In(s)contro di luci e ombre

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view post Posted on 21/5/2022, 17:15
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Edmund Artemis Knight
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*Classi di scambio, classi di scambio, classi di scambio...*

Era dal mattino che quelle parole gli tornavano in mente con insistenza, apparentemente senza ragione.
La professoressa McLinder ne aveva accennato, en passant, nella sua spiegazione sull'incantesimo Feraverto, ma non era stato tanto il pronunciare quelle parole a innescare la curiosità sfrenata dell'undicenne corvonero, quanto piuttosto l'aggiungervi poco dopo che di ciò non si sarebbero dovuti preoccupare affatto, essendo quello un argomento più avanzato che si affronta almeno al terzo anno.

Fu questa la scintilla che era stata lasciata cadere sul lago della curiosità di Edmund, essenza così altamente infiammabile in quei primi mesi di scuola, quando tutto era nuovo e tutto motivo di enorme e smisurato interesse.
Quel mercoledì aveva finito con discreto anticipo le due pergamene per la lezione di Storia della Magia dell'indomani, e mentre percorreva, in quella che pareva una rituale processione, le scaffalature della biblioteca per riporre i tomi che aveva usato, gli tornarono in mente quelle parole che nel corso della giornata in fondo non lo avevano mai abbandonato, parole che intramezzavano i suoi pensieri, scandendone i passi e misurandone il tempo.


*Classi di scambio, classi di scambio...*

Giunto quasi al termine del suo canonico giro, la litania si interruppe non appena vide alcuni volumi di incantesimi e in uno di essi lesse di sfuggita quella stessa parola che la mente stava silenziosamente pronunciando. L'incontro tra questi due elementi, inconsapevoli reagenti di una potente reazione chimica, fece cadere la prima tessera di molte già ben allineate, dando inizio a questo sui generis effetto domino. Le iridi azzurre di Edmund brillarono e lo sguardo si rialzò rapidamente per leggere meglio quel titolo che aveva solo intravisto distrattamente e frettolosamente mentre gli occhi scivolavano da una copertina all'altra.

"Ma certo, potrei..."

In rapida successione, Edmund realizzò che era nel posto perfetto, con libri su ogni argomento, constatò che avrebbe potuto effettivamente dedicare il tempo rimastogli a cercare informazioni su quell'argomento che lo assillava, passò l'ultimo libro che aveva in mano dalla sinistra alla destra rimasta libera, ruotò leggermente il polso sinistro per controllare l'ora, calcolò che essendo da poco passate le 17 aveva tutto il tempo per dedicarsi a quella ricerca fuori programma (ma in modo da non consumare tutto il tempo rimastogli prima di cena visto che doveva leggere anche l'altro libro che lo attendeva in dormitorio); decise dunque che quello era il momento di cui approfittare, si sarebbe messo a cercare di capire autonomamente cosa fossero queste benedette classi di scambio e lo avrebbe fatto in quello che si può definire il suo attuale "qui ed ora".

L'uniforme con lo stemma di Corvonero svolazzava rapidamente tra gli scaffali mentre Edmund riponeva prima il libro rimastogli tra le mani, e racimolava poi ogni testo gli sembrasse anche solo vagamente utile alla ricerca designata a missione principe di quel pomeriggio invernale.
Dopo pochi minuti era finalmente seduto in fondo alla sala vicino alla finestra che dava sul giardino permettendo allo sguardo di navigare fino a intravedere il limitare della foresta, affiancato da una pila di libri accatastati alla sua sinistra alta sicuramente più di un terzo della sua altezza. Alcuni molto voluminosi, altri meno, Edmund aveva in pratica requisito dagli scaffali ogni libro gli fosse sembrato, anche solo marginalmente, trattare l'argomento oggetto del suo interesse.

Il sole invernale era già sceso sotto la linea dell'orizzonte e il cielo aveva ormai perso il suo chiarore, striato soltanto da qualche sfumatura rossastra, residuo di quel tramonto che, incendiato il cielo pomeridiano, stava per essere spento dal soffio implacabile della sera. Le candele nella biblioteca erano già accese gettando luci e ombre sui suoi abitanti, illuminando perfettamente il libro e la pergamena che Edmund tenne davanti a sé ma gettando un'ombra lunga sul tavolo, frutto di quella pila che troneggiava alla sinistra del giovane, ombra che oscillava leggermente a causa di quei sottilissimi spifferi che facevano dolcemente ondeggiare le fiammelle del lampadario.



*Il segreto nel potere degli incantesimi, mmmh sembra interessante, vediamo se mi dici il segreto di queste benedette classi, magari le potrei usare...
Sì perché no... Potrei...*

Il libro che stava aperto di fronte al piccolo primogenito della famiglia Knight era "Il segreto nel potere degli incantesimi", di Augustus Forger, e Edmund ne sfogliava le pagine mentre gli occhi correvano da sinistra a destra alla ricerca di informazioni. Udì in lontananza lo schiamazzare di alcuni suoi compagni di corso immediatamente ripresi dalla Bibliotecaria; in altri contesti avrebbe pronunciato qualche commento tagliente su di essi, ma in quel mentre non li sentì, concentrato com'era nella lettura, così come non sentì i passi nervosi di uno studente un po' più grande di lui che si aggirava due scaffali più in là, proprio dove poco prima Edmund aveva attinto a piene mani.

Continuava nella lettura, inebriato dall'odore di pergamena antica e coinvolto dai caratteri stampati su di essa; era comodamente seduto su uno dei tavoli a disposizione degli studenti, il braccio sinistro a sorreggere il mento di poco inclinato sul libro, il destro steso in avanti con la piuma tra le dita, fatta oscillare ritmicamente tra indice e medio, tra medio e anulare, tra anulare e indice. Si accorse della presenza del ragazzo solo quando questo passandovi a breve distanza proiettò delle ombre sul tavolo davanti a sé, distraendolo.

Da un lato, per coprire la fonte di distrazione, dall'altro per celarsi alla vista altrui, Edmund spostò lentamente la pila di libri davanti a sé, in modo che lo coprisse, o perlomeno che lo sottraesse alla vista diretta dello studente dall'altro lato del tavolo.
Si rimise quindi a leggere, prendendo qualche appunto se necessario, mentre il piede sinistro di tanto in tanto rintoccava il finire delle frasi con un silenziosissimo movimento ritmico che terminava con un colpo percussivo sul pavimento.


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‹ PS: 100 ‹ PC: 50 ‹ PM: 50 ‹ EXP: 1





OFF-GDR Il riferimento alla professoressa McLinder è stato concordato la stessa.


Edited by Edmund Knight - 21/5/2022, 23:55
 
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view post Posted on 26/5/2022, 13:02
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw
15 y.o. - Serpeverde
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Finalmente, un’altra giornata di lezioni era finita. Di solito, era entusiasta e grato di ogni giorno passato a scuola, perché poteva imparare cose nuove, ma era talmente indietro con i compiti che quel tarlo fisso nella propria mente continuava a distrarlo. Era un po’ un circolo vizioso: essere preoccupato per i compiti arretrati, andare a lezione per capire gli argomenti dei compiti, ma non riuscire a capire niente perché distratto dalle proprie ansie, quindi finiva col rimandare i compiti e di nuovo da capo. Ormai era così già da un po’, a causa del fatto che si era molto occupato del negozio, o meglio, si era buttato a capofitto nel lavoro, unica valvola di sfogo in quel periodo stressante.
Guardandosi indietro, non avrebbe mai pensato che avere a che fare con tipi loschi e poco raccomandabili o che parlare di mani essiccate e calici maledetti lo avrebbe reso… più… tranquillo?
Forse aveva problemi mentali ben più gravi di quelli che credeva di avere.
Con una smorfia sul viso, mentre il flusso dei propri pensieri lo teneva impegnato in maniera irritante, come al solito, raggiunse la biblioteca. Quello era l’unico luogo in tutta la scuola in cui si sentiva davvero a proprio agio, circondato dai libri e dall’odore delle pagine antiche, ma dopo anni ancora non era riuscito a passarci più di qualche minuto perché era sempre, perennemente, stracolmo di persone che bisbigliavano e andavano in quel luogo ameno col solo scopo di fingere di essere studenti modelli e intrattenere relazioni sociali.
La smorfia sul viso si accentuò.
Come sempre, avrebbe pregato la bibliotecaria di permettergli di portare via i libri, li avrebbe letti in camera sua e riportati il giorno dopo prima dell’inizio di un’altra lunga giornata di lezioni.
Certo, avrebbe aiutato la questione “preoccupazione per i compiti arretrati” se fosse andato lì per studiare… Invece, no. A meno che non gli servisse di fare una specifica ricerca, solitamente andava in biblioteca per (ri)leggere i suoi libri preferiti o i libri antichi di storia della magia che non avrebbe mai potuto permettersi di comprare.
Per quanto quel maledetto tarlo non ne voleva sapere di lasciarlo in pace e, di giorno in giorno, diventava sempre più fastidioso, comunque continuava a lamentarsene tra sé e sé senza fare nulla per porvi rimedio.
L’essere ansioso era sfiancante. Davvero.
Con un sospiro profondo, oltrepassò la soglia della biblioteca.
Come sempre, l’odore dei libri lo investì tranquillizzandolo all’istante; oltretutto, guardandosi intorno, poté subito constatare che non ci fosse poi così tanta gente, pur essendo pieno pomeriggio. Forse gli studenti quel giorno avevano avuto di meglio da fare.
La fortuna era dalla sua. Avrebbe anche potuto approfittarne e starsene lì, per una volta.
Attraversò un paio di scaffali e prese i soliti due tomi sulla storia della magia, uno specifico sulla storia di Hogwarts e l’altro, uno dei suoi preferiti, che trattava dello sviluppo delle arti magiche nel Basso Medioevo. Poi, si diresse spedito verso lo scaffale in cui sapeva di poter trovare un altro dei suoi preferiti: “Il segreto nel potere degli incantesimi”. Forse il titolo era un po’ fuorviante, faceva pensare a un libro che racchiudesse chissà quali nozioni sull’arte degli incantesimi, quando era per lo più una ricerca senza troppe conclusioni.
Quelle riletture ossessive erano una specie di “comfort food” per la sua mente.


È stato preso, Shaw.esordì la Bibliotecaria alle proprie spalle, notando lo sguardo assente di Draven che con immensa delusione stava fissando il posto vuoto sulla scaffale.
Il problema principale era dato dal fatto che Draven fosse sinceramente convinto di averne la priorità assoluta su chiunque altro perché erano i suoi libri preferiti.


Da chi?ribatté prontamente, voltandosi verso la donna, che senza troppe cerimonie gli indicò un Corvonero seduto vicino alla finestra. Quel ragazzino gli aveva anche rubato uno dei posti migliori?
Teneva una gran quantità di libri vicino a sé e, considerando gli sguardi insistenti che il Grifondoro al suo fianco continuava a lanciargli, non riuscì a dargli torto per aver creato quella specie di muraglia cinese.


