Long-exposure, wth. Draven

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view post Posted on 18/5/2022, 15:09
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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24 y.o. - Photographer - Journalist - Banshee
"Ariel, ricorda, non andarci mai a Nocturn Alley.
C'è brutta gente lì, pazzi e mascalzoni di prima categoria."


Ariel Vinstav aveva tenuto conto di quel caldo consiglio dei suoi colleghi ben zero volte in tutti i tre anni in Inghilterra.
La prima volta c'era finita per sbaglio, incappando nella celebre bottega di Magie Sinister e perdendosi nuovamente appena lasciato il locale con qualche acquisto sotto braccio; la seconda volta aveva sentito parlare al Paiolo Magico della Serpe Allegra, ma non era stata capace di trovarla fra le bettole di Nocturn e si era vista costretta a fare marcia indietro all'ennesimo incontro spiacevole con una mendicante di unghie di troll.
Ora, per la sorpresa generale, si trovava nella chiacchierata e malfamata via non per piacere ed esplorazione, ma per lavoro.
Armata della sua macchina fotografica magica, assicurata al collo con una doppietta di fasce in pelle, la fotogiornalista era al momento poggiata contro un vecchio calderone bruciato, abbandonato a ridosso della fiancata umida di un edificio.
Teneva il pollice schiacciato contro lo scatto, accompagnando un continuo muoversi in senso orario e anti orario dell'obbiettivo aperto.
Occasionalmente era possibile sentire un "tac-tac-tac", come di un metronomo impegnato a scandire il tempo, proveniente dall'interno della macchina.
Le labbra strette in una smorfia pensosa tenevano una sigaretta magica in elleboro, accesa e fumante.
Teneva lo sguardo fermo verso il fondo della strada - lo stesso punto verso cui era rivolto l'obiettivo della fotocamera -, ignorando gli sguardi di alcuni passanti o il loro avvicinarsi.
Un cartellino bianco sbucava dalla tasca della camicia a scacchi neri e viola, ma non era facile notare cosa ci fosse al suo interno. I capelli bianchi erano lasciati liberi contro le spalle, sparpagliati su diverse lunghezze in una chioma disordinata e disomogenea e schiacciati sulla sommità da un cappello a punta consunto.
Indossava un paio di pantaloncini di tessuto nero, scarpe usurate di tela nera sporchi di schizzi multicolore di acrilico e terra, la suddetta camicia fin troppo larga per la sua costituzione e in bella vista un crop top arancione.
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view post Posted on 19/5/2022, 17:13
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Draven Enrik Shaw
15 y.o. - Serpeverde
Garzone c/o Magie Sinister
Per via dell’aria lugubre e plumbea che caratterizzava il lungo vicolo cieco di Nocturn Alley, era difficile capire che ore fossero nel corso della giornata. Draven, ormai, ci aveva fatto l’abitudine e aveva imparato a rendersene conto semplicemente osservando fuori dalla vetrina polverosa di Magie Sinister. Non avrebbe mai portato con sé un orologio per sapere quando fosse, finalmente, ora di chiudere il negozio. Odiava gli orologi, quel ticchettio irritante che scandiva l’inesorabile scorrere di un tempo che non gli sarebbe mai stato restituito.
Gli habitue del quartiere fungevano da cucù: la pausa pranzo, nei weekend di lavoro, era scandita da una strega che passava per la via urlando “occhi di tritone freschi a tre falci l’uno, sei la coppia”, come se fosse l’affare del secolo; tutti i lunedì pomeriggio, quando d’inverno iniziava già a fare molto buio, quindi più o meno tra le quattro e le cinque, passava un gruppo di tipi loschi, incappucciati, che spesso si fermava anche a fare rifornimento di oggetti dalla dubbia entità da Sinister; tutti i giorni, nel tardo pomeriggio, apparivano due allegri vecchietti che si mettevano a cantare canzoni popolari con fin troppo entusiasmo, per essere assidui frequentatori di Nocturn Alley, e loro erano il suo segnale per la chiusura serale del negozio; infine, c’era la sua preferita, quella che odiava più di tutti, la strega che faceva gli scherzi. Era l’unica che non sempre riusciva a incontrare, perché il più delle volte finiva di lavorare prima del suo arrivo. Indossava sempre, sia d’estate che d’inverno, una mantella senza maniche e senza cappuccio con grosse tasche che riempiva di pietre e spargeva, poi, nelle zone più dissestate della via per farci inciampare le persone. Aveva studiato e appurato il suo modus operandi dopo essere caduto in una delle sue trappole... Si era rotto il labbro cadendo di faccia per terra, in quell’occasione, e nel proprio ego ferito ancora echeggiava lo stridio della sua risata divertita.
La lunga via principale, che caratterizzava il quartiere, costituiva un’inesauribile fonte di informazioni, per uno che non aveva niente di meglio da fare che fissare il vuoto in attesa di lavoro da svolgere o di compiti da finire, nei lunghissimi momenti morti e silenziosi in negozio, intervallati raramente dall'ingresso di qualche cliente.
Una donna altissima, che entrando in negozio quasi aveva rischiato di buttare giù tutta la collezione di testoline essiccate appese al soffitto con tanta premura da Sinister, aveva interrotto la sua noia chiedendogli di mostrarle tutte le varianti di mantello che avevano in negozio. Dato che uno dei piccoli divertimenti segreti di Draven era quello di immaginare, nel silenzio della propria mente, quali fossero le storie di vita di quei clienti occasionali, aveva subito pensato che la donna avesse voluto confonderlo con tutte quelle domande e richieste perché non voleva svelare il vero motivo della sua visita; le serviva un mantello, sicuramente, ma chissà per cosa, dato che non voleva essere troppo precisa, come se nascondesse chissà quale piano malvagio. Mentre la donna commentava, con finto entusiasmo, uno a uno gli articoli che Draven le mostrava, il ragazzo non riusciva a fare a meno di pensare che, tanto, lei non avrebbe comprato niente…
E così fu, dopo un tempo interminabile.
Con molta probabilità, avrebbe mandato qualcuno al suo posto per effettuare l’acquisto dello specifico mantello che le serviva.
Doveva assolutamente ricordarsi di fare caso a tutti i prossimi acquisti di mantelli e di riferirlo a Casey.
La dote, o la sfortuna più grande, di quel ragazzo era decisamente la curiosità.
Ma l’arrivo di quella cliente così prolissa gli aveva fatto perdere completamente la cognizione del tempo.
Era capitato altre volte che non si rendesse conto dei suoi ‘segnali’ per via di qualche cliente dell’ultimo momento, come in quell’occasione, ma non aveva alcuna intenzione di allungare inutilmente il proprio turno di lavoro, dato che Sinister non pagava gli straordinari.
Rimasto di nuovo solo e in silenzio, si avvicinò alla vetrina per osservare le condizioni della strada, in cerca di qualcuno dei suoi segnali: i due allegri vecchietti canterini erano già riversi a terra, ubriachissimi.


