A Kind Of Magic, Colloquio Jolene White

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view post Posted on 7/9/2022, 08:15
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Il Fato

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In quella calda giornata di Settembre, la Scuola sembrava aver preso un colore diverso.
Hogwarts, che da molti mesi risultava un castello dalle tinte chiare dipinto in una distesa di verde, ora appariva come una struttura più scura vicino ad un sottobosco dai variegati motivi smeraldini.
Quell’effetto visivo per gli ignari sarebbe passato inosservato, ma non per coloro i quali erano anni che vivevano in quel luogo e che curavano il castello con tutte le loro capacità.

Quel giorno di buon ora, Lucille, si era messa a sistemare la scrivania.
Apprezzava quel periodo dell’anno, specialmente il momento in cui le piogge iniziavano ad avvicinarsi portando un meteo maggiormente attinente al suo carattere.
Dopo aver sistemato con cura la serie di scale che aveva vicino a lei, indicandogli dove dovessero posizionarsi, spostò in maniera maniacale il gioco regalatole dal guardiacaccia al fine di non farlo fuoriuscire dai confini imposti dalla sua scrivania.
Sapeva che presto sarebbe arrivata davanti a lei una collega ineccepibile, una delle persone che aveva permesso alla scuola di raggiungere l’eccellenza e non poteva farsi trovare assolutamente impreparata.

Sistemandosi i capelli ricci con dei colpetti ben assestati, si fermò a pensare se avesse sbagliato o meno a non dirle nel gufo dove si trovasse il suo ufficio.
Era vero che la donna potesse esserne a conoscenza, ma di certo poteva risultare scortese rilasciare in un invito luogo e data senza dare ulteriori specifiche.
Le lancette della sua scala segnavano le 8,55. Cinque minuti e Jolene White avrebbe bussato alla sua porta, cinque minuti e avrebbero espletato quella che ai suoi occhi sarebbe stata solo una piacevole chiacchierata.


 
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view post Posted on 17/9/2022, 19:03
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Jolene White

22 anni | infermiera aspirante docente


Avevo sempre diffidato dai cambiamenti. Mi piaceva circondarmi di abitudini consolidate, scavarmi la mia piccola nicchia nel disordine del mondo per adattarla giorno dopo giorno ai miei contorni, fino a quando non fosse diventata perfettamente comoda. Quando un elemento di disturbo si intrometteva nell'equilibrio così accuratamente creato, la mia prima reazione era di ansia: non potevo mai sapere che mostri avrebbe generato. Sentivo di perdere, assieme al controllo sulla mia quotidianità, una parte fondamentale di me stessa. Va da sé, quindi, che di rado sconvolgevo volontariamente la mia vita.
Non era semplice, con queste premesse, spiegare che cosa mi avesse spinta a fare domanda di docenza. Certo, se anche avessi ottenuto la cattedra, avrei continuato a vivere e lavorare a Hogwarts, che ormai conoscevo come i palmi delle mie mani. Avrei continuato a frequentare le stesse persone, a consumare i pasti al tavolo del personale scolastico; le mie mansioni, tuttavia, sarebbero state radicalmente diverse. Il mio rapporto con gli studenti, soprattutto, sarebbe cambiato: per loro io sarei diventata un'altra persona, totalmente sconosciuta nelle nuovi vesti; lo stesso sarebbe accaduto a loro, che da pazienti sarebbero diventati alunni, in una pienezza di significato di tale parola che prima non avevo considerato. Avevo paura. A dirla tutta, ero letteralmente terrorizzata. Eppure, non mi sarei bruciata quella possibilità per niente al mondo.
Avevo maturato la mia convinzione lentamente, settimana dopo settimana, trasformando pensieri sporadici e privi di peso in una risoluzione da portare fino in fondo. Una volta superati i dubbi di natura personale, il quesito importante riguardava la direzione scolastica: mi avrebbero concesso quella possibilità? Ero giovane, e i pochi anni che avevo trascorso a lavorare li avevo dedicati alle mansioni mediche. Per molti versi, il cambiamento sarebbe stato radicale.
Scoprii con gioia che mi era stata accordata abbastanza fiducia da fissarmi un colloquio. Il gufo mi arrivava direttamente dalla Segreteria Scolastica: come era accaduto a Lucien ormai diverso tempo addietro, prevedevo che anche la mia assunzione sarebbe dipesa dalla vecchia segretaria.
Presi la mancanza di indicazioni come un segno positivo: mi si riconosceva il mio ruolo all'interno del castello, la mia familiarità con esso era così consolidata da non richiedere grosse spiegazioni. Mi sentii trattata, letteralmente, come una persona di casa.
Ciò, ad ogni modo, non mi impedì di prendere le mie precauzioni. La Segreteria non era come il secondo piano, che conoscevo a menadito per la collocazione dell'infermeria: per lo più non avevo niente a che fare con quel posto. Così, la sera prima avevo percorso i corridoi di cui serbavo un ricordo sbiadito, per passare, come per caso, davanti alla porta della Segreteria. Non mi ero fermata, lanciando appena un'occhiata per sincerarmi che la targhetta fosse quella giusta, prima di proseguire con l'aria di chi ha una meta ben precisa. Dunque era lì che si sarebbero giudicate la mia persona e le mie competenze. L'agitazione che mi aveva invasa era per lo più piacevole.