Shaw, non farti venire strane idee. Non pensare nemmeno di poter creare dei casini qui dentro!sentì dire dalla Bibliotecaria, quando i propri piedi avevano già ripreso a muoversi. Prima che potesse rendersene conto, infatti, si era già allontanato da lei; il corpo aveva reagito d’istinto e si era avviato verso il Corvonero. Lo aveva raggiunto in pochissime falcate.
Un rapido sguardo al Grifondoro per intimorirlo il giusto, solo per spronarlo ad alzarsi da quel tavolo senza che ci fosse bisogno di dire qualcosa. Nonostante sul suo viso poté notare fastidio e confusione, il coetaneo capì al volo l’antifona: imbracciò tutti i suoi averi, lanciò un ultimo sguardo al Corvonero, poi a testa china si allontanò.
Draven lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava. A ogni passo, lo vide voltarsi a guardare il ragazzino e sul viso di Draven tornò la smorfia che contraddistingueva la maggior parte delle sue interazioni sociali.
Che diamine di problema aveva per fissare così insistentemente un ragazzino di undici anni? Era inquietante, cazzo.
Ma, sentendosi osservato, si voltò d’istinto e incrociò lo sguardo furente della Bibliotecaria. Forse aveva assistito a tutta la scena e non ne era affatto felice; già si era fatto una mezza idea di come non fosse particolarmente affezionata ai Serpeverde in generale, quindi se la stava rischiando grosso. Distese le labbra in un finto sorriso innocente, mostrando le fossette sulle guance che, come di consueto, gli addolcirono il viso, poi si affrettò a prendere posto davanti al Corvonero.


Hai finito con quel libro?disse freddamente, senza alcuna emozione nel tono di voce, appoggiandosi con il gomito sinistro al tavolo, così da appoggiare il viso, leggermente inclinato, sul pugno chiuso della mano.
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view post Posted on 27/5/2022, 12:59
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Edmund Artemis Knight
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*Aaaaah! Grazie al cielo questo si leva! Era ora!*

Edmund non poté che gioire; un silenzioso urlo di gioia gli scaturì dal profondo del cuore, quando udì un certo trambusto sul fronte opposto e vide il ragazzo, fino a un attimo prima seduto di fronte a lui, alzarsi dal tavolo. Lo vide racimolare in fretta e furia tutte le sue cose e ciò gli bastò a dedurre che questa non era la cinquantasettesima volta che andava in bagno ma che, grazie a Dio, stava per levare definitivamente le tende. Non era stato un gran compagno di studio, silenzioso quanto un Poltergeist ubriaco e capace di stare nella sua metà del tavolo quanto un occamy in una stanza vuota; era da parecchi minuti che il piccolo Corvonero sperava questi se ne andasse quando gli dei lo esaudirono, scoccò la fatidica ora ed egli spiccò il volo.

Edmund era dunque davvero sollevato della sua, definitiva, dipartita; tuttavia, aveva appena tirato un sospiro di sollievo quando vide una seconda figura materiallizarsi al suo posto e occupare il posto appena lasciato libero dall'altra parte del tavolo. Capì quindi di aver cantato vittoria troppo presto, quello non era stato il segnale della ritirata ma solo lo squillo del cambio della guardia.

*Speriamo questo sia meno peggio di quell'altro! Chissà quando imparerò gli incantesimi non verbali per fare stare zitti e fermi gli studenti!*

si disse tra sé e sé mentre ritornava alla lettura alla ricerca di queste benedette classi di scambio, per il momento ancora latitanti. Non ebbe tuttavia finito nemmeno un periodo da quando aveva ricominciato a leggere, che una voce gli giunse piatta e tagliente dalla riva opposta, sferzante come il vento invernale.

«Hai finito con quel libro?»

Il cuore cominciò a battergli all'impazzata nel petto; cosa succedeva ora? Perché qualcuno gli rivolgeva una domanda simile? Perché mai doveva aver già finito?
Edmund era abituato a cullarsi in quell'irenico universo parallelo in cui la mente lo illudeva di essere. La realtà è materia complessa, ricca di imprevisti e di dubbi, di ipotesi e di controipotesi; troppa attenzione prestata a questi aspetti contingenti può distogliere dagli obiettivi veri, farci sprecare tempo in inutili tormenti e in vane deviazioni dal percorso; tanto vale illudersi di essere in un mondo parallelo, in cui trova posto solo ciò cui vi attribuiamo importanza noi stessi, per dedicarsi esclusivamente a ciò che vogliamo senza tutte le inutili preoccupazioni per quel futuro che è ignoto per definizione e per il comportamento altrui, imprevedibile almeno quanto inspiegabile.
Nel mondo di Edmund molte cose trovavano posto, ma di certo vi erano molte meno persone di quelle che abitavano il pianeta; le interazioni con le persone, vuoi per quella timidezza a volte troppo invadente, vuoi per la difficoltà di trovare ragazzi sulla sua stessa lunghezza d'onda, non erano la sua specialità e per questo rimosse dall'orizzonte degli eventi. Nel mondo di Edmund c'erano al momento solo lui e la sua ricerca da portare a termine, gli altri personaggi erano comparse secondarie, immagine sfocata in secondo piano, figure da commentare nella sua testa ma senza la necessità di dovervi interagire, men che meno con la parola. Ecco che nella sua testa la realtà visibile era filtrata, questo e quello erano personaggi che vedeva muoversi nella scena, ma lui, regista del suo personale film non gli concedeva, se non strettamente necessario, l'uso della parola; già era faticoso concederlo ai compagni di casa o ad alcuni compagni, in questo caso non se ne ravvisava affatto la necessità; il ragazzo appena arrivato poteva benissimo leggersi il suo libro senza dire alcunché, non c'era la benché minima ragione perché gli rivolgesse la parola, egli dunque non ne prese minimamente in considerazione la possibilità: la domanda fu dunque fatto imprevisto.

La parola rivoltagli da uno sconosciuto, così come le domande fuori copione, erano allora motivo di agitazione fuori misura, un imprevisto da gestire con solerzia prima intralciassero oltre il suo cammino. Un ritorno alla realtà sensibile troppo brusco capace di accelerare a dismisura il battito cardiaco per lo spavanto. A maggior ragione in quel caso; quella domanda era solo fonte di preoccupazione, perché mai avrebbe dovuto già aver finito col libro, qualcuno voleva impossessarsene ostacolandolo nella sua missione non ancora portata a termine? Era necessario rispondesse o poteva rimanere in silenzio? Poteva andarsene su due piedi evitando così di dire alcunché? O era una domanda fatta solo per iniziare un dialogo? In quel caso avrebbe dovuto rispondere alle domande che questi gli avrebbe fatto e non sarebbe stato piacevole... altro problema! E perché quel ragazzo lo aveva interrotto così bruscamente nella sua lettura senza alcun convenevole o scusante come le buone maniere richiedevano? La domanda più importante infine: cosa avrebbe dovuto dire per essere lasciato stare?

C'era un'altra spiegazione plausibile a tutto ciò, e sperava francamente in quella per non dover perdere troppo tempo a capire come sistemare la faccenda. Forse il ragazzo appena arrivato era un suo amico ed Edmund non lo aveva notato (né salutato). Quello dunque avrebbe potuto essere un modo scherzoso per attirare la sua attenzione inducendolo a guardare dall'altra parte e salutarlo.

Sperando fosse così, Edmund si inclinò leggermente a sinistra accompagnando con la mano sotto al mento il movimento del viso fino a quando la visuale sul dirimpettaio fu libera da ogni intralcio. Si vide il viso di Edmund fare capolino al di là della colonna di libri ancora innalzata tra i due posti. L'undicenne coi colori di Priscilla Corvonero non vide però un coetaneo con la battuta facile quanto piuttosto un ragazzo di almeno 3/4 anni più grande di lui con un'espressione tutt'altro che spiritosa. Colse invece che si trattava di una richiesta, seppur sepolta in un'aura di non detto.
La piuma che poco prima ruotava tra le dita della mano destra si arrestò mentre le iridi chiare osservavano, con misto di timore e perplessità la scena. Inconsciamente però, scattarono nel primogenito dei Knight tutti gli allarmi possibili, tutto a questo punto lasciava pensare che quegli volesse il suo libro e questo non poté che provocargli un discreto senso di fastidio.

«No.»

La parola corse fuori dalle labbra prima che Edmund potesse trattenerla, un monosillabo talmente compresso sulla vocale tonica da risultare aguzzo come la punta di uno spillo, riflesso involontario di una domanda che nella sua formulazione non ammetteva altra risposta che quella e che pertanto doveva essere evasa prima che ogni opzione alternativa avesse il tempo e l'opportunità di prendere forma.
Dopo aver parlato, Edmund abbassò gli occhi sulla pagina stesa davanti a sé benché leggermente sfocata alla sua vista, un po' per l'imbarazzo, un po' pentendosi di essere stato a sua volta alquanto sgarbato.

*Cosa dovrei fare adesso? Maledizione, Merlino aiutami tu, fagli cadere uno scaffale addosso!*

La prima impressione alla vista del Serpeverde non era stata delle migliori, pareva uno non molto socievole, un tipo sulle sue, e aveva due libri con sé, elementi che deponevano tutti a suo favore, ma l'aria da arrogante cui tutto è dovuto e quel sorrisetto stampato sulle labbra, glielo rendevano tutt'altro che simpatico. Avrebbe voluto chiudere sonoramente il libro, raccogliere tutti i tomi ben disposti in colonna, e andarsene, ma questo era più un desiderio che una reale intenzione. Sebbene ribollisse di rabbia verso quello spocchioso indossatore di malcelati ghigni, le parole del padre gli risuonarono forti e chiare in testa.

"La maleducazione altrui non deve essere causa della nostra, Edmund. Ricordati che il tuo onore vale più di una manciata di snasi spelacchiati."


Edmund non aveva mai capito perché mai dovesse desiderare degli snasi spelacchiati, ma il senso della frase gli era sempre stato chiaro. Non poté dunque che ripensare con un vago senso di dispiacere a quella risposta troppo secca pronunciata con troppa fretta.
Il tipetto con il ghigno stampato in volto avrebbe potuto anche meritarsela ma infondo lui non voleva qualificarsi come sgarbato agli occhi dell'altro maghetto più grande.
In attimi interminabili, contò le pagine che lo separavano dalla fine del capitolo, si fermò e a più riprese controllò le lancette argentate che ruotavano sul quadrante blu notte sul suo polso sinistro. Quando fu pronto e certo delle parole, stavolta scelte con cura, con voce decisa ma sottile e chiara pronunciò quelle parole che a modo suo dovevano essere una scusa, una giustificazione del preambolo eccessivamente laconico di poco prima.

«Però sono abbastanza veloce nella lettura, per finire il capitolo mi mancano tra i 16 e i 24 minuti; poi, in teoria avrò finito.»

