| Edmund Artemis Knight ‹ Studente Corvonero ‹ 11 anni ‹ OutfitEdmund se ne stava con gli occhi fissi sulla pagina, impegnati a scorrere più velocemente che riuscivano le molte righe della prolissa introduzione del Forster, rimuginando tra sé e sé quanto tutte quelle parole gli stessero facendo perdere tempo. Nei libri di testo ogni argomento è talvolta preceduto da una più o meno lunga introduzione, ma difficilmente troviamo introduzioni di una misura adeguata alle nostre aspettative e alle nostre necessità contingenti: troppo lunghe quando si vorrebbe lo scrittore andasse dritto al punto entrando nel merito senza tanti preamboli, e assenti ed evasive quando si vorrebbe invece lo scrivente ci introducesse adeguatamente al tema tratteggiando almeno i contorni del panorama generale che fa da sfondo all'argomento. La necessità dell'autore di trovare un compromesso tra le esigenze più distanti si riduce nella maggior parte dei casi a ragione di scontento degli uni e degli altri, ed Edmund, in questo caso, era appunto tra questi ultimi, scontento di dover passare in rassegna righe e righe di divagazioni senza meta precisa, trepidante invece di raggiungere il centro focale del discorso e capire se erano proprio quelle le classi che stava cercando da minuti e che avevano destato la sua curiosità. E d'altronde, spesso similmente avviene per le presentazioni tra le persone; lunghe, formali, ingessate quando vorremmo fossero dirette e celeri, inutili e ridondanti, per non dire ipocrite, anche quando tutti si conoscono ma fanno finta di vedersi per la prima volta per poter declamare i loro tredici nomi, oppure, come stava avvenendo quel giorno con il Serpeverde, del tutto assenti quando invece ne si vorrebbe sentire almeno un sintetico nome e cognome. Per Edmund, in quella circostanza ve ne sarebbe stato bisogno, visto che l'identità del ragazzo seduto dall'altra parte del tavolo era totalmente ignota, e data l'imprevedibilità e la bizzarria dei comportamenti altrui, questo era tutt'altro che un dettaglio su cui sorvolare. In ogni caso, chiunque fosse quel tale, ora se ne stava buono con il libro sottratto ad Edmund, pertanto non costituiva più un problema e l'undicenne aveva potuto riprendere la lettura, sua (pre-)occupazione primaria. Il piccolo Corvonero aveva potuto finalmente fare ritorno, in particolare, a quella particolare dimensione in cui si beava di collocarsi, una dimensione in cui le uniche cose reali presenti erano lui e i suoi pensieri, un'oasi di pace e serenità per la sua anima costantemente inquieta, dove ogni altro essere vivente era una pallida copia del reale, figura che si muoveva esclusivamente secondo la sceneggiatura concepita nella sua mente. Vi aveva fatto ritorno seppure la presenza del Serpeverde avesse richiesto una piccola modifica del rodato protocollo di accesso. Edmund infatti era solito tenere di fianco a sé una pergamena bianca e, con la piuma che non smetteva di far roteare nelle dita della destra durante la lettura, scribacchiare parole chiave lette qua e là collegate tra loro con nessi logici che seguivano la sola logica dettata dalla mente del ragazzo, al fine di tracciare delle mappe concettuali che lo aiutavano a disegnare il percorso che lo doveva portare all'obiettivo finale, le classi di scambio, nel minor tempo possibile. Ebbene, le misure di sicurezza che aveva dovuto prendere per il contenimento del ragazzo coi colori verde argento vietavano categoricamente questo metodo di lavoro, Edmund infatti aveva pensato che fosse meglio non svegliare il drago dormiente con movimenti eccessivamente vistosi. Non si sapeva mai, anche un piccolo rumore avrebbe potuto alterarlo dunque non era il caso di offrirgli il fianco: il movimento della mano e il grattare della pergamena sarebbero state esche loro insaputa; sebbene ciò comportasse un rallentamento della consueta velocità di crociera, meglio sforzarsi di viaggiare in mappe concettuali totalmente mentali, interamente contenute nella sua materia grigia che rischiare ancora scatti sconsiderati e folli del personaggio che si era appena messo tranquillo col suo libro.
Edmund era immerso in una di queste sue costruzioni neuronali, dedito a collegare "materia" e "concentrazione" quando le parole tempo, torretta... si sovrapposero al flusso del pensiero. Inizialmente non colse che qualcuno stava parlando con lui, era una voce lontana, ovattata. Quando poi le parole ad intrecciare il flusso del ragionamento furono "prefetti", "caposcuola" e via dicendo, e il ragazzino provò a prestare maggiore attenzione al suono di quei lemmi, si rese conto di quanto fossero sonori per non essere una vera e propria domanda a lui diretta. Fu inevitabile una volta compreso questo, alzare gli occhi dalla pagina, con la testa ancora leggermente inclinata a sinistra, per osservare donde venisse la voce, e se il suo proprietario fosse lo stesso che poco prima gli aveva sottratto il libro.