Il giorno stabilito, quindi, potei imprimere ai miei passi una sicurezza abbastanza convincente. Mi fece bene camminare spedita, sentire il ritmo vivace dei miei tacchi che risuonava sotto ai soffitti altissimi. Le braccia mi dondolavano ai fianchi, sfiorando la gonna morbida. Scendeva quasi fino in terra ed era di un tessuto un po' pesante per le temperature ancora miti, ma l'avevo ritenuta il capo più adatto a darmi il tono che desideravo, di persona matura e sicura di sé. Per sentire meno il caldo avevo sollevato fino ai gomiti le maniche della camicia, e mi sembrava che ciò aggiungesse un tocco di dinamicità alla mia figura, come se puntassi sulla comodità così da potermi mettere in azione da un momento all'altro.
Avevo calcolato il tempo così da arrivare alle nove in punto, precisa come l'orologio dell'infermeria. Mi presi solo il tempo di un profondo respiro, così da rilassare le spalle e non dare l'impressione di essere tesa come un baffo di Kneazle.
Toc toc toc, tre colpi in rapida successione annunciarono il mio arrivo.
Non sapevo bene che cosa mi aspettasse al di là della porta. Le possibilità si dipanavano e intrecciavano senza che la mia immaginazione sapesse districarle; avrebbero potuto essere forme mostruose o meravigliose, e non mancava molto prima che lo scoprissi.


Non io bimba di Lucille con gli occhi a cuoricino :sbrill:
 
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view post Posted on 19/9/2022, 17:44
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Il Fato

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Nel momento esatto in cui poggiò i palmi delle mani sulla poltrona, sentì un suono di nocche provenire dalla porta.
Non c’era niente da dire: Jolene White era veramente impeccabile.

Osservando la lancetta dei minuti convergere all’apice, con tono squillante esorto la sua ospite ad entrare.
Non ci volle molto alla segretaria per rimanere affascinata dalla semplicità della nuova arrivata.
Quella capacità nell’essere semplicemente lei per Lucille era croce e delizia; un frutto del desiderio che non era riuscita a cogliere nemmeno in giovane età.
Sistemandosi gli occhiali dalla spessa montatura, fece alla donna cenno di accomodarsi in una delle due sedute che solitamente offriva agli ospiti. Senza esitare domandò:

-Trovato velocemente l’ufficio?-

Un sorriso, a tratti inquietante per quanto cordiale, si dipanò lungo il volto della donna mentre iniziava a capire come muoversi.
Era certa che le competenze c’erano - le prove scritte dell’ancora Infermiera erano state perfette - gli mancava capire solo un ultimo dettaglio, giusto per essere certa.

-Nel frattempo che ti offro qualcosa…parlami di te…
So che sei entrata per vie traverse -il fatto che tu abbia lo stesso cognome del Professore di Pozioni non è passato inosservato- ma te la sei cavata egregiamente, tanto da essere apprezzata da quasi tutta la scuola.-


Facendo in modo che una delle sue scale portasse alla donna una scatola di latta al cui interno vi erano dei piccoli pasticcini al burro, domandò:

-Tè o succo di zucca?-

Sorrise. Era convinta di aver posto alla donna la prima delle sue crudeli prove.


 
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view post Posted on 23/9/2022, 11:35
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Jolene White

