mio corpo. Ho bisogno di trovarti, Sirena. Mi porto avanti, dove il lago è più profondo. Poi, è uno scatto verso il basso – lontano dalle rive, verso gli abissi. Cerco la stele, come in guida, stretta nel pugno. Costringo ogni muscolo allo spasmo, braccia, gambe, movimenti convulsi che mi portano oltre, dove il lago è più profondo. Cadere in oblio, pur di trovarti.
salute 396/396 • corpo 330/330 • mana 411/411 • exp 79
Inventario
Bacchetta magica
Algabranchia – in uso
Ciondolo Pinna di Sirena – per respirare sott'acqua per un'ora, unico
Gigantisticca, Nanosticca – in mokessino impermeabile, ingrandisce e rimpicciolisce per un turno
Fango Caldogelo – fango dei Maridi di Inverness; spalmato sul corpo prima di un’immersione in acqua e/o in luoghi gelidi all'esterno, permette di non avvertire il freddo per un’ora, max. 4/5 applicazioni.
Anelli – tutti alla mano sinistra: Anello del Potere (blocca due turni); Anello con Acquamarina; Anello delle Sirene (dal Lago Nero, rende resistenti alle fatture)
Bracciale di Damocle – permette di lanciare un doppio incanto in un solo post, ogni sei post
Medaglione Pirata – al collo; ritrovato in una grotta marina, brucia sulla pelle per avvertire di immediato pericolo

oJR5TMk
Qpz0Zvy
Incantesimi
I, II, III, IV Classe completa
V Classe • Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Incanto Patronus
VI Classe • Perstringo
Chiari • Stupeficium, Rituale Perfetto

Abilità & Vocazioni
Divinatore Esperto, Maridese
Materializzazione
Code • Oliver
 
Top
view post Posted on 25/8/2023, 15:50
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,915

Status:


Hai un intero elemento in tuo potere stanotte, divertiti con esso finché ti è concesso. È un universo tutto da scoprire quello del Lago Nero, assai più selvaggio e incontaminato della polverosa terra in superficie. L’algabranchia – fedele alleata – ti ha reso parte integrante del nuovo ambiente, ha mutato il tuo corpo affinché potessi adattarti al meglio ed esplorarlo a fondo.

Assapori la libertà in ogni sua forma: i muscoli si contraggono, guizzano, e nuoti spedito nelle sue profondità appena rischiarate dal delicato bacio della Luna. Ti accorgerai di come, al contrario di quanto si pensi, i suoi abissi siano colmi di vita. Alcuni pesciolini, i più fieri e audaci, ti salutano in un modo tutto loro, circondandoti e volteggiando con fare elegante da étoile. La loro curiosità non t’intralcia però, passi indisturbato tra le coreografie mentre l’acqua ti scivola sulla pelle. Una piccola parte di essa filtra dalle branchie, le solletica e ti aiuta a respirare. Davanti a te, come frame di una pellicola, scorrono rapidi scorci di pietre erose di diverse altezze, rigogliose foreste sommerse – dimora di creature misteriose –, ogni singolo anfratto custodisce meraviglia di cui bearsi. Ma non è motivo sufficiente per distrarti dalla ricerca, anzi resti concentrato finché essa non ti porta a ciò che brami con tutto te stesso. Sfoci in quella che può essere definita una valle brulla, paragonabile ad una steppa siberiana. In lontananza svettano delle guglie, sono miniature dalla distanza in cui ti trovi. se riemergessi scopriresti che si trova tra la sponda Nord e l’isola degli Asticelli. Sei completamente esposto, la flora non ti fa più da scudo, i tuoi sensi potrebbero acuirsi e renderti vigile per timore di potenziali pericoli.