Nooo. Cazzo, è tardi.bofonchiò tra sé e sé, prima di fare dietrofront e dirigersi a passo spedito verso il bancone. Controllò rapidamente di aver segnalato tutte le entrate e le uscite della giornata, poi prese la borsa scolastica, che sistemò scomodamente a tracolla, e si tirò su il cappuccio della felpa in modo da coprire il viso. L’esperienza gli aveva insegnato che amalgamarsi nei contesti era il modo più facile per passare inosservato. E in quella zona risaltavi se non sembravi uno con tanto da nascondere.
Uscì dal negozio e si chiuse la porta alle spalle. Si voltò verso di essa e, dopo un rapido sguardo di sicurezza all’interno del negozio, per sincerarsi che tutto fosse in (dis)ordine secondo i criteri del suo datore di lavoro, dalla tasca sinistra dei jeans neri estrasse la bacchetta, puntandola verso la porta.


Colloportus.enunciò, per sigillarla magicamente, come d’abitudine. Il click della serratura interna gli confermò che il negozio sarebbe stato al sicuro, o che quantomeno lui aveva eseguito correttamente le paranoiche indicazioni di Sinister.
Rimise la bacchetta al suo posto e nascose, poi, entrambe le mani nelle tasche della felpa quando prese a camminare, a testa china, in direzione di Diagon Alley.
Con uno sbadiglio, volse l’angolo del negozio per immettersi nella strada principale, dove una strana fonte di luce attirò la sua attenzione.
Alzò lo sguardo davanti a sé, lì dove una ragazza dai capelli chiarissimi e l’aspetto minuto stava fotografando chissà cosa.
Dall’abbigliamento non troppo altolocato sarebbe potuta passare per una frequentatrice della zona, ma i capelli, seppur semi nascosti dal cappello a punta, attiravano troppo l’attenzione in un posto del genere; per non parlare della macchina fotografica, completamente inappropriata in un luogo in cui vigeva la più assoluta omertà.


Non è una buona idea, qualsiasi cosa tu stia facendo.si sentì in dovere di dirle, avvicinandosi e fermandosi a pochi passi da lei.

Di sera bazzica una strega che vende unghie umane e si vocifera che le prenda fresche ogni giorno, quando la strada si fa silenziosa.proseguì a dire, tenendo lo sguardo fisso sulla ragazza davanti a lui.
Quanti anni poteva avere? Gli sembrava anche di averla già vista o conosciuta da qualche parte… Forse a scuola? Non sembrava poi tanto più grande di lui, di certo era più piccola di statura di almeno una decina di centimetri.

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Edited by Draven. - 10/7/2022, 15:53
 
