Long for a heart, never be apart., Privata

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view post Posted on 10/3/2022, 13:44
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Lucien Cravenmoore
Et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te
Per circa un anno, Londra per Lucien era sempre stata strettamente collegata a Jane ed anche quando cercava di vivere la capitale britannica senza averla al suo fianco, il destino finiva per giocargli qualche brutto tiro. Ne era stato un esempio quella sera in compagnia di Jisung, quando il mago e la strega avevano finito per incrociare i propri cammini senza averlo preventivato e la risultante di quell’equazione instabile era stata la stessa replicatasi nei mesi successivi. Ormai buona parte dei punti di interesse della capitale smuovevano nel francese un ricordo legato a lei, manco avessero intessuto una relazione stabile che implicava una nutrita frequentazione. Ma a Londra Lucien doveva andare spesso, vuoi per questioni lavorative, vuoi per altre marcatamente personali ed era stato in un eccesso alcolico che aveva partorito una missiva destinata proprio al Medimago. Poche parole scritte con una calligrafia quasi illeggibile che la invitavano a vedersi all’una presso Himiko’s Taste. Numerose sbavature d’inchiostro e il testo stringato denotavano un’anomalia nel solito modo di approcciarsi alle corrispondenze epistolari del mago, ugualmente appariva chiaro sia il mittente che la richiesta.
Il danno ormai era fatto e quando se ne era ricordato la mattina seguente, Lucien aveva tirato fuori una serie infinita di improperi e maledizioni contro la propria persona che non avevano fatto altro che incrementare l’emicrania pulsante correlata alla sbronza.

Eccolo lì: lavato, stirato, stropicciato aveva cercato suo malgrado di rendersi presentabile calzando anfibi non incrostati di fango, pantaloni verdi senza buchi e una camicia larga a righe bianche e nere sotto una giacca verde. Nonostante gli sforzi, sarebbe apparso chiaro anche a un troll che non se la passava bene e che il buco nero in cui si era infilato dopo quella sera lo aveva inghiottito risputandone poi solo i brandelli. Suo malgrado si era trovato costretto a prenotare un tavolo per due, nella ressa che a quell’ora di punta prediligeva la cucina etnica.
Lucien se ne stava seduto su una Testa di Drago, la peculiare seduta magica preposta per l’ala nipponica del locale, celata alla vista di scomodi babbani. Si passava distrattamente da una mano all’altra un buono del Profeta legato alla festa di San Patrizio che garantiva un all you can drink in qualsiasi locale del mondo magico se vestiti di verde. Per due.
Se doveva fare questa pazzia (e ormai non poteva più esimersi dal farlo) almeno si sarebbe avvalso del vecchio amico alcol. Dopotutto, trattandosi di Jane, gli pareva una scelta azzeccata.

 
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view post Posted on 15/3/2022, 19:47
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Jane Read
Et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te
Marzo aveva lavato via i giorni zuccherini del suo predecessore con nuvole grigie gonfie di pioggia, rischiando di far rimpiangere il sole pallido di fine inverno che aveva illuminato debolmente la capitale durante la festa dell’amore e i successivi giorni di scherzi carnevaleschi. Ma, infine, la primavera sembrava pronta a compiere i suoi primi timidi passi, e Jane aveva osservato il cielo sfumare dal blu scuro della notte ad un tenue color albicocca dalle vetrate del suo ufficio mentre il turno notturno volgeva al termine. Bevve un sorso di caffè dalla tazza che reggeva tra le mani, l’ennesima dose di caffeina che le aveva fatto compagnia, come era ormai abitudine, durante le precedenti ore di lavoro. Alle sue spalle, nel mezzo della scrivania, tra una cartella e l’altra spiccava un foglio di pergamena spiegazzato: poche parole, per lo più incomprensibili, ma l’essenziale ben riconoscibile. Un luogo, un orario d’incontro, e una firma.
Il messaggio era stato lasciato sulla sua scrivania nel bel mezzo della notte da un gufo che Jane aveva incrociato mentre si stava recando in ufficio per consultare un manuale, tomo che le era scivolato dalle mani non appena aveva letto il contenuto della missiva. Mi prende in giro? La domanda aveva fatto capolino fugace nella sua mente ancora prima di rendersi effettivamente conto di quello che aveva appena letto, ma il dolore non si era fatto attendere troppo per riportarla alla realtà, mozzandole il respiro. Aveva quindi infilato di tutta fretta la pergamena in una tasca del camice, e recuperato il libro era tornata ai suoi doveri: il pezzo di carta per le restanti ore di lavoro era rimasto nascosto tra le pieghe della stoffa, inconsistente e al tempo stesso pesante come una pietra grezza, così simile alla sensazione opprimente che aveva iniziato a stringerle il costato sempre più, a tal punto da incrementare ulteriormente il pallore del suo volto. Si era sforzata di non pensarci, di relegare in un angolo del suo animo la tempesta pronta ad avvolgerla, ma quando il collega del mattino l’aveva raggiunta in ambulatorio per darle il cambio e prendere le consegne per la giornata, aveva compreso che purtroppo non poteva più scappare.

Con un gesto della bacchetta i residui del caffè scomparvero dalla ceramica color del cielo, e la tazza levitò fino ad uno degli armadietti, raggiungendo le compagne tra le confezioni di infusi e di biscotti che costituivano la sua scorta segreta. Un sospiro le sfuggì dalle labbra mentre lo sguardo scorreva inespressivo sulla fila di gemme che ricoprivano i rami degli alberi del giardino. Perché avrebbe dovuto accettare? Erano passati quasi tre mesi, tre lunghi mesi in cui aveva dovuto imparare di nuovo a convivere con l’insonnia, mesi in cui aveva cercato rifugio nel suo lavoro per non dover affrontare la realtà che la attendeva una volta rientrata a casa, mesi in cui sembrava aver dimenticato come si provasse qualsiasi emozione che non fosse il dolore. L’apatia ormai era diventata la compagnia fidata, uno scudo pronto a proteggerla dal sentire qualsiasi cosa. Era bastata una pergamena consegnata nel bel mezzo della notte per far crollare la debole fila di mattoni con cui stava provando a ricostruire le mura che non erano state in grado di difenderla. Accettare quell’invito sarebbe stato come sbriciolare con le sue stesse mani i mattoni e rendersi ancora più vulnerabile.

Perché all’orario stabilito stesse varcando la soglia del ristorante orientale, rimaneva dunque un mistero. Una lunga doccia e una tazza di tè fumante non erano riuscite a cancellare le tracce della notte di lavoro dal viso della medimaga, le linee scure sotto gli occhi a sottolineare lo sguardo nel pallore del volto. Le mani le tremavano leggermente mentre superava l’arco di fiori di loto, inoltrandosi nella zona del ristorante dedicata al Giappone, e si sforzò di domare l’ansia mentre cercava con lo sguardo il mittente della pergamena. Quando lo notò tra i tavoli affollati come solo l’ora di punta poteva offrire, una fitta dolorosa le mozzò il fiato: si sforzò di fare un respiro profondo, trattenendosi dal correre verso la zona cinese del locale ad ordinare un bicchiere di saké. Oltrepassando una coppia di rumorose streghe anziane che attendeva di prendere posto e superato un tavolo in cui un gruppo di chiassosi studenti sembrava intento a sfidarsi in una gara di cibo, raggiunse finalmente il francese. « Lucien. » Pronunciare il suo nome provocò un’altra fitta che decise di dissimulare prendendo con calma posto sulla testa di drago, che lesto provò ad assaggiare il tessuto verde olivastro del vestito primaverile che avvolgeva il suo corpo smagrito. Una volta liberato l’abito dai denti dell’animale, alzò la testa verso il ragazzo, sforzandosi di mantenere lo sguardo ma rimanendo in silenzio. Era lui che le aveva scritto. Spettava a lui, dunque, parlare.