Alzò leggermente lo sguardo quel tanto che gli consentiva di incrociare quello dell'altro senza eccessivo sforzo. Le mani abbandonarono la posa precedente e si disposero parallelamente ai bordi sinistro e destro del libro, racchiudendolo come una cornice; ne tenevano ferme le pagine già di per sé immobili, ma implicitamente ne marcavano il territorio. Se le parole potevano essere fraintendibili il linguaggio del corpo lo era molto meno.
Una cosa era certa nella mente di Edmund:


*Potresti essere anche il figlio di Priscilla Corvonero, ma questo libro ce l'ho io e fin che non finisco non si muove da qui.*

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Si prega di non toccare!
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view post Posted on 1/6/2022, 11:40
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Draven Enrik Shaw
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Nel momento in cui aveva varcato, con coraggio, le soglie della Biblioteca, si era preparato psicologicamente all’idea di dover affrontare la calca di studenti in piena fase ormonale che andava lì solo per interagire con l’infatuazione della settimana o la Bibliotecaria che avrebbe presumibilmente storto il naso alla sua ennesima richiesta di portare via i libri; non aveva potuto immaginare che si sarebbe ritrovato a pregare - o minacciare, dipendeva dai punti di vista - un piccolo Corvonero dato che non gli era mai capitato, in tutti quegli anni, che qualcuno gli avesse rubato uno dei suoi libri. Nessuno mai leggeva i suoi libri!
Con uno sguardo più annoiato dall’attesa che dalla pura irritazione, grazie al fatto che il breve tragitto dagli scaffali al tavolo e l’intermezzo con il Grifondoro gli avevano placato parte del nervosismo, continuò a fissare con insistenza il ragazzino finché, di nuovo, lo sguardo della Bibliotecaria attirò la propria attenzione. Se lo sentiva addosso come un velo un po’ troppo ingombrante. Ma, preparato, finse di non notarlo e in un gesto che cercò di far apparire il più naturale possibile, posò i libri sul tavolo, forse con troppa foga, perché risuonarono come un tonfo sul legno.
Finalmente, dopo un’interminabile quantità di secondi, o forse minuti, persi a rimuginare, probabilmente cosa fosse più opportuno rispondergli, il ragazzino fece capolino oltre la muraglia di cultura dietro la quale si era barricato per potergli lanciare un’occhiata fugace.
Nonostante fosse consapevole degli occhi vigili della Bibliotecaria, a quello sguardo indisponente del ragazzino, a cui seguì una pronta risposta altrettanto indisponente, non riuscì a fare a meno di indurire l’espressione del proprio viso. C’era una cosa che, più di tutte, odiava nelle persone: trovare similarità con sé stesso. Se non sopportava gli esuberanti, i logorroici e le personalità che amavano stare al centro dell’attenzione, gli introversi arroganti gli facevano proprio salire il sangue al cervello; questi avevano il potere di farlo incazzare in maniera esponenziale nel tempo di un battito di ciglia. A giocare a specchio riflesso con Draven ci si rimetteva di salute, a volte mentale, a volte fisica, in base alle circostanze…
A quel punto, gli si erano aperte varie ipotesi di reazione.
Lasciar correre e leggere gli altri due libri dandogli del tempo: la scelta più matura e diplomatica.
Fargli notare che avrebbe potuto leggere uno a caso dei settecento tomi che si era messo davanti e costringerlo a farlo sbattendoglieli tutti in faccia: la scelta più aggressiva.
Ricambiarlo della stessa moneta: la scelta più efficace.
Tra le varie possibilità, aveva per un istante anche preso in considerazione di spostarsi e mettersi seduto di fianco a lui per costringerlo a leggere insieme, finché non si fosse talmente irritato da farlo vincere. Aveva un grosso potenziale di efficacia, ma la sola idea bastò a fargli venire i brividi.
Gli andava bene cercare di irritare gli altri nello stesso modo in cui gli altri irritavano lui, ma aveva dei limiti di sopportabilità che gli impedivano, anche se per un proprio guadagno, di fare o dire cose che gli davano fastidio.
Presa la sua decisione, si drizzò con la schiena e cominciò a scandagliare con lo sguardo i titoli dei libri che lo frapponevano dal Corvonero. Quello era un piano fattibile e anche discretamente divertente, ma proprio quando un velo di buonumore stava iniziando a palesarsi nella ristretta gamma di emozioni di Draven, il ragazzino parlò di nuovo con quella sua vocina indisponente e l’impulso di Draven ebbe la meglio.
Con una smorfia di totale disgusto sul viso, come se gli avessero appena detto che il succo di zucca era stato sostituito da sangue di pipistrello, si alzò dal tavolo, tenendo in una mano i propri averi. Poi, prese uno dei libri in mezzo alla torretta del Corvonero, la sorresse per evitare che i restanti scatafasciassero tutti su di lui – non per la sua incolumità, quanto per quella dei libri, innocenti oggetti coinvolti in una disputa che andava al di là del loro ruolo – e si spostò alla destra del ragazzino, ma comunque di fronte a lui.
In silenzio e con ancora l’eco sul viso di un’espressione schifata, aprì ‘il nuovo acquisto’ e cominciò a sfogliarlo. Per sua fortuna, con vero interesse… Era passato un po’ di tempo dall’ultima volta che aveva letto degli incantesimi di scambio.

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Edmund Artemis Knight
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*Ma che diavolo...?*

Se fino alle ultime parole di Edmund il ragazzo che indossava i colori di Serpeverde, seppur con un'espressione in viso tutt'altro che rassicurante, se ne era rimasto tranquillo oltre la siepe, dopo l'ultima frase del Corvonero, quella meno ostile nelle intenzioni, egli reagì in modo piuttosto bizzarro.
Edmund non aveva ancora riabbassato gli occhi sulla pagina, non poté quindi non notare l'intero evolversi del comportamento del ragazzo il quale prima si alzò con tutte le sue cose, poi prese un libro dalla torretta di Edmund, e infine si risiedette con il libro sottratto all'undicenne tra le mani (un po' più a destra di dove era prima per la verità). Edmund lo osservò strabuzzando gli occhi chiedendosi tra sé e sé cosa diavolo stesse facendo. Per un attimo gli balenò l'idea che non avesse capito il significato denotativo delle sue ultime parole, forse non parlava bene inglese, forse aveva capito di prendere uno di quelli visto che la risposta alla sua domanda era stata un secco "no", eppure era così strano, solo pochi attimi prima aveva parlato in perfetto inglese, anzi lo avrebbe detto inglese in senso stretto, non aveva molto orecchio per queste cose, ma l'accento era molto simile al suo, lo avrebbe detto quasi certamente Londinese al massimo di Brighton, o di Liverpool. Scartata dunque questa prima ipotesi dovette convenire che i due avevano pochissime cose in comune ma di sicuro tra queste non vi era il significato che davano alla parola attesa. Tutto si sarebbe aspettato da quel ceffo, mai abbandonando infatti una certa postura di allerta, persino qualche parola di protesta, o addirittura qualche incantesimo ostile, tranne che quello si prendesse un altro dei suoi libri per passare il tempo. Si chiese se avesse dovuto precisarlo, dirglielo esplicitamente che quei libri erano comunque lì per una ragione precisa e gli sarebbero serviti, e non erano semplicemente uno spartitraffico nella piena disponibilità degli utenti della biblioteca o dei tomi dimenticati dagli studenti del turno prima.


*Ma insomma, ma non capisce che li ho presi per me? Non capisce che non sono le riviste della sala d'attesa della chiromante! Ma da dove viene questo, dalla giungla?*

Dopo che il ragazzo si risiedette, fu spontaneo per Edmund mettersi a risistemare in perfetto allineamento verticale la pila dei rimanenti, per controllare quale avesse preso e verificare la statica della costruzione dopo che questa era stata minata dai modi un po' naif del Serpeverde.
La bibliotecaria aveva dovuto essere colta dalla stessa preoccupazione perché sembrava guardare in quella direzione con giusta apprensione, d'altronde alcuni tomi erano ben consunti e avrebbero potuto sfaldarsi molto facilmente dopo una caduta. Il piccolo Corvonero si sentì quindi in dovere di rassicurare la donna con un rapido gesto della mano prima di mettersi a riallineare i libri, i libri inferiori non avevano subito variazioni mentre i due che precedentemente stavano sopra al volume rapito ora erano sbilenchi e vagamente barcollanti; in ogni caso, la donna non doveva disturbarsi lo avrebbe fatto lui. Uno ad uno li tolse e li ricollocò nel miglior modo possibile. Dopo aver annuito in direzione della donna per farle capire che ora la situazione era sotto controllo non mancò di gettare un ultima occhiata sul ragazzo, ora sfogliava il libro silenziosamente.


*Beh dai, ha i modi un po' da barbaro ma almeno legge a differenza di quello di prima, speriamo adesso sia a posto per un po'...*

Edmund fu tentato a questo punto anche di spostare la colonna di libri più a destra; se da un lato questo lo esponeva al rischio che il Serpeverde davvero la prendesse come uno scaffale ambulante, dall'altro lo avrebbe riparato da possibili imbarazzanti sguardi, specie dopo le ultime occhiate, schermo psicologico molto più che fisico ora che il ragazzo più grande era nella traiettoria del suo sguardo senza nessun ostacolo a frapporsi. Ci pensò su, indeciso sul da farsi, la suscettibilità del ragazzo era tale tuttavia da far sì che ogni sua azione costituisse un pericolo piuttosto consistente, dal momento che le azioni erano tutt'altro che prevedibili, tutt'altro che la logica conseguenza di quanto avesse fatto, gli era bastato dirgli che avrebbe dovuto aspettare una ventina di minuti affinché quello capisse che poteva impegnare i minuti con uno dei suoi restanti libri; se il battito d'ali di una farfalla a Cambridge provoca un uragano a Washington, chissà cosa avrebbe potuto provocare a pochi decimetri da lui lo spostamento di una pila di libri. Gli sembrava di essere finito dentro quel gioco che piaceva tanto al suo amico Oliver e che teneva impegnati i due bambini nei piovosi pomeriggi dello Yorkshire, "L'allegro infermiere" o forse era "L'allegro dentista", sì insomma uno di quei strani giochi dei babbani! Bisognava muoversi con estrema cautela altrimenti tutto si metteva a suonare, ecco, come in quel gioco gli sembrava di dover fare attenzione a ogni singolo suo movimento altrimenti il tipo che ora buono buono sfogliava le pagine del libro avrebbe potuto alzarsi col naso rosso e fare chissà cosa!
Benché titubante, decise infine che no, non avrebbe spostato i libri e li avrebbe lasciati lì dov'erano, era meglio non infastidirlo e tornarsene a cercare cos'erano queste benedette classi di scambio, vero motivo della sua permanenza lì.