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24 y.o. - Photographer - Journalist - Banshee
"Non è una buona idea, qualsiasi cosa tu stia facendo. "
Serrò la mascella, schiacciando contro i denti il filtro della sigaretta. Uno sbuffo di fumo risalì gli angoli della bocca, pizzicandole le guance e poi gli occhi.
Era tanto presa dal suo lavoro da non esserci accorta della presenza del ragazzo, se non quando quella era ormai vicino abbastanza da poterle parlare.
Il sussulto venne camuffato dietro un secondo sbuffo, stavolta forzato, atto solo a nasconderla dietro una sottile coltre di fumo che per magia si colorò di striature purpuree e verdastre.
«Non sai cosa sto facendo: magari la mia è una super-grandiosa idea e tu stai giudicando troppo in fretta?»
Dietro la distrazione parziale del suo lavoro alla macchina, cercava di mantenere i nervi saldi.
Con lentezza, girò leggermente il capo, quanto le bastasse per inquadrare la figura incappucciata.
Faceva fatica a mettere totalmente a fuoco i suoi connotati, messa alle strette sia dall'orario che dalla naturale penombra dentro cui era proiettata la via malfamata.
Tlac-tlac-tlac-tlac
I silenzi venivano scanditi dalla macchina fotografica Lumière il cui obiettivo continuava a muoversi a scatto: prima in senso antiorario di 20°, poi in senso anti-orario di altri 20°; avanti ed indietro, senza stop.
"Di sera bazzica una strega che vende unghie umane e si vocifera che le prenda fresche ogni giorno, quando la strada si fa silenziosa."
«Oh!»
Sollevò le sopracciglia e aprì la bocca in una perfetta "o" di sorpresa.
Stavolta girò la testa del tutto, abbassandola per cercare di scrutare sotto il cappuccio dell'altro e riuscire a guardarlo in volto.
Ariel sembrava effettivamente giovane, forse troppo a furia di mostrarsi solo dietro espressioni così genuine e senza filtri. Per farsi un'idea migliore di lei aiutava poterla vedere quando era da sola, lontano dalle discussioni e immersa in un religioso silenzio, distante da chi la circondava e col volto serio contratto in una costante smorfia pensosa. Il continuo riflettere e la melanconia della solitudine la facevano sembrare più vecchia, più vicina alla sua età.
Eppure, le era bastato che qualcuno la approcciasse perché il linguaggio del corpo cambiasse totalmente, facendola tornare quell'anima spensierata e giovanile.
Ora era curva come una Gru, abbassata col busto per cercare di guardare in faccia l'altro nonostante il cappuccio (era un bene fosse nettamente più bassa di lui), ma con le braccia immobili per non far inclinare la macchina fotografica sempre in uso.
«Questo è super interessante! Dici che mi parlerebbe del suo business? O di chi compra davvero le sue unghie? Gliene hai mai vendute? Sei del posto, giusto? Non hai paura si prenda le tue unghie? Forse ti puzzano i piedi?»
Un fiume di parole improvviso era stato innescato dalla sua innata curiosità che forse poteva perfettamente rivaleggiare con quella del giovane Serpeverde.
Andava sottolineato come nonostante le continue domande, il suo tono non suonasse mai inquisitorio, quanto divertito. C'era da chiedersi se ora non stesse cercando lei di intimorire il povero ragazzo, ribattendo ad una stranezza con un'altra - la propria.
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Edited by petrichor. - 20/5/2022, 15:44
 
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view post Posted on 1/6/2022, 10:34
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Draven Enrik Shaw
15 y.o. - Serpeverde
Garzone c/o Magie Sinister
Forse era per via del periodo di crescita, quella fase dell’adolescenza in cui si inizia a fare caso ai propri cambiamenti fisici, ma già da un po’ di tempo aveva preso lo strano vizio di paragonare la propria altezza a quelle delle persone con le quali si ritrovava ad avere a che fare. Inconsciamente, era come se decidesse di avere interazioni sociali in un modo o in un altro in base a quanto fosse alta la persona che si ritrovava davanti. Stava diventando terribilmente superficiale e ancora più arrogante di quanto il suo pessimo carattere non lo avesse reso in tutti gli anni precedenti della sua giovane vita. In qualche modo, poter guardare dall’alto in basso le persone, diminuiva la sua ansia sociale o, perlomeno, gli rendeva meno fastidioso averci a che fare. Non giudicava mai, in maniera positiva o negativa che potesse essere, dato che a prescindere si poneva con nervosismo e distacco verso chiunque, era solo per meccanismo di difesa: se poteva avere senso, non gli importava del genere, dell’età o della fisicità a tutto tondo, semplicemente, le persone alte quanto lui o meno alte di lui le percepiva più facili da gestire. Era una cosa stupida? Decisamente si. Poteva farne a meno? Assolutamente no.
Con un’espressione stizzita sul viso, che lasciava trapelare l’accenno di un senso di superiorità dato dalla ridicola questione dell’altezza, ma anche dal fatto che era sicuro che quella ragazza davanti a lui non conoscesse niente di Nocturn Alley, si limitò a tenere lo sguardo fisso su di lei. C’era una parte di lui, quella che lo aveva spinto ad avvicinarsi a lei, che lo aveva fatto incuriosire. Non era mai stata sua intenzione giudicarla, anzi, dall’alto della sua presunzione senza senso, in realtà, si era solo sentito in dovere di avvisarla dei pericoli che stava correndo facendo foto in un luogo che si crogiolava nella sua fama data proprio dal fatto che esistessero rare fotografie della zona e ancor meno informazioni verificabili a riguardo.


Intendevo il semplice atto di fare delle foto, qui.ribatté, quindi, alla sua osservazione, incrociando le braccia al petto.
Che la strega delle unghie la prendesse come souvenir, poco o niente gliene importava. Voleva solo evitare papabili omicidi che avrebbero portato il Ministero a bazzicare per Nocturn Alley, con la conseguente riduzione di visite al negozio e un aumento esponenziale del malumore di Sinister. C’era un limite entro il quale riusciva a sopportare le stranezze del suo datore di lavoro e non aveva alcuna intenzione di valicarlo, quindi, se poteva evitare brutte conseguenze, era suo dovere farlo… O, meglio, fu la scusa con la quale giustificò sé stesso e la propria curiosità che lo spinsero a restare lì a ficcanasare.
E a voltare lo sguardo lì dove l’obiettivo della macchina fotografica era puntato. Non gli sembrò che ci fosse chissà che di interessante lì, al punto da essere immortalato per sempre. Ma alle sue parole seguenti capì che, forse, non c’era niente che lui, un comunissimo essere umano, potesse vedere lì, perché quella ragazza aveva un che di unico, per così dire…