22 anni | infermiera aspirante docente


Invitata ad entrare, spinsi la porta per trovarmi di fronte a Lucille Darmont, la segretaria scolastica. Non provavo soggezione, non esattamente, anche se la sua età e l'esperienza ben più lunga della mia ne facevano una figura verso cui nutrivo un istintivo rispetto. Hogwarts era rinomata in tutto il mondo magico per l'ottima preparazione dei suoi insegnanti, e quella donna aveva il potere di decidere chi fosse adatto a ricoprire quel ruolo e chi no. Il mio obiettivo, quel giorno, sarebbe stato di dimostrarle che meritavo di rientrare nella prima categoria.
Appena incrociai il suo sguardo, le rivolsi un sorriso. Fui felice di trovare ad accogliermi un'espressione altrettanto cordiale, anche se vi scorsi qualcosa che non mi metteva esattamente a mio agio. La stessa domanda che mi rivolse mi lasciò leggermente perplessa. Fu allora che, senza un motivo razionale preciso, sospettai per la prima volta che l'omissione di indicazioni nella missiva nascesse da qualcosa di diverso dalla fiducia: presi in considerazione l'eventualità che Lucille mi avesse già messo alla prova.
«Hogwarts è un labirinto, ma fortunatamente la conosco abbastanza bene da orientarmi senza difficoltà» risposi con leggerezza, come ad una domanda di cortesia. Avevo bussato alla sua porta con puntualità impeccabile, quindi sapevo di non dover temere nulla da quel punto di vista.
Mi ero accomodata dove mi era stato indicato senza prendermi la briga di osservare l'ambiente in cui mi trovavo – la mia attenzione era tutta per la donna, e per il mio corpo. Ora che ero seduta, mi era richiesto uno sforzo maggiore per sopprimere tutti quei piccoli gesti che avrebbero potuto tradire un leggero nervosismo; così, poggiai le mani in grembo ed intrecciai le dita per evitare di tormentarmi le unghie. L'espressione del viso era più semplice da plasmare nella calma che intendevo trasmettere, ma ciò che disse Lucille – la sua insinuazione fatta in termini così bonari, quasi mi volesse concedere la sua benevolenza perché sì, ero una raccomandata, ma tutto sommato valevo qualcosa –, quelle parole mi fecero divenire ben più seria.
«Tè, grazie» dissi automaticamente, riservando una rapida occhiata alla scala che mi spinse di fronte una scatola di pasticcini. Lucien mi aveva parlato della curiosa predilezione della donna per quella particolare struttura architettonica, ma non avevo capito fino a che punto si spingesse realmente. In un altro momento mi sarei chiesta che cosa rivelasse della sua psicologia, ma non allora, quando ciò che contava era la mia pronta risposta a delle insinuazioni poco lusinghiere.
Preferii puntare il mio sguardo sul viso di Lucille, in cerca di un indizio sulle sue intenzioni. Probabilmente stava scherzando, nessuno del personale scolastico avrebbe mai potuto dire una cosa del genere come se niente fosse. A dirla tutta, nessuno avrebbe mai potuto crederci: era successo che, per pura coincidenza, condividessi lo stesso cognome di un docente storico della scuola. Avevo già sentito battute riguardo ai presunti cugini White, e in contesti informali ne avevo fatte anche io, sapendo che in realtà io e Sirius non condividevamo niente se non il posto di lavoro e un cognome francamente comune. Iniziare un colloquio a quel modo sarebbe potuto sembrare una grave mancanza di rispetto. Dovevo mostrarmi indignata, invitare Lucille a lasciar perdere i pettegolezzi? Ma la rabbia non era nelle mie corde, e l'assurdità delle voci mi impediva di sentirmi punta sul vivo.
Alla fine, agitai la mano come a voler scacciare quell'idea assurda. Ribattei con voce pacata: «White è un cognome abbastanza comune, che io sappia io e Sirius non condividiamo una sola goccia di sangue». Appoggiai i palmi sulle ginocchia, per poi protendermi leggermente verso Lucille. Volevo che vedesse bene il mio volto mentre le dicevo il seguito. «Sappiamo entrambe che Hogwarts non sarebbe l'istituto d'eccellenza che è, se concedesse i ruoli con criteri così arbitrari. No, quelle voci sono assurde, non prendiamoci in giro.» Le sorrisi, come se avessi capito lo scherzo e ora ce lo potessimo lasciare alle spalle. Raddrizzai la schiena. «Se sono stata assunta, e se poi ho mantenuto il mio posto, è perché sono brava in quello che faccio. Sono consapevole delle mie capacità e dei risultati che posso raggiungere. Come infermiera, come insegnante... In un caso ho dato tutta me stessa perché volevo raggiungere l'eccellenza, nell'altro sono pronta a fare altrettanto. Non ho bisogno di raccomandazioni per arrivare dove voglio, posso dimostrare da sola di meritarmi un incarico.» Non ero abituata a parlare così apertamente delle mie capacità; nella mia esperienza, fare un buon lavoro richiedeva un impegno costante e il superamento di infinite difficoltà, giorno dopo giorno. Ma ero sempre stata pronta a pagare quel prezzo e, chiamata a difendermi, non avevo paura di sembrare presuntuosa.

 
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view post Posted on 26/9/2022, 17:55
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Il Fato

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L’affascinante scala a chiocciola portò la teiera direttamente all’ospite.
Spingendola con grazia sulla scrivania, tenendola ben serrata all’estremità con gli scalini della sua parte superiore, si spostò solamente nel momento in cui la donna poteva essere servita.
Difatti, dopo che una seconda scala gli portò la tazza, la tortuosa di ferro battuto si mosse al fine di versarle il famigerato Tè Nero della segretaria.

Erano affascinanti le scale; con esse si poteva salire o scendere, ma era possibile anche restare nel mezzo ed era questo che Lucille voleva evitare che succedesse durante quel colloquio con Jolene.
Quell’incontro era voluto al solo scopo di capire se lei fosse in grado di andare più su o di scendere velocemente verso il baratro.

-Vedo che sai reagire alle provocazioni.-

Senza aggiungere altro al discorso, certa che lei avesse capito che quanto detto era voluto per testare i suoi nervi, domandò.

-Sembri essere molto sicura delle tue capacità, ma cosa succederebbe se qualcuno ti mettesse alle strette? Come ti comporteresti se qualche tuo collega o illustre del Mondo Magico ti portasse a dubitare delle tue capacità?-

La scala aveva portato anche a lei una tazza, ma candidamente rifiutó.
Era affascinata da quella conversazione e voleva vedere come si sarebbe mossa Jolene verso quella nuova provocazione.
Gli occhi fissavano il calore salire verso il volto della donna e suppose che come esso voleva comportarsi; voleva punzecchiarla al fine di trovare un nervo scoperto, insistere verso di lei fino a trovare un segno di cedimento nei confronti di quella stressante situazione.

Non proseguì il discorso sul suo cognome e sulla coincidenza. Sapeva che quanto aveva detto era vero e per lei non era più necessario proseguire su quel fronte.
Sapeva che era certa delle sue capacità e questo era bastato a farle guadagnate il suo secondo punto a favore dopo la puntualità.


