Crepuscolo

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 7/7/2022, 19:28
Avatar

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
126

Status:


3MLxK2G
Era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;

pensavo che l'amore fosse eterno:
e avevo torto.

— Wystan Hugh Auden

BbQ8T9R
GgXTT45
aCz3EYf
U
n temporale estivo imperversa violentemente, insegue ovunque il grido delle rondini. La corsa delle nuvole, il respiro sferzante del vento, la frenesia di querce e di abeti spezzati alle radici, non c'è più grazia. Gli ultimi boccioli, di campanule e narcisi fuori stagione, brillano opachi fintanto che petali e colori si mescolano a zolle di terra divelta.
Tremano, le tane dei conigli. E l'Augurey del Guardiacaccia sfavilla nel pianto che da sempre, in modo misterioso, è anche canto. Somiglia ad una poesia lugubre, la lingua della pioggia e della tempesta, sorvola rapidamente l'intero giardino, e si tuffa – inseguendo l'ultimo tentacolo di piovra – negli abissi del lago.
Anche la musica si spegnerà, è il meriggio calante di un giorno già spogliato. Quel che è stato, lo sappiamo, tornerà ad essere: è il prezzo da pagare che per chi abbia oltraggiato la vita, e il tempo, e il segreto che nessuno – neanche tu, amor mio – dovrebbe mai svelare. Quel che è stato, in questo luogo, tornerà ad essere: è la condanna che trasforma gli spettri. Di cosa hai paura, ti interroghi. Sei stato punito, e lo sarai in eterno. Non c'è altro, per noi. Non c'è cambiamento. Corpi devastati, nell'attesa di una veglia che non conclude. Invoco la morte. Io, figlio del dolore, invoco la morte. Dove sei, rovina inaudita. Dove sei, tu che hai portato ogni cosa via da me, via per sempre. Dove sei, indomita furia. Nascondi la tua figura oltre il cielo che sanguina, travolgi il tramonto nel sortilegio a te familiare – e di me, allora, di me cosa resta. Chiamo il tuo nome, e non ho voce. Le rondini parlano in mia vece, le rondini che tutto conoscono. A loro non sfugge nulla, una volta accadeva lo stesso per me.
Come la tempesta invade la concordia di luce e d'ombra, io pure mi avvicino ad una riflessione: la nostalgia, il coraggio mancante, la fragilità, è un dedalo che non ha uscita. Il momento è ancorato al diniego, e le vetrate del Castello di Hogwarts ne sperimentano l'estrema passione. Scosse come da mani di gigante, paventano il pericolo di frantumarsi in breve: incantesimi, pensieri, sussurri si articolano gli uni agli altri, sfumando in una cantilena che porta con sé il ricordo della buonanotte. Per me, invece, è silenzio. La pioggia è furba, si intrufola oltre le finestre, e scivola oramai sulle mie spalle. Vorrei spostarmi, vorrei avere freddo: da quando ti ho perduto, non sento nulla.
Scorre, l'orologio. E la lancetta ha il fremito di un tuono, e il riflesso del tempo mi riporta da te. Quel che è stato, lo sappiamo, tornerà ad essere. Così la tavola è imbandita, la cena è iniziata – la Sala Grande è in festa, ricordi com'era per noi? Nel brindisi di coppe traboccanti di spensieratezza, sento l'eco della tua voce. Corpi vicini, si sfiorano inconsapevolmente. Fermati, tempesta. Grida, grida violenta. Grida quanto sia unico il privilegio di un intreccio di mani. Grida, grida violenta. Portami via, come una goccia di pioggia. Portami via, ora. Per favore, ti chiedo. Per favore, portami via.

Nei vostri ritrovi, siete al sicuro. Lungo la tavola di Tosca e di Godric manca un incrocio di sguardi, mentre la voce è addolcita dal sorriso, e la bocca è in estasi per bevande squisite. Quel che è stato, stasera, tornerà ad essere, e voi... voi lo vivrete in prima persona.
Il temporale non estingue ancora la sfida, sfuma impercettibile tra l'arrosto e il succo di zucca – sorrido, al pensiero di te tra le mie braccia. La tua voce è un sussurro, mentre mi ripeti una parola, soltanto una. Petricore, il profumo della terra che accoglie la pioggia. Ed io l'avrei amato, l'avrei amato ancora una volta. Ed io ti avrei amato, ti avrei amato per sempre. Quanto male ti ho fatto, quanto male ho portato tra noi: talvolta mi chiedo se non ci sia tu, dietro il temporale; una vendetta, forse il tormento di cosa non siamo mai stati. Dove tutto è perennemente lontano, torno anch'io. E vi osservo, osservo voi – il passo di ciascuna di voi anticipa la fila dei vostri concasati, il portone d'uscita dalla sala è un punto fisso. All'esterno, è l'ambivalenza delle vostre Sale Comuni a separarvi: distanti, eppure presto così vicine. Vi aspetta una ronda notturna, è la prima di una lunga serie: la settimana scintilla, tuttavia, nella consapevolezza di festività imminenti. Siete insieme, è un programma che conoscete: pian piano salutate i volti d'amici, non resterà allora che il mio sguardo a seguirvi. Quando la folla si disperde, gli uni diretti oramai altrove, è una pausa all'apparenza silenziosa a cingere il ritrovo: la notte sarà lunga, il coprifuoco non è tuttora scattato. Il tempo, per voi, è già fermo.
Come una conchiglia, le scale si attorcigliano nei gradini che vi porteranno altrove. Il temporale è un sottofondo greve, ma siete al sicuro. Negli ultimi studenti che scivolano via, vi ritroverete vicine – com'è stato da tempo, per la spilla che brilla gloriosa sulle vostre divise. Stasera, però, il tempo tratteggia per voi il cambiamento; i convenevoli si spezzano alla veemenza di un tuono, le fioche lanterne tremolano all'impressione di spegnersi finché non rischiarano nuovamente i luoghi del presente. Il tuono, tuttavia, attira la curiosa percezione dell'inatteso: è il Custode, arcigno come sempre, a trottare spedito verso di voi. Stringe convulsamente una lanterna, la cera all'interno è già consumata. La spinge di scatto in avanti, non gli importa chi tra voi due possa prenderla: è un monito che non lascia confusione. La lanterna è soltanto per voi.
«Troll nei Sotterranei, tocca a voi.» Sembra difficile afferrare le sensazioni che divampano tra gli occhi di Mastro Gazza: di disgusto, di paura, perfino di divertimento. Famelico di malcontento, spaventa il modo pacato con cui comunica l'impensabile. Corre via, indicando la bocca dei Sotterranei: grida ancora qualcosa circa studenti e punizioni, annuncia infine di avvisare il Preside. Da lì a poco, in effetti, si inerpica sulle scalinate verso i piani superiori, e voi... voi siete sole.
Potrebbe essere uno scherzo di cattivo gusto, forse una suggestione del temporale. È sciocco, mi dico, pensare che i mostri abitino i Sotterranei. I mostri sono altrove, nelle proprie camere d'affetto – non sono né sotto il letto né nell'armadio, non sono celati dall'oscurità. I mostri, quelli veri, sono tra voi.

Ed io, figlio del dolore, sono il mostro peggiore. Dai Sotterranei giunge un mugugno, un lamento sinistro. La pioggia scuote la pietra, il vento soffia nuove paure.

E il cielo, oramai stracciato,
è al Crepuscolo.


Benvenute all'Arruolamento per l'Esercito degli Studenti.
Il narratore che vi seguirà è al momento celato, sarà una voce che vi accompagnerà da vicino. Avete libertà assoluta, gli unici dettagli: siete in Sala Grande per cena, vi avviate all'uscita per la ronda notturna insieme. Postate pure l'inventario attivo in considerazione al momento.

Questa è una storia d'amore, e come tale porta con sé il tormento del cuore. Non sarà una storia facile, non è un caso se sia stata affidata proprio a voi: saprete coglierne il messaggio ultimo.

Per facilitare le dinamiche di gioco, tanto per voi quanto per me, inserisco delle scadenze: se non riuscite o per qualsiasi altro dubbio o problema, scrivete pure.

Prossima scadenza: 18 Luglio, 23.59

 
Top
view post Posted on 9/7/2022, 19:03
Avatar

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

Group:
Studente Sotto Esame
Posts:
1,510
Location:
Toscana ☀️

Status:



Camille Donovan
PS: 168 PC: 94 PM: 102 PE: 7

Il tavolo dei figli di Tosca, come al solito, era pervaso dal buonumore. Il borbottare costante di un temporale estivo, che all’occorrenza si tramutava in grido feroce, faceva da sottofondo alle piacevoli chiacchere tra concasati. Le risate che si mischiavano ai rombi di tuono come una strana e macabra orchestra.
«E dai, smettila!»
«Guarda che hai cominciato tu! Beccati questa!» risate che facevano da contorno ad una battaglia a molliche di pane tra due Tassorosso del V anno. Molliche che, grazie ai boati esterni, sembravano bolidi che cozzavano contro una mazza, anziché contro le divise.
Presto quelle chiacchere concitate, lo svago, si sarebbero spostati in Sala Comune, magari attorno al camino acceso, per poi spegnersi del tutto, lentamente, assieme alle braci. Sarebbero sfumati nell’oscurità, lasciando il posto allo spetrale silenzio notturno, dove morfeo era pronto ad accogliere gli studenti tra le proprie braccia. Per lei, invece, no. Il caro vecchio Morfeo avrebbe dovuto fare un’eccezione, almeno per qualche ora era dispensato dal lanciarle la famosa polverina negli occhi. C’era un turno di ronda di rispettare, doveva restare vigile. Un turno di ronda che si prospettava tutt’altro che noioso, considerando la compagnia: Alice. Un sorriso le increspò le labbra al pensiero.
La cena era quasi terminata, alcuni già si stavano alzando, presto l’avrebbe incontrata fuori dalla Sala Grande per incamminarsi. Pochi giorni mancavano alla fine delle lezioni e allora, solo allora, si sarebbero separate per le vacanze estive, ma non prima di aver compiuto un ultimo scherzo a chiusura dell’anno scolastico. Niente d’illegale s’intende, solo un benvenuto speciale.
Un ultimo sorso al succo di zucca rimasto. Un tuono la colse alla sprovvista, facendola sobbalzare. Un fremito sguaiato della mano per poco non fece cadere il bicchiere ormai vuoto che ancora stringeva, rischiando di frantumarlo. Lo posò immediatamente, non voleva fare danni.
Era ora, doveva andare. Si alzò dalla panca, recuperò le sue cose, mischiandosi poi alla folla che si avviava al portone, che raggiunse con passi cadenzati, ma non frettolosi. Gli ultimi saluti, le promesse di ritrovarsi più tardi nei dormitori e raggiunse così la Grifondoro, alla quale si annunciò così, in modo del tutto familiare, giocoso, attirando la sua attenzione con una mano sulla spalla.
«Ehi socia, pronta?» no, non solo per la ronda «Ti sei ricordata di portare…ciò che avevamo concordato un’espressione complice, le ultime parole pronunciate quasi a bassa voce nella direzione dell’altra, onde evitare di farsi ascoltare da orecchie indiscrete. Dal canto suo, dimostrò di aver fatto anche lei la sua parte. Aprì leggermente la borsa per lasciar intravedere il contenuto «Ora che è nella cerchia dei Prefetti, dobbiamo dargli un caloroso benvenuto, non trovi?» aggiunse con tono da malandrina, evitando di rivelare esplicitamente il nome del diretto interessato. Se fosse passato di lì e avesse captato il loro confabulare sarebbe andato tutto in fumo, solo la cenere a testimonianza del loro splendido piano «Prima di rientrare dobbiamo portare tutto su, nel bagno al Quinto Piano! Alla luce del sole rischiamo che lui ci scopra…» il luogo perfetto per una tranquilla festicciola a sorpresa. Niente di eclatante. Probabilmente, conoscendolo, le avrebbe odiate, o forse no. Sicuramente le avrebbe osservate a lungo con il broncio, era pronta a scommetterci. Ora che tutto era, più o meno, delineato dovevano concentrarsi sul dovere.
Non potevano rimare ferme lì a lungo, al piano terra, con le ipnotizzanti scale a chiocciola lì vicino, rese lugubri dai suoni persistenti del temporale. I Sotterranei - casa per lei - proprio a causa di tali suoni erano vestiti da un abito sinistro, inusuale dal suo punto di vista. I tuoni quella sera sembravano chiedere persino più attenzione degli studenti ancora in circolazione, che vennero brutalmente azzittiti dalla loro voce profonda. Una voce che sovrastò ogni cosa. Una voce che fece vibrare il suo corpo come una corda, un brivido si fece strada lungo la schiena. Quasi non si accorse della presenza del Custode, che la riportò alla realtà appena avvicinò la lanterna ai loro volti. Sbatté le palpebre e, d’istinto, allungò la mancina per afferrarla, le dita affusolate si attorcigliarono attorno al manico. Cosa dovevano farci? Di cosa stava parlando esattamente? Cercò di captare qualcosa di più tra le varie espressioni che gli si dipinsero sul viso, ma niente. Non seppe dire cosa gli passasse per la mente.
Appena l’uomo scomparve verso i piani superiori, si voltò in direzione di Alice, osservandola tra l’attonito e l’interrogativo «Troll? Punizioni? Preside? Tu ci hai capito qualcosa?» cosa le attendeva lì sotto?
«Non è che stavolta ha deciso di giocarci lui un tiro mancino? Da vittima a carnefice, sai?» sarebbe stato strano, ma divertente in fondo. Gazza, l’uomo arcigno che detesta gli scherzi, che si trasforma in burlone. Ma alla fine, forse, non era una burla, anche se lo avrebbe preferito di lì a poco.
Uno strano mugolio, un lamento risuonò dal basso. «Lo hai sentito anche tu, vero?» esitante, chiese conferma all’amica, nel dubbio quasi di esserselo sognato.
Distese il braccio alla cui estremità pendeva la lanterna, nella speranza di avere più luce possibile, una visibilità migliore «Spero sia il maltempo, magari era solo il vento?» e se non fosse stato così? «Forse dovremmo comunque dare un’occhiata…Insomma, anche se non è un Troll, qualcosa Gazza ha visto, non credi?» cercò una conferma da parte della Grifondoro dopodiché, con il braccio ancora teso, si fece coraggio e mosse il primo passo. Un gradino per volta. I sotterranei le attendevano.
Inventario
Bacchetta Magica (nella tasca della divisa)
Bombe Natalizie (in borsa): Cambiano gli abiti trasformandoli nella veste di Babbo Natale.
Heart-Attack (in borsa): È una scatolina di cartone a forma di cuore, facile anche da portare in tasca. All'apertura rilascia uno scoppio di coriandoli coloratissimi, a loro volta come cuoricini ritagliati; i coriandoli circonderanno chiunque sia vicino, creatura o umano, oscurando la visuale e bloccando per pochi minuti (un turno ongdr). Un elegante diversivo, utilizzabile una volta in Quest, dopodiché la scatola si ricarica da sé.
Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa, incluso Orcolevitas/Monstrum
Terza Classe: Reparo, Curo Venenum
code by Camille