Non so che razza di fetish tu abbia e sarebbe inopportuno approfondire. Ma no a tutto. Se aspetti più o meno cinque minuti, però, dovresti poter incontrare la strega degli scherzi. Guarda dove…metti…i piedi.le rispose di getto, mentre sul proprio viso si accentuò la smorfia che lo aveva caratterizzato dal momento in cui si era fermato lì davanti a lei. Forse per istinto di conservazione, viste le sue parole, si ritrovò a esitare a nominare i piedi, ma era andato troppo avanti con quel modo di dire per cambiare la costruzione della frase.
Era comunque un’ottima punch-line di chiusura, perfetta come ultima cosa da dire, un avvertimento prima della catastrofe alla quale lui non avrebbe dovuto assistere, perché quando si dicono frasi scontate ad effetto è il momento più opportuno per lasciare la scena e andarsene, ma no: per qualche motivo, rimase piantato lì, a braccia conserte, ad alternare lo sguardo tra lei e la sua macchina fotografica che continuava a scattare foto, a suo avviso, inutili.
A meno che…


Sei una giornalista.esclamò poi, conscio di esserci arrivato un po’ troppo in ritardo, ma con una sicurezza che non glielo fece dire a mo di domanda. Questo spiegava anche perché il suo viso non gli fosse nuovo… Non l’aveva vista a scuola, l’aveva vista praticamente ovunque! A qualsiasi evento pubblico avesse mai partecipato! Era la tipa euforica che aveva provato a parlargli prima della lite “Narcissa vs. qualsiasi altro studente non Serpeverde” durante il ballo d’inverno.

Perché sei qui? - chiese, infine, deciso ormai a colmare la propria curiosità.

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Edited by Draven. - 10/7/2022, 15:54
 
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24 y.o. - Photographer - Journalist - Banshee
Era tremendamente ironico vedere come entrambi vivessero la propria posizione nello stesso modo, ma da lati opposti. Draven necessitava di poter scrutare l’altro dall’alto in basso per poter esibire, o almeno illudersi di starlo facendo, una qualche forma di potere e superiorità – o controllo persino – sulla situazione in corso. Lei, invece, vedeva nell’idea che gli altri si facevano di lei un punto di forza: venire costantemente sottovalutati, inquadrata come una sprovveduta o una ragazzina, portava spesso il prossimo a fare il passo più lungo della gamba e lei a poter valutare indisturbata la posizione.
“E’ preoccupato o è solo curioso?”
Lo sguardo si abbassò, adocchiando solo per un istante le braccia conserte del ragazzo. Simbolo di chiusura o di protezione? Si stava mettendo sulla difensiva o era semplicemente indispettito dall’essersi chiuso in una conversazione con una sconosciuta?
Inclinò il capo di lato, sollevando leggermente le sopracciglia: era curiosa.
«Pft.» Strinse le labbra, trattenendo fra queste uno sbuffo divertito e il principio di una risata. Serrò le braccia così che, nel cercare di guardare meglio il Serpeverde, non rischiasse di muovere troppo le mani e con queste la macchina fotografica. «Ho come l’impressione tu sia troppo piccolo per avere questa conversazione con me, ma sono sicura abbiate supporti anche di quel genere ad Hogwarts.» Cercò di rigirare la frecciatina e il sarcasmo dell’altro, stringendo di nuovo le labbra per soffocare dietro un sorriso una risata più piena e prorompente. Non riuscì a trattenere, però, le parole che le scapparono poco dopo: «La Strega degli scherzi? Ti prego, dimmi che si è scelta lei il nome.» Era come ritrovarsi improvvisamente dentro uno dei fumetti che leggeva da piccola (non è vero, li leggeva tutt’ora e aveva un abbonamento a Martin Miggs, il Babbano Matto).

«Ah.» Abbassò lo sguardo, seguendo quello di Draven fino a fermarsi sul suo cartellino. Prese un profondo respiro e poi espirò lentamente l’aria. «Quello. Yap.» Umettò le labbra e poi come nulla fosse, ritirò di scatto le braccia, accompagnando al gesto un “tlac” proveniente dalla sua macchina fotografica magica: qualunque cosa stesse facendo doveva averla finita.
"Ha cambiato approccio. E' intimidito o è sempre curioso?"
«Quello che ci si aspetta che faccia.» Picchiettò il dito al fianco della macchina.
«Lavoro.» Lì a Nocturn Alley? Era difficile anche se possibile.
Quel posto era marcio e difficilmente quelli del suo ufficio avrebbero avuto piacere a metterci piede.
Decise, però, di non dire altro. Ariel aveva raccolto più materiale in cinque minuti di scambio con Draven che in mezz'ora in quella strada.
Se lui, evidentemente del posto, poteva dirle ancora altro sul quartiere malfamato più celebre d'Inghilterra, non avrebbe lasciato stagnare il discorso, ma avrebbe continuato a lanciare esche per mantenerlo interessato a parlarle.
«Sto cercando di fare un reportage sui luoghi più noti della tradizione magica inglese; è un progetto d’ufficio e io sono l’unica che a quanto pare tiene alla componente visiva.»
Lagnello sacrificale con la camera oscura e la carta fotografica Lumiére.
«E tu…» Un sorriso si allargò sul volto, carico di una malizia e un divertimento quasi raccapricciante; sembrava Pixie, il Poltergeist di Hogwarts. «Tu che sei così esperto, un giovane studente di buone speranze, che ne pensi di guadagnare qualcosa in più? Fare da guida ad un onestissimo lavoratore? Tu mi guardi le spalle e io ti…» Si guardò attorno, adocchiando gli angoli bui della via macilenta. «…guardo i piedi? Ti offro la cena! Voi giovani dovete crescere.»
Ma perché ogni volta che parlava con uno studente finiva con offrirgli da mangiare?
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Edited by petrichor. - 4/7/2022, 23:31
 