 
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view post Posted on 16/3/2022, 10:41
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Lucien Cravenmoore
Et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te
Quando Lucien notò l’aspetto in cui verteva Jane per poco non gli venne un coccolone e il suo peculiare self control vacillò per un istante. Quel corpo florido che l’aveva soggiogato per mesi si era ristretto in modo marcato e le medesime ombre che abbracciavano in una mezzaluna le proprie iridi chiare, ora facevano sfoggio anche sul suo viso delicato. Si domandò quanto ancora avrebbe rappresentato una piaga per lei e, inevitabilmente, provò il forte desiderio di smaterializzarsi per evitare di combinare altre catastrofi. Portò la mancina ad altezza della fronte, stropicciando la pelle sempre più pallida; la necessità di calarsi qualcosa di distensivo fece capolino nella matassa di pensieri scomodi e lì rimase inchiodata per una provvidenziale presa di posizione che lo voleva sufficientemente lucido da rappresentare una sorta di degna compagnia per Jane. In un posto del genere dubitava fosse permesso fumare, perciò nemmeno delle relativamente innocue erbette avrebbero potuto mitigare il suo umore.
- Stai uno schifo -valutò, crudele ma onesto, dicendo impietoso ciò che pensava - se non altro quel giorno avrebbe voluto evitare inutili menzogne. Già, perché tali si erano rivelate se si trovavano ancora insieme dopo che aveva cercato in tutti i modi di evitarlo, per quell’incontro doveva solo ringraziare l’alcol. - Come me, del resto - aggiunse con un filo di voce. Non riusciva a staccare le iridi oltremare dalla rappresentazione visiva delle proprie azioni.

Decise che era meglio ordinare nella speranza che il buon cibo giapponese riuscisse a cavargli fuori quelle parole che non avevano nemmeno preso forma nella sua mente, ma che era necessario riuscisse ad estrapolare prima che si separassero di nuovo. Prese tra le mani il menù che notò essere un po’ scarno rispetto ai ristoranti giapponesi che aveva provato in passato, ma dall’offerta accattivante.
Lucien si domandò quale mago sano di mente avrebbe ordinato gli Odamaki-mushi e dopo aver passato a rassegna gli antipasti senza trovare qualcosa che lo stuzzicasse, si dedicò alla lettura dei primi. Sbattè le palpebre: c’era solo un primo, un invitante Ramen che avrebbe senz’altro trovato spazio nel suo stomaco. Scorse per intero il menù e quando si fu sincerato che anche Jane avesse fatto altrettanto, si premurò di far cenno alla prima garzona libera di raggiungerli.

Avrebbe accolto il suo arrivo imbastendo un sorriso che gli riusciva difficile tirar fuori in quel periodo. La mancina avrebbe indicato alcuni punti del menù ancora aperto ed avrebbe accompagnato la gestualità con parole dal tono neutro.
- Buongiorno. È davvero carino questo posto, non ci ero mai venuto. -
Ad occhio e croce gli sembrò di riconoscere nei tratti della giovane una studentessa del castello. A differenza di coloro che sceglievano di cercare impiego al più vicino villaggio di Hogsmeade, Lucien valutò che gli spostamenti per raggiungere la capitale magica dovevano essere relegati a soluzioni rapide come la Metropolvere. Himiko’s taste gli era stato consigliato da un amico tempo prima e negli effluvi alcolici era stato il primo nome che gli era balenato nella mente mentre scriveva l’invito per Jane.
- Vorrei ordinare un Ramen, un Nighiri al granchio, un Maki al salmone e avocado e per concludere delle pere al miele. Da bere cos’avete? Perché avrei un buono del Profeta… - disse allungandole il rettangolo di pergamena che attestava la possibilità di bere senza limiti - di grande aiuto data la situazione. Ipotizzò che il menù cinese fosse provvisto di qualche Tea o Sakè del caso, sperando fosse possibile ordinare da quello o, in alternativa, mostrandosi curioso per le alternative giapponesi anche se non figuravano nel menù.

 
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view post Posted on 21/3/2022, 16:10
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Jane Read
Et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te
Anche se l’elegante arco floreale si trovava alle sue spalle, discretamente lontano, il profumo delicato dei fiori di loto aleggiava nell’ambiente, mescolandosi con gli odori agrodolci che provenivano dalla cucina in fermento e dai piatti che levitavano tra un tavolo e l’altro, posandosi davanti ai clienti del locale in trepida attesa di assaggiare le prelibatezze che il posto offriva. Almeno, questo era quello che avrebbe visto Jane se si fosse guardata intorno. Il profumo lievemente dolce le sfiorava la punta del naso, invitandola quasi a voltarsi e ad allungare la bacchetta per cogliere alcuni dei petali rosati. Ma la medimaga sembrava aver sviluppato una particolare forma di insensibilità a qualunque stimolo dell’ambiente circostante, seduta sulla testa di drago che di tanto in tanto sbuffava smuovendole il vestito. Tuttavia, non si diede pena di sistemare le pieghe della stoffa, l'attenzione focalizzata sullo sguardo color ghiaccio del docente di Hogwarts, talmente indecifrabile da sembrare capace di contribuire al dolore sordo che le stringeva il petto, come una lama appuntita che si infila tra le ossa senza remore. Si stava sforzando con ogni briciola di autocontrollo a non cedere, a non lasciar vagare la mente tra i ricordi del passato, a non tornare con la memoria a quello che era successo tre mesi prima e alle conseguenze di quel fatto.

Stai uno schifo. Granitico e con la schiettezza che da sempre lo aveva caratterizzato, Lucien aveva spezzato quel silenzio denso di dolore esprimendo ad alta voce quella che era semplicemente la realtà dei fatti. Jane sapeva esattamente di aver avuto una cera migliore, un tempo, ed era consapevole che la sfumatura violacea che sottolineava il suo sguardo non era dovuta solamente al turno di notte. Conosceva fin troppo bene anche la causa del suo stato, ma essa sarebbe stata in grado di riconoscersi colpevole?
Scrollò le spalle in risposta alle parole del mago, lasciando vagare lo sguardo perplesso su quella che in fin dei conti non appariva come una condizione tanto migliore della sua. Trattenne un cenno d’assenso quando il francese non risparmiò una critica velata anche nei propri confronti, e avrebbe voluto essere stata in grado di trattenere anche le parole che seguirono, ma troppo velocemente erano sfuggite dalle sue labbra in un sussurro che era certa solo lui avrebbe udito. « Troppi bagordi insieme a piacevoli compagnie? »
Non si sentiva immotivatamente crudele, o per lo meno non se ne rendeva conto: era inutile ammettere che non era veramente lei a parlare ma il dolore che ormai da mesi era diventato suo inseparabile compagno, entità inafferrabile con cui aveva condiviso notti insonni, con cui aveva trattenuto ogni lacrima fino al punto di rottura. Erano rari i momenti in cui si assentava, lasciando l’apatia come balia premurosa pronta ad assicurarsi di tenere lontano qualsiasi altro sentimento. E non era sempre stato davvero meraviglioso, non sentire più nulla?


Senza nemmeno provare a scusarsi, imitò i gesti del francese avvicinando a sé il menù del ristorante facendolo scivolare silenziosamente sulla superficie del tavolo, abbassando lo sguardo e cercando di individuare qualcosa – qualsiasi cosa – che avrebbe potuto darle il coraggio di continuare a rimanere seduta su quella sedia testa di drago. Si era convinta di aver accettato quell’invito per pura cortesia, ma non era molto brava a mentire a sé stessa. Sapeva, sapeva perfettamente perché si trovava lì, ma la ferita sanguinava ancora troppo perché potesse scendere a patti con la sua coscienza e i suoi sentimenti così facilmente. Lasciò scorrere gli occhi sulle proposte nipponiche, valutando l’ordinazione degli Odamaki-mushi – solo per alludere vagamente al comportamento di Lucien – ma optando infine per del sushi che grazie ai consigli di sua cugina Isabel sapeva essere ottimo.
Salutò con un sorriso forzato la cameriera che si avvicinò al loro tavolo in seguito al gesto del francese, osservandolo mentre dava sfoggio di buone maniere nei confronti di quella che presumeva potesse essere una studentessa di Hogwarts. Con un fremito il ricordo del docente intento a descrivere i Demiguise con entusiasmo ed evidente passione ad una studentessa durante il precedente ballo di fine anno le attraversò la mente, e con evidente sforzo Jane cercò di farlo tornare nei meandri del passato, concentrandosi sull’ordinazione che doveva fare. « Buongiorno! Io invece penso prenderò tre Nigiri al salmone e due Maki con tonno. Come dolce invece vorrei i Mochi, se possibile. Ho sentito dire che sono troppo buoni. » Ancora una volta, non riuscì a trattenersi. Forse Lucien non sarebbe riuscito nemmeno a finire il ramen prima di stufarsi, di nuovo, della sua presenza e rimarcare quello che pensava di lei e che le aveva confessato con parole tanto chiare quanto crudeli il trentuno dicembre.
Alla vista del buono del Profeta si ricordò di averlo già utilizzato con Grace qualche giorno prima, e fu grata a Lucien per averlo portato con sé: forse, l’alcol quella volta avrebbe potuto rivelarsi un aiuto prezioso.

