Fear No More, (privata)

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view post Posted on 7/6/2022, 16:12
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Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts

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Draven Enrik Shaw
15 y.o. - Serpeverde
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Per uno preciso e ordinato come Draven, avere la mente affollata di pensieri e preoccupazioni era qualcosa di incontrollabile; considerando che, purtroppo, la sua natura era un vero e proprio ossimoro, nel corso degli anni aveva finito col farci l’abitudine. Essere distratti, perennemente, da un flusso di pensieri – spesso inutile – non doveva necessariamente impedirgli di concentrarsi su qualsiasi cosa fosse che meritava la propria totale attenzione. Eppure, nelle ultime settimane, gli sembrava di aver perso quella capacità, quell’interesse in grado di sovrastare qualsiasi ansia o preoccupazione gli tenesse la mente occupata, perché era diventata troppo pressante per essere gestita. Dormiva poco, il più delle volte con gli incubi, si era accorto di aver perso peso ma, soprattutto, l’esecuzione di qualsiasi incantesimo che richiedesse un minimo di concentrazione e intento gli veniva male, o non gli veniva affatto. Sapeva di dover risolvere la situazione, e alla svelta; si era interrogato per giorni e giorni in cerca di una valida soluzione, senza mai alcun risultato… Poi, durante un pomeriggio di lavoro da Sinister, aveva avuto l’illuminazione.
Il suo primo giorno di lavoro presso il negozio di Magie Sinister non avrebbe mai potuto dimenticarlo nemmeno se avesse voluto. A parte per il fatto che era stato il giorno in cui aveva conosciuto Casey, con la quale aveva instaurato un bel rapporto di amicizia, quello era stato il momento in cui, per la prima volta fuori dall’orario di lezioni, era venuto a contatto con le proprie paure più profonde e aveva fatto la conoscenza di un molliccio ben più aggressivo di quello conosciuto al secondo anno. Se non fosse stato proprio per Casey, infatti, che aveva reagito tempestivamente alla minaccia, non l’avrebbe scampata tanto facilmente.
Era assurdo che non ci fosse arrivato prima. Chiedendosi ripetutamente per ore, giorni e settimane quale fosse la radice delle proprie preoccupazioni e quale potesse essere il modo migliore per farsele passare, non lo aveva capito finché non si era ritrovato di nuovo a dover scendere nello scantinato di Sinister. Era successo in un pomeriggio in cui, nel negozio, erano presenti solo lui e il vecchio padrone; Sinister gli aveva chiesto di prendere la scatola di appendici di purvincolo. Draven si era distratto pensando alle proprietà magiche che quelle creature avessero, una volta fatte a pezzi, per il bene di una resistenza magica poco convenzionale e lecita, quando con la coda degli occhi, vedendo il fondo buio dello scantinato, si era ricordato del molliccio stordito da Casey.
Ed eccola lì, l’illuminazione. Forse non erano le sue paure infantili a preoccuparlo al punto da renderlo così mediocre nella quotidianità, ma batterle poteva essere un buon punto di partenza.
Dopotutto, ogni suo problema era sempre derivato dalla famiglia disfunzionale e omertosa nella quale era nato e cresciuto, proprio come le sue più grandi paure.
Così, senza alcuna esitazione, il mattino seguente aveva chiesto un appuntamento privato al Professor Toobl ed era riuscito a ottenerlo per quella stessa giornata.
Dover aspettare pazientemente la fine delle lezioni non era poi così grave, anzi. Era stato fortunato che il Professore si fosse subito reso disponibile. Non era sceso troppo nei dettagli sul perché della sua richiesta, gli aveva solo accennato di volergli chiedere dei consigli o dei suggerimenti riguardo i mollicci; era dovuto sembrare strano che uno studente già al terzo anno potesse avere dei problemi riguardo la gestione di un incantesimo che, in teoria, avrebbe dovuto saper gestire già da molto tempo, ma a tempo debito avrebbe capito, o Draven avrebbe spiegato, che il problema non era nell’esecuzione, ma nella testa, nella concentrazione. E il giovane Serpeverde sperava vivamente che imparare a superare quel piccolo ostacolo così spaventoso gli sarebbe stato d’aiuto, un passo avanti verso un qualche tipo di miglioramento.
A fine giornata, quando il sole primaverile aveva già iniziato a tramontare, si era fatto coraggio e si era diretto verso l’aula di Difesa Contro le Arti Oscure, così come d’accordi con il Professor Toobl. Se quella stessa mattina non aveva minimamente esitato nell’andare a parlargli, ora che si trovava lì per mettere in atto tutte quelle buone intenzioni sul voler ritrovare un po’ di ‘armonia mentale’ togliendosi di dosso uno dei tanti pesi che lo tediavano, non era più sicuro che affrontare un maledetto molliccio o sentirsi dare lezioni di vita da qualcuno ben più esperto di lui potesse essergli di alcun aiuto… Ma ormai, non poteva tornare indietro.
Anche questo, purtroppo o per fortuna, in base ai casi, faceva parte della sua natura: prendere delle decisioni d’istinto e poi pentirsene.
Dopo un lungo e profondo sospiro, varcò le soglie dell’aula e si diresse spedito verso la scalinata in marmo che lo avrebbe condotto all’ufficio del Professore.
Incredibile come una delle sue aule preferite fu in grado di provocargli un grosso senso di oppressione, per via delle circostanze. Forse la stava prendendo un po’ troppo seriamente…
Continuando a sospirare tra sé e sé, si avvicinò al portone in legno in cima alle scale e bussò tre volte. In attesa che i battenti si aprissero, sicuro che il Professore fosse in ufficio a quell’ora, si voltò a guardare i libri sulla parete destra dell’aula, che gli infondevano sempre un forte senso di appartenenza, nonostante non ne avesse mai letto uno, e si chiese se, un giorno, sarebbe riuscito a imparare tutti i segreti della magia e a diventare il grande mago che sognava di diventare.
Se avesse continuato ad arrovellarsi sul proprio passato o sui cosiddetti 'problemi adolescenziali' non sarebbe arrivato tanto lontano, però.