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Draven Enrik Shaw
15 y.o. - Serpeverde
Garzone c/o Magie Sinister
Lavorava da Magie Sinister e, di conseguenza, bazzicava per Nocturn Alley ormai da abbastanza tempo per poter dire, con assoluta certezza, che era veramente raro vedere lì dei giornalisti. Non per mancanza d’interesse, tutt’altro; Nocturn Alley era uno dei luoghi più famosi di tutto il mondo magico. Per via della sua pessima fama scaturiva molta curiosità, ma proprio per questo, al contempo, le persone sane di mente tendevano a restarne alla larga. Ora che ci aveva fatto l’abitudine, a lui piaceva stare lì e lavorare da Magie Sinister, non riusciva proprio a immaginarsi in un più comune negozio dove sarebbe stato costretto a sorridere e accogliere i clienti con gentilezza. Da Sinister più eri schivo e riservato, più avevi possibilità di ricevere mance e sopravvivere alla giornata. Il punto, però, era proprio questo: che il timore surclassava la curiosità, nella maggioranza dei casi. Per quanto potesse essere affascinante il mistero che velava quel piccolo quartiere, comunque il senso di sopravvivenza aveva la meglio e teneva i giornalisti e chiunque altro ben lontani. Era un po’ il luogo di ritrovo di tutto ciò che di sbagliato potesse esserci nella vita di un mago… O, almeno, così la vedeva lui. Ed era uno dei motivi per cui ci si sentiva a suo agio: nessuno pretendeva niente da lui. Andare a lavoro e attraversare quella strada cupa era un po’ come chiudersi in una stanza e pensare ai fatti propri, perché se non infastidivi la peculiare fauna che caratterizzava il quartiere, di base nessuno importunava te.
Dato quel primo scambio di parole, l’iniziale sorpresa data dalla presenza della giornalista era svanita come una nuvoletta di fumo: lei non era una persona sana di mente. Non più di quanto non lo fosse anche lui, comunque.
L’entusiasmo per la strega degli scherzi ne fu l’ennesima prova.


N-non… Perché dovrei saperlo? La chiamano tutti così.ribatté, corrucciando maggiormente lo sguardo. Le persone esuberanti lo mettevano a disagio ed ecco che spariva tutta la sua sicurezza pre-costruita. Non c’erano altezze e conoscenze che tenessero, a quel punto. In qualche modo, andava sempre a finire così con le persone.
Forse aveva commesso una leggerezza, dettata dall’impulso e dalla noia, avvicinandosi a quella donna. Si era incastrato da solo in una conversazione che, probabilmente, lo avrebbe fatto innervosire, visto che aveva già iniziato a cambiare umore.
Oltretutto, la borsa scolastica iniziava a pesargli sulla schiena. Dato che di solito aveva molto tempo libero quando era di turno da Sinister, aveva preso l’abitudine di portarsi dietro i compiti e, quindi, i libri per poter studiare. Ma era una gran fatica portarsi tutto dietro ogni volta.
Si sistemò la bretella della borsa con una smorfia, cercando di spostarne un po’ il peso. E il viso rimase leggermente inclinato, mentre continuava a guardare la giornalista davanti a lui che a ogni sua parola mostrava crescente entusiasmo.
Sempre peggio.
La gigantessa entrata all’ultimo secondo gli aveva fatto fare più tardi del dovuto ed era già a rischio così per il rientro a Hogwarts, non c’era verso che avrebbe rischiato un richiamo solo per colmare la propria curiosità e restare ancora lì a perdere tempo con lei. Chissà se la cucina aveva già chiuso…
Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, la giornalista gli propose forse l’unica cosa che avrebbe potuto convincerlo a trattenersi ancora lì.
Rimase a guardarla, come a volerne scrutare le vere intenzioni, per qualche secondo, in silenzio.


Facciamo una cosa veloce, allora. Ho fame.si decise infine a rispondere, spostando lo sguardo sulla macchina fotografica. Inevitabilmente, si chiese se la Gazzetta del Profeta o qualsiasi fosse il giornale per cui lavorava le avrebbe davvero permesso di pubblicare un articolo su Nocturn Alley. Non tanto perché, personalmente, trovasse poco interessante parlare della strega degli scherzi e le altre cose bizzarre che costellavano il quartiere, quanto per l’omertà di cui era ricoperto: non si sarebbe messa nei guai con qualche potente mago oscuro?
Se per un attimo gli balenò nella testa il pensiero di doverla avvisare dei rischi che correva, subito realizzò che se avesse protratto ancora a lungo la sua visita guidata lì lui avrebbe fatto ancora più tardi. Già così era abbastanza sicuro di dover spiegare la situazione al Preside una volta rincasato…
Era rimasto nella stessa posizione per tutta la durata di quello scambio di battute, ma ora che aveva acconsentito ad accompagnarla a spasso per Nocturn Alley era il caso di darsi una mossa. Senza aspettarla, dando per scontato a quel punto che lo avrebbe seguito, si diresse dal lato opposto al quale si trovavano Diagon Alley e la sua libertà. Fece pochi passi, dandole le spalle, prima di indicare un anfratto vicino al negozio di Candele Velenose Per Ogni Occasione. Ci si diresse a passo spedito per nascondersi, notando un’ombra familiare nei pressi del pub che faceva angolo con Sinister. Era arrivata la strega degli scherzi. Giusto in tempo.

