Una pioggia di immagini

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view post Posted on 20/5/2022, 20:59
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Edmund Artemis Knight
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Edmund Artemis Knight è un undicenne di buona famiglia, garbato ed educato, dai modi raffinati e dal portamento elegante, anche se talvolta vagamente elitario; l'educazione rigida impartitagli dai genitori ha contribuito ad accentuare questi tratti già in parte costitutivi della sua indole. Il padre di Edmund, diplomatico del ministero, appartiene infatti alla famiglia dei Knight, una famiglia purosangue proveniente dal Sussex, di antiche origini nobiliari e fortemente impregnata di idee puriste. E sebbene la madre, Catherine Hewitt, sia di vedute molto meno rigide, il suo essere una donna solitaria e stravagante, indipendente da tutto e tutti, la porta a disinteressarsi completamente dell'argomento, lasciando al marito l'esclusiva competenza sulle opinioni che potevano essere espresse in famiglia, e al figlio la navigazione controcorrente alle idee del padre, ovviamente nella misura in cui questo poteva averne modo data la sua tenera età e il suo livello di comprensione delle cose dei grandi.
Cresciuto quindi in questo ambiente, istruito da un precettore piuttosto rigoroso, Edmund all'aspetto pareva quello che si soleva dire un ometto in miniatura, elegante tanto nel vestire quanto nella gestualità, misurata e senza eccessi.

Quel piovoso lunedì si trovava da "Mondomago" con la madre, alle prese con gli acquisti per Hogwarts; aveva da poco ultimato il suo turno, servito da una specie di nano di nome Joe, un tale alto meno di lui appollaiato su un alto sgabello dietro al bancone, che nel calderone in peltro misura standard 2, gli aveva stipato bilancia, telescopio e tutto il resto. Ma la madre, pozionista di mestiere, dopo aver pagato, anziché guadagnare l'uscita si trattenne a curiosare tra le ultime novità in fatto di calderoni. Probabilmente ne avrebbe avuto per interminabili decine di minuti, dedita a girare e rigirare tra le mani questo e quel modello... Minuti interminabili che si concludevano sempre senza acquistare nulla, comportamento che Edmund aveva sempre trovato strano e insensato. A che serviva perdere ore a scandagliare merce che già in partenza si aveva deciso di non comprare? Ma ormai aveva rinunciato a farlo notare alla donna, tenendo per sé il desiderio di strattonarla fuori con la forza.
In altri momenti sarebbe uscito dal negozio, per ingannare il tempo nell'a lui più affine negozio accanto, la celebre libreria "Il Ghirigoro"; amava infatti i libri più di ogni altra cosa, forse più della lettura stessa, e così come la madre poteva passare le giornate a sfogliare i calderoni (senza ragione) per lui era molto più piacevole sfogliare le pagine dei libri e goderne del caratteristico profumo, azione quella nient'affatto irragionevole: oltre ad aiutarlo a trascorrere quel tempo di attesa, altrimenti lasciato correre invano, gli consentiva di stilare la lista precisa dei prossimi elementi della sua biblioteca, operazione questa tutt'altro che semplice.

Tuttavia la pioggia cadeva incessante, tamburellando instancabilmente sulla vetrina del negozio che si affacciava in Diagon Alley: doveva quindi necessariamente attendere la madre col suo incantesimo antipioggia per non essere reso totalmente fradicio e non mettere a mollo bilancia e pergamene appena acquistati.
Siamo nelle ore centrali di una giornata estiva quindi, nonostante la pioggia, la temperatura era discretamente alta. Edmund indossava una camicia azzurra, con le maniche arrotolate all'avambraccio, chiusa fino al penultimo bottone infilata in un paio di jeans grigio chiaro corti all'altezza del ginocchio e portava un paio di scarpe da tennis blu scuro bagnate da qualche goccia di pioggia. Dalla tasca sinistra fuorusciva un pezzettino di pergamena ripiegato, dalla destra si intravedeva il profilo di un candido fazzoletto bianco. In attesa della madre si mise a passeggiare tra gli scaffali gettando un'occhiata qua e là per vedere se ci fosse qualcosa in grado di solleticare la sua curiosità. Camminava con passo lento, la sinistra a reggere il calderone riempito dalla spesa appena fatta, la destra infilata in tasca. La passò brevemente tra i capelli, mossi con qualche riccio e sempre spettinati, prima di rimetterla nuovamente in tasca e continuare la sua passeggiata. La sua attenzione fu momentaneamente richiamata dall'aprirsi della porta, pensò fosse la madre ad aver finito il suo giro di perlustrazione ma si trattava di un'altra strega alta, bionda e con un vistoso cappello a punta. Edmund si voltò spontaneamente e per pochi attimi incrociò il suo sguardo prima di riportare gli occhi sulla fila di calderoni che aveva esposti davanti a sé.
Vide la strega racimolare la spesa con notevole celerità, e dirigersi con altrettanta decisione al bancone dove la sentì parlare con Little Joe proprio mentre egli si stava avvicinando a uno scaffale dall'aspetto più interessante di tutti gli altri, uno dei scaffali da poco percorsi dalla strega, dai quali frettolosamente ne aveva raccolto della merce.
Qui vi erano esposti numerosissimi oggetti curiosi, sembravano dei piccoli contenitori, erano di forma squadrata con un grosso buco davanti. Nell'undicenne la curiosità prese il sopravvento e tralasciò il consueto divieto di non toccare alcunché e, deposto il calderone con la merce ai suoi piedi, si mise a indagare su quell'oggetto.
A dire il vero ve ne era una fila intera, ce n'erano di ogni forma e dimensione, per non parlare dei buchi anteriori che sembravano essere intercambiabili e anche quelli più o meno grandi. Edmund si mise a fare avanti indietro, prendendo ora uno e ora quel modello per confrontarli tra loro. Nella sua indagine silenziosa si accorse che su di essi vi erano quelle che senza alcun dubbio erano lenti, chissà forse servivano per guardarci dentro... Su altri modelli c'erano appesi poi degli strani contenitori di vetro con all'interno qualcosa che assomigliava a dei defunti Glow Bug. Chissà!

Fu solo quando vide dei rotoli sigillati con l'etichetta "Carta fotografica Dr Lumière" che si rese conto di quanto fosse stato stupido! Erano macchine fotografiche! Certo, di foto magiche ne aveva viste molte ma di macchine fotografiche nemmeno una dato che tutte le immagini sue e dei suoi affini presenti a Villa Knight erano ritratti dipinti dal pittore di fiducia del padre.
Chissà quanto costavano e se poteva comprarne una...
Tenendo una di quelle tra le mani, Edmund si mise quindi a sbirciare tra i vari modelli cercando di vedere se vi fosse qualche etichetta col prezzo, mentre la mano sinistra tamburellava con le cinque dita in successione, rigorosamente dal mignolo al pollice, sulla gamba sinistra leggermente piegata.

La strega nel frattempo aveva finito i suoi acquisti, e stava per passare accanto allo scaffale dove si trovava, assecondando istintivamente e senza motivo la propria timidezza, Edmund per non dare nell'occhio si piegò per non dare nell'occhio fingendo di osservare i modelli più in basso. Un rumore sordo però fu inevitabile quando nel indietreggiare per chinarsi colpì con il piede il calderone che poco prima aveva posato a terra.