Buonasera, Professore.

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view post Posted on 13/6/2022, 19:03
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Si era rigorosamente imposto di essere un professore figo.
Non voleva essere uno di quei docenti dal fare altolocato o dai tratti secolari, piuttosto uno giovane e carismatico che poteva sembrare quasi un loro coetaneo meritevole di rispetto.
Certo l’obiettivo era chiaro, ma di certo non di facile raggiungimento. Questo perché poteva sembrare agli occhi di molti un “adulto che non si voleva arrendere all’avanzare degli anni” o peggio, un bambinone che nessuno avrebbe potuto prendere seriamente.
Era per quel motivo che, per quanto iniziassero ad esserci delle giornate calde, lui era vestito con una giacca di jeans e una maglia dalle tonalità accese, piuttosto che con il classico mantello al di sotto del quale si trovava una mediocre camicia.
Che poi onestamente lui si domandava sempre : con che faccia si può tenere un outfit così scomodo durante un duello? Quali vantaggi poteva portare vestirsi in quel modo così antiquato?
Con il passare del tempo a quella domanda iniziò a rispondersi con convinzione che forse i maghi qualche problema ce lo avevano o , meglio, ce lo avevano con il vestiario babbano che il più delle volte favoriva la praticità all’originalità.

Spostandosi dal caldo schienale della sua poltrona, osservó il piccolo l’orologio a pendolo sulla sua disordinata scrivania per poi convincersi che a breve il suo appuntamento sarebbe arrivato.
Draven Shaw, studente della casata Serpeverde, 15 anni, un tipo dall’aspetto abbastanza tosto.
Cosa voleva da lui di preciso? C’era di più nella sua richiesta di incontro?
Non aveva dubbi che potesse esserci qualcosa di particolare interesse in quella richiesta e non perché lo aveva percepito quando gli era stato richiesto, piuttosto perché sapeva che a quell’età i ragazzi parlavano solo ed esclusivamente se i massi sulla loro schiena erano difficili da smuovere.
Punzecchiandosi con le dita le tempie, pensava a cosa sarebbe potuto succedere durante quell’incontro.
Che fosse destinato a dover parlare di qualche problema passato del ragazzo? Che il discorso si sarebbe limitato a far in modo di far capire al giovane che potesse fidarsi di lui? Oppure gli voleva solamente chiedere una partita di Gobbiglie o un sorso della sua scorta di Whiskey Incendiario?
Non sapeva e quel non sapere instillava in lui una insolita curiosità che doveva presto venir sfamata in qualche modo.
Proprio mentre stava prospettandosi qualche nuovo scenario la porta iniziò ad aprirsi,favorendogli la vista del suo interlocutore.
Capelli neri, leggermente mossi, occhi altrettanto scuri decisamente più grandi della media.
La profondità del suo sguardo era chiara, capace di penetrare gli animi giovanili, ma forse ancora non era ancora in grado di gestirla.
Sorridendogli, gli fece cenno con la mano di sedersi, dopotutto le sedute erano lì per venire utilizzate e non osservate.
Il suo Crup, Ciccio, sonnecchiava tranquillamente ai piedi della scrivania. Se non si era mosso significava che non c’era da preoccuparsi e questo era già un buon segno.



-Buonasera ragazzo, vuoi qualcosa da bere?-


Domandò, senza attendere che lui si presentasse.
L’essere venuto lì da lui era già stato un gran passo, di certo non era necessario aggiungere altri ostacoli lungo il percorso.
Osservandolo in tutta la sua altezza attese; presto avrebbe capito il motivo dell’appuntamento e da lì in poi avrebbe potuto ballare nell’ignoto. Proprio come amava fare.