 
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view post Posted on 3/4/2022, 11:19
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Lavorava ormai da Himiko da così tanto tempo che doveva ringraziare quel ruolo per tutta la ginnastica che le consentiva di fare. Non era un tipo sportivo, quindi tutto quel muoversi avanti e indietro, con e senza pesanti vassoi tra le braccia, era probabilmente utile ai suoi muscoli, assuefatti dal poltrire il più delle volte sulle sedie della biblioteca. Inoltre quel lavoro le aveva permesso di sbloccare la sua eterna ansia nel dover parlare agli sconosciuti, non aveva più bisogno di contare qualsiasi piccolezza nei dintorni pur di tranquillizzarsi: si avvicinava ai tavoli quasi con naturalezza, prestando attenzione ad evitare che le pietanze si tuffassero sul pavimento.
Quel giorno in particolare, parte della clientela indossava qualcosa di verde, che poteva essere solo un cappello come l'intero outfit, e ciò sottintendeva che la serata avrebbe potuto rovinarsi facilmente, costringendola restare oltre l'orario di chiusura perché qualcuno non era in grado di calcolare quando fosse il momento di abbassare il gomito. Per fortuna c'erano locali che offrivano una vastità di alcolici decisamente superiore rispetto al loro magro menù, di conseguenza la probabilità che gli ubriaconi avessero scelto Himiko's Taste era decisamente bassa. Plausibilmente, chi esibiva il buono del Profeta nel loro locale era gente per bene che approfittava solo di una offerta per provare dei nuovi sapori. Chissà poi cosa ci trovavano gli adulti nel bere alcool, era davvero così entusiasmante? Una di quelle risposte che avrebbe voluto trovare da sola non appena ne avesse avuto occasione.

Aveva appena finito di chiedere alle due anziane signore la domanda d'obbligo che riservava ai clienti che sembravano in difficoltà sulla scelta del tavolo. Più che domanda, era una scusa per capire da quale lato del locale fare accomodare i commensali: bastava chiedere se usassero una bacchetta personale per capire. Molti rispondevano chiedendo a loro volta se ci si riferiva a quella acquistata da Olivander, altri addirittura mostrandola come se fosse un passaporto; gran parte dei babbani invece, si preoccupava poiché sperava di utilizzare delle forchette; mentre chi aveva già avuto il piacere di mangiare lì, andava ad accomodarsi nel posto giusto senza troppi errori. In altre parole, era una trovata semplice ed efficace. Quindi, una volta capito che le due signore volessero imparare ad usare le famose bacchette orientali, chiedendo di avere al tavolo delle posate occidentali "per sicurezza", le accompagnò nella zona corretta del locale senza altri dubbi.
Stava per tornare in cucina e capire se fosse pronto altro da servire, quando si rese conto che un cliente chiedeva la sua attenzione. Si affrettò in quella direzione e non appena notò il menù ancora aperto, cercò nelle tasche del grembiule della sua divisa il taccuino su cui prendeva gli ordini. Un gesto ormai spontaneo quando un volto nuovo chiedeva considerazione. «Irasshaimase» Disse effettuando genuinamente l'inchino formale che riservava ormai a tutti, portando il taccuino verso il petto. «Benvenuti» Tradusse una volta raddrizzata la schiena. Si soffermò ad osservare entrambi i commensali: le sembravano molto familiari e se fosse stata appena più accorta, si sarebbe resa conto di un profondo gelo che aleggiava tra i due. Ma la ragazza lì presente le ricordò un caldo evento traumatico che le rallentò qualsiasi altra possibilità di ricondurre quei volti a qualcuno di noto. Deglutì subito, per evitare che la sua mente si allontanasse troppo e si concentrò sul complimento ricevuto: «Arigato go-..gozaimasu» Rispose con un leggero tentennamento, non era sicura di pronunciarlo correttamente ed il tentativo di riportare la mente lontano dagli eventi di Hogsmeade non la stava aiutando. «Grazie, speriamo che anche il cibo che vi serviremo sarà di vostro gradimento. Siete pronti per ordinare?» Aggiunse poi, cercando di riportare la propria attenzione sul lavoro. Portò la punta della penna sul taccuino ed ascoltò le successive richieste. Man mano che entrambi parlavano, scriveva a chiare lettere l'elenco da consegnare in cucina. «Da bere offriamo un tradizionale Thé verde, delicato, non alcolico ed adatto a qualsiasi piatto; oppure del Brandy Cinese, ovvero acquavite ricavata da uva cinese, appunto; infine offriamo anche il famoso riso fermentato, comunemente noto come Sakè.» Aveva imparato quelle definizioni a memoria, per quante volte le aveva ripetute, e con educazione attese che l'uomo scegliesse una delle tre opportunità, o anche tutte visto il buono verdeggiante in mostra, prima di prendere ulteriori appunti.
Mise poi in colonna anche le ordinazioni della donna e quando si lasciò sfuggire quel commento sui mochi, anche la giovane cameriera non riuscì a trattenersi: «Ed è assolutamente vero! Pensate che in cucina vengono utilizzati i tradizionali usu e kine per prepararli.» Parlò con rinnovato entusiasmo, le usanze orientali erano sempre affascinanti.


Eccomi :zalve:
Chiedo scusa per i tempi, il buono è comunque valido dato che la role è stata aperta in tempo, quindi non ci sono problemi!
Per il momento segno questi acquisti:
Lucien: - Ramen (10F)
- Nighiri al granchio (3F)
- Maki al salmone (3F)
- Pere al miele (5F)

Jane: - Nighiri al salmone ×3 (9F)
- Maki al tonno ×2 (6F)
- Mochi (5F)

Ma vi aggiorno quando mi direte di aver completato tutte le ordinazioni :flower:

E auguri Jane, anche se in ritardo! ♥
 
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view post Posted on 4/4/2022, 09:18
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Lucien Cravenmoore
Et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te
Alle parole della strega Lucien le rivolse un'espressione che avrebbe perforato il metallo più duro. Le iridi di ghiaccio s'immobilizzarono incatenandosi a quelle d'ebano di Jane e le sopracciglia improvvisarono una lesta virata verso il basso. Rimase così, immobile come un animale pronto ad attaccare, ma che alla fine scelse di non immolarsi in alcun gesto se non quello di studiare i resti di un bottino già depredato. Il tempo macinò minuti e il peso delle scelte, azioni e reazioni si frappose facendosi scudo contro qualsiasi tipo di interazione.
Il fiore del male era avvizzito lasciando una polvere organica dietro di sé; se un bocciolo fosse rimasto celato pronto a lasciarsi irradiare dalla luce del sole, non se ne vedeva l'ombra.
La testa pesante come un macigno si avvaleva del collo sottile per restare al proprio posto, in bilico sotto l'assedio dei più cupi pensieri. Perchè la sua stupidità lì aveva condotti nel luogo più inadatto per un confronto di quel genere? Ve ne era davvero bisogno, dopo tutto il male che avevano e che continuavano a patire?
Una volta tanto il docente di Hogwarts non aveva una risposta.

Non poteva parlare per Jane, naturalmente, ma per quanto lo riguardava nessun cibo aveva consistenza e non sarebbe stato in grado di saziarlo. La voragine creatasi era troppo profonda perchè potesse riuscirci. Avrebbe fissato i colori sgargianti delle pietanze nel piatto, immobili come la sua intera figura. Un leggero tremore attraversava in rapide e violente scariche la sua altezza, celandosi sotto gli strati di stoffa.

La parentesi della cameriera, che il mago riconobbe essere una studentessa del castello, riuscì a spezzare la matassa di intricati pensieri che si erano annuvolati nella sua mente. Riuscì a farlo con brio e quella freschezza propria dei suoi anni oltre che - era evidente - la passione per il proprio lavoro. Se si era amanti dell’Oriente era chiaro che quel locale fosse un piccolo paradiso dove entrare a contatto con quella magica cultura. Lucien apprezzò l’efficienza della giovane, oltre che il suono di quella lingua per lui incomprensibile ma dalla piacevole musicalità.
- Vale la pena sfruttare il buono perciò … prendo tutto: Thé verde, Brandy Cinese e Sakè, xie xie. -
Non sapeva davvero cosa avesse ordinato; nella fattispecie conosceva solo il Thé verde mentre gli altri solo di nomea. Era ignaro dei 17 gradi del Sakè così come del gusto di quel particolare Brandy, ma lo avrebbe scoperto presto.