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Edited by Edmund Knight - 20/5/2022, 22:44
 
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view post Posted on 24/5/2022, 15:53
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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Ariel A. Vinstav
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aveva deciso di passare la pausa pranzo fra gli scaffali di Mondomago, leggendo con eccessiva perizia ogni singola etichetta degli articoli in vendita.
Cosa se ne sarebbe dovuta fare lei di un altro nastro di magiscotch?
Assolutamente niente, ma se poteva perder tempo a bighellonare dietro i pattern di un adesivo, l'avrebbe fatto.
Non aveva voglia di stare ancora fra i documenti, i giornali e l'inchiostro.
Le sue foto erano ancora in sviluppo nella camera, le bozze erano in attesa di revisione e lei si ritrovava così in una fase di stallo.
E' proprio per rifuggire alla noia e alle responsabilità che aveva deciso di poggiare il calderone in argento e quello in peltro (l'uno inserito dentro l'altro) per studiare un Lunascopio in vendita.
Era venuta lì per comprare articoli di pozionistica, non troppo diversi da quelli del set che Edmund aveva segnato sulla Lista degli Acquisti per il Primo Anno, ma nulla le impediva di poter aprire i suoi orizzonti e viziarsi un po', aggiungendo qualche galeone in più al suo scontrino.
Il particolare strumento astronomico venne rigirato con cura tra le mani e po sollevato.
Lo portò oltre la Frangia di Merlino che portava in testa, all'altezza di una collezione nuova di telescopi in ottone.

«Sarà ancora Calante probabilmente.»
Borbottò, mentre chiudendo l'occhio sinistro cercava di puntare la lente contro il soffitto e accostare l'occhio destro al punto di messa a fuoco.
Ruotò lentamente gli anelli dell'obbiettivo del telescopio lunare, cercando di modificare l'allineamento degli specchi e le lenti incantate.
Proprio mentre era nel bel mezzo della sua analisi, pronta a riprendere a camminare per studiare con il Lunascopio spento il soffitto del negozio, un rumore metallico la portò a sobbalzare sul posto, portandola a darsi un colpo di ottone dritto dritto nell'occhio.

«Tebo cane!»
Si ritrovò ad imprecare a denti stretti, dopo aver effettuato un atletico salto sul posto da panico.
Il dorso della mano destra corse all'occhio, tamponandolo sotto la pressione delle nocche.
Si girò di scatto con la mano sinistra impugnante ancora lo strumento astronomico che così venne inconsapevolmente puntato contro Edmung, rannicchiato su se stesso; se fossero stati più avvezzi alla cultura babbana, si sarebbe potuto dire che a vedere così la scena, la giornalista sembrava puntare il Lunascopio contro il ragazzino come se fosse una pistola.
Lo strumento che per la botta al volto si era attivato, puntava dritto contro il volto del povero ragazzo chino una proiezione di una Luna Calante.

«Ah-ha!» Tenendo ancora l'occhio colpito chiuso, aveva parlato ancora prima di rendersi conto di stare puntando un fascio magico contro un bambino. «Ah.»
Bella figura Ariel, continua così.


 
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view post Posted on 25/5/2022, 22:12
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Edmund Artemis Knight
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Eterogenesi dei fini si chiama quel fenomeno per cui un'azione provoca degli effetti totalmente diversi da quelli per cui era stata concepita. Possiamo dunque dire che fosse per questa cosiddetta eterogenesi dei fini, che il piccolo Edmund, abbassatosi poco prima per celarsi alla vista della strega bionda, ora si ritrovava con la quella stessa donna voltata verso di lui nell'atto di brandire un lunascopio attivato puntato dritto sulla sua faccia, e con la bizzarria della proiezione di una luna calante, dalle sfumature piuttosto rossastre, sulla sua fronte.

La candida pelle che ricopriva il volto dell'undicenne divenne infatti subito rosso fuoco, spazio infuocato sfondo dell'immagine lunare, divampante per l'imbarazzo, ed Edmund alla vista di quel gesto, rimase pietrificato nell'ultima posizione assunta, come se avesse incrociato coi suoi occhi quelli di un basilisco.
Tra le mani aveva ancora la macchina fotografica che stava analizzando e le gambe erano quasi completamente piegate, col ginocchio destro posato a terra, sostenute dal piede sinistro completamente poggiato e dal destro, appoggiato sulla sola punta. Il volto leggermente inclinato verso l'alto in posizione di attesa, ora diretto verso gli occhi blu della donna. Inutile dire che avrebbe voluto divenire invisibile, invece era tutt'altro che invisibile di fronte a quella strega dal comportamento così marcatamente strano. Scappare, fuggire, sparire, smaterializzarsi all'istante, tutte opzioni che avrebbe selezionato volentieri ma che non erano, ahimè, nelle sue disponibilità. Impaurito e inerme, non poteva agire, non poteva tuttavia nemmeno sottrarsi dal riflettere su quanto stava accadendo, il corpo era immobile ma la testa lavorava alacremente nelle retrovie.


*Certo che ne ho visto di gente strana ma questa li batte tutti, no questa non è strana è proprio pazza!
Ma poi, ma che naso lungo ha, è quasi lungo come la punta del cappello, che gente che gira di qua!
E mia mamma ha paura di andare a Nocturn Alley, questa mi punta un lunascopio in faccia pure qui da Mondomago!*

Gli adulti si sa, agli occhi dei bambini hanno quasi tutti talvolta comportamenti inspiegabili e bizzarri, ma se la maggior parte di questi veniva da Edmund inscritta nella categoria "casi strani", questo caso andava bene oltre quella frequentata categoria, no, decisamente quella donna non era solo strana, meritava la promozione alla categoria successiva. Strano era il padre quando incantava due guantoni affinché gli tirassero dei pugni, e strana era la madre (quella quasi sempre!) che lavorava per terra solo perché non aveva tempo di riordinare il tavolo da lavoro. Ma una cosa del genere mai l'aveva vista prima: una bacchetta puntata contro era una visione per lui abbastanza frequente; per la sua indole ribelle i genitori ripetevano quel rituale spesso associato a un variegato parterre di minacce di ogni tipo, dal pietrificarlo a zittirlo per l'eternità, al trasformare il suo violino in uno Snaso, al trasformare lui stesso in un Diricawl. Ma un Lunascopio sulla faccia non l'aveva mai visto puntare da nessuno.


Dalle sue conoscenze sapeva non essere uno strumento pericoloso, a meno che la strega non volesse lanciarglielo in faccia. Ma se l'avesse fatto avrebbe avuto il tempo di spostarsi e poi sarebbe accorso Little Joe, richiamato dal rumore. No, quello si poteva escludere! Non si poteva escludere nulla invece su cosa volesse fare, o su cosa stesse facendo: perché mai proiettargli una luna in viso? E se quello fosse stato un Lunascopio con dei poteri speciali in grado di fargli del male? O era forse solo una pazza che non sapeva cosa stava facendo? O doveva fargli qualche misterioso rituale proprio con quell'aggeggio appena raccolto dallo scaffale?
Per quanto fosse imbarazzato e basito per il comportamento della bionda donna, non poteva non provare anche un po' di paura di fronte a qualcuno più grande di lui, con dei poteri maggiori dei suoi, e il cui comportamento era totalmente imprevedibile.

«Mi scusi mi scusi, non stavo facendo niente! Stavo solo guardando, la metto giù subito!»

Disse tentando di scusarsi e di giustificare il proprio comportamento e accennando il gesto di riporre la macchina fotografica nello scaffale. Effettivamente era insolito fosse lì chinato, e i movimenti fatti di soppiatto, traditi solo dal colpo dato al calderone, potevano invitare chiunque a fraintendere le sue vere intenzioni. Con gli occhi, lottando con l'imbarazzo, reggeva lo sguardo della donna, troppo curioso di sapere cosa stesse per fare per abbassare lo sguardo; gli occhi oscillavano, come quelli di uno spettatore di una partita di tennis, tra il viso della donna e i contorni della scena, perlustrati alla ricerca di una via di fuga mentre la testa elaborava in fretta le informazioni cercando di allestire un piano.
Un'idea gli balzò all'improvviso, quando vide il calderone che la donna aveva posato ai suoi piedi. Si ricordò che lui stesso ne aveva uno lì non distante, la motivazione del suo essere lì, prova principe per essere scagionato.