 
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view post Posted on 16/6/2022, 15:11
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Draven Enrik Shaw
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Passo incerto e cuore a mille, aveva varcato le soglie di quell’ufficio, consapevole di cosa lo avesse spinto lì. Al cenno del Professore, distese le labbra in un sorriso imbarazzato e chinò la testa con altrettanto disagio, osservando con fin troppa attenzione il pavimento sul quale stava mettendo i piedi.
Pochi passi lo dividevano dalla sedia di fronte la scrivania, forse tre o quattro secondi in cui, nella mente di Draven, passò qualsiasi tipo di pensiero.
Forse, come al solito, era stato troppo impulsivo. Richiedere un appuntamento all’insegnante di difesa contro le arti oscure per un problema di concentrazione? Solo perché, per un attimo, gli era venuto in mente che potesse dipendere tutto da uno specifico evento del proprio passato?
E se non fosse riuscito a risolvere il problema nemmeno così? E se non fosse riuscito ad affrontare e superare le proprie paure nemmeno con l’assistenza diretta del Docente?
O se liberarsi di un molliccio non lo avesse fatto sentire meglio? Si sarebbe ritrovato punto e a capo.
La morsa d’angoscia alla bocca dello stomaco sembrò attanagliargli le viscere, ancor di più, per un istante, quando incontrò lo sguardo sonnecchiante del Crup del Professore. Non andava d’accordo con gli animali; magici o babbani che fossero, aveva scoperto diversi anni prima che tutti, chi più e chi meno, erano in grado di percepire il proprio stato d’animo perennemente in allerta e nevrotico, cosa che tendeva a destabilizzarli e, spesso, renderli aggressivi. Nemmeno il suo gatto, Donut, riusciva a tollerarlo; pur di non avere a che fare con il proprio padrone più del dovuto, se ne andava a spasso per il castello a racimolare coccole da chiunque altro.
Deviò subito lo sguardo, rialzandolo a incontrare quello del Professore. Qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere da lì in poi, quindi era inutile continuare a rimuginare. Aveva perso l’opportunità di tirarsi indietro nel momento in cui era entrato nel suo ufficio. Tanto valeva cercare di far uscire qualcosa di utile da quell’incontro, evitando al contempo di far perdere tempo prezioso al Docente.
Con un sospiro profondo, quasi sbuffando, si mise a sedere di fronte a lui. Mascella tesa e denti stretti dal nervosismo, si ritrovò a fissare l’uomo dinanzi a sé con improvviso stupore al suono delle sue parole… Quando le persone cercavano di alleggerire la tensione che, di solito, la sua presenza in una stanza era in grado di scatenare, non sapeva mai comportarsi…


Ehm. Si, certo. Grazie. - decise poi di rispondere, annuendo.
Forse avrebbe dovuto aggiungere che era minorenne, ma viste le circostanze si trovò a pensare che se il Professore non ci avesse badato, offrendogli da bere qualcosa di più forte del consentito, avrebbe fatto finta di niente perché ne aveva bisogno. Perché la parte più difficile era proprio quella iniziale, quella in cui sapeva che spettava a lui parlare e spiegare i motivi per cui aveva richiesto quell’incontro.
E parlare non era proprio il suo forte.


Mi chiamo Draven. Enrik Shaw, Professore. Spero di non averle recato disturbo chiedendole questo incontro. E grazie, per averlo accettato. - esordì, dato che essere educato era pressoché l’unica cosa buona che gli era stata inculcata dalla famiglia.
Si umettò le labbra con la punta della lingua, con fare nervoso, e si rese conto di aver riabbassato lo sguardo. Lui che per carattere tendeva a voler irritare le persone fissandole così intensamente da far percepire loro lo stesso disagio che provava lui ogni volta che era costretto a un’interazione sociale, si stava sentendo talmente in imbarazzo da non riuscire nemmeno a guardare in faccia il Professore.
Doveva sembrare un piccolo bimbo spaventato e, per quanto il pensiero lo fece innervosire ancora di più, si rese conto che finché non gli avesse detto perché si trovava lì, quel disagio non sarebbe passato. Al massimo, sarebbe solo aumentato dopo avergli parlato delle proprie motivazioni…


Andrei subito al dunque, se non le dispiace. Sono qui per chiederle di aiutarmi a tenere sotto controllo le mie paure… Ho avuto modo, anche fuori dalla scuola, di incontrare un molliccio e non riuscire a gestirlo. Ho paura solo di ciò che mi mostra. O meglio, ho diverse paure, ma nessuna mi paralizza come… quella… - iniziò a spiegare, interrompendosi un paio di volte nel discorso solo per schiarirsi la gola.
Trovava terribilmente difficile esprimersi a parole e sperò che quanto avesse appena detto fosse sufficiente a chiarire un po’ la situazione. Avrebbe risposto a qualsiasi dubbio o domanda che il Professore gli avrebbe posto; ora che era lì e non poteva tornare indietro, sapeva di doversi rendere quantomeno disponibile ad aprirsi. Era necessaria la sua collaborazione o qualsiasi aiuto fosse stato in grado di dargli il Docente, sarebbe risultato inutile.

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view post Posted on 7/7/2022, 18:44
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Essere un neo professore aveva i suoi riscontri positivi.
Infatti, non solo riusciva ad apparire più simpatico di quelli con la pelle cadente ma, riusciva a capire in parte cosa stessero pensando perché lui stesso ci era da poco passato.
Da quella camminata, capì che il ragazzo fosse teso. Poteva la sua figura incutere così tanto timore? Dopotutto era un giovane abbastanza corpulento, ma nulla di più.
Sentendo dentro di sé l’istinto di non dare da bere dell’alcool al ragazzo, si spostò leggermente a sinistra per prendere dal comodino della sua scrivania due bicchieri spessi e larghi e una bottiglia dal colore scuro, contente il tranquillante per eccellenza.
Sapeva che non doveva, ma alla fine era stata proprio la sua docente preferita ad insegnarli quel modus operandi e ora lui lo stava trasmettendo ad uno studente, come a creare una catena della conoscenza. Forse, quello era il primo insegnamento da elargire nella vita.