Incontrò due occhi verdissimi che non parevano temere di incontrare i suoi, e, benché la tentazione di sfuggire a quello sguardo fu forte, maggiore fu la curiosità per ciò che sarebbe seguito, curiosità che ancorò le pupille dell'undicenne dai colori blu e bronzo ai gesti e alle espressioni del più grande Serpeverde. Una volta appurata la fonte di quelle parole venne però il momento di affrontare ciò che quelle significavano, e, contestualmente, formulare un'eventuale risposta alla domanda postagli. Poiché fino a quel momento la domanda aveva avuto ragione d'essere esclusivamente come fenomeno sonoro, Edmund dovette ripeterla per intero tra sé e sé, bisbigliandone appena le parole, per poterne concretizzare la forma e capirne il senso, un'operazione all'apparenza un inutile balbettio ma in realtà un elemento fondamentale per mettere a fuoco la visione sbiadita che poco prima aveva appena intravisto con la coda dell'occhio troppo impegnato nella lettura. Se la domanda lo infastidì, distogliendolo per l'n-sima volta dalla lettura cui aveva deciso di dedicare quella parte del pomeriggio, la coda finale rese sopportabile tutto il resto, insinuando nella mente del Corvonero un'altra domanda, questa sì, a differenza di quella rivoltagli, davvero interessante. Ma, dovendo procedere per ordine, doveva prima occuparsi del ragazzo.
C'è da dire che ora si poneva davanti a Edmund il primo bivio. Solitamente i dialoghi tra persone sconosciute iniziavano con le presentazioni; Edmund in molti casi ne poteva fare tranquillamente a meno, ma quello non era uno di questi, come detto, in quel caso erano quantomeno necessarie visto che non aveva mai visto quel tale ed era certo che valesse anche il contrario. Avrebbe dovuto esordire quindi alzandosi in piedi, dicendo il proprio nome e cognome, proseguire spiegando di chi è figlio, dunque accennare alla descrizione dell'uno e dell'altro genitore e infine porgere la destra a suggellare l'avvenuta presentazione. Eppure il sentirsi così osservato, i modi eccessivamente diretti di quel Serpeverde, e il suo timore di risultare esagerato in qualsiasi comportamento gli suggerivano che avrebbe dovuto saltare quella parte e passare direttamente allo stadio successivo, la domanda, imboccando così la seconda strada di quel singolare bivio. Una volta ripetute tra sé e sé le sillabe di quella curiosa domanda inclinò ancor più la testa per provare a cogliere quanto serio fosse quell'interrogativo. La piuma che si era interrotta si abbassò fino a sfiorare il tavolo in legno massiccio, i piedi toccavano terra con le punte mantenendo il corpo di Edmund in una condizione inmobile di perfetto equilibrio.«Come tutti credo... Beh sì certo, a volte lo fanno, è il loro compito...»disse con una straniante calma. Il parlare di Edmund era cauto e circospetto: capita a volte che qualcuno, passeggiando in montagna si addentri in un sentiero tra le rocce fortemente dissestato e instabile; dunque si procede con cautela tastando prima con un solo piede la solidità e quindi procedendo caricandovi solo successivamente l'intero peso, una volta appurato che quella roccia è stabile e sicura, ma sempre con la massima cautela pronti ad arrestarsi non appena un sassolino avesse iniziato a rotolare giù lungo il pendio, segnale di un potenziale pericolo per la sicurezza della via. Allo stesso modo procedeva Edmund, le prime frasi servivano giusto per assaggiare il terreno, per verificare quanto fosse sicuro il procedere in quel metaforico sentiero che lo avrebbe portato ad un eventuale risposta, non si doveva essere avventati, serviva grande cautela, ogni parola era peso aggiuntivo e come tale poteva essere la causa scatenante, la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso dell'irruenza verde-argento. Edmund non poté dunque continuare parlando sempre con la più grande calma di cui era capace, aggiungendo un elemento alla volta, poco a poco, senza debordare.«Ci sono diversi studenti e fanno tante cose diverse, ma niente di speciale... Penso che passino il tempo come quelli delle altre case, se vuoi ti posso anche dire cosa fanno ma non c'è niente di interessante.» Disse non capacitandosi affatto di cosa quel ragazzo ci trovasse di interessante nelle occupazioni degli altri Corvonero in sala comune. La verifica della statica del percorso era ancora in corso quando la curiosità indomita di Edmund mista a quella rigida educazione che gli era stata impartita, lo fece urtare un sassolino il quale, interrotta la delicata operazione prima in corso, iniziò a rotolare e a precipitare rumorosamente giù per il burrone. «Ma io sono Edmund Knight, tu chi sei? Qual è il tuo nome? E il tuo cognome?»‹ PS: 100 ‹ PC: 50 ‹ PM: 50 ‹ EXP: 1
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