 
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view post Posted on 14/11/2022, 22:04
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Jolene White

22 anni | infermiera aspirante docente


Sentii il calore salirmi alle guance e capii di star arrossendo. Sperai che Lucille attribuisse il mio nuovo colorito al vapore che emanava dalla tazza di tè che mi era appena stata versata. In un'altra occasione avrei osservato con molta curiosità le scale di cui si serviva la segretaria, avrei potuto perfino pensare di chiederle se le avesse incantate lei personalmente o se le avesse commissionate; così come stavano le cose, però, sapevo di non potermi permettere nessuna distrazione. Lucille aveva un modo di interrogarmi che andava per sotterfugi, mi tendeva una dopo l'altra piccole trappole appena nascoste sotto alla sua espressione di estrema cortesia. Intuii, dalla facilità con cui lasciò cadere l'argomento, che non aveva mai creduto alle voci sulla mia parentela con Sirius; e, dal momento che non mi sembrava il tipo da cominciare un colloquio con un pettegolezzo per il semplice gusto di farlo, quella doveva essere stata un'altra prova. Una che, apparentemente, avevo superato.
«Grazie.» Presi tra le mani la mia tazza e soffiai sopra al liquido scuro, grata di trovare conforto in quel gesto familiare. La sedia cominciava a sembrarmi straordinariamente scomoda, ma la sensazione di calore sulla pelle era piacevole e mi permetteva di tenere le mani impegnate. Bevvi un primo cauto sorso prima di rispondere al quesito successivo.
«Non sarebbe la prima volta che qualcuno cerca di farmi dubitare di me stessa» ammisi candidamente, come se non mi costasse niente farle quella confessione. Volevo farle capire che sì, ero giovane, ma non avevo vissuto rintanata tra le sottane di mia madre fino all'altro giorno. Mi si erano già presentate delle difficoltà e, volente o nolente, avevo dovuto farci i conti. «Quando ero di tirocinio in ospedale c'era un'infermiera, una delle più anziane, che amava dirmi sempre quante cose sbagliassi e come non fossi affatto portata per quel lavoro. Non era una situazione molto piacevole, lo ammetto. Ma mi è servita.» Poggiai momentaneamente la tazza, lasciando le mani incrociate sulla scrivania. «Perché ho sperimentato sulla mia pelle la differenza tra critica costruttiva e puro e semplice accanimento. Quando un'osservazione poggia su fatti reali, per quanto brusca, è utile: la mia collega mi aveva fatto capire, ad esempio, che a volte mi comportavo come se avessi paura di fare male ai pazienti, quindi non mettevo abbastanza energia negli incanti che ne richiedevano. Quando ho messo le sue parole in relazione con la realtà, ho capito che aveva ragione e ho potuto correggermi. Ma lei diceva anche che non sarei mai stata una brava infermiera, e lì si sbagliava. Quelle erano parole dette per dare aria alla bocca, e se mi fossi scoraggiata per così poco non sarei qui oggi.» Mi fermai un istante: fino a quel momento avevo parlato di getto, ma adesso scelsi di concentrarmi per mettere in ordine i miei pensieri nel modo più chiaro possibile. «Accetto le critiche. Penso che siano fondamentali per guardarsi con obiettività e poter lavorare su eventuali punti deboli. Per capire se una critica è fondata o meno, la confronto con i dati oggettivi che possiedo: i risultati che ho raggiunto, ciò che di concreto sono riuscita ad ottenere. Individuare un mio punto debole può essere scoraggiante, all'inizio, ma se l'ho visto vuol dire che posso già impegnarmi per rimediare. Sono convinta di non aver ancora smesso di imparare, per fortuna.» A quel punto mi aprii in un piccolo sorriso, sperando di aver dato a Lucille una risposta soddisfacente. Credevo fermamente in ciò che le avevo appena detto, e la sincerità doveva essere trasparita in qualche modo dal mio tono, dall'espressione del mio viso.
Sapevo che quello era il momento giusto per tacere e lasciare che Lucille portasse avanti il colloquio, ma non riuscii a tenere a freno la lingua. A dispetto di tutta la mia prudenza, quel particolare argomento sollevato dalla segretaria mi aveva fatto nascere una domanda spontanea – per di più, era difficile resistere alla tentazione di punzecchiarla anche io, per una volta. «Pensi che qualcuno potrebbe trovare curioso un mio cambio di carriera?» Lo chiesi con l'espressione più innocente che riuscii a trovare.


Perdonami, master, il real mi ha sequestrata :aiuto:
 
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view post Posted on 16/11/2022, 09:02
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Il Fato

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Mentre il calore del Tè saliva nell’aria, soppesò le parole della ragazza.
Era estremamente difficile valutare quella questione, sapere quanto la sua interlocutrice fosse sincera con quel discorso, ma doveva provare a percepire i dettagli, analizzare i movimenti del corpo al fine di capire con chi avesse a che fare.

Non si mosse di un millimetro. I gomiti candidamente si erano poggiati sulla scrivania, piegandosi leggermente all’insù al fine di permettere alle mani di arrivare al volto.
Era assorta nei pensieri Lucille, quei pensieri che non facevano a meno di convincerla che la risposta della ragazza era valida, ma che aveva evitato parte di quanto gli aveva chiesto.
Oltretutto non aveva apprezzato il fatto che pensasse ancora come un’Infermiera; si era candidata come docente e doveva pensare come se fosse un docente, come se quelle questioni le fossero state poste nel bel mezzo di un suo corso scolastico.

-Credo che non dovresti preoccuparti di quello che pensano gli altri. Se sei qui è perché te lo meriti.
Dura poco la sorpresa del cambio di professione, con il tempo si tende a dimenticare quanto gli altri hanno fatto in passato.-


Quel pensiero venne dato con estrema sincerità, uno zampillo della sua vera lei in un colloquio che prevedeva che dovesse essere meschina.
Puntellò un’unghia sulla scrivania. Le venature del legno erano così profonde che ne poteva seguire il percorso, un po’ come lei poteva seguire il flusso dei pensieri dell’adulta.