Riconosci il luogo in cui t’imbatti, la Vista te l’ha mostrato, tanto ti basta per arrestarti in preda al déjà-vu. All’apparenza è deserto, il silenzio è tombale. Ma la realtà è ben diversa, te ne accorgi quasi immediatamente. A rompere lo stallo è un leggero fruscio, proviene da un alto cespuglio di alghe, un’oasi che ti era sfuggita.
È Lei che ti vede per prima.
«Oriveh!» il tuo nome risuona e si spande nell’acqua. Riverbera e ti colpisce, un tocco delicato che ti spinge e prestare maggiore attenzione. Se ti volterai verso la tua sinistra, vedrai venirti incontro una figura ancora celata da giochi di luce e ombra. Appena si fa più vicina, i suoi tratti cominciano a svelarsi: il mento e gli zigomi non sono più morbidi come prima dell’adolescenza, ma sono leggermente affilati. I capelli fluttuano eterei come schiuma, incorniciando il giovane volto.
«Mèssà Oriveh!» ti osserva con dolcezza, lo sguardo velato di genuina commozione. Non sa come reagirai, non sa nemmeno se ti ricordi di lei. I dubbi, però, non le impediscono di farsi avanti «Ma-» una mano poggia sul suo cuore «Ma-mancato.» le dita passano ora all’altezza del tuo di cuore, leggere e fugaci come ali di farfalla. Nonostante non vi siate più visti, il tempo trascorso al ritmo di un treno in corsa, non ti ha dimenticato. Non ha scordato la gentilezza che le hai rivolto, come hai protetto la sua fuga dalle sentinelle che le davano la caccia.
Scoprirai, inoltre, che non ha viaggiato da sola. Un Avvincino le si avvicina, ha l’aria timida, contrariamente all’ultima volta in cui hai avuto l’onore d’incontrarlo. Kherné, che non è più un cucciolo adesso, ci tiene a salutarti. Allunga un tentacolo e lo posa gentilmente sul tuo avambraccio, accompagnato dal delicato “pop” di una delle rotondeggianti ventose. Il ritrovarsi, però, ha una bellezza ed una leggerezza puramente effimere. L’espressione della Sirena infatti muta e si fa nervosa, è evidente che la sua presenza lì non è casuale «Kàlha seakà Oriveh.» il suo tono comincia ad essere intriso di urgenza. «Kàlha niddé Oriveh.» è venuta per te, ha delle richieste da esporti, ma solo se tu sarai disposto ad ascoltarla.

«Oriveh aiuto Kàlha sa?» la domanda è la stessa che ti pose anni addietro. La voce è ricolma di speranza, di fiducia che ripone ciecamente in te come allora. Puoi leggere tutto ciò anche nei suoi occhi, che si fanno grandi in attesa di una risposta.

 
Web  Top
view post Posted on 2/10/2023, 18:15
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
19,264
Location:
TARDIS

Status:



hV5oGN9
La mano sinistra sfiorò il petto ad altezza cuore. «Oliver» scandì, e lo fece lentamente, come a voler precisare sillaba dopo sillaba di un nome così semplice.
[...] e si lasciò andare ad un canto leggero, quasi dolceamaro. C'era tristezza in quella musica, c'era al contempo attrazione. Parlava di abbandono e di ritrovo, accennava agli Abissi. [...] Cantava di nostalgia, in una lingua che soltanto la Sirena avrebbe compreso.
«Il Canto del Mare»
Zd5nzJZ
Nf4BM3N
Il mio primo pensiero è che l'acqua, così gelida, possa togliermi il respiro. In parte è così, tremo convulsamente finché l'Algabranchia non s'impone salvifica; eppure... è l'incantesimo di un luogo che mi è familiare a travolgermi profondamente. Mi sembra di tornare indietro nel tempo, di perderne concretezza. Torno studente alle prime armi, con un bagaglio di pochi sortilegi, una curiosità più traballante del solito e una schiera di sogni nel cassetto. Il Lago Nero, forse, ha un effetto taumaturgico — porta con sé nostalgia, ma fa stare bene. Vorrei trattenere una cornice tanto unica nel suo genere, allungarmi verso zone che la notte rende perfino più avvincenti: è il modo in cui la vista s'adatta agli abissi, favorita dall'erba magica che ho ingerito. C'è un mondo nuovo, una tela di colori — il riverbero delle squame dei pesci, il guizzo delle pinne argentee, il riflesso di luna, di pietra e di alghe turchesi —, tutto conquista il mio cuore. Mi sento... in pace, forse per la prima volta da quando tu, Sirena, hai offuscato il tempo in assenza. D'altronde, è il tuo universo, è casa tua benché senta d'appartenervi oramai anch'io. In altre circostanze, indugerei verso gli effetti dell'Algabranchia, metterei alla prova ogni cambiamento del mio corpo: invero, l'orologio ticchetta. Pur con altri mezzi a mia disposizione (non sono più sprovveduto come una volta), non voglio perdere un istante di più. C'è in me, pressante, la consapevolezza — mista a speranza — di ritrovarti.
Le antiche profondità, in reminiscenza, mi accolgono come una vecchia, spettrale presenza. Quasi percorro il nostro incontro, all'esordio: frammenti di una vita soltanto all'apparenza lontana. Impongo una sfida all'intero corpo, un fascio di nervi in contrazione disumana: veloce, velocissimo, con il moto di braccia e di gambe, la presa ferrea di chi sembra fuggire un pericolo. Dietro di me, tuttavia, non c'è incubo: è una corsa in avanti, verso di te. Si dice che il Canto delle Sirene porti all'esasperazione, vi raccontano storie, miti e leggende al riguardo; e forse è un po' vero, perché io — da sempre — sono caduto trappola del tuo. Ho bisogno di sentirti, Sirena. Perfino il respiro, mutato sott'acqua, consuma sillabe in una lingua che t'appartiene e che ora, in me, è un appello. Mi affido alla pietra incisa, che stringo al petto nell'incavo di un braccio che continua a piegarsi in nuoto; la bacchetta è nella mano destra, eppure non attingo alla magia. Potrei mandarti un segnale, risvegliare i confini; ma è un pericolo che non posso correre, ricordo bene le Guardie che hanno segnato la nostra separazione. Quando sono allo scoperto, infatti, mi blocco; è come se il corpo si rimpicciolisse, si facesse scudo: le braccia più vicine, le gambe pure. La bacchetta è l'ultimo baluardo, fin quando sogno la tua voce. Impiego molto, forse, per crederti.
In me è un'illusione, questa, che mi spezza il cuore. Mi giro lentamente, come se fossi preda del dormiveglia; il respiro è una bolla ultima, che l'acqua stride in sospiro. Finché incontro la tua figura, Sirena. E il mondo, ora, è un'isola che appartiene al presente.
Ho perduto ogni parola, in ogni lingua. La gabbia cui mi sono costretto si allenta, ho come l'idea che le stesse onde mi spingano da te. Forse è un ritrovo che il Lago Nero, a sua volta, acconsente a realizzarsi; perché sei tu, sei proprio tu. Sei più matura, sei diversa. In quel modo, però, che mi conquista e che ti rende perfino più bella. Sei tu, Sirena.
«Shà, Kàhla.» Il mio è un singulto, e mi chiedo se tu riesca a percepire che in me, in tono, vi sia parte di te e delle tue origini. Ti chiamo, nella tua lingua. E vorrei avanzare, vorrei sfiorarti; vorrei dirti più cose di quelle che potrò mai esprimere. Mi porto la mano al petto, un po' com'è già stato tra noi. Non voglio spaventarti, non più. Il nostro è un incontro lento, che ha in sé la dolcezza dell'approssimarsi. Le tue mani, chissà, potrebbero sfiorarmi. Io ti sorrido, e in me c'è l'affetto più limpido, che l'acqua tinge in salsedine.
«Kherné!» Ho un grido che marca profondamente il mio accento, benché si tratti solo di un nome. Il contatto del tentacolo dell'Avvincino mi appare gentile; se ripenso alle ferite che mi aveva procurato la prima volta, c'è da impazzire. Riprendo a respirare e piego il collo, a mostrarti le branchie (in me, in un guizzo d'ironia, c'è sottinteso di essere pronto, di essere preparato).
«Voi mancare, voi in cuore.» Misto a Maridese, il mio tentativo è un po' goffo. Porto entrambe le mani al petto, però. Non ho dimenticato, come avrei potuto. Allungo la stele, non l'ho mai gettata, in questo gioco di frasi affrettate è un messaggio.
«Oriveh aiuta.» Anche in capo al mondo, non conta altro.
salute 396/396 • corpo 330/330 • mana 411/411 • exp 79
Inventario
Bacchetta magica
Algabranchia – in uso
Ciondolo Pinna di Sirena – per respirare sott'acqua per un'ora, unico
Gigantisticca, Nanosticca – in mokessino impermeabile, ingrandisce e rimpicciolisce per un turno
Fango Caldogelo – fango dei Maridi di Inverness; spalmato sul corpo prima di un’immersione in acqua e/o in luoghi gelidi all'esterno, permette di non avvertire il freddo per un’ora, max. 4/5 applicazioni.
Anelli – tutti alla mano sinistra: Anello del Potere (blocca due turni); Anello con Acquamarina; Anello delle Sirene (dal Lago Nero, rende resistenti alle fatture)
Bracciale di Damocle – permette di lanciare un doppio incanto in un solo post, ogni sei post
Medaglione Pirata – al collo; ritrovato in una grotta marina, brucia sulla pelle per avvertire di immediato pericolo