-Bevi, è Whisky Incendiario.-


Disse per poi ingoiare in un sol colpo l’intruglio e far arrivare il sapore amaro tra il palato e la gola.
Probabilmente quel goccio faceva del bene anche a lui, meno pensieri significava meno pare mentali.


-Dimmi tutto,Draven.-

Sentenziò prima che il ragazzo iniziasse a parlare di quanto doveva parlare.
Era certo che quella potesse essere una conversazione dai risvolti interessanti, bastava solo cavare il ragno dal buco.
Tamburellando le mani con leggerezza, mentre il flusso di pensieri si faceva maggiormente coerente, sentì quanto aveva da dire il ragazzo.
Ed eccola lì, chiara come la Luna che si specchia nel Lago Nero, la verità, quella realtà con cui forse aveva combattuto ma per cui non aveva avuto le forze (o i mezzi) per vincere.
Sentendo quella verità ad alta voce, il giovane professore, capì quanto fosse difficoltoso per Draven avvicinarsi a quel discorso.
Magari non ne aveva parlato con nessuno o forse il suo cervello aveva un blocco mentale, una repulsione per quella problematica.
Senza fare facce bastonate o guardarlo malinconicamente sbattè i pugni sulla scrivania e gli disse:


-Ragazzo, grazie per avermelo detto subito; stavo già pensando come farti sputare il Fiammagranchio dal…-

Mentre la voce si ergeva entusiasta sopra la sua, si accorse che però si era bloccato, non riuscendo completamente a tirare fuori tutto.
Osservandolo con faccia abbastanza curiosa, prima che concludesse, disse:


-Per i miei esami scolastici? Io lo avevo detto che ciò che aveva proposto il docente prima di me era veramente esagerato, ma non mi hanno voluto dare retta!-

Sorridendo attese. Era giusto che iniziasse a sentirsi a proprio agio.



 
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view post Posted on 9/8/2022, 09:59
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Draven Enrik Shaw
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Si era seduto tenendo le braccia poggiate sulle proprie gambe, spalle curve verso il basso e dita che, senza che se ne accorgesse, avevano preso a tormentarsi pellicine inesistenti per via del nervosismo. Dall’espressione del viso alla posa assunta, tutto indicava quanto fosse nervoso. Continuava ad agitarlo l’idea di dovere spiegare la propria paura; insomma, tutti avevano paura di qualcosa. Il problema vero era che, pur conoscendo l’origine del suo più grande terrore, se ne vergognava a morte. Era stupido. Voleva liberarsene o, quantomeno, imparare a combatterlo. Lo aveva visto come i mollicci reagivano tra i suoi coetanei: ragni, fuoco, pagliacci, erbe velenose, serpenti… E poi c’era lui, con il suo cucciolo di pinguino. Nonostante l’imbarazzo di doverne parlare, bastò il solo pensiero a fargli venire i brividi.
Si ridestò dal filo dei propri pensieri solo quando il professore gli passò un bicchiere. Conteneva un liquido ambrato piuttosto scuro; ebbe una mezza idea di cosa potesse essere. Il professore glielo disse prima di fargli prendere il bicchiere, ma poteva anche essere un tranello; non ne ebbe la conferma finché non lo mandò giù tutto d’un sorso, imitando i suoi movimenti. Sentì il bruciore derivante dall’alcool scorrergli lungo la gola, facendogli sfuggire un paio di colpi di tosse. Gli era capitato di assaggiare degli alcolici, ma quel whisky incendiario era su un altro livello! Alzò lo sguardo a incontrare gli occhi del professore: se gli aveva passato il bicchiere come un test per verificare l’autocontrollo, lo aveva fallito miseramente. Ma nel guardare l’espressione bonaria sul viso del docente, si sentì immediatamente rassicurato; forse, parte del merito lo aveva anche ciò che aveva appena bevuto. In altri contesti era sicuro che una personalità così estrosa gli avrebbe dato sui nervi, visto soprattutto il nervosismo che provava lui per via dell’argomento in discussione… Invece, nel riconoscere nell’uomo davanti a lui un che di bizzarro, ma al contempo rincuorante, si ritrovò a sorridere della sua reazione. Forse erano già ubriachi entrambi.


No, non proprio per gli esami. O meglio, anche per gli esami, certo… - cominciò a rispondergli, rendendosi conto di aver perso sensibilità sulla lingua. A ogni parola emessa poteva sentire il bruciore del whisky risalirgli in bocca. Era una strana sensazione.

È che, mi chiedevo, professore… Esiste un modo per sconfiggere la paura?
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view post Posted on 31/8/2022, 08:28
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Osservò il ragazzo ingurgitare il Whisky Incendiario, quindi aspettò che questo lo rilassasse.
Per quanto il nervosismo fosse evidente, sapeva che l’alcool in quelle situazioni aiutava, garantendo a chi lo aveva bevuto la possibilità di riprendere il controllo, ciò che mancava a Draven in quel momento.
Certo aveva un gusto amaro, una viscosità piuttosto lampante, ma permetteva di ritornare in sé, di agire con maggiore tranquillità.