Le azioni sono state concordate, la festicciola di benvenuto a cui si fa riferimento è una piccola scusa per aggiungere un paio di cosucce in inventario! Perdona nuestra vida loca :flower: :<31:

P.S: giuriamo che nessun Draven Shaw verrà maltrattato a seguito di questo post :flower: :<31:
 
Top
view post Posted on 10/7/2022, 15:27
Avatar

You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

Group:
Grifondoro
Posts:
1,203

Status:



AliceWagner
PS: 177 PC: 109 PM:153 PE: 15,5

Il battito incessante dell'acqua che scroscia lungo le pareti, intingendo le finestre, correndo giù per i tetti, bagnando le mura di quel profumo dolce e particolare che s'incontra solo durante i temporali estivi, mentre quel battito, vivo, forte, sembra sintonizzarsi alla frequenza del proprio cuore. Alice osserva i lampi che pervadono il cielo, contando mentalmente la distanza con il suono e sorridendo per quel giochino antico, dal sapore di casa, che dipinge i suoi pensieri, ora lontani, distratti, persi tra i cuniculi della memoria. Il tavolo dei Grifondoro è come al solito pervaso da un chiacchiericcio continuo, spesso estremo, cadenzato da picchi di eccessivo entusiasmo a minacce nemmeno poco velate. C'è sempre una sottile linea tra l'inizio di una rissa e quello di un'amicizia duratura. Nonostante ciò Alice sorride, i suoi concasati, soprattutto quelli più piccini, si guardano in giro ancora spaventati, pieni di voglia di mettersi in gioco, le divise ancora prive di pieghe i capelli ordinati, le ginocchia non ancora sbucciate. Un ricordo la colpisce improvvisa, una giovane dai capelli rossi, nelle sue vesti più piccole, convinta che sarebbe diventata la miglior maga al mondo, il cuore ancora privo di macchie e le paure seppellite in fondo ad un sotterraneo segreto. Oggi i mostri che erano stati rinchiusi son diventati cicatrici sul suo corpo, un filo argenteo dei capelli, venature biancastre sul collo e sprazzi di neve che contrastano la pelle rosata. Sobbalza in qualche modo, perché qualcuno delle averle rovesciato qualcosa nel succo di zucca che sta bevendo, il viso si corruccia in un'espressione schifata, Alice tossisce e solo verso la fine, un sorriso di sbieco le compare sul viso << Ah avete il coraggio di tendere tranelli al vostro prefetto. Cioè a me? >> indica i concasati mettendo su un'espressione semi seria, il tono è ora accusatorio, freddo, un po' autoritario. I primini sembrano pietrificarsi per qualche istante, poi Alice scoppia a ridere << Mh non male, ma dovete migliorare dai, me lo chiamate scherzo? Mia nonna saprebbe fare di meglio Ptf..>> La cena trascorre poi tranquilla finché non è il momento di rientrare, Alice cammina a passo spedito, dietro di sè i più giovani dai passi incerti vengono spinti verso Vivienne, mentre lei con le labbra che si sollevano in un sorriso si dirige verso la sua ronda notturna. I piani tessuti con Camille all'interno del loro diario non sono che parte di un'infinita gamma di malandrinerie di cui le due non fanno che scambiarsi. Alice avverte un vibrare del cuore. Gioia, allegria, freschezza sono associate alle sensazioni che la Tassorosso le dona, una ventata di spensieratezza le rinfresca le ossa proprio nel momento in cui avverte il suo tocco gentile << Yo Socia ma certamente! >> annuisce con lo stesso fare confabulatorio mentre dà una sbirciatina a quello che Camille ha nella borsetta. Come da specchio mostra quello che ha portato lei, scambiando un occhiolino per sugellare il patto << Hmm sì è piuttosto sveglio, potrebbe sospettare qualcosa. >> I pensieri di Alice volano sulla figura del nuovo prefetto, di quel ragazzo un po' solitario, di poche parole e di molti sguardi. Non sa ancora bene cosa sia stato ad avvicinarli, eppure c'è stato qualcosa che ha permesso loro di legare, una scintilla, un tocco, uno scambio di parole fugace, tutto parte di un sogno dalle trame sfocate. Curioso come spesso si diventi partecipi delle vite altrui senza nemmeno rendersene conto. In ogni caso quello che hanno in mente non può che rendere l'incontro più interessante, un battesimo per così dire all'interno del bagno dei prefetti, scandito da un pizzico di birbanteria. Si dirigono verso le scale, che come disturbate dal temporale in corso cambiano repentine, lasciando i due prefetti nelle mani di un curioso colpo del destino. Gazza viene loro incontro con passo spedito, al solito sembra catturato da una certa fretta, mista a un umore pessimo. Farfuglia qualcosa porgendo una lanterna, Camille la afferra per prima mentre Alice cerca di decifrare quello che il vecchio vuole comunicar loro. La notizia lascia entrambe perplesse, troppo è la gioia nell'annunciare il fardello, poca è l'incertezza portata da un possibile spavento. Alice è sospettosa, si scambia un'occhiata con Camille << Mh. Pensi davvero che se ci fosse stato un troll ce lo avrebbe detto così tranquillamente? Però sì controlliamo, meglio esserne sicure. >> dice con una certa sicurezza, innervosita dalla presenza del custode e dai suoi soliti giochetti. Le due intente a decidersi sul da farsi avvertono però qualcosa provenire proprio da lì, un mugugno, un suono sinistro. La mano della Grifondoro scatta ad afferrare la bacchetta, come d'istinto. E' decisamente ora di capire cosa c'è che non va, un cenno d'assenso alle parole della Tassorosso è il segnale per dare inizio all'azione, mentre i passi si susseguono velocemente a quelli dell'altra. L'adrenalina inizia a far ballare ogni particella del suo corpo, ci dovrebbe essere una scritta al di sopra della propria pelle che avverte: agitare con attenzione.


Inventario
Bacchetta: Legno di Sequoia, Piuma di Ippogrifo, 11 pollici, Flessibile
Bracciale dell'amicizia:
Condiviso con Vivienne
Mappa il passaggio
101 scherzi magici
Galeone del Fato

Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa
Terza Classe: Completa
code by Camille


Come detto dalla socia le azioni sono state concordate anche il possibile attacco ad un certo serpino

Ne approfitto per ringraziare il master di questa opportunità :flower:
 
Top
view post Posted on 10/7/2022, 23:42
Avatar

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
126

Status:


3MLxK2G
Era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;

pensavo che l'amore fosse eterno:
e avevo torto.

— Wystan Hugh Auden

BbQ8T9R
GgXTT45
aCz3EYf
N
el convivio familiare degli ultimi giorni, la Sala Grande è in festa e porge il saluto che anticipa il futuro ritrovo. La nostalgia di chi s'appresta al diniego del tempo, di chi prepara i bagagli e di chi indugia nei ricordi più belli: è un anno che va via, un altro, un altro ancora, e a voi – a noi – cosa resta? Somiglia alla resa dei conti, talvolta il peso si affievolisce alla consapevolezza di occasioni mai mancanti: vi rivedrete, che sia oggi, domani, e per l'eternità. Piange, il Castello di Hogwarts. Piange la lontananza, come un genitore che saluta il proprio bambino. Ogni goccia trabocca di paura, scivola lungo i tetti di pietra incantata finché non raccoglie pozze, lì dove creature della notte potranno abbeverare la sete più lunga – e forse, mi dico, è acqua salvifica. La roccia è testimone di quel che è stato, trattiene l'impronta di chi in questi luoghi abbia cadenzato il passo: è pioggia gentile, che non ammette contrasto; è pioggia che bagna anche me, che brucio fino alle fine dei giorni.
La tempesta avanza, è una bestia che tutti credono vorace. La sua, invece, è poesia inespressa – il ritmo lungo le finestre, la ricorrenza di tuoni e di reticoli luminescenti, il brivido primordiale di chi non vi ha abbandonato e torna, torna di nuovo. Mi porta indietro, com'è già stato: la carezza delle tue mani, il tessuto del tuo maglione sulla mia pelle, il tetto di vetro di casupole che tutti avevano dimenticato e che noi abitavamo in segreto. Mi porta indietro, quando tutto accadeva per noi, soltanto per noi – perfino la pioggia è in rovina, avvinta ad una colpa che è mia. Il mio temporale estivo eri tu, oggi è l'inverno perpetuo ad assolvere il mio disprezzo. Hogwarts, per te, non piange più.