oJR5TMk
Qpz0Zvy
Incantesimi
I, II, III, IV Classe completa
V Classe • Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Incanto Patronus
VI Classe • Perstringo
Chiari • Stupeficium, Rituale Perfetto

Abilità & Vocazioni
Divinatore Esperto, Maridese
Materializzazione
Code • Oliver
 
Top
view post Posted on 26/10/2023, 13:52
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,915

Status:


È una strana miscela di sensazioni – piacevoli, ovviamente –, un frenetico rincorrersi tra amara nostalgia, gioia e urgenza di recuperare il tempo perduto quello che tu e la Sirena state sperimentando in prima persona. Vi priva del fiato, è normale. Persino Kherné è in brodo di giuggiole, con entusiasmo apprezza le tue branchie nuove fiammanti e te lo dimostra piroettandoti attorno divertito. Sei uno di noi, pare intendere con i suoi modi giocosi.
Ma le cose belle durano poco, è risaputo da tutti. Ogni emozione prende lentamente un colorito più grigio, le sfumature vivaci si stingono all’ombra di una scura vicenda su cui sta per essere fatta luce.

Forse spudoratamente ti viene chiesto aiuto, il corpo della Sirena è in tensione mentre attende una tua risposta sincera. E questa arriva senza farsi pregare ulteriormente, scioglie ogni suo muscolo fattosi corda e la pura gratitudine compare sul giovane volto.
«Xié, Oriveh!» sentendosi sollevata porta le mani al petto, le sovrappone all’altezza del cuore che batte veloce, carico di gioia quando capisce che desideri veramente aiutarla. Lo stesso cuore che si sta aprendo, mostrando i suoi segreti più intimi e con totale fiducia te ne fa dono «Kàlha seakà kmé’ala!» inevitabilmente, il tono è preoccupato «Kàlha c-cerca sua f-famiglia!» le immagini di una casa tristemente vuota, trasformata in spigolosi detriti, si affacciano ben presto alla memoria. Il dolore traspare dai suoi occhi, il sale che cola copioso da essi si amalgama al dolce del Lago che vi abbraccia. Ingoia, si fa coraggio e prosegue «Thàs!» indica la tavola che hai portato con te e che le porgi di tua sponte, come fosse un segno del destino. Dall’espressione puoi facilmente intuire che sia un tassello fondamentale per completare la sua disperata ricerca. Con un movimento timoroso si avvicina e la osserva, le dita sfiorano delicatamente i numeri che vi sono rudemente incisi «kmé’ala!» c’è un collegamento tra la stele e l’allontanamento dei suoi, è questo che vuole dirti «Loro, lì!» ma “lì” per lei è un luogo ignoto purtroppo, ed è qui che entri in scena tu.