Sapeva di dover spezzare quel pesante silenzio, non solo aveva fatto lui il danno quella notte ora ma pure condotto lì Jane. Per cosa? Scusarsi? Sistemare le cose? Non lo sapeva, nè aveva la minima idea di cosa dire - i postumi della sbornia non aiutavano.
Recuperò ciò che restava del maki e con tutta calma lo mangiò.
- Ti ho mentito, Jane. -
Sicuramente se esisteva un modo peggiore per iniziare il discorso, lui lo avrebbe trovato ed effettivamente così è successo.
- Il mio comportamento non ha attenuanti. Mirava solo a salvaguardarmi mentre mentire serviva ad allontanarti in maniera rapida e definitiva, con la speranza che le ferite derivate potessero godere di minor tempo per rimarginarsi. -
Dalle sue parole traspariva la meticolosa premeditazione che aveva animato il gesto e, forse, lo scrupolo annesso. Abituato a mantenere un cipiglio controllato, anche la voce sembrava sprovvista di modulazioni emotive, ma in tutti quei mesi Jane avrebbe dovuto aver imparato a riconoscere dettagli che andavano oltre la superficie di un’apparente atarassia.
Una volta arrivate le ordinazioni, Lucien avrebbe preso le bacchette per incastrarle tra le dita. Quindi le adoperò per stringere un maki e portarlo ad altezza del volto, studiandolo, quindi strinse con forza e questi si slegò facendo cadere sul piatto chicchi di riso scomposti.
Riusciva sempre a rovinare tutto e spesso lo faceva coscientemente.



Grazie mille, ho adorato il tuo intervento :sbrill: :<31:
 
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view post Posted on 8/4/2022, 13:25
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Jane Read
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Le sue parole, pronunciate con apparente noncuranza ma venate da un risentimento che forse voleva far trasparire più di quanto volesse ammettere, sembrarono colpire il francese maggiormente di quanto avesse potuto preventivare: percepì lo sguardo del mago su di sé, di un’intensità tale che le sembrò di avvertire l’acqua gelida scorrere lungo la pelle, scatenando un brivido che riuscì a dissimulare a fatica. Una sfumatura lieve color zucchero filato le colorò gli zigomi, un debole segno che nel pallore sovrano un briciolo di vitalità era rimasto ancora presente in lei. Non riusciva tuttavia a sentirsi davvero in colpa per quanto aveva alluso: per quelle che erano le sue conoscenze, poteva anche trattarsi della realtà, e la reazione di Lucien poteva in effetti essere vista una conferma. Le parole che lui aveva pronunciato quel giorno, la scena che aveva intravisto di sfuggita durante il Premio Chapman al San Mungo, erano deboli filamenti di corda a cui legare le vaghe supposizioni che poteva permettersi di avere sulla vita privata di Lucien. Anche se avevano camminato sul bordo del precipizio più a lungo di quanto avessero preventivato, avevano avuto modo di accedere alla sfera privata uno dell’altra solo fugacemente e il solo ricordo – la tazza distrutta, le confessioni sussurrate nel tepore del mattino – non faceva che aumentare il dolore che provava. Non interruppe però il contatto visivo, costringendosi a resistere nonostante la consapevolezza che più tardi la sua coscienza le avrebbe presentato il conto. Era l’ennesima notte insonne in compagnia dei rimpianti, quella che la stava attendendo sorridendo?

La comparsa della giovane studentessa smorzò lievemente la tensione che aleggiava tra i due, fornendo una tregua inaspettata quanto inconsapevolmente necessaria. Non notò il lieve tentennamento della cameriera: in altre circostanze forse Jane l’avrebbe riconosciuta – il tragico incidente di Hogsmeade era stato il primo vero disastro che aveva affrontato al San Mungo, e i volti dei feriti erano scolpiti nel suo animo – ma l’apatia sembrava aver preso anche il controllo della sua mente al di fuori dell’ospedale, rendendola impassibile ad ogni stimolo. Ascoltò le varie proposte di bevande, trattenendo un’espressione incuriosita mentre il francese le ordinava tutte e valutando al contempo di imitarlo. Annuì con sincero interesse alla spiegazione sulla preparazione dei mochi, facendo poi delle aggiunte anche alla sua ordinazione. « Ma davvero? Mia cugina è una vostra cliente fedelissima, dice che le sembra di tornare in Giappone ogni volta che viene da voi. » Allontanò da sé il menù, riportandolo verso il centro del tavolo e tentando di dare calore al sorriso lieve che le aveva increspato le labbra. « Io invece prenderei del Sakè… e del the verde. Grazie! » Conosceva bene la nomea del distillato a base di riso, e non avendo ancora scoperto il motivo per cui Lucien l’aveva condotta in quel locale avere un’opzione alcolica a disposizione le sembrava l’unica scelta saggia che poteva compiere in quella giornata.

Il tempo di vedere la chioma corvina della giovane sparire nei meandri del locale, e il silenzio riprese pesantemente posto tra i due, sospirando soddisfatto e preparandosi allo spettacolo che attendeva solo il momento giusto per iniziare. Perché darle appuntamento lì, quel giorno? Cosa si aspettava di vedere davanti ai suoi occhi il francese? Aveva anche solo paventato gli effetti che avevano avuto le sue parole?
Non dovettero attendere molto per l’arrivo del cibo, e Jane lasciò cadere lo sguardo inespressivo sul tripudio di colori che decorava il suo piatto: l’aspetto dei maki e dei nigiri era sicuramente molto invitante, ma se al loro posto ci fossero state delle fette di croccante con fegato di drago e crema di ali di Doxy – una delle specialità della Testa di Porco che ironicamente aveva fatto da sfondo durante il loro primo incontro – probabilmente la strega non si sarebbe accorta della differenza. Allungò la mano verso le bacchette, incastrando un maki prima di immergerlo nella salsa di soia e assaggiarlo senza troppe aspettative. Fu proprio nell’istante successivo, quando ormai aveva deciso di arrendersi e di non toccare più cibo, che Lucien decise di allontanare il silenzio quasi come se fosse un ospite indesiderato.
«Ti ho mentito, Jane. »
L’ex corvonero alzò di scatto lo sguardo dal piatto, il pallore di nuovo sovrano sul suo volto, gli occhi spalancati dalla sorpresa. Una sola domanda attendeva di prendere vita, ma rimase ben celata tra le spire del dolore che ormai bruciava insopportabilmente nel suo petto. Perché? Il senso di colpa sopraggiunse nel giro di pochi secondi, pronto ad alimentare i dubbi che l’avevano attanagliata non appena Lucien si era chiuso alle spalle la porta del suo appartamento quel giorno. Cosa era successo perché il mago arrivasse a trattarla in quel modo? Cosa poteva averlo spinto ad allontanarsi così fugacemente da lei? Lo sai bene, ma non vuoi ammetterlo, vero?

Finì di ascoltare la spiegazione del docente, cercando di comprendere se le crepe che intravedeva nel ghiaccio dei suoi occhi fossero reali o uno scherzo della sua coscienza. Cosa rifuggiva così intensamente Lucien da spingerlo a comportarsi in quel modo con lei? Quando il mago menzionò le ferite e la velocità con cui esse possono rimarginarsi, il volto della medimaga venne illuminato da una fugace ironia che non raggiunse però i suoi occhi. « Come un cerotto, no? Più velocemente lo togli, meno fa male. » La voce tremava appena, e fu costretta ad abbassare lo sguardo sul tavolo e appoggiare le bacchette con un sospiro per ricercare la forza di andare avanti. Che stesse male, era palese. Non sapeva quanto al francese questo aspetto potesse interessare, ma se quella era la linea che voleva dare ai loro discorsi, forse era giunto il momento di iniziare a scoprire le carte in tavola. « Non tutte le ferite si assomigliano, però. Ad alcune sono sufficienti poche ore per rimarginarsi, ad altre pochi giorni. Certe però sono troppo profonde perché il processo di guarigione sia così breve. E anche quando la cicatrice sta iniziando a formarsi, possono riprendere a sanguinare quando uno meno se lo aspetta. » Aveva mormorato quel discorso piano, quasi come se stesse ripetendo una lezione di patologia magica tra gli scaffali della biblioteca, ripassando in vista di un esame. Ma visto che finalmente le parole sembravano aver trovato voce, tanto valeva lasciare che trovassero spazio nella conversazione. Ritornò a guardare il ragazzo, lo sguardo che saturo di quesiti provava a cercare risposte nonostante il timore che la speranza si rivelasse troppo pericolosa. « Perché, Lucien? »


Grazie di cuore Sugu ♡
 
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view post Posted on 9/4/2022, 12:47
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Lucien Cravenmoore
Et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te
Lucien si limitò ad ascoltare le stilettate della strega, dimentico di dove si trovasse o di cosa avrebbe dovuto fare - tipo riprendere ad addentare i maki. Non poteva obiettare, ciò che diceva corrispondeva al vero e ne era pienamente consapevole. Nondimeno si sentì meglio, al contrario tradusse quelle parole per ciò che erano. Fu l’ultima domanda a destabilizzarlo, si prestava a diverse interpretazioni eppure solo una vorticò nella mente del francese e fu a quella che sì legò la sua risposta.
Una risposta che trovò non poche difficoltà ad emergere dalla sua gola ma che riuscì, almeno in principio, ad avvalersi di un tono stabile.