Le fiamme divampano promesse che non potranno mantenere. Vi accoglie un gioco di luce, di scintille e di cenere, la lanterna ritrova amicizie di fuoco lungo il passo che insegue il dovere. Ben presto, tuttavia, ogni fiaccola perderà il bagliore di una magia sempiterna – godete il momento, vorrei gridare; il buio è un nemico che travolgerà tutti noi.
Le scale si stringono tra loro, gradini su gradini: cercano l'attenzione di entrambe, come a chiedere di non procedere oltre, di trattenervi un istante soltanto. È un déjà-vu che spezza l'argine ultimo: è tempo per voi di procedere, di non girarvi più indietro. Mentre la luce si affievolisce lungo l'ingresso dei Sotterranei, il promemoria dei vostri scherzi rallegra l'atmosfera. Cosa nascondete, nelle borse che stringete come tesori? È una curiosità che mi porta in visibilio, nel desiderio che ritrova la giovinezza che ho perduto spiritualmente. Senza di te, l'ho capito tardi, il tempo non ha valore per me. E il dispiacere è una punizione che mi ha imprigionato: il mio cuore, il mio respiro, il mio equilibrio, tu ne hai reciso i legami, e di me hai trasformato ogni cosa. Ora invoco il tuo perdono, io che non ho perdonato neanche me stesso: nell'ipocrisia che mi travolge costantemente, prego allora nella clemenza per chi non abbia peccato. Quando il cielo sfuma d'intensità, negli ultimi lampi che spingono le mure sotterranee, mi rasserena l'inganno della fine – andrà tutto bene.
Oltre la curva d'esordio, il corridoio è un limbo sospeso: né studenti né spettri s'aggirano nei dintorni, è la solitudine che tentenna nel dubbio di uno scherzo cattivo, ad opera del Custode. Eppure, da quando Gazza veste l'abito di un burlone? Il respiro bramoso delle lanterne alle pareti, come avvinte da un soffio di vento improvviso, ripristina il rischio, e torna in lontananza il mugugno – somiglia ad un ululato, un singulto di una bestia. E poi un colpo, soltanto uno: forse una clava sulla pietra, forse un oggetto caduto velocemente, forse... forse sei tu, che ti spezzi sotto il peso del tempo.
Alla curva successiva, gli ultimi rintocchi della Sala Grande si disperdono in definitiva. Le prime lanterne, dietro di voi, si spengono rapide: è un refolo oscuro, quello che vi spinge avanti. Proseguite, invita il vento. Non arriva nessuno, che sia una bazzecola o meno resta a voi. Pochi passi vi occorrono per accorgervi di qualcosa fuori posto: una figura minuta, non più grande di un burattino, vi attende al centro del pavimento; non è difficile individuarlo, lascia l'idea che sia un giocattolino di uno studente più piccolo. Somiglia ad un orsacchiotto di stoffa, ma ha i tratti inconfondibili di una creatura magica: le orecchie corte a sventola, una faccetta come una patata con la bocca tessuta in zanne di cotone color dell'ocra, e infine un corpetto grosso e a tratti buffo, interamente sfumato tra il rosa e il verdastro; indossa un panciotto, un abitino su misura di tinta cioccolato, al quale tuttavia manca uno dei cinque bottoni; stringe perfino una clava, più simile alla mazza di un battitore, a sua volta ricamata nei dettagli, seppur più punti lungo l'intera superficie siano stati sfilati – è un troll, è impossibile confonderlo. Quello che voi immaginate come soluzione, è per me il mistero di una vita che non dimentica. Nascondetelo, vorrei urlare. E di me, invece, non c'è che silenzio. Ho paura. Ho paura, com'è stato una volta. Vorrei voltarmi, lasciarvi da sole – io che non ho il vostro coraggio, io che non avrei mai imboccato i Sotterranei. Vorrei andare via, vorrei... Amor mio, vorrei te.
Resto da voi, eppure lontano. Seguo la lusinga che tale scoperta potrà regalarvi, all'idea che vi sia soltanto un troll di stoffa: è un dono, il tempo della serenità indiscussa; è un dono, a malincuore, che per voi non è destinato ad esistere. Il tremito riprende, il grido pure: è lontano, e non troppo. Non è di certo il peluche, potrete prenderlo – è il baluardo di quello che vi lascerete dietro. Basterà un passo, invece, prima che il colpo già sentito torni ad espandersi, e ne porterà un secondo, e un terzo, e un quarto ancora. C'è qualcuno, nei Sotterranei di Hogwarts. C'è qualcosa.
Ma è un clangore ben più vicino a fermarvi di scatto, sovrastando così l'ultimo suono. Si insinua lungo le pareti, è una spirale vitale che attiva un sortilegio famelico: le schiere di armature a voi familiari spezzano l'immobilità cui sono costrette, e il primo cavaliere avanza di un passo. Giunture di ferro, è un soldato privo di parola: è animato dalla magia, non c'è dubbio. Porta l'appello, come una sentinella: avanti, avanti, avanti. Così il secondo, e il terzo, e almeno dieci armature – cinque per lato – avvinghiano il cammino dell'uomo, portandosi meccanicamente al centro del corridoio. Inutile, allora, il tentativo di corrervi oltre: scattano le braccia, riflessi d'oro e di bronzo, finché sottraggono spade e lance da custodie. Nell'elmo vuoto, il volto è un'ombra. Ma le ombre, l'avete scoperto, non hanno compassione.

La prima armatura inizia la marcia. La spada taglia l'aria, è un soffio di vento che spegne una fiamma vicina. Il peluche, dimentico, sarà presto calpestato – è tempo di tornare indietro? Il coraggio, d'altronde, non è per tutti. Ne sono stato privo una volta, ne sono privo anche oggi: scappate, vorrei gridare. Un'altra armatura si piega sinistra, la lancia scatta in avanti: è un colpo deciso e drammatico, diretto ora, ora e per sempre, verso di voi. Scappate, vi prego.

Ma il colpo lontano ritorna,
e l'attacco è solo l'inizio.


Avete scritto degli interventi bellissimi, grafica inclusa. Complimenti!

Prossima scadenza: 21 Luglio, 23.59
 
Top
view post Posted on 14/7/2022, 17:10
Avatar

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

Group:
Studente Sotto Esame
Posts:
1,510
Location:
Toscana ☀️

Status:



Camille Donovan
PS: 168 PC: 94 PM: 102 PE: 7

Luci che presto affievolirono diventando tenebra. Questa era l’accoglienza riservata loro dai sotterranei. Erano sole, il brusio rassicurante delle voci familiari dei compagni si allontanavano piano piano, irraggiungibile come il miraggio di un assetato nel deserto rovente. L’unica voce che, al contrario, s’ingrossava era quella del temporale. Gli ululati feroci del vento, refoli e spifferi che ringhiavano al pari di un branco di lupi a caccia.
Lo strano vortice che erano le scale a chiocciola sentì, per quell’unica volta, che stava conducendo entrambe verso l’ignoto. Conosceva ogni gradino che stavano percorrendo, ogni anfratto di quel corridoio che le chiamava a sé come le sue tasche Ma ora le era tutto estraneo. Timore. Questo provava. Davvero una sciocca parola come “Troll”, buttata là per suscitare di proposito singulti, unita ai suoni della natura a cui tutti sono abituati sin dall’infanzia possa suggestionare così una persona? Pareva proprio quello il caso.
Di nuovo quella scossa alla colonna vertebrale, le piccole ossa cilindriche che scivolavano lungo le giunture come le placche terrestri durante un terremoto.
Poi di nuovo. Di nuovo quello strano lamento. La mano corse alla bacchetta, di scatto, un’azione automatica di difesa. Strinse il mandorlo fino a che le nocche non sbiancarono. Un colpo. Poteva il vento, così invadente ed irruento, bussare timido sulla gelida pietra per chiedere permesso?
Si voltò verso Alice. Cercò i suoi occhi per sapere se anche lei aveva sentito, se anche lei aveva avuto la medesima brutta sensazione.
«Chi è là?» provò a chiedere al vuoto. Lasciò che le parole si perdessero in quel silenzio appena nato, che scivolassero come stille di pioggia lungo le pareti in attesa di essere raccolte. Portò la bacchetta di fronte a sé. L’ansia crebbe. Crebbe finché, superata l’ultima curva, pochi passi ancora e vennero attirate da qualcosa abbandonato sul pavimento.
«Forse Gazza si riferiva a quello…» con un cenno del capo indicò il peluche dalle sembianze di Troll lì disteso, disarticolato. «Magari il trasgressore di cui borbottava è il proprietario. Dici possa essere ancora qui attorno?»
Aveva un qualcosa di tenero e buffo in realtà il peluche, agghindato con i suoi teneri vestitini su misura. Chi poteva averlo dimenticato? Immaginava potesse appartenere ad un primino, che magari lo stringeva a sé per non sentire la mancanza di casa, della sua famiglia. Un amichetto di stoffa pronto a proteggerlo durante le prime notti passate in solitaria. Certo, una creatura strana da scegliere, ma non tutti coloro che vengono considerati mostri lo sono. Anche i mostri erano bambini una volta. Bambini innocenti e senza filtri. Se lo sono diventati è perché qualcosa o qualcuno gli ha spinti nel peggiore dei modi a trasformarsi. Quel Troll in particolare lo vedeva pronto a difendere l’amico o l’amica con la sua clava in miniatura, combattendo per lui o lei le temute ombre che facevano capolino da sotto il letto o quelle che causavano macabri cigolii negli armadi, provocando sobbalzi di paura ai gracili corpi avvolti dalle calde coperte.
La presa sulla bacchetta si allentò lievemente. Il braccio sinistro teso per fare luce. Fece un passo. Poi un altro più deciso nella sua direzione, sperando di recuperalo e restituirlo a chi lo stava attendendo probabilmente a braccia aperte.
Un grido. Un colpo. Rumori che persistevano. La sé bambina avrebbe affrontato le ombre in grado di emetterli? Forse no, ma adesso non si sarebbe arresa. Un clangore metallico, uno di quelli sopracitati che annunciano l’arrivo definitivo dei mostri, la bloccò però sul posto.
La presa sulla sua arma tornò a stringersi, così come quella sulla lanterna, che si portò vicina allungandola sul fianco.
I mostri erano più vicini di quanto credesse. Mostri camuffati da cavalieri in lucente armatura, ma nello sguardo abissi dal fondale intangibile, forse inesistente.
«Ma che diavolo!» farfugliò. Forse era proprio il diavolo in persona. O solo il suo esercito personale di demoni. Demoni neri come la pece, neri come il male che circola nel mondo, pronti ad avanzare, ad uccidere. Arretrò di riflesso di un paio di passi. Una spada sguainata cominciò a minacciarle. Non poteva fuggire, non in quel momento. E se oltre a loro c’era qualcun altro? Il proprietario di quel caro cimelio di stoffa? Probabilmente non erano le sole in pericolo.
Una seconda minaccia. Una nuova armatura avanzava, ma a fendere l’aria ora era un’ascia. No. Non poteva scappare. Augurandosi che l’amica non la lasciasse sola, si sarebbe concentrata sulla prima armatura. Avrebbe portato il braccio in posizione di carica, come se fosse stata sul punto di lanciare qualcosa. Si sarebbe assicurata che la mano dominante fosse all’altezza del naso, mentre immaginava l’arma volare via. Lo avrebbe desiderato ardentemente. Il mostro doveva rimanere senza difese, stavolta. Si sarebbe immaginata la spada mentre abbandonava la solida presa d’acciaio, il consecutivo stupore del nemico, qualora fosse stato in grado di provarlo nel suo cuore di metallo. Una scena vivida, che avrebbe impresso a fuoco nella sua mente, mentre il braccio sarebbe andato ad estendersi. Nel frattempo, la sua bocca avrebbe liberato le prime due sillabe della formula «EX-» in maniera decisa. L’opera sarebbe stata completa con l’aggiunta della seconda sillaba «-PELLIARMUS!» la mano e la bacchetta, seguendo le parole come una danza, si sarebbero contemporaneamente allineate all’obiettivo.
Ti prego, vai a segno. Questo il pensiero che sarebbe affiorato in lei.
Inventario
Bacchetta Magica (nella tasca della divisa)
Bombe Natalizie (in borsa): Cambiano gli abiti trasformandoli nella veste di Babbo Natale.
Heart-Attack (in borsa): È una scatolina di cartone a forma di cuore, facile anche da portare in tasca. All'apertura rilascia uno scoppio di coriandoli coloratissimi, a loro volta come cuoricini ritagliati; i coriandoli circonderanno chiunque sia vicino, creatura o umano, oscurando la visuale e bloccando per pochi minuti (un turno ongdr). Un elegante diversivo, utilizzabile una volta in Quest, dopodiché la scatola si ricarica da sé.
Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa, incluso Orcolevitas/Monstrum
Terza Classe: Reparo, Curo Venenum
code by Camille


Camille, nel cuore dell'azione, tenta di occuparsi dell'armatura che brandisce la spada, provando a disarmarla con un Expelliarmus :flower: :<31:
 
Top
view post Posted on 17/7/2022, 10:42
Avatar

You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

Group:
Grifondoro
Posts:
1,203

Status:



AliceWagner
PS: 177 PC: 109 PM:153 PE: 15,5

Mentre la tempesta impervia fuori, come arrabbiata contro il cielo, come stanca di quel peso di nuvole gravide, l'acqua scroscia rumorosa, bagna e nutre la terra, scivola svelta tra i cornicioni delle pareti. Il vento ulula forte insieme ai tuoni che come disperati ricercano la luce del fulmine.
Nel frattempo Alice e Camille si trovano esterrefatte di fronte alle parole del custode, sospettose e allarmate da cosa esattamente di sinistro si celi in fondo a quei corridoi. La bacchetta di Alice è già sfoderata, tenuta salda nella destra, mentre il corpo inizia a mandarle segnali d'adrenalina che le fanno arricciare ogni pelo del corpo, si risveglia elettrico, come se avesse lui stesso incanalato il fulmine scagliato dal cielo. I loro passi si susseguono lentamente, le compagne non perdono la vista l'una dell'altra, Alice per lo meno segue attentamente i passi della Tassorosso, le scambia uno sguardo sicuro, d'appoggio. Come primo istinto, il più primordiale, quasi inconscio sente di dover far in modo che non sia messa in pericolo, che stia al sicuro, dietro il suo passo, dietro la parete dei suoi capelli rossi, per cui avanza andando a precederla, nonostante la luce fioca della fiamma inizi a diventare sempre più flebile. Alice è incredibilmente lucida, c'è qualcosa che scatta in lei che non riesce bene a spiegarsi, ma durante le situazione di azione la sua mente si azzera e il battito del cuore sembra acquietarsi come sincronizzato alla frequenza perfetta. Di fronte a loro una bambolina, poggiata nel centro del corridoio, le sembianze di un troll, i vestiti a cui mancano dei bottoni. Alice solleva un sopracciglio, uno sbuffo di risata prende spazio per un istante sul viso << E' una presa per il culo? >> esclama, mentre Camille pronuncia ad alta voce quello che entrambe stanno pensando e poi lentamente si avvicina ad essa. Forse non è una buona idea toccarla, ma in fondo cosa può mai far di male una bambolina del genere? << Non saprei, non ce lo vedo un primino a fare versi inquietanti di quel tipo. >> O almeno non un primino qualsiasi. Alice osserva il pupazzo, sembra quasi tenero, chissà qual è la storia che lo avvolge, lo scopriranno mai? Il tempo si dilata per un istante, un attimo in cui la sua mente torna all'età in cui aveva varcato i cancelli della scuola per la prima volta, alla confusione, l'insicurezza e al conforto che le dava guardare il cielo e pensare che la sua casa in Germania ne aveva uno della stessa identica fattura. Ma non dura molto perché qualcosa avviene, le armature sembrano prendere vita, animarsi di una forza sconosciuta e non essere intenzionate a far amicizia con loro. Anzi. Si armano chi di spada chi di lancia e cercano di attaccarle, immediatamente, prese come da un raptus folle o collegate forse dietro ai fili di un mastro burattinaio invisibile << Ach Scheiße! >> esclama prontamente, insultando con i toni familiare della sua terra quel clangore metallico, quei volti senz'anima. Lo sguardo va immediatamente a Camille, ad assicurarsi che anche lei sia pronta, che insieme possono farcela. Subito la bacchetta avrebbe puntato all'armatura con la lancia, nel momento dello sbilanciamento per il carico del colpo. Alice sarebbe poi entrata in contatto con il suo mana, quell'energia viva che le parte dal petto e che incanala nel legno di Sequoia, avrebbe visualizzato l'incanto nella mente, lo avrebbe desiderato, voluto più di ogni altra cosa. Avrebbe quindi immaginato il cavaliere senza volto venir spinto via. Spinto all'indietro verso il muro, poi perdere l'equilibrio proprio nel momento della carica del colpo, così da lasciarlo senza più la forza necessaria per poter scagliare la lancia che sarebbe poi conseguentemente caduta a terra poco più avanti, con la lentezza di una foglia morta che cade dall'albero. Puntata quindi la bacchetta all'altezza del petto metallico, avrebbe poi pronunciato con sicurezza, con parole chiare << Oppugno! >> mentre dirigeva il colpo verso il muro dove avrebbe voluto schiantarlo. Oh no honey, non c'è verso che tu ci faccia fuori così presto, avrebbe pensato con una certa tracotanza. Non era permesso alcun limite d'errore e lei di certo non avrebbe fallito.


Inventario
Bacchetta: Legno di Sequoia, Piuma di Ippogrifo, 11 pollici, Flessibile
Bracciale dell'amicizia:
Condiviso con Vivienne
Mappa il passaggio
101 scherzi magici
Galeone del Fato

Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa
Terza Classe: Completa
code by Camille


Alice cerca di schiantare l'armatura con la lancia contro il muro prima che riesca a caricare il colpo e a lanciar contro di loro l'arma.

Master ma i tuoi post sono poesia pura :flower:
 
Top
view post Posted on 21/7/2022, 23:02
Avatar

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
126

Status:


3MLxK2G
Era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;

pensavo che l'amore fosse eterno:
e avevo torto.

— Wystan Hugh Auden

BbQ8T9R
GgXTT45
aCz3EYf
O
ltre il tempo che ho negato all'amore, mi attendono le tue mani. Non respingermi, ti prego. Non respingermi, come io ho fatto a lungo. Carezzo l'immagine futura, un ricordo che è ovunque sospeso – ti ritroverò, ti stringerò, ti porterò al cuore. Il mio corpo è spento, linee diafane dardeggiano la prigionia alla quale ho condannato me stesso: e una volta, e un'altra, e forse mai, sospiro all'illusione di esserti accanto. È infida, la speranza di ritrovarti. Ed è meschina, da parte mia, la pretesa del tuo abbraccio: dove tutto è pausa, io ho perduto ogni parte di me. E di noi, oramai, trema un mondo in rovina – allora spegniti, battito mio. Questo è uno strappo che non si rimargina, vi resta un reticolo di sangue che porta la testimonianza di una pena infinita. Perfino la pioggia è impura, su di me.
Non concede amnistia né ristoro, arde come maceria viva e si apre un sentiero d'ossa e di polvere, di pietra e di nervi. Una volta la terra bagnata rideva con noi, oggi invece ride di noi. E il chiarore delle stelle, nel mantello di una notte di velluto, riflette nitidamente la tua assenza. I miei occhi sono tumefatti, pozze di luce che non brilla più – madreperla di luna, cantavi in poesia. Ed io, che ero a digiuno di ogni bellezza, giravo via e nulla concedevo oltre un timido sorriso. Quello che vorrei non è altro che avvicinare i nostri volti, e fermarci, fermarci un giorno come un altro. Camminare con te, nell'intreccio di dita che ho bruciato.
Divampa l'oltraggio che ho recato alla tua passione, è come un singhiozzo che argina la voce fino ad estinguerla. Ascoltami, vorrei avere il coraggio di dire. Ascoltami, io che ho parlato troppo, io che oggi affronto il vuoto. Una preghiera – per te, per me, per voi. Che tu possa avere pietà di noi.

È una prova frenetica, quella del passo di svolta: tornare indietro finché la salvezza è una porta socchiusa; procedere oltre, affrontare il pericolo con la risolutezza che sfuma in tensione. Potevate scappare, potete scappare – le mie palpebre trattengono i vostri volti, ne omaggiano il ciclico percuotersi di sensazioni in visibilio. Vorrei aver avuto la vostra tenacia, spingermi verso la stoffa che è stata presagio d'orrore e che stasera, di nuovo, torna tra noi. Non c'è morbidezza, tra le zanne del troll: quando scocca l'armata di bronzo, il metallo calpesta il tessuto – un altro bottone si stacca dal panciotto, il suo tintinnio si perde tra il clangore delle armature in vita. Oltre la prima linea d'assalto, antichi stregamenti destano dal sonno gli ultimi soldati: un cavaliere, un altro, un altro ancora, si allineano in una pattuglia sempre più compatta. Risulta presto chiara l'intenzione delle armature, bloccando il passaggio in modo drastico. Dietro di voi è libera la promessa di sicurezza, è una malìa che inviterebbe chiunque – al vostro posto – a fuggirne rapidamente. Sentite lo stesso colpo di prima, come il singulto di chi risulta in difficoltà – forse uno studente, forse un concasato. I bagni dei Sotterranei sono a breve distanza, l'invisibile gemito giunge dalla stessa direzione. Si svela a voi come percezione, perché l'assalto capitombola in principio: lampi di luce riverberano in più punti, i sortilegi fulminei zampillano dalle vostre intenzioni. Così l'armatura già prossima perde la spada, il disarmo è spira avvolgente: le braccia si piegano sotto il peso dello scarto, soffrono l'assenza dell'arma come in una ferita mortale – è confusa, la sentinella dorata. Tentenna sulla destra, inerpicandosi alla vicina; sorte analoga spetta alla lancia già scoccata: nell'esito scritto della tragedia, l'ostacolo la spazza via in un refolo di vento. Chi siete, voi? Cade sul pavimento, lasciando inciampare altre armature moventi: è un groviglio di bronzo, quello che si staglia dinnanzi. E vi guardano, i Cavalieri. Nei volti spenti, tessuti di buio – chi siete, sembrano sussurrare. Non cedono, per voi è l'attimo di un sospiro. Avete l'occasione di scappare. Allora scappate, vi dico. Il grido si fa vicino.
Aiuto. Ha la voce di un ragazzo.

Sono io, l'Ombra di Hogwarts.
E vi invoco, creature dell'oltre – voi che siete fatte di sangue, voi che negate l'amore. Sorgete, prima che l'ultimo rintocco vi porti lontane. Reclamo il dolore che avete causato, è l'appello di chi ben conosce il maleficio che vi appartiene. Ed io, che a lungo ho abitato tra voi, vi ordino di scoprire il velo sinistro – mostrate il buio, voi che un tempo brillavate maestose. Invoco voi, spettri d'averno. Quello che è stato, voi lo sapete, tornerà ad essere – la notte batte il ritmo della morte, e voi... non avete misericordia. Così le armature riprendono la marcia, le spade sguainate: l'illusione d'essere vittoriose potrebbe cogliervi rapidamente, all'immagine di solo tre cavalieri in prima fila. Volgendo l'attenzione poco dietro, altri vi attendono – è una falange di dieci soldati, uniti da un respiro che si spegne. Formano una figura geometrica pur di occupare il corridoio intero. Alcune, prive di armi, si sacrificano subito – quasi si genuflettono, come in devozione. Dagli elmi vuoti si origina un battito d'ali, come d'insetti in rappresaglia; vi spunta via una macchia d'oltremare, di un blu più vivace dei fiori d'estate, trascinandone subito altre in processione. Scivolano dai gusci di bronzo, dalle pieghe libere delle sentinelle di bronzo, aumentando ad un nugolo imprecisato – è un attimo, per riconoscerli. D'altronde, è notizia fresca di stampa. I primi vi attaccano, le zanne e le numerose braccia pronte a graffiarvi: i Folletti della Cornovaglia non sono mai apparsi tanto feroci. Vi mordono alle braccia e alle gambe, strappando lembi di vestiti finché non si insinuano in alto per tirare orecchie, naso, capelli – sono fastidiosi, pizzicano al punto da oscurare la visuale (-10 PS -10 PC). Qualche goccia di sangue anticipa il pericolo di un tale assalto, se non lo fermate in fretta. Le armature non vi attendono, le stesse piegate sulle ginocchia balzano avanti – una per ciascuna di voi. Non hanno armi, ma sono pronte a tutto. D'improvviso distinguete lo sciabordio dell'acqua. Come un'onda che si infrange lungo la pietra, in lontananza – è forse la pioggia o è il mio pianto?

Invoco il sale, sulle mie guance.
E brucia, oltre il ricordo.


Come regalo, si complica tutto: potete aggiornare di volta in volta i punti perduti, a testa.

Prossima scadenza: 30 Luglio, 23.59
 
Top
view post Posted on 24/7/2022, 17:45
Avatar

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

Group:
Studente Sotto Esame
Posts:
1,510
Location:
Toscana ☀️

Status:



Camille Donovan
PS: 158/168 PC: 84/94 PM: 102 PE: 7

Il primo assalto venne sventato. Almeno due delle fredde ed impietose sentinelle di metallo, senza cuore e con un’anima corrotta, erano state spiazzate e messe fuori gioco per il momento. Quante ne restavano da affrontare? Le loro armi scagliate lontano, ormai irrecuperabili nell’immediato. La lancia spazzata via da Alice intralciò alcuni dei nemici pronti ad attaccare, li fece capitombolare sotto i loro occhi. Ma neanche in quello stato le sembrarono innocui, tutt’altro. Non riuscì a cantare vittoria, nemmeno per quel minuscolo successo. Quel vuoto che le fissava, come lo sguardo perso e senza vita di burattini inerti mossi a dovere da chissà chi, la inorridì.
Di nuovo rumori, singulti e gemiti, la parvenza di una richiesta d’aiuto. Questo la inorridì di più, percezioni uditive nella battaglia che rafforzavano ciò che aveva solo osato pensare, che ci fosse qualcun altro là sotto. Qualcuno, nascosto chissà dove, che sperava di essere tolto dai guai. Era solo? O qualcos’altro di simile a ciò che le stava attaccando era chiuso con lui, sorvegliandolo come un mastino infernale?
Il suo istinto primordiale fu quello di correre.
Correre a perdifiato lungo i corridoi per cercare rinforzi.
Ma non ne sarebbe valsa la pena, anzi.
Nessuno di loro era al sicuro lì.
Altrettanto, nessuno sarebbe arrivato in tempo per dar loro man forte.
A loro quelle creature non davano tempo.
Non concedevano tregua.
Non concedevano respiro.
Quelle creature non conoscevano la resa, nemmeno dopo un rovinoso imprevisto che aveva affossato le loro intenzioni, o una piccola parte di esse.
Si rifecero nuovamente avanti in formazione bloccando la strada, impedendo loro di procedere oltre. Impedendo di trovare chi reclamava il loro intervento «Non mi piace. Non mi piace per niente.» lapidaria, con un’espressione turbata che le sfigurava il volto alla vista di alcune armature disarmate che si mossero in maniera anomala, mentre le altre rimavano impassibili, forse in attesa di un preciso ordine. Cos’altro avevano in serbo per loro? Cercò Alice con uno sguardo preoccupato. Le si affiancò. Preferiva così. Preferiva non distaccarsi troppo, esserci se l’altra aveva bisogno del suo sostegno. Valeva anche per lei, già solo la vicinanza dell’amica le trasmetteva sicurezza in quel momento.
La preoccupazione crebbe quando avvertì un rumore simile ad un frullio d’ali, proveniente da quei gusci vuoti chiamati elmi. In breve, all’oscurità si sostituì uno sciame color oltremare. Il colore di un mare tumultuoso e in tempesta, sintomo di presagi funesti. Folletti della Cornovaglia spuntarono da ogni spiraglio libero di quei cavalieri.
«No. No. No ebbe a malapena il tempo di reagire. I Folletti si fecero avanti come un esercito assetato di sangue. Del loro sangue. Un primo graffio. Una prima violenta tirata di capelli «Porco Merlino!» sibilò.
Voleva gridare.
Il bruciore dei graffi e dei morsi, provocati dai piccoli artigli e i dentini aguzzi conficcati nella carne viva, pervase ogni centimetro del corpo.
Le lacrime cominciarono a chiedere il permesso di uscire, di rigarle le guance, pizzicando gli angoli degli occhi. Aveva le iridi appannate, ma strinse i denti.
Imitando le gocce salate, il fluido vermiglio iniziò a far capolino dai tagli solleticando la pelle.
Frammenti di tessuto volarono come coriandoli, ma non c’era alcuna lieta festività da onorare con i loro colori.
Avrebbe cercato di proteggersi il viso, o anche solo gli occhi, nell’incavo del gomito sinistro, tentando di mantenere inoltre alta la lanterna, che pendeva all’estremità del medesimo braccio, di fronte a sé. Se era fortunata, magari il calore ed il fuoco, seppur deboli, gli avrebbe scoraggiati un minimo. Nella mano destra, invece, avrebbe continuato ad impugnare saldamente la bacchetta, tentando di non farla cadere a causa di colluttazioni o di spasmi di dolore involontari.
Di nuovo sentiva l’insano desiderio di gridare, ma stavolta non si trattenne. Gridò forte. Gridò un qualcosa che poteva risultare come un “Lasciateci in pace, andatevene” accompagnato da qualche impropero, come se quegli esseri potessero ascoltare seriamente la sua puerile preghiera.
Doveva liberarsene. Ma così come quelle creature le tormentavano, nemmeno le dannate armature concessero loro la pace che lei stessa aveva richiesto a gran voce. Il solito clangore avvertì di un nuovo movimento. Stavano per caricarle, balzando in avanti nella loro direzione.
A quel punto si trovò a scegliere: o scacciare i Folletti o essere travolta dalla furia dall’armatura. E doveva farlo in fretta, valutare il male fisico minore.
Scelse di tentare di atterrare la seconda. Avrebbe provato ad agevolare la visuale abbandonando la lanterna e scostando ulteriormente il braccio sinistro dal volto e, senza indugiare e demoni blu permettendo, avrebbe allungato il braccio davanti a sé puntando la bacchetta, stretta con ancora più vigore nella mano dominate, contro la porzione di pavimento calpestata dal cavaliere. Si sarebbe immaginata le pietre levigate, perfettamente lisce, scivolose, magari intrise con qualcosa di altrettanto sdrucciolevole come l’olio. Sì, l’olio, perfetto per far scorrere il metallo su sé stesso o su un altro materiale. Nella sua testa avrebbe preso forma la figura massiccia del suo nemico che piombava a terra, perdendo l’equilibrio su quella specie di infida miscela che aveva creato con il solo uso della fantasia. Solo allora, le labbra avrebbero pronunciato la formula «Lapsus!» e contemporaneamente l’esile polso avrebbe compiuto un movimento deciso dall’interno verso l’estero. Al fato la sentenza.
Cadi. Cadi e non rialzarti. Il flebile eco dei suoi pensieri sarebbe stato accompagnato dal cullante sciabordio dell’acqua in lontananza. Cosa le avrebbe accolte ancora. Cosa avrebbero trovato oltre.
Inventario
Bacchetta Magica (nella tasca della divisa)
Bombe Natalizie (in borsa): Cambiano gli abiti trasformandoli nella veste di Babbo Natale.
Heart-Attack (in borsa): È una scatolina di cartone a forma di cuore, facile anche da portare in tasca. All'apertura rilascia uno scoppio di coriandoli coloratissimi, a loro volta come cuoricini ritagliati; i coriandoli circonderanno chiunque sia vicino, creatura o umano, oscurando la visuale e bloccando per pochi minuti (un turno ongdr). Un elegante diversivo, utilizzabile una volta in Quest, dopodiché la scatola si ricarica da sé.
Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa, incluso Orcolevitas/Monstrum
Terza Classe: Reparo, Curo Venenum
code by Camille


Di qualcosa si deve pur morire e Camille ha scelto i morsi dei folletti, provando di conseguenza ad atterrare l'armatura con un Lapsus :flower: :<31:
 
Top
view post Posted on 30/7/2022, 18:58
Avatar

You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

Group:
Grifondoro
Posts:
1,203

Status:



AliceWagner
PS: 166/177 PC: 99109 PM:153 PE: 15,5

Era lotta, era sudore, era battaglia. Quella serata si era presentata di fronte a loro con note giocose, innocue, guidate dalla placidità di un'amicizia solida, di quelle che donano calore e vita, di quelle che sciolgono in un abbraccio tormenti e preoccupazioni. Quello che però il destino aveva riservato loro erano cavalieri senza volto in armature scintillanti, pronti a fare il contrario di quello che la letteratura comandava, invece che lottare per loro, lottare contro di loro. Eppure le due giovani streghe non erano affatto damigelle in pericolo, non occorrevano salvataggio, piuttosto erano i cavalieri a dover temere qualche ossa rotta, se di ossa si poteva parlare. Luci scintillante di bacchette, incantesimi che si facevano spazio nell'aree dei sotterranei, riempendo di vita quelle pareti consunte, caricate dall'oscurità e dalla polvere dell'abbandono. Un'armatura perde la spada, l'altra si accascia a terra con la lancia che scivola verso il pavimento, finalmente un'apertura, una via che geme, un suono che riporta all'urgenza.
Alice guarda Camille, Camille guarda Alice di rimando e senza parlare capiscono che devono proseguire, avvertono quell'urlo sempre più forte, rimbombare dentro loro stesse, scuotere ogni cellula del corpo, sussurrare alla mente di sbrigarsi, di correre non per fuggire ma per salvare. Correre per potersi rendere utili, per poter proteggere.
Ma i cavalieri non sembrano mollare, guidati da un mastro burattinaio nascosto dietro chissà quale porta, riprendono vita e si barricano in maniera da non poterle far passare e in un attimo che sembra quasi tranquillo, il rimbombo di un sottile scuotere d'ali non fa altro che tingere di blu il soffitto. E' il cielo che corre loro incontro? Un cielo formato da un'orda di folletti della Cornovaglia, intenti più che mai a far razzie sui loro corpi, a mordere a strappare, a dilaniare ogni pezzetto di pelle. Brucia tutto, il dolore è intenso e forte. Alice si sente impotente, vorrebbe scacciarli e per questo si agita cercando di mandarli via, ma sa che è inutile e che non verranno spaventati da un paio di braccia che colpiscono a vuoto. I cavalieri sembrano gustarsi quel momento, nonostante non abbiano espressione, pronti ad attaccare ancora, sporgersi verso le due studentesse. E' tutto parte di un piano, uno schema. Chi c'è dietro tutto questo? Ma non c'è tempo per pensare, Alice lotta contro il dolore, urla facendo eco alla Tassorosso e nella disperazione un incantesimo le balena in testa. E' difficile muoversi ma ignora il fatto che i maledetti folletti le stiano mordendo la pelle, si china verso terra in maniera che la bacchetta sfiori il terreno di fronte per qualche secondo, traccia una linea che va da destra a sinistra. Avverte in quell'istante l'energia magica invaderla e passare nel legno di Sequoia, visualizza l'incanto, il terreno che si scuote come durante un terremoto, il corpo che vibra e si scuote, l'equilibrio che cede. La scossa è media, ma dovrebbe bastar per far perdere l'equilibrio allo scintillio di fronte a sè. Durante l'inizio della linea, come da manuale avrebbe pronunciato << ORBIS >> lo avrebbe scandito ad alta voce, in un urlo seccato poi prosegue con la bacchetta, finché non raggiunge il termine di quel segno, nell'istante in cui conclude, avrebbe terminato con un << TERRA'RIUM>> l'accento lo ricorda giusto, nella sua mente il soldato di fronte sarebbe caduto, inciampato, incapace di prevedere quelle scosse e forse, solo forse qualcun altro avrebbe potuto seguirlo. Alice come al solito era molto più ottimista del solito.
Inventario
Bacchetta: Legno di Sequoia, Piuma di Ippogrifo, 11 pollici, Flessibile
Bracciale dell'amicizia:
Condiviso con Vivienne
Mappa il passaggio
101 scherzi magici
Galeone del Fato

Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa
Terza Classe: Completa
code by Camille


Alice cerca di procurare delle scosse di terremoto nel terreno, in maniera da rendere l'armatura di fronte instabile.

E la morte si avvicina :*-*:
 
Top
view post Posted on 2/8/2022, 09:20
Avatar

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
126

Status:


3MLxK2G
Era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;

pensavo che l'amore fosse eterno:
e avevo torto.

— Wystan Hugh Auden

BbQ8T9R
GgXTT45
aCz3EYf
C
hiamo il tuo nome. Oltre ogni epoca, oggi come allora, è un grido che va affievolendosi. Il modo in cui tu pronunciavi il mio, la voce soffusa come la fiammella di una candela... forse è questo che mi manca più di tutto, è questo che mi blocca il respiro. Ricordo le notti di luna piena, il tepore delle nostre mani giovani, tanto impaurite nell'intreccio in cui ci ritrovavamo. A lungo è stato un nascondino, quello che ha guidato il mio passo sulla tua strada – ti attendevo dietro ogni statua, le armature sotterranee come superstiti spettatori di un incontro che tardava a compiersi; ti ammiravo da lontano, troppo lontano, colto dall'estasi del proibito. Il chiarore delle stelle ti vestiva d'armonia, scivolava tra boccoli color del miele – tu che eri creatura d'oltremondo, allora, come hai potuto ignorare lo spettro famelico che ti si aggirava intorno?
Avrei voluto immortalare il primo istante, relegarti all'eternità del mio tremito; avrei voluto stringerti fino a perdermi in te, sentire il tuo corpo così vicino: in nuove forme, tutte quelle che non ho mai saputo comprendere. Ho accolto l'inverno, il soffio gelido di un vento meschino. Respingendo te, ho sferzato in me il privilegio dell'affetto sincero. Questa è la mia colpa, una delle tante. La pioggia, stanotte, esonda ogni memoria che ho di te. Nel suono che s'amalgama al battito spento del cuore, infine, si percepisce il tuo grido distorto. Di cosa hai paura, mi ripetevi. Ed io, infedele, tacevo. Avevo paura di essere in gabbia.