-Che tipo di persona sei? Impulsiva o riflessiva?-

Domandò al ragazzo, evitando appositamente il quesito posto da lui.
Se gli avesse dato subito una risposta - con molta probabilità - sarebbero arrivati al succo del discorso senza starsi troppo a scervellare, una sufficienza che a lui non bastava.

Gli occhi smeraldini cercarono di fissare quelli dell’interlocutore per rasserenarlo.
Era chiaro che volesse farlo arrivare da solo a quella risposta, che volesse far sganciare il suo cervello da dove era appigliato per andare alla ricerca della logica, la benedetta razionalità che, dosata al punto giusto, non faceva mai male.
Che poi - ironia della sorte - anche lui in passato si era domandato la stessa cosa ed era arrivato ad una risposta banale nella sua semplicità ma che gli aveva permesso di evitare di farsi scrupoli.
Passando la mano sul bordo del bicchiere, cercando di trovare nel giovane un qualcosa che gli facesse capire se iniziasse a trovarsi a suo agio in quello studio, domandò:


-Quali sono le tue paure? Alla tua età non sono poche e di certo saranno diverse quando diverrai più grande.-

Con quell’ultima affermazione cercò di fargli capire qualcosa in merito alla paura, quello stato emotivo che sembrava aver dei connotati stabili, ma che in realtà era volubile come il tempo.
Rimase fermo ad osservarlo. Se avesse calato tutte le sue carte si sarebbe perso gran parte del divertimento e avrebbe scoperto molto meno di quello che avrebbe potuto sapere di Draven.
Voleva restare lì, come un Gargoyle, con gran parte delle sue carte ancora nella mano, in attesa di un nuovo avvicendamento, una nuova mossa del ragazzo.
Il Serpeverde era andato da lui per avere delle risposte e lui gliele avrebbe offerte ma - come sempre - al giusto prezzo.




 
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view post Posted on 4/9/2022, 22:47
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Draven Enrik Shaw
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Il whisky incendiario gli aveva bruciato subito la gola, ma con il passare dei secondi era stato come se quel calore si fosse propagato gradualmente dentro tutto se stesso. Si sentiva decisamente meglio, doveva ammetterlo; i nervi non erano più tesi, aveva smesso di tormentarsi le dita e la mente gli sembrò decisamente più limpida, meno caotica rispetto al solito e a quando era entrato in quell’ufficio. Da carico di pensieri e preoccupazioni che era stato fino a quel momento, riuscì a prendersi un momento per riflettere in maniera lucida e razionale, approfittando del silenzio generato dopo la sua domanda. Lo stesso Professore sembrò volergli dare quel tempo, forse già consapevole di avere davanti a sé uno studente dalla personalità nevrotica.
Come una lampadina, gli si accese la consapevolezza sul perché ai maghi adulti piacesse così tanto quella bevanda, ma non ebbe tempo di soffermarsi su quel pensiero che il Professore parlò di nuovo, riportando la sua concentrazione in carreggiata… si era distratto.


Decisamente riflessiva… - rispose, corrucciando la fronte e arricciando il naso in una smorfia. Nei suoi quindici anni di vita non era mai riuscito a capire se fosse un bene o un male, ma fino a quel momento stare a pensare su ogni minimo dettaglio prima di fare qualcosa non gli aveva portato chissà che migliorie nella vita rispetto a un impulsivo qualunque. Però era più forte di lui: nel cervello gli si attivavano contemporaneamente tutte le sinapsi nel momento in cui c’era da prendere una decisione o la situazione richiedeva un briciolo di raziocinio; dalle cose più importanti, alle più insignificanti, i suoi tempi di reazione erano sempre più lenti di chiunque altro avesse mai avuto il dispiacere, o il raro piacere, di conoscere. Anche il semplice parlare gli richiedeva uno sforzo mentale immenso, perché era difficile trovare sempre le parole giuste da dire.
I loro sguardi si incrociarono per l’ennesima volta da quando si era seduto lì, di fronte la scrivania, ma stavolta non chinò la testa a difesa e lo sostenne, in attesa del passo seguente. Doveva esserci un motivo per cui gli aveva posto una simile domanda; voleva fidarsi di quell’uomo che sembrava avere tutta l’intenzione di dargli una mano, genuinamente, senza secondi fini o doppiogiochismi. Non gliene veniva nulla ad aiutare un ragazzino a liberarsi dei suoi traumi o, quantomeno, a fargli imparare come tenervi testa.
Assorbì il significato profondo delle sue parole seguenti e, prima di potergli rispondere, si ritrovò ad annuirgli per istinto. Mentire non serviva a niente e, sì, di paure ne aveva un’infinità. Perdere Megan, essere una delusione per se stesso, veder morire sua madre come aveva visto morire suo padre, restare da solo per sempre, non essere mai capito da nessuno… Poi c’erano quelle più irrazionali: l’ansia sociale, la paura delle altezze (che però aveva imparato a gestire grazie al quidditch), quella degli spazi troppo ampi e aperti, le siringhe babbane, tutto ciò che appariva asimmetrico… Ma per sopravvivere in un mondo fatto di esseri umani che ne sapevano poco o niente di cosa significasse vivere nel disagio più totale ogni giorno della vita, aveva finito con l’imparare a sopportarle tutte. Tranne una: quei dannati pinguini.