Smise di guardare Jane, sebbene il suo sguardo rimase fisso sui suoi occhi nocciola; ad occupare il suo campo visivo fu piuttosto una ragazzina di appena quindici anni dalla pelle color avorio e fini capelli viola.
- Perché è difficile accettare di soffrire ancora -
Kira gli sorrise come aveva fatto durante tutti gli incubi che si erano susseguiti in quegli anni. I denti presero a sbriciolarsi, la mascella scricchiolò ed assunse una postura innaturale, dalle orbite iniziò a sgorgare un liquido cremisi e nel giro di poco l’intero volto si frantumò. Io vagito di un infante echeggiò nelle orecchie del mago rivelandosi per il suono più straziante che avesse mai udito in tutta la sua vita. Calde lacrime affiorarono sulle biglie color vetro e rimasero in bilico, pronte a buttarsi in caduta libera.
Il pallore dell’incarnato si accentuò rendendolo simile ad un fantasma scosso nelle fondamenta e finalmente libero da quell’autocontrollo che si era cucito addosso. - Ho sofferto la notte di capodanno anche se se sarebbe più corretto dire che soffro da allora - ammise, conscio del fatto che non rappresentasse una giustificazione al male arrecato a colei che gli stanziava di fronte. Serrò la presa attorno ai lati del tavolo con una forza tale da sbiancargli le nocche.
- Ho già sofferto per amore in passato e non ho più voluto legarmi a nessuna per paura di riprovare quel dolore che ancora oggi, a distanza di tanti anni, mi divora. - Anche a chi, come Jane, non avesse saputo i retroscena di quanto appena asserito, ne avrebbe compreso la portata per nulla banale.

- Vorrei scindere i due tipi di sofferenza, sebbene siano in parte accomunati dallo stesso sentimento. Non ho sofferto, anzi non soffro come allora e ho voluto evitare per tempo di rischiare anche solo di avvinarmici. -
Pescò il volto cingendolo con le mani, i gomiti ora pigiati sulle poche porzioni di tavolo rimaste libere dall’ingombro dei piatti. - Non lo sopporterei - aggiunse infine in fin di voce, gli occhi non più fissi in quelli di Jane ma ammantati di oscurità.

 
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view post Posted on 21/4/2022, 15:20
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Jane Read
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Il cuore è un organo costituito da un tipo specifico di tessuto muscolare, organizzato in modo tale da condurre gli impulsi elettrici tra una cellula e l’altra senza incontrare ostacoli, permettendo la contrazione dei tessuti e di conseguenza l’immissione in circolo del sangue ossigenato attraverso il contatto con gli alveoli polmonari. Il ciclo di contrazione e rilassamento si ripete un attimo dopo l’altro senza mai fermarsi, seguendo un ritmo tanto semplice quanto variabile: Jane l’aveva studiato con attenzione prima di iniziare a lavorare al San Mungo. Le basi dell’anatomia e della fisiologia prima, la semeiotica poi, auscultando con attenzione un cuore dopo l’altro per imparare a cogliere ogni sfumatura di quel canto vitale, pronta a riconoscere ogni accenno di errore, ogni sussurro pronto a preannunciare una catastrofe incombente. Turno dopo turno, aveva dedicato il suo tempo al cuore degli altri, lasciandosi guidare dal suono ovattato dei battiti cardiaci per farsi indicare la strada da intraprendere. Ma quel giorno, erano solo due i cuori il cui ritmo risuonava nelle sue orecchie: il suo, e quello di Lucien. Non vi aveva fatto caso finché non aveva posto quella domanda – quel perché che non voleva suonare come un’implorazione ma come una semplice richiesta di risposte – e solo allora si era accorta di quel suono in sottofondo. Trattenne l’impulso di sfiorarsi la collana, sospettando che il ragazzo la potesse notare e decidesse di non parlare, conoscendo le potezialità dietro quelle schegge irregolari di quarzo rosa.

Non si aspettava che il francese rispondesse alla sua domanda con tutta quella sincerità: abituata alle parole evasive di coloro che avevano avuto un posto nel suo passato, una leggera sorpresa aveva illuminato fugacemente il suo volto, pronta a sparire davanti alle ammissioni del mago. Il viso di Lucien perse colore davanti agli occhi immobili di Jane, fissi sulle crepe che scopriva essere reali nelle profondità cristalline dello sguardo del ragazzo. Il dolore che la strega provava bruciava senza alcuna pietà nel petto e rendeva difficile anche solo respirare, ma quello che sembrava divorare il francese – quello che solo riusciva a intravedere, a percepire nel ritmo del suo cuore, appariva così profondo, così incommensurabile, che per una frazione di secondo si sentì ipocrita anche solo al pensare di star soffrendo realmente. Per un breve istante avvertì lo stimolo di allungare una mano, di mostrare comprensione davanti a ciò che il mago le aveva rivelato, ma prima ancora che il pensiero potesse tramutarsi in gesto esso sfumò nell’ennesima stretta dolorosa al costato. « Ho sofferto la notte di capodanno anche se sarebbe più corretto dire che soffro da allora. »
Come poteva credergli? Le mani posate sul grembo si mossero appena, il pollice della mano destra pronto a torturare con il bordo dell’unghia la cute della sinistra in un gesto che mirava solo a distogliere la sua mente da quell’avverbio che aveva chiuso la frase di Lucien, dal fiume di conseguenze che quella condivisione di dolore era sul punto di generare. L’illusione era pronta a fare il suo ingresso in scena e a distribuire i fazzoletti per la delusione che attendeva fuori dal teatro se Jane avesse voluto vedere lo spettacolo. In fondo, non poteva dire di non comprendere appieno la scelta del francese, non dopo la spiegazione che le aveva appena fornito: non aveva accettato i compromessi del loro legame, qualche mese prima, proprio per evitare di quel sentimento – non riusciva nemmeno a pensare a quella parola, amore – e non dover soffrire di nuovo? Tuttavia, il destino aveva deciso di punirla e quando meno avrebbe voluto che accadesse era inciampata, ancora.

Avvertiva una lacrima pronta a gettarsi lungo la sua guancia, e quando il silenzio tornò a prendere spazio tra i due fece un respiro profondo, cercando di mettere ordine nelle urla della sua coscienza e tramutare in parole ciò che il discorso di Lucien aveva scatenato in lei.
« Non mi hai dato alcuna possibilità di scelta. » ormai la pelle della mano sinistra appariva arrossata per la tortura continua dell’unghia, e si convinse che la lacrima sfuggita al suo controllo fosse una reazione fisiologica a quel dolore. Con gesti misurati spostò le mani intorno al collo, facendo scattare il meccanismo che chiudeva la collana – quella collana – e lasciando scivolare la catena di pietre sul ripiano in legno del tavolo. Risuonarono sulla superficie come gocce di pioggia, disponendosi disordinatamente tra i due. « Hai deciso che non volevi più soffrire senza preoccuparti di quello che ti saresti lasciato alle spalle. » Si sforzò di mantenere lo sguardo fisso sul volto del mago anche se non era certa che lui la stesse vedendo. « Non ti biasimo, sarò sincera. Il passato è un peso che ci portiamo dietro ogni giorno e le ombre che occupano un posto privilegiato di certo non possono essere giudicate da altri al di fuori di noi stessi. » Fece una breve pausa, le braccia ora incrociate nel vano tentativo di alleviare il dolore che non aveva smesso per un istante di battere nel suo petto. « Avrei preferito sapere però. Avere anche una minima spiegazione… mentirei se ti dicessi che sarei stata zitta, che forse non avrei voluto dire qualcosa anche io. » Non era nemmeno certa di quello che avrebbe potuto dire quella sera, ripensandoci con più attenzione. Aveva ignorato la verità che si era nascosta dietro l’invito in Scozia, che aveva cercato di farsi notare mentre discutevano in riva al lago. Aveva ignorato quella sensazione fastidiosa che le aveva pizzicato le guance durante la premiazione al San Mungo, aveva provato ad ingannare la sua stessa mente mentre il drink contaminato dall’Amortentia provava a rivelarle la verità con gentilezza. In realtà, se Lucien a Capodanno non avesse dato uno strappo a quell’impasse, probabilmente non avrebbe accettato quello che già da tempo sapeva. Ma cosa farsene di quella presa di coscienza che non aveva smesso per un istante di farla soffrire? Abbassò lo sguardo sui frammenti di quarzo che spiccavano sul colore scuro del tavolo, allungando una mano per sfiorarli con delicatezza. « Quindi? Ignorare le conseguenze delle azioni e aspettare che il dolore passi, è questo il tuo piano? Ora che mi hai dato tutte le spiegazioni del caso, ti senti con la coscienza a posto? » Ancora una volta, non era Jane a parlare realmente, ma il dolore aveva preso il controllo sulle sue parole, facendo trasparire più di quanto lei stessa avrebbe voluto. Aveva mormorato quelle domande, ma era certa che il francese l’avesse sentita anche se preferì non sincerarsene alzando gli occhi. Era davvero convinto che spiegarle il razionale dietro le proprie scelte le avrebbe permesso di riprendere a vivere come se nulla fosse accaduto?