Anche l'ultimo bottone si stacca di netto, oramai il troll di stoffa è strappato completamente – vittima innocente, è stato per me quello che io non ho mai avuto il coraggio di essere. Come pegno d'affetto, vederlo capitombolare sotto la marcia pesante dei cavalieri di bronzo mi spezza l'anima. D'altronde, mi dico, cosa ho fatto io per fermare tutto? La nostra storia è un simulacro ridotto in frantumi, stasera ne raccoglierò di nuovo i resti – è questa, temo, la mia punizione. Nel tumulto della battaglia si cela a stento il mio singhiozzo, si infrange tra il calpestio del ferro e il clangore delle spade incrociate. Non c'è indulgenza, per voi. Vorrei credere che sia tutto finito, soprattutto per me. Ma è colpa mia, è sempre mia: la codardia mi invita ad agire soltanto ora, ora che è troppo tardi; e spingervi via, fermarvi, arrivare a ferire, pur di non lasciarvi passare. Forse è un moto di misericordia, l'avvisaglia e l'invito per desistere in definitiva. Oltre il corridoio, com'è già stato, il tempo non si è rimarginato – vi attende un prezzo peggiore. Vedervi combattere, io che inseguo il vostro ardimento, è un esempio anche per me; è facile perire all'assalto congiunto, abbandonarsi all'idea che non vi sia soluzione: né l'uno né l'altro, per sempre. Invece, in questo mondo, tutto è scelta: le armature cadono sotto la spinta dei vostri sortilegi, il pavimento è immediatamente scivoloso – la pietra palpita, il bronzo si fonde in una macchia indistinta: schermaglie d'oro e di ferro, tinte di mare, la pattuglia di cavalieri si incastra convulsamente ad un nugolo di folletti. C'è sintonia, tra voi: forse è prematuro accorgersene, ma è questa che vi ha appena salvato. I soldati inciampano, maldestri, verso le retrovie; le lance, le spade, le arme incoccate si infilzano di conseguenza in schiene ramate. Pur nell'apatia del dolore, privi d'umana carne, i cavalieri tentennano gli uni sugli altri, la magia che anima tutti loro è compromessa. I Folletti della Cornovaglia che sono stati abbattuti, per giunta, non si rialzano: è un volo che si spegne, onde di un cielo offuscato. Perché, potreste chiedervi. C'è un ronzio che accompagna altre creature sospese a mezz'aria, è qualcosa di atipico perfino per loro: altri continuano a mordervi, graffiarvi e ledere l'incolumità cui avete audacemente rinunciato, gocce vermiglie bagnano la pelle (-8 PS -5 PC). L'istinto di proteggervi il volto vi porta indirettamente a cacciare alcune fate, così udite lo scatto di una molla simile ad una trottola: tra le armature in ripresa, allora, le creature rivelano essere immobili, come giocattolini privi di spinta.
Sono finti. Un articolo recente di giornale sui vostri comodini può essere un lampo fugace, una giustifica – avrebbe poi valore, ora che l'acqua si appresta a sommergervi?

La sentinella dorata più vicina è piegata a terra, distesa come in un gioco che non riesce a terminare. Allunga un braccio, poi un altro, le mani di ferro catturano soltanto l'aria. Impiegano tempo per rialzarsi insieme e, se il pericolo non fosse imminente, all'apparenza sarebbe una scena bizzarra. Gli ultimi folletti paventano l'orrore in arrivo, si spegne la scintilla d'anima – una marea invisibile ne cristallizza il volo, così cadono come burattini oramai privi di fila. In lontananza, il grido che avete già percepito: aiuto. Un battito ora sempre più costante. Il pavimento, sotto di voi, trema imperterrito – Alice, è opera tua? Potresti aver violato le fondamenta del Castello di Hogwarts, divelto la patina stregata che da secoli protegge tutti voi. Si spalanca una voragine, al centro delle armature – è una fossa impossibile, di piastrelle e di calce.
«Cosa avete fatto» vi interroga una voce preoccupata. Non siete sole, non lo siete mai state: il ritratto di un nobiluomo con pipa vi osserva con occhi ingigantiti dallo spavento. Così com'è giunto in cornice, scompare in uno sbuffo di fumo. Vorrei allungare la mia mano, chiedervi di stringerla finché tutto non sarà finito. La pietra è il regno del mio cuore, questo non dipende da voi – siete in trappola.

La buca gorgoglia in modo sinistro, torna lo sciabordio dell'acqua: il grido di chi in pericolo si è spento, il cigolio delle armature e il ronzio dei folletti pure. Tutto è in attesa, è presagio crudele. L'elmo di un cavaliere è spaccato a metà, una fata vi è incastrata e oramai immobile, recisa nel momento di una fuga. Vi è stata data l'occasione di scappare, e voi – coraggiose, meravigliose anime – avete rifiutato. Ora è vano, il tentativo di salvezza: è un muro intangibile, potente sortilegio, a bloccare ogni avanzata. Potrete attingere ad ogni strategia, tutto sarà inutile. Né avanti né indietro, pareti eteree vi stringono in una morsa costante. Un rivolo d'acqua emerge dalla fossa, comincia a scivolare lungo il perimetro magico che vi è stato appena tracciato intorno: lo scoprite presto, perché in modi inusuali l'onda straripa fino a salire, salire di livello. Non va oltre un quadrato di pochi metri, il corridoio è una scogliera. Non siete più sotto attacco, eppure non è questa una fine più triste? L'acqua vi arriva ora alle ginocchia, è torbida e scura. Riflette contrasti di luce e d'ombra, sommergendo le armature e le fate. La fossa crea un vortice, vi tira giù. E per te, Alice, è il brivido di una condanna familiare. La mente si annebbia, trema il tuo corpo – il tuo volto spegne l'eterna bellezza che forse non hai mai saputo d'avere. Com'è già stato, il lago ti avvolge, ti circonda – le ciocche bianche brillano di più, ora che sei sul punto di annegare (-10 PM). Vi arriva oramai al torace, nessun grido vi porterà altrove: c'è uno spettro, che si aggira tra voi. Lo adocchiate immerso sotto la superficie, è un'ombra dalle fattezze umane. Sfiora le tue caviglie in una carezza agghiacciante, Camille. Si tuffa, prima che possa avvinghiarsi e spingerti in basso. Ma è un suono di catene, quello che emerge lentamente. Un ticchettio profondo, inseguito dal grido di una bocca di perfidia ridente. Sale, sale dall'acqua, finché oramai le vostre teste non sfiorano il soffitto – qualsiasi cosa sia, l'ombra sta salendo. Un volto pallido, infine, spunta a poca distanza. Ha i capelli lunghi, come steppa bagnata: il profilo di una donna che forse un tempo vestiva d'incanto, ora reca i segni della sofferenza. Le gote scavate, l'incarnato diafano e spento, ha occhi vitrei che si allungano verso di te, Camille. E tremi, preda della memoria d'oltre (-10 PM). Si estingue l'armonia del tuo viso, tu che sei amabile grazia in un mondo d'ombra. La figura avanza, avanza, avanza. E con lei il suono delle catene.
Volge il sorriso tirato verso di te, eppure... è Alice, che cerca di raggiungere.
«La ucciderò di fronte a te.» La voce è rauca.
Cristine Herondale non ammette pietà.

Oltre il lago, oltre la prigionia,
vi attende l'incubo della mia storia.


Questa è una parte fondamentale, l'ultimo ostacolo per procedere: il vostro coraggio è posto di nuovo alla prova. La trama del Gdr vi giunge in aiuto circa cosa stia accadendo. Siete entrambe spiritualmente ed emotivamente condizionate.

Prossima scadenza: 10 Agosto, 23.59

 
Top
view post Posted on 5/8/2022, 16:57
Avatar

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

Group:
Studente Sotto Esame
Posts:
1,510
Location:
Toscana ☀️

Status:



Camille Donovan
PS: 150/168 PC: 79/94 PM: 92/102 PE: 7

Un groviglio di bronzo, questo il risultato degli incanti. Ancora una volta avevano portato a casa una piccola, minuscola vittoria contro ciò che si era parato davanti a loro. Le armature cadute produssero un effetto domino sulle altre, un gioco d’intrecci che andò fortunatamente a loro favore.
I folletti, invece, continuarono a morderle, ferirle, facendo scorrere nuovo fluido vermiglio sulla loro pelle. Ma anche quello, all’improvviso, terminò. S’immobilizzarono, precedute da un anomalo scatto di molla.
Il suo volto, già provato, lasciava ancora spazio per l’incredulità: erano finti
Fasulli. Pupazzi, niente di più.
Pupazzi, come il povero Troll di pezza rimasto vittima di una guerra non sua.
Ma in guerra non si può abbassare la guardia. Il nemico non concede pause, con la minaccia costante di morte ti costringe a dormire con un occhio sempre aperto. Loro non si trovavano in una situazione tanto diversa. Non potevano gioire, perché un nuovo ostacolo, un nuovo pericolo che le separava da colui che reclamava il loro aiuto era dietro l’angolo. Anzi, sotto i loro piedi.
La terra iniziò a tremare. Una voce le rimproverò.
«N-non siamo state noi…» rispose debolmente, il tono quasi inudibile. Non era certa che l’uomo nel quadro l’avesse sentita. Non era nemmeno certa che non fosse opera loro, non del tutto. Non aveva certezze al momento. Una voragine si aprì lì, lì dove giacevano i resti delle armature abbattute. Da essa provenne un gorgoglio. Il resto era silenzio. Era come se il mondo si fosse messo in pausa, curioso, voglioso di godersi a pieno il destino che attendeva le due studentesse.
L’acqua cominciò a fuoriuscire da quell’apertura. Dapprima un rivolo appena, fino a salire sempre più di livello. Non potevano fuggire, pareti eteree le inchiodavano lì. Potevano tastarle nel provare ad avanzare, percepirne la presenza, una presenza che le aveva intrappolate. Intrappolate perché?
Sale, l’acqua sale fino a sfiorarle le ginocchia, delinea un quadrato attorno a loro. Una sorta di ring, ma stavolta contro chi o cosa dovevano vedersela?
Neanche il tempo di comprendere, o semplicemente d’intuire, che si sentì come cadere nel vuoto.
Se quella era la fine, non voleva saperlo.
Che fosse la morte stessa il loro avversario? L’oscura signora con la falce le voleva incontrare?
La mano destra si serrò ancora di più attorno alla bacchetta, non voleva rischiare di perderla chissà dove.
L’infido liquido le aveva trascinate in un torbido vortice nella fossa, ne rimava appena fuori il loro busto, dal torace in su, oltre la superfice.
«Alice…» provò a chiamare «Alice, stai bene?» farfugliò, mentre dalla bocca sputacchiava acqua per fare spazio all’ossigeno. La prima cosa che fece fu cercare l’amica, assicurarsi che non avesse subito danni, almeno quelli fisici. Con la mano libera avrebbe stretto la sua, l’avrebbe sostenuta se ne avesse avuto bisogno «Alice, dobbiamo uscire di qui, da questa gabbia…» qualcosa la bloccò. Un’ombra si aggirava indisturbata tra i loro corpi zuppi. Era reale o solo un’allucinazione?
Si sentì sfiorare le caviglie. Raggelò. Era reale. Tremendamente reale «Usciamo, o-» non riuscì a terminare. Venne tirata giù, riuscì solo a lasciar scivolare via in tempo la mano della Grifondoro per non farla affondare con lei.
Quando riaffiorò le sembrò di trovarsi di fronte al peggiore degli scenari. Tutto e tutti si aspettava, ma non lei. Non la donna che aveva popolato i suoi incubi da bambina, e che tutt’ora non disdegnava di farle visita nelle notti più agitate.
«Non puoi essere tu…» sussurrò. Gli occhi spalancati come se fosse stata appena abbagliata, le pupille dilatate per lo shock «N-non…» non riusciva a parlare. Non riusciva a ragionare. Chi o cosa stava giocando così con loro quella sera? Ma soprattutto, perché Cristine Herondale era lì? In carne ed ossa. Non le era bastato che le visioni di lei che minacciava suo padre la perseguitassero da anni?
«Tu non-» lei cosa? Come pensava di aiutare l’amica, di proteggerla dalle sue minacce?
Era paralizzata.
Le gambe di piombo volevano tirarla in basso, annegarla.
Voleva stringere Alice, dirle che non l’avrebbe permesso, che non era vero persino, ma la forza le mancò. Il braccio rimase incollato al fianco, inerte. Non lo comandava più. Era il terrore a muovere gli arti al posto suo.
Si sentiva stupida, preda di chissà quale sortilegio che le impediva di reagire.
Era come se corde invisibili l’avvolgessero, stringendola dolorosamente.
L’ultima volta che si era sentita così si trovava in aula, durante una delle lezioni fondamentali del corso di Difesa, quella sulla paura.
Paura.
Sì, paura, una parola tanto piccola quando in grado di scatenare il caos emotivo. Nessuno ne era immune. Nessuno, nemmeno lei.
Che fosse stato creato per quello il ring? Una sorta di scontro faccia a faccia con l’oblio interiore, quello da cui emergono i proprio demoni? Da cui emerge tutto ciò che ci spaventa? Quando era finita dentro quel ring, di fronte all’occhio giudicante del Docente, ne sarebbe scappata volentieri facendo vincere a tavolino la creatura che gliele aveva fatti palesare davanti. Alla fine aveva trovato la forza di mettere un punto e provare ad abbatterli quei demoni. Ci era riuscita persino, ma sperava di non doverlo fare mai più. O perlomeno, non in tempi così brevi.
Se si trovava nella medesima situazione era da confutare, ma se c’era anche solo un’infinitesima possibilità doveva tentare ad ogni costo.
Fece un respiro profondo.
Lentamente avrebbe provato a sciogliere i nodi di quelle corde che la tenevano in ostaggio.
«Non le farai niente.» avrebbe detto, parole leggere come un refolo di vento.
Prendi coraggio, credi in te stessa.
«Tu non lo farai.» la determinazione avrebbe preso a mano a mano possesso della sua voce.
Avrebbe stretto la bacchetta con la mano dominante fino a far sbiancare le nocche, puntandola contro Cristine, o quella che credeva la sua perfetta copia. Avrebbe fatto tanta paura se quell’incarnato diafano si fosse trasformato in qualcosa di delicato, come la porcellana? I capelli ormai steppa, tramutati in seta raccolta in morbidi boccoli. L’abito ormai logoro, in uno nuovo di zecca color carta da zucchero. Gli occhi vitrei in vero e puro vetro, con l’iride splendente come stelle nel cielo notturno. Come una perfetta bambola, così l’avrebbe immaginata. Un qualcosa che suscita gioia, sorrisi spontanei per la bellezza che possiede.
«Riddikulus» avrebbe pronunciato con totale convinzione, mantenendo ben vivido nella sua mente il delicato giocattolo che aveva creato.
Qualsiasi forma avrai, qualsiasi cosa dirai, io riderò di te. Non ti temo. Finché ci sarò io, tu non toccherai nessuno a me vicino.
Inventario
Bacchetta Magica (nella tasca della divisa)
Bombe Natalizie (in borsa): Cambiano gli abiti trasformandoli nella veste di Babbo Natale.
Heart-Attack (in borsa): È una scatolina di cartone a forma di cuore, facile anche da portare in tasca. All'apertura rilascia uno scoppio di coriandoli coloratissimi, a loro volta come cuoricini ritagliati; i coriandoli circonderanno chiunque sia vicino, creatura o umano, oscurando la visuale e bloccando per pochi minuti (un turno ongdr). Un elegante diversivo, utilizzabile una volta in Quest, dopodiché la scatola si ricarica da sé.
Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa, incluso Orcolevitas/Monstrum
Terza Classe: Reparo, Curo Venenum
code by Camille