Edmund riabbassò lo sguardo sulla pagina che aveva di fronte, riprese tra le dita la piuma rossastra e tornò a scandagliare i lemmi scritti nel libro di Forster. Eppure la mente rimuginava sulla scena di poco prima e ora che ci ripensava le tessere cominciavano a disporsi in modo diverso. Poteva avere un senso, certo... Ma che sciocco! Aveva pensato la seconda azione del ragazzo fosse una conseguenza delle sue parole ma forse era una conseguenza della mancata concretizzazione della prima! Ma certo, così cominciava ad aver senso! Una poteva essere una coincidenza, ma due... erano troppo! No le cose stavano quasi sicuramente diversamente da come gli erano parse in prima istanza.
Si dice che tre indizi fanno una prova, ora lui ne aveva solamente due, ma il loro combinato disposto non poteva non essere determinante nel catalizzare diversi pensieri in una precisa idea nella mente di Edmund, abituata a procedere esclusivamente per logiche deduzioni.
Poteva anche essere una coincidenza che il Serpeverde cercasse il libro di Forster ma ora non stava solo leggendo uno dei suoi libri, stava leggendo un libro sugli incantesimi di scambio. Il pensiero era quanto mai banale nella sua semplicità: quel ragazzo, come lui, stava cercando informazioni sugli incantesimi di scambio, con una differenza rispetto al più piccolo vista la maggiore età, mentre per Edmund erano pura curiosità per l'altro presente erano argomento di studio molto probabilmente attuale o anche passato.
Il Corvonero pensò alla pila di libri che aveva di fronte e alla sua ricerca in corso. Se il Serpeverde aveva già affrontato l'argomento a lezione avrebbe potuto aiutarlo con le risposte che cercava risparmiandogli molto tempo, e se anche erano suo argomento di studio attuale, anche in quella seconda ipotesi ne avrebbe sicuramente saputo più di lui visto che la professoressa di trasfigurazione gliene avrà parlato in classe.
Avrebbero potuto a quel punto spartirsi i libri da leggere e condividere dopo un tempo convenuto le informazioni utili, sarebbe stata una grande ottimizzazione del tempo a disposizione. Sarebbe stata un'opzione interessante da percorrere.
Ma appunto, sarebbe, era tutta un'ipotesi.

C'erano diversi ostacoli alla sua realizzazione, in primis la reazione del ragazzo più grande; Edmund ora era pervenuto alla conclusione che il comportamento non era stato così assurdo, aveva una sua logica, ma in ogni caso non sembrava esattamente il tipo ben disposto verso i primini; si sarebbe forse irritato di fronte a quelle domande? E perché mai avrebbe infondo voluto aiutarlo? Ora era tranquillo ma avrebbe cominciato a sputare fuoco come un drago svegliato dal sonno se Edmund gli avesse rivolto la parola? E in secondo luogo, nella seconda ipotesi, si sarebbe fidato della lettura di uno appena arrivato ad Hogwarts? Se così non fosse stato solo Edmund ne sarebbe stato avvantaggiato, rendendo così la proposta irricevibile. C'era poi un terzo ostacolo, ma questo solamente presente nella coscienza di Edmund, anche se nient'affatto da sottovalutare.

Sebbene il timore di quel ragazzo più grande fosse ancora molto consistente, difficilmente quando il tarlo della curiosità si insinua nella mente del piccolo Knight, riesce ad essere arginato senza fare troppi danni. Più continuava a leggere, più chiedergli se stesse studiando gli incantesimi di scambio e se sapesse cosa sono le classi di scambio si configurava come un'ipotesi plausibile e pertanto come una forte tentazione, il problema era la valutazione di quanto ci fosse stato da fidarsi. Inconsapevolmente Edmund alzò la testa e altrettanto inconsapevolmente andò per parlare, stava per pronunciare a sua volta la sua domanda, sopraffatto dalla curiosità in quella lotta continua tra la sua timidezza, la sua spontaneità e la sua razionalità, tuttavia proprio quando stava per dare voce al fiato, il suono delle parole rimase intrappolato tra le corde vocali e non uscì nient'altro che una consonante gutturale soffocata sul nascere. Un po' per la timidezza un po' per la paura di quello che avrebbe potuto accadere, l'inconscio prese il sopravvento e arrestò qualsiasi tentativo consciamente o inconsciamente Edmund avrebbe voluto e potuto fare. Se una parte di lui vedeva in quel ragazzo una possibilità di aiuto, un altra parte di lui temeva il naso diventasse rosso e si mettesse a urlargli addosso. Ancor più imbarazzato di prima, con le guance che si tingevano di porpora, tornò ad abbassare lo sguardo sulla pagina aperta davanti a lui.


*Molte parole si potrebbero spendere sulle diverse classi di trasfigurazioni, ma è doveroso premettere da parte nostra...*

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Draven Enrik Shaw
15 y.o. - Serpeverde
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C’era qualcosa di inquietante nel modo in cui alcuni Corvonero si ponevano nei confronti dello studio e quel ragazzino indisponente rientrava proprio nella classificazione del tipico corvaccio. Sebbene Draven non fosse il tipo da badare agli stereotipi - o, perlomeno, questo era ciò di cui era convinto perché dava per scontato che fosse del tutto normale avere pregiudizi su ciò che non si conosce pienamente, così come nessuno al di fuori dei Serpeverde aveva mai davvero capito i valori della sua casa - si era fatto un’idea tutta sua di come alcuni studenti, invece, sembravano voler sottostare agli stereotipi tipici della casa di appartenenza. Era un grande osservatore, forse l’unico pregio del suo pessimo carattere, e ogni giorno, percorrendo i corridoi della scuola, si ritrovava a osservare Tassorossi cordiali e amichevoli all’apparenza, nonostante la maggior parte fosse più infima di qualsiasi Serpeverde di brutta reputazione, oppure valorosi Grifondoro sempre pronti a manipolare il prossimo e Corvonero che dall’alto della loro intelligenza, lontani da occhi indiscreti, si divertivano a mettere i piedi in testa a chiunque. In fin dei conti, indipendentemente dalla categorizzazione decisa dal Cappello Parlante per via di affinità magiche di cui solo lui poteva essere consapevole, ognuno degli studenti di Hogwarts era diverso dall’altro, perché erano tutti esseri umani più o meno sensienti con un proprio carattere che andava al di là dell’essere leale se eri un Tassorosso, intelligente se eri un Corvonero o coraggioso se eri un Grifondoro. Eppure, era come se in molti di quegli stessi studenti, così diversi tra loro, a un certo punto scattasse come una leva dentro di loro che gli imponeva di assumere atteggiamenti più tipici e degni delle loro case. Quindi, a un certo punto, il Corvonero bulletto decideva che era arrivato il momento di spendere più tempo sui libri, oppure il Tassorosso arrogante che doveva essere un po’ più gentile o, ancora, il Grifondoro altezzoso che aveva avuto l’improvvisa consapevolezza di quanto le proprie cazzate nuocessero il prossimo. Tutti quei ragazzini che si beavano della bella reputazione delle loro case, a un certo punto si sentivano in dovere di amalgamarvisi o, quantomeno, coalizzarsi contro l’unica casa di studenti che non voleva altro che essere lasciata in pace: i Serpeverde. Si era convinto che, tra tutte, la casa dei Serpeverde fosse, se non la più ‘buona’ in senso stretto del termine, quantomeno la più onesta.
Ma stava divagando… Doveva tenere in considerazione che potesse essere il proprio orgoglio a elaborare quelle considerazioni. Magari, se fosse stato un Corvonero, sarebbe stato anche lui un robottino tutto libri e presunzione.
Considerando che un po’ già lo era da Serpeverde.
Ma comunque, di nuovo, stava divagando.
Il punto era che dall’alto della sua torre, il classico Corvonero era quello che “sono stato smistato nella casa di quelli più intelligenti, quindi ho la priorità sullo studio, perché devo essere il più bravo della classe, bla bla bla” e quel primino strafottente aveva proprio quell’aria lì.
Non era contemplabile, nella mentalità di Draven, il fatto che semplicemente il povero ragazzo Corvonero voleva finire di leggere perché sinceramente interessato a un libro che aveva preso dallo scaffale prima ancora che Draven fosse entrato in biblioteca e senza avere la minima idea che, così facendo, lo avrebbe in qualche modo offeso. No, era assurdo, era più facile pensare che fosse lui lo strafottente arrogante solo perché Corvonero.
Però - perché un grosso però di cui tenere conto c’era e non ci aveva pensato in un primo momento - se si fosse messo nei casini per farla pagare a quel ragazzino e lui lo avesse riferito a Megan si sarebbe creata una situazione a dir poco tragica… Forse il proprio istinto, quel piccolo barlume di lucidità che aveva deciso di non fargli scatenare una polemica in biblioteca e che lo aveva fermato dal lanciare una maledizione al ragazzino, aveva deciso di salvaguardarlo proprio perché, tra tutte, quel moccioso indisponente aveva Megan come Caposcuola.
Era pericoloso pensare a Megan, nella condizione di stallo in cui si trovava con lei non poteva proprio permetterselo, e lo era ancora di più distrarsi o innervosirsi al punto da dimenticare che stava facendo di tutto per evitare di incontrarla.
Quindi, mettersi a litigare con un Corvonero, chiunque esso fosse, era l’ultima delle cose di cui aveva bisogno. Doveva imporsi autocontrollo e aspettare pazientemente che il suo libro preferito tornasse tra le proprie mani. Per quanto la diplomazia non fosse una sua dote, era l’unica via di scampo possibile per evitare ripercussioni con Megan nel caso in cui il bambino si fosse sentito leso nell’orgoglio, o nel corpo se avesse lasciato che la situazione degenerasse.
Certo era che a ferire di bacchetta un undicenne non ci avrebbe trovato alcuna soddisfazione, quindi almeno su questo punto, forse, il Corvonero poteva stare tranquillo. Restava la questione ‘punto nell’orgoglio’ che, a giudicare dal modo nevrotico in cui si affrettò a riordinare i libri in torretta dopo che Draven gliene aveva rubato uno, era andata decisamente in porto. Oltretutto, con la coda degli occhi, poté notare quanto l’imbarazzo per la situazione lo avesse irrigidito, gli sembrò che quasi avesse smesso di respirare e che le guance gli si fossero arrossate. Qualsiasi fossero i pensieri che stavano turbando la concentrazione del giovane corvetto, però, ormai Draven era partito per la tangente e la sua mente si era fissata su un solo pensiero: Megan.
Era la prima volta che si ritrovava da solo con un Corvonero - più o meno, insomma, c’erano altre persone in biblioteca ma nessuno stava badando a loro due – per lo più irretito dalla propria presenza e presumibilmente ben disposto a non farlo innervosire più di quanto non avesse già fatto… A giudicare dai libri che si era impilato vicino e considerando il tema principale di quelli che vicendevolmente si erano rubati, Draven intuì una possibilità…


Come lo passate il tempo nella vostra torretta la sera, dopo le lezioni? Caposcuola e Prefetti vi aiutano con i compiti in sala comune o cose così? Se mi rispondi ti aiuto con gli incantesimi che stai studiando o me ne vado e ti lascio il libro, quello che preferisci di più.esordì, all’improvviso, alzando lo sguardo dal libro per poterlo guardare negli occhi.

Non mi interessano i segreti inconfessabili della vostra casa, quindi rilassati. Voglio solo sapere cosa fanno le persone, lì. Fuori dalle lezioni, insomma.aggiunse subito dopo, come in dovere di essere un po’ più specifico per evitare che il ragazzino potesse sentirsi a disagio nel non volergli rispondere.
C’era comunque la possibilità che non gli volesse rispondere a prescindere, ma valeva il tentativo.