«Sono solo qui solo per prendere l'occorrente per Hogwarts, lo ho qui ai miei piedi, la prego mi lasci stare!»

continuò con voce ancora tremante e un po' più acuta del solito. La macchina fotografica era ancora tra le sue mani, aveva appena accennato il movimento di riporla ma non l'aveva terminato. E nessun altro movimento era stato compiuto dal suo corpo d'altronde si ripeteva dentro si sé il monito del padre:

*Stai attento Edmund, muoviti con lentezza e cautela, i matti a volte sono più pericolosi degli altri maghi perché non si rendono conto di quello che fanno.*

Anche stavolta però fu tradito dagli eventi, vuoi per l'agitazione, vuoi per un urto accidentale, vuoi per una completa casualità, le dita affusolate del bambino forse inciamparono su qualche pulsante della macchinetta che aveva in mano perché questa, senza alcun preavviso, si mise a lanciare bagliori in ampio numero; un susseguirsi di lampi scaturì da quella piccola scatoletta rettangolare senza controllo illuminando come fari da palcoscenico la scena dove ancora si stagliava la dama col Lunascopio.

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OFF-GDR Mani in alto! Questo è un lunascop-p-io!


Edited by Edmund Knight - 26/5/2022, 12:14
 
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view post Posted on 1/6/2022, 00:45
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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Ariel A. Vinstav
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Le figuracce stanno ad Ariel come il miele alle api.
Con una mano ancora premuta sull'occhio colpito e il lunascopio ancora puntato contro il povero bambino, la giornalista ci mise qualche secondo di troppo per capire l'impatto delle sue azioni.
"Oh no. OH NO. PENSA VOGLIA PRENDERLO A COLPI DI LUNA CALANTE"
L'irritazione costruita con cui aveva cercato di spaventare il ragazzino, venne presto sostituita da un'espressione di pura sorpresa e un fondo di panico: la bocca era aperta in una perfetta "o" e gli occhi blu si erano fatti grandi come gobbiglie.
Il lunascopio venne allontanato dal volto del ragazzo e riposto con un tonfo su uno degli scaffali del negozio.
Tenendo ancora l'occhio sinistro chiuso - il panico era un'ottimo mezzo dietro cui dimenticare il dolore fisico - protese le mani libere in avanti verso Edmund, mostrando i palmi vuoti in un chiaro messaggio di "Stop" e "Calma".

«No no no! Stavo scherzando! Va tutto bene! Sono una tipa apposto, giuro! Su su su, ssshtt»
Via via che parlava il suo tono di voce si faceva inversamente opposto a quello del bambino: Edmund aveva la voce più acuta quando era nel panico, lei la faceva più bassa per dare un'apparenza di calma, se lui era tremante, lei cercava di suonare improvvisamente quanto più in controllo e a suo agio possibile.
Stirò le labbra in un sorriso leggero, non del tutto convincente per via della tensione palpabile che quel buffo incontro le aveva lasciato.

«Ok! Ok, ora ti faccio vedere una cosa che tengo in borsa, così sono sicura che capirai che sono una apposto, ok? E puoi riprendere a guardare le cose per Hogwarts, va bene?»
Faceva ancora su e giù con le mani, come a intimarlo di respirare e andare con calma, rallentare.
Poi avvennero i lampi. Flash che si susseguivano fra di loro e che la portarono a stringere gli occhi di nuovo.
"Ouchouchouch, fuck fuck fuck"
Si sarebbe ritrovata un brutto segno al lato sinistro del viso quella sera, ne era sicura.

«Argh, qualcuno ha lasciato lo Scatto Multiplo, ma perché.»
Tenendo un occhio chiuso - quello ferito - si portò in basso, agguantando la macchina fotografica e cercando di schiacciare nuovamente il pulsante dello scatto per fermare l'otturatore e rapidamente muovere una delle levette interne che impostavano la modalità di scatto, interrompendo la sequenza.
Non dovette nemmeno guardare a lungo la macchina per farlo, segno di come fosse abbastanza abituata ad usare apparecchi del genere.
Sospirò una volta fermato il macchinario e senza ancora riporlo sullo scaffale, andò cercando con la mano libera la tasca esterna della tracolla di cuoio.

«Ma dove diavolo sei una volta che servi.»
Rovistando, avrebbe estratto prima una piccola ricevuta del Paiolo Magico, poi piccoli frammenti di pergamena riempiti qualcuno di parole, altri di bozzetti discutibili (era un unicorno sovrappeso quello?) ed infine, finalmente, un cartoncino laminato da cui pende un laccio in cuoio.
Il badge identificativo della famosa testata venne offerto al bambino. Impressi sul cartoncino il nome del giornale, nome, cognome e sotto "Fotografo e Giornalista" in porpora.
La foto occasionalmente si muove vedendo Ariel salutare chi la guarda o fargli l'occhiolino, schioccando le dita in sua direzione in un saluto gioviale e informale.

«Vedi? Sono un adulto! Uno di quelli bravi e rassicuranti, giuro! Pago le tasse, ehm.. lavoro per la Gazzetta, ho ben due animali domestici e.. e... uhm, vuoi che ti faccio vedere come si usa la macchina fotografica? Dov'è tua madre? Oh no, penserà che ti ho fatto spaventare apposta» cosa verissima «Ecco, prendi qua! Tiriamoti su. Ti prego non piangere.» Allungò la mano col badge, porgendo il braccio al ragazzo nel tentativo di offrirgli un punto d'appoggio per sollevarsi.


 
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view post Posted on 7/6/2022, 22:57
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Edmund Artemis Knight
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Tanto gli ultimi gesti di Edmund erano stati lenti e cauti, calcolati nella loro immobilità, quanto quelli della strega bionda erano parsi rapidi, caotici e decisamente funambolici. Edmund era ancora accovacciato, impaurito e quasi terrorizzato, immobile come una statua, con lo sguardo fisso sulla donna che teneva il Lunascopio puntato verso di lui, cercando di decifrare le sue intenzioni e prevedere le sue prossime mosse. Ma tutto avvenne talmente in fretta da sconcertare l'undicenne; Edmund non ebbe nemmeno il tempo di riflettere su alcunché, che un tonfo lo scosse da capo a piedi, alle sue parole la donna si mosse con una celerità oltre ogni previsione: non solo quella depose il Lunascopio con altrettanta rapidità di quanta ne aveva impiegata per puntarglielo alla testa, ma subito si diede da fare per fare finta che nulla fosse successo, mostrava i palmi delle mani e pareva aver cambiato idea su cosa fare del ragazzino che aveva di fronte, iniziò ad agitare le braccia come quei babbani che vogliono fermare i passanti lungo le strade di Londra e a tranquillizzarlo che presto avrebbe potuto tornare alle sue compere prescolastiche.
Non è esagerato dire che il piccoletto non sapeva più cosa pensare.
Forse il loro incontro si sarebbe concluso in quel preciso istante se la macchina fotografica che Edmund aveva tra le mani, raccolta un minuto o due prima da uno scaffale del negozio, non avesse iniziato a scattare foto all'impazzata, lanciando una serie interminabile di lampi bianchissimi in direzione della strega.
Il piccolo Knight ebbe appena il tempo di realizzare cosa stesse succedendo che si trovò la donna addosso.