Il sopsetto che si fa avanti in Camille, ad un certo punto, è che si tratti di un Molliccio, quindi prova ad allontanarlo con il Riddikulus :flower: :<31:
 
Top
view post Posted on 9/8/2022, 05:33
Avatar

You can own the Earth and still, all you'll own is Earth until You can paint with all the colors of the wind

Group:
Grifondoro
Posts:
1,203

Status:



AliceWagner
PS: 158/177 PC: 91/107 PM:153 PE: 15,5

I soldati cadono uno ad uno, come parte di una coreografia, spiazzati da due incanti prodotti come in sequenza, armonici. Cadono a terra come burattini senza vita, rimane solo qualche folletto a pizzicare loro la pelle, il corpo ormai dilaniato da quei pizzichii continui. Il dolore si aggiunge a quello precedente, mentre le due tentano di proteggersi il viso. Ma non c'è fine al peggio. Il pavimento balla, preso da una scossa ben peggiore di quella che Alice crede, avrebbe mai potuto causare. Non è opera sua, non può essere. Improvvisamente si ritrovano a sprofondare in una voragine, la bocca spalancata del predatore che le attende. No. NO. Non di nuovo. Pensa Alice con il terrore che risale per il corpo, quel corpo che ha già smesso di respirare, alimentandosi solo e soltanto del terrore più cieco, di quello che ora al posto del sangue, scorre nelle vene. Appena si rende conto di essere intrappolata capisce che c'è qualcosa di strano, come il presentimento del lampo sul tuono, come l'allodola che annuncia il giorno e con esso la luce, l'alba. Così l'acqua è per Alice presagio di morte, di buio, di tenebra. Eppur prima che essa la tocchi, è convinta di poter trovare un modo per uscire, per rompere quell'illusione, quel costringimento, quelle pareti fatti d'aria mischiata a magia, Si è dimenata, ha urlato, ha provato a spezzare l'incanto. Nessun Finite Incantatem sarebbe riuscito. Sono in gabbia, eppure inconsapevoli, nei momenti appena precedenti, di essere ancora libere dalle catene dell'anima, libere dai demoni che si divertono ad l'intrappolarle giù nel fondo dell'abisso.
Poi però l'acqua zampilla veloce, riempiendo la fossa che porta sulla superficie il loro epitaffio. Dalle caviglie passa alla vita, risalendo come su una spugna che si scurisce mano a mano che si fa più pesante e piena. Così il volto di Alice perde colore, giovinezza, speranza. Non ha idea di come muoversi, non ha mai imparato a sconfiggere ciò che più la tormenta, è come il ghiaccio che ha tempo addietro toccato con il corpo caldo e fanciullesco, quello che ora illumina le sue cicatrici di un brillore spettrale, il ghiaccio la immobilizza, circondandola di nuovo di quei demoni a lungo spinti in un angolo.
È un gesto, semplice di per sè, a farla tornare a respirare, a risparmiare un piccolo brandello d'aria a farle colorare le gote di un soffio di speranza. La mano di Camille raggiunge la propria, la stringe forte e il proprio nome riecheggia nel suo petto, riscaldando il ghiaccio che lo ha circondato. Prova a seguire la sua voce per uscire fuori dal labirinto dei propri pensieri, come il filo di lana sdrotolato ad ogni volta, come le mollichine di pane lasciate sul sentiero, come la luce che irrompe nel buio. Il tempo però maledetto non le concede più che lo scoccare di qualche secondo, prima che Camille, venga trascinata sul fondo di quella pozza mortale. Alice urla con tutto il fiato che ha in gola << No- No Cami! NO!> vedere la sua mano lasciare la propria è più spaventoso che affogare. L'idea di rimanere immobilizzata di fronte a se stessa non è nuova, seppur molto buia e sofferta, ma quella di non riuscire a soccorrere chi ama è ben peggiore. Devi proteggerla, devi proteggerla! il pensiero angosciante che la sua amica sia in pericolo, trascinata dove lei non avrebbe mai osato avventurarsi, basta perché qualcosa scatti in lei. Camille è stata trascinata sul fondo, deve raggiungerla, deve proteggerla. Avrebbe quindi rinunciato consapevolmente all'aria che le dona il respiro, come se l'equazione della sua paura fosse improvvisamente mancante, sbagliata, aggiungendo ad essa qualcosa di nuovo. Protraendosi per afferrare la mano dell'amica, avvolgendosi di gelo, di acqua, tutto per raggiungere quel calore capace di tenerla a galla, pur non sapendo nuotare. Tutto pur di non vederlo scomparire. Tutto per poterlo proteggere.
Inventario
Bacchetta: Legno di Sequoia, Piuma di Ippogrifo, 11 pollici, Flessibile
Bracciale dell'amicizia:
Condiviso con Vivienne
Mappa il passaggio
101 scherzi magici
Galeone del Fato

Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa
Terza Classe: Completa
code by Camille


Alice cerca di combattere contro le proprie paure al meglio che può, cerca di raggiungere la mano di Camille.

E la morte si avvicina :*-*:
 
Top
view post Posted on 19/9/2022, 11:13
Avatar

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
126

Status:


3MLxK2G
Era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;

pensavo che l'amore fosse eterno:
e avevo torto.

— Wystan Hugh Auden

BbQ8T9R
GgXTT45
aCz3EYf
A
bissi profondi vi imprigionano, non c'è via di fuga. Onde color pece si riversano crudelmente nei confini stregati in cui siete intrappolate, l'acqua si nutre degli incubi che non potete più nascondere. È un vortice in crescendo, quello che vi spinge lontane, vi lascia cozzare contro le armature affondate. Spezza il respiro che vi sostiene, sommergendo la flebile speranza alla quale forse – ingenue, dolci bambine – tentate invano di aggrapparvi. Il corpo si piega, involontario, alla bocca vorace che vi attende: nuovi mostri, all'appello compiuto, stirano mani d'ombra, gelide e notturne. Mi dispiace, vorrei gridare. La mia voce è un gorgoglio inaudito, la mia bocca è tirata in una smorfia che mi deturpa da anni. Vorrei portare sollievo, offrirvi una spiegazione: è l'amore che tutto distrugge, è la storia che vi appartiene e che si ripete. Oltre la pietra che avrebbe dovuto proteggervi, la pioggia è un opaco riflesso – Hogwarts, stasera, piange di nuovo. Un lago irriverente si innalza, è una tempesta che profana la sicurezza delle mura scolastiche. Oramai mancano pochi centimetri liberi, prima che il tetto vi raggiunga in condanna. Lo spettro che vi insegue è quello di Cristine Herondale, sfigurata dalle intemperie del dolore nevrotico, così come quello dell'abbandono. Ha paura, più di voi. Perché mai, prima d'ora, ha percepito una resistenza tanto pressante. Il brivido gelido delle acque severe, oramai, vi attanaglia la pelle, striscia – quasi mordendo – lungo la schiena. Quando si avvinghia al battito incostante del cuore, vi si offusca lo sguardo e vi concede il tepore finale che precede l'abbandono. Dolce, allora, è la sensazione di annebbiamento: le palpebre calano, il petto si abbassa e si alza più lentamente, i sensi si acquietano alla consapevolezza di non avere più scelta. Il sortilegio che zampilla dalla tua bacchetta, Camille, è la rete che vi tira in superficie – il grido disumano di Cristine Herondale ti porta indietro nel tempo, il ticchettio drammatico delle catene altera l'eco di quanto già vissuto. Hai colto il pericolo, dietro il demone in acqua. Anche se hai ragione, anche se tutto comincia a dissolversi intorno, la paura non è meno intensa. Così il maremoto si ritira in nuove forme, lascia catene, ferro e bottoni. Resta soltanto una bambolina di ceramica, l'immagine distorta dell'ironia che vi tende la mano.
Per entrambe, allora, è una caduta d'oblio – il lago, la donna, la prigionia. Sentite il richiamo alla vita, è una scintilla che vi scatta tenacemente. Quando aprite gli occhi, non c'è più nulla. Rovinate sul pavimento, il corpo scosso da gemiti estremi (-10 PS -5 PM).
È come fuoco, brucia costantemente ad ogni boccata d'aria. L'acqua è scomparsa, il pericolo è estinto. Cos'era, allora. L'incubo che le armature, di nuovo in fila ordinata alle pareti, hanno liberato. Mollicci superstiti dall'ultimo accadimento che proprio tu, Camille, hai raccolto e raccontato pochi mesi addietro sulle pagine di giornale. Il corridoio è libero, è illuminato dalle poche torce sparpagliate in più punti. Coraggiose, meravigliose anime. Perdonatemi.

Ovunque tu sia, stanotte, non rinnegarmi.
Lascia che io, miscredente, segua il tuo passo. Non chiedo altro, non ti prego d'altro. Ho perduto il senso di tutte le cose, non ho parole da offrirti in giustifica. La vita, per noi, è stata bugiarda. O forse sono stato io, soltanto io, a sferzarla ripetutamente. Forse eravamo destinati ad essere tutto, ad assaporare l'estasi della vita. Oppure eravamo destinati all'annullamento, insieme, di un pregio che mi è stato strappato via. L'acqua ha mescolato le lacrime di un volto che non ha imparato a sorridere, magari è quella la nota salmastra sulle vostre bocche. Cos'è successo, purtroppo, non vi è completamente chiaro. Non lo è stato neanche per me, in principio. Qualcuno vi osserva, qualcuno vi studia – stasera, Camille e Alice, potreste cambiare la vostra vita. Il passaggio, lungo i Sotterranei, appare vuoto, non c'è nulla che spinga al pericolo appena superato. Le armature non cigolano più, le armi sono cimeli decorativi che non vi attaccano. Nessun sortilegio vi sbaraglia la via – non sarebbe facile, ora, scappare? Perfino il clangore di clava si è spento. Negli istanti di ripresa, sentite lo scalpiccio di passi – un ritmo leggero proprio intorno. Qualcosa vi supera, ne percepite entrambe il soffio d'aria. Non c'è nulla di concreto, neanche uno spettro. Eppure, l'occhio attento vi appartiene: sul pavimento, tirato a lucido e fiocamente illuminato, si forma un'impronta di fango, poi un'altra, e un'altra ancora. Passi, questi, che recano l'inconfondibile suola di una scarpa. C'è qualcuno, è evidente. Invisibile, prosegue lungo il corridoio. Non dirà nulla, non risponderà. Le impronte, infatti, si fanno più lunghe e più rapide – chiunque vi sia, ora corre. È la bacchetta che scoprite, a mezz'aria da un mantello magico. Evoca così un gradino, poi un altro, è una scala. Si poggia sulla parete finale, nell'angolo di svolta del sotterraneo; punta verso l'alto, proprio sulla pietra. Non c'è botola, non c'è passaggio segreto. Vuole forse raggiungere il tetto? Sentite lo scricchiolio della scala di legno. Vicine o meno che siate, è facile per voi scorgere un piede scoperto nel movimento – una figura, in parte celata allo sguardo, sale rapidamente. Catturate il dettaglio di una mano che sfiora il tetto, poi sparisce improvvisamente. La scala sottostante segue l'esempio, cominciando a sbiadire. I primi gradini non potranno reggere il peso, la parte superiore invece è ancora concreta... un collegamento a metà verso il soffitto.
Dove conduce?