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Edmund Artemis Knight
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Edmund se ne stava con gli occhi fissi sulla pagina, impegnati a scorrere più velocemente che riuscivano le molte righe della prolissa introduzione del Forster, rimuginando tra sé e sé quanto tutte quelle parole gli stessero facendo perdere tempo. Nei libri di testo ogni argomento è talvolta preceduto da una più o meno lunga introduzione, ma difficilmente troviamo introduzioni di una misura adeguata alle nostre aspettative e alle nostre necessità contingenti: troppo lunghe quando si vorrebbe lo scrittore andasse dritto al punto entrando nel merito senza tanti preamboli, e assenti ed evasive quando si vorrebbe invece lo scrivente ci introducesse adeguatamente al tema tratteggiando almeno i contorni del panorama generale che fa da sfondo all'argomento. La necessità dell'autore di trovare un compromesso tra le esigenze più distanti si riduce nella maggior parte dei casi a ragione di scontento degli uni e degli altri, ed Edmund, in questo caso, era appunto tra questi ultimi, scontento di dover passare in rassegna righe e righe di divagazioni senza meta precisa, trepidante invece di raggiungere il centro focale del discorso e capire se erano proprio quelle le classi che stava cercando da minuti e che avevano destato la sua curiosità.
E d'altronde, spesso similmente avviene per le presentazioni tra le persone; lunghe, formali, ingessate quando vorremmo fossero dirette e celeri, inutili e ridondanti, per non dire ipocrite, anche quando tutti si conoscono ma fanno finta di vedersi per la prima volta per poter declamare i loro tredici nomi, oppure, come stava avvenendo quel giorno con il Serpeverde, del tutto assenti quando invece ne si vorrebbe sentire almeno un sintetico nome e cognome. Per Edmund, in quella circostanza ve ne sarebbe stato bisogno, visto che l'identità del ragazzo seduto dall'altra parte del tavolo era totalmente ignota, e data l'imprevedibilità e la bizzarria dei comportamenti altrui, questo era tutt'altro che un dettaglio su cui sorvolare.
In ogni caso, chiunque fosse quel tale, ora se ne stava buono con il libro sottratto ad Edmund, pertanto non costituiva più un problema e l'undicenne aveva potuto riprendere la lettura, sua (pre-)occupazione primaria. Il piccolo Corvonero aveva potuto finalmente fare ritorno, in particolare, a quella particolare dimensione in cui si beava di collocarsi, una dimensione in cui le uniche cose reali presenti erano lui e i suoi pensieri, un'oasi di pace e serenità per la sua anima costantemente inquieta, dove ogni altro essere vivente era una pallida copia del reale, figura che si muoveva esclusivamente secondo la sceneggiatura concepita nella sua mente. Vi aveva fatto ritorno seppure la presenza del Serpeverde avesse richiesto una piccola modifica del rodato protocollo di accesso.
Edmund infatti era solito tenere di fianco a sé una pergamena bianca e, con la piuma che non smetteva di far roteare nelle dita della destra durante la lettura, scribacchiare parole chiave lette qua e là collegate tra loro con nessi logici che seguivano la sola logica dettata dalla mente del ragazzo, al fine di tracciare delle mappe concettuali che lo aiutavano a disegnare il percorso che lo doveva portare all'obiettivo finale, le classi di scambio, nel minor tempo possibile.
Ebbene, le misure di sicurezza che aveva dovuto prendere per il contenimento del ragazzo coi colori verde argento vietavano categoricamente questo metodo di lavoro, Edmund infatti aveva pensato che fosse meglio non svegliare il drago dormiente con movimenti eccessivamente vistosi. Non si sapeva mai, anche un piccolo rumore avrebbe potuto alterarlo dunque non era il caso di offrirgli il fianco: il movimento della mano e il grattare della pergamena sarebbero state esche loro insaputa; sebbene ciò comportasse un rallentamento della consueta velocità di crociera, meglio sforzarsi di viaggiare in mappe concettuali totalmente mentali, interamente contenute nella sua materia grigia che rischiare ancora scatti sconsiderati e folli del personaggio che si era appena messo tranquillo col suo libro.

Edmund era immerso in una di queste sue costruzioni neuronali, dedito a collegare "materia" e "concentrazione" quando le parole tempo, torretta... si sovrapposero al flusso del pensiero. Inizialmente non colse che qualcuno stava parlando con lui, era una voce lontana, ovattata. Quando poi le parole ad intrecciare il flusso del ragionamento furono "prefetti", "caposcuola" e via dicendo, e il ragazzino provò a prestare maggiore attenzione al suono di quei lemmi, si rese conto di quanto fossero sonori per non essere una vera e propria domanda a lui diretta.
Fu inevitabile una volta compreso questo, alzare gli occhi dalla pagina, con la testa ancora leggermente inclinata a sinistra, per osservare donde venisse la voce, e se il suo proprietario fosse lo stesso che poco prima gli aveva sottratto il libro.

Incontrò due occhi verdissimi che non parevano temere di incontrare i suoi, e, benché la tentazione di sfuggire a quello sguardo fu forte, maggiore fu la curiosità per ciò che sarebbe seguito, curiosità che ancorò le pupille dell'undicenne dai colori blu e bronzo ai gesti e alle espressioni del più grande Serpeverde.
Una volta appurata la fonte di quelle parole venne però il momento di affrontare ciò che quelle significavano, e, contestualmente, formulare un'eventuale risposta alla domanda postagli.
Poiché fino a quel momento la domanda aveva avuto ragione d'essere esclusivamente come fenomeno sonoro, Edmund dovette ripeterla per intero tra sé e sé, bisbigliandone appena le parole, per poterne concretizzare la forma e capirne il senso, un'operazione all'apparenza un inutile balbettio ma in realtà un elemento fondamentale per mettere a fuoco la visione sbiadita che poco prima aveva appena intravisto con la coda dell'occhio troppo impegnato nella lettura.
Se la domanda lo infastidì, distogliendolo per l'n-sima volta dalla lettura cui aveva deciso di dedicare quella parte del pomeriggio, la coda finale rese sopportabile tutto il resto, insinuando nella mente del Corvonero un'altra domanda, questa sì, a differenza di quella rivoltagli, davvero interessante. Ma, dovendo procedere per ordine, doveva prima occuparsi del ragazzo.

C'è da dire che ora si poneva davanti a Edmund il primo bivio. Solitamente i dialoghi tra persone sconosciute iniziavano con le presentazioni; Edmund in molti casi ne poteva fare tranquillamente a meno, ma quello non era uno di questi, come detto, in quel caso erano quantomeno necessarie visto che non aveva mai visto quel tale ed era certo che valesse anche il contrario. Avrebbe dovuto esordire quindi alzandosi in piedi, dicendo il proprio nome e cognome, proseguire spiegando di chi è figlio, dunque accennare alla descrizione dell'uno e dell'altro genitore e infine porgere la destra a suggellare l'avvenuta presentazione.
Eppure il sentirsi così osservato, i modi eccessivamente diretti di quel Serpeverde, e il suo timore di risultare esagerato in qualsiasi comportamento gli suggerivano che avrebbe dovuto saltare quella parte e passare direttamente allo stadio successivo, la domanda, imboccando così la seconda strada di quel singolare bivio.
Una volta ripetute tra sé e sé le sillabe di quella curiosa domanda inclinò ancor più la testa per provare a cogliere quanto serio fosse quell'interrogativo. La piuma che si era interrotta si abbassò fino a sfiorare il tavolo in legno massiccio, i piedi toccavano terra con le punte mantenendo il corpo di Edmund in una condizione inmobile di perfetto equilibrio.


«Come tutti credo... Beh sì certo, a volte lo fanno, è il loro compito...»

disse con una straniante calma. Il parlare di Edmund era cauto e circospetto: capita a volte che qualcuno, passeggiando in montagna si addentri in un sentiero tra le rocce fortemente dissestato e instabile; dunque si procede con cautela tastando prima con un solo piede la solidità e quindi procedendo caricandovi solo successivamente l'intero peso, una volta appurato che quella roccia è stabile e sicura, ma sempre con la massima cautela pronti ad arrestarsi non appena un sassolino avesse iniziato a rotolare giù lungo il pendio, segnale di un potenziale pericolo per la sicurezza della via. Allo stesso modo procedeva Edmund, le prime frasi servivano giusto per assaggiare il terreno, per verificare quanto fosse sicuro il procedere in quel metaforico sentiero che lo avrebbe portato ad un eventuale risposta, non si doveva essere avventati, serviva grande cautela, ogni parola era peso aggiuntivo e come tale poteva essere la causa scatenante, la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso dell'irruenza verde-argento. Edmund non poté dunque continuare parlando sempre con la più grande calma di cui era capace, aggiungendo un elemento alla volta, poco a poco, senza debordare.

«Ci sono diversi studenti e fanno tante cose diverse, ma niente di speciale... Penso che passino il tempo come quelli delle altre case, se vuoi ti posso anche dire cosa fanno ma non c'è niente di interessante.»

Disse non capacitandosi affatto di cosa quel ragazzo ci trovasse di interessante nelle occupazioni degli altri Corvonero in sala comune. La verifica della statica del percorso era ancora in corso quando la curiosità indomita di Edmund mista a quella rigida educazione che gli era stata impartita, lo fece urtare un sassolino il quale, interrotta la delicata operazione prima in corso, iniziò a rotolare e a precipitare rumorosamente giù per il burrone.

«Ma io sono Edmund Knight, tu chi sei? Qual è il tuo nome? E il tuo cognome?»

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view post Posted on 21/6/2022, 10:59
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Draven Enrik Shaw
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Per quanto ci si mettesse d’impegno, e a prescindere da ciò che lo teneva impegnato quotidianamente, comunque il pensiero andava a finire sempre su Megan. Non le parlava da settimane, la stava evitando da quando avevano avuto la fatidica conversazione in treno e, considerando che fosse più avanti di lui nella scuola e che il suo ruolo la teneva parecchio impegnata, in realtà non era stato così difficile riuscire nell’impresa. L’unico problema vero e proprio era la sua testa!
Perché, che c’entrava in quel momento Megan? Era andato in biblioteca, come tutti i giorni, per leggere e svagarsi un po’, dato che la questione concentrazione sui compiti restava un grosso muro invalicabile, e, nonostante lo spiacevole imprevisto del ragazzino che gli aveva rubato uno dei libri, comunque aveva trovato il suo da fare. Aveva gli altri libri con sé e quello che aveva rubato dalla sua pila era risultato parecchio interessante già dalle prime righe. Quindi, perché?
Maledizione.
Come imprecazione e condizione, allo stesso tempo.
Con un sospiro profondo, che gli sfuggì tra le labbra più come uno sbuffo d’irritazione, aveva alzato lo sguardo da quelle pagine un po’ ingiallite dal passare del tempo e lo aveva fissato sul viso del ragazzino davanti a sé.
Doveva essere un tipo molto ligio al dovere e serio. Aveva una postura perfettamente composta, almeno dal personale punto di vista, considerando che lui, invece, nascosto dalla scrivania, si era seduto piegando una delle gambe sotto l’altra. Era una posa che assumeva spesso anche nelle lezioni che gli risultavano più facili da seguire; lo faceva per distrarsi, involontariamente, perché dopo pochi minuti, di solito, la gamba si addormentava, quindi doveva cambiare posizione e liberava la mente dal peso delle informazioni appena acquisite.
Era una cosa stupida, sì. Ma come tante altre abitudini che aveva assunto nel corso della vita. Era semplicemente fatto così.
Comunque, indipendentemente dalle motivazioni che avevano spinto il flusso dei propri pensieri a vertere, di nuovo, come spesso accadeva da giorni a quella parte, proprio sulla Caposcuola di Corvonero, aveva trovato un’opportunità in quella figura davanti a sé, che se ne stava rintanata dietro quella torretta di cultura nel tentativo di evitare interazioni come quella a cui Draven, tra tutti, lo stava costringendo. Non era da lui un simile comportamento. Non avrebbe mai preso la parola per primo, con uno sconosciuto, un primino arrogante per giunta, per nessun altro motivo, se non per lei.
Ma le parole disinteressate del ragazzo non gli furono di alcun conforto.
Non che si fosse aspettato chissà quali informazioni succulenti da una domanda così vaga e poco pertinente alla situazione, ma aveva sperato in qualcosa di più. Era la prima volta che si ritrovava a parlare da solo con un Corvonero, un’opportunità che non aveva potuto ignorare, ma che comunque stava risultando del tutto inutile.
Roteando gli occhi al cielo, sospirò di nuovo. Più in risposta al filo dei propri pensieri, che alle parole che il corvetto gli disse.