-Cosa ti ha spinto a fare domanda per la cattedra di Incantesimi?-

Non approfondì.
Preferiva che in quel contesto la donna spaziasse, si liberasse da quel disagio di dimostrare in cui l’aveva sottoposta con le sue prove.
Voleva sapere chi fosse Jolene White, quale fosse la sua vera storia, come fosse arrivata a quella decisione.


 
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view post Posted on 3/1/2023, 19:42
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Jolene White

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Lucille fu in grado di stupirmi ancora, cogliendomi di sorpresa con un aspetto di sé che non mi aveva ancora mostrato: una schiettezza che andava al di là del colloquio, al di là dei ruoli che le circostanze ci avevano assegnato quel giorno.
«È esattamente quello che penso anche io» riuscii a dire, ma non fui in grado di approfondire – in parte a causa dello stupore che ancora mi frenava la lingua, ma anche perché la donna fu veloce a cambiare argomento.
Anche così, la rivelazione di quel breve momento fu sufficiente perché la guardassi, ora, con sguardo ancora diverso: non era più la figura lontana di una professionista sconosciuta, né l'arpia pronta a tendermi una trappola dietro l'altra in un gioco dal dubbio gusto. No, adesso Lucille era una mia collega, una donna con più del doppio dei miei anni che aveva sulle proprie spalle l'enorme responsabilità di decretare chi fosse adatto a portare avanti il prestigio di Hogwarts e chi no. Mi scrutava con occhio critico, ma non ostile; qualora fossi inciampata o avessi barcollato nel corso di quella prova, lei non ne avrebbe gioito, ma ne avrebbe preso atto come di un problema da valutare seriamente.
Acquisita questa nuova consapevolezza, sentii il mio corpo rilassarsi. Ormai non dovevo dimostrare altro se non di essere adatta al ruolo per cui avevo fatto richiesta: io e Lucille non gareggiavamo una contro l'altra, facevamo parte della stessa squadra.
«Cosa ti ha spinto a fare domanda per la cattedra di Incantesimi?»
Naturalmente, sapevo che una domanda del genere sarebbe arrivata. La risposta era tanto semplice quanto difficile da spiegare, perché si basava su un cambiamento avvenuto in me giorno dopo giorno, alimentato dalle esperienze quotidiane – aveva fatto poco rumore, fino a quando non era diventato impossibile per me ignorare quella nuova musica che scandiva il tempo delle mie aspirazioni. «Perché ho capito che insegnare è ciò che davvero desidero fare.» Non mi importava di sembrare banale, tanto valeva andare dritta al punto. «Voglio essere a contatto con gli studenti in un modo che mi permetta davvero di fare la differenza nella loro formazione, accademica e personale.» Non c'era bisogno che mi dilungassi sull'importanza di quei sette anni che i ragazzi passavano per lo più tra le mura del castello: gran parte della loro vita, non solo lo studio, si articolava qui dentro. «Ho studiato tanto Incantesimi: quando ero alunna qui, e ho avuto la soddisfazione di ottenere il massimo dei voti ai M.A.G.O. Ma ho continuato ad approfondirla anche dopo, perché quando una disciplina mi interessa, c'è sempre qualcosa di nuovo che voglio sapere. E sono arrivata a sapere abbastanza per poter trasmettere a mia volta queste conoscenze. Lo studio in solitaria non mi soddisfa più: voglio far sì che anche altri provino il piacere della scoperta, dell'approfondimento.» Mi interruppi per una breve pausa, prima di proseguire: «Credo che sia altrettanto importante fare attenzione al percorso umano di ciascun ragazzo. E infatti voglio conoscere le loro idee, aiutarli ad esprimere al meglio le potenzialità che hanno già, e scoprirne di nuove. In questi ultimi anni ho avuto modo di conoscerli, di parlare con loro. E onestamente, Lucille? Mi piace, mi piace moltissimo, e voglio continuare a farlo mentre gli insegno la mia materia preferita. Sarai d'accordo con me nel dire che Incantesimi è fondamentale per porre una base di conoscenza e abilità che poi è utile in qualsiasi campo della magia. Ecco, nel tempo l'ho studiata proprio per questo, e di certo non mi sono mancate le occasioni per mettere in pratica ciò che ho imparato. È la materia che voglio insegnare perché ho le conoscenze adatte, ho le capacità giuste, e perché voglio che altri ci vedano la stessa bellezza che ci vedo io.»


 
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view post Posted on 15/1/2023, 21:19
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Quelle parole la stupirono.
Candidamente erano state proferite e candidamente erano arrivate al suo cuore, avvolgendolo in una piacevole morsa.
Si vedeva che aveva la passione necessaria per svolgere quel lavoro, si vedeva che amava quella materia ed era adatta per quel ruolo.
Avrebbe voluto subito esaudire quel desiderio, in quel preciso momento, ma non se lo poteva permettere.
Il suo predecessore gli aveva spiegato che era necessaria una prova, a prescindere di chi si trovasse davanti a lei.
Fece un sorriso, uno sguardo soddisfatto, quindi disse:

-Mi piace il modo in cui stai dicendo questo. Si vede che hai la passione dalla tua, la voglia di fare degna di un docente.-

Senza aggiungere altro, facendo sì che il momento delle adulazioni crollasse immediatamente, sollevò in aria la mano che poco prima giocherellava con il tavolo per poi esclamare:

-Chad, sei ancora qui?-

Dalla porta, apparì un ragazzo del secondo anno.
Tarchiato e dai contorni rotondi, piangeva a dirotto perché non riusciva ad eseguire una magia banale, ma allo stesso tempo fondamentale in quel mondo.