Il quadro comincia a prendere forma. Kàlha, pian piano, ti rivela il contenuto del messaggio che i genitori ed il fratello le hanno lasciato assieme alle coordinate il giorno in cui vi siete conosciuti. Lo fa nella tua lingua madre cercando di comunicare al meglio, pure restando consapevole che la sua maniera di esprimersi è piuttosto goffa. Ti rivela che volevano convincerla a porre rimedio ai suoi errori – i suoi contatti con gli umani principalmente, considerati sbagliati –, una redenzione che sarebbe avvenuta in un luogo ben nascosto ad eventuali ospiti indesiderati. L’unico indizio riguardo la posizione in suo possesso è l’ultima enigmatica frase che le hanno rivolto, leggibile a chiare lettere sull'altra tavola rinvenuta nell’abitazione prima che il tritone vi attaccasse e vi costringesse a separarvi:

“Se vorrai unirti a noi, ci troverai là dove sfocia il Rosso e le porte d’Oriente si spalancano.”



L’altra metà del puzzle, invece, la stai stringendo tu con tanta cura. Ora sai cos’hai custodito, così gelosamente, in questi anni.
«Oriveh sa d-dove loro essere?» da sola non è riuscita a decifrare il significato di quell’affermazione, un po’ si sente sciocca per questo. È in imbarazzo, l’abbassare lo sguardo ne è un gesto lampante. Ma con te non c’è bisogno di provare vergogna, in fondo ne è consapevole. Per questo azzarda. Azzarda e fa sentire ancora una volta la sua melodica voce «Phendé kmé’ala?» le parole arrivano morbide, un sussurro che riverbera nell’acqua e suona come una supplica «Oriveh aiuta trovare mia famiglia?» questo il secondo appello che ti rivolge. Sa di chiedere molto, soprattutto dopo la lunga separazione, ma per lei adesso sei un’ancora, un porto sicuro. Ripone in te la sua speranza, è così dal primo istante.

Eccoci alla chiave di volta di questa prima fase!
I genitori ed il fratello di Kàlha, che lei sta cercando, le hanno lasciato un indizio sulla loro posizione, una frase enigmatica che tu dovrai decifrare. A completare il quadro, ci sono le seguenti coordinate – recuperate nella precedente quest (click):

Latitudine: 9° 10’ 28.2'' N
Longitudine: 53° 58’ 12.72'' E

Per qualsiasi dubbio su come procedere, sai dove trovarmi!
 
Web  Top
view post Posted on 30/10/2023, 11:52
Avatar

Group:
Studente sotto Esame
Posts:
19,264
Location:
TARDIS

Status:



hV5oGN9
La mano sinistra sfiorò il petto ad altezza cuore. «Oliver» scandì, e lo fece lentamente, come a voler precisare sillaba dopo sillaba di un nome così semplice.
[...] e si lasciò andare ad un canto leggero, quasi dolceamaro. C'era tristezza in quella musica, c'era al contempo attrazione. Parlava di abbandono e di ritrovo, accennava agli Abissi. [...] Cantava di nostalgia, in una lingua che soltanto la Sirena avrebbe compreso.
«Il Canto del Mare»
Zd5nzJZ
Nf4BM3N
D'un tratto ho certezza d'essere altri, al di fuori di me. Di sospendermi, innalzarmi, mutare in forma: più delle branchie che trovano guizzo d'ironia nell'Avvincino, più del respiro che attinge incautamente all'acqua; c'è di più, ora, per me. Diventa un gioco di contrasti, la scoperta di poter spingermi oltre, di aver già superato ogni limite umano: io, che abito gli Abissi, ho come l'impressione d'essere giunto a Casa. Ho l'istinto di nuotare, di invitare l'intero corpo al movimento — più dell'ultima volta. Forse è l'effetto dell'Algabranchia, che rende il brivido d'inverno già più controllato, in modo pacato. Forse è il sussulto che mi travolge, appena scorgo le onde tingersi d'un mulinello salato: le tue lacrime, Sirena, sono balsamo. Mi riportano via, in visioni soltanto in attesa; e mi riportano al Mare, che ha cullato sogni e incubi finché non ci siamo ritrovati. Credo... credo fosse destino, in qualche modo inconsapevole perfino per chi come me. Credo che il Mare, fin'oggi, abbia voluto comunicarmi un messaggio. Impercettibile, talvolta sinistro — è Canto.
Non impiego neanche un istante a trovare una giustifica. Il mio è un sì secco, un cenno del capo che muove il lago, che lo trasforma. E così, Sirena, trasforma me stesso. Ho l'innato, più fervido desiderio di scattare avanti, di farmi largo oltre la poca distanza tra noi. Ho voglia di stringerti a me, io che sono uomo e tu creatura; e percepire il contatto delle tue squame, sfiorarle, carezzarle. Vorrei intrecciare le dita ai tuoi capelli, divenire parte di una chioma che l'acqua non arresta; e vorrei parlarti, parlarti come mai prima d'ora. Invero, acconsento. Ma sono silenzioso, in solitudine. In cuor mio comprendo che il nostro, pur vicino, sia un rapporto ancora atipico — il timore di perderti con un gesto avventato, umano, è snervante. Lascio allora che sia l'intreccio delle mie mani, ancora una volta, a porti lingua e comunicazione. S'avvicinano, dita strette tra loro tra pietra e bacchetta, fino al petto. Il tuo gesto è con me, è al sicuro. Non ti abbandono, costi quel che costi perfino per me.
«Shà, Kàhla. Shà.» Diventa monosillabo, una conferma assoluta. L'unica parola che mi appartiene dall'origine, fin dal tuffo d'esordio in queste acque. Eppure, la mente è limpida, ora più che una volta. Non c'è la costrizione dell'ossigeno, il gusto del sangue e delle ferite sulla schiena e sulla pelle. Perfino Kherné mi sostiene a proprio modo, non mi respinge. Giro appena, dunque, affinché la pietra torni a voi: e sei tu, Sirena, che la trasfiguri semplicemente in vita. Io, che l'ho tenuta per mesi stretta al petto, sotto il cuscino, perfino sott'acqua della vasca da bagno... io, che l'ho interpretata diversamente e male, ora mi accorgo di quanto sia stata nitida. Sempre, sempre vicina. Il messaggio è una storia, s'incastra come tassello alla memoria che ho vissuto con te: la prigione, la casa distrutta, la roccia divelta. Se chiudessi gli occhi, potrei ripristinare il guizzo fervido delle pinne dei Maridi soldati, e la tensione che ha spinto te — Sirena — a mandarmi via, per il mio solo bene. Ma ora non sono più il ragazzino di una volta, non più. Acconsento, di nuovo, all'infinito. Le branchie solleticano il collo, le mani palmate sfiorano la tavola di pietra.
«Il Mar Rosso.» Il mio è un tono inusuale, quaggiù. Voce umana che s'addolcisce del lago, finché la mente viaggia, viaggia lontana. Il mio primo istinto, in associazione, è un richiamo geografico: il Rosso, le Porte d'Oriente. Mi viene da pensare possa essere il Mar Rosso, alle foci dell'Oceano Indiano. Benché abbia sempre creduto d'essere coraggioso, sento di rabbrividire: inattesa, come reazione, pure per me. La verità è che mai, mai avrei immaginato potessi spingermi così lontano. C'è, in me, la consapevolezza di cadere in errore, di avere un margine di inesattezza. Ma le coordinate, che studierò attentamente, potranno finalmente avere conferma o smentita. Non lo esprimo a parole, non potrei neanche volendo, ma in me s'insinua una simbologia che non mi ha abbandonato per tempo: gli scorci, in visione, di templi antichi, di bracieri, di mare in tempesta. Luoghi, dettagli, sensazioni che non ho mai ritrovato in Gran Bretagna, neanche ad Hogwarts. Ho paura. Come potrei sottrarmene? Ma è una paura che si tinge di adrenalina, e di tenacia.
*Ti attende un viaggio che ti cambierà*, ricordo le parole di Morwenna, la Chiromante di Godric's Hollow. Che sia o meno veritiero, qualcosa mi suggerisce che la destinazione ultima non sia il Lago Nero. Ho bisogno di tempo... di nuovo. E ho bisogno di separarmi da te, Sirena. La mia espressione è nitida, oltre che addolorata. Ti osservo, una pausa di silenzio che divora il mio cuore. Continuo ad annuire, perché la tua domanda trova in me partecipazione. Sì, Kàhla. Sì, ti aiuterò.
«Viaggio lungo. Mare.» Cerco aiuto con le mani, spalancando le braccia a sottolineare il lungo tragitto possibile. Non mi spaventa, ma ho bisogno che tu capisca di non poter partire ora. Pur con tutta la magia in mio possesso, non avrei modo di spingermi eventualmente così lontano, a nuoto. Non ho idea di come fare, ma devo risalire in superficie: prepararmi, spostarmi per terra.
«Noi ritrovare. Io pronto. Oriveh pronto.» Sollevo la bacchetta, lascio che tu e Kherné possiate vederla: non è pericolosa, non contro voi. Solo dopo la rivolgo verso la tavola che stringo nell'altra mano, immaginandone una copia identica: forma, misura, tracciature in roccia. Ritrovo le stesse rifiniture finché la magia zampilla silenziosa.
«*Geminio Qualora la tavola possa duplicarsi, terrò con me l'originale e lascerò a te l'altra. Un cenno del capo come in promessa.
«Thàs.» Tavola. «Guida.»
Indico in alto, un movimento degli occhi che traboccano di tristezza.
«*Fuori Lago — Kàhla — uscire?*» Rudimenti di Maridese, ora, che cerco di rivolgerti affinché tu colga il senso delle mie parole. Devo andare via, ma ci troveremo. E tu, tu potrai venire con me?