Sì, ne ho diverse. Alcune più razionali, altre meno… Alcune ho imparato a gestirle, altre sono riuscito ad affrontarle a muso duro e a farmele più o meno passare.iniziò a dire, cercando di trovare le parole per spiegarsi nel modo migliore. Non sapeva come intraprendere in maniera diretta il discorso pinguini per entrare più nello specifico senza esporsi troppo.
Sospirò e chinò di nuovo la testa.
Forse non c'era altra scelta.


Quando ero molto piccolo ci fu un incidente, durante una gita allo zoo con i miei genitori. Appellai involontariamente un pinguino e mio padre, babbano, diede di matto. Cercando di togliermelo dalle mani finì… per… - proseguì a dire, prendendo un altro respiro profondo, come a volersi infondere coraggio. Si rese conto che le mani stavano tremando: non aveva mai raccontato a nessuno quella storia. Le strinse l’una nell’altra fino a far diventare bianche le nocche, nel tentativo di sedare quella reazione al nervosismo.

Il pinguino morì. Mio padre se la prese a morte con me e poi sparì.concluse, ancora con lo sguardo basso, incapace di affrontare qualsiasi fosse stato lo sguardo del Professore in risposta a quella stupida storia. Non voleva la sua pietà o la sua comprensione… Voleva la sua conoscenza, la sua saggezza e la sua capacità di saper affrontare le condizioni di difficoltà, o di paura, senza andare nel panico più totale.
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view post Posted on 15/9/2022, 08:22
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Cercando di non perdere il contatto visivo con il Serpeverde, Daddy, iniziò la sua analisi.
Per quanto non fosse un Medimago specializzato in psicoanalisi, ma un misero docente di Difesa contro le arti Oscure, continuò a ragionare su quale fosse il motivo per il quale il ragazzo non riuscisse ad affrontare la paura.
In prima battuta, fu fondamentale accertarsi che Draven fosse una persona riflessiva. Forse era proprio quella riflessione a portare le sue paure ad ingigantirsi quando, al contrario, se fosse stato impulsivo, si sarebbe gettato nuovamente a capofitto nella mischia senza scandagliare con precisione tutte le sfaccettature di ciò che lo aveva turbato.
Senza dire nulla, continuò a sentire il ragazzo e a raccogliere informazioni sulla sua persona.
Era chiaro che se avesse parlato avrebbe potuto rompere quel momento di confessione, pertanto restò in silenzio e valutò al meglio come muoversi.
Fermandosi solo per un secondo con il capo alla notizia che alcune paure le aveva affrontate a muso duro ed era riuscito a superarle - e il che gli faceva ipotizzare che ci fosse un grande margine di miglioramento- si bloccò definitivamente al sentirsi raccontare la triste storia del padre e il pinguino.
Passando le mani con delicatezza sulla sua scrivania piena di scartoffie, pensò a come intervenire in quel momento.
Si avvertiva nell’aria che il ragazzo bramava una risposta o cenno, ma doveva valutare con la dovuta attenzione le parole da usare; infatti, se fosse stato troppo pesante avrebbe turbato il ragazzo, se ci fosse andato leggero il ragazzo avrebbe percepito una superficialità da parte sua nel toccare quell’argomento.
Senza pensarci oltre - da impulsivo quale era - disse:


-Draven, non ci voglio girare troppo intorno, ma credo che il tuo non sia principalmente un problema di paura…-

Senza perdere il contatto visivo con il ragazzo, stringendo le mani a pugno, proseguì:

-… Piuttosto credo che il tuo sia un problema di mancata accettazione del comportamento di tuo padre che ti ha portato ad avere paura delle opinioni delle persone che hai vicino a te.
Sono quasi certo che se non si fosse comportato in quella maniera, questa sensazione di angoscia che provi si sarebbe limitata alla scena in sé, ossia alla morte del pinguino. -


Era stato diretto? Probabilmente si, ma quello era il suo modo di fare lezione e di aiutare le persone.
Lui amava mettere tutti di fronte al muro che si erano creati e aiutarli a superarlo; se non lo riuscivano a scavalcare, lo potevano demolire, ad ogni modo, lo attraversavano.
Distendendo nuovamente le mani, cercando nuovamente gli occhi di Draven, disse:


-Mi spiace per quello che ti è successo. Da quello che mi hai raccontato, mi viene da pensare che sei nato da una famiglia babbana, proprio come me, e questo mi ha portato a pensare a come mi sarei sentito io se fossi stato nei tuoi panni e avessi visto della violenza in risposta al mio essere magico. “Una merda”.

È successo dell’altro prima di questo evento? Tuo padre non lo hai più rivisto? -


Allontanandosi con la schiena dalla scrivania, poggiò con vigore le spalle contro la robusta poltrona.
Non voleva che si sentisse forzato a parlare; se gli andava lo avrebbero fatto, in caso contrario avrebbe accettato la sua decisione.
Era certo che Draven fosse in grado di gestire quella situazione, ma ognuno aveva i propri modi e tempi per affrontare la mente e questi andavano decisamente rispettati.