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view post Posted on 21/7/2022, 11:45
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«Non è triste che l’immaginario collettivo debba definire totalmente l’identità di una persona?» Quello di Draven era un commento leggero, istintivo: quanti avrebbero pensato e detto come lui? La Strega degli Scherzi era una delle tante stranezze di Nocturn Alley e in mezzo alle sue ombre non era speciale, era solo una delle tante bizzarrie da cui stare alla larga. Se la chiamano così tanto bastava sapere per capire di dover girare i tacchi in sua presenza, no?

Fatto sta che per Ariel tutto questo era sinonimo di una realtà ben diversa: ignoranza, disinteresse verso il prossimo, superficialità e pregiudizi.
«Nessuno ha il dover di dover conoscere la storia di tutti, ma questo non dà il diritto di presumere cosa e chi l’altra persona sia nella sua interezza. “Fa scherzi”, ma ti sei mai chiesto perché? E’ curioso, no? Che una donna venga conosciuta per questo, ma che allo stesso tempo l’idea dello ‘scherzo’ – che dovrebbe significare ‘far ridere’ –, ci porti a fare attenzione a dove mettiamo i piedi e a guardarci le spalle.»
Via via che parlava, Draven avrebbe potuto notare una cosa: Ariel stava più ragionando a voce alta tra sé e sé che attendendo un parere altrui. Se inizialmente la domanda era stata posta al ragazzo come un valido punto di osservazione “non è triste presumere il valore della persona senza conoscerla?”, successivamente aveva proseguito con un monologo, un’analisi sociologica tutta sua, ispirata dal momento e forse molto (troppo) più grande della discussione leggera che avevano iniziato.
Diventava trasparente uno dei motivi che l’avevano portata a fare la Giornalista: impedire al prossimo di giudicare e descrivere persone e fatti senza avere nozione in merito; la ricerca della verità diventava un obbiettivo secondario, ma necessario, per poter istruire il prossimo.

Parlava e parlava, mentre gli occhi grandi viaggiavano curiosi dal volto del Serpeverde alla strada in cui sostavano, fino a tornare su Draven e poi sulla sua spalla, dove la bretella della borsa venne spostata per cercare di dargli sollievo.
“Chissà cosa ha dentro?”
Si sporse leggermente in avanti con la testa, volendo adocchiare meglio la scarsella nonostante la penombra. Poi si voltò, gettando uno sguardo alle sue spalle per mantenersi vigile, prima di tornare su di lui.
«Ma comunque! Dopo potremo mangiare qualcosa qui o a Hogsmeade con la metropolvere. Non voglio farti fare più tardi del dovuto, non ti preoccupare.» Dava sempre per scontato che i ragazzi che incontrava dovessero sempre girare i tacchi e tornare veloci ad Hogwarts e lei era abituata ormai a passare metà del suo tempo libero al villaggio vicino, sperando di poter sfruttare le coincidenze di Jolene e passare del tempo con lei. Andava sottolineato come avesse parlato al Serpeverde lasciando trapelare un senso collettivo: era probabile che la cena Draven l’avrebbe dovuta passare sempre in compagnia di Ariel e che quindi, accettando la sua offerta, si fosse incastrato in un prolungamento del suo “ostaggio”.
“Più informazioni, più informazioni” Pensava, concitata.
Parlare con qualcuno che era in età da studi era un evento raro e le permetteva di avere un’idea migliore di Hogwarts che fosse lontana dal punto di vista di chi ci lavorava dentro.
Quando cominciò a camminargli dietro aveva già cominciato con le domande.
«E dimmi un po’ che voi inglesi avete le divisioni buffe: in che Casa sei ad Hogwarts?»
Nemmeno pochi metri percorsi dopo aver fatto la sua domanda, si ritrovò col doversi zittire. Adocchiò prima l’insegna “Candele Velenose Per Ogni Occasione”, poi la mano che indicava la nicchia in cui nascondersi.
Accelerò il passo, tenendo le mani contro la sua borsa e la macchina fotografica per evitare che nel correre si sentisse il trambusto degli oggetti in movimento e si attirasse l’attenzione su di loro.
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view post Posted on 9/8/2022, 12:27
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15 y.o. - Serpeverde
Garzone c/o Magie Sinister
Nocturn Alley era considerato un quartiere a tutti gli effetti, ma era per lo più una grossa via costellata di negozi inquietanti, poche abitazioni e qualche corto vicolo cieco. Volendo, lo si poteva visitare tutto in cinque minuti. Il punto era che nessuno aveva vero interesse a una visita guidata lì, a parte la giornalista che Draven aveva deciso di aiutare. Confessò a se stesso che, sì, lo faceva per la cena perché era quasi certo che le cucine di Hogwarts avessero già chiuso a quell’ora di sera, ma era anche un po’ curioso sia del lavoro che svolgeva la donna, sia di come veniva visto quel luogo misterioso attraverso gli occhi di qualcuno che non lo conosceva bene. Per molto tempo era stato portato da Sinister attraverso la magia, soprattutto i primi tempi, e del quartiere non aveva avuto modo di vedere nulla; era già tanto che all’età di tredici anni gli avessero concesso di andare a lavorare in un negozio del genere. Il vecchio Sinister aveva i suoi modi di fare, era tirchio e taccagno, e la merce che vendeva era pericolosa, per non considerare la clientela tipo che faceva visita quotidianamente… E mentre si ripassò mentalmente tutti i difetti del suo lavoro, convinto che ci fosse almeno una nota positiva, il discorso gli si bloccò nella mente. Non c’erano note positive. Era semplicemente lui a essere un po’ fuori dagli schemi trovandolo rassicurante e la scuola a essere un po’ irresponsabile nel consentirgli di fare il garzone proprio lì, tra tanti negozi.
Non che se ne lamentasse… Era abbastanza sicuro che, finché non si fosse diplomato dalla scuola, sarebbe rimasto vincolato alla polvere, ai vetri perennemente sporchi e alla merce pericolosa che Sinister offriva. Ormai, era una seconda casa. Anche il quartiere era diventato familiare e rassicurante, con tutte le sue stranezze.
Mentre andò a rintanarsi nell’incavo che faceva angolo nel muro di Candele Velenose Per Ogni Occasione, si chiese se ci fosse qualcosa che quella lunga via cupa gli teneva ancora nascosto.
Il discorso della giornalista aveva colpito nel segno, ma non le aveva risposto. Si trovava d’accordo con lei, la pensava allo stesso modo riguardo l’interezza del quartiere; era semplicemente disinteressato alle persone, ciò rendeva le loro visioni, per quanto simili, piuttosto divergenti. Forse, nel giornalismo, studiare le persone era importante. Magari glielo avrebbe chiesto…
Attese che la donna gli si fosse avvicinata abbastanza da essere sicuro che dalla strada principale non potessero essere visti, poi, in attesa del passaggio della strega degli scherzi, si volse a guardarla. Aveva un accento particolare, ma non si era chiesto da dove venisse, fino a quel momento.