Shà, Kàhla.
Shà.
salute 396/396 • corpo 330/330 • mana 411/411 • exp 79
Inventario
Bacchetta magica
Algabranchia – in uso
Ciondolo Pinna di Sirena – per respirare sott'acqua per un'ora, unico
Gigantisticca, Nanosticca – in mokessino impermeabile, ingrandisce e rimpicciolisce per un turno
Fango Caldogelo – fango dei Maridi di Inverness; spalmato sul corpo prima di un’immersione in acqua e/o in luoghi gelidi all'esterno, permette di non avvertire il freddo per un’ora, max. 4/5 applicazioni.
Anelli – tutti alla mano sinistra: Anello del Potere (blocca due turni); Anello con Acquamarina; Anello delle Sirene (dal Lago Nero, rende resistenti alle fatture)
Bracciale di Damocle – permette di lanciare un doppio incanto in un solo post, ogni sei post
Medaglione Pirata – al collo; ritrovato in una grotta marina, brucia sulla pelle per avvertire di immediato pericolo

oJR5TMk
Qpz0Zvy
Incantesimi
I, II, III, IV Classe completa
V Classe • Claudo, Nebula Demitto, Plutonis, Incanto Patronus
VI Classe • Perstringo
Chiari • Stupeficium, Rituale Perfetto

Abilità & Vocazioni
Divinatore Esperto, Maridese
Materializzazione
Code • Oliver
 
Top
view post Posted on 25/11/2023, 19:15
Avatar

Il Fato

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
10,915

Status:


Un quesito importante galleggia placidamente tra di voi. Sta lì, statico a mezz’aria, che studia attentamente le vostre reazioni – qualunque esse siano – alla situazione venutasi a creare. Assieme a lui, tutto sembra fermarsi e attendere con ansia la risposta tanto desiderata. Persino le bolle, che sfiorano ed escono dalle vostre labbra, rallentano il ritmo del loro scorrere. Sospiri trattenuti, poi rilasciati con sollievo quando prendi finalmente la parola.