Draven Enrik Shaw. Doppio cognome, non doppio nome.rispose, mentre rimuginava su ulteriori possibili stratagemmi per cavargli qualche parola dalle labbra.
Prima di quell’occasione, non aveva mai pensato che uno silenzioso e introverso come lui si sarebbe trovato costretto dalle circostanze – che in onestà, si era andato a creare da solo! – a far parlare quasi di forza qualcuno.


Beh? Ti piacciono? I tuoi concasati. Ti piace essere Corvonero? Ti hanno accolto bene?si trovò a chiedere subito dopo, ritornando alla posizione iniziale con il viso appoggiato al pugno chiuso e il gomito a fare perno ben fissato sul bordo del tavolo.
Forse la stava prendendo un po’ troppo larga, ma il ragazzino gli sembrava uno sveglio e l’ultima cosa che voleva era renderlo partecipe dei propri pensieri.

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view post Posted on 24/6/2022, 14:25
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C'erano essenzialmente due tipologie di conversazione che mettevano Edmund significativamente a disagio: le conversazioni di circostanza, quelle straripanti di ovvietà e di domande inutili, quelle in cui le domande vengono confezionate già con tanto di risposta inclusa, come ad esempio quelle con gli zii di secondo e terzo grado che ogni anno alle immancabili cene di famiglia gli richiedevano l'età, incapaci di operare una banale addizione; e quelle conversazioni in cui uno dei due si muove in una precisa direzione ma l'altro, in tal caso Edmund, come interlocutore, non riesce neanche lontanamente a cogliere dove il primo voglia andare a parare, quelle in cui non è nella sua disponibilità il bandolo della matassa ma è l'altro a muovere i fili.

Non conosceva a sufficienza quel ragazzo, ne avrebbe giusto in quegli attimi appreso il nome, ma non vedeva alternative concrete a queste due opzioni: o quel ragazzo aveva voglia di scambiare due chiacchiere come due vecchie streghe da Madama Piediburro, oppure aveva in mente qualcosa di preciso da estorcere ad Edmund, tertium non datum.
Erano due opzioni che andavano gestite opportunamente, con le appropriate modalità e accorgimenti. Ora che con le prime parole aveva "tastato" il terreno, accertando che rivolgere la parola al Serpeverde non provocava necessariamente il lancio dei libri che erano impilati lì di fronte, addosso a sé, doveva solo valutare in quale delle due situazioni il destino aveva deciso di collocarlo. Dopodiché avrebbe agito di conseguenza.

Ci pensò su non appena il Serpeverde terminò di formulare la nuova domanda, una variazione sul tema della precedente. Edmund annuì fingendo disinteresse quando il ragazzo disse il suo nome, attentissimo invece e pronto nel memorizzare perfettamente nome e cognomi, nessuno dei due gli era noto ma di questo si sarebbe preoccupato in un secondo tempo. Cercò dunque di decifrare quali fossero le intenzioni di questo studente di nome Draven. Non gli fu difficile scartare la prima ipotesi, non sembrava essere nelle corde del ragazzo intrattenere un'amichevole conversazione, ne erano mancati i presupposti sin dall'inizio, era evidente allora che quelle domande da qualche parte volessero andare a parare. Ma dove?


Inizialmente sembrava essere interessato a cosa facessero i Corvonero in sala comune, l'ultima domanda invece virava in tutt'altra direzione, sembrava puntare verso i concasati... E se gli piacesse essere un Corvonero... ma perché? Qual era il fil rouge, se ve ne era uno, a collegare le domande? Chissà, forse voleva intrufolarsi di soppiatto nella loro Sala Comune e stava cercando di capire se vi fosse stato un qualche spiraglio, qualche momento in cui la sala comune fosse stata vuota... O peggio, sfruttare qualche motivo di scontento di Edmund verso la casa blu e bronzo, per indurlo ad agire contro di essa aiutando il Serpeverde in quella sciagurata impresa... Beh se quello era il piano, certamente non avrebbe consentito che lo realizzasse, o almeno, ce l'avrebbe messa tutta in questa direzione e sarebbe rimasto all'erta. Doveva quindi rispondere al ragazzo, e a questo punto risultava prioritario difendere la sicurezza della propria Sala Comune scoraggiando in tutti i modi un potenziale piano simile. Eppure... Ancora non vi erano tutte le tessere del puzzle, e la curiosità di capire meglio cosa l'altro volesse sapere da lui lo induceva a non essere troppo netto nella risposta, doveva innanzitutto capire... Non lasciarsi sfuggire nulla, certo, nulla che lasciasse intravedere un benché minimo punto debole, ma anche capire...
Forse però, aveva un piano... Appurato che poteva parlare senza temere per la propria incolumità, riprese il discorso interrotto prima con una voce che parve rinvigorita, il timbroera sempre abbastanza acuto e, anche se, essendo in biblioteca, non era possibile parlare a voce troppo alta, il tono era molto più sicuro rispetto prima.


«Beh dipende, qualcuno sì, qualcuno no... Alcuni sono molto simpatici e mi aiutano spesso, altri sono proprio insopportabili e li detesto! Ma io me ne sto quasi sempre per i fatti miei, mi piace starmene in disparte fare le mie cose e osservare, beh insomma, in sala comune c'è sempre gente... C'è sempre un via vai, ormai ho imparato gli orari di buona parte di quelli che sono li... »

Gli sembrava di essere uno di quegli animali che lentamente si muove attorno alla preda studiandone caratteristiche e tempi di reazione, muovendosi con un moto circolare a spirale attorno a quel fulcro a cui si avvicinava inesorabilmente pur lentissimamente. Sempre che quello non se ne fosse accorto e fosse scappato.

«Comunque sì, sono contento di essere finito in Corvonero, mi hanno accolto bene e se ho bisogno di qualcosa c'è sempre chi ti aiuta, specialmente un ragazzo e una ragazza molto grandi, con me sono sempre molto disponibili! Mi sa che sono grandi come te circa... Tu sei amico di qualcuno della mia casa?»

Concluse infine. Qualunque cosa Draven volesse sapere, Edmund ne voleva pesare la consistenza prima di vendergliela così a buon mercato.

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Draven Enrik Shaw
15 y.o. - Serpeverde
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Non ricordava di preciso cosa fosse accaduto il momento in cui era stato smistato in Serpeverde o le emozioni che aveva provato in quel momento. Ricordava che sua nonna, al momento dell’arrivo della lettera, aveva iniziato a dire di quanto le mancasse la vita scolastica, che lì nel castello di Hogwarts aveva vissuto i suoi anni migliori… come Corvonero. E Draven si era caricato di un improvviso senso di responsabilità pensando che se non fosse finito tra i Corvonero come lei sarebbe stato una grossa delusione. Forse anche per questo provava un certo tipo di attrazione/odio nei confronti di quella casata. Per fortuna, nonna Lilien si era ritenuta comunque molto soddisfatta per lo smistamento di Draven, che era finito nella “casata con più ambizione di tutte, che ha aperto le porte del successo ai migliori maghi della storia”. Col senno di poi, si riteneva fortunato: tra i Serpeverde vigeva per lo più il ‘vivi e lascia vivere’ e nessuno dava grande peso alla presenza degli studenti o a quello che facessero; decisamente affine al proprio carattere. Era sicuro che nelle altre casate non ci fosse altrettanto disinteresse e che non fosse ben accetto. Immaginando Megan, nonostante il suo volersene stare in disparte, non poteva fare a meno di pensare che, un po’ per costrizione di ruolo, un po’ per rispetto proprio alla casata, passasse molto tempo in sala comune; magari comunque in disparte e per fatti suoi, ma pronta ad aiutare qualche primino in difficoltà se ce ne fosse stato bisogno.
Daniel e Mike svolgevano in maniera eccellente i loro rispettivi lavori, ma immaginarli carini e coccolosi per aiutare un primino era pressoché impossibile… Anzi, era immaginabile solo perché vagamente divertente.
Con l’ombra di un sorriso sulle labbra, che si curvarono in maniera impercettibile, in risposta ai propri pensieri, tornò a concentrarsi sul ragazzino di fronte a lui in attesa di qualche racconto interessante.
Chissà perché aveva creduto che uno in grado di crearsi torrette di libri solo per potersi nascondere dall’occhio indiscreto e invadente degli altri studenti potesse dargli qualche informazione interessante. Era chiaramente annoiato dal solo fatto di dover stare lì a parlargli invece che in silenzio a leggere!
Poteva capirlo, assolutamente sì! Ma ora che era in ballo con tutti quei pensieri su Megan, non aveva altra scelta che continuare a insistere.
Si chiese, però, perché Edmund stesse continuando a dargli retta. Lo stalker inquietante che gli era rimasto seduto vicino fin troppo a lungo era stato brutalmente ignorato, mentre con lui ci stava parlando. Forse, l’unico errore di quel tipo era stato rimanere in silenzio e non dire nulla per aprire per primo uno spiraglio di conversazione. Si volse istintivamente con lo sguardo per cercarlo tra gli altri tavoli ormai ricolmi di studenti. Intorno a loro si era creata quella stessa situazione che, ogni giorno, Draven evitava come il vaiolo di drago.
Aveva fatto passare troppo tempo per un qualcosa di inutile e, adesso, era troppo tardi per passare inosservato.
Il solo pensiero di dover attraversare quella bolgia ormonale per poter andare via gli fece venire i brividi lungo la spina dorsale. Se li tolse di dosso con una scrollata di spalle e un sospiro, riportando lo sguardo annoiato sul ragazzino davanti a lui.
Senza nemmeno l’intento di nascondere la sua curiosità, aveva colorito un tipico discorso serio alla Corvonero maniera con una specifica domanda che, secondo Draven, era stata argutamente pensata prima di essere detta ad alta voce.
Quell’indisponente stava utilizzato la sua stessa tattica, ma con l’intento di capire perché Draven ne stesse facendo uso in primis, dove volesse andare a parare, come se tutto quel conversare gli avesse fatto drizzare le antenne sul ‘perché’.
Indipendentemente dall’esito della propria sete di conoscenza, ormai destinato al fallimento, quello scambio indiretto di intelligenza stava iniziando a farlo divertire.