 
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view post Posted on 22/4/2022, 20:32
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Lucien Cravenmoore
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Il mago si sentiva pesante e più ne prende a coscienza, più gli sembrava di star affossandosi sempre più nelle profondità più torbide e pressanti.
Nulla di quella che era la sua esistenza in quel periodo aveva un che di piacevole e se andava avanti era per non fermarsi perché se lo avesse fatto non si sarebbe più ripreso.
Sarebbe rimasto immobile con le sue turbe interiori e le sue colpe.
Jane smosse quei cupi pensieri trafiggendogli le sinapsi con fredde e calcolate parole.
Parole vere che ritraevano la realtà senza infiocchettarla di artifici e Lucien lo apprezzò, nonostante gli causarono ulteriore dolore.
Lasciò che esso fluisse assieme alle parole della strega, come un torrente in piena. Il suo elemento, l’Acqua, non glie era mai sembrato tanto pericoloso da quella notte a Durness.

Assimilò le parole di Jane finché non si ridusse al silenzio. Non un mutamento parve scalfirne il suo corpo che rimase immobile mentre la mente lavorava forsennatamente. Più macinava pensieri, più sentiva di non star raggiungendo nulla di concreto e di desiderare, più di tutto, di spegnere il cervello come solo alcune sue creazioni gli permettevano.
La collana smise di essere un semplice ornamento ma invece di venir sfruttata per lo scopo con cui era stata ideata, divenne un tutt’uno col tavolo. I frammenti di quarzo gli offrirono un vago riflesso che a Lucien non piacque.
Scosse il capo con poca convinzione prima di tornare a fissare intensamente la strega.
- La mia coscienza non sarà mai a posto e non riguarda solo te… tu sei solo l’ennesima prova di quanto sia sbagliato -
Serrò le palpebre e sospirò rumorosamente. Erano ridotti entrambi allo stremo, era palese, ma nessuno dei due voleva demordere. Per quale motivo?

- Non smetterò mai di soffrire, di questo sono cosciente, ma potevi smettere di farlo tu avendo accanto qualcuno che non poteva renderti felice se non in fugaci momenti. Perciò si, me ne sono preoccupato, così come mi sono preoccupato egoisticamente di me stesso. Stai dicendo qualcosa ora, mi pare - sottolineò senza imporre un’accusa nel tono con cui proferì l’ultima frase.
Non sapeva nemmeno lui per quale motivo l’aveva invitata lì quel giorno, sospinto dagli effluvi alcolici. Forse si rendeva conto di non averle dato modo quella sera di usare anche la propria di voce, di dare il suo personale contributo ad una scelta purtroppo imposta.
- Se avessi saputo tutto quella sera cos’avresti detto? Sarebbe cambiato qualcosa? -
Una nota stridente quanto dolorosa emerse dall’ultima domanda. Ci sarebbe stata un’evoluzione differente se quel giorno Lucien non le avesse rivolto quelle specifiche parole pur volendo giungere alla medesima soluzione?

 
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view post Posted on 19/5/2022, 19:56
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Sembrava un duello destinato a perdurare fino all’ultimo respiro spezzato, una sfida in cui non era la forza a smuovere il piatto della bilancia ma il peso del dolore che faceva spingere sempre più a fondo il coltello nella ferita. Trincerati ognuno dietro la propria sofferenza, arrancavano tra un quesito e una spiegazione come intrappolati tra le correnti di un fiume, la riva un lontano miraggio.
Che ascoltare con attenzione potesse rivelare loro la realtà era ancora un’idea inconsistente, eppure sarebbe bastato così poco per non rendere quell’incontro l’ennesimo peso da portare sulle spalle affaticate.
Cosciente del dolore sordo che le premeva nel petto, gli occhi ancora fissi sulla collana che giaceva abbandonata sul tavolo, avvertiva lo sguardo del mago su di sé mentre questi parlava, parole che continuavano a bruciare e a rimarcare la loro situazione, a rievocare quello che era successo la notte di Capodanno e che a volte – per brevi istanti – aveva sperato di riuscire a dimenticare. Non aveva potuto non notare l’ironia di quel suo desiderio: per anni aveva rincorso frammenti di memoria che le erano stati tolti senza il suo permesso e ora voleva cancellare dalla sua mente quei pochi minuti in cui l’anno si era concluso e aveva salutato il suo successore.

Uno sbuffo leggero sfuggì dalle sue labbra fino a quell’istante serrate, una risposta all’insinuazione da parte del francese che lei avrebbe potuto smettere di soffrire. Come se avesse potuto essere così facile. Come se fosse stata lei stessa a scegliere volontariamente di dare quel risvolto alla loro situazione, come se si fosse accorta in tempo del pericolo di caduta, come se… come se davvero avesse avuto anche il minimo controllo sui sentimenti che erano germogliati nel terreno arido che dava per scontato sarebbe rimasto vuoto ancora per molto tempo.
Stai dicendo qualcosa ora, mi pare.
Incassò quelle parole con un tremito delle palpebre, l’inspirazione arrestata per una frazione di secondo mentre, come una bambina scoperta ad intingere il dito nella panna del dolce, le sue guance assumevano una sfumatura rosata. La schiettezza del docente l’aveva punta sul vivo, e detestava che fosse reso così palese dalla colorazione del suo volto. Sembrò quasi ritrarsi, un movimento impercettibile delle spalle che si abbassarono, le mani scivolarono dal tavolo alla stoffa del suo vestito che la testa di drago smosse ancora con un soffio dalle narici.
Tuttavia, il francese pareva aver preso slancio nel duello e le sue parole continuavano a fendere l’aria immobile tra di loro.
Se avessi saputo tutto quella sera cos’avresti detto? Sarebbe cambiato qualcosa?

I due quesiti scatenarono in Jane una stretta allo stomaco inaspettata che scosse la sua mente, pronta a cercare di allineare i pensieri rumorosi che fino a quell’istante avevano urlato tra le sue sinapsi e sgomitato per emergere e prendere voce. Eppure, improvvisamente era calato il silenzio e infida la consapevolezza aveva iniziato a strisciare lungo la sua schiena.
« Non lo so. » Aveva mormorato la sua risposta a fior di labbra, talmente sottovoce che non era certa che Lucien l’avesse sentita. Lasciò scorrere il silenzio ancora per qualche istante, prendendo un respiro profondo prima di alzare il viso e incrociare nuovamente il ghiaccio impenetrabile degli occhi del francese. « Non lo so. » Questa volta parlò con più sicurezza, la voce di una nota appena più alta rispetto all’istante precedente. « Era una decisione che avevi già preso e dubito fortemente che qualsiasi cosa avessi detto non avrebbe cambiato la situazione, vero?» Faceva male affermare a voce alta ancora una volta la solidità della scelta di Lucien, ma qualcosa sembrava essersi sbloccato in lei mentre pronunciava quelle parole. Il dolore che provava aveva iniziato a perdere parte del suo effetto annichilente, e sembrava chiedere di essere raccontato oltre che mostrato. « Anche perché… cosa avrei potuto dire? Cosa avrei potuto fare quando sono state le tue stesse parole a farmi comprendere la realtà che avevo ignorato fino a quel momento? »
Eccole, le carte finalmente venivano scoperte e la verità che Jane aveva quasi volontariamente ignorato fino a quel dannato trentuno dicembre prendeva vita e voce, rivelandosi troppo velocemente perché la strega si rendesse conto di quello che aveva appena confessato. « … io non lo avevo capito. » Il fiato corto, sentiva il collo accaldato mentre la sua coscienza scoppiava a ridere fragorosamente alle sue spalle, pronta a rievocare quella patetica scena. Abbassò nuovamente lo sguardo, e nel suo campo visivo fece capolino un bicchierino di sakè che pochi minuti prima aveva raggiunto il tavolo insieme alle altre bevande che avevano ordinato. Allungò la mano, lentamente, stringendo le dita intorno alla ceramica bianca e avvicinando poi il recipiente alla bocca. Senza riflettere, metà del contenuto sparì tra le sue labbra lasciando una scia infuocata lungo la sua gola. Strinse appena gli occhi mentre posava il bicchiere sul ripiano in legno, lasciando che lo sguardo rimanesse fisso ad ammirarne le sfumature. Quanti secondi ci sarebbero voluti per avvertire lo spostamento d’aria che avrebbe sancito la scomparsa di Lucien?