La fiamma della speranza s’innalza e divampa nella giovane quando tu, in pochi istanti, raggiungi l’obiettivo che lei si era quasi arresa a conquistare. Non sa dove la tua deduzione la porterà, letteralmente. È un enorme passo avanti, ma la lascia confusa per un istante «Mar Rosso!?» le parole sono lo specchio delle tue, ma il tono è interrogativo e la sua espressione indica qualcosa di completamente diverso. Il suo volto si fa corrucciato, si sforza di ricordare se ha già sentito quel nome e dove. Se, addirittura, c’è capitata per caso durante il suo vano peregrinare durato anni. E d’improvviso il cassetto giusto della memoria si apre, rilascia luminosi flash della sua vita che quasi aveva dimenticato «Sì, Kàlha conoscere!» è stata lì da piccola proprio con la famiglia, già a quella tenera età i genitori la sgridavano perché amava curiosare in superficie con il rischio di farsi scoprire dalle persone sbagliate. Spezzoni della sua infanzia che passano veloci davanti ai suoi occhi, attimi felici tra litorali esotici ormai sfumati e che crede tristemente di non poter più assaporare.
«Sì, noi trovare!» lo dice con forte convinzione e rinnovato ottimismo. Non le importa di quanto possa essere lungo il viaggio, lei non si tirerà indietro – né ora né in futuro. È entusiasta, il suo sguardo brilla di gioia e gratitudine nei tuoi confronti. Può sembrare poco ciò che ha ottenuto, ma il realtà anche avere un punto di partenza è un enorme passo avanti. È tanto per una giovane che brama di afferrare l’agognata verità, non le sfuggirà ancora per molto.

Non palesa timore alcuno per la bacchetta che mostri, l’Abete danza e rilascia scintille di pura magia. Senza esitazione l’altra accetta la copia della tavola che gentilmente le porgi, la stringe con le braccia al petto come fosse un tesoro d’inestimabile valore. Il suo mento poggia sul bordo roccioso, mentre lo sguardo segue i tuoi movimenti. Stai per andartene, ma ti comprende e ti saluta per adesso. Può sembrare malinconico come scenario, ma in cuor suo sa di poter stare tranquilla: ti rivedrà, ciò le basta perché un sorriso le illumini il volto come un caldo raggio di sole estivo.
«Noi, incontrare.» anche lei ora guarda in alto, là dove la Luna ancora bacia il pelo dell’acqua «Noi, partire.» non ha fretta, però, rispetterà i tuoi tempi «Io qui Oriveh, tutto tempo che vorrai. Poi cercare insieme mia famiglia, quando tu pronto.» appena tornerai con informazioni più precise lei sarà lì, ad accoglierti come stanotte. Allora avrete sicuramente un punto d’incontro tra mare e terra e, da lì, potrete dirigervi verso le meta definitiva. Conta già i giorni, i minuti, persino i singoli secondi che la separano dall’inizio di questa nuova avventura.
Freme d’emozione e intanto ti osserva assorta mentre ti allontani, un puntino che si fa sfocato, avvolto dalle alghe che leggiadre ondeggiano a ritmo lento. Mentre è preda dei pensieri che le vorticano in mente, Kherné le si avvicina e segue lo sguardo della Sirena fino a sfiorare la tua figura con il suo. Un tentacolo si solleva, si muove sinuoso in un buffo saluto. Il suo personale “Arrivederci”.
Perché sì, questo e solamente un arrivederci, non un drastico addio.

La prima parte è terminata, le coordinate sono state decifrate correttamente! Adesso ci sposteremo ne “Il Resto del Mondo Magico”, ti verranno fornite a breve informazioni più dettagliate.
 
Web  Top
14 replies since 22/1/2022, 10:57   732 views
  Share