-Lui è Chad Swordsea, Grifondoro.
E’ qui con noi perché ha un problemino con un incantesimo… il Frenonectio.
Purtroppo senza quell’incantesimo non è in grado di allacciarsi le scarpe ed è da un po’ che i suoi amici lo prendono in giro per questo.-


Non aggiunse alla donna che lo avevano soprannominato Chad-Dita-Flosce, non gli sembrava il caso di infierire con il presente davanti a lei.
Ad ogni modo, di primo impatto, era chiaro che il ragazzo avesse diverse insicurezze e su questo bisognava lavorarci; dopotutto, non tutti erano dei fenomeni con la bacchetta.
Sorridendo alla candidata disse:

-Potresti dargli una mano? Non dovrebbe essere complesso per un’aspirante docente d’Incantesimi. -


 
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view post Posted on 29/1/2023, 12:53
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Le parole che avevo detto non erano nate pensate per le orecchie di Lucille, né di nessun altro: rappresentavano un sentimento del tutto personale, qualcosa che avevo dovuto riconoscere in me stessa prima di poterlo esprimere a chicchessia a voce alta. Quando riconobbi l'approvazione della segretaria, quelle stesse inclinazioni interiori acquisirono, ai miei occhi, un valore aggiunto: le avevo esternate per la prima volta a qualcuno il cui giudizio poteva davvero decidere del mio destino, ed erano state accolte positivamente. Io e Lucille consideravamo importanti gli stessi attributi, le stesse motivazioni venivano riconosciute da noi come quelle giuste.
Non mi faceva paura la necessità di mettere in pratica ciò che avevo appena predicato. Fin dall'inizio mi ero aspettata un qualche tipo di prova, e naturalmente arrivò anche il momento di affrontarla. Ciò che non avevo previsto era che mi venisse presentato un ragazzino in lacrime.
Chad Swordsea piangeva a dirotto. Mi era già successo svariate volte di dover calmare un qualche suo coetaneo: alcuni studenti, soprattutto dei primi anni, erano straordinariamente inclini alle lacrime. Potevano piangere per una caduta dalla scopa, per un ginocchio sbucciato, perfino per la paura delle cure o per lo sconforto di dover passare molti giorni in degenza. Queste erano le ragioni più comuni che avevo incontrato fino a quel momento, ma lo scontento di Chad nasceva evidentemente da motivi di natura diversa.
Mi alzai dalla mia sedia; quando fui davanti a Chad, mi abbassai per portare i nostri occhi alla stessa altezza. «Ascoltami, Chad. Va tutto bene, non ti preoccupare. Risolveremo tutto.» Tentai di rassicurarlo, senza mai perdere la mia compostezza. Da una delle mie tasche estrassi un fazzoletto di stoffa: non l'avevo mai usato, era accuratamente piegato e profumava ancora di bucato. Lo porsi al bambino perché si potesse asciugare il viso. «Tieni, è pulito. Che ne dici di sederti un po'?» Gli indicai una delle sedute davanti alla scrivania di Lucille: se avesse accettato, avrei preso posto nell'altra. Sapevo che la segretaria avrebbe studiato il mio comportamento, e che l'obiettivo ultimo era quello di far uscire Chad da quella stanza perfettamente in grado di allacciarsi le scarpe con un movimento della bacchetta. Non potevo, però, spiegare un incantesimo ad uno studente in lacrime, non sarebbe nemmeno stato in grado di ascoltarmi.
Nel tentativo di metterlo a suo agio, continuai a parlare: «Sai, succede a tutti di faticare con questo o quell'incanto, è normalissimo e basta lavorarci un po' di più. Ti prometto che quando uscirai di qui saprai allacciarti le scarpe bene quanto qualsiasi tuo amico». Sorrisi. Non approfondii la questione delle prese in giro, anche se mi ripromisi di parlarne meglio in seguito con Lucille o con lo stesso studente.
«Qual è la parte più difficile dell'incantesimo secondo te?» gli chiesi con il tono di una chiacchierata. La mia prima idea era che si trattasse del movimento, che era indubbiamente l'aspetto più complesso dell'intera esecuzione. Avrei però lasciato che fosse lui a confermare o meno quell'idea, sperando che nel frattempo potesse calmarsi.

 
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view post Posted on 31/1/2023, 19:10
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Lucille osservò la ragazza effettuare il primo passo per raggiungere il successo.
Gli bastò un pizzico di cordialità che il piccolo Chad placò i suoi lacrimoni e si mise ad ascoltarla.
Prendendo lentamente il fazzoletto, se lo avvicinò al volto iniziando ad asciugarsi con cura le grosse lacrime.
Per assurdo quell’odore di pulito lo confortava al punto tale di sentirsi coccolato, tutelato da quell’adulta, che fino a poco tempo prima aveva visto nei panni dell’infermiera scolastica.

Annuendo alla promessa ricevuta, Chad, si sedette sulla sedia che gli era stata indicata per poi fissare la donna con sguardo dolce, privo di ogni difesa.

-È sicura che posso impararlo anche…Io?-

Domandò con totale incertezza.
Era chiaro che Chad peccasse di autostima, in particolar modo su quella questione che sembrava averlo punto nel vivo. Senza aspettare troppo, proseguì a parlare con la donna.
I dubbi erano tanti, cosi come le lacrime che ripresero a scorrere lungo il volto.