 
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view post Posted on 23/5/2022, 20:36
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Lucien Cravenmoore
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Un'improvvisa stanchezza cozzava con l'adrenalina che scorreva copiosa nelle vene del docente e la collisione lo mandava in uno stato di profonda agitazione e malessere generale. Una parte di lui avrebbe desiderato possedere una Giratempo, attivarla ed evitare in qualsiasi modo quell'incontro; dall'altra parte desiderava in modo smodato arrivare alla fine e scoprire cos'aveva in serbo per loro. Se altro dolore, come stava accadendo, o qualcosa di meglio. Lungi dal palesare quei pensieri, passò da un oggetto all'altro incupendosi ulteriormente quando Jane avanzò l'ipotesi che qualunque cosa avrebbe fatto o detto (e che aveva mancato di fare) avrebbe potuto cambiare le carte in tavola quella notte di Capodanno. Ne sembrava davvero convinta e fu quello ad irritarlo di più.
Stava per replicare, ma la medimaga riprese rapidamente parola, evidenziando qualcosa che il francese fraintese. La mancina si raggomitolò in un pugno che gli sbiancò le nocche tese.
- Beh, non è che andassi in giro con scritto in fronte "Mi faccio tante di quelle streghe da aver perso il conto" o "Quelle con la sindrome da crocerossina traslata mi fanno venire l'orticaria"! - Scosse il capo, disturbato per primo da quanto aveva detto. La prima bastardata che le aveva rivolto quella notte non era del tutto infondata ma chiaramente una volta superata una soglia i suoi sentimenti avevano prevaricato. E il resto ...

- Non avevi capito perchè non potevi farlo, Jane! - L'algida compostezza caratterizzante il francese si stava sgretolando sotto l'agitazione che serpeggiava palese anche nell'ex adepta di Priscilla. A dividerli pochi metri o forse una distanza più netta ed invisibile. - Non potevi capire qualcosa che si celava dietro una comoda menzogna ... - Il sakè contenuto nel bicchierino sparì tra le labbra di Jane e quella visione stordì ulteriormente Lucien. Rammentò dov'erano finiti assieme quella prima volta nel pub più famigerato di Hogsmeade e dov'erano sparite quelle labbra di rosa. - Nessuno ci sarebbe riuscito. Tanto meno te - un sibilo appena udibile che portò via con sé l'ennesima verità scomoda.
D'altronde, era Lucien stesso scomodo, quando desiderava esserlo.

Lucien attese qualche attimo prima di offrile il proseguo del discorso, durante il quale si scolò l’intero bicchiere di Brandy Cinese arrivando ad un livello di bruciore della gola tale da iniziare a tossicchiare. Strizzò le palpebre provate in attesa che il dolore scemasse così com’era arrivato. Quando riaprì gli occhi impiegò un attimo a rimettere a fuoco Jane.
- I sentimenti ti offuscavano la ragione. E non volevi accettarli, non l’hai fatto nemmeno quella sera e non sono sicuro lo stia facendo nemmeno ora. Ma io li avevo colti e ne sono stato spaventato. Dalle implicazioni, dall’ipotesi di rivivere … -
Non riuscì a completare la frase perché le parole gli morirono in gola, sepolti sotto strati di vecchio dolore.
- I sentimenti incasinano sempre tutto - sentenziò infine, passando la mancina tra le ciocche nocciola. Pareva una frase detta dal Lucien diciassettenne, quello che non sapeva ancora quanto sarebbe andata alla deriva la sua vita.
Eppure era tremendamente attuale.



Edited by Atonement. - 24/5/2022, 14:18
 
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view post Posted on 29/7/2022, 22:03
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Si era quasi lanciata verso il sakè come alla ricerca di un appiglio, la disperazione che subdola iniziava a farsi strada nel suo animo insieme alla consapevolezza che aver accettato quell’invito stesse rischiando di rivelarsi l’ennesima scelta sbagliata di quegli ultimi mesi. Sperava ingenua che il liquore di riso anestetizzasse almeno in parte il dolore che continuava a stringerla tra le sue spire, a premere contro il suo costato come se volesse saggiare quanto potessero reggere i polmoni prima di arrendersi e collassare. Invece del torpore tanto agognato l’alcol aveva reso più vivida la situazione ai suoi sensi e le parole di Lucien sembrarono quasi colpirla fisicamente quando il francese rievocò il discorso che le aveva fatto il trentuno dicembre. Troppo buona. Quella sera le aveva affibbiato quella descrizione praticamente come se fosse un insulto, e tra le tante parole che Lucien le aveva lanciato contro forse quei due vocaboli erano quelli su cui aveva riflettuto maggiormente nei mesi successivi. Da quando essere buoni era un problema? Ma soprattutto, perché Lucien lo riteneva tale?
Le risposte più disparate avevano sfiorato la sua mente, anche le più pericolose che si era affrettata ad allontanare per evitare di cadere nei confronti e iniziare a pensare che quella sbagliata era lei. Perché, in fondo, rischiava di essere troppo semplice collegare quel disgusto verso la bontà a qualcosa di peggio, qualcosa che nel passato l’aveva già sfiorata. Ma del resto, quanto conosceva Lucien?

« E’ per questo che siamo qui, dunque? Mi dici che le tue parole a Capodanno erano menzogne, che non avrei potuto capire, eppure sembra quasi che la colpa sia esclusivamente mia. E’ questo che vuoi fare? Accusarmi di qualcosa che non ho veramente scelto, di cui non mi ero resa realmente conto? Mi ricordo perfettamente che non erano gli accordi che avevamo fatto. Devo forse chiederti scusa? »

Le parole ancora una volta avevano abbandonato le sue labbra senza alcun filtro, senza che Jane vi riflettesse come invece era solita fare: non solo l’alcol non era riuscito ad affievolire il dolore, ma vi aveva dato nuova vita, trasformandolo nuovamente in rabbia. Le alternative ormai erano solo due: arrendersi e lasciarsi calpestare come quel giorno di fine dicembre o provare, almeno tentare, ad uscirne a testa alta.
Alzò lo sguardo quando il docente fece una pausa, giusto in tempo per notare che infine anche lui aveva ceduto davanti alle bevande che avevano raggiunto le ordinazioni e che senza alcuna sorpresa da parte di Jane non aveva scelto il the verde come linfa vitale per proseguire il discorso.
Di nuovo le parole del francese la colpirono senza alcuna pietà tanto che nonostante la forza ritrovata poco prima si ritrovò a dover chiudere gli occhi, le mani si mossero a sorreggere la testa mentre la verità sui suoi sentimenti veniva di nuovo messa in tavola, questa volta senza fraintendimenti o veli a celarla.

I sentimenti incasinano sempre tutto.
Ora Lucien era realmente sincero.
Perché i sentimenti non chiedono di comparire, non bussano prima di entrare. Ti svegli un mattino e ti rendi conto improvvisamente che quella sensazione strana che provavi da giorni a livello dello stomaco non era dovuto al fatto di aver mangiato troppi macaron di Madama Piediburro, che non erano le Cioccorane condivise con i colleghi in pausa ad aver ripreso vita e a far saltellare il tuo cuore. Che le tue guance non sono arrossate per il caldo, che i tuoi occhi non si illuminano per la primavera che fa capolino alla finestra.
Ma se per molti la scoperta si rivelava una dolce sorpresa, Jane aveva dovuto pagare i suoi tentativi di ignorare la questione, e si era trovata tra le mani dei sentimenti con cui di certo non si aspettava di dover convivere.