«Argh, qualcuno ha lasciato lo Scatto Multiplo, ma perché.»

Senza nemmeno aver bisogno di fissare troppo attentamente l'apparecchio, in pochi attimi trovò la giusta levetta per fermare quella fastidiosa sequenza di flash e riportare la macchina alla sua consueta situazione di quiete.
Edmund durante tutto questo tempo non si era mai mosso, si sarebbe potuto credere totalmente pietrificato se non fosse stato per il respiro profondo e affannato di chi è in preda alle più violente emozioni e che si sarebbe udito anche a metri di distanza. Eppure, in questi ultimi istanti, anche un'idea diversa cominciò a farsi largo nella mente acerba del giovane mago: l'abilità con cui maneggiava quell'aggeggio contrastava radicalmente con la goffaggine dei primi momenti, forse non era una pazza, forse si era sbagliato e aveva frainteso le sue azioni, forse semplicemente stava scherzando poco prima o forse stava facendo qualcosa di ignoto ma a lui non ostile.
Una parte di lui ancora non si decideva ad abbandonare l'idea che forse una pazza e a intimargli di prestare attenzione, lato razionale e calcolatore in lotta perenne con la componente più empatica del ragazzino che, ora che l'aveva a pochi pollici dal muso, non riusciva a vedere in quella giovane strega nessuna minaccia tangibile. Fu inevitabile per Edmund provare una sorta di simpatia per quel bizzarro personaggio mentre cercava alla rinfusa nella borsa chissaché e cercava di placare le ansie del più piccolo in modo così divertente.
Edmund però non avrebbe mai immaginato neanche lontanamente ciò che la donna stava cercando nei meandri dalla borsa e che di lì a breve gli avrebbe porto: un tesserino, un cartellino identificativo con la foto della donna che gli strizzava l'occhiolino sotto il logo della più celebre tra le testate giornalistiche del mondo magico: "La Gazzetta del Profeta."
Il ragazzino prese tra le dita quel cartoncino e lo girò e rigirò senza parole, con gli occhi ancor più spalancati di quanto fossero stati fino a quel momento iniziò a osservarne ogni millimetro, sorpreso e quanto mai incuriosito. Ormai il timore per la donna aveva lasciato completamente spazio alla curiosità e allo stupore.


«Woow, ma lei è una giornalista! Una giornalista della Gazzetta, una vera giornalista!»

«Vedi? Sono un adulto! Uno di quelli bravi e rassicuranti, giuro! Pago le tasse, ehm.. lavoro per la Gazzetta, ho ben due animali domestici e.. e... uhm, vuoi che ti faccio vedere come si usa la macchina fotografica? Dov'è tua madre? Oh no, penserà che ti ho fatto spaventare apposta»

Quando la donna gli porse il braccio per aiutarlo ad alzarsi, ci pensò un po' su ma infine allontanò da sé ogni remora e, ricacciato indietro ogni dubbio, accettò l'aiuto. Forse se ne sarebbe pentito, o forse no, ma infondo gli sembrava di potersi fidare della giornalista, titolo che garantiva per lei e in parte giustificava le stranezze cui sin qui aveva assistito.
Rialzatosi da terra aveva ancora gli occhi su quel tesserino che contemplava come una reliquia, la testa era affollatissima di domande, curiosità, dubbi... Ecco perché sapeva usare così bene la macchina fotografica, ecco perché si era proposta di mostrargli come funziona, era una reporter.
Edmund rialzò lo sguardo verso di lei, un timido sorriso gli solcò il viso; non sapeva perché ma si sentì innanzitutto in dovere di rassicurarla che era tutto a posto:



«No no non si preoccupi non piango, sono grande, ho già 11 anni! E poi mia mamma è impegnata coi calderoni... Lei come sta?»

Disse Edmund con voce fintamente sicura di sé riferendosi poi all'occhio che la donna teneva chiuso, non nella foto, ma nella realtà; non che avesse necessità di piangere, era piuttosto la curiosità la più dominante tra le emozioni che lo inebriavano in quel momento.

«Ma davvero lei è una giornalista? Quindi ha visto il ministro della magia? E anche il preside, il prof. Peverell? Li ha visti da vicino? Come sono? Sono fortissimi come maghi, è vero?»

Edmund non aveva mai conosciuto un giornalista; col padre aveva assistito a numerosi eventi pubblici, si ricordava dunque che una serie di reporter era solita accalcarsi attorno all'ospite principale della serata scattando foto e facendo domande, fu facile quindi per Edmund immaginarsi quella donna al seguito del ministro a bombardarlo di domande e di foto.
Solo a quel punto si ricordò dell'offerta avanzatagli dalla donna poco prima quella di mostrargli il funzionamento dell'apparecchio. Tentazione troppo forte perché potesse sottrarsi.
Edmund prese la macchinetta e la allungò verso la strega, ponendola al centro della scena e dell'attenzione dei due.


«Beh se vuole... Ne ha una anche lei di queste? Deve fare tante foto per il suo lavoro? Io purtroppo ancora non me la posso permettere, ho già speso tutto per prendere quella roba. Però se mi insegna come si usa ascolto, magari un giorno me ne prenderò»

concluse accennando col capo in direzione del calderone ancora ai suoi piedi prima di ritornare a fissare quella donna che ora, dopo aver letto nel cartellino, aveva appreso chiamarsi Ariel.
Infine un ultimo pensiero, un desiderio irrealizzabile, una pura e semplice utopia, almeno per il momento...


«Magari potrei fotografare il castello di Hogwarts e quello che vi succede!»