-T-trovo… P-problemi durante i movimenti.
Sono t-troppo p-precisi! È imp-p-p-possibile.-


Lucille, osservava la scena senza proferire alcuna parola.
Nulla era impossibile e lo sapeva bene, ma come si poteva convincere un bambino che si era quasi del tutto scoraggiato?
Jolene era prossima al dover rispondere a quel banco di prova; dopo esser riuscita a calmare temporaneamente lo studente, doveva fornirgli i mezzi per superare la prova, per acquisire quella sicurezza che sembrava aver smarrito.
Ci sarebbe riuscita? Il fato, silente, era attento a valutare le sue mosse.


 
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view post Posted on 26/4/2023, 10:20
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Jolene White

22 anni | infermiera aspirante docente


In un primo momento, Chad sembrò calmarsi, come se fosse bastato quel semplice gesto di gentilezza per metterlo molto più a suo agio. Tuttavia, le lacrime ripresero presto a scorrere lungo le sue guance, mentre la voce gli tremava nell'esprimere le proprie incertezze. Come c'era da aspettarsi, aveva difficoltà con il movimento, che era noto per costituire la parte più complessa di quel particolare incantesimo. Avevo il sospetto, ad ogni modo, che il reale ostacolo che avremmo dovuto superare fosse un altro, ovvero la scarsa fiducia che egli nutriva nelle proprie capacità. Era fin troppo semplice immaginarsi come delle prime difficoltà – il movimento non veniva mai del tutto giusto, qualche piccola imprecisione o rigidità comprometteva il risultato –, ingigantite dalle prese in giro dei suoi compagni, avessero minato in fretta la stima che Chad aveva della propria abilità con la magia.
«Non sono dei movimenti semplici, hai ragione. Ricordo che anche io, prima di imparare l'incantesimo, ho dovuto provarlo e riprovarlo tante volte. Ed è sempre così anche adesso, sai? Quando devo imparare qualcosa di nuovo, a volte mi ci vogliono così tanti tentativi che perdo il conto.» Feci una breve pausa in seguito a quella confidenza. «Questo non vuol dire che non siamo bravi, solo che dobbiamo imparare. Guarda, adesso ti mostro.»
Estrassi la bacchetta dalla sua fondina – al pari di tutti i miei abiti, anche la lunga gonna che indossavo quel giorno era provvista di un'apposita tasca cui potevo accedere immediatamente – poi, con la mano libera, mi slacciai velocemente gli stivaletti. Non seppi impedirmi di scoccare un rapido sguardo a Lucille: trovarmi con le scarpe slacciate nell'ufficio di quella donna così severa aveva un che di comico, anche se sospettavo che nella sua espressione non avrei letto divertimento, bensì totale e serissima attenzione ad ogni mio movimento.
«Sicuramente conoscerai già la teoria, ma un ripasso fa sempre bene. Dunque, il movimento consiste in due “elle”, una di seguito all'altra: parti puntando la bacchetta verso il primo laccio, tracci la prima “elle”, poi con la seconda ti sposti verso l'altro laccio. È un movimento unico che parte dal polso, controllato e sinuoso. All'inizio può aiutarti andare un po' più lentamente, fino a quando non prendi confidenza. Nell'insieme la forma delle due “elle” ricorda un fiocchetto, se ci pensi.» Avevo sempre trovato utile associare movimenti del genere a delle figure concrete, in quanto mi permetteva di visualizzarli più chiaramente. «La formula è Frenonectìo, con l'accento sulla i.» Tagliai corto su quella parte, dato che non volevo caricare Chad di troppe informazioni: mi aveva già indicato la sua primaria difficoltà, avrei cercato di risolvere quella prima di eventuali altre. Impugnai il Larice con maggiore consapevolezza. «Adesso osserva bene come faccio io.»
Scelsi di fare la dimostrazione sul mio stivaletto sinistro. Avrei quindi puntato la bacchetta sul primo laccio, che in quel momento giaceva sul pavimento. Dal polso avrei lasciato partire un movimento controllato, sinuoso, con cui avrei disegnato la forma di una “elle”; evitando interruzioni non necessarie e senza modificare in alcun modo la velocità del movimento, avrei proseguito quindi verso il secondo laccio, su cui sarebbe terminata la mia seconda “elle”. Nel complesso avrei cercato di muovermi abbastanza lentamente da permettere a Chad di studiare ogni passaggio, senza tuttavia esagerare e compromettere la riuscita dell'incanto. Scandita al momento più giusto, la formula sarebbe risuonata chiaramente per le orecchie del mio piccolo osservatore – e della mia vecchia esaminatrice: «Frenonectìo, badando all'accento corretto. Se la mia esecuzione fosse andata come previsto, i lacci della mia scarpa si sarebbero velocemente annodati insieme in quel fiocchetto che avevo menzionato a Chad.
«Se è tutto chiaro, prova tu adesso» lo avrei infine incoraggiato.


 
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view post Posted on 16/5/2023, 08:28
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Il Fato

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Il ragazzo seguì con attenzione la lezione proposta da Jolene.
Precisa, andò a toccare tutte le nozioni base dell’incantesimo senza tralasciare le insicurezze del ragazzo.
Aveva analizzato attentamente la questione; era andata a fondo in quel quesito posto da Lucille, portando a galla ben altro che la semplice risposta.