La pietra è una bocca famelica,
rilascia infine un suono di clava.



Come sopravvivere alle vacanze estive, affrontando la paura (ottimo titolo).
Vi chiedo perdono per il ritardo, riprendiamo con lo stesso ritmo.

Prossima scadenza: 26 Settembre, 23.59

 
Top
view post Posted on 23/9/2022, 15:44
Avatar

Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato ama il tuo peccato e sarai innocente. (William Shakespeare - Romeo e Giulietta)

Group:
Studente Sotto Esame
Posts:
1,510
Location:
Toscana ☀️

Status:



Camille Donovan
PS: 140/168 PC: 79/94 PM: 87/102 PE: 7

Non era solo il gelo della paura quello che l’attanagliava, impendendole ogni movimento e reazione. Se quello piano piano si quietava come un neonato cullato dalla propria madre, lasciando spazio ad una bambola - custode di gioie infantili -, quello dell’acqua penetrava, mordeva tenacemente ogni centimetro dei suoi arti.
Debole. Obnubilata. Così si sentiva. Più restava a mollo, più questa sensazione s’intensificava. I muscoli cedevano, ormai intorpiditi. Quell’abbandono fisico sembrava un miraggio di pace. Un miraggio di pace che bruscamente venne interrotto da un nuovo orrore, qualcosa di più primordiale: cadere nel vuoto. La riportò indietro di colpo, il cuore perse un battito, ogni parte di lei cedeva arrendendosi al mostro chiamato gravità. Non riusciva a lottare contro quel nemico invisibile, non aveva la forza di contrastarlo. Ogni cellula vibrava come attraversata da una scossa elettrica, le gridavano di fermarsi, di arrestare quella folle corsa, ma lei rimase inerte. Rimase semplicemente preda degli eventi.
La parte peggiore fu il violento abbraccio della nuda pietra che l’accolse al traguardo. L’impatto con il pavimento la lasciò senza respiro, stordita, paralizzata dalle fitte che la colpivano come pugnali ovunque. I polmoni bruciavano mentre annaspavano in cerca d’ossigeno. Non seppe dire per quanto rimase in quello stato, ma i sensi, ad un certo punto, piano piano si risvegliarono. Proprio allora, nel totale silenzio, alle sue orecchie giunse un rumore di passi, o almeno credeva. Chi c’era lì con loro? Un soffio leggero la sfiorò.
Appena le fu possibile tornare a ragionare razionalmente, a parlare, il suo primo pensiero fu per la sua compagna.
«Alice…» rantolò. Un colpo di tosse la scosse. Al suo placarsi proseguì.
«Alice, stai bene?» nonostante il dolore, con attenzione cercò di spronare il corpo ad ergersi seduto, con le mani ancora ben ancorate a terra per sostenersi. Mosse lentamente il capo per guardarsi attorno sperando di scorgerla, assicurandosi che anche lei fosse in fase di ripresa. L’aveva sentita? Aveva avvertito ciò che aveva avvertito lei?
«H-hai…?» le parole incespicarono sulla lingua «N-non siamo sole.» le uscì finalmente di bocca.
I gomiti si fletterono, lo sguardo vagò, notando come tutto fosse tornato stranamente alla normalità. Stavano sognando? No - lo scalpiccio, lo sbuffo d’aria - era tutto reale….doveva esserlo. L’occhio cadde poi su qualcosa di fangoso che stonava con la superficie lucida sotto di loro: impronte.
Impronte che diventavano sempre più frettolose, da esse traspariva urgenza. Ma urgenza di cosa? Dovevano capire fin dove arrivavano. Si fece forza e, provando ad ignorare le proteste delle membra causate dal malessere generale, si rimise in posizione eretta. Se l’amica avesse avuto bisogno d’aiuto, le avrebbe porto la mano per farla rialzare.
«Guarda qua…» indicò la pista disegnata dalla presenza che, come un fantasma, aleggiava attorno a loro «Vieni…» la incoraggiò a seguirla.
Quello strano sentiero, scoprirono ben presto aguzzando la vista, conduceva ad una scala in legno poggiata alla curva di svolta del corridoio. Quest’ultima scricchiola sotto il peso del suo ospite. Una figura infatti, in parte celata, la stava risalendo. La Tassorosso iniziò a muoversi cercando di affrettare l’andatura - riverberi della botta subita permettendo - determinata ad accorciare la distanza che li separava. Non fece in tempo a raggiungere l’obiettivo: giusto a metà percorso si accorse che i gradini inferiori cominciavano a svanire nel nulla assieme a quell’ombra sconosciuta, intrufolatasi chissà dove nel soffitto.
«Per Merlino!» ringhiò a denti stretti. Non gliel’avrebbe data vinta, non dal momento che erano così vicine a comprendere; vicine a raccogliere pezzi di puzzle da incastrare per avere un quadro completo della situazione. Avrebbe strinto la bacchetta, puntandola contro la scala rimasta intatta. Nella sua mente si sarebbe formata una copia carta carbone di quel moncherino sospeso, ma con una sola differenza: era ingrandito.
Si era espanso, in lunghezza ed in larghezza, mantenendo le proporzioni volumetriche originali. Si era allungato fino a colmare lo spazio che lo separava dal pavimento, né più né meno. Solo quando l’immagine fu ben chiara e ferma davanti ai suoi occhi, avrebbe mosso fluidamente il braccio dal basso verso l’alto e, in maniera decisa, avrebbe enunciato «Engorgio se il fato le avesse assistite, ben presto avrebbero potuto percorre il medesimo cammino dell’ombra.
Avrebbe invitato Alice ad arretrare un poco, per permettere all’incantesimo, se avesse funzionato, di fare il suo corso senza intralciarle.
Inventario
Bacchetta Magica (nella tasca della divisa)
Bombe Natalizie (in borsa): Cambiano gli abiti trasformandoli nella veste di Babbo Natale.
Heart-Attack (in borsa): È una scatolina di cartone a forma di cuore, facile anche da portare in tasca. All'apertura rilascia uno scoppio di coriandoli coloratissimi, a loro volta come cuoricini ritagliati; i coriandoli circonderanno chiunque sia vicino, creatura o umano, oscurando la visuale e bloccando per pochi minuti (un turno ongdr). Un elegante diversivo, utilizzabile una volta in Quest, dopodiché la scatola si ricarica da sé.
Arsenale Magico
Prima Classe: Completa
Seconda Classe: Completa, incluso Orcolevitas/Monstrum
Terza Classe: Reparo, Curo Venenum
code by Camille


In breve Camille prova a recuperare la scala con un Engorgio, sperando che l'aumento di dimensione della parte rimasta illesa possa permettere ad entrambe di risalirla :flower: :<31:
 
Top
view post Posted on 27/9/2022, 18:11
Avatar

Group:
Discepolo del Fato
Posts:
126

Status:


3MLxK2G
Era il mio Nord, il mio Sud, il mio Est ed il mio Ovest,
la mia settimana di lavoro e il mio riposo la domenica,
il mio mezzodì, la mezzanotte, la mia lingua, il mio canto;

pensavo che l'amore fosse eterno:
e avevo torto.

— Wystan Hugh Auden

BbQ8T9R
GgXTT45
aCz3EYf
A
more, per me, è un gioco a nascondino. Oltre il manto marmoreo, oltre la calce, oltre i cunicoli segreti che ho saputo cercare e che ora, caduto in miseria, ho smantellato fino alle fondamenta. Di una conta, di una fuga all'insegna del divertimento, di un ritrovo tuttora custode dei nostri passi, di questo – lo sai, lo sai bene – non resta che il ricordo. Ed è un ricordo pallido, così leggero da scolorire il tempo. Copro il volto profanato dall'assenza, copro gli occhi oramai tumefatti – è pietra, è soltanto pietra. La fine dei miei giorni, d'altronde, porta il tuo nome. Mi sembra di tornare indietro, di saltare con te – oltre la staccionata, oltre il giardino di gemme primaverili. In pozzanghere che trattengono il tuo riflesso, il mondo divaga proprio lì. È uno specchio in frammenti, poiché memoria di scene che non potranno ripetersi. Mai più.
Allora ti prego, stringimi la mano. E giochiamo, giochiamo come bambini almeno un'ultima volta. Concedimi l'illusione di averti accanto di nuovo, oggi, per sempre. Lasciami credere che tu sia nei dintorni: dietro un'armatura, dietro una scala, dietro un mantello. Quasi in attesa, prima di sgusciare via e correre alla tana che abbiamo tinteggiato – e dire eccomi, ho vinto. Amore, per me, è un gioco che ho perduto.

Orme di fango puntellano la pietra, colano in un reticolo di linee oscure. Alla rinfusa, prive d'equilibrio, si sparpagliano rapide le une verso le altre come una ragnatela. Il tremito dei vostri respiri si stabilizza, il cuore riprende la quiete dei battiti – è una scissione severa a portarvi in salvo, lo avete vissuto sulla pelle. Per te, Alice, l'incubo ha il suono dei laghi. Gorgoglia tuttora nell'eco che non vuole abbandonarti, imperversa come un'onda fin nel profondo. Lasciati andare, lasciati trasportare via. Vorrei offrirti una pietà cui approdare, la stessa che a me invece è stata negata. Affidati alla vita, assaporane il gusto. Camille chiama il tuo nome, è canto di sirena – porta al sicuro, oltre le rive dell'inconscio. Vi sentite pronte, potete esserlo. Altri, al vostro posto, inseguirebbero la di fuga ripristinata; altri scapperebbero via, il più in fretta possibile. Eppure, voi siete destinate ad altro: compiere la differenza, sviscerare la bugia che offusca la mia storia. Pochi passi, di fretta, vi conducono alla scala divelta: è concreta, brilla nelle tempere del legno e del ferro. Chiunque l'abbia utilizzata, ora è assente – perfino il tetto, in mura familiari, appare sigillato. Non c'è mappa che segni passaggio, in questo angolo dei Sotterranei di Hogwarts. Forse, ad oggi, non c'è anima viva che sappia dove sia, soprattutto dove conduca. Un manto silenzioso domina di nuovo i luoghi in cui vi trovate, nulla si addentra: né dipinto né spettro, il borbottio della pioggia è dimenticato. Raggiungere la parte sopraelevata della scala, in ogni caso, diventa un cruccio da risolvere in fretta: gli scalini sospesi a mezz'aria sono in dissolvenza, non c'è tempo. La strategia è nel tuo incantesimo, Camille. Il collegamento s'espande vertiginosamente: uno, due, tre gradini, e altri in successione si destreggiano verso il basso. Potete salire, la scala finalmente vi regge – l'invito, pressante, vi giunge dall'alto nel clangore di clava che vi è familiare. C'è qualcosa, al di là della pietra. Né botola né altro, è tuttavia una lastra all'apparenza intangibile. Ma c'è un punto, un mattone più consunto che attira l'attenzione. Camille, sei tu a guidare il passo. In alto il sottile ritmo di colpi, in basso lo scalpiccio di qualcuno in avvicinamento: è l'ultima occasione, questa, prima che siate scoperte. Sfiorando la pietra, dapprima l'una, poi l'altra, avvertite uno strappo leggero. Hogwarts, si sa, è protetta da antichi stregamenti – vi accoglie volontariamente, non c'è illusione né sotterfugio. La scala, il corridoio, subito tutto scompare sotto di voi.
Vi avvolge una cappa oscura, è buio assoluto. Ovunque è una notte estrema, non c'è scintilla di luce nei dintorni. I sensi sono in affanno, perfino la lanterna ch'era con voi – unica gentilezza da parte di Gazza – è come perduta. Nell'impatto contro la roccia, si spacca in mille pezzi di vetro e di bronzo. Il passaggio in cui siete capitate è stretto, basta allungare la mano per accorgersi di quanto il tetto sia basso. All'ausilio di una fiammella, potreste scoprirlo meglio: è un cunicolo che si disperde chissà dove, lungo il quale pendono solo ragnatele argentee, ed è difficile per voi procedere in piedi. Si insinua, allora, un refolo di vento gelido. Porta con sé il suono della clava, il battito di una presenza occulta. Nell'intervallo tra un colpo e l'altro, però, si coglie altro... è come una melodia che si distingue appena.
Si confondono: sinistra, destra, non è chiaro.

Spettri si aggirano tra voi,
il buio respira con loro.



Come accordato, Alice salta il turno (1/3 assenze). Puoi recuperare appena possibile, queste fasi sono più rapide (forza, che state andando alla grande!)

Prossima scadenza: 4 Ottobre, 23.59

 
Top
26 replies since 7/7/2022, 19:28   840 views
  Share