 
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view post Posted on 30/9/2022, 11:39
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Nel seguente post si fa riferimento ad atti di violenza, abusi, droga e morte.


Draven Enrik Shaw
15 y.o. - Serpeverde
Garzone c/o Magie Sinister
Nel momento in cui smise di parlare, con la bocca asciutta e lo sguardo vacuo, perso su un punto indefinito del pavimento, si rese conto che non aveva mai raccontato a nessuno quella storia perché a terrorizzarlo era stata la reazione di suo padre. Un ricordo orribile, che aveva provato a rimuovere dalla propria memoria e che non aveva mai voluto condividere, come se così facendo avesse potuto convincersi che non fosse mai davvero successo. Ed era come se il pinguino fosse la manifestazione fisica di quel trauma, di quella miccia che aveva fatto esplodere ogni cosa. Come se uno stupido animale potesse arrogarsi il diritto di tenerlo vincolato a una lunga serie di orribili esperienze che, comunque, a confronto erano tutte gestibili. Quell'evento, quell'incidente allo zoo, aveva segnato la sua psiche in un modo così profondo da mutare tutto il suo essere. La conseguenza, l'abbandono di suo padre, aveva manipolato ogni più piccolo dettaglio del suo carattere. Non poteva ricordare come fosse allora, prima che tutto ciò gettasse le basi per una vita colma di dolore e delusioni, ma dalle pochissime foto di famiglia che non erano mai state rimosse da casa sua si era fatto l'idea che, prima di allora, fosse stato un bambino... felice. Un bambino spensierato, col sorriso tenero ad addolcirgli il viso, che salutava anche i passanti quando andavano a spasso, tutti insieme, come una famiglia, solo perché sua madre gli aveva sempre detto di dover essere educato. Era come se uno stupido pinguino gli avesse portato via... tutto. Ogni possibilità di una vita senza pensieri negativi, vissuta sempre al margine, in attesa della delusione seguente. Ed era inaccettabile.
Lo sguardo si spostò sul crup ai piedi del professore, dove se ne stava lì, sotto la sua scrivania, a pensare chissà cosa... Aveva cercato di ignorarlo fino a quel momento, ma riportare a galla quel ricordo, dirlo ad alta voce, gli aveva ricordato perché se ne stava a debita distanza dagli animali. Dal pinguino, ai conigli dell'orfanotrofio, i cani del quartiere di Londra, il suo gatto...
Gli sembrò che il silenzio seguito dalle proprie parole durò un'infinità, ma quando il professore parlò di nuovo si riscosse dal torpore in cui si era lasciato andare, ignorando l'imbarazzo e la morsa di dolore che gli avvilupava le viscere; rialzò lo sguardo su di lui. Si ritrovò ad aggrottare appena la fronte, concentrato, ma al contempo scettico. Di nuovo, pensò di non trarre conclusioni affrettate, di dover dare fiducia a quell'uomo che aveva acconsentito a dargli una mano e avrebbe dovuto accettarla, così come gliel'avrebbe porsa e indipendentemente da quali fossero le sue aspettative riguardo l'esito di quella conversazione. Razionalmente, era consapevole di non potersi aspettare di superare quella paura attraverso poche parole, dopo una vita passata a starci aggrappato per giustificarsi ogni cosa sbagliata gli fosse mai capitata da quel momento in poi; ma, in tutta onestà, sperava davvero che il professore schioccando le dita avrebbe fatto sparire tutto ciò.
Lo ascoltò con attenzione, senza mai interromperlo e mantenendo il contatto visivo. Le sue parole non gli risultarono nuove, anzi, era pressoché il suo stesso pensiero a riguardo. Già che non lo avesse preso in giro per la storia del pinguino era segno di una grande sensibilità da parte sua, che apprezzò parecchio.


No. Non lo so. È il mio primo ricordo, credo... Mio padre tornò a casa quasi quattro anni dopo. Passò pochi mesi con noi. Morì... per un incidente domestico. Mia madre venne accusata della sua morte, passai quasi un anno in mano agli assistenti sociali, poi tornai a casa quando venni adottato da mia nonna materna. Fu poco prima dell'arrivo della lettera per Hogwarts. - riassunse brevemente, quelli che erano stati cinque lunghi ed esasperanti anni della sua vita. Prese un respiro profondo e gli sembrò di aver immesso pietre nei polmoni. Venne colto da un improvviso senso di nausea e si ritrovò a tenere gli occhi sgranati, fissi davanti a sé, ma senza davvero guardare in direzione del professore, quando si rese conto che nel semplice gesto di battere le ciglia si ritrovava ad assistere a scene inquietanti dietro le palpbre chiuse; frazioni di secondi che bastarono a ghiacciarlo sul posto. Le botte... Gli aghi nelle braccia di suo padre... I pianti di sua madre... L'incidente del coniglio in orfanotrofio... Le vessazioni, le grida, il sangue e le lacrime.
Si alzò di scatto dalla sedia. La bile che risaliva piano lungo la gola.