Un ragazzo e una ragazza? Non ci sono uomini tra i Prefetto di Corvonero e la Caposcuola è una ragazza.rispose di getto, rendendosi conto troppo tardi di aver risposto d’impulso, facendogli così sapere che qualcuno tra i Corvonero lo conosceva. Ma ormai il danno era fatto e non era nemmeno il primo che faceva.
Facendo un calcolo rapido delle situazioni in cui, per un motivo o per un altro, si era ritrovato ad aprire per primo una conversazione di circostanza con qualcuno, si rese conto che doveva essere impazzito all’improvviso… Zero. Il conto era zero. Non gli era mai successo prima nella vita e quando qualcuno aveva parlato con lui cercando di fare un discorso di circostanza, non era mai rimasto ad ascoltare per più di trenta secondi.
Non solo aveva iniziato lui a parlare con Edmund, ma stava continuando a insistere per farlo parlare, da quanto? Mezz’ora almeno? Un’ora?
Pura follia.


Ti fai aiutare dagli studenti semplici? Non sono all’altezza i Prefetti e la Caposcuola?
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view post Posted on 3/7/2022, 18:11
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Edmund Artemis Knight
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*E così ti piace giocare a carte coperte, e va bene allora giochiamo come vuoi tu, però ho capito benissimo il tuo gioco! Sappilo!
Anche se sei furbo tutto sommato!*

La riflessione scaturì naturale e spontanea dalle parole che gli giunsero dall'altro lato del tavolo, riflesso incondizionato di una mente sempre all'erta e mai stanca; volutamente vago nelle domande e totalmente evasivo nelle risposte, Draven proseguiva imperterrito nella sua indagine sempre ben attento che nulla di sé trasparisse al suo interlocutore ma Edmund qualcosa annotò, non poté non notare quanto quel ragazzo schivasse ogni, anche minimo, riferimento a fatti personali. L'unica cosa che in quel lungo intervallo di tempo aveva detto di sé erano nome e i due cognomi, come egli stesso aveva precisato, nessun altro elemento, nemmeno lasciato trapelare in modo indiretto, o di sfuggita. Edmund gli aveva fin lì posto due domande, a una aveva risposto ma alla seconda no. L'aveva sapientemente lasciata cadere nel vuoto passando all'interrogativo successivo, probabilmente non amava qualcun'altro gli si sostituisse nel ruolo di parte inquirente. E questo era un elemento.

Il piccolo Corvonero, rincuorato dalla ritrovata tranquillità del Serpeverde, continuò a sostenerne lo sguardo. Ora non ne aveva più paura, la curiosità invece lo teneva sintonizzato sui suoi movimenti, anche impercettibili. Che strano quel ragazzo, era arrivato impetuoso come un drago assetato di sangue e ora sembrava quasi un placido kneazle, diffidente sì, tranquillo e calcolatore, ma del drago non era rimasto che il vocione ruggente. Le punte dei piedi di Edmund rimbalzavano sul pavimento in parquet della biblioteca e alcune dita accarezzavano la piuma che ancora giaceva sulla sua destra, agli occhi il compito più difficile, essi cercavano di scrutare le vere intenzioni di Draven, impresa così ardua.
Le iridi azzurre dell'undicenne non smettevano di perlustrare l'altro, alla ricerca di un'increspatura che ne scalfisse la superficie dalle scaglie così solide, un ponte verso la coscienza altrui. Doveva esserci un tasto sensibile, pulsante di apertura di quel misterioso portale di accesso, tutti lo avevano e Draven non poteva farne eccezione. Il problema era trovarlo. Ma doveva. Era l'unico modo per uscire indenne da quella conversazione nata con lo scopo di carpirgli informazioni.

L'unica possibilità che gli si prospettava era indagare su quell'unica nota perennemente stonata: quel ragazzo così schivo e riservato si ostinava a formulare domande, e questo non era un elemento da trascurare in quella vicenda. Tutt'altro.
Quelle informazioni erano preziose e molto visto quanto il Serpeverde ora si mostrava ben disposto verso il più piccolo. Se però Draven, per proteggere la propria riservatezza parlava molto poco, Edmund in quelle situazioni faceva esattamente il contrario. Era qualcosa in parte innato, in parte costruito, un'ancora di salvataggio in quelle situazioni difficili, uno scudo posto saldamente di fronte a sé per potersene riparare al di dietro. Lo aveva imparato dal padre e ora gli veniva quasi naturale: l'uso delle parole.


"Meno elementi metti sul tavolo tanto più concentrerai l'attenzione altrui verso di essi, è come una partita a scacchi Edmund, distogli sempre l'attenzione dell'avversario da quello che vuoi fare. Mai far capire come vuoi dare lo scacco matto!"

Ecco, forse stava sbagliando tutto, forse le sue poche parole di poco prima avevano allarmato Draven rendendolo accorto delle sue intenzioni. E se la ritrosia a parlare fosse stato il sintomo di un sospetto? E se già si fosse fatto cogliere in flagrante? Draven non aveva risposto, non si fidava di Edmund e quello non era affatto un bene, era segnale palese di diffidenza, era stato così imprudente nel suo parlare. Era necessario correggere la rotta, e al più presto. Ah già, gli scacchi!

«Già già, niente uomini.»

Rispose Edmund cercando di essere il più disinvolto possibile. Inspirò lentamente aggrottando leggermente le sopracciglia al quesito successivo.

«Beh no, mica sono studenti semplici quelli da cui mi faccio aiutare, sono molto intelligenti! E svegli! I migliori secondo me! E mi aiutano sempre nella mossa giusta! Sono come il cavallo... hai presente il cavallo no? A scacchi... Io amo il cavallo!»

Edmund, pur seduto, si erse in tutta la sua statura, guadagnando qualche pollice, e parve infervorarsi nella spiegazione di quelli che secondo il suo peculiare modo di vedere il mondo, erano i pezzi degli scacchi che abitavano la torre di Corvonero.
La pergamena era ancora stesa alla sua destra e dopo aver intinto la piuma nel calamaio, lì aperto davanti a lui, abbozzò il disegno di un tavolino attorno al quale mise un simbolo strano che probabilmente indicava lui stesso e, al suo fianco due cavalli. Continuò a scribacchiare, tratteggiando la forma di un caminetto e di una scala a chiocciola, gli occhi si spostarono dal ragazzo alla pergamena, pallido riflesso di quell'immagine vivida della sala comune così chiara nella sua mente.
Alzò gli occhi giusto il tempo di vedere se il ragazzo verde-argento ne seguiva il filo del discorso.


«Poi qui ci sono tutti quanti... i pedoni... E poi i Prefetti...
Non è che non siano all'altezza, anzi sono molto disponibili, però i prefetti sono sempre tanto impegnati, ti aiutano però poi c'è sempre qualcuno che disturba e quindi devono andare a vedere che succede specie con quei primini idioti che non hanno ancora imparato a distinguere le Pasticche Vomitose dalle Api frizzole! I prefetti sono come gli alfieri, delle volte li si può chiamare, però puoi sempre prevedere la mossa che faranno dopo, non sono fantasiosi come i cavalli.»


Edmund continuava a scribacchiare, forse Draven non lo ascoltava più, ma il più piccolo ormai si era dimenticato dell'interlocutore, era preso solo dal suo monologo. E due triangolini fecero la sua apparizione in due punti della mappa della sala comune.

«C'è l'alfiere bianco con i suoi libri gialli nella sua sedia davanti al caminetto e l'alfiere nero che si mette qui e osserva tutto dalla sua particolare prospettiva. Io cerco sempre di non disturbarli... Li chiamo solo se necessario!»

Poi apparì una corona.

«Beh anche la caposcuola... Eh quella è forte, è come la regina, però devi stare attento a non muoverla troppo perché se la perdi sei fregato!»

Edmund lasciò passare qualche istante di silenzio, e quando si mosse, rialzò lo sguardo con abbondante lentezza, a carpire la frequenza del respiro dell'altro e a soppesare quando il drago latente in lui fosse ora nervoso o desto. Doveva guadagnarsi la fiducia dell'altro se voleva scoprire di più e il primogenito dei Knight era pronto a fare la propria offerta, sempre se Draven avrebbe saputo coglierla.

«Tu chi saresti? E quale pedina mangeresti per prima?»


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view post Posted on 9/8/2022, 10:47
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Forse perché era stato lui stesso a introdurre una conversazione che aveva inevitabilmente portato a quel tira e molla, ormai sentiva per principio di dover giungere a un qualche tipo di conclusione. Sebbene avesse appena constatato che o il ragazzino non sapeva niente che potesse interessargli o che non era minimamente intenzionato a dirgli nulla, e questa seconda ipotesi era la più plausibile visto sia l’uso considerato delle parole che usava sia quanto fosse caratterialmente abbottonato, se un modo di dire del genere poteva avere senso, non voleva comunque andarsene senza qualcosa. Intorno a loro, ormai, si era generato il chiacchiericcio che Draven odiava tanto. Evidentemente, gran parte delle lezioni era finita. Non faceva ancora abbastanza caldo da uscire a studiare in giardino senza restarci infreddolito, quindi la biblioteca era l’unico luogo in tutta la scuola che potesse accogliere le conversazioni sussurrate degli studenti. Il problema era proprio quello: che se sussurravano due persone non ci facevi caso, se a sussurrare ne erano duecento, si creava caos.
Sentì la bibliotecaria gridare un ‘shhhh’ attraverso un sonorus perfettamente eseguito. Sortì immediatamente l’effetto desiderato: gran parte del chiacchiericcio si era ridotto, in un istante, a un bisbiglio. Nonostante lui ed Edmund stessero parlando a bassa voce, il tono di voce del ragazzino bastava a coprire tutti gli altri rumori, dandogli l’impressione di non essere circondato dalla mandria di adolescenti che continuava a stiparsi in ogni angolo.
Draven distese indietro le braccia, stendendosi sullo schienale della sedia per sgranchirsi le braccia e la schiena. Era rimasto fermo nella stessa posizione per un po’; gli dava fastidio restare troppo fermo se non aveva bisogno di concentrarsi su ciò che stava facendo. Nella confusione più totale, chiedendosi come una metafora con gli scacchi potesse aiutare la causa del discorso, Draven tornò chino sul lungo tavolo in mogano. Di nuovo, vi poggiò un braccio sopra, mentre il gomito dell’altro andava a sostenergli il viso sul pugno chiuso. Tanto valeva ascoltarlo. Non è che avesse di meglio da fare, visto che gli aveva rubato i libri…
Non poté dirsi d’accordo sul suo giudizio sugli alfieri, ma poteva capirne il filo logico, quindi decise di non intervenire in quel suo flusso di coscienza metaforico. Era un ragazzino molto sveglio; insolente, ma sveglio.


La Torre, ovviamente. Fa il suo gioco senza badare a quello degli altri. Può proteggere il re come nessun altro. Può evitare di essere ostacolata nella sua corsa verso la vittoria, ma se viene fermata, può trovare il modo di scappare e proseguire.ribatté alla domanda del Corvonero, facendo spallucce. Non seppe dire perché aveva deciso di rispondergli e con dovizia di particolari. Probabilmente, era più annoiato di quanto avesse creduto.