A quel punto Chad, presa la giusta sicurezza e capendo che non c’era nulla di cui vergognarsi nel non riuscire a fare un incantesimo, provò ad eseguire la magia.
Come suggerito, mosse lentamente la bacchetta nello sviluppo delle due “elle” senza interrompersi e dare strappi, un movimento sciolto e lineare che si concluse nel migliore dei modi.

-Frenonectìo-

Venne percepito nell’aria da entrambe le signore.
Parole su cui Chad si era esercitato, ma che non avevano mai dato alcun risultato.
Successe tutto in fretta; sotto lo sguardo soddisfatto dei tre, i lacci si librarono in aria per eseguire quell’annodamento che fino a poco tempo prima risultava impossibile.
L’esito non fu dei migliori, ma tanto bastava. Il desiderio di Chad era quello di riuscire a fare il nodo alle scarpe, da quel momento in avanti sarebbero bastati impegno e dedizione per rendere il risultato perfetto.

-Puoi lasciarci sole?-

Domandò con serenità Lucille a Chad, mentre lui, decisamente estasiato, continuava a ringraziare con felicità Jolene.
Bastò un’ulteriore sguardo allo studente per capire che doveva togliersi di torno, un’occhiata che permise alla giovane adulta di trovarsi nuovamente a tu per tu con la segretaria.

-Direi che te la sei cavata fin troppo bene.-

Disse senza perdersi troppo in chiacchiere. Un cenno di mano e la sua penna a scala si avvicinò assieme ad una pergamena.

-Con questa autorizzazione, rendo ufficiale la tua assunzione come docente.
Credo non ci sia posto migliore per noi dove vederti se non nell’Aula di Incantesimi.-


Una firma elegante arrivò sulla vecchia pergamena, seguita dal classico timbro con lo stemma di Hogwarts.
Jolene era diventata docente e il merito era tutto suo.




Complimenti! Dopo tante peripezie, Jolene diventa Docente di Incantesimi.
I miei più sentiti auguri per la nuova carriera e speriamo non si ripresenti nessuno alla porta per farsi allacciare le scarpe!
Hai una settimana di tempo per fare il post conclusivo di questa role. In caso contrario, chiuderò in questo modo.

Per le disposizione tecniche ti rimando al Preside. Lui saprà cosa fare!
 
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view post Posted on 22/5/2023, 20:02
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Jolene White

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Seguii i movimenti di Chad con grande attenzione, consapevole che si trattasse di un momento decisivo tanto per lui quanto per me, che avevo allora l'occasione di vedere nel concreto quanto le mie spiegazioni fossero chiare per uno studente insicuro e sull'orlo del panico. Quando l'incantesimo filò liscio, e il suo risultato si fu concretizzato in un nodo un po' maldestro ma indubbiamente reale, ciò che provai fu un moto di orgoglio: verso Chad, che aveva saputo superare i propri blocchi; e verso me stessa, che avevo contribuito al suo successo. Gli feci i miei complimenti e, per quanto cercassi di mantenere un atteggiamento pacato, non seppi nascondere del tutto l'entusiasmo: ero felice dei suoi risultati come se fossero i miei.
Sapevo che anche Lucille sarebbe stata soddisfatta; così, quando rimanemmo di nuovo sole, ricambiai il suo sguardo con sicurezza rinnovata. Non potevo aspettarmi che si dilungasse in complimenti, ed infatti si limitò a ben poche parole. Il loro significato, però, era sufficiente a farmene dimenticare la scarsità: ero assunta. Il colloquio era andato bene, e ora davanti a me potevo leggere l'atto ufficiale con cui si dichiarava il mio nuovo ruolo come insegnante di Incantesimi.
«Grazie.» Spontanea come il sorriso che l'accompagnò, quella fu la prima parola che riuscii a pronunciare: un ringraziamento per la fiducia che mi aveva appena espresso. Sapevo che da parte sua non avrei mai ricevuto vuote adulazioni, e che ogni parola gentile nasceva da considerazione e rispetto; proprio per questo, la validazione che ne ricevevo era tanto più significativa. «Ti garantisco che hai fatto la scelta giusta, darò tutto per essere all'altezza del mio ruolo. Per me significa molto.» Così dicendo, abbandonai la mia sedia. Prima di andarmene allungai la mano verso Lucille, sperando che accogliesse il gesto e me la stringesse. La diffidenza che per qualche tempo avevo provato nei suoi confronti si era dissipata, ora che avevo capito che, se anche i nostri modi erano diversi, condividevamo però l'obiettivo comune di svolgere al meglio il nostro incarico e portare a Hogwarts ciò che avevamo di migliore.
Dopo averla salutata, sarei uscita dall'ufficio con la sensazione di essere giunta al termine di un viaggio. Non era passato molto tempo da quando ne avevo varcato la soglia, ma alcune esperienze sanno segnarci comunque per la loro intensità. Ciò che avevo provato in quei momenti li aveva resi importanti per me. Mi sentivo cambiata, e questo senza nemmeno dover pensare a tutto ciò che di pratico sarebbe scaturito dalla mia assunzione: il cambio ufficio, il nuovo rapporto che avrei dovuto costruire con gli studenti, le sere passate a correggere compiti, a preparare lezioni. Un nuovo tassello si aggiungeva alla persona che ero – che stavo diventando – e più strada macinavo, più il mio orizzonte si allargava per mostrami quanto fosse lungo il cammino che mi attendeva. E nonostante la novità, e i punti interrogativi, e le difficoltò che avrei incontrato, per me era inconfondibile: lo sapevo, era felicità quella che provavo in quel momento.

 
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13 replies since 7/9/2022, 08:15   493 views
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