Grazie del suo tempo, Professore. Devo... devo andare. - disse a fatica, con voce roca e sofferta, come se parlare gli costasse fatica.
Aprì la porta del suo ufficio senza aspettarsi una risposta da lui o un eventuale tentativo di trattenerlo.
Aveva sottovalutato la situazione, decisamente. E col senno di poi non seppe nemmeno spiegarsi con quale arroganza avesse pensato di potersi togliere di dosso tutto, semplicemente imparando ad affrontare un mollicio che prendeva le sembianze di un ridicolo pinguino.
Parlare ad alta voce di quei pochi dettagli della sua vita... era stato come scavare nelle proprie viscere accedendovi attraverso un piccolo graffio sull'addome.
Si fermò a metà del corridoio del secondo piano e si chinò in un angolo a vomitare. Una scia di sudore più freddo del ghiaccio gli invase la spina dorsale, facendogli raddrizzare la schiena come se nulla fosse successo. Estrasse la bacchetta per pulire le prove del suo malessere e proseguì in direzione dei sotterranei, nella speranza che nessuno lungo il tragitto avrebbe fatto caso a quello studente improvvisamente pallido e dall'aspetto malaticcio.

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Edited by Draven. - 30/9/2022, 14:29
 
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view post Posted on 2/10/2022, 19:28
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Non era mai stato così tangibile il dolore. Se fosse stato materialmente presente, lo avrebbe potuto toccare con mano, provato a sollevare per poi accorgersi che era pesante come un macigno.
Draven soffriva, percepiva anche quello, ma oltre a dargli supporto cosa poteva fare? Come poteva comportarsi per allietare almeno in parte le pene di quel ragazzo?
Lo osservava con rispetto; non poteva sapere il dolore che aveva subito, ciò che aveva vissuto, ma poteva immaginarlo, poteva star male, poteva sentire quella stretta accalappiarlo allo stomaco fino a farlo restare in silenzio.
La bocca era fredda e asciutta, priva della consueta salivazione, mentre la mente iniziava a costruirsi mondi nuovi, universi paralleli dove lui poteva uscire fuori dagli schemi e fare della giustizia privata.
Quanto gli sarebbe piaciuto prendere quel padre e calpestarlo come aveva fatto con il figlio, quanto gli sarebbe gustato prendere e torcerlo nel suo dolore con la semplice forza fisica, fino a farlo dimenare, piangere e chiedere scusa.
Sentì quello che il ragazzo aveva da dirgli, lo vide allontanarsi e non lo seguì. Non poteva farlo, non poteva privarlo della dignità, forse una delle poche cose che aveva ritrovato in quello strambo castello.
Osservando Ciccio, il suo piccolo Crup, si mosse verso di lui per accarezzarne la testa, percepirne la vita e la fedeltà.
La mancanza di un padre amorevole, l’assenza di una famiglia poteva portare Draven a muoversi verso sentieri pericolosi, oscuri, fino a perdere la retta via e la consapevolezza di chi fosse.
Gli serviva una figura di riferimento, qualcuno che gli desse supporto, che gli dicesse che quanto era successo non era normale, che il padre che aveva avuto non era un essere umano, bensì un mostro.
Come si poteva fare se non riusciva a fermarsi per comunicare? Come poteva aiutarlo se non voleva farsi aiutare?
Tirando fuori la sua classica sigaretta da dentro un portagioie sulla sua scrivania, se la mise in bocca quindi l’accese.
Quel grigio stava iniziando ad occupare troppo la sua vita, era troppo presente in tutti gli angoli del mondo magico.

Uscendo dalla sua stanza con la sigaretta in bocca si avviò verso il corridoio del Secondo Piano.
Sembrava non esserci nessuno, ma se qualcuno si fosse avvicinato a lui per lamentarsi dei suoi vizi lo avrebbe preso e caricato di peso, senza star troppo a pensare alle conseguenze.
Mentre arrivava verso uno dei più famosi bagni della scuola notò uno strato di umidità contro le pareti.


*Che strano*

Pensò, mentre tirava fuori dalla tasca la bacchetta e la puntava verso la macchia.
Eseguì una rotazione in senso orario, per poi dare affondare verso la zona, senza però mai colpirla.


-Gratta e Netta-

Disse senza troppa gioia nella voce.
Voleva che una spazzola ruvida arrivasse su quelle mura vive per iniziare a lavarle, come voleva che Draven iniziasse a lavarsi la coscienza e cancellare i ricordi.
La cenere della sigaretta cascava imperterrita sulla pavimentazione, mentre la sua rabbia si incanalava tutta in quei movimenti di pulizia, in quella pratica così lontana da lui e dal suo essere.
Non gliene fregava assolutamente un cazzo di come fosse andato quell’incontro, di quel flop totale come docente; in quel preciso istante gli interessava capire come poteva fare per contrastare quel dolore in quel mondo, come mettere un punto a quella valanga di odio che si poteva spargere con un più che plausibile effetto domino.
Quando tutto fu finito, ripose la bacchetta nella fodera del mantello. Gli occhi bruciavano ancora, il veleno sgorgava ancora sui suoi pori, ma ora poteva andare avanti.
Domani era un nuovo giorno e sperava con tutto il cuore che lo fosse anche per Draven.



Fine.
 
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