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view post Posted on 3/7/2022, 15:24
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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Ariel A. Vinstav
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Ariel studiò Edmund in silenzio con la stessa cura con cui il giovane analizzava il suo identificativo in cartoncino. Non poté evitare di lasciarsi sfuggire un sorriso, carico di una soddisfazione che sarebbe stato corretto interpretare come sinonimo di vanto, o persino compiacimento.
Come biasimarla, del resto? Aveva lavorato duramente per arrivare dov'era ora e sebbene ci fossero ancora molte cose del suo lavoro che la mettevano in difficoltà, vedere la sorpresa (o persino ammirazione, in quel caso?) nel volto delle altre persone era estremamente appagante.
La preoccupazione che l'aveva mossa prima di parlare con Edmund stava venendo schiacciata da un misto di tenerezza e contentezza.
Ariel Vinstav era "la stramba", un titolo che per sopravvivenza aveva imparato a indossare come un badge d'onore, ma che all'atto pratico era solo la conferma di una paura primordiale di rimanere soli e esclusi dal resto del mondo. La società del successo, però, voleva il giornalista e l'autore in una categoria di prestigio. Le bastava nominare la Gazzetta del Profeta perché il mago britannico medio cambiasse totalmente approccio nei suoi confronti: la testata più importante del paese aveva dato credito a quella ragazzina francese, quindi perché non farlo anche noi?
Qualcuno l'avrebbe considerata subdola nello scoprire come usasse la sua carriera per compiacersi dello sbalordimento altrui, ma era una malizia senza secondi fini se non quello di dimostrare di essere molto di più delle convinzioni e gli stereotipi della gente.
Anche quello studente era nella fila di chi poteva decidere di giudicarla dalla prima impressione e in cuor suo, nonostante l'evidente gap d'età, Ariel aveva la necessità di sentire di dover fare una bella figura anche con lui.
A sostegno di ciò, una volta aiutato Edmund a tornare in piedi, sfoggiò il sorriso più grande e compiaciuto a sua disposizione.
Si puntò il petto con il pollice della mano sinistra
«Sto benissimo, ovviamente! Sono grande e grossissima, una roccia!» Eccola, era subito partita in quarta, ingrossando ogni cosa a sua disposizione: la voce, le iperboli da mezza cartuccia e la necessità di pavoneggiarsi per quei due secondi di gloria.
Il fiume di domande venne accolto da un gran sorriso. Annuì alla prima domanda, ma alla seconda si ritrovò col digrignare i denti
«Eeh... il Ministro della Magia direi proprio di no, ragazzo. Sono alla Gazzetta da troppi pochi anni per poter aver avuto la possibilità di incontrarla nel pieno della sua attività politica.» Camille Pompadour era un'incognita accattivante per molti giornalisti, ma ad allora nessuno era riuscito a indagare abbastanza da poter superare l'intelligence del Ministero: non era ben chiaro che fine avesse fatto, una volta lasciata anni prima la gestione del suo ufficio al Vice-Ministro -- le voci di corridoio in merito alla sua "fuga tattica" dalle critiche dei media suggerivano avesse deciso di ritirarsi dalla vita politica in silenzio e aspettare che la burocrazia facesse il suo corso. «Però sì, conosco il Preside Peverell.» Il sorriso si affievolì, seppur leggermente. «E' ... un uomo dai numerosi talenti, indubbiamente. Non mi stupirei se fosse abile anche nel duello, ma posso confermare solo che è un uomo di grande cultura e carisma.» Improvvisamente si ritrovava a cercare di dare risposte di circostanza.
Del resto come poteva affrontare diversamente l'argomento Peverell con un ragazzo così giovane?
"No guarda, ho fatto un articolo diffamatorio su di lui per delle scommesse durante un torneo ad Hogwarts e gli hanno riempito l'ufficio di Strillettere, siamo sicuramente super best friend. Ugh."
Quindi eccola lì a fare sorrisi di circostanza e balzare alla prima occasione per cambiare argomento.
«Oh! Eccome se la uso! Ne ho più di una in realtà, alcune non magiche.» Si chinò leggermente in avanti, poggiando la mano destra contro le intercapedini di uno scaffale. «Ti dirò un segreto.» Abbassò la voce quanto bastasse per rendere scenico lo scambio: era in realtà perfettamente udibile da chiunque passasse vicino a loro all'interno della corsia del negozio. «Da piccola non volevo nemmeno fare il giornalista o il fotografo! Un giorno in Accademia mi hanno semplicemente proposto di scrivere qualcosa da allegare alle mie foto e bam! Accio nuovi orizzonti.»
Strinse gli occhi e le labbra, studiando con un cipiglio pensoso il ragazzo.
«Mm.» Prese tempo -- solo per la suspense -- allisciandosi il mento, gesticolando come se avesse una lunga barba. «Facciamo così: la Gazzetta del Profeta tiene sempre d'occhio giovani talenti; prova a vedere se accettano un tuo articolo alla piccola rubrica che tengono a castello, "L'Eco di Hogwarts", se entri e mi dimostri via gufo che stai andando bene a scuola, ti do una mano con la fotografia. Che ne pensi?» Era quasi buffo vedere una persona così sui generis come lei, spesso additata come una ragazzina infantile per i suoi modi disinibiti, intenta a parlare di lavoro con un undicenne dando peso a cose come "il rendimento scolastico"; almeno così si poteva dire che nonostante l'apparenza, fosse un adulto sul serio. «Del resto so che ad Hogwarts date molta importanza alla competizione con questo metodo delle Case e i Punti, no? Immaginalo come il mio modo di premiare lo sforzo.»
Assieme all'accento francese quell'affermazione coronava la conferma di stare parlando con qualcuno non del luogo. "So che ad Hogwarts date importanza a questa cosa" era sinonimo di "So che da queste parti le cose funzionano diversamente dalla mia", il che rendeva ancora più buffo immaginarla come un giornalista in carriera presso una delle testate più importanti del paese.
Allungò la mano sinistra verso Edmund.
«Ci stai?»


 
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Ariel, così si chiamava quella ragazza bionda, era davvero buffa. Aveva un modo di parlare piuttosto insolito e altrettanto si sarebbe potuto dire del suo gesticolare. Edmund, sebbene non la considerasse affatto pericolosa, suggestione dapprima solo inconscia avvalorata poi dalla vista di quel cartellino effigiato con il logo della celebre testata, mentre ascoltava le risposte della giornalista, non riusciva tuttavia a smettere di chiedersi come diavolo parlasse.

*Chissà se mi parla così perché sono un bambino e mi crede un babbeo o se lo fa con tutti... Che strana che è... Chissà da dove viene...*

Avrebbe voluto segnarsi quel nome che aveva visto; non era chiaramente un tipico nome britannico, dunque forse non era inglese e probabilmente quel suo modo di parlare era tipico del luogo di provenienza... Chissà... Ecco perché era così strana, forse al paese di Ariel sarebbe parso strano lui con quei comportamenti che era solito ritenere normali... Forse...
Su questo avrebbe potuto saperne di più però, un po' per timidezza, un po' per il timore di essere indiscreto si disse che non era il caso di aggiungere altre domande a quelle già fatte, e ascoltò tranquillo le parole che la donna gli stava dicendo; doveva piuttosto fissare il nome nella sua mente, quello sì poteva farlo. Ma se il nome era piuttosto orecchiabile, il cognome non era affatto facile da ricordare; capitava spesso Edmund, quand'era fuori con i genitori, vedesse qualcosa, leggesse un titolo di un libro, un nome di un personaggio, si ricordasse di dover fare qualche strano esperimento, e numerose altre cose simili; in tutte queste occasioni in cui c'era qualcosa da fissare, per evitare il ricordo svanisse, era solito appuntarlo nel pezzetto di pergamena che, consigliato dal suo maestro, il prof. Wright, sempre teneva in tasca; ebbene, anche quell'azione, possibile soluzione al problema mnemonico, era fuori dalla gamma delle sue possibilità: il gesto di estrarre il foglietto per scrivervi il nome della donna non era di certo un gesto educato e galante, dunque bandito. Edmund si sforzò quindi di ricordare quell'aspro cognome fintanto che non avesse potuto scriverlo.
Apprese che la donna non aveva mai conosciuto di persona il Ministro, che a quanto pare era sparito, almeno così gli sembrò di capire, mentre conobbe il preside Peverell, descritto da Ariel con parole lusinghiere e cariche di apprezzamento. Se il binario col Ministro era un binario morto, questo secondo, che nasceva proprio da quella conoscenza che la giornalista poteva aver avuto del preside, offriva a Edmund un sentiero da percorrere per assecondare la sua indomita curiosità.


«Oh davvero! Io non vedo l'ora di incontrarlo, mio padre dice che sa a memoria tutto il libro di Storia della Magia e che lo sa dire anche al contrario. Non so se è vero, ma se riesco mi piacerebbe chiederglielo quando lo incontrerò! Così gli posso chiedere anche quanto forte è nei duelli!»

Edmund stava per concludere ma improvvisamente si arrestò e si guardò intorno temendo qualcuno potesse sentirlo, la madre infatti avrebbe potuto essere non distante da lui, come il commesso. Constatato la via era libera, proseguì

«Mi ha detto anche che ha la barba che puzza sempre di sudore e di formaggio, però secondo me non è vero, lo dice perché è invidioso che è più bravo di lui, te che l'hai incontrato sai se è vero? Hai sentito l'odore della sua barba?»