Per curiosità… Ti sei reso conto che, a un certo punto, hai smesso di essere intimidito da me? chiese poi, cambiando totalmente argomento di conversazione. Lo trovava un cambiamento sinceramente curioso, visto che in pochi tolleravano l'acidità, l'arroganza e la supponenza con le quali Draven si approcciava agli esseri umani. La psicologia umana era affascinante, quando non riguarda estroversi logorroici.
Sentendosi osservato, lo sguardo si volse di nuovo a cercare lo stalker di prima. Ne incontrò gli occhi curiosi che fissavano, ovviamente, da quella parte. Non appena incontrarono gli occhi freddi di Draven, il ragazzo si voltò dall’altro lato, fingendo di ridere a qualcosa che un compagno al suo tavolo aveva appena detto. Chissà qual era il suo problema.

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view post Posted on 12/8/2022, 13:51
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Edmund non si era reso conto fin da subito che per capire la sua metafora sarebbe stata necessaria la conoscenza del gioco degli scacchi, non ci aveva pensato, ragionando senza mettersi paletti come naturalmente avrebbe fatto nella solitudine della sua cameretta o tra le pareti del dormitorio; e invece in altri casi avrebbe dovuto; certo, non una conoscenza approfondita e dettagliata, ma perlomeno una vaga consapevolezza dei pezzi e dei rispettivi comportamenti sulla scacchiera era prerequisito di cui verificare la sussistenza prima di addentrarsi in metafore elaborate. Di questo si rese conto solamente quando il ragazzo rispose; fu in quel momento che si rese conto che se il suo interlocutore non avesse saputo niente degli scacchi probabilmente non avrebbe capito un granché di ciò che Edmund avrebbe voluto dirgli. Fortunatamente però, non fu così, e questo lo tranquillizzò, e molto, oltre che aggiungere un importante tassello al ritratto di Draven che si stava delineando nella sua mente.

Il Corvonero allontanò quindi lo sguardo dalla pergamena con gli scarabocchi di poco prima, con quella sua curiosa stilizzazione sui generis degli abitanti della sala comune, per tornare a posarlo su Draven, quel ragazzo così strano con cui in quel mercoledì pomeriggio si era incontrato in biblioteca. Era davvero un tipo insolito, ribelle e arrogante, come quasi tutti i suoi infelici compagni di casa, ma senza dubbio meno sprovveduto di molti altri e con un'intelligenza degna di nota visto quanto poco riusciva a farsi sfuggire. E poi sapeva giocare a scacchi. Ascoltò quindi ciò che aveva da dire in merito, forse avrebbe potuto anche dire qualcosa di buon senso in mezzo a tutti quei suoi comportamenti strani, scomposti e inspiegabili.
C'è da dire infatti, che quel ragazzo sembrava non riuscire a tenere la medesima posizione per più di 5 secondi, esibendosi in una serie di fastidiosissime contorsioni sulla sedia, indice forse di un tormento interiore talmente impellente da non potere essere contenuto in quel corpo di adolescente, oltre che di un decisamente deficitario autocontrollo. Ah se ci fosse stato il professor Wright quante gliene avrebbe dette! Gli sembrava di sentire la sua voce anche lì.

"Signorino Knight, contegno! Non si atteggi, mantenga compostezza e misura!"

Tant'è, giunta la risposta, Edmund non poté non notare come l'altro si fosse impegnato in una risposta particolarmente articolata e dettagliata, insolita fino a quel momento; impercettibilmente la testa del Corvonero annuiva e la materia grigia catalogava le informazioni, in realtà alla ricerca più di uno spunto interessante su come giocare con lui che per conoscere i gusti del potenziale avversario. Cercava di non perdersi una parola, fino a quel momento aveva soppesato ogni sillaba, per una volta che si decideva a parlare era meglio stare a sentire ciò che aveva da dire.
Edmund stava per iniziare approfondire l'argomento, avrebbe voluto sapere da chi aveva imparato a giocare, da quanto giocava, quando iniziava a usare la torre e molto altro, ma non fece a tempo a socchiudere le labbra per iniziare a parlare che il Serpeverde lo precedette, virando bruscamente e spiazzandolo.
Formulò una domanda strana, indecifrabile, davvero molto curiosa, ma soprattutto slegata da tutto il resto.
Un sottile fastidio attraversò Edmund da capo a piedi; più del dimenarsi scomposto sulla sedia, quel modo di procedere lo infastidì notevolmente. Non c'era una volta che con quel tale si riuscisse a portare a termine un discorso che fosse uno,; ogni volta che si stava seguendo un preciso filo logico, quel Draven cambiava bruscamente direzione. Ma diamine non gli dava fastidio saltare da un argomento all'altro senza alcun senso? E inoltre, non gli dava fastidio non concludere nessun alcunché e lasciare ogni discorso in sospeso?

Effettivamente però aveva ragione, Edmund non ne era più intimidito, non perché avesse smesso di esserlo forse, ma sicuramente perché aveva smesso di preoccuparvisi, sopraffatto dalla curiosità per quell'insolito dialogante.
E se quello fosse stato un problema? E se quegli non fosse stato abituato ad essere visto con occhi diversi dai soliti? Da quelli solitamente pieni di timore reverenziale verso il bulletto a capo del quartierino? Quando Draven si voltò verso un altro presente ne ebbe la conferma; ma era questo che si aspettava lui e da ognuno? Che distogliesse in fretta lo sguardo come si faceva con quei serpenti lunghi usati dai genitori per spaventare i bambini come lui? E in ultima analisi, cosa succedeva a chi osava ribellarsi e violare quella regola non scritta?
Mentire ora non avrebbe avuto alcun senso, in primo luogo non ne era mai stato capace e in secondo luogo non serviva mentire su fatti già accaduti e ben evidenti, quella di Draven era un'attenta analisi dei fatti, non un processo alle intenzioni.
Ma anche dirgli che, sebbene all'inizio fosse arrivato con l'impeto di un drago, ora lo aveva collocato al livello di pericolosità dei Kneazle non poteva aiutare un granché la causa.

Edmund, con calma estrema raccolse le idee prima di parlare, come sempre era solito fare.
Fintanto che Draven aveva informazioni da estrapolargli o che in qualche modo aveva la necessità di servirsi di Edmund, non sarebbe stato un problema, nessuno sano di mente si libera di qualcosa che sta usando per i suoi scopi e quel tale era strano, strano sì, ma non pazzo.
Il problema sarebbe semmai venuto dopo, nel momento stesso in cui avrebbe finito di servirsene, solo allora avrebbe potuto ritornare un drago e una minaccia temibile per l'undicenne.


«È... è un problema?»

Chiese con tono incerto, come a voler soppesare la gravità, agli occhi di Draven, di quel fatto.

«Non so come si fa a ritornare "intimidito" ma se vuoi ci provo, basta che poi mi aiuti con gli incantesimi di scambio.

Però se giochiamo a scacchi non posso essere intimidito perché devo concentrarmi e mia nonna dice che la mente deve essere sgombra per giocare... Ma posso fare una pausa e poi ritorno intimidito quando finiamo»


Ammise con semplicità, facendo quella particolare emozione inconscia oggetto di trattativa, abito da indossare per contratto all'occorrenza. La percezione di molte cose stava cambiando, man mano che cresceva, ma una restava sempre immutata.

"Che strani che sono i grandi..."

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view post Posted on 9/9/2022, 22:59
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Draven Enrik Shaw
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Ogni volta che doveva entrare in biblioteca si ripassava nella testa, come un mantra, i motivi per cui quel posto, nonostante tutti i contro, fosse uno dei luoghi più belli di tutta la scuola. L’odore dei libri lo inebriava, la calma che gli generava dentro la lettura di testi che solo lì aveva la possibilità di leggere e la tranquillità emotiva di starsene per conto suo a fare ciò che gli piaceva fare. Si concentrava sui lati positivi. Con gli anni aveva più o meno imparato a gestire gli orari di maggiore affluenza così da evitare grane, ma nulla avrebbe potuto prepararlo psicologicamente all’incontro con il piccolo sagace Corvonero. Quella sua muraglia di libri lo aveva irritato ancor prima di appurare che fosse stato lui il ladro dei suoi testi preferiti e, visto che erano poche le persone che in modo positivo o in negativo avevano un impatto su di lui, si era convinto che andargli a rompere le uova di drago nel braciere sarebbe stato abbastanza soddisfacente da compensare il furto. Aveva arrogantemente pensato che istigarlo lo avrebbe portato, quantomeno, a ridargli quei libri… Ma no. Il ragazzino non aveva ceduto a nessuna provocazione e, anzi, le aveva cavalcate tutte una dopo l’altra per ottenere lui chissà cosa. Era stato divertente, doveva ammetterlo, ma il suo tempo era prezioso e la sua energia sociale scarsa.

Non è un problema. – si limitò a rispondergli, accennando un inevitabile sbuffo divertito alle sue parole seguenti e, distendendo le labbra in un mesto sorriso, due piccole fossette gli spuntarono sulle guance. Nonostante lo sguardo fosse rimasto glaciale e disinteressato, le fossette addolcivano l’espressione sempre fredda del suo viso. Era sinceramente divertito da quel ragazzino; gli ricordava tanto un sé più piccolo, se solo all’epoca avesse avuto la forza mentale di esprimere ad alta voce tutto ciò che lo incuriosiva, proprio come aveva fatto Edmund con lui. Era ammirabile e insopportabile allo stesso tempo.

Non aiuterei mai un Corvonero nello studio, l’ho detto solo per convincerti a raccontarmi della tua Sala Comune. Magari ti racconto com’è la mia se mi batti a scacchi, però. Non ne sei un po’ curioso? – disse poi, mantenendo l’ombra di un sorriso sulle labbra, mentre si alzò dalla sedia. Sebbene la propria curiosità derivasse da una specifica persona che frequentava quella Sala, nulla toglieva dal fatto che fosse sempre stato molto curioso di come fossero fatte le Sale Comuni delle altre Case; vigeva una sorta di omertà a riguardo e non ne aveva mai capito il motivo. Chiuse il libro davanti a sé e lo fece scivolare sul tavolo di modo che slittasse fino a raggiungere gli altri impilati vicino al ragazzino, come a volergli dare silenziosamente il permesso di tenerseli tutti.
Per quel giorno aveva dato anche troppo. Dopo aver parlato così tanto era stanco, sentì il bisogno di farsi un riposino e, come se il proprio cervello avesse voluto dargliene conferma, gli sfuggì uno sbadiglio.
Riprese la borsa scolastica e si voltò, in silenzio. Si allontanò dal tavolo salutandolo con un cenno del capo. Se Edmund lo avesse seguito con lo sguardo mentre andava via, avrebbe visto ‘lo stalker’ avvicinarsi a Draven e dirgli qualcosa; il Corvonero non avrebbe potuto sentire la conversazione, ma avrebbe potuto vedere l’espressione sul viso di Draven irrigidirsi e le labbra muoversi a pronunciare un ‘no’ categorico, prima di uscire e lasciarsi alle spalle quel ragazzo dall’espressione delusa.
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