Serpeverde. Non hai frequentato Hogwarts…?le rispose, senza riuscire a impedirsi di porgerle quella domanda. Era pienamente consapevole che esistessero diverse scuole di magia e stregoneria sparse nel mondo, ma in ognuna di esse – Hogwarts inclusa – vigeva un senso di segretezza, come se rivelarne le caratteristiche potesse, in qualche modo, influire sulla sicurezza e l’andamento della scuola stessa. Aveva saputo di studenti che avevano svolto anni di studio all’estero, ma non aveva mai avuto modo di chiedere loro informazioni. Era molto curioso a riguardo.
Fu sul punto di indagare ulteriormente, ancora con lo sguardo sul viso della giornalista. A guardarla così da vicino, si accorse che era molto bella: aveva i lineamenti del viso così delicati da farla sembrare una fata dei boschi. La strega degli scherzi, però, era apparsa nel suo campo visivo e si volse istintivamente verso di lei, visto che erano lì per quello. Non disse niente, lasciò che la giornalista potesse trarre le sue conclusioni semplicemente osservando.
La strega camminava molto lentamente, guardandosi intorno di continuo; era schiva e diffidente, ma nonostante l’atteggiamento di chi non voleva essere scoperta, camminava lungo l’unica scia di luce di tutta Nocturn Alley, quella opaca e poco accesa generata dalle insegne dei negozi. Davanti ai loro occhi camminò per almeno un paio di metri con quella posa un po’ ciondolante, poi si fermò; come se all’improvviso aveva visto qualcosa che ai loro occhi, invece, sfuggiva, prese a correre velocissima, letteralmente saltellando, per raggiungere un angolo della strada opposta a dove si trovavano loro. Con un ghigno sul viso, si era chinata per posare a terra un sacchetto. Non appena si allontanò da esso, riprese a camminare in direzione di Diagon Alley e il sacchetto si fuse letteralmente con il mattone contro il quale era stato posato.


A tuo rischio e pericolo, vuoi vedere cos’è? chiese poi, alla giornalista, affacciandosi dal loro nascondiglio per assicurarsi che la strega degli scherzi fosse sparita oltre il buio del quartiere.
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view post Posted on 12/9/2022, 13:20
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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24 y.o. - Photographer - Journalist - Banshee
La mano destra reggeva ora la base della macchina fotografica, impedendo che nel muoversi rapidamente dietro Draven possa finire con lo sbattere da qualche parte e allertare la Strega degli Scherzi.
«Oh no no. La seule chose qui glisse dans ma vie, c’est ma capacité d’attention»
Che se potesse essere stato tradotto in tempo reale per Draven in inglese, sarebbe apparso come un piacevole gioco di parole: “The only thing that is slithering in my life is my attention span”.
Se prima aveva cercato di dissimulare l’accento francese dietro un incrocio sgradevole di West Country English e il Cockney della working-class londinese (che, doveva darsene atto, non sapeva assolutamente fare), fu chiaro solo da quella frase come la sua provenienza fosse tutto tranne che britannica.
«Beauxbatons non ha lo stesso sistema scolastico inglese: stessa rivalità, meno orgoglio nel viverla; poniamola così.»
Fece spallucce, mentre risollevava la macchina fotografica.
Arretrò di un passo, rischiando di finire con lo scontrarsi con le spalle al corpo del serpeverde. Chiuse un occhio, mentre spiava da dietro il mirino con l’altro la figura in avvicinamento della scheda degli scherzi.