Edmund sarebbe andato avanti con un'altra cinquantina di domande ma si zittì quando la ragazza iniziò a parlargli delle macchine fotografiche, quelle scatolette in grado di immortalare attimi e catturare immagini erano state infatti il punto di partenza di quell'insolita conversazione. L'undicenne ascoltò con attenzione, gli piaceva conoscere le storie che si celavano dietro le vite delle persone, e quella era una di queste. Gli occhi non si scollavano dal viso della ragazza e, per dare l'impressione di essere attento, si abbassò anche lui cercando di imitare l'abbassamento di voce della donna, e quando terminò la frase chiosò anche lui con la medesima espressione. Annuì convinto asserendo

«Eh già, bam! Accio nuovi orizzonti! »

Se fino a quel momento si poteva dire la conversazione stesse andando abbastanza bene, le parole che seguirono furono come un cumulonembo grigio scuro che improvvisamente oscura il Sole, facendo sprofondare il pieno giorno nella tenebra. La nuvola fu completamente davanti all'astro quando la donna ultimò la domanda.

«Facciamo così: la Gazzetta del Profeta tiene sempre d'occhio giovani talenti; prova a vedere se accettano un tuo articolo alla piccola rubrica che tengono a castello, "L'Eco di Hogwarts", se entri e mi dimostri via gufo che stai andando bene a scuola, ti do una mano con la fotografia. Che ne pensi? »

La domanda originò una violentissima vampata di calore nel ragazzo che lo investì in pieno tingendo di rosso scuro gote e orecchie. Non era il rendimento scolastico il suo problema, quello non era mai stato un problema. Ma il solo pensiero di vedere il proprio nome scritto su un giornale gli dava un senso di panico. Cosa avrebbero detto di lui? E se avessero riso di ciò che scriveva? E se si fosse sbagliato e avesse scritto qualcosa di falso? E se avesse confuso il present perfect con il past continuous che figura ci avrebbe fatto? Ogni volta che diceva qualcosa, tutti sembravano sempre pensarla diversamente da lui, se l'avesse scritto sul giornale, tutti lo avrebbero sicuramente criticato, già lo facevano di persona non c'era bisogno di esporsi al ludibrio anche di quelli che non lo conoscevano.
No, la proposta della donna era decisamente fuori discussione, non faceva per lui tutto ciò, non se la sarebbe sentita di scrivere sul giornale della scuola. Gli dispiaceva deludere le aspettative della donna ma non se la sarebbe mai sentita di una cosa simile. Edmund avrebbe voluto guadagnare la porta e scappare. Quella domanda lo metteva così tanto in difficoltà, non avrebbe potuto far altro che rifiutare per liberarsi di quel nodo che gli si era formato in gola, eppure per rifiutare avrebbe dovuto qualcosa, e tutte quelle motivazioni sarebbero potute sembrare completamente ridicole. Non gli restava che improvvisare una scusa. Vide la mano della donna ma ritrasse la sua.


«Ehm mi piacerebbe molto sì, davvero, sei gentile a offrirmelo ma non posso proprio. Mio padre lavora al Ministero e spesso ha delle informazioni delicate e non vuole che si sappiano quindi mi ha proibito di scrivere articoli perché sai potrei tradirmi... Ti ringrazio, sei davvero gentile ma non posso entrare in questa rubrica che hai detto.»

Edmund abbassò lo sguardo mesto. Non voleva sembrare un fifone ma non se la sarebbe mai sentita di addentrarsi in un'avventura simile.

«Mi dispiace, scusa. Non è per la scuola, quella sono sempre andato bene ma non posso proprio fare questo accio nuovi orizzonti che hai fatto te! »

Ancora col viso basso si grattò in testa tra i ricci sempre scomposti. Gli dispiaceva deludere le aspettative della ragazza, e, era brutto da ammettere, gli dispiaceva moltissimo anche lasciarsi sfuggire quell'occasione per imparare a usare la macchina fotografica magica. Ma del resto cosa avrebbe potuto fare? Si ricordò però di un dettaglio. Non seppe perché gli venne in mente proprio in quel momento ma si ricordò che una cosa che preoccupava i genitori, il fatto che nessun adulto ad eccezione degli insegnanti, quindi nemmeno loro, avrebbe potuto recarsi ad Hogwarts se non in occasioni molto particolari. Alla luce di questo, realizzò che forse gli restava un'unica possibilità, e provò a giocarsela.

«Se vuoi... Posso però fare altre cose... Sai, tante persone mi dicono un sacco di cose perché sono un bambino e non hanno paura di parlare... E io sono bravo ad ascoltare e a fare domande.»



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Ariel A. Vinstav
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«Oh davvero! Io non vedo l'ora di incontrarlo, mio padre dice che sa a memoria tutto il libro di Storia della Magia e che lo sa dire anche al contrario. Non so se è vero, ma se riesco mi piacerebbe chiederglielo quando lo incontrerò! Così gli posso chiedere anche quanto forte è nei duelli!»
Strinse le labbra, trattenendo una risata.
Non si sarebbe nemmeno dovuta sorprendere dell’idealizzazione che un undicenne poteva avere per una figura di importanza come quella di Peverell.
Era ovvio che avrebbe tenuto per sé le sue osservazioni più critiche: non era lì per fare propaganda politica o una critica sull’amministrazione di Hogwarts.
«Non so dirti con i duelli, o se sa tutto tutto a memoria, ma se vai al Ghirigoro vedrai un’intera sezione di libri tutti scritti da lui!»
Che Ignotus fosse uno storico con la “s” maiuscola era almeno qualcosa su cui poteva concordare.
«Mi ha detto anche che ha la barba che puzza sempre di sudore e di formaggio, però secondo me non è vero, lo dice perché è invidioso che è più bravo di lui, te che l'hai incontrato sai se è vero? Hai sentito l'odore della sua barba?»
Portò il dorso della mano libera contro la bocca.
«Snort.»
Un rumore nasale accompagnò una risata fragorosa. Qualcuno di passaggio nel corridoio di pozionistica le scoccò un’occhiata torva.
«Ignotus Parmigiano Peverell.» Strinse gli occhi grandi, passando le dita contro gli angoli come per spazzare via una lacrima.
«Ahahah, non credo e non ricordo proprio puzzasse, ma grazie per l’immagine.»
“Devo troppo dirlo a Jolene. E’ il pettegolezzo sul Preside più bello che abbia sentito.”
Se la immaginava già la lettera all’Infermiera: “Jolie, tesoro, lo sai che c’è chi accusa il tuo datore di lavoro di puzzare di quattro formaggi?”

Proprio perché distratta dall’immagine comica del preside-al-formaggio, non si accorse subito di aver innescato una reazione di disagio e imbarazzo nel ragazzo, una volta fatta la sua proposta.
«Ehm mi piacerebbe molto sì, davvero, sei gentile a offrirmelo ma non posso proprio. Mio padre lavora al Ministero e spesso ha delle informazioni delicate e non vuole che si sappiano quindi mi ha proibito di scrivere articoli perché sai potrei tradirmi... ti ringrazio, sei davvero gentile ma non posso entrare in questa rubrica che hai detto.»
«Oh, caro. Non ti preoccupare! Non volevo metterti a disagio e sono sicura che … beh sì, sono sicura che non ti verranno chiesti segreti di stato.» Nell’affermare ciò si ritrovò a trattenere una nuova risata.
Trovava poco probabile Edmund avrebbe potuto avere chissà che informazioni preziose a sua disposizione vista la sua giovane età, né poteva immaginare un redattore avrebbe potuto chiedere qualcosa del genere al ragazzo. «L’Eco di Hogwarts si parla di cronache interne al castello: una finestra limitata alla vita degli studenti per chi, come noi, non può essere con voi. Pettegolezzi, nuove iniziative extracurriculari e così via…»
Insomma niente di grande peso come Edmund poteva aver inteso inizialmente, ma cose che alla fine della giornata erano fatte a misura di studente.
«E come saprai, non potendo accedere facilmente al Castello, è anche difficile avere chi scatta foto del suo interno.»
Vedendo il ragazzo chinare il capo, svilito dalla sua incapacità di accettare la sua proposta, avvicinò di istinto la mano sinistra verso di lui.
Avrebbe provato a scompigliargli i ricci e poi dargli una leggera pacca sulla spalla.
«Vedi? Hai già la curiosità e la capacità di ascolto di un giornalista! Chissà, chissà! Tu riflettici.»
Ad insistere era brava, tanto quanto a prendersi confidenze.