« Di sicuro non chiedono il permesso prima di farlo. » l’ex corvonero aveva lasciato scivolare le mani lungo il viso, le guance di nuovo velate di un leggero color pesca mentre mormorava la risposta aprendo gli occhi che rimanevano fissi sulle trame del legno del tavolo. « Non so quante altre volte dovrò ripeterti che non è stata una scelta consapevole. Non ti ho mai chiesto nulla, né quel giorno né successivamente quando la situazione mi è apparsa chiara. Ho forse fatto un errore? Come potevo chiederti qualcosa di diverso quando avevi sottolineato con cura che oramai ti avevo stancato? Perché avrei dovuto farlo? » Voltò la testa, cercando di celare alla vista del francese una lacrima che solitaria minacciava di scivolare lungo la sua guancia. Era consapevole ormai di come fossero giunti ad un bivio, l’ultimo: sulla strada che avrebbero intrapreso però non aveva alcun indizio.

 
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view post Posted on 30/7/2022, 13:00
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Lucien Cravenmoore
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Quella conversazione aveva effetti sempre più disastrosi sull’animo del docente che, ad ogni parola proferita dalla medimaga, avvertiva spire sempre più serrate stritolargli il cuore senza il minimo riguardo. Invece che mitigare l’ostilità che le colorava i tratti di tonalità saturate e scottanti, gli sembrava che ogni cosa che le avesse detto sortisse l’effetto opposto. Eppure aveva provato in tutti i modi a farle capire le ragioni dietro le proprie scelte, i sentimenti che avevano animato i suoi gesti calcolati e ciò che probabilmente sperava scaturisse da quel confronto. Il fatto che ogni suo tentativo andasse a vuoto, lo infossava ancora di più lasciando che una vocina sibilasse nella sua mente: ciò poteva scaturire da un’incapacità di comunicare tra loro che non aveva mai trovato terreno fertile per emergere rigogliosa fintanto che per quasi un anno avevano anteposto la fisicità dei loro incontri alle parole. Forse era sempre esistita e serviva solo un momento in cui tenessero le mani ferme perchè se ne rendessero conto. Dopotutto quante volte gli era capitato di parlarsi così a lungo e così profondamente?
Quanto conosceva Jane?

- È da quando abbiamo iniziato a parlare che mi sto assumendo le mie colpe, senza attribuirne a te. Non ti ho accusata di qualcosa che non potevi conoscere o di azioni che non hai compiuto. Sono le mie di azioni a dover essere sottoposte ad accusa e sono il primo a darmi del troll per questo. - Lucien non rinnegava nulla di quanto aveva fatto, ma biasimava scelte che non era sicuro avesse fatto male a compiere. I modi scelti erano sicuramente opinabili, eppure come allora pensava di averle fatto un favore liberandola della propria presenza. Normalmente una volta presa una decisione non si guardava mai indietro, ma non in quel caso ed eccoli lì nel locale più improbabile ad aprire gli occhi una volta per tutte.

Il brodo del Ramen si stava raffreddando mentre i Nighiri al granchio e i Maki al salmone trovarono presto posto tra le sue fauci incapaci di percepirne il gustoso sapore. - Non devi ripetermelo, è chiaro che non lo fosse. Gli errori li ho compiuti io, non tu. L’unica cosa che potresti recriminarti è di non esserti accorta prima di quello che provavi per me. - Il cuore perse un battito e un tremore leggero prese a scuotergli le membra tese come corde di violino. La mancina perse la presa tra le bacchette che con un ticchettio lieve andarono a cozzare sulla porcellana.
Quando Jane volse il capo lasciando che i boccoli bruni le oscurassero il viso a cuore, Lucien fu spinto da una forza invisibile verso di lei. Inconsciamente lesse in quel gesto la fine quel percorso e non l’accettò.
Con uno scatto ferino curvò il lungo busto in avanti adombrando i piatti che fungevano da insipido contorno, quindi le cinse gli zigomi dolci con i palmi e con una leggera pressione invitò Jane a rivolgere lo sguardo verso di lui.

Non era più stato così vicino a lei da tanto, troppo tempo e quella lacrima trattenuta tra le ciglia appuntite lo disintegrò. Sbarrò le iridi artiche, dischiuse le labbra e per un attimo dimenticò perfino il motivo per cui si trovavano lì. - L- l’unico errore che potresti fare sarebbe allontanarmi come ho fatto io. Se davvero vuoi trovare un senso a questi sentimenti e provare a nutrirli allora provaci… proviamoci.. - un bisbiglio si perse nei respiri incrociati e nelle speranze appese in bilico su un’unica risposta.

 
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Jane Read
Et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te
Quando ad un materiale si applica una sollecitazione esterna esso subisce una deformazione e lo stato tensionale interno si altera seguendo le modifiche nelle interazioni delle molecole che compongono l’oggetto. All’aumentare della forza esterna, le tensioni interne cercano di mantenere l’equilibrio fintantoché non viene raggiunto il limite - il carico di rottura - e l'oggetto infine si spezza.
Era dunque quello il destino della conversazione tra Jane e Lucien?

Le parole di uno colpivano senza remore l’animo dell’altra e viceversa, i corpi in tensione ormai prossimi al punto di rottura, gli atomi in continuo movimento per cercare disperatamente di tornare ad un equilibrio che oramai appariva talmente distante da essersi quasi trasformato in un’utopia.
I mesi trascorsi in compagnia, le scelte compiute e l’accordo stretto in quella notte temporalesca di inizio aprile, la cecità inizialmente inconsapevole e poi quasi forzata, la convivenza con il dolore e la consapevolezza degli ultimi giorni… Poteva avvertire la somma dei frammenti posata sulle sue spalle, stringerle il cuore in apparenza guarito dalle cicatrici del passato in una morsa impietosa e infine aprirle finalmente gli occhi sulla realtà spegnendo improvvisa come era nata quella piccola scintilla di rabbia alimentata dal sakè. Nessuno sconto, nessuna possibilità di ignorare ancora i dettagli delle circostanze.
Il volto era ancora celato alla vista del francese, lo sguardo concentrato verso un cortile esterno di cui non riusciva a distinguere i contorni, sobbalzò impercettibilmente in risposta al suono secco delle bacchette che colpivano la porcellana dei piatti. Con la consapevolezza che i filtri di quella conversazione erano definitivamente spariti, le parole presero di nuovo forma nelle sue labbra, e si ritrovò finalmente ad ammettere alla luce del sole i propri errori.
« Abbiamo sbagliato… entrambi. »
Non poteva più negare ormai che l’aver finto di non capire per così tanto tempo quello che le circostanze avevano disperatamente tentato di farle notare fosse stato uno sbaglio, che aveva tradito l’unica regola che si intrecciava al loro accordo e che osservando esternamente la situazione in fondo la reazione del francese poteva essere vagamente comprensibile.

Avvertì il docente muoversi e fu naturale convincersi che con quelle parole il loro incontro avesse infine imboccato la strada della conclusione davanti al bivio delle scelte. La delusione aveva già iniziato a diffondersi nel suo sangue come un veleno dolceamaro quando il tocco delicato delle mani del francese sul suo volto le fece spalancare gli occhi. Si lasciò guidare dalla leggera pressione e l’incontro con il ghiaccio delle iridi del mago le spezzò il respiro. Non erano così vicini da mesi, da quel giorno che aveva tracciato il confine tra quello che erano e quello che non sarebbero mai stati, e sentiva il cuore tremare nei ricordi che quella vicinanza scatenava. Le parole di Lucien tuttavia non contribuirono a calmare l’agitazione che aveva diffuso un lieve tremore anche nel suo corpo, e nel tentativo vano di trattenerla le mani della strega imitarono i gesti di lui, andando a sfiorare il profilo ben delineato di quel volto così spesso indecifrabile. Un lieve sospiro sfuggì dalle sue labbra, la consapevolezza che in realtà le decisioni erano ancora in attesa di essere scelte fece assumere alla cute del suo viso il medesimo colore dei fiori di loto che decoravano l’arco alle sue spalle. « Non… Non posso sbagliare ancora. Non… voglio commettere un altro errore. » Non era semplice ammettere la verità che ormai aveva scelto di mostrarsi alla luce del sole, ma il passato era un monito troppo vicino, troppo doloroso per non essere ignorato. « Ma è una scelta che non spetta solo a me. Se vogliamo provarci davvero, dovremmo deciderlo insieme. » Un solo filo di voce animava quelle parole pronunciate con l’incertezza che solo un cuore che temeva di soffrire ancora poteva provare, sufficiente però a raggiungere il destinatario senza che altri, intorno a loro, potessero udirle. Il respiro della strega rimase a mezz’aria, sospeso nell’attesa di una risposta che avrebbe potuto segnare l’epilogo di tutto o un nuovo inizio.

 
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15 replies since 10/3/2022, 13:44   361 views
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