«Oplà.» Adocchio il profilo della signora, china sulla strada, intenta a poggiare un sacchetto. Uno, due, tre scatti e le prime foto del misfatto venivano documentate.
Trattenne una risata soddisfatta dietro un sorriso.
«Ha avuto la usa illuminazione. Chissà cosa ha visto. O forse è semplicemente qualcosa che le dà grande soddisfazione, senza doverci ricamare molto dietro.» Le sue idee sul caso venivano espresse a Draven, come se a quello potessero interessare. «Fa riflettere molto sull'idea di ambizione: un politico o un mercante che vedono nel successo consensi e galeoni, potrebbero vedere una vita del genere come estremamente umile, infantile e misera. Però dal suo punto di vista magari questo è l’obbiettivo della sua vita: ridere. Quindi questo la rende una persona estremamente di successo e ambiziosa.»
Lasciò ricadere la macchina fotografica contro il petto e poi alla cieca cercò il braccio di Draven per dargli una pacca.
«E si va. Apri tu? Ti scatto una bella foto con lo scherzone.»
Sghignazzò, mentre in punta di piedi avrebbe provato a raggiungere il sacchetto.
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view post Posted on 29/9/2022, 17:29
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw
15 y.o. - Serpeverde
Garzone c/o Magie Sinister
A quell'ora della sera Nocturn Alley si colorava delle ombre più strane. Le uniche luci che arrivavano laggiù erano quelle dei negozi ancora aperti o dei pochissimi locali; riflettevano all'esterno in prossimità delle rispettive porte d'ingresso. Il resto della lunga e ampia strada riversava nel buio più assoluto, nascondendo angoli e vicoli ciechi dall'aria poco rassicurante. In una di quelle insenature buie e umide, ai bordi della strada in cui si era nascosto con la giornalista, non arrivava nemmeno un fascio di quelle luci riflesse. Era pura oscurità, che avrebbe potuti ingoiarli entrambi, se non avesse avuto la certezza di un muro di mattoni ben spesso alle proprie spalle e la consapevolezza di conoscere le dimensioni ridotte di quell'anfratto. Erano da soli e al sicuro. Per quanto non potesse negare di essere curioso tanto quanto lei di sapere cosa ci fosse nel sacchetto che la strega degli scherzi aveva posto sul ciglio della strada opposto al loro, sperò di restare lì. Sperò che la donna fosse più coscienziosa di lui e rifiutasse il suo invito ad andare a ficcanasare in qualcosa di potenzialmente letale.

Sicura di non volermi parlare della tua scuola davanti a un buon pasto e fingere di non aver visto niente, eh? - ribattè, in risposta al suo entusiasmo. Gli era scorso un brivido piacevole lungo la schiena quando l'aveva sentita parlare in francese e si era chiesto, istintivamente, perché qualcuno in grado di parlare una lingua così musicale si impegnasse tanto per nasconderne l'accento. Ma non era affar suo. D'altronde, erano sempre tante le cose che si chiedeva riguardo le persone con cui interagiva, in bene o in male, si faceva sempre un sacco di domande e pensieri. Solo che alcune erano più interessanti di altre. Tipo lei che, dall'alto della sua carriera avviata, un'esperienza di vita in un paese straniero, sembrava aver mantenuto un'essenza fanciullesca, genuina. Gli parve di avere a che fare con una creatura ben più rara di una fata dei boschi a cui l'aveva paragonata, in un primo momento, per via del suo aspetto delicato. Anche il modo in cui aveva interpretato gli atteggiamenti di quella strega aveva un che di affascinante. Ai propri occhi, però, continuava a essere una vecchia inquietante e fastidiosa.

Niente foto. - commentò, prima di uscire dal loculo e avvicinarsi a passi lenti e misurati verso il sacchetto della strega. Avrebbe voluto aggiungere che, in caso contrario, le avrebbe fatto esplodere la macchina fotografica insieme alle mani, ma dato che il proprio sostentamento dipendeva da lei e dai suoi galeoni, si limitò a lanciarle uno sguardo minaccioso, a mascella tesa. Sperando che fosse abbastanza eloquente.
La superò e, una volta di fianco al famigerato sacchetto, si chinò sui talloni per potercisi avvicinare. Sentì ogni fibra del proprio corpo suggerirgli di lasciar perdere, che era una pessima, pessima idea; aspettò che la giornalista lo affiancasse per concedersi qualche altro istante di autoconsiderazione, poi si decise a tirare via il filo ruvido e spesso che teneva chiuso il sacchetto. L'istinto gli fece voltare il viso dall'altra parte, forse come misura precauzionale nel caso in cui ci fosse stato dentro qualcosa di davvero dannoso, ma di sottecchi rimase a guardare: la vista gli mise a fuoco un cumuletto di unghie di ogni tipo, forma e lunghezza sporche di sangue e qualcosa di nero tra cui strisciavano piccole larve. Draven allontanò di scatto la mano e si rizzò in piedi con un balzo all'indietro che lo fece allontanare di almeno un metro da quello schifo. Sentì un immediato conato torcergli lo stomaco e si volse di spalle, portandosi il dorso di una mano a tapparsi la bocca.


Ti è andata bene. Mi è passata la fame. - disse, con voce roca e quasi sussurrata, dopo qualche istante di silenzio passato a contemplare se dovesse vomitare o no. Non era ancora sicuro di averla scampata, ma con un'espressione schifata in viso alzò lo sguardo in cerca di quello della giornalista.

Ci ha visti. Lo ha fatto apposta. Non ha avuto nessuna illuminazione... - commentò poi, facendo riferimento alle sue parole precedenti. Si sistemò meglio la borsa scolastica a tracolla e si raddrizzò con la schiena, rendendosi conto di essere rimasto piegato su se stesso per via di quella sensazione atroce alla bocca dello stomaco.
Aveva vissuto anche troppo per quel giorno. Aveva decisamente toccato il fondo e voleva solo tornare al castello a farsi un bagno di almeno tre ore per togliersi di dosso l'impressione di essere stato toccato da quel sacchetto riprovevole e dal suo contenuto rivoltante.

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9 replies since 18/5/2022, 15:09   337 views
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