 
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La ragazza rise sonoramente quando Edmund le riportò quella diceria udita dal padre riguardo all'odore della barba del preside. Evidentemente doveva essere la prima volta che la sentiva, e lui, sciocco, avrebbe dovuto immaginarselo che quella era stata un'invenzione di quell'invidioso di suo padre senza alcun fondo di verità. Edmund si vergognò di una domanda così spudorata, però la giornalista, sorprendentemente, non lo rimproverò affatto per quello che disse anzi! Sebbene quella strega famosa avesse addirittura incontrato il preside Peverell, e constatato in prima persona, come poi aggiunse anche a parole, che non le sembrava la barba del preside puzzasse, lo stesso lo "ringraziò dell'immagine". Questo era un fatto curioso; se avesse potuto se lo sarebbe annotato nel pezzetto di pergamena che Edmund era solito portare con sé, ma in quel momento tutto ciò avrebbe eccessivamente dato nell'occhio e così si limitò a fissarlo nella mente.

*Chissà perché la fa contenta pensare alla barba del preside... Questo è un po' strano...*

Edmund non aveva ancora perfettamente le idee chiare su quell'insolito incontro; troppe erano le domande che naturalmente si poneva su chi si trovava di fronte perché quelle avessero potuto trovare risposta dopo pochi scambi di battute; gli succedeva spesso quando era con sua madre o con suo padre di incontrare gente altrettanto strana, ma generalmente gli bastava aspettare che colui o colei si voltasse e strattonare il mantello del genitore più vicino per avere maggiori dettagli sull'identità del nuovo incontro. Ma in quell'occasione quel piano non aveva margini di applicazione e così doveva contare unicamente sul suo fiuto e sulle sue capacità deduttive.
Non senza qualche tormento interiore, Edmund aveva infine deciso di fidarsi; certamente Ariel aveva dei modi di fare e di parlare completamente fuori dal comune, tuttavia l'undicenne si era convinto a darle credito. Un peso determinante in questo lo avevano avuto, oltre all'inconscia sensazione di potersi fidare, la vista del cartellino con il simbolo della Gazzetta, la grande scioltezza con cui l'aveva vista armeggiare con la macchina fotografica, ma soprattutto la sua capacità di stimolare la curiosità del futuro studente di Hogwarts.
Uno dei più grandi difetti di Edmund era la sua esagerata curiosità e così, la promessa di Ariel di insegnargli ad usarla, era stato il colpo di grazia ad ogni perplessità: di fronte a qualche nuova informazione da apprendere i criteri di valutazione di rischi e pericoli cambiavano, e considerevolmente.
Ora però le cose si complicavano, e non poco. La giornalista giustamente si era offerta di insegnargli ad usare la macchina fotografica, ma gli aveva altresì chiesto in cambio di dimostrare il proprio valore, con il profitto scolastico, ma anche entrando nella compagine dell'eco di Hogwarts, il giornalino scolastico. Effettivamente era più che logico che un giornalista fosse disposto a insegnare qualcosa solo a un proprio simile e lui non era ancora un suo simile, forse lo sarebbe divenuto entrando a far parte del giornale.
Ma la sola idea di vedere il suo nome scritto sotto un articolo che avrebbero letto più di 5 persone gli metteva un'ansia indescrivibile, tale da indurlo a rigettare quell'idea quanto più lontano da sé.
Aveva provato in un primo momento ad addurre delle scuse, ma era sicuro che non avrebbero potuto reggere a lungo; era consapevole di essersi arrampicato sugli specchi, con motivazioni bislacche che non avrebbero potuto fare molta presa, ed era altrettanto certo che la strega sarebbe riuscita a smontarne ogni forza argomentativa. Non restava quindi che trovare una
"exit strategy".

Edmund attese la donna finisse di parlare ma una frase specialmente gli rimase in mente, non tanto l'invito a ripensarci, quanto piuttosto la frase immediatamente precedente:

"E come saprai, non potendo accedere facilmente al Castello, è anche difficile avere chi scatta foto del suo interno"

Effettivamente era vero, a nessuno oltre agli studenti era consentito l'accesso ad Hogwarts; perché quindi non approfittare di quell'elemento di vantaggio...? La strega voleva lui gli dimostrasse di essere all'altezza delle informazioni, ma perché non rilanciare e proporre addirittura qualcosa i cambio?

Divincolandosi come meglio poté dai tentacoli della giornalista rialzò lo sguardo e le sorrise con quel suo tipico sorriso un po' infarinato di furbizia e compiacimento.


«Ma quindi tu puoi venire a Hogwarts solo in casi speciali giusto...?»

disse, ben consapevole della risposta affermativa a quella domanda.

«E... e se invece di fare "accio nuovi orizzonti" ti dico tutte le cose strane che succedono a Hogwarts mi insegni lo stesso? Potrei dirti cose che nessuno può sapere tranne noi studenti, se ti do delle belle notizie poi mi insegni a usare a quella?»

concluse abbassando leggermente l'inclinazione del viso, pur mantenendo gli occhi puntati sulla giornalista della Gazzetta.

«così tu potresti avere qualcosa in cambio e io... beh io sarei tranquillo per quella storia di mio padre...»

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view post Posted on 24/10/2022, 16:28
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"Gran Sacerdote del Tempio della Pizza"

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Ariel A. Vinstav
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«Ma quindi tu puoi venire a Hogwarts solo in casi speciali giusto...?»
Annuì, mantenendo il sorriso soddisfatto sul volto. Dal suo punto di vista le stava sembrando di stare seminando il seme della curiosità nel ragazzo, inconsapevole di come d’altra parte il futuro Corvonero stesse a sua volta cercando di approfittare della sua posizione.

Se da una parte c’era il guadagno di un ricavo di informazioni, Ariel vedeva nella possibilità di rieducare i giovani al giornalismo una grande missione accademica e sociale. Il suo lavoro, per lei, era alla pari di una corrente filosofica: il giornalista sulla carta era un comunicatore che approcciava il popolo con una storia e induceva il lettore a riflettere su principi etici precisi e far nascere domande, risposte e scopi di rinnovo.
Incentivare la curiosità di comprendere, sapere, condividere e informare era per lei alla base della cura di tutto ciò che nella Società l’aveva sempre spaventata, ferita o fatta arrabbiare. L’ignoranza e la chiusura altrui, del resto, l’avevano resa il complesso reticolato di problemi, frustrazioni e paure che era adesso a ventiquattro anni.
Edmund era con i suoi coetanei la visione di insieme di un futuro migliore, fatto di maghi più aperti.
Se il Corvonero vedeva davanti a lui una risorsa di conoscenza da cui attingere, la Giornalista un target che sperava di poter ispirare a dei valori genuini.
«Vedi ragazzo, il punto è che questa non è una transazione bancaria e io non sono un Folletto. Non sono qui per insegnarti le basi del debito e del riscatto. Mi piacerebbe tenessi d’occhio le pagine del Giornale scritte dai tuoi compagni di scuola, tutto qua. Non voglio ricavare qualcosa, mh? Solo …» Titubò nel cercare la parola migliore.
Sfarfallò le ciglia chiare degli occhi grandi e poi annuì, soddisfatta del pensiero appena nato. «Condividere le gioie della fotografia e dell’onesta comunicazione! Ecco! E tu hai già occhio per ciò che interesserebbe al nostro giornale, perché non approfittarne e renderla un’attività extracurriculare? Un’attività di formazione individuale? La Scuola ripagherebbe i tuoi sforzi anche i punti per il vostro torneo di clessidrine colorate tra dormitori.»
Se non fosse già evidente dal suo accento e i suoi commenti distaccati da Hogwarts, Ariel non aveva studiato nella celebre accademia britannica e quindi di conseguenza il concetto di Case e la competizione fra queste erano dal suo punto di vista una scelta educativa buffa e “tutta inglese”.
«Io ho solo lanciato l’idea. Per quanto riguarda la fotografia: non bruciamo le tappe, mh? Lo studio viene prima giovanotto! O tua madre non si sarebbe fatta problemi a comprarti una di queste, no? Dimostrami che sai impegnarti e che la fotografia non rovinerebbe la tua pagella e ne riparliamo.»
Era vero che era un decennio e poco più grande di Edmund, ma poteva comunque essere buffo da un punto di vista esterno a loro due sentire una persona così giovanile e bizzarra parlare ad un undicenne in quel modo; sembrava voler suonare alla stregua di una vecchia zia saggia, pronta a rimproverare le nuove generazioni.
«Se hai un pezzo di pergamena puoi segnarti l’indirizzo di posta della Redazione a cui in caso scrivermi, MA riflettici, parla con i tuoi genitori e i tuoi amici se serve! Vivila con più leggerezza, figliolo, su!»
Mancava solo cominciasse a grattarsi una barba invisibile e corresse a guardare cantieri e poi la sua figura da vecchietta sarebbe stata resa alla perfezione, a furia di chiamarlo “Figliolo” e “ragazzo”.


 
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view post Posted on 4/12/2022, 12:55
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Edmund Artemis Knight
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Alle ultime parole della ragazza, Edmund prontamente estrasse un foglio di pergamena che, come era sua abitudine, teneva in tasca, e glielo porse, ancora pensieroso.

«Tieni se vuoi puoi scrivermelo qui, se ci ripenso ti scrivo. Ma in questo posto ci sei solo te o devo scrivere qualcosa nella busta?»

Il ragazzino iniziava a comprendere ciò che la ragazza voleva dirgli, ma sapeva anche quanto l'idea di vedere il suo nome comparire su un giornale gli facesse salire il senso di panico, sebbene una cosa del genere non l'avrebbe ammessa, per nessun motivo al mondo, men che meno davanti a una semisconosciuta. A dir la verità, in un primo momento non riuscì davvero a capire come la ragazza potesse preferire che un ragazzino imberbe scrivesse sul più prestigioso giornale magico britannico alle preziose informazioni che da quest'ultimo avrebbe potuto ottenere; lui fosse stato al suo posto non avrebbe avuto motivi di esitazione, avrebbe accettato quelle informazioni senza dubbio alcuno, sfruttando occhi e orecchie con accesso a quelle aree ad altri interdette. Forse lei non si rendeva conto quanto era frustrante essere spesso esclusi da dialoghi e conversazioni perché "cose da grandi", forse non si rendeva conto che l'accesso alle informazioni riservate è tutto sommato una forma di potere. Tuttavia, che quella ragazza fosse strana era fuori discussione, e questa insolita preferenza altro non fece che avvalorare quella tesi. Il ragazzino deglutì quindi cercando di allontanare da sé quel pensiero. Per il momento almeno.

Per fortuna l'altra richiesta della ragazza era molto più ragionevole; Edmund non sapeva bene come funzionasse questa cosa della pagella, aveva sempre studiato solo con il suo precettore privato, il professor Wright, unico allievo insieme al fratello Philippe. Ma se il fratello minore era recalcitrante allo studio e alla disciplina, per lui l'apprendimento non era mai stato un problema, aveva sempre dimostrato notevole acume e perspicacia, insolito per la sua età, oltre che una curiosità smisurata che lo teneva ancorato ai libri fino a orari improbabili, ovviamente fino quando non avesse appreso quanto desiderava apprendere: né più, né meno. Il professor Wright per questo lo aveva sempre lodato come "il suo migliore allievo mai avuto", anche se per Edmund l'affermazione era ovvia visto che non aveva altri allievi che lui e quel somaro sottodotato del fratello; a volte anche le persone intelligenti come il professor Wright si lasciano intenerire dall'età, "poveretti", non mancava di dirsi Edmund tra sé e sé.
Per il giovane Knight non era dunque motivo di preoccupazione alcuno il rendimento scolastico, per lui sapere le cose non era un compito per accontentare qualcuno, men che meno per raggiungere un determinato punteggio, ma semplice appagamento della propria curiosità; se poi i futuri insegnanti avessero constatato l'avvenuto apprendimento con voti positivi, non avrebbero fatto altro che il proprio dovere, se fossero stati addirittura contenti di questo, tanto meglio visto che i genitori, al contrario, sembravano preferirlo stupido e incolto, visto che gli tenevano nascoste un sacco di cose, di informazioni e di libri. Per fortuna non era così sciocco come credevano, e di queste informazioni a lui celate ne aveva appurato l'esistenza, come pure il luogo in cui dimoravano, così almeno un domani, quando finalmente gli sarà stato concesso disporre della magia, potrà cercare, e sicuramente trovare, un modo per accedervi. Se Ariel voleva quindi accertarsi del suo rendimento positivo, Edmund non si sarebbe opposto! Ma poi, apprendere qualcosa di nuovo avrebbe sicuramente aumentato il suo bagaglio culturale, e quindi il suo rendimento scolastico, chissà perché quella ragazza pensava che avrebbe potuto peggiorarlo.
Era strana, sicuramente lo pensava perché era strana.


«Mia mamma, beh quella non capisce niente, capisce solo di pentoloni e mischiaggi di ingredienti! Pensa che non sa neanche che differenza c'è tra una passacaglia e una ciaccona anche se gliel'ho spiegato centocinquantasette volte! Quella lì non saprà neanche che esiste questa cosa che hai tu!»

riprese in risposta alle parole della giornalista, certo che almeno così avrebbe potuto capire la situazione in cui versava il povero undicenne.
Ora che ci pensava, cominciava però ad assalirlo un dubbio. Prendere ottimi voti significava contribuire con punti alla propria casa, e se Ariel era appartenuta a una casa a lui ostile, si sarebbe detta ancora disposta ad aiutarlo? O lo avrebbe invece ostacolato?
Fortunatamente non era ancora stato smistato, non aveva quindi alcun peccato originale, posizione di indiscusso vantaggio. Posizione che tuttavia sarebbe perdurata ancora per poco. Quel dubbio dunque andava chiarito il prima possibile, prima che la casa costituisse un ostacolo, vero o presunto.


«Maaa, tu di che casa fai parte? Fai ancora il tifo per la tua casa?»

chiese sforzandosi di mantenere un tono disinteressato, uscendo dal suo consueto restio a chiedere alcunché.

«Io non sono ancora stato smistato.»

aggiunse infine, per una volta fiero di questa carenza, sfoggiando un sorriso fiero e soddisfatto, come avesse appena detto che lui ancora non aveva mai preso nessun voto sotto l'O.
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